INTRODUZIONE - La danza e l’ipovisione: utilizzo di uno strumento interattivo per favorire lo sviluppo neuropsicomotorio. Presentazione di un’esperienza personale
Il progetto presentato in questo studio è stato realizzato durante il periodo di tirocinio svolto presso il Centro di Neuroftalmologia dell’Età Evolutiva dell’Istituto Neurologico Nazionale della Fondazione IRCCS C. Mondino di Pavia, nell’ambito del quale ho avuto la possibilità di osservare “sul campo” quanto la funzione visiva abbia un ruolo chiave nello sviluppo neuropsicomotorio del bambino, motivo per cui risulta fondamentale per un Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) possedere delle conoscenze sul sistema visivo ed il suo funzionamento. È stato infatti possibile osservare come i disturbi visivi possano avere importanti ripercussioni in diversi ambiti di vita del bambino e, nello specifico, le conseguenze che l’ipovisione può avere nella percezione, rappresentazione ed organizzazione spaziale, in una continua interazione tra corpo e mente nello spazio e nel tempo.
Corpo e mente sono due concetti che nell’ultimo secolo sono stati oggetto di un acceso dibattito tra filosofi e studiosi: in questo progetto di tesi abbiamo cercato di comprenderne meglio le dinamiche attraverso un breve excursus storico che parte dal dualismo cartesiano mente-corpo, passa per i contributi di personaggi illustri (Duprè, Wallon, Piaget, Aucouturier, et al.) che hanno dimostrato le strette relazioni tra motricità e psichismo, e si conclude con la scoperta dei neuroni specchio di Rizzolatti e gli ultimi studi delle neuroscienze (Rizzolatti G. et al., 2004; Morabito C., 2020).
Oggi sappiamo che lo sviluppo neuropsicomotorio del bambino si costruisce all’interno di una costante interazione nello spazio tra il corpo e la mente, determinata da continue connessioni tra i meccanismi neurali dei processi sensomotori, cognitivi ed affettivo-relazionali (Sabbadini, 2005). In questo contesto assume un ruolo fondamentale il concetto di spazio, che ha un valore non solo di entità fisica, ma si arricchisce anche di una dimensione psicologica, affettiva e simbolica; è considerato la componente onnipresente di ogni nostra performance diretta verso il mondo esterno: è una qualità pervasiva delle nostre percezioni ed azioni, presente in ogni attività sia cognitiva che motoria e correlata agli stimoli localizzati nel mondo esterno (De Renzi E., 1982). Il primo spazio che il bambino conosce è quello del proprio corpo: lo sviluppo di un corretto schema corporeo è infatti essenziale per l’orientamento, la consapevolezza di sé e le azioni (Wille A. et al., 2005). In particolare, l’elemento qualitativamente fondante e discriminante dell’azione è il tempo, che gioca, nei confronti delle azioni, lo stesso ruolo che lo spazio gioca nei confronti degli oggetti. Tutti noi ci muoviamo grazie a una perfetta organizzazione temporale, il ritmo motorio è solo uno dei tanti ritmi, interni ed esterni, che ci supportano; sappiamo, infatti, che apprendiamo grazie a complesse sincronie dei ritmi cerebrali (Buzsáki G. et al., 2013).
Questi tre aspetti – spazio, schema corporeo, tempo – risultano centrali per l’esecuzione di quella forma di espressione corporea che caratterizza l’esperienza umana ormai da millenni: la danza.
La danza, infatti, implica un coinvolgimento motorio, cognitivo, visuospaziale, sociale ed emotivo; questo accade perché la musica ha la caratteristica della multimodalità e come tale può stimolare simultaneamente i sistemi uditivo, visivo, sensoriale, motorio e limbico, fornendo un'integrazione unica (Lopez L., 2007). Le neuroscienze hanno scoperto che la musica attiva sia le aree cerebrali corticali che quelle più profonde (Thaut M.H. et al., 2014) e oggi la danza è sempre più utilizzata come strumento di terapia per bambini affetti da diversi disturbi sfruttando la plasticità neuronale. Al pari del linguaggio o del movimento, infatti, la musica è in grado di plasmare il sistema nervoso, anche grazie alla sua forte componente emotiva (Mado Proverbio A., 2019).
Alla luce di tali considerazioni, ci siamo interrogati sull’impatto che un disordine visivo possa avere su questi aspetti. Come testimoniato da numerosi studi scientifici, infatti, la vista gioca un ruolo cruciale nello sviluppo neuropsicomotorio del bambino (Fraiberg S., 1977). Tra i cinque sensi solo la vista è in grado di far percepire l’oggetto nella sua globalità, in modo sincretico (gestaltico) consentendo, nell’unità di tempo, di acquisire tutta una serie di informazioni circa la forma, le dimensioni e il colore di un oggetto che permettono di conoscere il significato della realtà circostante (Fazzi et al., 2010). Si comprende quindi come un disturbo visivo possa interferire negativamente sulla formazione di importanti funzioni: comunicativo-relazionali, cognitivo-neuropsicologiche, motorie (Signorini S.G. et al, 2014, 2016; Luparia A. et al, 2009). In particolare, la letteratura dimostra che i bambini ipovedenti manifestano un ritardo nell’acquisizione delle abilità spaziali, avendo la vista un importante ruolo nella codifica spaziale egocentrica ed allocentrica (Morelli F. et al. 2020; Martolini C. et al. 2020).
È essenziale che nel bambino si sviluppi adeguatamente la competenza spaziale, perché essa influisce sullo sviluppo percettivo, motorio e cognitivo (Newcombe N. et al., 2000; Vasilyeva M. et al., 2012) e anche sulla costruzione della propria identità (Proulx et al., 2016). Cornoldi e i suoi collaboratori (1997) affermano che un disturbo visuo-spaziale può avere delle ripercussioni anche in ambito scolastico: si possono osservare delle difficoltà nella produzione grafo-motoria, nell’organizzare lo spazio del foglio o nel mantenere la linea di scrittura, nella geometria e nella matematica, nella ricerca visiva e nella lettura per affollamento percettivo e confusione tra lettere percettivamente simili o con diverso orientamento.
Nonostante il sistema visivo influenzi in modo significativo le informazioni spaziali (Spence C. et al., 2012), la conoscenza spaziale si basa anche su altre modalità sensoriali come il tatto, la propriocezione, la cinestesia e l'audizione (Millar S., 1994). Recenti evidenze, infatti, hanno dimostrato che le esperienze multisensoriali come le attività di training audio-motorio possono supportare lo sviluppo delle abilità spaziali nel bambino ipovedente e nello specifico, l'utilizzo di dispositivi tecnologici sostiene la motivazione e l’interesse dei bambini durante la promozione del movimento (Cappagli et al., 2017, 2019).
Per tali ragioni, durante la realizzazione di questo progetto di tesi, abbiamo integrato nel corso delle sedute riabilitative l’utilizzo di un sistema interattivo che comprende il software Stepmania ed un tappeto sensorizzato (Dance Pad). Questo strumento si avvale della danza come fattore motivazionale per promuovere le abilità motorie, oculomotorie e cognitive in un campione di cinque bambini con distrofie retiniche ereditarie e ne abbiamo valutato l’efficacia mediante test standardizzati. Il ruolo del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) è risultato fondamentale per sostenere emotivamente ogni bambino in modo da favorire il divertimento e l’aderenza all’attività, proponendo strategie individuali di movimento al fine di migliorare la coordinazione motoria e l’organizzazione spaziale, prerequisiti essenziali all’acquisizione della lettoscrittura e alla capacità di muoversi e orientarsi autonomamente nello spazio, con un conseguente impatto positivo sulla qualità di vita.
Indice |
INTRODUZIONE |
NB Per questioni di tempi è probabile che per il momento la presente tesi sia stata inserita parzialmente o in formato immagine. Al più presto completeremo l’inserimento rispettando i canoni da noi prefissati e cioè editando direttamente il testo nei diversi articoli del portale. 12/03/2023 - Redazione web |
DISCUSSIONE - CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Francesca MANDIROLA |