Mio figlio presenta disturbi nell'area della NEURO e PSICOMOTRICITÀ - Che cosa devo fare?

Le Funzioni Esecutive in età prescolare: approccio preventivo ai Disturbi dell’apprendimento

 

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Disturbi specifici dell’apprendimento: criteri diagnostici e fattori di rischio

Il termine “Disturbo specifico dell’apprendimento (DSA)” è la traduzione italiana di Learning Disability (LD), descritta da Hammill (1990) nel modo seguente:

“Questo termine (LD, ndA) si riferisce a un gruppo eterogeneo di disturbi che si manifestano con molte difficoltà nell’acquisizione e nell’uso delle abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, queste presumibilmente dovute a una disfunzione del sistema nervoso centrale. Possono coesistere con i DSA problemi nell’autoregolazione comportamentale, nella percezione e nell’interazione sociale, ma questi non costituiscono di per se un DSA. I disturbi specifici dell’apprendimento si possono verificare in concomitanza con altri fattori di handicap o di influenze esterne, ma questi non sono il risultato di tali influenze.”

La causa dei DSA è da ricercarsi in disfunzioni neurobiologiche che interferiscono con il normale processo di acquisizione delle abilità scolastiche. I fattori ambientali rappresentati dalla scuola, dall’ambiente familiare e dal contesto sociale si intrecciano con quelli neurobiologici e contribuiscono a un maggiore o minore disadattamento.

Si tratta di disturbi cronici, la cui espressività si modifica significativamente in relazione all’età e alle richieste ambientali: si manifestano, cioè, con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva.

Il DSM-5 indica che a livello internazionale la prevalenza di tutti i DSA varia dal 5 al 15%, ciò si pone trasversalmente rispetto alle varie lingue e alle diverse culture. L’incidenza epidemiologica dei DSA è stimata al 4% circa della popolazione italiana (Cornoldi, 2007).

Lo stesso DSM, descrive 6 possibili condizioni che possono concorrere alla diagnosi:

  • Lettura lenta e inaccurata
  • Difficoltà nel comprendere il significato di ciò che viene letto
  • Difficoltà nella scrittura
  • Difficoltà nell’espressione scritta
  • Difficoltà nel dominio numerico
  • Difficoltà nei processi di ragionamento matematico

Si tratta di un disturbo al cui interno è possibile tuttavia distinguere uno specifico dominio accademico compromesso, che da luce ai seguenti sottotipi clinici: disturbo specifico della lettura, disturbo specifico dell’ortografia (in assenza di dislessia), disturbo specifico delle abilità aritmetiche, disturbo dell’espressione scritta, disordine misto delle abilità scolastiche.

Si tratta, in generale, di disturbi per i quali non sempre l’interpretazione delle problematiche è univoca, a maggior ragione perché spesso si individua, in uno stesso soggetto, quella che viene definita associazione di deficit, o comorbidità. È molto probabile che, soprattutto nelle prime fasi dell’apprendimento, un disordine di lettura si associ a problematiche nella scrittura, a un rallentamento nei processi di calcolo, ecc…

In altre parole, la non acquisizione di una particolare abilità all’interno di quel dominio di apprendimento si manifesterebbe con difficoltà anche in altri ambiti cognitivi.

Al di là delle comorbidità con cui si possono presentare, i DSA sono disturbi distinti, ognuno con una propria fisionomia, anche all’interno dello stesso dominio di compromissione, per questo è utile ricercare le sottocomponenti integre e quelle compromesse.

La Consensus Conference sui DSA raccomanda che per individuare i bambini a rischio si utilizzino contemporaneamente più fonti: anamnesi, questionari dei genitori, valutazioni degli insegnanti e batterie di screening.

Per porre una diagnosi, invece, bisogna individuare dei criteri diagnostici e seguire una prassi operativa precisa: sulla base delle direttive indicate nei manuali internazionali e nei documenti di consenso, al fine di ricercare gli indici di presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento, si devono tenere in considerazione imprescindibili criteri di inclusione e di esclusione. Se questi ultimi sono soddisfatti, si passa alla ricerca dei criteri diagnostici specifici dei sottotipi clinici, i quali però non verranno riportati in quest’ambito[29].

Criteri di inclusione

  • Disturbo che coinvolge uno o più specifici domini di abilità di apprendimento
  • Significativa interferenza del disturbo con adattamento scolastico e attività quotidiane
  • Trend evolutivo caratterizzato da diversa espressività del disturbo: è quindi utile avere due misurazioni nel tempo della stessa variabile
  • Considerare la frequente copresenza o comorbidità tra diversi DSA
  • Uso di batterie e test standardizzati con adeguate proprietà psicometriche, campione ampio, norme aggiornate, presenza di indici di attendibilità e validità.
  • Compromissione statisticamente significativa: -2ds per la misura della velocità o rapidità o al di sotto del 5° percentile per la misura della correttezza o errori

Criteri di esclusione

  • Disabilità intellettiva
  • Disturbi neurologici, traumatici o malattia
  • Disturbi sensoriali, visivi o uditivi
  • Condizioni di svantaggio psicosociale
  • Inadeguato ambiente educativo
  • Non adeguata conoscenza della lingua d’insegnamento

Nel caso in cui dovessero riscontrarsi difficoltà nell’assegnazione di uno o più dei criteri sopraindicati, potrebbe essere il caso di riformulare le ipotesi diagnostiche, così da comprendere la natura delle problematiche espresse dai genitori o dagli insegnanti, e verificare che non si tratti di un quadro evolutivo con caratteristiche transitorie che si avvicinano alla condizione clinica, ma che presentano una prognosi di sviluppo favorevole.

Soprattutto in quest’ambito, è bene sottolineare l’importanza dell’intervento precoce e dell’identificazione dei fattori di rischio che possono portare, in epoche successive, allo sviluppo di un DSA.

Pur escludendo le raccomandazioni cliniche di un’anticipazione della diagnosi, visto che si rischierebbe in modo significativo la rilevazione di falsi positivi, è tuttavia possibile individuare fattori di rischio e indicatori di ritardo di apprendimento che possono consentire l’attuazione di attività e interventi mirati. In tal senso la precocità e la tempestività degli interventi sono tra i fattori prognostici positivi di una traiettoria evolutiva che modifica, per quanto possibile, un quadro clinico iniziale già critico.

Tra i fattori di rischio frequentemente associati a DSA e importanti da tenere in considerazione, abbiamo:

  • Familiarità ai DSA;
  • Pregresso o concomitante Disturbo di linguaggio; esiste una stretta correlazione tra disturbo di linguaggio e dislessia;
  • Difficoltà di comprensione e produzione di parole e frasi;
  • Difficoltà fonologiche, ovvero l’abilità di percepire e articolare correttamente i suoni che compongono le parole;
  • Difficoltà o prestazioni fortemente deficitarie in prove sulle abilità metafonologiche;
  • Difficoltà di elaborazione visuo – percettiva, ossia la capacità di elaborare gli stimoli visivi e di attribuire loro un significato;

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La relazione tra Funzioni Esecutive e DSA

Come ho ampiamente argomentato nel capitolo introduttivo, le Funzioni Esecutive permettono di adattarsi a situazioni complesse e inedite, di differenti tipologie, regolando il comportamento dell’individuo a seconda degli stimoli interni ed esterni e svolgendo un ruolo di organizzazione strategica per l’adattamento a diverse richieste ambientali.

E quali processi sono più complessi, inediti, non automatizzabili e variabili in base al contesto di quelli di apprendimento?

Con l’ingresso a scuola e l’acquisizione delle competenze di lettura, scrittura e calcolo il carico cognitivo richiesto, ovvero il peso delle FE, incrementa notevolmente. Ne deriva che, se mancano capacità cognitive adeguate, le difficoltà già presenti in caso di Disturbi d’apprendimento specifici vengono esasperate.

Gli autori riportano studi che evidenziano specifiche carenze nei processi esecutivi da parte dei soggetti con difficoltà di apprendimento:

  • Carente capacità di orientamento dell’attenzione in compiti complessi (Della Sala, Baddeley, Papagno e Spinler, 1995);
  • Difficoltà nell’inibire informazioni irrilevanti (Conway e Engle, 1994);
  • Basse prestazioni in compiti verbali e visuo-spaziali che richiedono contemporanei processi di elaborazione e immagazzinamento (Turner e Engle, 1989).
  • Difficoltà nella memoria di lavoro, dimensione delle FE che è stata maggiormente associata alle abilità di lettura: l’integrità del sistema di memorizzazione di informazioni verbali è un prerequisito essenziale per una buona performance nella decodifica di lettura. Ampie capacità di WM consentono di svolgere più processi multipli richiesti dalla lettura, come decodificare parole non conosciute, richiamare le conoscenze semantiche di parole note, rievocare il testo precedentemente letto e anticipare i contenuti.

Già negli anni ’80, Daneman e Carpenter valutavano l’influenza della WM sulla lettura e poi Daneman e Hannon (2001) anche sulla comprensione del testo.

Cowan et al. (2005) elencano numerose ricerche che trovano una relazione tra deficit nella working memory e difficoltà negli apprendimenti scolastici non solo in lettura ma anche in matematica.

  • Per quanto riguarda le abilità di pianificazione, sembrano implicate nella comprensione del testo.
  • Rode et al. (2014) dimostrano l’efficacia di un training di 20-25 sedute svolto su bambini su WM e sul controllo inibitorio: i bambini (di 6-7 anni) miglioravano le loro prestazioni anche su aspetti non sottoposti ad addestramento quali il linguaggio e le abilità matematiche.

Le funzioni esecutive sembrano agire trasversalmente sostenendo le abilità acquisite negli apprendimenti, e possono rappresentare un indice predittivo importante per lo sviluppo di un disturbo d’apprendimento. Ne deriva che il loro potenziamento potrebbe essere implicato nel miglioramento e nella prevenzione dei sintomi dei DSA.

Esiste quindi una stretta connessione tra deficit a livello esecutivo e Disturbi specifici dell’apprendimento. Ad oggi non si è ancora arrivati a comprendere quale sia la loro connessione reciproca, ovvero se i deficit delle FE siano causa o conseguenza delle difficoltà nei normali processi di acquisizione di lettura, scrittura e calcolo: come sappiamo, i fattori ambientali, rappresentati dalla scuola, dall’ambiente familiare e dal contesto sociale, si interfacciano con quelli neurobiologici e contribuiscono a definire un maggiore o minore disadattamento, quindi identificare una relazione causale precisa non è semplice.

Una certezza è però data dal fatto che c’è una frequente associazione tra Disturbi specifici dell’apprendimento e compromissione delle Funzioni esecutive, questo perché l’apprendimento è un processo cognitivo elevato, che richiede l’attivazione di numerosi processi e di network cerebrali che chiamano in causa risorse attentive, mnestiche, di pianificazione, flessibilità cognitiva, problem solving e non solo.

Il livello delle Funzioni esecutive influenza le capacità negli apprendimenti scolastici, e non solo nei bambini con DSA. Nonostante questo, poca attenzione è stata data a tale aspetto del problema, limitando la valutazione al solo Quoziente intellettivo, dato vago a fuorviante se non contestualizzato, escludendo un’approfondita indagine del profilo neuropsicologico del bambino che abbiamo di fronte e la rispettiva possibilità di trattarlo.

Obiettivo principale di questa tesi è quello di indagare gli effetti che può avere un training mirato delle Funzioni esecutive sui Disturbi specifici dell’apprendimento, cercando di comprendere il loro grado di interdipendenza. In particolare, ho deciso di concentrarmi sulla fascia di età prescolare, con lo scopo di indagare gli effetti di un approccio preventivo in bambini a rischio.

Durante la stesura dell’elaborato, mi sono dovuta necessariamente confrontare con la difficoltà nel reperire il materiale bibliografico necessario, dovuta principalmente a due motivi:

  • Scarsità di studi che indagano le FE in età prescolare: sebbene questa tipologia di ricerche sia in aumento, questo rimane comunque un ambito poco esplorato dalla ricerca, considerando anche la scarsa differenziazione dei domini cognitivi in età precoce, che certamente rende difficoltosa la misurazione oggettiva e standardizzata dei costrutti che si sceglie di indagare.
  • Assenza di studi longitudinali che indaghino gli effetti a lungo termine di un training delle FE in età prescolare nei successivi anni scolastici, facendo attenzione all’insorgenza o meno di DSA.

Perseguire quest’ultimo obiettivo risulta estremamente difficile, in primo luogo per tutte le note complessità del portare avanti uno studio longitudinale di lunga data, in secondo luogo per la difficoltà nel reperimento del gruppo di controllo. Per avere dei risultati attendibili, infatti, bisognerebbe confrontare due gruppi di bambini a rischio DSA in età prescolare, di cui uno soltanto sottoposto a training, e indagare la differenza nell’incidenza di Disturbi di apprendimento negli anni scolastici successivi. Questa modalità, oltre ad essere antietica, si scontra con altri problemi di carattere organizzativo, come l’enorme richiesta di risorse economiche, l’improbabilità nel reperire un campione numericamente rappresentativo per entrambi i gruppi sperimentali e il lungo periodo di tempo richiesto prima di poter raccogliere i risultati.[30]

Ho quindi dovuto procedere in modo indiretto per cercare di studiare i possibili effetti che il trattamento precoce delle funzioni esecutive avrebbe potuto avere sulle successive difficoltà di apprendimento dei bambini.

Di seguito riporterò i principali studi scientifici che sono stati fondamentali nel redigere l’elaborato e le considerazioni che ne sono derivate in ambito riabilitativo.

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Trattare i prerequisiti neuropsicologici dei DSA prima dei disturbi specifici

Durante la revisione sistematica della letteratura, mi sono imbattuta in uno dei pochissimi studi che si è proposto di indagare direttamente la relazione tra training delle FE e manifestazione sintomatica dei DSA. Tale studio, realizzato da Valeria Facco e col. nel 2009[31], sebbene non si riferisca a bambini in età prescolare, in quanto condotto su una popolazione di età compresa tra gli 8 e i 15 anni, è utile da analizzare in quanto i risultati ottenuti descrivono gli effetti che può avere un training mirato delle Funzioni esecutive sui Disturbi d’apprendimento, nello specifico in ragazzi con diagnosi di dislessia e alti disturbi in comorbidità.

Il presente lavoro aveva come scopo quello di indagare gli effetti di un trattamento neuropsicologico delle componenti attentive, mnestiche ed esecutive sulla riduzione dei deficit associati ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento. In particolare, la frequente comorbidità che si rileva tra diversi DSA, e l’ipotesi che nella loro insorgenza concorrano fattori di rischio comuni, ha portato gli autori a postulare che siano proprio i deficit delle Funzioni Esecutive i fattori di rischio responsabili dell’insorgenza dei DSA. Nell’ipotesi che proprio alcune funzioni attentive, mnestiche ed esecutive costituiscano tale base, gli autori sottolineano come già in un recente lavoro (Mogentale e Chiesa, 2009), era emersa l’utilità di affiancare a un trattamento specifico incentrato sul disturbo, in contemporanea, un trattamento sui prerequisiti neuropsicologici sottostanti gli apprendimenti per favorire non solo l’acquisizione della competenza in esame (dislessia) ma allo stesso tempo per affrontare i disturbi presenti in comorbidità

Scopo dello studio qui riportato è indagare l’efficacia di un trattamento esclusivamente incentrato sulle componenti neuropsicologiche di base sui DSA presenti, prima di intervenire in modo specifico sul singolo disturbo evidenziandone in tal modo la ricaduta riabilitativa e le implicazioni dal punto di vista teorico.

Hanno partecipato allo studio 28 soggetti, di cui 19 maschi e 9 femmine d’età compresa fra gli otto e i quindici anni con diagnosi primaria di dislessia ed uno o più disturbi in comorbidità, secondo i criteri stabiliti dalla Consensus Conference (2007).

DSA - Consensus Conference (2007)

Dopo un’accurata valutazione cognitiva, neuropsicologica e degli apprendimenti scolastici, i soggetti sono stati sottoposti ad un trattamento riabilitativo neuropsicologico di circa 16-20 ore.

In ogni seduta settimanale viene dato spazio al rafforzamento delle funzioni cognitive e neuropsicologiche di base, pre-requisiti per gli apprendimenti scolastici, che il bambino dislessico spesso presenta deboli, come la memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale, l’attenzione e la pianificazione. L’intero campione è stato sottoposto a tre valutazioni: prima del trattamento (“pre”), alla fine del trattamento (“post”) e al follow up dopo altri 4 mesi di trattamento incentrato sul disturbo specifico di lettura e non più sulle funzioni neuropsicologiche di base.

Nella tabella sottostante sono riportate le medie e d.s. (punti z) ottenute dal campione al pre al post e al follow up:

Risultati sulle funzioni neuropsicologiche di base

Si evidenziano miglioramenti statisticamente significativi a tutti i test neuropsicologici tra pre e post. Tali risultati vengono mantenuti anche dopo 4 mesi (non significativa la differenza ai post-hoc tra post e follow up).

DSA - Risultati sugli Apprendimenti

Grafico 1. Pur senza essere intervenuti in modo specifico su questo tipo di abilità nei primi 4 mesi, si osserva un aumento medio della rapidità di lettura sia nel brano che nelle parole e nelle non parole. È interessante osservare che per la lettura di brano oltre a un miglioramento statisticamente significativo si rileva anche che, in media, vi è un miglioramento clinicamente significativo (0,37 sill/sec nei primi 4 mesi vs 0,10 sill/sec attese secondo le stime relative all’aumento spontaneo nel periodo considerato, pari a un recupero spontaneo atteso senza intervento previsto in 14,8 mesi). Nello specifico, all’interno del campione tale miglioramento interessa il 66,6% dei casi, si esprime con un miglioramento di almeno 1 ds.

DSA - Risultati sull'accuratezza di lettura

Grafico 2. Si rileva una diminuzione degli errori di lettura statisticamente significativa tra pre e post in tutte e tre le prove con mantenimento del risultato al follow up.

DSA - Risultati sulla scrittura

Grafico 3. Si rileva una diminuzione degli errori di scrittura statisticamente significativa tra pre e post sia nel dettato di parole che nel dettato di non parole, con mantenimento del risultato al follow up.

DSA - Risultati sul calcolo

Grafico 4: Vi sono miglioramenti statisticamente significativi tra pre e post sia nel quoziente numerico che nel quoziente di calcolo che nel quoziente totale. Non risulta invece statisticamente significativo l’incremento tra post e follow up.

I risultati di questo lavoro sono fondamentali in quanto evidenziano che un trattamento sulle funzioni neuropsicologiche di base (attenzione, memoria di lavoro e pianificazione) è effettivamente in grado di avere delle ricadute non solo sulle funzioni direttamente trattate ma anche sui DSA.

Infatti, dopo 4 mesi di trattamento è il profilo stesso dei deficit sottostanti ai singoli DSA (dislessia, disortografia, discalculia) a essersi modificato in modo statisticamente e clinicamente significativo (Tressoldi et al., 2001), ottenendo per la lettura, in 4 mesi l’equivalente del recupero spontaneo atteso in 14,8 mesi. Tali miglioramenti risultano mantenuti e potenziati anche dopo altri 4 mesi solo se eseguito un trattamento specifico sul disturbo. Il miglioramento delle funzioni attentive, di memoria di lavoro e di pianificazione, è evidenziato inoltre dal miglioramento ai questionari per l’attenzione SDA.

 I risultati ottenuti sembrano quindi confermare il ruolo potenzialmente causale di alcune funzioni neuropsicologiche sui DSA, con importanti implicazioni per la pratica clinica suggerendo l’utilità di non trattare soltanto le funzioni specifiche deficitarie ma anche i prerequisiti neuropsicologici, il cui potenziamento potrebbe essere valutato anche in un’ottica di prevenzione e di contenimento dei disturbi in comorbidità e delle ricadute nella vita quotidiana.

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L’influenza dei domini esecutivi sui prerequisiti dell’apprendimento

Lo studio precedentemente esposto mette in luce l’effetto che un trattamento mirato delle abilità esecutive può avere sulla sintomatologia dei Disturbi dell’apprendimento. Questo dato è molto importante, in quanto ci permette di affermare che un trattamento specifico può modificare in meglio il decorso clinico dei DSA; da qui ne deriva che un trattamento effettuato prima del manifestarsi della sintomatologia, ovvero in età prescolare, potrebbe essere efficace nel ridurre notevolmente il manifestarsi di una difficoltà o un disturbo d’apprendimento.

Sebbene ci siano ancora pochi studi che supportino questa ipotesi e ancora molte domande aperte sull’efficacia degli interventi sulle FE stessi, i dati ci indicano che essi possono comunque rappresentare un’opportunità per le popolazioni cliniche in età evolutiva.

Malgrado i promettenti risultati mostrati dagli interventi, la maggior parte degli studi si è concentrata su bambini in età scolare, a volte con risultati contraddittori, mentre solo un numero limitato di ricerche ha indagato l’effetto dell’intervento sulle FE in bambini in età prescolare (4-6 anni), nonostante il loro potenziale effetto preventivo.

Inoltre, come prima affermato, non esistono in letteratura studi longitudinali che permettano di verificare l’incidenza di DSA in un gruppo di bambini che ha ricevuto un trattamento delle FE negli anni prescolari.

Esistono però degli studi che indagano la relazione tra sviluppo delle FE e risultati accademici in anni successivi, ed è proprio su questa tipologia di studi su cui concentrerò la mia discussione.

Come suggerito da Melby-Lervag e Hulme (2013), i bambini più piccoli possono mostrare benefici significativamente maggiori dall’allenamento rispetto ai bambini più grandi e la promozione dello sviluppo delle FE durante il periodo prescolare potrebbe aumentare la loro preparazione scolastica (Blair, 2002).

I primi risultati provenienti dagli studi sono promettenti e suggeriscono che diverse tipologie di programmi possono essere molto utili nel rispondere ai bisogni di diverse popolazioni di bambini.

Dimostrare l’efficacia del potenziamento dei vari domini cognitivi ha numerosi e interessanti risvolti anche in ambito riabilitativo, in quanto permettono di individuare dei fattori sui quali intervenire preventivamente per ridurre la manifestazione della sintomatologia DSA, molto invalidante nel contesto scolastico e non solo.

Riporterò qui di seguito i risultati di due importanti studi, entrami effettuati da Traverso L., Viterbori P e Usai M.[32], il cui scopo era appunto quello di indagare gli effetti del potenziamento delle Funzioni Esecutive in età prescolare.

Scopo del primo studio, effettuato nel 2015, era quello di valutare l’efficacia di un programma di formazione progettato per promuovere le Funzioni Esecutive durante la scuola materna. L’intento era quello di sviluppare un intervento che potesse essere facilmente utilizzabile come prevenzione in ambito scolastico, con l’utilizzo di materiali semplici, poco costosi e facilmente disponibili.

Hanno partecipato alla ricerca 75 bambini: 32 sono stati sottoposti al training e 45 formavano il gruppo di controllo.

Tutti sono stati valutati con un’ampia batteria di test, sia prima che dopo il percorso di potenziamento, con lo scopo di osservare i miglioramenti conseguenti ad esso.

Oggetto dello studio sono state le capacità di inibizione, memoria di lavoro, flessibilità cognitiva e la capacità di posticipare la gratificazione.

Il programma di intervento sviluppato mirava a promuovere le abilità FE attraverso una serie di attività di gioco in piccoli gruppi che richiedono livelli progressivamente più elevati di controllo inibitorio, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva. Nello specifico, l'intervento è stato proposto a piccoli gruppi di cinque bambini, mentre gli altri hanno svolto le normali attività dell'asilo, veniva eseguito tre volte a settimana e comprendeva 12 sessioni di 30 min ciascuna nell'arco di circa 1 mese.

La formazione ha prodotto risultati positivi in tutte e tre le componenti delle FE.

Il gruppo di formazione ha ottenuto risultati migliori sia nei compiti semplici che in quelli più complessi, in particolare è stato osservato:

  • Miglioramento delle capacità di inibizione, in particolare nell’inibizione motoria, nel controllo delle reazioni impulsive e nell’inibizione degli stimoli interferenti;
  • Miglioramento della memoria di lavoro;
  • Miglioramento nei compiti che combinano inibizione e memoria di lavoro: questi tipi di compiti richiedono un controllo cognitivo continuo e sono indicativi della flessibilità cognitiva;

Per quanto riguarda la capacità di posticipare la gratificazione, indicativa del dominio esecutivo HOT, gli effetti dell'allenamento sono stati piuttosto contrastanti e i risultati suggeriscono che il trattamento non ha influenzato in modo coerente questa componente.

In conclusione, questo studio conferma l'efficacia di un intervento scolastico che ha affrontato tutte le componenti esecutive nei bambini di 5 anni.

Gli autori sostengono che gli interventi iniziati nel periodo prescolare possono portare a un migliore successo scolastico, specialmente in bambini a rischio, perché possono migliorare le risorse necessarie a sperimentare una maggiore preparazione scolastica.

Se già i risultati provenienti da questa prima indagine sembravano interessanti, gli autori si sono portati ancora più avanti qualche anno dopo, nel 2017, in uno studio condotto dallo stesso gruppo di ricercatori.

Analogamente a quanto fatto in precedenza, anche in questo caso è stato usato un protocollo di breve durata (12 sessioni da 30 minuti ciascuna), con materiale a basso costo, ma con una sostanziale differenza: lo studio attuale è stato progettato per valutare se gli effetti della formazione delle FE possano essere trasferiti alle competenze pre-accademiche. Nello specifico, gli autori erano interessati a verificare se un aumento delle competenze esecutive potesse consentire ai bambini di beneficiare maggiormente delle opportunità di apprendimento e di conseguenza migliorare le loro abilità pre-accademiche, anche senza un intervento diretto a queste abilità.

Le competenze pre-accademiche rappresentano la conoscenza che un bambino acquisisce durante gli anni prescolari e includono precursori specifici del dominio dei successivi risultati scolastici, come la consapevolezza fonologica, la denominazione rapida di lettere e parole, il riconoscimento di numeri o la comprensione della grandezza. Queste abilità sono altamente predittive del rendimento scolastico in età successive e contribuiscono alla preparazione dei bambini piccoli.

Dato che le Funzioni Esecutive sono un insieme di abilità che supportano l’individuo in situazioni nuove, è plausibile che influenzino l’acquisizione di nuove abilità o la gestione di compiti cognitivi complessi, come quelli tipici delle prime capacità di lettura e scrittura.

Come abbiamo precedentemente detto, il trasferimento di lunga durata della formazione sulle FE alle competenze accademiche e pre-accademiche nei bambini in età prescolare è stato studiato raramente, elemento che rende l’interpretazione dei risultati di questo studio di notevole importanza.

I bambini di 5 anni che hanno partecipato allo studio sono stati anch’essi divisi in due gruppi: uno sottoposto al training mentre l’altro svolgeva le attività scolastiche di routine (gruppo di controllo).

La formazione si è concentrata sul controllo inibitorio e sulla memoria di lavoro.

Sempre in analogia con la precedente ricerca, anche in questo caso tutti i bambini sono stati valutati due volte sulle FE (prima e dopo l’inizio del trattamento), ma in questo caso è stata aggiunta anche una valutazione sulle competenze prescolastiche di matematica, metafonologia e scrittura.

I risultati hanno mostrato un miglioramento nell’alfabetizzazione precoce e nelle capacità di scrittura, suggerendo l’esistenza di un effetto diretto delle FE su queste abilità. In particolare, ci sono stati miglioramenti in:

  • Capacità di inibire gli stimoli interferenti
  • Abilità metafonologiche
  • Competenze di scrittura prescolastiche. Le prove suggeriscono che i primi tentativi di ortografia prevedono la successiva lettura delle parole e gli interventi che migliorano questa capacità nell’ultimo anno di scuola materna possono quindi promuovere l’acquisizione della lettura.

La spiegazione data dagli autori è che il miglioramento delle capacità di alfabetizzazione sarebbe dovuto alle risorse esecutive necessarie per eseguire le attività: il compito di scrittura richiede una serie di abilità altamente sincronizzate come la consapevolezza fonemica, la corrispondenza grafema-fonema, la percezione visiva e le abilità grafo-motorie. La sincronizzazione di queste molteplici abilità richiede un grande coinvolgimento delle FE.

Un’altra ipotesi è quella secondo cui l’aumento delle competenze cognitive nel gruppo di bambini formato, abbia permesso loro di beneficiare maggiormente delle attività educative, migliorando il controllo cognitivo e rendendoli più predisposti ad apprendere[33].

Per quanto riguarda le abilità matematiche, anch’esse indagate, i risultati hanno rilevato un effetto indiretto dell’inibizione sull’acquisizione dei numeri arabi.

Infine, vorrei soffermarmi su un dato importante, ovvero la composizione dei gruppi: in Italia i bambini con bisogni speciali frequentano corsi regolari, pertanto, questi bambini erano inclusi nei campioni sperimentali e di controllo. Anche se non è stato possibile esaminare gli effetti dell’allenamento su bambini con BES, a causa del loro basso numero, i risultati hanno dimostrato che in media il gruppo sperimentale, in cui sono stati inclusi i bambini con bisogni speciali, ha superato il gruppo di controllo nel miglioramento delle FE e nei compiti relativi alle competenze pre-accademiche.

I risultati riportati sono estremamente promettenti, e evidenziano la possibilità di trasferimento interdominio alle competenze pre-accademiche, dimostrando che i training sulle Funzioni Esecutive nel periodo prescolare hanno ricadute positive sui prerequisiti degli apprendimenti, fondamentali per la successiva acquisizione delle competenze di scrittura e calcolo.

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Funzioni esecutive come costrutto predittivo delle abilità scolastiche

Nonostante il numero ridotto di indagini condotte in età prescolare, a causa delle difficoltà precedentemente esposte, esiste una quantità consistente di ricerche che permette di affermare che le FE siano collegate al rendimento scolastico in bambini di varie età con e senza difficoltà di apprendimento specifiche.

Come suggerito in precedenza, compiti che richiedono il coordinamento delle FE fondamentali e l'esecuzione e il monitoraggio di una sequenza complessa di azioni dovrebbero essere di particolare importanza per i risultati accademici.

Un intervento precoce attuato su di esse potrebbe essere implementato in ambito riabilitativo in tutti quei bambini che rientrano nella categoria a rischio di sviluppare un DSA, con lo scopo di migliorare i processi sottostanti l’apprendimento scolastico, in un’età in cui questi disturbi spesso non riescono ancora ad essere identificati.

Va sottolineato, che la maggior parte dei trattamenti attuati per l’acquisizione dei prerequisiti scolastici si concentrano su un intervento specifico di dominio: l’alfabetizzazione emergente, inclusa la capacità di manipolare fonemi e riconoscere suoni e lettere, sono fondamentali per lo sviluppo della lettura in epoche successive; allo stesso modo, le abilità matematiche emergenti, come il conteggio, la conoscenza e la semantica numerica, sono fondamentali per le competenze matematiche nella scuola elementare. Tuttavia, un focus limitato sul potenziamento specifico per dominio lascia da parte i processi di controllo cognitivo generali, dati dalle Funzioni esecutive, spesso carenti nei bambini con difficoltà di apprendimento.

Gli autori  (Bull et al., 2008) ritengono siano le abilità esecutive generali a fornire le basi per lo sviluppo delle competenze di matematica e lettura.

È quindi necessario comprendere meglio l’interazione tra l’apprendimento specifico di dominio nelle abilità emergenti di alfabetizzazione e matematica e il funzionamento esecutivo, al fine di favorire un intervento più completo e mirato.

Va sottolineato che le relazioni specifiche tra rendimento scolastico e Funzioni esecutive possono variare da un’età all’altra, poiché queste ultime possono essere più importanti durante alcune fasi dello sviluppo rispetto ad altre.

Si può ipotizzare che questa associazione sia più forte e predittiva proprio nel periodo prescolare, data l’estrema plasticità del sistema cerebrale del bambino a questa età, ed è quello che sembra confermare uno studio longitudinale di John R. Best del 2011[34], condotto con lo scopo di indagare il legame tra EF e rendimento scolastico, effettuato su un campione con un'ampia fascia di età, dai 5 ai 17 anni.

I risultati mostrano che la capacità esecutiva complessa aumenta notevolmente tra i 5 e gli 8 anni, suggerendo che il dominio esecutivo si sviluppa rapidamente durante la prima l’infanzia e più gradualmente durante l'adolescenza. Infine, è stato rilevato che la formazione delle funzioni esecutive potrebbe avere effetti sul rendimento accademico al di là del dominio mirato alla formazione, in particolare, promuovendo aspetti sia della matematica che della lettura, dove è necessaria la creazione e l'implementazione della strategia.  La ricerca ha anche dimostrato che il curriculum progettato per promuovere le FE migliora le prestazioni in compiti non addestrati nei bambini piccoli (Diamond, Barnett, Thomas e Munro, 2007), cosa che conferma l’importanza dei processi cognitivi generali, piuttosto che specifici, nell’acquisizione delle abilità accademiche. Quindi, ci sono prove che il dominio esecutivo abbia uno sviluppo maggiore in età precoce, cosa che rende fondamentale e giustifica l’intervento in questa fascia di sviluppo.

Sebbene si possa affermare che un incremento delle abilità esecutive possa avere effetti generalizzati sugli apprendimenti, molti ricercatori hanno però tentato di capire se specifici domini delle FE siano collegati ai risultati accademici in una determinata area, come le capacità di lettura, scrittura e matematica, ed è proprio questa tipologia di studi che andrò ad analizzare per avere un quadro più chiaro della situazione.

Nella ricerca del 2010 gli autori Janet A Welsh e col.[35] prendono in considerazione un gruppo di bambini (età media 4,5 anni) provenienti da famiglie a basso reddito, quindi più a rischio di sviluppare difficoltà di apprendimento, cercando di comprendere l'associazione tra le capacità delle funzioni esecutive in rapido sviluppo, l'alfabetizzazione emergente specifica del dominio e l'acquisizione di abilità matematiche durante l'anno pre-asilo. Si sono concentrati in particolare sulla memoria di lavoro e il controllo attentivo, abilità che consentono ai bambini di organizzare il loro pensiero e comportamento con maggiore flessibilità, diminuire la reattività in risposta agli stimoli esterni e impegnarsi in comportamenti autoregolati e governati da regole.

Sono state verificate due ipotesi centrali: che la crescita della memoria di lavoro e il controllo attentivo sarebbero associati alla crescita delle abilità di alfabetizzazione e di calcolo emergenti nel corso dell'anno pre-asilo e che la crescita del dominio generale (memoria di lavoro, controllo attentivo) e abilità specifiche del dominio (alfabetizzazione emergente e matematica) durante l'anno pre-asilo darebbero ciascuna un contributo unico alla lettura e ai risultati in matematica alla fine della scuola materna.

Punto di forza di questa ricerca è dato dal fatto che raramente sono state indagate queste abilità nell’ambito di uno studio longitudinale durante la prima infanzia, quando sono in rapida crescita.

Le abilità cognitive sono state valutate in 3 momenti: all’inizio dell’anno pre-asilo, alla fine dell’anno pre-asilo e alla fine dell’asilo; sono stati inclusi controlli per lo sviluppo delle abilità linguistiche dei bambini, al fine di verificare che le associazioni non fossero dovute all’avanzare naturale delle competenze linguistiche.

Le statistiche hanno rivelato associazioni significative tra la crescita delle capacità cognitive generali e la crescita delle abilità di alfabetizzazione emergente e calcolo: in particolare, la memoria di lavoro e il controllo dell'attenzione valutati all'inizio dell'anno hanno predetto in modo significativo la crescita delle abilità specifiche del dominio del bambino nel corso dell'anno pre-asilo. Inoltre, lo sviluppo di queste abilità ha dato un contributo unico alla lettura e ai risultati in matematica all’asilo, confermando quindi entrambe le ipotesi di ricerca.

Oltre alle capacità cognitive e di controllo raggiunte, sono stati sottolineati i correlati comportamentali dello sviluppo di queste abilità, come una maggiore autoregolazione, che influenza il comportamento in classe implementando la capacità dei bambini di seguire le regole, regolare le emozioni, stare fermi e imparare attraverso l’ascolto e la visione. Si ritiene quindi che queste abilità siano alla base della motivazione orientata agli obiettivi e supportino approcci adattivi all’apprendimento, comprese l’iniziativa e la percezione di autoefficacia.

Questo ci insegna che, soprattutto nell’età prescolare, quando le capacità delle funzioni esecutive si sviluppano per la prima volta, può essere importante tenere a mente i cambiamenti ottenuti non solo nell’area cognitiva ma anche in quella emotiva-comportamentale.

I risultati suggeriscono che programmi di intervento che promuovono la memoria di lavoro e il controllo dell'attenzione forniscono una base importante per l'apprendimento accademico specifico, sia a livello cognitivo che a livello comportamentale.

Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio diretto negli stessi anni a Laura L.Brock e col. intitolato The contributions of ‘hot’ and ‘cool’ executive function to children's academic achievement, learning-related behaviors, and engagement in kindergarten, che però ha deciso di analizzare i contributi separati delle FE Hot e Cool nel rendimento scolastico dei bambini all’ingresso della scuola materna.

La presente ricerca offre una panoramica degli aspetti delle FE che contribuiscono all’adattamento sia cognitivo che comportamentale tramite valutazione diretta, rapporto con l’insegnate e dati di osservazione. Emergono due risultati principali:

  • Le FE Hot non prevedevano i risultati scolastici dei bambini né i risultati comportamentali[36]
  • Le FE Cool hanno previsto i risultati in matematica, i comportamenti relativi all’apprendimento e il coinvolgimento scolastico.

Sono state prese in considerazione come FE Cool l’attenzione, il controllo inibitorio e la memoria di lavoro, considerati precursori dell’apprendimento matematico (Bull & Scerif, 2001).

I risultati sembrano quindi concordare con quelli della ricerca precedente, tranne che per un aspetto: le FE Cool non sono risultate predittive delle capacità di lettura dei bambini. Secondo gli autori, la ragione di questa mancanza di associazione è dovuta alla grande attenzione che viene data all’asilo allo sviluppo delle abilità di lettura, tale che la maggior parte dei bambini mostra miglioramenti indipendentemente dalle abilità delle funzioni esecutive.

Questa sembra però una spiegazione parziale, e in genere discordante con le ricerche di altri autori.

Infatti, mentre le FE risultano costantemente associate alle abilità matematiche in età prescolare (sebbene non ci sia ancora accordo su quali di esse siano maggiormente predittive) non vale lo stesso per le abilità di lettura, per le quali i risultati sono per lo più contraddittori.

Blair e Razza (2007) sono stati tra i primi a dimostrare la correlazione tra sviluppo delle FE e capacità accademiche emergenti, anche se all’interno di un discorso più ampio, ovvero quello della relazione tra capacità di autoregolazione, FE, comprensione di false credenze e risultati scolastici.

Lo studio è comunque interessante perché mette in evidenza come in bambini dai 3 ai 5 anni, provenienti da famiglie a basso reddito, l’inibizione sia collegata maggiormente allo sviluppo delle abilità in matematica piuttosto che alle capacità di alfabetizzazione emergente, che sono la base delle successive abilità di lettura e scrittura.

Quindi, non abbiamo un’assenza totale di correlazione, come visto nello studio precedente, ma comunque un’associazione blanda rispetto alle abilità matematiche.

Questo fenomeno è stato spiegato affermando che la consapevolezza fonemica e la conoscenza delle lettere sono aspetti meno faticosi da sviluppare e che tendono ad essere automatizzati precocemente. Gli autori suggeriscono che le FE abbiano un ruolo principalmente nel processo di acquisizione dell’automaticità dell’alfabetizzazione e questo spiegherebbe il minore grado di associazione rispetto ai compiti in matematica, che invece richiedono una costante rappresentazione del problema nella memoria di lavoro e capacità inibitorie.

Alle stesse conclusioni sono giunti McClelland e colleghi (2007) che hanno misurato le capacità di inibizione dei bambini per prevedere le prestazioni su vocabolario, alfabetizzazione e risultati in matematica ed è risultato che l’inibizione sia più fortemente associata alle abilità matematiche che al vocabolario e all'alfabetizzazione. 

Questi dati sembrano in contraddizione con quanto invece rilevato nei bambini in età scolare, nei quali le evidenze dimostrano che le capacità di lettura e scrittura sono significativamente correlate a memoria di lavoro[37], flessibilità cognitiva[38] e inibizione[39]. In particolare, la Working Memory predice i risultati di lettura e scrittura in modo più forte e unico rispetto a quelli in matematica[40].

Quasi tutti questi studi si sono concentrati su bambini di età compresa tra i 9 e i 12 anni, dimostrando che in questa fascia d’età le FE sembrano essere più fortemente associate alle abilità di scrittura/lettura, a differenza di quanto accade in età prescolare, dove giocano un ruolo più significativo, se non più diretto, nelle abilità matematiche.

Una spiegazione di questo fenomeno ce la danno Monette et al (2011): la scarsa correlazione tra FE e prerequisiti di lettura/scrittura, è spiegata analizzando il tipo di attività che i bambini devono svolgere nelle varie fasce d’età. In età prescolare le attività che favoriscono l’alfabetizzazione sono più facilmente automatizzabili, in quanto comprendono compiti di conversione grafema-fonema, reperimento dell’etichetta semantica, ampliamento del vocabolario ecc… è chiaro che questo tipo di attività è molto diversa da quelle che devono completare nella scuola primaria: più sono gli anni di scuola più i bambini devono leggere intere frasi e testi e non più parole singole. Tra gli 8 e i 10 anni, competenze più complesse diventano centrali per la capacità di leggere e scrivere, come la conoscenza della morfologia, della sintassi e dell’organizzazione del testo, compiti che richiedono più della semplice decodifica e riconoscimento delle parole. Quanto alla scrittura, in età più avanzate si richiede la costruzione di testi strutturati, chiamando in causa la capacità di WM di pianificare l’ordine di esecuzione e di correggere gli errori.

Ciò può spiegare perché le abilità di lettura e scrittura non siano fortemente associate a cambiamenti delle FE nel breve termine (prima classe elementare), ma non vuol dire che esse non siano utili per gli apprendimenti scolastici successivi.

Va quindi tenuto a mente questo aspetto nel considerare gli aspetti contraddittori e spesso non conclusivi che riguardano la correlazione a breve termine tra domini esecutivi e alfabetizzazione emergente.

Fatta questa precisazione, vediamo come all’interno dello stesso studio, Monette et al (2011) cercando di spiegare il grado in cui aspetti distinti ma sovrapposti delle FE (inibizione, flessibilità cognitiva e working memory) nei bambini piccoli, di età media 5,5 anni, erano associati al rendimento scolastico, alla fine della prima elementare:

 nel caso dei risultati in matematica, l’analisi ha mostrato che dei tre componenti identificati, solo la memoria di lavoro è la variabile più significativa nel rendimento in matematica, a differenza degli studi sopra citati, che trovano un’associazione anche con l’inibizione; nel caso delle abilità di lettura e scrittura emergenti, l’inibizione e la memoria di lavoro si sono dimostrati predittori indiretti significativi attraverso una variabile socio-affettiva, vale a dire rabbia-aggressività. Si ritiene che questi due domini possano svolgere un ruolo indiretto nell’alfabetizzazione influenzando la regolazione di rabbia e aggressività[41]. Diverse ipotesi potrebbero spiegare questa relazione: può essere che le difficoltà di lettura dei bambini aggressivi siano collegate ad un problema più generale a livello di linguaggio recettivo-espressivo, perché questi bambini hanno spesso abilità linguistiche più deboli, che sappiamo essere uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di DSA.

Questi risultati sono generalmente in linea con quanto affermato precedentemente, che indicano che le FE giocano un ruolo più diretto in matematica in giovane età rispetto alla lettura e scrittura.

Non è emersa alcuna correlazione tra flessibilità cognitiva e rendimento scolastico, così come nella maggior parte degli studi che hanno incluso questa misura[42]. Un'eccezione è una recente ricerca di Vitiello, Greenfield, Munis e George (2011) che mostra che la flessibilità possa avere una certa influenza sulla preparazione scolastica in età prescolare, ma questa sembra essere piccola o indiretta. Essa può rappresentare una componente relativamente indistinta in bambini così piccoli, come suggerito da recenti studi sulle variabili latenti che non identificano una componente di flessibilità cognitiva unica (Miller et al., 2012; Willoughby, Blair, et al., 2010, 2012, Traverso et al, 2015), di conseguenza può essere difficile misurarla in questa fascia d’età. Risultati di bambini più grandi[43] suggeriscono che la capacità di spostarsi in modo flessibile, o di inibire consapevolmente determinate procedure o informazioni, può essere più critica per le prestazioni su soluzioni matematiche più complesse che non vengono valutate fino a più tardi nella scuola primaria. Prestazioni più abili sui problemi semplici come il conteggio e il riconoscimento del numero probabilmente richiedono un controllo più semplice, basato principalmente sul controllo inibitorio o sui sistemi di archiviazione a breve termine.

Concludendo, la ricerca ha notevoli punti di forza: il disegno longitudinale, la misurazione di due abilità accademiche, e il controllo di molti fattori potenzialmente confondenti, che contribuiscono al successo scolastico precoce, come le abilità preaccademiche, l’adattamento socio-affettivo, l’istruzione e lo stato socio-economico della madre.

Tuttavia, la dimensione del campione era piuttosto piccola (85 bambini) e la rilevazione avrebbe beneficiato di una misura più sofisticata del funzionamento cognitivo globale, come la Wechsler.

Importante è stato anche il contributo del gruppo di ricerca dell’università di Calgary diretto da M. Miller[44], che ha dato un contributo piuttosto recente a tal proposito: in uno studio condotto su un campione più ampio (131 bambini) hanno tentato di analizzare l'influenza dell’inibizione e della memoria di lavoro sulle abilità letterarie e matematiche in bambini tra i 3 e i 5 anni.

Sebbene non si tratti di uno studio longitudinale, ma trasversale, è interessante in quanto conferma parzialmente quanto emerso dallo studio precedente: anche in questo caso, i risultati dimostrano che le FE predicono le capacità accademiche. Come nello studio precedente, la memoria di lavoro è risultata maggiormente predittiva delle abilità accademiche rispetto all’inibizione, ma in egual modo per quanto riguarda le abilità matematiche e la conoscenza delle lettere.

Per quanto riguarda l’inibizione, sembra che non contribuisca in modo univoco, anche se nel presente studio questa associazione potrebbe essere stata oscurata dalla sua dipendenza funzionale dai processi di memoria di lavoro: infatti, è stato rivelato che i fattori di inibizione e memoria di lavoro erano fortemente correlati.

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Componenti cognitive specifiche e prime abilità accademiche

Dai dati analizzati fino a questo momento la ricerca suggerisce che le FE contribuiscono fortemente alle abilità scolastiche.

Per quanto riguarda i risultati circa il contributo specifico dei diversi componenti delle FE all’alfabetizzazione precoce e alle abilità matematiche, nonché al rendimento scolastico, dobbiamo dare un ulteriore chiarimento.

Abbiamo infatti visto che ci sono dati discordanti sull’influenza dell’inibizione e della memoria di lavoro nel predire le abilità matematiche a lungo termine e non è ben chiara la relazione esistente tra le componenti esecutive e le abilità di lettura e scrittura a lungo termine.

A tal proposito, esporrò i risultati di due ricerche che hanno messo in luce la specificità della relazione tra singole FE e le prime abilità accademiche, dando un grande contributo alla comprensione della relazione distinta e reciproca di questi domini; andrò successivamente a discuterne i risultati.

Il primo studio che prenderò in considerazione, è stato condotto dal gruppo di ricerca di Rebecca Bull dell’università di Aberdeen, in Scozia, nel 2008[45].

Come si evince dal titolo, gli autori hanno indagato se le misure della memoria a breve termine (MBT), della memoria di lavoro (WM), dell’inibizione e dello shifting in età prescolare prevedevano le successive competenze nel rendimento scolastico (soprattutto in matematica) a 7 anni di età (terzo anno della scuola primaria).

Vari elementi sono di fondamentale importanza in questo studio:

  • Il disegno longitudinale, condotto su un arco temporale molto ampio rispetto a quelli analizzati precedentemente, che ci da modo di capire meglio il cambiamento dei fenomeni indagati.
  • L’indagine separata dei due sottosistemi della Working Memory, secondo il modello di Baddeley: il loop fonologico e il taccuino visuo-spaziale.

Alcuni autori hanno attribuito differenze individuali nella risoluzione di problemi matematici a inefficienze nell'utilizzo del sistema fonologico[46]. Tuttavia, numerosi studi su bambini con scarse capacità matematiche non hanno rivelato limitazioni significative nella memoria fonologica, o limitazioni dovute a un terzo fattore come la velocità di elaborazione o difficoltà di lettura concomitanti[47].

Ricerche recenti stanno quindi ponendo maggiore enfasi sull'importante ruolo del taccuino visuo-spaziale nelle prime abilità aritmetiche[48] in quanto è stato riscontrato che le competenze visuo-spaziali e la memoria di lavoro visuo-spaziale sono correlate al conteggio precoce[49].

Infatti, studi su bambini con difficoltà matematiche specifiche hanno dimostrato che tipicamente hanno scarse prestazioni nelle misure di span visuo-spaziali[50] tanto che uno dei sottotipi identificati nelle difficoltà di apprendimento include quegli individui che si ritiene abbiano deficit in queste abilità, che possono influire sulla matematica a vari livelli: inversione di numeri, disallineamento delle cifre nelle colonne, problemi nell'attenzione visiva e nel monitoraggio come ignorare i segni, cambiare operazione durante il completamento del problema e acquisire concetti di prestito e trasporto. 

Il sistema visivo-spaziale supporta anche altri aspetti dell'elaborazione numerica non verbale come l'ampiezza del numero, la stima e la rappresentazione delle informazioni in una forma spaziale, come in una linea numerica mentale[51]. Queste abilità sono particolarmente importanti nello sviluppo delle competenze matematiche, da qui deriva l’importanza di occuparsi separatamente delle componenti singole della Wroking memory.

  • Il quesito di ricerca, ovvero se i costrutti delle FE misurati in età prescolare possono essere utilizzati per identificare i bambini che svilupperanno difficoltà nell’apprendimento o difficoltà specifiche in matematica e lettura.

124 bambini sono stati testati nel periodo prescolare, ad un’età media di 4 anni e 6 mesi. Questo è un campione non selezionato che, secondo gli autori, rende i risultati più applicabili alla comprensione della cognizione e dell’apprendimento in generale piuttosto che limitarsi a bambini con riconosciute difficoltà di apprendimento. Le misurazioni sono state condotte all’ingresso del primo anno di scuola primaria (4-5 anni), di nuovo alla fine del primo (5-6 anni), terzo (7-8 anni), quinto (9-10 anni) e settimo anno 11 anni), ma in questo ambito verranno riportati i dati dei primi tre periodi di prova.

Uno degli obiettivi principali era esaminare i cambiamenti nel modello dei predittori cognitivi delle abilità matematiche nel tempo e valutare se le abilità cognitive specifiche predicevano i risultati in matematica o fossero invece indicatori più generali delle capacità di apprendimento: le analisi hanno mostrato che tutte le FE valutate erano significativamente correlate con i risultati sia in matematica che lettura all’inizio e alla fine del primo anno di scuola primaria. Inoltre, è emerso che alcune abilità cognitive contribuivano in modo specifico in ogni dominio accademico, in particolare:

  • La MBT visuale-spaziale prediceva i risultati in matematica alla fine della prima classe primaria;
  • Contributi minori ma significativi in matematica sono stati forniti dalla MBT verbale, dalla WM verbale, dall’inibizione e dalla pianificazione all’inizio della scuola primaria;
  • Tra i 7 e 8 anni, le abilità matematiche erano predette dalla WM visuo-spaziale, mentre i risultati nella lettura erano predetti dalla MBT sia visiva che verbale;
  • Le abilità di controllo esecutivo generale, ovvero l’inibizione e la flessibilità cognitiva non sembrano specifici per l’apprendimento in un particolare dominio, ma sono utili per i processi di apprendimento di base di lettura e matematica.

L’influenza della MBT visuale-spaziale e della WM visuo-spaziale nel prevedere le capacità matematiche mette in luce l’importanza di una buona comprensione delle relazioni spaziali e della capacità di saper manipolare il materiale visivo-spaziale nella memoria di lavoro come fondamentale per il successo matematico: infatti, i deficit visuo-spaziali sono caratteristici nei bambini con difficoltà di apprendimento matematico.

I risultati ottenuti venivano mantenuti nel corso dei 3 anni successivi.

Quanto emerso fin qui ha chiare implicazioni per la pratica sia clinica che scolastica: una buona memoria a breve termine, memoria di lavoro, inibizione e pianificazione forniscono un vantaggio in matematica e lettura che viene mantenuto durante i primi anni della scuola primaria, pertanto una valutazione basata sulla conoscenza delle FE può fornire una buona stima della capacità di apprendimento del bambino.

Il secondo studio che andrò a presentare è molto recente, in quanto condotto nel 2019[52], e indaga se ci sono contributi specifici di funzioni esecutive distinte a particolari abilità precoci di calcolo e alfabetizzazione.

I principali punti di forza sono dati dal campione ampio e dal fatto che viene presa in considerazione la relazione e l’influenza reciproca esistente tra le prime capacità di calcolo e alfabetizzazione; queste infatti condividono una covarianza che potrebbe essere correlata alle capacità cognitive e ignorarla potrebbe essere problematico quando si cerca di condurre un’indagine così specifica.

Sono stati esaminati i contributi di memoria a breve termine (MBT) visiva e verbale, memoria di lavoro (WM) e inibizione (IR), a diverse abilità di calcolo e alfabetizzazione andando a individuare se vi sono differenze tra di esse in termini di contributi specifici.

Le abilità numeriche analizzate sono:

  • Identificazione del numero
  • Conteggio verbale
  • Problemi applicati

Per quanto riguarda le abilità di alfabetizzazione è stato indagato:

  • Vocabolario ricettivo
  • Decodifica anticipata

L’indagine ha incluso 419 bambini cileni in età prescolare, con età variabile da 3,4 a 5,5 anni al momento della valutazione, selezionati da scuole che presentavano indici di vulnerabilità bassi, medi e alti per includere un'ampia variabilità di SES e background educativi. Sono stati valutati in due sessioni di 30 minuti ciascuna, quando i bambini hanno iniziato il primo anno del programma di transizione alla scuola primaria.

L’analisi dei dati ha rivelato le seguenti correlazioni:

  • La MBT verbale e l’inibizione della risposta hanno predetto tutti i primi risultati delle abilità di calcolo e alfabetizzazione;
  • La MBT ha predetto la maggior parte dei risultati, ad eccezione delle abilità di decodifica precoce;
  • La WM ha contribuito a spiegare tutti i risultati di alfabetizzazione e abilità di calcolo, eccetto il conteggio verbale;

I risultati ottenuti, in generale confermano quanto riportato negli studi precedenti.

Analizzando i contributi differenziali di ciascuna componente cognitiva delle FE su specifiche abilità accademiche iniziali, forniamo una migliore comprensione dei contributi differenziali di queste misure EF ai primi risultati accademici dei bambini: in particolare, anche se la WM, la MBT verbale e visuo-spaziale, e l’IR hanno predetto tutte le abilità matematiche e di alfabetizzazione precoci, i risultati suggeriscono che l'inibizione della risposta, rispetto alla memoria di lavoro, ha un contributo maggiore sia al conteggio verbale che ai problemi applicati.

Nello specifico, è stato scoperto che processi di calcolo più complessi (attività come contare ad alta voce senza commettere errori e risolvere problemi di matematica) potrebbero richiedere maggiormente il coinvolgimento di capacità inibitorie per i bambini più piccoli e in particolare per i problemi matematici rispetto alle capacità di decodifica[53]

Inoltre, risultati suggeriscono che tutte le abilità di FE hanno effetti simili sulle abilità di alfabetizzazione, ad eccezione della MBT visuale spaziale, che non prevedeva la decodifica precoce. In altre parole, i bambini piccoli hanno esigenze sia di memoria di lavoro che di inibizione della risposta quando identificano lettere e parole, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che nel periodo di transizione alla prima elementare i bambini stanno appena iniziando a identificare vocali e consonanti ed è necessario il reclutamento di queste funzioni esecutive.

Quando si confrontano i contributi della MBT verbale e visuo-spaziale, si scopre che entrambe hanno contributi simili a tutte le abilità: questi risultati sono in linea con il primo studio e con studi precedenti che collegano la MBT ai risultati accademici nei bambini più piccoli e più grandi (Bull et al., 2008Gathercole, Alloway, Willis, & Adam, 2006Gathercole et al., 1997Holmes & Adams, 2006) , così come con la risoluzione di problemi matematici (Holmes & Adams, 2006), l'apprendimento di una nuova parola (Gathercole et al., 1997), o l'inizio della lettura (Gathercole et al., 2006 ). La scoperta che la MBT contribuisce alla maggior parte dei risultati accademici in questo studio potrebbe indicare che per i bambini piccoli è necessario tenere a mente le informazioni per risolvere compiti di matematica e alfabetizzazione.

Tuttavia, la MBT visivo-spaziale ha mostrato un contributo maggiore alla spiegazione delle abilità matematiche che alla previsione delle abilità di decodifica, provando che sia un'abilità cognitiva che gioca un ruolo chiave nello spiegare queste capacità nei bambini in età prescolare (LeFevre et al., 2010).

Un ulteriore risultato di questo studio è che, confrontando i contributi marginali delle FE e delle variabili di controllo (cioè, sesso, età del bambino e istruzione della madre) alle abilità di calcolo e alfabetizzazione, è emerso che le FE contribuiscono maggiormente alla spiegazione dei risultati rispetto alle covariate. Questi risultati sono rilevanti in termini di riabilitazione in età evolutiva poichè indicano che l'implementazione di interventi orientati al miglioramento delle FE potrebbe colmare alcune lacune nelle abilità accademiche precoci dei bambini, specialmente quelle dovute al genere o alle differenze nei livelli di istruzione delle madri.

In conclusione, questa importante indagine dimostra che l’esame delle relazioni differenziali tra FE e risultati accademici ha potenziali implicazioni per la progettazione degli interventi relativi alla matematica o all’alfabetizzazione nei primi anni. Nella riabilitazione in età prescolare potrebbe essere vantaggioso effettuare un lavoro combinato tra training delle FE e un lavoro sui prerequisiti dell’apprendimento.

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Relazioni tra FE e abilità matematiche

Avere padronanza delle abilità matematiche è un’attività importante per i bambini ancor prima della loro istruzione formale. Fin dalla tenera età, imparare a contare, utilizzare abilità numeriche ed eseguire operazioni matematiche diventano parte delle attività quotidiane dei bambini.

Quando i bambini in età prescolare hanno bisogno di risolvere un problema, reclutano numerose abilità esecutive, in particolare la Memoria a breve termine verbale e visuo-spaziale, la memoria di lavoro e l’inibizione.

Queste abilità consentono ai bambini di mantenere informazioni in mente, seguire una sequenza di passaggi, sopprimere una rappresentazione mentale, inibire associazioni automatiche ed elaborare le informazioni necessarie per completare un’attività.

Gli studi sopra analizzati, longitudinali e non, mostrano che queste componenti delle FE sono fortemente predittive delle abilità matematiche emergenti non solo in età prescolare, ma anche all’asilo e alle elementari[54].

In particolare, c’è un sostanziale accordo circa il fatto che le abilità visuo-spaziali, sia della MBT che della WM, siano predittori particolarmente significativi delle abilità di calcolo precoci, insieme alla MBT verbale, anche se quest’ultima ha un’influenza minore.

L’evidenza empirica non risulta invece conclusiva sui contributi di memoria di lavoro e inibizione: c’è infatti poco accordo su quale di queste due abilità sia più rilevante nel prevedere le capacità aritmetiche precoci, in quanto i risultati riguardanti il contributo relativo di ciascuna di esse sono contraddittori.

Iniziamo col far notare un particolare: degli studi esposti precedentemente, che hanno trovato un legame più stretto tra inibizione e matematica, nessuno ha incluso la WM tra le misurazioni e, quelli che lo hanno fatto, non hanno valutato l’influenza delle singole FE su domini specifici, ma la loro influenza generale sugli apprendimenti.

Fa eccezione a questo discorso lo studio di Espy et al. (2004) che invece ha incluso inibizione e WM nella previsione delle abilità matematiche: entrambe rappresentavano una varianza unica nelle abilità matematiche, ma il controllo inibitorio in particolar modo, suggerendo che sia particolarmente importante per le prime capacità di calcolo.

Altri ricercatori, tuttavia suggeriscono che la memoria di lavoro, ma non l'inibizione, negli asili nido fornisce un contributo unico alle abilità matematiche (Bull et al., 2008; Lan et al., 2011; Monetteet al., 2011).

Censabella & Noël (2008) ipotizzano così che l’inibizione possa influenzare le abilità scolastiche solo quando i bambini affrontano compiti più complessi, pertanto la relazione tra inibizione e abilità accademiche può diventare più importante man mano che i bambini invecchiano. Di contro, ci sono alcune prove che dimostrano che anche nei bambini più grandi, la memoria di lavoro sia più importante per i risultati scolastici in quanto è stato scoperto che essa spiega una maggiore quantità di varianza rispetto all’inibizione (St. Clair-Thompson e Gathercole, 2006).

Come ci si può orientare in questa mole di risultati contraddittori e certamente non conclusivi? La risposta la possiamo trovare nelle ipotesi fatte dagli autori degli studi stessi, tra cui quello di M. Miller (2013), precedentemente presentato, secondo il quale le capacità di memoria di lavoro dei bambini in età prescolare condividono relazioni complesse con l'inibizione e potrebbero essere queste interazioni ad influenzare i risultati accademici, anche se non rilevabili statisticamente.

Inoltre, il gruppo di ricerca di Rebecca Bull fa una scoperta interessante: l’inibizione e la pianificazione sembrano dare contributi generici per l’apprendimento piuttosto che specifici per un particolare dominio: l’analisi della curva di crescita ha indicato che le migliori capacità delle FE (inibizione e pianificazione) in età prescolare forniscono ai bambini una base per l’apprendimento sia della matematica che della lettura.

Alle stesse conclusioni arrivano Montoya M.F. (2019) e il loro gruppo di ricerca: i risultati indicano che processi di calcolo più complessi richiedono si più risorse inibitorie che WM, ma affermano anche che l’inibizione della risposta sembra promuovere, più che i processi direttamente collegati alla matematica, i comportamenti necessari all’acquisizione di abilità accademiche (tra cui quelle matematiche, come la perseveranza nel compito e la capacità sequenziale di risoluzione dei problemi).

Bambini poveri nella comprensione della lettura o nella risoluzione di problemi matematici sembrano avere una minore inibizione, con un più scarso richiamo di informazioni critiche sul compito (De Beni, Palladino, Pazzaglia, e Cornoldi, 1998 ; Passolunghi, Cornoldi e De Liberto, 1999).

Pertanto, possiamo ipotizzare che l'inibizione della risposta sia una variabile chiave che spiega le capacità di apprendimento generali dei bambini, al di là della maggiore o minore influenza della memoria di lavoro nei compiti matematici, suggerendo che le strategie mirate al controllo inibitorio negli anni prescolari potrebbero essere un punto focale per la riabilitazione in questa fascia d’età.

Alla luce di quanto sopra detto, sembra quindi che la Working Memory sia la variabile direttamente associata alle capacità matematiche emergenti, ma queste rimangono solo ipotesi, in quanto non chiaramente supportate da un adeguato corpus bibliografico.

Un approccio per stabilire più fermamente una relazione causale è valutare se l'allenamento della memoria di lavoro nei bambini in età prescolare porta anche a miglioramenti in abilità matematiche specifiche.

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Relazioni tra FE e alfabetizzazione

È generalmente riconosciuto che l’alfabetizzazione precoce si basi su più variabili correlate, come le abilità linguistiche orali, la consapevolezza fonologica, il riconoscimento e la denominazione di lettere. Sebbene queste abilità specifiche siano generalmente riconosciute come base per le capacità di lettura e scrittura, anche le Funzioni Esecutive svolgono un ruolo importante in questo processo.

La letteratura sui bambini in età scolare mostra un’associazione significativa tra le singole componenti delle FE e i diversi domini di alfabetizzazione, in particolare la decodifica e la comprensione della lettura, mentre si conosce molto meno sull’abilità ortografica.

Per quanto riguarda i bambini in età prescolare, come è emerso dagli studi analizzati precedentemente, è stato difficile individuare dei predittori esecutivi specifici per le abilità di alfabetizzazione emergente: è infatti stata rilevata un’associazione leggermente inferiore tra queste ultime e le FE, rispetto alle abilità matematiche, e ciò sembra dovuto al fatto che in questa fascia di sviluppo i prerequisiti di lettura e scrittura siano più facilmente automatizzabili rispetto alle epoche successive e quindi coinvolgano in misura minore i processi esecutivi.

Quindi, sebbene le FE negli anni prescolari siano sostanzialmente predittive del rendimento in lettura e ortografia negli anni successivi, il ruolo diretto dei loro singoli domini in questo processo è meno chiaro che per le abilità matematiche.

I risultati di Montoya M.F. et al (2019) e Rebecca Bull et al. (2008) sembrano concordare nell’aver individuato la memoria a breve termine in generale, e quella verbale in particolare, come significativamente correlate alle prime capacità di lettura e scrittura.

Non vale lo stesso per la Working memory e per l’inibizione che, sebbene siano frequentemente associate alle capacità alfabetiche in età prescolare, la natura di quest’associazione non è ancora chiara e tanto meno il loro contributo specifico.

 Menette et al (2011) hanno scoperto che esse hanno effetti indiretti su lettura e scrittura all’asilo, anche se attraverso gli effetti di mediazione delle variabili socio-affettive. A risultati simili arrivano Bull et al (2008) i cui dato riportano che WB, MBT e inibizione siano correlate all’acquisizione del vocabolario e alle prime capacità di lettura.

Studi precedenti hanno riportato che i bambini con deficit significativi nella WM hanno problemi a completare compiti legati alla consapevolezza fonologica e all’identificazione di lettere e parole (Alloway et al., 2004); infatti, secondo Devidse et al (2015) essa è correlata ad altre abilità di alfabetizzazione come il riconoscimento di rime e la scrittura emergente. Tuttavia, altri studi non hanno trovato una relazione tra WM e specifiche abilità di alfabetizzazione negli anni prescolari.

Allo stesso modo, la letteratura esistente sui collegamenti specifici tra inibizione e capacità di alfabetizzazione precoce è ancora inconcludente. Alcuni ricercatori hanno scoperto che quest’ultima non è correlata alla scrittura e alle rime emergenti ( Davidse et al., 2015 ), mentre altri hanno riferito che essa è correlata all'ortografia emergente, al riconoscimento delle parole e all'analisi fonemica ( Kegel & Bus, 2014 ), così come alla prima lettura (Foy & Mann, 2013). Inoltre, una recente ricerca ha scoperto che l’inibizione è connessa al riconoscimento delle lettere, ma non alla consapevolezza fonologica e al vocabolario nei bambini in età prescolare (Purpura et al., 2017). 

Inoltre, studi longitudinali con bambini in età prescolare e scuola materna hanno scoperto che il controllo inibitorio non era un predittore significativo della crescita osservata nelle abilità di alfabetizzazione emergente (McClelland et al., 2014).

A tal proposito ritengo opportuno analizzare i risultati provenienti da uno studio longitudinale condotto nel 2017 da De Franchis V,. Usai M.C, Viterbori P., Traverso L[55]., con lo scopo di misurare determinate componenti esecutive in età prescolare per vedere se prevedono diverse abilità di alfabetizzazione in prima e in terza elementare.

Questo studio è particolarmente importante perché condotto su un campione di bambini di lingua italiana; l’italiano costituisce un buon esempio di lingua trasparente, in cui c’è un alto grado di corrispondenza tra lettere e suoni. A differenza dell'inglese, una lettera o un gruppo di lettere ha una sola pronuncia e, analogamente, un fonema è quasi sempre scritto allo stesso modo, di conseguenza, i bambini italiani mostrano un’acquisizione più rapida dell’alfabetizzazione rispetto ai bambini che apprendono lingue opache: verso la fine della prima elementare leggono in media il 94% delle parole vere correttamente, mentre i bambini inglesi mostrano un'accuratezza inferiore (circa il 40%; Seymour, Aro, & Erskine, 2003). La lettura e l’ortografia in italiano sono generalmente ben sviluppate entro la fine della seconda elementare, cosa che ci permette di analizzare meglio i fenomeni coinvolti in uno studio longitudinale rispetto ad uno studio effettuato in lingua inglese.

Lo studio attuale mirava ad esplorare il ruolo specifico dell’inibizione, della Working Memory e della flessibilità cognitiva, misurata a 5 anni d’età, nel raggiungimento dell’alfabetizzazione rispettivamente a 6 e 8 anni, in un campione di 175 bambini.

Nel complesso, i risultati indicano che la WM predice fortemente la comprensione della lettura nella terza elementare, ma non la decodifica della lettura e i processi di ortografia a entrambi i livelli di età. Tuttavia, secondo la letteratura esistente, la WM è un’importante componente nei processi di decodifica nella lettura (Christopher et al., 2012; Sesma et al., 2009) e nell’ortografia (Hooper et al., 2011), in studi condotti su bambini di età superiore agli 8 anni, è quindi possibile che essa sia più importante in queste abilità solo in età più avanzate, e che il suo ruolo non sia così determinante in età prescolare.

Alloway et al. (2009), studiando i profili cognitivi e comportamentali dei bambini che mostravano scarse prestazioni nei compiti di WM a 5–6 anni e poi a 9–10  anni di età, ha scoperto che i bambini più grandi avevano prestazioni significativamente peggiori rispetto ai bambini più piccoli nelle misure di apprendimento. Secondo gli autori, l'effetto di una scarsa WM è cumulativo durante lo sviluppo, con conseguente maggiore diminuzione dell'apprendimento man mano che i bambini crescono. Questo decremento non è necessariamente connesso a una diminuzione della capacità di WM, che, al contrario, appare relativamente stabile durante questo periodo; è invece una conseguenza di un cambiamento nelle attività e nei compiti della scuola, che coinvolge richieste di WM progressivamente più elevate (cioè più elementi da considerare, tenere e manipolare mentalmente): i bambini con WM scarso perdono più frequentemente informazioni cruciali durante le lezioni a causa del sovraccarico di WM, soprattutto quando le attività richiedono la memorizzazione di lunghe istruzioni o la gestione di richieste di elaborazione e archiviazione simultanee. 

I risultati di questo studio sono in linea con l'ipotesi che un basso livello di capacità di WM influenzi i risultati più in una fase successiva rispetto ai gradi precedenti, in parte perché i bambini affrontano progressivamente compiti cognitivi di livello più alto che dipendono fortemente dai processi di WM, cosa che rende fondamentale effettuare un intervento di potenziamento già in età prescolare, che potrebbe rivelarsi utile nel prevenire difficoltà in periodi successivi.

Per quanto riguarda l’inibizione, i risultati non supportano l’ipotesi che essa predica in modo univoco la decodifica e la comprensione della lettura e l’ortografia

Il ruolo della WM ma non dell'inibizione nel predire l'alfabetizzazione precoce è stato trovato anche da Miller et al. (2013) in uno studio trasversale con bambini in età prescolare dai 3 ai 5 anni. 

Va notato che nello studio appena analizzato, la componente di inibizione era rappresentata dall'inibizione della risposta: tuttavia, alcuni studi con bambini in età scolare suggeriscono che la capacità di filtrare informazioni irrilevanti (monitoraggio e soppressione dell'interferenza), e non l’inibizione della risposta, potrebbe essere più associata alle capacità di lettura, in particolare alla comprensione. Borella et al. (2010) , ad esempio, hanno scoperto che i cattivi comprendenti erano selettivamente alterati nella misura correlata all'inibizione indicizzando la resistenza all'interferenza proattiva ma non nelle misure di inibizione della risposta. Allo stesso modo, van der Sluis, de Jong e van der Leij (2004) hanno dimostrato che i bambini con difficoltà di apprendimento non erano compromessi nel sopprimere informazioni esterne irrilevanti esogene, ma piuttosto nell'inibire informazioni irrilevanti endogene.

Inoltre, va notato che la maggior parte degli studi sono stati condotti in lingua inglese, in cui la corrispondenza tra lettere o gruppi di lettere e pronuncia non è regolare, e i bambini devono gestire il conflitto tra strategie lessicali e sublessicali, cosa che non avviene in un contesto di lingua italiana, nella quale la corrispondenza grafema-fonema non chiama in causa grandi processi inibitori. Questa è un’altra possibile spiegazione della corrispondenza non univoca dell’inibizione con i processi di alfabetizzazione.

Per quanto riguarda il ruolo della flessibilità cognitiva, non sono state riscontrate particolari correlazioni, ma essa potrebbe non essere un costrutto cognitivo distinto da altre abilità esecutive fino a 9 o 10  anni di età (Monette et al.,2015); tuttavia, non va esclusa la possibilità che le abilità di flessibilità emergenti possano contribuire a prevedere l'apprendimento nel dominio dell'alfabetizzazione[56]

I risultati esposti nello studio sopra riportato, in linea con la letteratura esistente, non sono stati conclusivi, ma ci hanno permesso solamente di fare delle ipotesi.

Ad oggi, l’evidenza che collega la WM e l’inibizione con le capacità di alfabetizzazione precoce nei bambini in età prescolare non è conclusiva e non ha chiarito se tutte le FE sono ugualmente coinvolte, sono perciò necessarie ulteriori prove empiriche per supportare questi risultati.

 

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