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CAALM: Proposta di un test per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica in CAA

Tesi di Laurea di: Ludovica CERQUA - CAALM: Proposta di un test per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica in CAA - Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Anno Accademico 2023-2024.

INTRODUZIONE.

CAPITOLO 1: Sviluppo del linguaggio tipico

  1. Comunicazione, lingua e linguaggio
  2. Teorie di sviluppo del linguaggio
  3. Basi neurobiologiche dello sviluppo del linguaggio
  4. Principali tappe di sviluppo

CAPITOLO-2 Sviluppo del linguaggio atipico

  1. Disturbi del linguaggio: Definizione e Classificazione
  2. Diagnosi
  3. Fattori di rischio e prognostici
  4. Comorbidità con altri disturbi del neurosviluppo

CAPITOLO-3 Comunicazione Aumentativa Alternativa

  1. CAA: Definizione e caratteristiche
  2. Storia ed evoluzione
  3. Ausili e strumenti
  4. Modelli di intervento

CAPITOLO-4 :  CAALM: Test per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica in CAA

  1. Descrizione del test
  2. Modalità e criteri di somministrazione
  3. Analisi Statistica
  4. Valutazione su due casi clinici

Conclusioni

INDICE PRINCIPALE

 

INDICE

INTRODUZIONE

Lo sviluppo del linguaggio nei bambini è un processo straordinario e complesso che avviene durante i primi anni di vita. Apprendere il linguaggio è un compito complesso e richiede una serie di abilità quali:

  • analizzare i suoni di una lingua e rappresentarli nella propria memoria;
  • padroneggiare i pattern articolatori;
  • acquisire competenze lessicali e significati;
  • padroneggiare regole morfologiche e sintattiche per combinare parole in frasi e testi;
  • imparare a conversare e produrre discorsi in diverse situazioni comunicative.

Questa complessità rende spesso difficile riconoscere i bambini con uno sviluppo più lento, ma nella norma, da quelli che, invece, hanno delle grandi difficoltà se non un vero e proprio disturbo di linguaggio.

Il processo di acquisizione del linguaggio è, per cui, un processo molto variabile in termini di modalità e tempi.

Questa variabilità riflette la complessità e l'individualità del processo di apprendimento del linguaggio nei bambini, influenzato da una vasta gamma di fattori, che vanno da differenze di maturazione neurobiologica, a problemi di natura genetica, a fattori ambientali.

Il termine "sviluppo del linguaggio atipico" si riferisce a modelli non standard o non tipici di acquisizione del linguaggio nei bambini. Questi modelli possono manifestarsi attraverso diversi disturbi del linguaggio o condizioni che influenzano negativamente lo sviluppo linguistico del bambino. Alcuni esempi di sviluppo del linguaggio atipico includono:

  1. Disturbi primari di linguaggio.
  2. Disprassia Verbale.
  3. Disturbo dello Spettro Autistico (ASD)
  4. Sindromi Genetiche

In generale, lo sviluppo del linguaggio atipico si riferisce a qualsiasi modello di acquisizione del linguaggio che si discosta dalla tipica sequenza di sviluppo del linguaggio nei bambini. Questi bambini, definiti anche Individui con Bisogni comunicativi complessi, possono richiedere un supporto e un intervento specifico per affrontare le loro difficoltà linguistiche e comunicative.

I Bisogni Complessi di Comunicazione (BCC) si riferiscono a una gamma di condizioni e disabilità che possono rendere la comunicazione complessa per un individuo, influenzando la capacità di esprimere sé stessi e comprendere gli altri. Questi bisogni possono derivare da condizioni neurologiche, disturbi dello sviluppo o altri deficit cognitivi o fisici.

Negli ultimi decenni, l'attenzione verso la valutazione delle abilità linguistiche nei bambini con Bisogni Complessi di Comunicazione (BCC) è cresciuta significativamente, poiché si riconosce sempre più l'importanza di comprendere le sfide uniche che questi bambini affrontano nel processo di apprendimento e di sviluppo comunicativo.

Uno degli aspetti più complessi nella valutazione dei bambini con BCC è la comprensione delle loro abilità linguistiche. Spesso, i bambini con BCC possono avere difficoltà a esprimere le loro conoscenze linguistiche in modo tradizionale, e ciò può portare a una sottovalutazione delle loro vere capacità linguistiche.

Al fine di affrontare questa sfida, la presente ricerca si propone di esplorare l'efficacia di un test formulato utilizzando la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica nei bambini con BCC.

Il test prende il nome di:

CAALM: Per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica in CAA

L'obiettivo principale è determinare se l'uso di un test formulato in CAA possa facilitare la comprensione delle richieste nei bambini con BCC, consentendo così una valutazione più accurata delle loro abilità linguistiche e cognitive.

L'idea centrale di questa ricerca è quella di rispondere alla domanda critica su quanto un bambino con BCC abbia effettivamente compreso la richiesta posta durante un test o se la mancata risposta sia dovuta alla difficoltà nel comprendere la richiesta stessa.

 Utilizzando un test formulato in CAA, si mira a facilitare la comprensione delle richieste attraverso strategie visive alternative di comunicazione, consentendo così una valutazione più accurata delle abilità linguistiche e cognitive del bambino.

Il test è stato sottoposto ad una prima somministrazione a 120 bambini della scuola dell’infanzia e scuola primaria di primo grado, e in un secondo momento si è provveduto ad un’analisi statistica al fine di standardizzare lo strumento e costruire delle tabelle per lo scoring.

     

INDICE

CAPITOLO 1:

Sviluppo del linguaggio tipico

Comunicazione, lingua e linguaggio

Bateson (1972) ritiene che: l’individuo non soltanto comunica ma è in comunicazione e attraverso la comunicazione mette in gioco sé stesso e la propria identità.

Con il termine <comunicazione> si intendono le modalità con le quali viene trasmessa un’informazione. Questa può essere realizzata attraverso più mezzi, in particolare la comunicazione umana può essere definita “verbale” o “non verbale”.

Il linguaggio permette alle persone di comunicare informazioni, significati, intenzioni, pensieri e richieste, di organizzare le idee e di esprimere emozioni. Il linguaggio è generalmente implicato nei processi cognitivi (pensiero, memoria, ragionamento, progettazione).

La comunicazione verbale si avvale delle parole (che fanno riferimento ad una specifica lingua parlata) per trasmettere messaggi, mentre la comunicazione non verbale riguarda tutte quelle modalità quali gesti, mimica facciale, contatto visivo, ecc. che non prevedono l’utilizzo delle parole.

I primi mezzi di comunicazione non verbale sono lo sguardo e l’attenzione condivisa: lo sguardo assume una funzione rilevante nella comunicazione; infatti, il contatto oculare consente l'instaurarsi di qualsiasi tipo di relazione interpersonale.

Verso la fine del primo anno di vita, 8-12 mesi, si osserva l'emergere di una particolare competenza sociale: l'attenzione condivisa. Questa si manifesta inizialmente solo attraverso il gioco triangolare di sguardi e giunge pian piano ad includere gesti, come l’indicare, e parole, fino a trasformarsi in un flusso continuo, in cui è possibile coinvolgersi in modo coordinato su una stessa esperienza complessa, condividendo sensazioni, emozioni e idee.

Il linguaggio è definito come una competenza cognitiva che consente l’utilizzo di una lingua.

Si tratta di un sistema complesso di funzioni formato da:

  • Fonologia: le cui unità minime sono i fonemi, prive di significato, definite inoltre come “la rappresentazione fisica del fonema”. Si dividono in due macro classi:
    • Vocali o vocoidi: acusticamente definibili come “suoni”. A livello funzionale duranti l’esecuzione di questi foni durante la fonazione, l’aria non vi incontra alcun ostacolo.
    • Consonanti o contoidi: acusticamente definibili come “rumori”, durante la fonazione l’aria incontra uno o più ostacoli dopo la laringe.
  • Semantica: è lo studio dei significati e delle combinazioni di parole
  • Grammatica: descrive la struttura della lingua e si compone di due parti principali:
  • La morfologia studia le unità minime dotate di significato quali prefissi, suffissi e radici note come morfemi.
  • La sintassi Studia i principi in base ai quali le parole delle varie lingue possono combinarsi in certi modi e non in altri
  • Pragmatica: Studia quegli aspetti che riguardano il linguaggio come azione, e di come il linguaggio viene utilizzato in base al contesto.

 Teorie di sviluppo del linguaggio

I bambini imparano a parlare in un tempo relativamente breve, tra i 9 e i 12 mesi compaiono le prime parole e intorno ai 3 anni il linguaggio è molto simile a quello degli adulti.

Per spiegare questi fenomeni gli studiosi hanno formulati ipotesi teoriche diverse e talvolta opposte.

Le maggiori teorie sviluppate nei secoli sono:

  1. L’approccio comportamentalista
  2. L’approccio innatista
  3. L’approccio emergentista
  4. La teoria sociocostruttivista

Approccio comportamentalista

A capo di questa teoria (1957) abbiamo lo psicologo Burrhus Skinner secondo il quale, l’apprendimento della lingua avveniva grazie ad un rinforzo positivo da parte dei caregiver in seguito ad una produzione corretta del bambino, integrato a rinforzi negativi in seguito ad errori .

Skinner per formulare questa sua ipotesi si basa sulla Legge dell’effetto ideata da uno psicologo statunitense chiamato Edward Lee Thorndike, secondo il quale l'apprendimento dipende dalle conseguenze del comportamento, per questo azioni seguite da rinforzo negativo tendono a estinguersi, mentre se seguite da rinforzo positivo saranno ripetute.

L’approccio innatista

Il linguista Avram Noam Chomsky è  riconosciuto come  il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo.

Negli anni ’60 il linguista ipotizza l’esistenza di un sistema biologico innato per l’acquisizione del linguaggio chiamato anche LAD – Language Acquisition Device.

Il LAD è un programma biologico per imparare a parlare, che si basa sul costrutto della Grammatica Universale (GU) intesa come l’insieme di principi e parametri innati che limitano la variazione tra lingue e guidano il bambino nella definizione dello <<stato finale>> della grammatica mentale.1 Si tratta di un processo attivo di scoperta di regole e di verifica di ipotesi già presenti nel LAD: questo spiegherebbe la rapidità con cui si impara a parlare e il fatto che le tappe dello sviluppo linguistico siano le stesse in tutte le culture e le classi sociali.

Nei suoi primi studi Chomsky osservò che il linguaggio umano è qualcosa di speciale, differente da tutti i sistemi comunicativi utilizzati nel mondo animale, per cui sosteneva l’ipotesi che il linguaggio fosse una facoltà specie-specifica, parte di una <<capacità cognitiva superiore>>, sosteneva inoltre che gli esseri umani sono biologicamente predisposti ad imparare il linguaggio in un determinato momento e modo nel corso della loro vita. Il linguaggio è un sistema combinatorio il cui numero finito di elementi può essere assemblato in modo più o meno infinito al fine di produrre un’infinità di messaggi

Per cui non è innata la conoscenza della lingua, bensì la predisposizione ad apprendere qualsiasi lingua.

L’ipotesi che la facoltà di linguaggio sia biologicamente innata va in contraddizione con molte teorie precedenti e successive a Chomsky, ad esempio si contrappone alla stessa teoria adattazionista di Darwin, il quale, rispettando la prospettiva evoluzionista, ritiene esserci una continuità tra le forme di comunicazione non verbale appartenenti alle specie animali superiori e il linguaggio umano.

La teoria innatista si pone in contraddizione anche con l’approccio comportamentalista di Skinner.

 La teoria innatista di Chomsky viene criticata per vari motivi:

  • considerare il linguaggio indipendente sia dall’intelligenza che dalla capacità comunicativa;
  • affermare che la competenza linguistica precede l’esecuzione (= il bambino possiede le regole prima di saperle usare)
  • ritenere irrilevanti i discorsi che il linguaggio possa dipendere dall’ambiente che lo circonda

L’approccio emergentista ha le sue radici nel pensiero filosofico di John Stuart Mill il quale riteneva che:

Le proprietà di un sistema emergessero in modo diverso da quella che era la semplice somma delle sue parti.

Questo approccio, in ambito psicologico, è chiamato anche <<epigenetico>> ed è ampiamente anticipato dal pensiero dello psicologo Jean Piaget il quale sosteneva che le conoscenze sono il risultato dell’interazione tra le strutture cognitive e il mondo fisico, grazie alle azioni sensomotorie e/o operatorie del bambino sul mondo2.Questa interazione va a modificare le strutture cognitive in modo tale che le conoscenze emergenti non siano riconducibili alla somma delle parti dei due sistemi in interazione. Mill va a fare una distinzione tra i tipi di interazioni che si possono creare:

interazioni semplici (nero+bianco=grigio) e forme emergenti (Idrogeno e ossigeno insieme creano qualcosa di completamente diverso come l’acqua)

L’approccio emergentista si basa sull’idea che il linguaggio sia costituito da un insieme di abilità presenti nel nostro cervello che si evolvono per far fronte agli obiettivi della società e della cultura umana. Per cui al contrario di come sosteneva Chomsky, è si presente un qualcosa di innato che rende possibile lo sviluppo del linguaggio, ma al tempo stesso non si tratta di un dispositivo specializzato e sviluppato esclusivamente per il linguaggio.

Per cui, i sostenitori di questa teoria, sostengono che le grammatiche (intese come GU di Chomsky) rappresentano le soluzioni possibili a problemi specifici di ogni specie, le quali non possedevano gli stessi bisogni comunicativi che invece possiede la specie umana. Questo assunto va per cui ad avvicinarsi al pensiero Darwiano dell’evoluzionismo, da cui invece Chomsky si allontana.

A sostenere questa correlazione tra il pensiero di Darwin e l’approccio emergentista c’è uno studio di Philip Lieberman (2007) che dimostra che alcune strutture anatomiche del cervello umano, coinvolte nel linguaggio, sarebbero molto antiche e presenti in specie animali. Ad esempio, i gangli basali, sono presenti anatomicamente anche nel cervello dei rettili, associati al controllo motorio, riconvertiti con l’evoluzione nell’uomo a strutture al servizio del linguaggio.

In relazione allo sviluppo del linguaggio, i modelli emergentisti si basano sull’ipotesi che costruzioni e forme grammaticali emergono dall’uso (usage-based), ovvero che il cervello del bambino è predisposto a individuare dal linguaggio degli adulti, le informazioni necessario per costruire le strutture fonologiche, lessicali, sintattiche della lingua a cui sono esposti, secondo un processo statico di apprendimento. Si tratta di un meccanismo presente in diverse specie animali che il cervello umano ha saputo utilizzare oltre che per il linguaggio, per altri input sensoriali, visivi e uditivi, e che prevede il riuscire ad individuare e raggruppare quelle caratteristiche che hanno un’alta probabilità di co-occorrere.

La teoria sociocostruttivista

Il primatologo e psicologo dello sviluppo Michael Tomasello (2008) si pone in una visione evoluzionista riconoscendo l’esistenza di un cambiamento qualitativo importante nella specie Homo sapiens rispetto alle specie animali, legato alla comparsa del linguaggio. Riconosce però che il lasso di tempo che separa noi, umani attuali dalle altre scimmie antropomorfe (circa 6.000.000 anni) sia un tempo troppo breve per una normale evoluzione biologica basata sulla variazione genetica e la selezione naturale. Per cui secondo l’autore l’unico meccanismo biologico che spiega questo incredibile cambiamento è la trasmissione sociale/culturale. Per cui, spiega Tomasello, il linguaggio e gli altri sistemi simbolici costituiscono un prodotto culturale dell’interazione tra i soggetti e i gruppi di individui nel corso del tempo, trasmessi di generazione in generazione.

Alla base della comunicazione umana c’è la collaborazione tra gli individui e l’intenzionalità condivisa che permette di capire l’altro e i suoi scopi e azioni, in modo da dirigere e regolare anche le proprie risposte. Egli richiama un’interazione tra processi evoluzionistici e storico – culturali, in cui nel corso degli anni i gesti comunicativi sono stati affiancati da vocalizzazioni che inizialmente avevano solo lo scopo di ribadire il concetto gestuale e successivamente hanno invece portato alla costruzione delle seimila lingue parlate nel mondo. Per Tomasello il linguaggio ha un carattere intersoggettivo, implica la lettura ricorsiva della mente e delle intenzioni tra i parlanti (Guasti, 2007)

Tomasello identifica nell’interazione sociale e nell’attenzione condivisa (Joint Attention) un ruolo primario per lo sviluppo e acquisizione del linguaggio. Egli afferma che esistano dei meccanismi dominio – generali che sono usati non solo per costruire il linguaggio, ma anche altre competenze sociali e cognitive.

Per cui, il bambino cerca di capire gli scopi comunicativi del parlante adulto usando le convenzioni linguistiche e allo stesso tempo apprendendo quelle tipiche della sua cultura e lingua. Questa capacità emerge prima che il bambino sappia usare il linguaggio, ovvero verso i 9 mesi, entro i quali egli è in grado di percepire gli altri come esseri intenzionali e inizia a partecipare alle interazioni con l’altro verso una condizione di Joint Attention (intersoggettività secondaria) con scambi a valenza referenziale e con la condivisione di attenzione, intenzionalità e fini.

Per Tomasello (2008), quindi, il linguaggio si sviluppa in un contesto interpersonale e intersoggettivo, grazie ad un uso del linguaggio stesso nel contesto relazionale e condiviso (usage-based-theory).

 In questo caso non possiamo parlare di acquisizione di linguaggio senza fare riferimento al contesto sociale e intersoggettivo in cui il bambino è inserito.

Basi neurobiologiche dello sviluppo del linguaggio

I primi studi sulle aree cerebrali coinvolte nel linguaggio risale alla seconda metà dell’Ottocento dallo studio post mortem di pazienti che in vita possedevano dei disturbi acquisiti del linguaggio quali afasie.

La classificazione e descrizione delle afasie, tutt’ora in uso è frutto di studi del linguista Lichtheim (1885) il quale distingue le afasie in :

Caratterizzate da una compromissione delle aree di produzione linguistica, da una compromissione della comprensione verbale o disconnessione fra aree della produzione, comprensione e aree concettuali.

Questi studi hanno permesso di identificare che il processamento linguistico negli adulti avviene prevalentemente nell’emisfero sinistro attraverso un network cortico-sottocorticale che include aree temporali, frontali e parietali.

Dagli esperimenti sule afasie risultò che le aree maggiormente colpite erano:

  1. La regione frontale laterale: Area di Broca (da cui Afasia di Broca)
  2. Lobo temporale posteriore superiore: Area di Wernicke (da cui afasia di Wernicke)

Ma anche altre aree corticali e sottocorticali esercitano un ruolo importante nel linguaggio all’interno dell’emisfero sinistro:

  • Cortecce associative di ordine superiore delle aree frontali, temporali e parietali sinistre: per un’interfaccia tra concetti e linguaggio.
  • Parti circoscritte dell’insula: utili per l’articolazione del linguaggio
  • Cortecce prefrontali e cingolo: controllo esecutivo e implicazione della memoria e dei processi attentivi.

I “modelli classici” della neurobiologia del linguaggio sono stati sviluppati nel XIX secolo dai neurologi Broca (1861) , Wernicke (1874) , Lichtheim (1885) e altri.

Questi considerano l'area di Broca il luogo della produzione del discorso e l'area di Wernicke il luogo della comprensione. Le aree di Wernicke e di Broca apparivano collegate tra loro dal fascicolo arcuato.

Pierre Paul Broca, famoso chirurgo francese nel corso della sua vita, condusse svariati sperimenti al fine di studiare la localizzazione del linguaggio nella corteccia cerebrale.

Tra i suoi studi spicca quello condotto su Luis Victor Leborgne (1809) paziente dello stesso Broca, le cui condizioni neurologiche lo avevano portato ad essere incapace di  parlare e riusciva a pronunciare solo “Tan”. Leborgne per cui, riusciva a comunicare esclusivamente tramite questa parola, in base al contesto ripetuta due volte consecutivamente “tan tan” e associata a mimica facciale e gesti. Con il passare degli anni, le sue condizioni andavano sempre più a peggiorare, in particolare: da un iniziale indebolimento dell’arto superiore destro passò ad una completa paralisi del braccio destro, seguito da iniziale indebolimento dell’arto inferiore destro e successivo gonfiore, infezione e cancrena completa dell’arto destro. Cominciò inoltre ad avere difficoltà di vista e deterioramento delle facoltà mentali. Quando Broca prese in carico il paziente cominciò a studiarne la paralisi completa degli arti destri e notò che invece l’emilato sinistro era in grado di compiere movimenti a piacimento e con adeguata potenza, il controllo dell’intestino e della vescica era intatto, non presentava strabismo e la lingua non era paralizzata.

Nel 1861 Leborgne morì e Broca eseguì un’atopsia che evidenziò lesioni nella seconda e terza circonvoluzione frontale dell’emisfero cerebrale sinistro, nei margini inferiori della scissura Silviana, l’insula e la parte adiacente allo striato (Pearce, 2009; Broca, 1861). Successivamente fu poi chiamata Area di Broca (2007). Dronkers e altri nel 2007 studiarono il cervello di Tan tramite studi di neuroimmagini e mostrarono che la lesione si estendeva anche alle regioni mediali, rispetto a quella che Broca aveva riportato.

Per quanto riguarda l'area di Wernicke, anche questa fu rivalutata successivamente, si osservò che non esiste un'unica area nel nostro cervello dedicata alla comprensione del parlato.

Negli ultimi decenni è stato dimostrato che le capacità linguistiche si basano sul funzionamento di un network esteso che coinvolge numerose aree corticali e subcorticali, che risultano essere in linea con il modello a doppio-flusso proposto da Hickok e Poeppel (Fridriksson et al., 2018).

Questo modello propone l’elaborazione del linguaggio in “flussi dorsali” e “flussi ventrali”, in particolare:

  • Il flusso ventrale trasforma gli input acustici in informazioni dotate di significato. Questo è in gran parte organizzato bilateralmente dal polo temporale alla corteccia occipito-temporale
  • Il flusso dorsale trasforma gli input acustici in rappresentazioni articolatorie. Questo è fortemente localizzato nell’emisfero sinistro, dalla corteccia temporale posteriore e superiore a quella frontale inferiore.

La ricerca attuale è ancora impegnata a definire come le varie aree linguistiche si organizzino durante lo sviluppo del bambino. L’interazione fra i diversi circuiti linguistici nei bambini si mostra più “dinamica” rispetto a quella evidenziata negli adulti. Questo può essere spiegato dalla “plasticità” che caratterizza il cervello dei bambini. Inoltre, si è osservato che l’attivazione delle aree cerebrali durante l’elaborazione del linguaggio nei bambini non è del tutto equivalente a quella degli adulti. Ad esempio, in un neonato di 3 mesi le aree cerebrali relative alla produzione del linguaggio nel giro frontale inferiore sinistro, nel neonato si attivano anche in risposta a stimoli uditivi in entrata.

Principali tappe di sviluppo

Lo sviluppo del cervello di un bambino si completa con l’adattamento all’ambiente. Il cervello è programmato per riconoscere il linguaggio umano, discriminare la differenza tra singoli suoni e suoni combinati tra loro (parole), ciò consente al bambino, con l’esperienza di collegarvi a questi dei significati, di individuare regole grammaticali tipiche della lingua madre al fine di formare frasi di senso compiuto.

L’apprendimento e l’uso del linguaggio sono influenzati dall’interazione di fattori biologici, cognitivi, psicosociali e ambientali.

L’esperienza che il bambino fa, il contesto familiare e scolastico in cui egli è immerso caratterizza l’apprendimento di una lingua determina uno specifico sviluppo del cervello umano consentendo il crearsi di una serie di connessioni neurali che saranno rinforzate e stabilizzate nel tempo divenendo sempre più efficaci e veloci.

Nella prima infanzia questo processo richiede l’attivazione simultanea di più informazioni provenienti da diversi canali (visive, verbali, uditive, tattili, emotive e sociali) che l'esperienza ne determina in maniera permanente il funzionamento.

L'acquisizione del linguaggio si presenta come un susseguirsi di fasi che si succedono in un determinato ordine, al tempo stesso, questo processo è caratterizzato da grandissime variabili individuali che riguardano non solo i tempi, ma anche i modi e le strategie di apprendimento.

L'acquisizione del linguaggio ha inizio già in epoca prenatale, molti studi supportano questa ipotesi. Questi studi documentano che il neonato sia sin da subito in grado di riconoscere la voce materna rispetto alle altre. Il feto percepisce ì i suoni fino a 1000 Hz (Il linguaggio umano normale usa suoni tra i 100 e i 4000 Hz).

Nei primi mesi di vita, prima che il bambino cominci a produrre le prime parole, è definita fase prelinguista che va dalla nascita ai 9-10 mesi. Durante questo periodo si sviluppa tutta la componente non verbale della comunicazione, costituita da gesti, mimica facciale, pianto e l’emissione dei primi suoni, che pongono le basi per l’acquisizione delle successive fasi dello sviluppo comunicativo.

In questo primo periodo l’apparato fono-articolatorio del neonato non è ancora in grado di produrre la maggior parte dei foni a cui il bambino è esposto nel contesto parlante. I primi suoni prodotti sono di natura vegetativa come gli sbadigli o il pianto, in particolare quest’ultimo svolge un ruolo fondamentale nella relazione con l’adulto. Il pianto ha diversi significati: fame, sonno, dolore, in un successivo momento anche richieste di attenzioni. Con il passare del tempo il pianto acquisisce un significato piscologico e sociale.

Solo a partire dai quattro mesi il bambino abbandona i gorgoglii del primo periodo e comincia a produrre veri e propri suoni linguistici (consonantici e vocalici) in combinazioni definite giochi vocali che tendono ad aumentare e presentarsi in maniera più costante con il passare dei mesi e che assomigliano sempre di più al linguaggio, ma privi di significato.

Dai 6 ai 12 mesi il bambino attraversa la fase della lallazione che a sua volta si divide in due fasi:

  • Lallazione canonica (6-9 mesi) :

 il bambino produce sequenze di consonante-vocale (simili a sillabe come “dada”  o “mama”)

  • Lallazione variata (10-12 mesi) :

dove il bambino produce suoni alternando diverse consonanti e vocali, per esempio «totito» e «papana», compone “parole” incomprensibili e compaiono pattern di intonazione. Questa età coincide con importanti acquisizioni legate al linguaggio: il bambino comprende tra le 20 e le 100 parole.

0-1 mese

Suoni di natura vegetativa

Pianto(emissione vocale inarticolata di fame, dolore, irritazione)

Sbadigli,ruttini, gorgoglii

2-6 mesi

Vocalizzazione

Si inseriscono tra i turni verbali dei genitori (protoconversazioni)

6-7 mesi

Lallazione canonica

Il b. produce sequenze consonante-vocale con le stesse caratteristiche delle sillabe, ripetute più volte (baba, gaga). Prime emissioni vocali articolate

+12 mesi

Lallazione variata

Il b. produce sequenze sillabiche complesse, variate (baga). Primi suoni con caratteristiche analoghe a quelle della lingua di appartenenza.

Intorno ai 9 mesi il bambino comincia ad evolvere le sue modalità comunicative, seppur ancora non verbali. Insorgono i primi gesti con intenzionalità comunicativa, in particolare i gesti performativi o deittici (indicare, offrire, mostrare) riferiti primariamente a oggetti o eventi esterni facilmente raggiungibili. Non sono azioni che permettono di raggiungere un obiettivo, ma comunicano ad altri tale obiettivo. Sono solitamente integrate all’utilizzo dello sguardo.

I gesti deittici hanno:

  • Funzione richiestiva (8-9 mesi): per richiedere l’intervento o l’aiuto dell’adulto
  • Funzione dichiarativa (10-12 mesi): per attirare l’attenzione e condividere con l’interlocutore l’interesse per un evento esterno.

Successivamente intorno ai 12 mesi insorgono i gesti referenziali. Questi, a differenza dei gesti deittici, rappresentano un referente specifico, il loro significato non varia al variare del contesto (ad esempio agitare le mani per significare “uccello”, aprire e chiudere la mano per “ciao”, scuotere la testa per “no”).  Hanno origine sociale, nascono all’interno di routine sociali o di giochi con l’adulto e vengono appresi per imitazione. Fanno da ponte per l’apprendimento del linguaggio perché hanno natura convenzionale.

Emergono infine le prime parole. Con la continua insorgenza delle parole, intorno alle 50 parole prodotte, i gesti referenziali diminuiscono significativamente.

I primi enunciati prodotti dai bambini sono costituiti da una sola parola, solitamente riferiti a nomi di persona come mamma o papà, o oggetti a maggior frequenza d’uso.

Queste prime parole risultano difficili da classificare in categorie semantiche. In genere si tratta di versi di animali, routine sociali, nomi che si riferiscono alle persone familiari e ai cibi. Sono parole composte di una o due sillabe.

Sono legate a specifici contesti e sono parte integrante delle azioni in corso. Riferite a oggetti specifici e usate per commentare o descrivere quello che sta succedendo. Hanno carattere non referenziale.

Con lo sviluppo delle prime parole, aumenta anche il vocabolario recettivo che è costantemente superiore a quelle che producono, ad esempio a 10 mesi sono in grado di comprendere circa 50 parole e sono in grado di produrre lo stesso numero solo intorno ai 18 mesi.

Errori tipici del bambino nelle prime fasi dello sviluppo lessicale:

  • Errore di sovraestensione: il b. chiama “cane” qualsiasi animale a quattro zampe
  • Errore di sottoestensione: il b. chiama “bambola” esclusivamente la sua bambola preferita
  • Errore di sovrapposizione: il b. usa “aprire” per riferirsi non soltanto all’azione di aprire una porta, ma anche, ad esempio, all’azione di accendere la luce.

Dai 24 ai 30 mesi, lo sviluppo fonologico e articolatorio fa dei grandi passi avanti: l’inventario fonetico si espande, come anche quello semantico e grammaticale, i bambini sono in grado di comprendere i pronomi personali e ordini semplici di tipo diretto.

A 2 anni e mezzo il bambino produce circa 400 parole che riguardano nomi comuni, nomi di persona, verbi e aggettivi.

In questo periodo cominciano a produrre frasi di due o più parole con frequente omissione di pronomi, preposizioni e articoli, come ad esempio “voglio palla”, e si iniziano ad instaurare delle vere e proprie conversazioni.

Nella finestra temporale compresa tra i 36 e i 60 mesi, l’inventario fonetico e fonologico è ormai completo, la pronuncia acquista sempre maggiore intelligibilità. Anche per quando riguarda lo sviluppo grammaticale, durante questi mesi, osserviamo delle grandi novità.

Lo sviluppo grammaticale richiede il contemporaneo sviluppo di conoscenze lessicali, competenze morfologiche, morfosintattiche e sintattiche.

Le modalità di acquisizione delle regole grammatiche variano in funzione dell’esposizione e del tipo di stimolazione a cui il bambino è esposto.

Come già osservato per il lessico, anche nello sviluppo grammaticale osserviamo almeno in una fase iniziale, che la componente recettiva è maggiore rispetto a quella produttiva. Il bambino entro i 3 anni comunica utilizzando il complesso verbo-nome e buona parte della morfologia del verbo, inizialmente compaiono le forme singolari, le forme plurali tardano ad insorgere.

Dopo il terzo anni di vita il bambino utilizza frasi di lunghezza sempre crescente e comincia ad utilizzare le parole funzione (pronomi, preposizioni), a coniugare i verbi e a concordare correttamente articoli, nomi e aggettivi.

L’ordine delle parole all’interno della frase si va a stabilizzare sempre di più sul modello della lingua a cui è esposto, per le lingue latine, come l’italiano, il modello è di tipo Soggetto-Verbo-Oggetto (SVO).

Lo sviluppo grammaticale è correlato all’espansione della lunghezza media dell’enunciato, parametro definito LME, rappresenta inoltre un indice sullo sviluppo linguistico del bambino, almeno fino all’ingresso nella scuola primaria.

Tra i 36 e i 48 mesi il vocabolario in produzione si amplia fino a raggiungere oltre le 1000 parole, migliora la comprensione e l’utilizzo di parole riferite a concetti spaziali e temporali come <<sopra>>, <<sotto>>, <<davanti>>, <<dietro>>, <<prima>>, <<dopo>> ecc.

In età prescolare il linguaggio è usato a scopo narrativo, seppur è ancora un linguaggio soggettivistico, psicologico e non logico.

A partire dai 3 anni il bambino raggiunge l’apprendimento delle strutture di base di tutte le frasi della lingua e il suo linguaggio è molto simile a quello dell’adulto. Anche il repertorio fonetico è quasi completo.

Migliora anche la capacità di raccontare, appresa precocemente attraverso l’esposizione ripetuta a situazioni di routine, ma per tutta l’età prescolare permane il riferimento alle esperienze personali. Questo impedisce al bambino di rievocare verbalmente azioni e eventi presentati in modo non congruente rispetto all’ordine temporale canonico di esecuzione.

Tra i 48 e i 60 mesi di età si consolidano anche le competenze metafonologiche ovvero la capacità di riconoscere e manipolare le parole al fine di costruire frasi e discorsi. Questa competenza segue una precisa linea evolutiva che va inizia a partire dall’ultimo anno di scuola dell’infanzia e si sviluppa grazie all’esposizione al codice scritto nella scuola primaria.

Secondo Piaget tra i 2 e i 7 anni il linguaggio è egocentrico ovvero il bambino concentra le proprie conversazioni su sé stesso senza comprendere il punto di vista dell’interlocutore.

Durante l’età scolare (entro gli 8-9 anni) si fa strada lo sviluppo della pragmatica, che si riferisce alla capacità di comunicare in modo efficace, adattare lo stile della conversazione in funzione dell’interlocutore e del contesto.

Con l’inizio della scuola primaria (6 anni) la narrazione diventa sempre più completa e coerente, i processi inferenziali consentono anche di immaginare i dialoghi tra i personaggi. Compare anche la narrazione al passato che però presenta spesso degli errori di coniugazione dei verbi.

In conclusione, grazie a numerosi studi condotti sul linguaggio, sappiamo che l’essere umano è predisposto geneticamente a sviluppare le abilità linguistiche e sappiamo inoltre che l’ambiente circostante ne influenza notevolmente l’andamento. Questo significa che i caregiver assumono un ruolo determinante nello sviluppo linguistico: l’adulto ha il ruolo di partner e tutor comunicativo, offrendo un modello e fornisce stimoli adeguati all’età, condividendo con lui il gioco in una continua e reciproca relazione.

 

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CAPITOLO-2 Sviluppo del linguaggio atipico

2.1 Disturbi del linguaggio: Definizione e Classificazione

La definizione di <<disturbo del linguaggio in età evolutiva» è utilizzata per descrivere quadri clinici molto eterogenei, dove le difficoltà linguistiche possono manifestarsi isolatamente oppure in comorbidità con altre patologie, ad esempio deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali.

Si parla di disturbi <<primari>> del linguaggio (Fino a qualche anno fa conosciuti con il nome di disturbi specifici di linguaggio) per descrivere quei disturbi in cui non sono identificabili fattori causali noti, mentre si parla di disturbi «secondari» se le difficoltà di linguaggio si presentano come sintomo di una patologia nota, ad esempio il caso di un bambino con sindrome di Down, dove il disturbo di linguaggio è associato alla sindrome.

I disturbi secondari del linguaggio possono essere:

  • Disturbi di Integrazione: difficoltà di linguaggio compatibili con un quadro di disabilità intellettiva o ad esempio nei disturbi dello spettro autistico
  • Disturbi strumentali: difficoltà legati a deficit motorio come nel caso di Paralisi cerebrali infantili (PCI) o dovute a Deficit sensoriali come ipoacusie o sordità.
  • Mutismo elettivo o selettivo
  • Svantaggio socio culturale, nel caso di bambini poco esposti o esposti a più lingue.

Come abbiamo visto nel primo capitolo, il bambino impara a parlare entro i

3-4 anni di vita, ma l’apprendimento è caratterizzato da un'ampia variabilità nelle modalità e nei tempi. Queste diverse traiettorie sono dovute a molteplici motivi, che vanno da differenze di maturazione neurobiologica, a problemi di natura genetica, a fattori ambientali.

Tabella:

Differenza di acquisizione del linguaggio nei primi 2 anni di vita (Camaioni,2001)

 

Media

Minimo

Massimo

Prime parole

13 mesi

8 mesi

18 mesi

Vocabolario

50 parole

22 parole

628 parole

Comprensione 8-10 mesi

30 parole

nessuna

200 parole

Comprensione 17-18 mesi

215 parole

22 parole

398 parole

Prime frasi

20 mesi

14 mesi

24 mesi

I disturbi del neurosviluppo secondo la definizione di APA del 2013:

“sono un gruppo di condizioni con esordio precoce, generalmente prima della scolarizzazione primaria, e sono caratterizzati da deficit che causano una compromissione del funzionamento personale, sociale e scolastico. Questi disturbi possono avere espressività assai diverse che variano da limitazioni molto specifiche degli apprendimenti o del controllo della capacità di autoregolazione, sino ad arrivare alla compromissione globale delle abilità sociali o dell'intelligenza”

I disturbi del neurosviluppo li ritroviamo spesso in comorbidità con altri disturbi, ad esempio, bambini con disturbo dello spettro dell'autismo spesso presentano disabilità intellettiva; molti bambini con disturbo di linguaggio hanno anche un deficit di coordinazione motoria o di attenzione/iperattività.

Un disturbo nel neurosviluppo può interferire con la comunicazione, la partecipazione sociale e l'apprendimento scolastico.

All'interno dei disturbi del neurosviluppo troviamo i disturbi di linguaggio, che rappresentano un insieme di quadri sindromici caratterizzati da difficoltà differenti per qualità e gravità nella comprensione, produzione e uso del linguaggio.

Il deficit può compromettere una o più componenti linguistiche (fonologia, lessico, semantica, sintassi e pragmatica).

Le caratteristiche essenziali del disturbo del linguaggio sono le difficoltà nell'acquisizione e nell'uso del linguaggio a causa di deficit nella comprensione o produzione del vocabolario, della grammatica, della struttura delle frasi e del discorso.

I deficit linguistici si evidenziano sia durante una conversazione (comunicazione parlata) sia durante la scrittura. L’uso corretto del linguaggio dipende sia dalle abilità recettive che espressive. L'abilità espressiva si riferisce alla produzione di segnali vocali, gestuali o verbali, mentre l'abilità recettiva si riferisce al processo di ricezione e comprensione dei messaggi linguistici. Le abilità linguistiche devono essere valutate sia nelle modalità espressive che recettive in quanto possono differire nella gravità.

Le prime parole e frasi del bambino con disturbo del linguaggio hanno solitamente un’incidenza più tardiva rispetto all’età media, e il vocabolario appare più povero di parole, come anche le frasi sono più brevi e meno complesse con una percentuale maggiore di errori grammaticali. I deficit nella comprensione del linguaggio sono spesso sottovalutati, poiché i bambini possono essere bravi nell'usare il contesto per inferire il significato. Potrebbero esserci problemi di ricerca di parole, definizioni verbali impoverite o scarsa comprensione di sinonimi, significati multipli o giochi di parole appropriati per età. Le difficoltà con l’eloquio sono mostrate da una ridotta capacità di fornire informazioni adeguate sugli eventi chiave e di narrare una storia coerente.

Per quanto riguarda le proposte di classificazione, come l'ICD-10 (OMS,1992) e il recente DSM-5 (APA, 2013), si sono utilizzati criteri prevalentemente psicometrici, in particolare neuropsicologici e psicolinguistici. Per queste ragioni, è possibile incontrare nelle certificazioni di bambini con disturbo di linguaggio, diverse «etichette diagnostiche», a seconda del manuale utilizzato dai clinici al fine della diagnosi:

ICD-10

  • Disturbo di articolazione dell’eloquio
  • Disturbo del linguaggio espressivo
  • Disturbo del linguaggio recettivo
  • Afasia acquisita con epilessia (sindrome di Landau-Kleffner)

DSM-5

  • Disturbo di linguaggio
  • Disturbo di articolazione, fonologia e fonazione
  • Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia
  • Disturbo della comunicazione sociale non altrimenti specificato

Con il termine linguaggio si intende l'insieme degli aspetti relativi alla forma, funzione e uso di un sistema convenzionale di simboli all'interno di un sistema di regole finalizzato alla comunicazione (parole pronunciate, scritte, segnate, immagini).

L'eloquio, invece, si definisce come produzione di suoni che includono la capacità di articolazione, la fluenza, la voce e la qualità dei risonatori.

La comunicazione, infine, comprende tutte le abilità, verbali e non verbali, intenzionali o meno, che influenzano il comportamento, le idee o gli atteggiamenti di un altro individuo.

In particolare, secondo il DSM-5, abbiamo la seguente classificazione:

Disturbo di linguaggio definito come persistente difficoltà nell'acquisizione e nell'uso di diverse modalità di linguaggio (linguaggio parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovuta a deficit della comprensione o della produzione che comprendono: un lessico ridotto, una limitata strutturazione delle frasi e una compromissione delle capacità discorsive.

Disturbo fonetico-fonologico, definito come: persistente difficoltà nella produzione di suoni dell'eloquio che interferisce con l'intelligibilità dell'eloquio o impedisce la comunicazione verbale.

Disturbo della fluenza con esordio nell'infanzia, caratterizzato da: alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell'eloquio, inappropriate per l'età e per le abilità linguistiche dell'individuo. Persistenza nel tempo, con marcato e frequente

manifestarsi di uno o più dei seguenti elementi:

  • ripetizione di suoni o sillabe;
  • prolungamento dei suoni delle consonanti o delle vocali;
  • interruzione di parole;
  • blocchi udibili o silenti;
  • circonlocuzioni;
  • parole pronunciate con eccessiva tensione fisica;
  • ripetizione di intere parole monosillabiche.

Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica) che prevede: persistenti difficoltà nell'uso sociale della comunicazione verbale e non verbale che si manifestano attraverso:

  • deficit nell'uso della comunicazione per scopi sociali;
  • compromissione della capacità di modificare la comunicazione per renderla adeguata al contesto o alle esigenze di chi ascolta;
  • difficoltà nel seguire le regole della conversazione, come il rispetto dei turni o il saper utilizzare i segnali verbali e non verbali per regolare l'interazione;
  • difficoltà nel capire quello che non viene esplicitato chiaramente (fare infe-renze) e i significati ambigui.

Tutte queste alterazioni vengono catalogate come “disturbo” nel momento in cui causano limitazioni funzionali nell'ambito della comunicazione, della partecipazione sociale e dei risultati scolastici o professionali. L'esordio deve avvenire nel periodo precoce dello sviluppo e le difficoltà non sono attribuibili a una compromissione dell'udito o ad altri deficit sensoriali, a disfunzioni motorie o altre condizioni mediche o neurologiche.

La traiettoria evolutiva del disturbo può quindi essere molto differente a seconda della gravità, pervasività e persistenza dei vari deficit linguistici.

Apprendere il linguaggio è un compito complesso e richiede una serie di abilità quali:

  • analizzare i suoni di una lingua e rappresentarli nella propria memoria;
  • padroneggiare i pattern articolatori;
  • acquisire competenze lessicali e significati;
  • padroneggiare regole morfologiche e sintattiche per combinare parole in frasi e testi;
  • imparare a conversare e produrre discorsi in diverse situazioni comunicative.

Questa complessità rende spesso difficile riconoscere i bambini con uno sviluppo più lento, ma nella norma, da quelli che, invece, hanno delle grandi difficoltà se non un vero e proprio disturbo di linguaggio.

Si ritiene per cui fondamentale fare una distinzione tra disturbo del linguaggio e ritardo del linguaggio

Il 13-20% dei bambini sono definiti «parlatori tardivi» o <<late talker >> (ovvero bambini che hanno uno sviluppo del linguaggio più lento rispetto alla media), che, in assenza di deficit uditivi, cognitivi, relazionali, hanno difficoltà ad acquisire il linguaggio a 24/36 mesi, periodo durante il quale la maggior parte dei bambini, invece, utilizza abilmente il linguaggio come modalità comunicativa.

Molti di questi bambini iniziano a parlare più tardi ma rientrano successivamente in un range di normalità Altri bambini che presentano ritardo presenteranno successivamente un vero e proprio disturbo di linguaggio.La maggior parte entro i 6-7 anni acquisisce un linguaggio formalmente corretto, ma quasi il 40% dei bambini mostra una difficoltà in particolare

nelle prime fasi dell'apprendimento del linguaggio scritto. Un pregresso ritardo del linguaggio o disturbo del linguaggio è per cui un fattore di rischio importante per i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)

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2.2  Diagnosi

La diagnosi di Disturbo di Linguaggio viene condotta da un'equipe multidisciplinare costituita da Neuropsichiatra, Psicologo, Logopedista o terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva.

Secondo il DSM-5 i criteri diagnostici per il disturbo del linguaggio sono:

  1. Difficoltà persistenti nell'acquisizione e nell'uso del linguaggio attraverso modalità diverse (cioè, parlato, scritto, lingua dei segni o altre) a causa di deficit nella comprensione o produzione che includono quanto segue:
  2. Vocabolario ridotto (conoscenza e utilizzo delle parole).
  3. Struttura delle frasi limitata (abilità di mettere insieme parole e termini per formare frasi basate sulle regole della grammatica e della morfologia).
  4. Impedimenti nel discorso (abilità di utilizzare il vocabolario e collegare le frasi per spiegare o descrivere un argomento o una serie di eventi o per conversare).
  5. Le capacità linguistiche sono sostanzialmente e quantificabilmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe per l'età, con conseguenti limitazioni funzionali nella comunicazione efficace, partecipazione sociale, successo accademico o performance occupazionale, individualmente o in combinazione.
  6. Insorgenza dei sintomi nel periodo dello sviluppo precoce.
  7. Le difficoltà non sono attribuibili a problemi uditivi o altri deficit sensoriali, disfunzioni motorie o altre condizioni mediche o neurologiche e non sono spiegate in modo migliore da un disturbo dello sviluppo intellettuale (disabilità intellettiva) o da un ritardo globale dello sviluppo.

La diagnosi di disturbo del linguaggio si basa sulla sintesi della storia individuale, al fine di ricavare tutte le informazioni possibili circa il suo sviluppo psicomotorio, linguistico e comunicativo. 

In un secondo momento si procede ad un’osservazione clinica diretta eseguita in contesti diversi (casa, scuola o lavoro)

Infine, verrà effettuata una valutazione tramite strumenti standardizzati, che indagano sia la componente linguistica (test del linguaggio) sia lo sviluppo psicomotorio in generale per accertare che le difficoltà linguistiche non rientrino in un ritardo complessivo dello sviluppo.

La valutazione delle capacità comunicativo-linguistiche richiede quindi sia un’osservazione non strutturata sia questionari specifici e test diretti che variano in base all’età del bambino.

Dopodiché si scompone la valutazione in livelli:

  • Livello fonetico-fonologico (Per sapere quali suoni ha acquisito, quali suoni gli mancano e quali processi attiva durante l’eloquio)
  • Livello lessicale-semantico (Si intende il vocabolario ovvero l’insieme delle parole che il bambino ha acquisito)
  • Comprensione e produzione morfo grammaticale e morfosintattica
  • Livello logico-linguistico (livello narrativo, riguarda la capacità del bambino di rispettare la successione temporale e causale degli eventi durante un racconto e di trasformare un contenuto “logico” in frasi)

Principali test utilizzati suddivisi per livello:

PVB: primo vocabolario del bambino (8-36 mesi). Si tratta di un questionario che viene sottoposto ai genitori volto a raccogliere informazioni sul primo sviluppo del bambino, indagando le sue capacità comunicative gestuali e vocali. 

Livello fonetico-fonologico:

  • PFLI (Bortolini, 1995)
  • Test di valutazione dell’articolazione (Fanzago, 1983)

Livello lessicale-semantico:

  • TFL (Test Fono-Lessicale, Vicari 2007)
  • TNL (Test Neuro-Linguistico, Cossu 2013)
  • PPVT (Peabody Picture Vocabulary Test revised)
  • Boston naming test

Livello logico-linguistico:

Racconti visivi:

  • Standardizzati: Bus Story
  • Non standardizzati: Ladro di galline, la torta, la visita, il giocoliere

TOR: test di comprensione del testo orale

Il disturbo del linguaggio emerge durante il periodo dello sviluppo precoce; tuttavia, vi è una considerevole variazione nell'acquisizione del vocabolario precoce e nelle prime combinazioni di parole. Le differenze individuali nella prima infanzia non sono, come indicatori singoli, altamente predittive degli esiti successivi, anche se un ritardo nell'insorgenza del linguaggio all'età di 24 mesi in un campione basato sulla popolazione è stato il miglior predittore degli esiti all'età di 7 anni.

Il disturbo del linguaggio diagnosticato nei bambini di età superiore ai 4 anni è probabile che sia stabile nel tempo e persista tipicamente nell'età adulta.

 

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2.3  Fattori di rischio e prognostici

II disturbi del linguaggio rappresentano i disturbi più frequenti tra i 2 e i 6 anni e quasi il 40% degli invii in valutazione ai Servizi territoriali (ASL, unità di Neuropsichiatria infantile, ecc.).

I disturbi primari di linguaggio (ovvero quelli che non sono secondari ad altre patologie.) hanno una diffusione del 5-7% in età prescolare e tendono a ridursi nel tempo fino all’ 1-2% in età scolare. Va però considerato che molto frequentemente il disturbo del linguaggio presenta un fattore di rischio per le difficoltà nell'apprendimento, in particolare nei primi anni della scuola primaria.

I fattori di rischio dei disturbi del linguaggio possono variare e includono una combinazione di influenze genetiche, ambientali e personali. Di seguito sono elencati alcuni dei principali fattori di rischio associati ai disturbi del linguaggio:

Fattori genetici: Gli studi hanno dimostrato che vi è una predisposizione genetica ai disturbi del linguaggio. Famiglie con una storia di disturbi del linguaggio hanno una maggiore probabilità di avere bambini con problemi simili.

Gli studi su gemelli basati sulla popolazione riportano costantemente una considerevole ereditabilità per il disturbo del linguaggio e gli studi molecolari suggeriscono l'interazione di più geni su vie causali.

Ambiente familiare: Un ambiente familiare povero in termini di stimolazione linguistica e interazione può aumentare il rischio di sviluppare disturbi del linguaggio. Ad esempio, basso livello di istruzione dei genitori, mancanza di esposizione al linguaggio, povertà e carenze nella comunicazione familiare possono contribuire ai problemi linguistici nei bambini.

Complicazioni durante la gravidanza e il parto: Eventi come prematurità, basso peso alla nascita, complicazioni durante il parto, esposizione a sostanze tossiche durante la gravidanza possono influenzare lo sviluppo del cervello e aumentare il rischio di disturbi del linguaggio.

Esperienze traumatiche o stress: Traumi emotivi, abusi, trascuratezza o altre esperienze stressanti possono influenzare negativamente lo sviluppo del linguaggio.

Esposizione limitata al linguaggio: Una mancanza di esposizione al linguaggio durante la prima infanzia, compresa la mancanza di interazione con gli altri o di stimolazione linguistica, può influenzare negativamente lo sviluppo del linguaggio.

È importante notare che spesso i disturbi del linguaggio possono essere influenzati da una combinazione di questi fattori di rischio e che non tutti i bambini esposti a tali fattori svilupperanno un disturbo del linguaggio. Tuttavia, riconoscere precocemente questi fattori di rischio è di fondamentale importanza nella prevenzione e nel trattamento dei disturbi del linguaggio.

Inoltre, i bambini con disturbi del linguaggio recettivo hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli con predominanza di disturbi espressivi. I disturbi del linguaggio recettivo sono più resistenti al trattamento e sono frequentemente associati a difficoltà nella comprensione della lettura. Il bilinguismo non causa o peggiora un disturbo del linguaggio, ma i bambini che sono bilingui possono mostrare ritardi o differenze nello sviluppo del linguaggio. Un disturbo del linguaggio nei bambini bilingui influenzerà entrambe le lingue; pertanto, è importante considerare una valutazione in entrambe le lingue.

  

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2.4 Comorbidità con altri disturbi del neurosviluppo

Il disturbo del linguaggio può essere associato ad altri disturbi neurosviluppo, come il disturbo specifico dell'apprendimento, disabilità intellettiva, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività o ADHD, i disturbi dello spettro autistico e il disturbo della coordinazione motoria.

In seguito, una panoramica su ogni patologia precedentemente nominata:

Disturbo dello spettro autistico (ASD)

Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder – ASD) è un disturbo del neurosviluppo a insorgenza precoce caratterizzato da difficoltà nell’interazione e comunicazione sociale e dalla presenza di interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e stereotipati (APA, 2013)

Nel DSM-5 i criteri diagnostici che il bambino deve soddisfare per giungere a diagnosi sono riportati nella seguente tabella:

Livello di gravità

 

Comunicazione sociale

 

Comportamenti ristretti e ripetitivi

Livello 3

Gravi deficit delle abilità di comunicazione sociale verbale e non verbale causano gravi compromissioni del funzionamento, avvio molto limitato delle interazioni sociali e reazioni minime alle aperture sociali da parte di altri. Per esempio, una persona con un eloquio caratterizzato da poche parole comprensibili, che raramente avvia interazioni sociali e, quando lo fa, mette in atto approcci insoliti solo per soddisfare esigenze e risponde solo ad approcci sociali molto diretti.

Inflessibilità di comportamento, estrema difficoltà nell’affrontare il cambiamento, o altri comportamenti ristretti/ripetitivi interferiscono in modo marcato con tutte le aree del funzionamento. Grande disagio/difficoltà nel modificare l’oggetto dell’attenzione o l’azione.

Livello 2

Deficit marcato delle abilità di comunicazione sociale verbale e non verbale; compromissioni sociali; reazioni ridotte o anomale alle aperture sociali da parte di altri. Per esempio, una persona che parla usando frasi semplici, la cui interazione è limitata a interessi ristretti e particolari e che presenta una comunicazione non verbale decisamente strana.

Inflessibilità di comportamento, difficoltà nell’affrontare i cambiamenti o altri comportamenti ristretti/ripetitivi sono sufficientemente frequenti da essere evidenti a un osservatore casuale e interferiscono in diversi contesti. Disagio/difficoltà nel modificare l’oggetto dell’attenzione o l’azione.

Livello 1

In assenza di supporto, i deficit della comunicazione sociale causano notevoli compromessi. Difficoltà ad avviare le interazioni sociali, e chiari esempi di risposte atipiche o infruttuose alle aperture sociali da parte di altri. L’individuo può mostrare un interesse ridotto per le interazioni sociali. Per esempio, una persona che è in grado di formulare frasi complete e si impegna nella comunicazione, ma fallisce nella conversazione bidirezionale con gli altri, e i cui tentativi di fare amicizia sono strani e in genere senza successo.

L'inflessibilità di comportamento causa interferenze significative sul funzionamento in uno o più contesti. Difficoltà nel passare da un’attività all’altra. I problemi nell’organizzazione e nella pianificazione ostacolano l’indipendenza.

Nel disturbo dello spettro autistico (ASD), la compromissione del linguaggio è una caratteristica comune, ma può variare notevolmente da individuo a individuo. Alcune persone con ASD possono avere sviluppo del linguaggio tipico, mentre altre possono avere gravi difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale

Nei bambini con disturbo dello spettro dell’autismo vediamo, soprattutto nelle prime fasi, una maggior percentuale di bambini con ritardo o completa mancanza della comunicazione verbale, ma ad essere un campanello d’allarme nella fase pre-linguistica è soprattutto ciò che riguarda le modalità di comunicazioni preverbale ovvero tutto ciò che riguarda mimica facciale, gestualità (in particolare i gesti richiestivi) e il contatto di sguardo.

Il linguaggio nell’ASD una volta emerso può comunque mantenere delle caratteristiche peculiari come ad esempio:

  • Ecolalia: si tratta di un linguaggio stereotipato e ripetitivo, che prevede per cui la ripetizione di parole o frasi udite precedentemente (ecolalia differite) o ripetere sul momento ciò che gli viene chiesto o che hanno appena ascoltato (ecolalia immediata). Spesso ripetono parole o intere frasi senza però mostrare di averle capite. Una caratteristica del linguaggio ecolalico è che durante la ripetizione, soprattutto nell’ecolalia differite, il bambino è in grado di ripetere fluentemente e velocemente anche intere sigle o episodi di cartoni animati, pubblicità o canzoni, mentre il linguaggio spontaneo o su richiesta potrebbe risultare estremamente povero di parole.
  • Comunicazione atipica: Particolarmente evidente nei bambini con autismo ad alto funzionamento, una conversazione caratterizzata da un tono di voce monotono e l’utilizzo di un eloquio letterale, con l’utilizzo di termini aulici.
  • Difficoltà nel mantenere conversazioni: Possono avere difficoltà a partecipare a conversazioni bidirezionali, a rispondere in modo appropriato alle domande o a mantenere il filo logico del discorso mostrando difficoltà nell’alternanza di turni, rendendo la conversazione una sorta di monologo
  • Pragmatica: un’altra difficoltà evidenziata soprattutto nei bambini con autismo ad alto funzionamento è la difficoltà nella comprensione di concetti astratti e di gestire le conversazioni in base ai diversi contesti di vita quotidiana.

È importante notare che le caratteristiche della compromissione del linguaggio nell’autismo possono variare notevolmente da bambino a bambini, e alcuni individui con autismo possono sviluppare abilità linguistiche adeguate o anche eccellenti con il supporto e l’intervento appropriati. La valutazione e l’intervento precoci possono giocare un ruolo fondamentale nel migliorare le abilità linguistiche e comunicative delle persone con autismo.

Disabilità intellettiva (D.I.)

La disabilità intellettiva è un disturbo del neurosviluppo con insorgenza nell’età evolutiva, in cui il funzionamento intellettivo generale significativamente al di sotto della media si associa ad un deficit del comportamento adattivo (DSM-5)

Le cause della disabilità intellettiva possono essere ricondotte a :

  • Malattie genetiche (mutazioni genetiche, malattie cromosomiche, microdelezioni o multifattoriali) es. S. di Down, PCI
  • Malformazioni (esecutive del SNC o multiple)
  • Disordini prenatali esterne (infezioni materne, utilizzo di farmaci o tossici, deficit nutrizionali, diabete, radiazioni o traumi)
  • Disordini perinatali (infezioni, complicanze del parto, complicanze post-partum)
  • Disordini post-natali (infezioni, tumori, problemi psico-sociali)
  • Cause sconosciute

Per fare diagnosi di disabilità intellettiva, il quoziente intellettivo del paziente deve essere uguale o inferiore a due deviazioni standard ovvero a 70 (100 = normalità, 85-70=borderline).

Esistono quattro fasce di gravità per la D.I, in particolare:

  • Lieve: Q.I compreso tra 50-69
  • Medio: Q.I compreso tra 35-49
  • Grave: Q.I compreso tra 20-34
  • Profondo: Q.I < 20

Lo sviluppo delle competenze linguistiche nella D.I sono estremamente variabili sulla base della gravità del disturbo, ad esempio:

Nella D.I lieve: Per i bambini in età prescolare, potrebbero non esserci differenze concettuali evidenti. Per i bambini in età scolare e gli adulti, ci sono difficoltà nell'apprendimento delle abilità accademiche che coinvolgono la lettura, la scrittura, l'aritmetica, i concetti astratti (spazio/tempo), con la necessità di supporto in una o più aree per soddisfare le aspettative legate all'età. Negli adulti, il pensiero astratto, le funzioni esecutive (come la pianificazione, la strategia, l'impostazione delle priorità e la flessibilità cognitiva), e la memoria a breve termine, così come l'uso funzionale delle abilità accademiche (ad esempio, lettura, gestione del denaro), sono compromesse. C'è un approccio relativamente concreto ai problemi e alle soluzioni rispetto ai coetanei.

La comunicazione, la conversazione e il linguaggio, sia espressivo che recettivo) sono più concreti o immaturi rispetto a quanto ci si aspetterebbe per l'età.

Nelle D.I moderate: Durante tutto lo sviluppo, le competenze concettuali dell'individuo rimangono significativamente immature  rispetto a quelle dei coetanei. Per i bambini in età prescolare, le abilità linguistiche e pre-accademiche si sviluppano più lentamente. Per i bambini in età scolare, il progresso nella lettura, nella scrittura, nella matematica e nella comprensione avviene lentamente nel corso degli anni scolastici ed è nettamente limitato rispetto a quello dei coetanei. Negli adulti, lo sviluppo delle abilità accademiche è tipicamente a un livello elementare, e è necessario un supporto per l'uso di tutte le abilità accademiche sul lavoro e nella vita personale.

Il linguaggio parlato è tipicamente uno strumento primario per la comunicazione sociale, ma è molto meno complesso rispetto a quello dei coetanei.

Nelle D.I severe: Il raggiungimento delle abilità concettuali è limitato. L'individuo ha generalmente scarsa comprensione del linguaggio scritto o dei concetti che coinvolgono numeri, quantità, tempo e denaro. I caregiver forniscono un supporto esteso per risolvere i problemi durante tutta la vita. Il linguaggio parlato è piuttosto limitato in termini di vocabolario e grammatica. Il linguaggio può essere composto da singole parole o frasi e può essere integrato attraverso mezzi aumentativi/ alternativi (CAA). Il linguaggio e la comunicazione sono focalizzati sul “qui e ora” all'interno degli eventi quotidiani. Il linguaggio viene utilizzato più per la comunicazione sociale che per l'esposizione. Gli individui comprendono il linguaggio semplice e la comunicazione gestuale.

Nelle D.I profonde: L'individuo ha una comprensione molto limitata della comunicazione simbolica nel linguaggio parlato o nei gesti. Può comprendere alcune istruzioni o gesti semplici. L'individuo esprime i propri desideri ed emozioni principalmente attraverso la comunicazione non verbale. L'individuo gode di relazioni con membri della famiglia ben conosciuti, caregiver e altri familiari, e inizia e risponde alle interazioni sociali attraverso segnali gestuali ed emotivi.

Deficit da attenzione e iperattività (ADHD)

Secondo il DSM-5 il disturbo è caratterizzato da:

un pattern persistente di inattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento o lo sviluppo. L'inattenzione si manifesta come distrazione dalle attività, mancata attuazione di istruzioni o completamento di lavori o compiti, difficoltà nel mantenere la concentrazione e disorganizzazione e non è attribuibile a deficienze o mancanza di comprensione. L'iperattività si riferisce a un'attività motoria eccessiva quando non è appropriata, o a un'eccessiva irrequietezza, o loquacità (spesso manifestata come iperverbalismo). L'impulsività si riferisce ad azioni precipitose che avvengono nel momento senza premeditazione, che possono avere potenziali danni per l'individuo (ad esempio, attraversare la strada senza guardare). L'impulsività può riflettere il desiderio di ricompense immediate o l'incapacità di ritardare la gratificazione. I comportamenti impulsivi possono manifestarsi come intrusione sociale (ad esempio, interrompere gli altri eccessivamente) e/o come prendere decisioni importanti senza considerare le conseguenze a lungo termine.

L'ADHD ha insorgenza nell’infanzia. L'esigenza che diversi sintomi siano presenti prima dei 12 anni di età trasmette l'importanza di una presentazione clinica sostanziale durante l'infanzia. Allo stesso tempo, un'età di esordio più precoce non è specificata a causa delle difficoltà nel distinguere caratteristiche proprie dell’infanzia e quelle di un vero e proprio disturbo.

L'ADHD non può essere diagnosticato in assenza di sintomi prima dei 12 anni. Quando i sintomi di ciò che sembra essere l'ADHD compaiono per la prima volta dopo i 13 anni, è più probabile che siano spiegati da un altro disturbo mentale o rappresentino gli effetti cognitivi dell'uso di sostanze.

Le manifestazioni del disturbo devono essere presenti in più di un contesto (ad esempio, casa e scuola, o casa e lavoro). La conferma di sintomi sostanziali in vari contesti di solito non può essere fatta con precisione senza consultare caregiver o persone vicino al bambino. Tipicamente, i sintomi variano a seconda del contesto all'interno di un dato ambiente. I segni del disturbo possono essere minimi o assenti quando l'individuo riceve frequenti ricompense per comportamenti appropriati, è sotto stretta supervisione, si trova in un ambiente nuovo, è coinvolto in attività particolarmente interessanti, ha stimolazione esterna consistente (ad esempio, tramite schermi elettronici), o sta interagendo in situazioni uno a uno (ad esempio, nell'ufficio del clinico).

L’incapacità a rimanere attenti ed a controllare gli impulsi fa si che, spesso, i bambini con ADHD abbiano una minore resa scolastica e sviluppino con maggiore difficoltà le proprie abilità cognitive.

Più del 60% dei bambini con disturbo da deficit dell’attenzione presenta difficoltà nelle fasi iniziali di produzione del linguaggio, come problemi di articolazione, balbettio, costruzione delle frasi molto semplice (uso improprio della sintassi e della grammatica, dei sostantivi, dei verbi, degli aggettivi, degli avverbi) ed errori nel posizionamento di lettere in una parola o di parole in una frase (per esempio: “psighetti” invece di “spaghetti” o “Io palla prendo” invece di “Io prendo la palla”). La comprensione del linguaggio avviene in modo corretto, ma la capacità di espressione non è ottimale.

Nei compiti si verificano molti errori di distrazione in ogni ambito disciplinare, sempre legati alla disattenzione e alla facile distraibilità del bambino, ad esempio:

A scuola l’impulsività si manifesta nel dare risposte affrettate all’insegnante prima che la domanda sia stata completata o nell’eseguire frettolosamente i compiti senza aver ascoltato le istruzioni o senza aver pensato un piano d’azione.

Commettono diversi errori di distrazione nei compiti scolastici, come lasciare domande senza risposte per non averle lette in modo attento e adeguato.

Necessita di molto più tempo per elaborare i compiti, una difficoltà nel mantenere l’attenzione sui compiti o anche sullo stesso gioco.

Il bambino presenta spesso difficoltà ad ascoltare o mantenere attiva l’attenzione sulla conversazione, viene definito per questo motivo spesso un bambino “tra le nuvole”.

Per cui il bambino con ADHD presenta delle difficoltà linguistiche non legate ad un deficit cognitivo ma bensì a difficoltà di organizzazione e pianificazione, legate alle competenze di disattenzione e iperattività.

In conclusione quando ci troviamo di fronte ad una difficoltà nell’acquisizione del linguaggio, diventa di fondamentale importanza effettuare una prima indagine delle competenze verbali e non verbali del bambino attraverso uno Screening del linguaggio, che ci possa indicare le modalità comunicative del bambin,  come egli rappresenta il suo pensiero avvalendosi del linguaggio in forma verbale e non verbale e se il suo modo di esprimersi è chiaro e in linea con l’età cronologica, in modo da individuare il prima possibile i segnali di un eventuale ritardo o disturbo del linguaggio e per poter programmare, qualora fosse necessario,  un intervento mirato a prevenire l’insorgenza di complicanze.

  

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CAPITOLO-3 Comunicazione Aumentativa Alternativa

3.1 CAA: Definizione e caratteristiche

“Il silenzio di chi non parla non è mai d’oro.

Tutti noi abbiamo bisogno di comunicare e

Metterci in contatto con gli altri- non in un

solo modo, ma in tutti i modi possibili.

È un fondamentale bisogno umano,

un fondamentale diritto umano.

Di più: è un potere fondamentale dell’uomo.”

(Williams, Beneath the surface:

Creative expressions of augmented communicators)

Una comunicazione efficace è essenziale per lo sviluppo e per gli apprendimenti, per la cura personale, per la partecipazione sociale, per l’educazione e per il lavoro.

L’American Speech-Language-Hearing Association (ASHA) ha definito la comunicazione aumentativa alternativa come:

La CAA si riferisce a un’area di ricerca e di pratica clinica e educativa. La CAA studia e, quando necessario, tenta di compensare disabilità comunicative temporanee o permanenti, limitazioni nelle attività e restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini nella produzione del linguaggio e/o della parola, e/o di comprensione, relativamente a modalità di comunicazione orale e scritta (ASHA, 2005)

La CAA è un intervento che si avvale di diverse tecniche che hanno lo scopo di sostenere e aumentare le competenze comunicative delle persone con bisogni comunicativi complessi (BCC).

Per persone con bisogni comunicativi complessi si intendono tutte quelle persone che necessitano di supporto aggiuntivo o personalizzato nell'ambito della comunicazione, dovuto a difficoltà o disabilità di vario genere come ad esempio: disabilità cognitive, disturbi dello spettro autistico, disturbi dell'udito o della vista, disturbi motori o condizioni mediche che influenzano la comunicazione.

Per cui i bisogni comunicativi speciali riguardano il riconoscimento e l'adattamento delle modalità di comunicazione per garantire che gli individui con difficoltà comunicative abbiano accesso equo e opportunità di partecipazione nella società.

Il temine “aumentativa” spiega come gli strumenti di CAA siano volti non a sostituire modalità di comunicazione già presenti ma ad accrescere la comunicazione naturale attraverso il potenziamento delle abilità presenti e la valorizzazione delle modalità naturali (orali, mimico-gestuali, visive, ecc.).

 Il termine “alternativa” mette invece luce su come la CAA utilizza modalità e mezzi di comunicazione speciali, sostitutivi del linguaggio orale (che possono comprendere ausili, tecniche, strategie, strumenti come simbologie grafiche4 , scrittura, gestualità).

 Lo scopo della CAA è garantire alla persona con BCC modalità di comunicazione il più possibile indipendenti e massimizzare le abilità e le opportunità di partecipazione sociale.

Il National Joint Commitee definisce la comunicazione come:

“ogni atto attraverso il quale una persona fornisce o riceve da un’altra persona informazioni su bisogni, desideri, percezioni, conoscenze o stati emotivi” (National Joint Commitee,1992).

La CAA può essere utilizzata sia per promuovere la comunicazione espressiva che per supportare la comprensione del linguaggio, si occupa quindi anche di compensare i deficit di comprensione che compromettono sia “i bisogni comunicativi quotidiani” che basi per lo sviluppo della comunicazione e del linguaggio.

La popolazione che utilizza la CAA è altamente disomogenea sulla base di età e quadri clinici che determinano la disabilità di comunicazione, agli ambienti e alle condizioni di vita. La caratteristica comune è quella di richiedere dei supporti perché le modalità comunicative utilizzate sono temporaneamente o permanentemente insufficienti a esprimere in modo comprensibile desideri, bisogni, interessi, opinioni e scelte.

A causa di questa grande variabilità della popolazione le competenze comunicative delle persone con BCC possono essere molto diversificate. Possono comprendere disabilità motorie, cognitive e del linguaggio.

La CAA può inoltre essere utilizzata in via temporanea, come in situazioni di emergenza (’intubazione oro/naso-tracheale o nei politraumi in Unità di Terapia Intensiva), nel pre e post-operatorie (interventi maxillo-facciali, ecc.) ma che, risolta la fase acuta, ritorneranno alle abilità precedenti).

Esattamente come la comunicazione verbale tipica, anche la CAA è un processo reciproco, per cui i destinatari degli interventi di CAA sono anche i partner comunicativi delle persone con BCC come, ad esempio, i familiari che assumono un ruolo fondamentale negli interventi supportante l’utilizzo di strumenti di CAA. Per questo motivo nel progetto di CAA sono previsti specifici momenti di sensibilizzazione/formazione dei partner comunicativi affinché essi possano interagire efficacemente con la persona con BCC.

 

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3.2 Storia ed evoluzione

La Comunicazione Aumentativa e Alternativa, nasce ufficialmente a Toronto nel 1983, con la fondazione di ISAAC (International Society of Augmentative Alternative Communication). Tuttavia, le sue ricerche risalgono a decenni prima. In Italia la CAA si diffonde tardivamente rispetto al resto del mondo, possiamo considerare,  come tappe fondamentali nel nostro Paese, le prime riunioni internazionali del BCI a Catania e a Milano, rispettivamente nel 1983 e nel 1988. Successivamente nel 1989 la formazione del Gruppo Italiano per lo Studio della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) e nel 1996 la creazione della prima e unica scuola annuale di formazione in C.A.A. a Milano presso il Centro Benedetta D’Intino onlus. Successivamente e solo nel 2002 viene fondata ISAAC Italy. Lo scopo principale di ISAAC nel mondo è quello di favorire la comunicazione per le persone con BCC, sostenendone il diritto alla comunicazione e partecipazione e contribuendo anche alla diffusione delle conoscenze ed esperienze in CAA tramite la Conferenze Internazionali Biennali avviate nel 1983 e la pubblicazione, dal 1985, della rivista AAC. A partire dal 2005 ISAAC Italy, al fine di diffondere la conoscenza della CAA in Italia, organizza ogni due anni una Conferenza nazionale e dal 2004 pubblica “Argomenti di CAA” annualmente.

Pionieri per lo sviluppo della stessa CAA sono state le persone con grave deficit comunicativo e chi li assisteva, decenni prima della fondazione di ISAAC. Sono stati loro ad utilizzare per primi tabelle di comunicazione con lettere, simboli, immagini. Un esempio è Michael Williams, persona con BES, il quale per farsi comprendere anche da persone esterne all’ambiente familiare (che invece riuscivano a comprenderlo tramite l’utilizzo di suoni a loro comprensibili), tracciava dei gesti nell’aria come per scrivere parole. Fino a quando un collega, gli portò una tabella alfabetica.

Tra gli anni ‘50 e ‘70 il progresso delle cure mediche e riabilitative portò ad un aumento di casi di bambini sopravvissuti a nascite premature e di adulti sopravvissuti a ictus, traumi, malattie con conseguente impossibilità a comunicare attraverso il linguaggio orale. Pochi riabilitatori, andando contro corrente, iniziarono a suggerire modi aumentativi per favorire la comunicazione e iniziarono a diffondere i risultati di queste esperienze. All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto un primo programma di C.A.A. rivolto a bambini con Paralisi Cerebrale Infantile. Nel frattempo, si sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la disabilità comunicativa e venivano usate per la comunicazione macchine da scrivere adattate.

Nel 1971 Shirley Mac Naughton, , avviò a Toronto, presso l’ Ontario Crippled Children Center un progetto di ricerca, utilizzando i simboli grafici che Charles Bliss aveva inventato con l’intenzione di farne un linguaggio universale per eliminare le barriere tra i popoli. Tali simboli, basati solo sul significato e non sulla fonetica, venivano appresi con facilità anche da chi non aveva ancora acquisito il codice alfabetico. I risultati furono entusiasmanti e i simboli Bliss vennero diffusi rapidamente in tutto il mondo. Per molti anni Blissymbolics è stato il principale sistema grafico utilizzato nel mondo. Sulla base di questi simboli ne furono messi appunto molti altri. In seguito venne creata un’organizzazione, il Blissymbolics Communication International (BCI) che ha prodotto una grande quantità di documentazione, libri, materiale d’uso e anche i primi software con simboli e che tutt’ora è impegnato nella progettazione di nuovi simboli.

Il primo ausilio tecnologico dedicato alla comunicazione è stato il POSSUM (Patient Operated Selection Mechanism) finanziato dal Polio Research Foundation, usato poi fino alla fine degli anni ‘70. Vennero sviluppati successivamente altri ausili che erano però accessibili solo a chi aveva acquisito il codice alfabetico. Molti pesavano fino a 7 kg. e certamente non erano di facile uso nella vita quotidiana. Dall’inizio degli anni ‘80 iniziarono ad essere pubblicate testimonianze di casi di persone con BCC che si erano sottoposti a un tipo di programma riabilitativo in CAA, le quali mostravano enormi miglioramenti nella vita dei pazienti.

3.3 Ausili e strumenti

Gli ausili per la Comunicazione Aumentativa Alternativa non sono tutti uguali: alcuni sono di semplice utilizzo, mentre altri richiedono la presenza di attrezzature sofisticate.

In particolare si distingue una comunicazione non assistita, o unaided, che comprende modalità di comunicazione non verbale tra cui l’espressione del volto, i movimenti, i gesti, i vocalizzi, , ed una comunicazione assistita, o aided, che si avvale di ausili e dispositivi che rendono possibile la comunicazione tramite supporti esterni.

Gli strumenti di CAA si classificano in strumenti a:

  • bassa tecnologia
  • media tecnologia
  • alta tecnologia

 Tra gli ausili CAA a bassa tecnologia fanno parte gli strumenti privi di componenti elettronici come ad esempio, letterenumeridisegnisimbolifoto e immagini di vario tipo. Hanno il privilegio di essere maneggevoli e semplici da utilizzare e hanno lo scopo  di ampliare il vocabolario in maniera rapida, praticamente senza limiti.

Alcuni esempi:

  • vocabolario dei gesti
  • quaderno dei resti
  • passaporto comunicativo
  • agenda visiva
  • strisce visive
  • etichettatura ambientale
  • tabelle di comunicazione
  • libri modificati

Al pari di altri ausili, anche questo deve riportare indicazioni chiare, corrette, complete e continuamente aggiornate su eventuali progressi o regressi.

    

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Tra gli strumenti CAA a media tecnologia appartengono tutte le apparecchiature elettroniche in grado di funzionare senza un collegamento a sistemi computerizzati. Ricordiamo:

VOCA Sono dotati di un pulsante, associato a un simbolo, che se premuto è possibile ascoltare dei messaggi. Questi dispositivi funzionano a batteria.

Comunicatori simbolici e alfabetici. Servono per comporre in autonomia messaggi e frasi semplici, ma permettono anche di ascoltare e riprodurre eventuali brevi tracce pre- registrate.

Entrambi i dispositivi consentono l’uscita di voce.

Gli ausili CAA ad alta tecnologiasono gli  strumenti per la CAA  più all'avanguardia del momento:

  • comunicatori dinamici (la versione multimediale delle tabelle)
  • software per la comunicazione
  • puntatori oculari

puntatori rappresentano una grande opportunità per le persone affette da patologie neuro-degenerative. Grazie a tali dispositivi, la persona può scegliere un elemento visibile sul monitor (lettera, numero, simbolo, frase intera, immagine) puntando lo sguardo su di esso, questo verrà riprodotto.

La CAA aided utilizza un sistema di simboli grafici che possono essere oggetti reali, fotografie, loghi di prodotti, parole singole, frasi ed infine set di simboli pittografici.

Tra i sistemi di simboli più diffusi abbiamo:

PCS che è forse il più diffuso insieme di simboli in uso nel mondo, grazie soprattutto alla trasparenza della grafica che, pur con qualche stilizzazione, mantiene una buona riconoscibilità immediata.

 Widgit Literacy Symbols (WLS) è un sistema di simboli nato nel Regno Unito.

In questo sistema i simboli di oggetti concreti mantengono lo stesso livello di trasparenza dei PCS, mentre la presenza di elementi per la rappresentazione delle componenti morfosintattiche della lingua avvicina WLS a Bliss.

Il sistema di comunicazione “BLISS” di Blissymbolics Institute Communi è costituto da simboli grafici iconici ideografici e convenzionali che richiedono maggiori capacità di astrazione.

 

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3.4 Modelli di intervento

Potenzialmente, tutte le persone con bisogni comunicativi complessi possono beneficiare della CAA. Al contrario di come si sosteneva in passato, non esistono prerequisiti per l’inizio di un piano di intervento in CAA.

Le decisioni riguardanti il tipo, l’entità e le modalità di intervento si basano sul profilo di sviluppo del bambino stesso, in relazione anche ai suoi contesti di vita.

Gli interventi di CAA si basano sul Modello della Partecipazione.

Tale modello fu presentato per la prima volta da Beukelman e Mirenda (1988sulla base dei concetti proposti da Rosenberg e Beukelman (1987) per guidare le decisioni e gli interventi di CAA. Il Modello della partecipazione è stato ufficialmente adottato nel 2004 anche dall’ASHA (American Speech-LanguageHearing Association) come schema di riferimento per la valutazione e per gli interventi di CAA.

Nel Modello della Partecipazione, l’implementazione e la programmazione degli interventi di CAA richiedono la valutazione dei bisogni di partecipazione e comunicazione della persona nei suoi contesti di vita, quali la casa, la scuola, il lavoro, i centri diurni e residenziali, l’hospice e la comunità.

 Il Modello della Partecipazione richiede che siano prima di tutto analizzati i pattern di partecipazione dei pari a sviluppo tipico in ambienti significativi e successivamente analizzati i pattern di partecipazione della persona con BCC nello stesso contesto, paragonandoli a quelli dei pari. Saranno poi impostati adeguati interventi per incrementare il livello di partecipazione della persona con BCC al fine di adeguarlo il più possibile a quello dei pari. Ciò vuol dire incrementare le occasioni comunicative e, all’interno di queste, identificare i bisogni comunicativi della persona (Sigafoos, 1999) al fine di dare alla persona con BCC un ruolo maggiormente attivo nel controllo del proprio ambiente, promuovendo e consolidando le modalità comunicative in contesti altamente motivanti (Sigafoos & Mirenda, 2002).

Vengono così rilevate le differenze nella partecipazione e poi individuate le barriere di opportunità e/o di accesso che possono contribuire a queste differenze (Schlosser & Lee, 2000).

In particolare:

  • le barriere di opportunitàche riguardano restrizioni non direttamente collegate alla disabilità della persona con BCC ma piuttosto a fattori ambientali:
  • le politiche e le regole amministrative previste per l’ambiente in cui vivono e agiscono la persona con BCC e i suoi partner;
  • le prassi operative, spesso non codificate da norme, comunemente adottate in un certo contesto/organizzazione per una o più attività e che coinvolgono la persona con BBC;
  • il livello di competenza e di abilità dei facilitatori e dei partner;
  • le attitudini dei facilitatori e dei partner, nei termini delle loro personali disposizioni, convinzioni, assunti nei confronti della persona con BCC.
  • le barriere di accessosi riferiscono ai limiti, alle capacità, alle risorse della persona con BCC e riguardano le competenze specifiche della singola persona ( la motricità, la percezione, la cognizione e il livello di apprendimento).

La valutazione delle barriere di accesso è condotta, sul piano generale e in relazione alle diverse patologie, anche avvalendosi degli strumenti clinici tipici e per l’aspetto specifico della comunicazione utilizzando la valutazione dinamica.

Gli interventi di CAA devono essere avviati il più tempestivamente possibile non appena individuata la difficoltà comunicativa sia per le persone con disabilità congenite che per le persone con disabilità acquisite. L’intervento di CAA è un intervento longitudinale. I bisogni comunicativi e le capacità delle persone con BCC cambiano nel corso della vita, in relazione all’età, all’evoluzione delle diverse patologie, così come cambiano anche i partner ed i contesti di vita.

I progetti di CAA sono quindi costruiti sulla persona con BCC, ai suoi partner comunicativi e al suo ambiente di vita e devono essere impostati da un team di CAA di cui fanno parte, la persona con BCC, i familiari e gli altri partner di vita, insieme ai professionisti che si occupano del progetto della persona con disabilità sulla base di obiettivi condivisi, in relazione ai cambiamenti dei bisogni di comunicazione e partecipazione della persona stessa, delle sue abilità e degli ambienti di vita.

Lo scopo dell’intervento di CAA è quello di supportare la comunicazione naturale esistente e di garantire i seguenti diritti, come menzionato nelle “Linee guida sulla Comunicazione Aumentativa Alternativa” proposto da ISAAC nel 2016 nella “Carta dei diritti alla Comunicazione”:

  • avere interazioni, mantenere vicinanza sociale e costruire relazioni
  • chiedere oggetti, azioni, eventi e persone desiderate
  • rifiutare oggetti, azioni, situazioni e scelte non desiderate
  • esprimere preferenze e sentimenti personali
  • scegliere tra alternative significative
  • fare commenti e scambiare opinioni
  • chiedere e dare informazioni, incluse le informazioni riguardanti i cambi di routine e dell’ambiente
  • di avere accesso a qualunque intervento e supporto che possa migliorare la comunicazione
  • vedere riconosciuto ogni atto comunicativo e di ottenere una risposta anche nel caso in cui non sia possibile soddisfare la richiesta
  • avere accesso in qualunque momento ad ogni ausilio di comunicazione aumentativa e alternativa necessario e il diritto di averlo sempre aggiornato e in buone condizioni di funzionamento
  • accedere a contesto, interazioni e opportunità che promuovano ed incoraggino la partecipazione come partner comunicativo negli scambi relazionali con altre persone compresi i propri pari
  • essere trattato con dignità e interpellato con rispetto e cortesia
  • essere interpellato direttamente senza che si parli della persona disabile in terza persona quando è presente
  • ricevere comunicazioni chiare, significative e appropriate dal punto di vista linguistico e culturale

Prima di iniziare un intervento comunicativo è necessario identificare il sistema di comunicazione dell’individuo e individuare le strategie, gli strumenti e gli ausili che possano migliorare le possibilità comunicative.

L’unico prerequisito per intraprendere un intervento di CAA è la presenza di opportunità di comunicazione da parte dell’ambiente in cui è immerso il soggetto.

Diventa fondamentale il lavoro sull’ambiente favorendo l’integrazione di più figure professionali come il neuropsichiatra infantile, psicologo, educatore professionale, logopedista e il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva.

L’obiettivo più generale di tutti gli interventi di CAA dovrebbe essere quello di massimizzare le abilità comunicative della persona per partecipare attivamente a tutto ciò che accade nei vari ambienti di vita della persona stessa.

Senza un efficace accesso alla comunicazione, le persone con bisogni comunicativi complessi sono costrette a vivere la loro vita con mezzi limitati per esprimere bisogni e desideri, sviluppare relazioni sociali e scambiare informazioni con gli altri (Blackstone, Williams, & Wilkins, 2007).

 

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CAPITOLO-4 :  CAALM: Test per la valutazione della comprensione lessicale e morfosintattica in CAA

Descrizione del test

Il test CAALM è stato ideato per valutare la comprensione lessicale e morfosintattica, in particolare è stato pensato per valutare le abilità linguistiche in bambini con Bisogni comunicativi complessi di età compresa tra i 3 e gli 11 anni.

Il test è costituito da 80 item divisi in 8 sezioni da 10 item l’uno:

  • Oggetti 1
  • Oggetti 2
  • Colori
  • Aggettivi
  • Frasi semplici (soggetto-verbo)
  • Soggetto-verbo-oggetto
  • Frasi complesse
  • Frasi negative

Il test è strutturato in modo tale che ogni item presenti una o più immagini che accompagnano la richiesta comunicativa verbale. Sono stati utilizzati pittogrammi scaricati da Arasaac.

Sono presenti poi quattro immagini stimolo (ad eccezione della sezione frasi negative in cui ne sono presenti solo due) che offrono opzioni, tra cui il soggetto può scegliere la risposta corretta. In base alle sezioni le immagini variano da pittogrammi di Arasaac a foto scaricate da Freepick.

Il materiale del test è costituito da:

  • Il libro degli stimoli
  • Protocollo di registrazione
  • Tabelle di scoring

Attualmente è sprovvisto del manuale di somministrazione, che verrà poi prodotto successivamente a questa tesi. Nel corso dei paragrafi verranno esposte le modalità e i criteri di somministrazione del test stesso.

Il libro degli stimoli si presenta così:

CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 1CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 2CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 3CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 4CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 5CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 6CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 7CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - 8

Al fine di costruire il CAALM, sono stati studiati approfonditamente test del linguaggio preesistenti, quali BVL, PPVT (Peabody), Rustioni, TNL, TFL.

Un primo studio effettuato sui test precedentemente elencati è stato eseguito nell’ambito dei distrattori linguistici, inseriti tra le immagini stimolo. Sono stati presi in considerazione solamente gli stimoli riferiti alla valutazione della comprensione verbale.

I distrattori linguistici più utilizzati nei test linguistici sono:

  • Distrattori semantici
  • Distrattori fonologici

In particolare, i distrattori semantici sono elementi che interferiscono con il processo di selezione della risposta corretta basandosi sul significato o sul contesto della richiesta presentata.

I distrattori fonologici sono invece elementi che interferiscono con il processo di selezione della risposta corretta basandosi sul suono o sulla struttura fonologica delle informazioni presentate.

L’utilizzo di distrattori nell’ambito di prove strutturate è finalizzato a valutare la capacità di un individuo di elaborare e selezionare l’immagine target corretta, filtrando informazioni non rilevanti o fuorvianti.

Ad esempio:

Nel test BVL nella sezione di comprensione, le prove sono strutturate in modo tale da avere tra gli stimoli:

  • Una parola target (corretta). ES. Pasta
  • Un distrattore semantico. ES. Carne
  • Un distrattore fonologico. ES. Posta
  • Un distrattore non correlato. ES. Casa

Come il BVL anche il TFL, segue lo stesso modello, utilizzando per cui sia distrattori semantici che distrattori fonologici.

A differenza dei precedenti invece il TNL utilizza i soli distrattori semantici.

Sulla scia di questi studi si è pensato, per il test CAALM di rimuovere i distrattori fonologici in quanto, dal momento che il test è costruito in CAA, il bambino ha il supporto visivo della richiesta verbale, per cui in questo caso, il distrattore fonologico perderebbe la sua validità.

Al contrario ci si è concentrati sull’utilizzo di distrattori semantici, presenti in ogni item.

Si è pensato inoltre di introdurre un altro tipo di distrattore che definiremo distrattore grammaticale, il quale indica un elemento progettato per creare interferenze utilizzando variazioni grammaticali come il plurale o il genere.

Ad esempio:

  • Target: I bambini giocano con la palla
  • Distrattore semantico: i bambini giocano con le costruzioni
  • Distrattore grammaticale: La bambina gioca con la palla

Si è pensato inoltre di introdurre un altro tipo di distrattore che definiremo distrattore grammaticale, il quale indica un elemento progettato per creare interferenze utilizzando variazioni grammaticali come il plurale o il genere.

Un’altra soluzione adottata è stata quella di inserire la richiesta in CAA nello stesso foglio degli stimoli in modo tale che il bambino abbia sempre a portata di mano la richiesta, così da escludere dalla valutazione la competenza della memoria e concentrarsi sulla sola valutazione della comprensione verbale.

Le richieste in CAA sono tutti pittogrammi scaricati dalla piattaforma Arasaac. Si è pensato di utilizzare soggetti familiari, quali:

  • Signore
  • Signora
  • Nonno
  • Nonna
  • Bambino
  • Bambina
  • Animali maggiormente conosciuti quali cane, gatto, cavallo, farfalla

Anche per quanto riguarda i verbi utilizzati sono per la maggior parte verbi ad alta frequenza d’uso, talvolta compaiono verbi più complessi soprattutto nella sezione “frasi complesse” quali abbracciare, indossare.

Nella sezione Aggettivi, i primi 5 item sono costituiti dall’oggetto e dal singolo aggettivo riferito a esso, gli ultimi 5 presentano combinazioni di aggettivi. Anche qui per assicurarsi che il bambino conosca l’aggettivo utilizzato, si è pensato di inserire lo stesso aggettivo prima nei primi 5 item e poi in forma combinata negli ultimi 5, segue esempio.

Nella sezione Aggettivi, i primi 5 item sono costituiti dall’oggetto e dal singolo aggettivo riferito a esso, gli ultimi 5 presentano combinazioni di aggettivi. Anche qui per assicurarsi che il bambino conosca l’aggettivo utilizzato, si è pensato di inserire lo stesso aggettivo prima nei primi 5 item e poi in forma combinata negli ultimi 5, segue esempio. img 1Nella sezione Aggettivi, i primi 5 item sono costituiti dall’oggetto e dal singolo aggettivo riferito a esso, gli ultimi 5 presentano combinazioni di aggettivi. Anche qui per assicurarsi che il bambino conosca l’aggettivo utilizzato, si è pensato di inserire lo stesso aggettivo prima nei primi 5 item e poi in forma combinata negli ultimi 5, segue esempio. img 2

In questa sezione (Aggettivi) sono stati inseriti, per descrivere gli oggetti in questione, anche i colori, per cui si è ritenuto adeguato introdurre precedentemente una sezione a parte che valuti la conoscenza dei colori, in modo tale da poter rendere la valutazione ancor più attendibile, ed escludere a priori una difficoltà nel riconoscimento dei colori nella sezione “Aggettivi”.

Si è inoltre pensato di riquadrare in nero tutte le immagini, sia degli stimoli che quelle target di richiesta, al fine di renderle, a livello visivo, ancor più facilitanti.

Tutte queste scelte sono state adottate sulla base del campione a cui è indirizzato il test, ovvero bambini con bisogni comunicativi complessi, e soprattutto al fine di renderle più accessibili soprattutto per quanto riguarda bambini con patologie varie di grado severo.

Come si può notare tra le immagini poste in alto, nelle varie pagine del test, che rappresentano la richiesta in CAA, sono stati inseriti solamente gli elementi grammaticali di base, omettendo ad esempio i pittogrammi riferiti agli articoli, in quanto lo scopo principale dello strumento, è quello di indagare la competenza morfosintattica e lessicale in comprensione. Per cui sono stati inseriti gli elementi indispensabili al fine della comprensione della frase, come:

Soggetto: es.

CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - Soggetto

Verbo: es.

CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - Verbo

Complemento: Preposizione + sostantivo: es.

CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - Complemento: Preposizione

CAALM Test valutazione comprensione lessicale morfosintattica CAA libro degli stimoli - Complemento: sostantivo: es.

Modalità e criteri di somministrazione

Il test è stato somministrato, al fine di una standardizzazione, all’interno delle scuole dell’infanzia e scuole primarie di primo grado, in modo tale da coprire un’ampia fascia d’età, dai 3 agli 11 anni. È stato preso un campione di 120 bambini suddivisi in 15 bambini per ogni classe, per cui:

15 bambini per il 1°, 2° e 3° anno di scuola dell’infanzia per un totale di 45 bambini.

15 bambini per il 1°, 2°,3°,4°,5° anno di scuola primaria di primo grado per un totale di 75 bambini.

I bambini sono stati valutati individualmente in un ambiente silenzioso, così da evitare errori di distrazione dovuti alla confusione.

I tempi di somministrazione, seppur variabili da bambino a bambino, sono all’incirca di 10-20 minuti a somministrazione.

Prima della somministrazione si è notata l’importanza di mettere a proprio agio il bambino, mostrando lo strumento e spiegando che cosa si andrà a fare, così da aumentare la collaborazione del bambino stesso.

L’operatore dovrà mettersi accanto o di fronte al bambino, e in una posizione comoda per poter girare le pagine.

Prima di iniziare, è opportuno assicurarsi che il bambino abbia compreso cosa deve fare, per fare questo si è pensato di inserire due item di esempio. Gli esempi sono stati inseriti solamente nella prima sezione, “oggetti 1”, in quanto le modalità di somministrazione sono le medesime per tutti gli item, varia solamente la difficoltà degli stessi.

Una volta fatto questo, si passa alla somministrazione vera e propria:

L’operatore mostra al bambino il primo item e contemporaneamente legge la richiesta mentre indica le immagini che la rappresentano. A questo punto il bambino dovrà indicare l’immagine stimolo corrispondente.

Se il bambino non risponde, mostra o verbalizza di non aver compreso la domanda, può essere ripetuta nuovamente.

Se la risposta data è corretta verrà dato il punteggio di 1, se invece è errata verrà attribuito il punteggio 0.

Nel protocollo di registrazione verranno segnate, durante la somministrazione, le risposte del bambino, così anche nel caso in cui questa sia errata, può essere effettuata una valutazione qualitativa sul tipo di errore effettuato dal bambino. Sul protocollo è segnata in grassetto la risposta corretta, così da facilitare l’operatore durante lo scoring. Il conteggio delle immagini stimoli segue quest’ordine:

Nel protocollo di registrazione verranno segnate, durante la somministrazione, le risposte del bambino, così anche nel caso in cui questa sia errata, può essere effettuata una valutazione qualitativa sul tipo di errore effettuato dal bambino. Sul protocollo è segnata in grassetto la risposta corretta, così da facilitare l’operatore durante lo scoring. Il conteggio delle immagini stimoli segue quest’ordine:

Di seguito viene presentato il protocollo di registrazione, in cui verranno inseriti i dati anagrafici del bambino e le risposte date.

Di seguito viene presentato il protocollo di registrazione, in cui verranno inseriti i dati anagrafici del bambino e le risposte date.

  

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4.3 Analisi Statistica

 

Valutazione su due casi clinici

 

Conclusioni

 

Bibliografia:

  • Crescere parlando nella scuola dell’infanzia- L. Girolametto, L. Marotta, D. Onofrio, 2019
  • Psicologia dello sviluppo del linguaggio- S. D’amico, S. Devescovi, 2022
  • Skipper JI, Aliko S, Brown S, Jo YJ, Lo S, Molimpakis E, Lametti DR. Riorganizzazione della neurobiologia del linguaggio dopo l'overlearning della frase.
  • Nasios G, Dardiotis E, Messinis L. From Broca and Wernicke to the Neuromodulation Era: Insights of Brain Language Networks for Neurorehabilitation. Behav Neurol.
  • DSM-V, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (quinta edizione)(2014)
  • Beukelman D.R., Mirenda P. (2014), Manuale di comunicazione aumentativa e alternativa, Trento, Erickson.
  • Veruggio G., Damiani M., Corradi F., Castellano G., Luciani N., Gasperini M., Caretto F. (2017), Principi e pratiche in CAA, Roma, Associazione ISAAC ITALY O.N.L.U.S
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