Analisi comparativa dei Disturbi dello Spettro Autistico e del Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo: sovrapposizione sintomatologica, diagnosi differenziale e prospettive future nella pratica clinica
1 Disturbo specifico misto dello sviluppo
- Definizione e caratteristiche cliniche
- Presentazione sintomatologica
- Strumenti di valutazione e diagnosi utilizzati nel presente lavoro
- Gruppo di casi clinici
2 Disturbo dello spettro autistico (ASD)
- Definizione e caratteristiche cliniche
- Presentazione sintomatologica
- Strumenti di valutazione e diagnosi utilizzati nel presente lavoro
- Gruppo di casi clinici
- Identificazione dei sintomi distintivi
- Ruolo delle caratteristiche specifiche nella diagnosi differenziale
- Sintesi dei risultati e delle conclusioni
- Considerazioni sull’importanza della diagnosi differenziale
- Possibili sviluppi futuri nella ricerca e nella pratica clinica
Introduzione
Il campo dei Disturbi del Neurosviluppo è caratterizzato da una vasta complessità, sia per quanto riguarda la diagnosi sia per la gestione clinica. Tra i disturbi più studiati e al contempo più difficili da differenziare troviamo il Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD) e il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Questi due disturbi condividono una serie di caratteristiche sintomatologiche che, se non adeguatamente identificate e analizzate, possono portare a diagnosi imprecise e a trattamenti non ottimali.
La presente tesi si propone di esplorare in dettaglio queste due condizioni cliniche, con l'obiettivo di chiarire le loro specificità e i punti di sovrapposizione, fornendo così strumenti utili per una diagnosi differenziale più accurata. L'importanza di questo studio risiede nella possibilità di migliorare la qualità della vita dei pazienti, attraverso interventi mirati e personalizzati che rispondano in maniera efficace alle necessità individuali.
Il primo capitolo introduce il Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo, delineandone le caratteristiche cliniche e la complessità diagnostica. Si discutono le difficoltà legate all'individuazione di un sintomo predominante e l'importanza dell'utilizzo di strumenti diagnostici come le Scale Griffiths III, capaci di fornire una valutazione completa dello sviluppo del bambino.
Nel secondo capitolo, l'attenzione si sposta sul Disturbo dello Spettro Autistico. Vengono analizzate le caratteristiche principali dell'ASD e si sottolinea l'importanza dell'uso di strumenti specifici, come l'ADOS-2, per una diagnosi precisa. La varietà dei sintomi dell'ASD e la loro potenziale sovrapposizione con altri Disturbi del Neurosviluppo rendono necessaria una valutazione approfondita e multidisciplinare.
Il terzo e il quarto capitolo affrontano la questione cruciale della diagnosi differenziale tra MSDD e ASD. Viene analizzata la sovrapposizione sintomatologica tra i due disturbi e si discutono le difficoltà che ne derivano. Successivamente, si identificano i sintomi distintivi di ciascun disturbo, al fine di fornire una guida pratica per i clinici nella loro attività diagnostica.
Infine, nelle conclusioni, si riflette sull'importanza di una diagnosi tempestiva e accurata, che tenga conto delle specificità sintomatologiche di MSDD e ASD. Viene sottolineato il ruolo centrale degli strumenti diagnostici avanzati e della formazione continua dei professionisti nel garantire un intervento efficace e personalizzato.
Questa tesi, pertanto, non solo contribuisce alla comprensione delle dinamiche di diagnosi differenziale tra MSDD e ASD, ma offre anche una solida base per future ricerche e sviluppi nel campo della Neuropsichiatria Infantile.
1 Disturbo specifico misto dello sviluppo
1.1 Definizione e caratteristiche cliniche
Il Disturbo specifico misto dello sviluppo (Mixed Specific Developmental Disorders -MSDD), definito da alcuni autori anche come ritardo psicomotorio, è attualmente considerato come una categoria nosografica e diagnostica presente esclusivamente nella decima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10) sotto il Capitolo V “Disturbi mentali e comportamentali” al paragrafo “F80-F89 Disturbi dello sviluppo psicologico”.
Tale categoria si applica a quelle condizioni cliniche caratterizzate da una mescolanza di sintomi relativi al linguaggio, alle capacità scolastiche e alla funzione motoria, senza che nessuno di essi prevalga sufficientemente per determinare una diagnosi primaria. È opportuno utilizzare questa etichetta diagnostica solo quando si osserva una notevole sovrapposizione tra i sintomi specifici dei disturbi del linguaggio, delle abilità scolastiche e della funzione motoria. Generalmente, ma non sempre, tali disturbi sono associati a un certo grado di compromissione delle funzioni cognitive generali. Pertanto, tale categoria è indicata quando si riscontrano disfunzioni che soddisfano i criteri diagnostici per due o più disturbi specifici dello sviluppo:
- disturbi evolutivi specifici dello sviluppo dell’eloquio e del linguaggio (F80);
- disturbi evolutivi specifici dello sviluppo delle abilità scolastiche (F81);
- disturbo specifico della funzione motoria (F82).
Non esistono categorie sostitutive del Codice F83, pertanto è errato utilizzare come etichette diagnostiche “Altro disturbo specifico del neurosviluppo (F88)” o “Disturbo dello sviluppo neurologico non specificato (F89)”.
1.2 Presentazione sintomatologica
Al Disturbo specifico misto dello sviluppo è associato il codice F83 e le condizioni cliniche incluse in questo blocco presentano degli aspetti in comune:
- l’insorgenza si colloca nella prima o seconda infanzia;
- compromissione o ritardo dello sviluppo delle funzioni strettamente correlate alla maturazione biologica del Sistema Nervoso Centrale (SNC);
- decorso continuo senza remissioni o recidive. Nella maggior parte dei casi le funzioni compromesse comprendono il linguaggio, le abilità visuo-spaziali e la coordinazione motoria. Solitamente la compromissione o il ritardo sono presenti sin dal momento in cui è possibile esplorare in maniera attendibile la relativa funzione e diminuisce progressivamente man mano che il soggetto cresce, nonostante deficit più lievi permangano frequentemente in età adulta.
1.2.1 Disturbi evolutivi specifici dello sviluppo dell’eloquio e del linguaggio
Definiti nel DSM-V come Disturbi della Comunicazione e inseriti tra i Disturbi del neurosviluppo, rappresentano un gruppo eterogeneo in quanto costituito da condizioni cliniche che presentano un’espressività variabile in rapporto alla componente del sistema maggiormente interessato e al grado di interferenza del disturbo sulla funzione comunicativa.
Comprendono deficit dell’eloquio, del linguaggio e della comunicazione.
L’eloquio è definito come la produzione espressiva di suoni e comprende articolazione, fluenza, voce e qualità di risonanza.
Il linguaggio è l’insieme della forma, funzione e utilizzo di un sistema convenzionale di simboli, con una modalità governata da regole, mentre per comunicazione si intende qualsiasi comportamento verbale e non verbale che influenza il comportamento, le idee e le attitudini di un altro individuo.
A tal proposito, all’interno dei Disturbi della comunicazione troviamo: Disturbo del linguaggio, Disturbo fonetico-fonologico, Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie) e Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica).
1.2.1.1 Disturbo del linguaggio
Con un’incidenza posta tra il 3% e il 5% dei nati vivi e una netta prevalenza per il sesso maschile, la complessità e molteplicità delle strutture e delle funzioni coinvolte nella realizzazione del linguaggio fa si che molte condizioni mediche o psicopatologiche possano coinvolgerlo e disturbarne la comparsa. In tali casi, si ricorre alla definizione di Disturbo secondario di linguaggio in quanto il deficit viene considerato sintomo di un più complesso quadro clinico.
Il Disturbo primario di linguaggio, invece, non sembra essere attribuibile ad altra malattia o condizione patologica.
Il bambino presenta un ritardo nell’acquisizione delle principali tappe di sviluppo tipico del linguaggio: emergenza delle prime parole, capacità di associare parole per formare semplici frasi, capacità di organizzare frasi di complessità crescente, di raccontare e sostenere una conversazione.
Le forme lievi, definite in precedenza come “Ritardo semplice del linguaggio”, esordiscono e si risolvono in età prescolare o con l’ingresso alla Primaria mentre nelle forme di media gravità i primi anni di Scuola Primaria sono ancora caratterizzati dalla presenza di un linguaggio (letto e scritto) ipostrutturato e dislalico con l’aggiunta di deficit relativi alla componente fonologica, semantica, morfosintattica e narratologica.
Le forme gravi, invece, sono situazioni rare in cui l’entità del disturbo è tale che anche da adulto il soggetto abbia un linguaggio caratterizzato da gravi limitazioni funzionali, con un eloquio ai limiti dell’intellegibilità. Evolutivamente, a tali forme ne conseguono severe alterazioni prassiche a livello dell’apparato oro-bucco-fonatorio.
1.2.1.2 Disturbo fonetico-fonologico
Il disturbo riguarda la produzione dei suoni (o fonemi) con un’intensità tale da interferire con la comunicazione verbale dei messaggi e rendere talvolta l’eloquio poco intellegibile.
1.2.1.3 Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia
La balbuzie rappresenta un disturbo dell’articolazione della parola dovuto ad uno spasmo intermittente dell’apparato fonatorio, per cui l’eloquio si presenta esitante, tronco e con ripetizione dei singoli fonemi. Tale condizione interessa prevalentemente il sesso maschile con un’incidenza pari all’1-2% della popolazione.
1.2.1.4 Disturbo della comunicazione sociale
L’elemento caratterizzante sarebbe rappresentato dalla compromissione della capacità di comprendere il significato di una parola o di una frase facendo riferimento al contesto, la pragmatica.
Normalmente un soggetto riesce a comprendere il senso di una frase facendo riferimento a chi la dice, come la dice e in quale momento la dice. Questa capacità consente all’individuo di non limitarsi al significato della frase ma di interpretarla tenendo conto degli aspetti extra-verbali.
Negli individui con disturbo della comunicazione sociale ne consegue l’incapacità di cogliere le sfumature meno esplicite della comunicazione, di comprenderne le metafore e di assumere la prospettiva dell’altro per adattare l’eloquio a quello che egli si immagini siano le conoscenze di chi gli sta di fronte.
Particolare attenzione va posta alla diagnosi differenziale con il Disturbo dello Spettro Autistico, nel quale è presente una compromissione della comunicazione e interazione sociale.
A differenza dei soggetti autistici, nei bambini con il solo disturbo della comunicazione sociale la ricostruzione anamnestica non evidenzia atipie di interazione sociale, comportamenti o interessi ristretti e stereotipati e attività e comportamenti indicativi di uno stile di pensiero rigido e poco flessibile. Le difficoltà relazionali emergono soprattutto nel gruppo (e non in tutti gli abituali contesti di vita), ambito nel quale il soggetto non riesce a adattarsi ai ritmi e ai tempi definiti dal contesto.
Infine, non sono presenti compromissioni a carico delle diverse dimensioni dell’empatia (motoria ed emozionale).
1.2.2 Disturbi evolutivi specifici dello sviluppo delle abilità scolastiche
Prendono il nome di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e riguardano deficit di una o più abilità scolastiche, lettura, scrittura e calcolo, dovuti ad una disfunzione dei processi neurobiologici coinvolti nell’apprendimento.
Sono chiamati specifici in quanto le difficoltà assumono un carattere primario, ossia non sono riconducibili a patologie o altre condizioni medico-cliniche (deficit visivi, uditivi o neurologici).
Il 20% dei bambini in età scolare ha un DSA con una netta prevalenza per la popolazione maschile.
I disturbi non specifici dell’apprendimento fanno riferimento ad una disabilità ad acquisire nuove conoscenze e competenze, assumono quindi un carattere secondario. Tra le cause più frequenti è possibile riscontrare Disabilità Intellettiva, livello cognitivo borderline, ADHD, Disturbo dello Spettro autistico e Disturbi d’Ansia.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) lasciano intatto il funzionamento intellettivo della persona (Quoziente Intellettivo QI nella norma).
Al tempo stesso le prestazioni in lettura, scrittura e/o calcolo risultano avere un grado di compromissione clinicamente significativo (almeno 2 deviazioni standard al di sotto della media).
I quadri clinici contenuti all’interno dei DSA sono rappresentati da disturbo della lettura (dislessia), scrittura (disgrafia e/o disortografia), abilità numeriche e di calcolo (discalculia).
1.2.2.1 Disturbo specifico della lettura
La dislessia è un disturbo del sistema linguistico nelle sue componenti espressive e fonologiche e nei difetti dei processi di automatizzazione, in assenza di deficit intellettivi, alterazioni neurologiche, deficit sensoriali e disturbi significativi della sfera emotiva. Inoltre, gli individui si trovano in adeguate condizioni socio-culturali.
Il soggetto possiede deficit nelle tre dimensioni della lettura: accuratezza, velocità e comprensione del testo.
L’accuratezza indica il numero di errori commessi durante la lettura ad alta voce come sostituzione di fonemi simmetrici e/o opposti; confusione fra lettere simili per forma; aggiunta o omissione di sillabe e/o lettere; incapacità di leggere i gruppi consonantici; inversione di sillabe e/o lettere; unione di parole o mancata lettura degli spazi; omissione o aggiunta di parole; sostituzione di parole simili; mancata osservanza degli accenti e della punteggiatura; arbitraria coniugazione delle voci verbali; confusione nel cambio di riga nell’andare a capo; inadeguata intonazione.
La maggior parte di questi errori sottende un disturbo fonologico che si ripercuote sulle trasformazioni fonema-grafema.
La velocità rappresenta il tempo che il soggetto impiega a leggere un brano. Il bambino generalmente impiega un tempo eccessivamente lungo per leggere una parola, una frase o un brano; segue con il dito la lettura delle parole; presenta grosse esitazioni; insiste su una lettura di tipo sillabico; intervalla la lettura con lunghe pause; mostra discontinuità nel ritmo.
Il deficit nella comprensione, infine, riguarda il numero di domande relative ad un brano risposte correttamente. Il soggetto non acquisisce attraverso la lettura notizie, informazioni e conoscenze. Tale disturbo tende a persistere nel tempo con la conseguente necessità di leggere un numero maggiore di volte.
1.2.2.2 Disturbo specifico della scrittura
Tale disturbo sottende due possibilità che non sempre è possibile trovare insieme in uno stesso soggetto: disgrafia e disortografia.
La disgrafia coinvolge le abilità esecutive della scrittura, il cosiddetto gesto grafico.
Il bambino ha difficoltà nel mantenere sul foglio i giusti rapporti spaziali e di misura delle lettere, difficoltà nel ricordare come si formano le lettere e difficoltà nel riprodurle in maniera accurata nelle diverse modalità di scrittura, maiuscolo, minuscolo, stampatello e corsivo.
Vi è un deficit nell’acquisizione dei programmi motori che traducono sullo spazio grafico l’elaborato mentale (realizzazione della scrittura, fluidità e controllo del tratto).
Tra gli errori più comuni: impulsività e ipercontrollo nello scrivere; irregolarità dei grafemi fino all’illeggibilità; alterazioni del ritmo della scrittura e della fluidità del tratto; alterazioni nelle legature delle parole; errori nella direzionalità; asimmetria nelle dimensioni delle lettere; eccessiva o scarsa pressione della penna sul foglio; eccessiva affaticabilità della mano ed impugnatura scorretta.
La disortografia include deficit dei processi di transcodifica fonema-grafema e del padroneggiamento delle regole che appartengono al sistema grafemico della lingua, sia nel dettato che nella composizione libera.
La grafia risulta adeguata e leggibile ma il contenuto del testo è caratterizzato da errori fonologici (sostituzione, omissione o aggiunta di grafemi, inversione di sillabe), errori non fonologici (separazione/fusione illegale, scambio di grafema omofono, omissione/aggiunta di “h”), errori di raddoppiamento (omissione/aggiunta o spostamento di doppie) ed errori morfosintattici (accentazione, punteggiatura e concordanza).
1.2.2.3 Disturbo specifico del calcolo
Secondo il DSM-V, la discalculia è un disturbo specifico dell’apprendimento caratterizzato da difficoltà nell’automatizzare le abilità di calcolo, i compiti numerici ed aritmetici di base. Si presenta in soggetti che non hanno subito danni neurologici o sensoriali, che sono dotati di un’intelligenza nella norma e che vivono in un contesto socio-culturale adeguato (American Psychiatric Association, 2014).
Alla base dell’intelligenza numerica sono presenti tre meccanismi fondamentali che nei soggetti discalculici risultano deficitari: sintattici, lessicali e semantici.
I meccanismi sintattici definiscono il valore posizionale delle cifre, i lessicali regolano il nome del numero mentre i semantici la quantità.
I bambini con discalculia utilizzano strategie di problem-solving immaturi e, presentano tempi di soluzione di calcoli più lunghi, commettono errori di tipo computazionale e di richiamo dalla memoria.
Tra gli errori più frequenti e comuni si hanno: lentezza e scorrettezza nell’enumerazione in avanti e indietro; errata lettura e/o scrittura del numero; salti nella numerazione; mancato riconoscimento dei simboli numerici; difficoltà nel riconoscimento delle grandezze; scorretta organizzazione spaziale dei calcoli e delle procedure; difficoltà nel ricordare formule e tabelline e conseguente difficoltà nello svolgimento dei problemi aritmetici; lentezza e scorrettezza nel calcolo a mente.
1.2.3 Disturbo specifico dello sviluppo della funzione motoria
La caratteristica principale di tale disturbo è una grave compromissione dello sviluppo della coordinazione motoria che non è spiegabile esclusivamente in termini di ritardo intellettuale generale o di qualsiasi disturbo neurologico specifico congenito o acquisito. Tuttavia, nella maggior parte dei casi un attento esame clinico mostra una marcata immaturità dello sviluppo neurologico come movimenti coreiformi degli arti non supportati o movimenti speculari e altre caratteristiche motorie associate, nonché segni di compromissione della coordinazione motoria fine e grossolana (OMS, 2019).
1.2.3.1 Disturbo della coordinazione motoria
Con un’incidenza del 6% tra i 6 e gli 11 anni, il Disturbo della Coordinazione Motoria (DCM) include una serie di quadri clinici caratterizzati da un deficit delle prestazioni motorie che possono riguardare l’efficienza e/o la qualità della motricità grossolana come correre, saltare, arrampicarsi, o della motricità fine come scrivere, avvitare, tagliare o eseguire compiti di precisione.
Tali deficit sono attribuibili ad anomalie relative all’organizzazione di una serie di funzioni finalizzate ad analizzare ed elaborare i dati percettivi e a programmare adeguati piani di azione.
In età prescolare, i bambini appaiono goffi nel correre e nel saltare, si mostrano timorosi nelle attività motorie più complesse in quanto frequenti sono le cadute e i traumi legati ad una scarsa agilità.
In età scolare, con l’aumento delle richieste ambientali che si fanno via via più stressanti, la goffaggine appare evidente, soprattutto in attività motorio-prassiche come tagliare, costruire, impilare oggetti, disegnare, scrivere. Non mancano le difficoltà a livello della muscolatura oro-bucco-fonatoria le quali definiscono un disturbo della comunicazione di tipo fono-articolatorio. Dal punto di vista delle autonomie personali il soggetto presenterà difficoltà nel vestirsi, nell’abbottonare e sbottonare i bottini, nell’eseguire nodi e fiocchi alle stringhe delle scarpe, nel mettere in ordine e nel manipolare con cure gli oggetti.
È in età adolescenziale e adulta che il Disturbo subisce una sorta di accentuazione e ciò si riversa negativamente anche nelle relazioni sociali in quanto l’individuo appare sempre più goffo e maldestro.
La compromissione delle prestazioni motorie è riconducibile a deficit morfo-funzionali delle componenti senso-percettiva, elaborativa ed esecutiva.
La componente senso-percettiva include tutti quei processi attivi dall’inizio alla fine dell’azione e che conducono all’acquisizione dei dati necessari ad analizzare le circostanze interne ed esterne dell’individuo, le caratteristiche dello spazio in cui deve collocarsi l’azione, la disposizione degli oggetti, la distanza degli oggetti fra di loro e rispetto al corpo, la rappresentazione mentale del proprio corpo e l’analisi delle sensazioni derivanti dal corpo in movimento.
La componente elaborativa fa riferimento a quei processi preposti a pensare l’azione, organizzarla mentalmente e conservarla.
Infine, dal punto di vista esecutivo, si ha la realizzazione del movimento attraverso una serie di strutture di base che traducono il movimento pensato in movimento agito.
1.2.3.2 Disprassia
La Disprassia è da considerarsi un disturbo multisistemico con disorganizzazione sul piano motorio, percettivo e cognitivo che va a compromettere significativamente le attività di vita quotidiana.
Rispetto al Disturbo della Coordinazione Motoria (DCM), che si riferisce ai disturbi del movimento causati da deficit di tono e forza muscolare e da deficit nei meccanismi adattivi e di coordinazione posturale, con il termine Disprassia sono coinvolti tutti quei processi cognitivi che permettono di effettuare e portare a termine azioni finalizzate su obiettivi specifici (le prassie).
La Disprassia è quindi riconosciuta come un disturbo congenito o acquisito precocemente che, pur non alterando nella sua globalità lo sviluppo motorio, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi che servono a comunicare emozioni, stati d’animo; inoltre, è deficitaria la capacità di compiere abilità manuali e abilità gestuali a contenuto prevalentemente simbolico.
È importante sottolineare che nei casi di disprassia il deficit non riguarda semplicemente l’esecuzione di schemi di movimento, investe le capacità di rappresentarsi, programmare e pianificare i movimenti intenzionali.
Pertanto, in alcuni casi soprattutto se presente un disturbo del linguaggio, anche l’organizzazione del pensiero, intesa come capacità di organizzazione di un discorso può risultare deficitaria, con conseguenze che, nel corso della crescita, tendono a manifestarsi nelle diverse aree dello sviluppo, in particolare nella pianificazione orale e scritta (AIDEE, 2020).
A tal proposito, a seconda del tipo di difficoltà, la Disprassia si differenzia in numerosi quadri clinici come Disprassia ideativa, ideomotoria, visuo-costruttiva, oro-bucco-facciale, verbale, di sguardo e dell’abbigliamento.
Nella Disprassia ideativa il soggetto presenta un deficit di tipo ideativo e della rievocazione dell’uso dell’oggetto nella memoria semantica, non sa cosa fare e mostra difficoltà a rappresentarsi mentalmente il gesto per arrivare allo scopo.
A livello ideomotorio, il bambino presenta un deficit di memoria del gesto e del controllo esecutivo, riconosce l’azione eseguita dagli altri ma non è in grado di imitarne il gesto.
La Disprassia visuo-costruttiva si caratterizza per un disturbo nelle abilità di realizzazione di un progetto programmando gli atti motori necessari per portare a termine l’idea e necessari ad imitare un modello. Di conseguenza, ha difficoltà nei compiti costruttivi e nell’esecuzione grafo-motoria.
A livello oro-bucco-facciale l’individuo presenterà deficit nei movimenti e nelle prassie orali come masticare, deglutire, soffiare, fischiare, fare le smorfie, produrre bolle di sapone, fare una pernacchia, protrudere la lingua e le labbra, ecc.
Parallelamente, a livello verbale si avranno difficoltà negli aspetti articolatori e di coordinazione atti alla produzione verbale.
Un soggetto affetto da Disprassia di sguardo presenta deficit di coordinazione di determinati movimenti oculari necessari affinché egli acquisisca informazioni, fissi l’attenzione ed esegua dei gesti.
Infine, la Disprassia dell’abbigliamento è relativa alle difficoltà nelle autonomie personali in quanto il soggetto non è in grado di adattare l’azione motoria per raggiungere l’obiettivo del vestirsi.
1.3 Strumenti di valutazione e diagnosi utilizzati nel presente lavoro
1.3.1 Le Scale Griffiths III
Le Scale Griffiths III sono uno strumento per valutare lo sviluppo del bambino dalla nascita fino ai 6 anni di età. Nascono come una revisione delle precedenti versioni delle scale, che ha avuto il senso di unificare le Griffiths Baby Scales (0-2 anni) e le Griffiths Mental Development Scales – Extended Revised (2-8 anni).
Il modello integrato di sviluppo su cui si basano considera lo sviluppo come un processo complesso e interconnesso, in cui i diversi domini interagiscono tra loro, influenzandosi reciprocamente. Questa visione permette di comprendere meglio l'evoluzione del bambino, identificando sia i punti di forza che le aree di fragilità.
Le informazioni sullo sviluppo del bambino ricavate attraverso le Scale provengono da più fonti: una parte deriva dall’osservazione diretta dei comportamenti e abilità che il bambino manifesta spontaneamente durante la sessione di valutazione; una parte proviene dalla valutazione diretta del bambino attraverso la somministrazione di prove da svolgere con specifici materiali; infine, una parte delle informazioni è ricavata da quanto riferito dai genitori (Hogrefe, 2017-2019).
Dal punto di vista strutturale, le Scale Griffiths III sono costituite da 5 scale e 321 items.
La Scala A (Basi dell’apprendimento) valuta quegli aspetti che, durante la prima infanzia, costituiscono i prerequisiti per le capacità di apprendimento e favoriscono un percorso scolastico positivo: abilità cognitive di base per l’apprendimento, aspetti del pensiero, diversi tipi di memoria e il gioco. Gli item somministrati includono attività come: manipolare oggetti (cubetti e incastri), costruire con mattoncini, ripetere numeri, comparare grandezze, mettere in serie, riordinare immagini per raccontare una storia, costruire puzzle e associare oggetti e ricordare.
La Scala B (Linguaggio e comunicazione) misura lo sviluppo linguistico globale del bambino, comprendendo l’uso e la comprensione del linguaggio e il suo utilizzo per la comunicazione sociale. Nei primi 12 mesi di vita, vengono valutate la comunicazione pre-verbale e l’interazione comunicativa, con l'emergere delle prime parole. A partire dai 12 mesi, la scala si focalizza sullo sviluppo di un linguaggio più complesso. Gli item includono attività come denominare oggetti e immagini, definire gli oggetti in base alla funzione, raccontare una storia, seguire istruzioni, dire il contrario e operare similitudini. Inoltre, viene valutato il livello di sviluppo e il contenuto del linguaggio.
La Scala C (Coordinazione oculo-manuale) valuta le abilità fino-motorie e grafiche, la destrezza manuale e le abilità visuo-percettive, oltre alla coordinazione bilaterale, la pianificazione motoria, l’integrazione visuo-motoria, la velocità di movimento e la forza. Gli item somministrati includono attività come seguire il movimento di oggetti, afferrare giocattoli di diverse dimensioni, creare costruzioni con cubi, infilare perle, tagliare un foglio con le forbici, copiare forme, collegare i punti e svolgere attività costruttive più complesse.
La Scala D (Personale-sociale-emotiva) valuta i comportamenti che costituiscono lo sviluppo iniziale delle abilità personali (emergenza del concetto di sé), sociali (interazioni e interesse verso l’altro) ed emotive (comprensione ed espressione emotiva, capacità di assumere la prospettiva dell’altro, empatia, ragionamento morale e teoria della mente) del bambino. Gli item sono organizzati secondo un livello crescente di regolazione emotiva, sviluppo dell’empatia, riconoscimento della morale, capacità di mettersi nei panni altrui e teoria della mente.
La Scala E (Grosso-motoria) valuta il controllo posturale, l’equilibrio, la coordinazione corporea generale, la coordinazione visuo-spaziale, la forza e la resistenza, il ritmo e la sequenzialità motoria. Gli item da somministrare includono attività come saltare su un piede e su due piedi, saltare alternando i piedi, giocare a palla, correre e mantenere l’equilibrio.
Prima dell'inizio della somministrazione del test, è necessario completare la prima pagina del protocollo della Griffiths III, inserendo tutti i dati relativi al bambino, la data di somministrazione della prova e calcolando l'età corretta (in giorni, mesi e anni). L’età corretta rappresenta il punto di riferimento iniziale per determinare la fascia di età da cui partire. Successivamente, dovrà essere convertita in mesi.
Le scale Griffiths devono essere somministrate in sequenza a partire dalla scala A, seguita dalle scale B, C, D ed E.
Generalmente, è necessario rilevare due dati: il livello base e il tetto della scala:
Il livello base si determina quando il bambino, all'interno della stessa scala, riesce a completare con successo 6 item consecutivi. La base corrisponde all'ultimo degli item consecutivi superati e la sua determinazione è cruciale poiché tutti gli item precedenti il livello base stabilito sono considerati superati. Tale livello deve essere determinato in modo indipendente per tutte e cinque le scale.
Il tetto, invece, rappresenta il punto in cui si interrompe la somministrazione di una scala. Si stabilisce quando il bambino non riesce a completare 6 item consecutivi all'interno della stessa scala; in questo caso, non viene assegnato alcun punteggio agli item successivi ad esso.
Ogni prova deve essere somministrata seguendo le istruzioni fornite dal manuale.
Le modalità di somministrazione sono varie e includono prove a tempo, con dimostrazione da parte dell’operatore, prove in cui sono concessi due tentativi e infine prove che richiedono informazioni che possono essere fornite dai genitori.
Per quanto concerne l’attribuzione del punteggio, si assegna 1 punto quando il bambino supera la prova o dimostra di possedere la competenza specifica mentre si assegnano 0 punti quando il bambino non riesce a completare la prova o non dimostra la competenza specifica.
Successivamente, per ogni scala, si calcola il punteggio grezzo ottenuto sommando i punteggi assegnati ai diversi item, e il totale viene riportato nell’apposito riquadro relativo alla scala e alla fascia di età considerata. Tale procedimento viene ripetuto per tutte le scale e le fasce di età somministrate (Tabella 1). Pertanto:
- in primo luogo, si calcola il punteggio grezzo per ogni scala in ogni fascia di età;
- successivamente, si sommano i punteggi grezzi di tutte le scale per ogni anno, ottenendo così il punteggio globale di sviluppo;
- in seguito, si sommano tutti i punteggi ottenuti per ogni singola scala con lo scopo di ottenere il punteggio totale;
- infine, si sommano tutti i punteggi globali di sviluppo e il totale viene diviso per 5.
ANNO |
Scala A P. grezzo |
Scala B P. grezzo |
Scala C P. grezzo |
Scala D P. grezzo |
Scala E P. grezzo |
P. generale di sviluppo |
1 |
__/17 |
__/17 |
__/20 |
__/18 |
__/19 |
__/91 |
2 |
__/11 |
__/16 |
__/13 |
__/15 |
__/14 |
__/69 |
3 |
__/8 |
__/9 |
__/9 |
__/10 |
__/8 |
__/44 |
4 |
__/12 |
__/9 |
__/8 |
__/10 |
__/8 |
__/47 |
5 |
__/9 |
__/6 |
__/9 |
__/6 |
__/7 |
__/37 |
6 |
__/7 |
__/6 |
__/8 |
__/6 |
__/7 |
__/34 |
TOTALE |
__/64 |
__/63 |
__/67 |
__/65 |
__/63 |
__/5 =__ |
Tabella 1. Tabella riassuntiva dei punteggi grezzi per scala.
In questo modo, si ottengono punteggi grezzi totali per ciascuna scala e un punteggio grezzo globale di sviluppo. Il punteggio grezzo verrà successivamente convertito in età equivalente (in mesi), punteggio ponderato, quoziente di sviluppo, intervallo di confidenza (IC), stanine e percentili (Tabella 2).
L’età equivalente consente di stabilire, per ciascun soggetto in ciascuna sottoscala esaminata, l’età cronologica corrispondente alle prestazioni presentate dal soggetto.
Il punteggio ponderato serve a individuare la posizione relativa del soggetto all'interno del campione normativo e a fornire misure confrontabili, permettendo un'immediata comparazione dei risultati ottenuti dal medesimo soggetto in test differenti.
Il Quoziente di Sviluppo (QS) indica il livello di sviluppo raggiunto dal bambino nell'area specifica considerata.
L’intervallo di confidenza (IC 95% del QS) rappresenta un insieme di valori definiti come un intervallo di valori plausibili per il parametro misurato, offrendo una maggiore attendibilità rispetto al singolo risultato ottenuto.
Per stanine si intende un'unità su una scala di nove livelli utilizzata per raggruppare i risultati dei test.
Il percentile è una misura statistica utilizzata per indicare il valore sotto il quale ricade una data percentuale degli altri elementi sotto osservazione.
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
|
|
|
|
|
|
|
Scala B |
|
|
|
|
|
|
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Scala C |
|
|
|
|
|
|
|
Scala D |
|
|
|
|
|
|
|
Scala E |
|
|
|
|
|
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|
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
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|
|
|
|
|
Tabella 2. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali.
I profili così ottenuti devono essere tracciati utilizzando i tre grafici presenti nel foglio di analisi. In essi, si riportano i profili relativi ai punteggi ponderati, punteggi del Quoziente di Sviluppo e i punteggi di età equivalente ottenuti.
L'interpretazione dei risultati rappresenta la parte più rilevante del processo di valutazione, in quanto il quadro finale consente di:
- comprendere il livello di sviluppo del bambino al momento della valutazione, evidenziando punti di forza e di debolezza;
- discutere con i genitori la necessità di ulteriori indagini;
- sviluppare programmi educativi o di intervento precoce;
- valutare l'efficacia di tali programmi attraverso successive valutazioni;
- discutere degli sviluppi futuri con i genitori.
1.4 Gruppo di casi clinici
Il gruppo di casi clinici presente in questo paragrafo raccoglie cinque soggetti di età prescolare (3-6 anni) con diagnosi di Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo, individuati presso l’U.O.S. Unità Multidisciplinare dell’Età Evolutiva (U.M.E.E.) dell’Ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto del Tronto (Prov. AP) durante un periodo di tirocinio della durata di sei mesi.
Per la tutela della privacy dei minori sono stati sostituiti i nomi reali con nomi di fantasia.
La suddetta diagnosi conclusiva è stata formulata dalla Neuropsichiatra Infantile (NPI) di riferimento e responsabile dell’Unità.
L’analisi di ciascun caso offre una panoramica sulle caratteristiche distintive e sulle diverse modalità di presentazione di questo disturbo.
I singoli pazienti sono stati sottoposti a Valutazione multidisciplinare durante la quale sono state somministrate le Scale Griffiths.
CASO A
Luca, 3 anni e 3 mesi (39 mesi)
Il bambino giunge a valutazione su consiglio del PLS (Pediatra di Libera Scelta) e su richiesta dei genitori per riferito ritardo dello sviluppo del linguaggio. Sono state effettuate valutazione neuropsichiatrica, logopedica e neuro-psicomotoria.
Luca presenta familiarità per disturbo evolutivo misto in una zia di linea materna.
Primogenito, nata da parto eutocico, a termine di prima gravidanza normodecorsa. Normopeso. Primi atti fisiologici, in assenza di distress respiratorio, con decorso successivo regolare. Allattamento al seno prolungato (2 anni e mezzo). Non sono presenti turbe del sonno e dell’alimentazione; normale regolazione dei ritmi fisiologici e degli stati affettivi.
Sviluppo psicomotorio con cammino in epoca, prime parole a diciotto mesi, dopo regolare acquisizione della lallazione, del pointing funzionale (intorno all'anno), dei primi gesti sociali. Controllo sfinterico a due anni e mezzo solo diurno, attuale enuresi notturna primaria. Pedalata acquisita da circa un semestre. Espansione lessicale successiva molto lenta con attuale patrimonio lessicale inferiore alle dieci parole, usate in modo funzionale.
Nulla da segnalare nell’anamnesi patologica remota.
Il bambino al momento della valutazione frequenta il primo anno della Scuola dell’Infanzia.
Interesse relazionale verso i pari riferita in norma; meno disponibile verso gli adulti.
Esame obiettivo neurologico negativo. No discromie cutanee o dismorfismi.
Discreta attività imitativa.
Il bambino durante la valutazione logopedica manifesta difficoltà di separazione e pertanto la valutazione è proseguita con il genitore in stanza.
Nel corso dell’osservazione neuro-psicomotoria il bambino è supportato dalle figure genitoriali di riferimento e mostra difficoltà di separazione in entrambi gli incontri.
L’esplorazione del setting è ridotta e poco finalizzata. Non sempre esegue semplici richieste verbali anche rinforzandole con i gesti e la comunicazione non verbale. L’attenzione uditiva non sembra essere adeguata.
Presente l’uso del pointing per fare delle richieste.
Luca accetta le proposte dell’operatore ma necessita di sollecitazioni per restare sul compito e talvolta necessita di avvicinarsi al genitore prima di proseguire le attività.
Dalla valutazione delle competenze linguistiche risultano eloquio spontaneo assente, produzione e comprensione delle parole significativamente al di sotto della media.
Durante la valutazione neuro-psicomotoria è stata somministrata la Scala di Sviluppo Griffiths III ottenendo i seguenti punteggi:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
31 |
25 |
4 |
72 |
67-76 |
1 |
3° %ile |
Scala B |
15 |
11 |
0 |
22 |
20-25 |
0 |
<1° %ile |
Scala C |
42 |
37 |
9 |
93 |
89-97 |
4 |
32° %ile |
Scala D |
34 |
25 |
1 |
54 |
50-58 |
0 |
<1° %ile |
Scala E |
38 |
31 |
5 |
73 |
69-77 |
1 |
3° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
34 |
27 |
2 |
59 |
56-62 |
0 |
<1° %ile |
Tab A. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso A.
Fig. A1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso A rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. A2. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso A rispetto ai QS attesi.
Fig. A3. Profilo dei punteggi Età equivalenti ottenuti dal Caso A rispetto alla sua età cronologica.
Dalla prova somministrata emerge una caduta significativa nell’area del linguaggio sia in produzione sia in comprensione. Tali difficoltà si ripercuotono anche sulle altre scale che coinvolgono il linguaggio verbale in produzione (memoria di cifre, dire il proprio nome o la propria età) e/o in ricezione per mancata comprensione della consegna.
Le competenze che riguardano la motricità fine appaiono adeguate all’età di riferimento. Luca è in fatti in grado di usare le forbici anche se per singoli tagli sul bordo, di infilare correttamente le perle, di imitare il tratto verticale e di incastrare i pezzi delle costruzioni.
Sul piano della motricità globale è stato difficile coinvolgere il bambino nelle richieste, pertanto, i dati normativi del test (Scala E ) non sono da considerare certi.
Dal colloquio con i genitori non emergono difficoltà in tale ambito: pedala, sale le scale alternando i gradini, salta, calcia correttamente la palla.
In sede di valutazione, l’uso del linguaggio non verbale è apparso ridotto e pertanto non sufficiente a sostenere la comunicazione.
Sul piano simbolico emergono delle cadute sia sui contenuti delle produzioni grafiche sia sulla pianificazione del gioco simbolico.
Sembrano più investite le aree della motricità fine e globale che meritano comunque di essere monitorate.
Alla luce delle valutazioni svolte si evidenzia la presenza di un Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo con prevalente compromissione del linguaggio sia sul versante produttivo che recettivo.
Sono state, infine, prescritte al bambino sedute di terapia neuro e psicomotoria e logopedica (30 sedute ciascuna, entrambe a cadenza bisettimanale) mirate alle criticità rilevate.
CASO B
Sara, 5 anni e 11 mesi (71 mesi)
Sara giunge all’osservazione neuro-psicomotoria per il rinnovo dei documenti per la richiesta dell’insegnamento individualizzato per la Scuola Primaria (al momento della valutazione la bambina frequenta l’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia).
Nel corso del primo incontro la bambina è supportata dalla presenza del padre. Inizialmente si mostra estremamente inibita, accetta solo alcune delle attività proposte, non comunica con l’operatore (né mediante il canale verbale, né mediante l’uso di gesti e mimica facciale), il contatto di sguardo appare incostante ed i tempi di attenzione condivisa risultano brevi.
Negli incontri successivi la bambina si separa dal padre senza difficoltà, Sara appare maggiormente disponibile all’interazione con la terapista e comunica utilizzando il canale verbale integrandolo con quello gestuale. Il contatto di sguardo maggiormente modulato e i tempi di attenzione congiunta maggiori.
Nel gioco spontaneo la bambina non verbalizza le azioni e non coinvolge l’adulto.
È stata somministrata la Scala di Sviluppo Griffiths III ottenendo i seguenti punteggi:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
50 |
51 |
0 |
35 |
31-39 |
0 |
<1° %ile |
Scala B |
<48 |
40 |
0 |
<20 |
20 |
0 |
<1° %ile |
Scala C |
54 |
54 |
0 |
49 |
44-53 |
0 |
<1° %ile |
Scala D |
49 |
38 |
0 |
33 |
29-37 |
0 |
<1° %ile |
Scala E |
<50 |
45 |
0 |
<20 |
20-21 |
0 |
<1° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
<49 |
43 |
0 |
<20 |
20 |
0 |
<1° %ile |
Tab B. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso B.
Fig. B1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso B rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. B2. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso B rispetto ai QS attesi.
Fig. B3. Profilo dei punteggi Età equivalenti ottenuti dal Caso B rispetto alla sua età cronologica.
Le difficoltà sul piano motorio-prassico e comunicativo-linguistico incidono sulla riuscita di molti item di questa area che valuta memoria, attenzione e problem solving.
La bambina comunica usando il discorso telegrafico con combinazione di 2/3 parole. Il vocabolario risulta ridotto sia in comprensione che in produzione. Sara fa difficoltà a identificare i verbi su un’immagine e a definire gli oggetti in base al loro uso. Comprende ordini situazionali con due passaggi.
La bambina è in grado di allacciare e slacciare i bottoni con asola, taglia un quadrato e riproduce i movimenti in sequenza delle dita.
Il repertorio di schemi grafici utilizzati appare incompleto ed il tratto grafico scarsamente controllato. Sara impugna lo strumento grafico a dx con presa scarsamente funzionale, copia correttamente la croce ma non il triangolo.
Sara viene descritta dal padre come una bambina autonoma per quanto concerne le autonomie personali. Le competenze sociali ed emotive indagate sono condizionate dalle difficoltà comunicativo linguistiche.
Si rilevano significative difficoltà sia per quanto concerne l’equilibrio statico e dinamico sia per quanto concerne la coordinazione dinamica generale.
La bambina è in grado di saltare ma non di rispettare gli spazi dettati dal test, nel calciare una pallina da tennis non mira bene e scivola con la pallina sotto al piede, non è in grado di saltellare su un solo piede e non afferra la pallina da tennis tirata dal Terapista.
In conclusione, la scala di sviluppo effettuata mette in luce un’immaturità in tutte le aree di sviluppo indagate (prestazioni significativamente al di sotto della media).
Le aree maggiormente inficiate risultano quella del linguaggio e quella della motricità grossolana.
Al termine della valutazione viene riconfermata la diagnosi precedente: Disturbo Evolutivo Specifico Misto nettamente prevalente nello sviluppo verbale con componente disprattica e marcate atipie comportamentali con rigidità ed isolamento.
Infine, la bambina dovrà proseguire le terapie logopedica e neuro-psicomotoria.
CASO C
Jacopo, 3 anni e 2 mesi (38 mesi)
Il bambino, frequentante il primo anno della Scuola dell’Infanzia, giunge all’osservazione su indicazione della Neuropsichiatra Infantile per valutazione con profilo di sviluppo al termine di un ciclo di sedute di terapia riabilitativa neuro e psicomotoria.
Il bambino mostra difficoltà di separazione dalle figure genitoriali.
Sono presenti la reattività al nome, il contatto oculare e l’attenzione condivisa.
Non si rilevano criticità nelle abilità sociali e interattive con l’altro.
Buona l’intenzionalità comunicativa espressa maggiormente con il canale non verbale; il bambino utilizza il gesto deittico a scopo richiestivo e/o prende la mano dell’adulto conducendola all’oggetto desiderato.
L’esplorazione dell’ambiente circostante appare rapida e molto investita a livello motorio: Jacopo predilige la palla, le macchinine e le costruzioni con cui struttura schemi d’azione funzionali. Si osserva instabilità psicomotoria con tempi ludici legati all’interesse. Risulta discontinua la collaborazione alle attività proposte con bassa tolleranza alla frustrazione; di fronte a richieste poco gradite o motivanti il bambino mette in atto condotte oppositive e/o di evitamento, mentre dinanzi alle difficoltà sperimentate reagisce rinunciando o facendo ricorso all’adulto.
A livello motorio-prassico si rileva immaturità delle competenze grosso-motorie. Jacopo scavalca l’ostacolo e calcia la palla con discreto controllo motorio. Non ancora acquisito il salto sul posto e quello da un gradino a piedi uniti. Precario l’equilibrio statico-dinamico: il bambino sale le scale alternando i piedi (a volte con sostegno); scende con più difficoltà e con appoggio monolaterale.
La motricità fine e la coordinazione oculo-manuale risultano immature: Jacopo predilige eseguire i travasi, su imitazione effettua una torre di 8 cubi, un treno e il ponte, infila gli anelli nell’asta, mette insieme dei mattoncini da costruzione. Il bambino mostra difficoltà nella manipolazione e nel modellare un rotolino, svitare e avvitare un tappo e infilare le perle in un filo. Esegue incastri di tre forme geometriche per scelta percettiva; in presenza di un incastri più complessi va per prove ed errori.
A livello prassico-simbolico è molto investito il gioco causa-effetto e senso-motorio.
Jacopo identifica almeno quattro parti del corpo su di sé e sull’orsetto.
Dal punto di vista grafico, lo stadio evolutivo è lo scarabocchio circolare. Si osserva presa dello strumento instabile a dx e di tipo digitale-pronata.
Durante la valutazione è stata somministrata la Scala di Sviluppo Griffiths III ottenendo i seguenti risultati:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
29 |
23 |
3 |
67 |
63-71 |
1 |
1° %ile |
Scala B |
31 |
26 |
4 |
68 |
64-72 |
1 |
1° %ile |
Scala C |
32 |
23 |
1 |
56 |
52-60 |
0 |
<1° %ile |
Scala D |
37 |
29 |
3 |
66 |
61-70 |
0 |
<1° %ile |
Scala E |
34 |
24 |
2 |
59 |
55-64 |
0 |
<1° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
33 |
26 |
1 |
57 |
54-60 |
0 |
<1° %ile |
Tab C. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso C.
Fig. C1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso C rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. C2. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso C rispetto ai QS attesi.
Fig. C3. Profilo dei punteggi Età equivalenti ottenuti dal Caso C rispetto alla sua età cronologica.
Dalla Prova merge un profilo di sviluppo piuttosto omogeneo con maggiore compromissione delle aree della coordinazione oculo-manuale (Scala C), personale-sociale-emotiva (Scala D) e grosso-motoria (Scala E).
Al termine della valutazione viene riconfermata la precedente diagnosi (Disturbo Evolutivo Specifico Misto in associazione a Disturbo di regolazione in progressiva remissione) e si consiglia la prosecuzione della terapia riabilitativa neuro e psicomotoria.
CASO D
Omar, 4 anni e 3 mesi (51 mesi)
Il bambino giunge a valutazione per difficoltà di comprensione e produzione verbale. Sono state effettuate Visita Neuropsichiatrica e Valutazione multidisciplinare.
Negata familiarità per patologia neurologica e/o psichiatrica e/o del neurosviluppo.
Secondogenito, nato da parto eutocico a trentasei settimane di gravidanza, no distress respiratorio. Ricovero per prematurità (2200 g). Dimissione dopo venti giorni. Alimentazione con latte materno per nove mesi, inizialmente dal biberon. No turbe del sonno. Vaccinazioni di legge.
Sviluppo psicomotorio con cammino a un anno, prime parole a un anno, dopo acquisizione del pointing funzionale, prolungata scialorrea, non problemi di divezzamento, controllo sfinterico a due anni, enuresi notturna attualmente persistente. Pedalata dal terzo anno di vita.
Vengono segnalate difficoltà di produzione e comprensione verbale, iperattività e impulsività, anche se non problemi comportamentali.
Non si rilevano dati degni di nota all’esame obiettivo neurologico.
Il bambino è esposto a bilinguismo in concomitanza con l’ingresso alla Scuola dell’Infanzia (L1 arabo – L2 italiano), attualmente frequentante il primo anno. Fino a tale momento, in casa, il bambino era esposto solo all’arabo. I genitori segnalano difficoltà di linguaggio in entrambe le lingue.
L’eloquio spontaneo è scarso. Il bambino investe poco nel canale verbale, infatti utilizza prevalentemente gesti richiestivi e deittici per comunicare con l’adulto.
Se sollecitato riesce a produrre semplici frasi (SV) . Appare in espansione la struttura frasale.
Dall’osservazione del distretto bucco-linguo-facciale si evidenzia una lieve ipotonia del distretto con respirazione orale. Riferite frequenti infezioni alle alte vie aeree e respirazione orale notturna.
Dal punto di vista affettivo-relazionale, appare serena la separazione dalla figura genitoriale. Il bambino non manifesta criticità nell’interazione con l’altro. Adeguato l’uso dei canali intersoggettivi. Buona reattività al nome. Sul versante comportamentale si rileva agitazione motoria e scarsa tolleranza dell’attesa e delle frustrazioni.
A livello motorio-prassico non si rilevano difficoltà significative nella coordinazione motoria globale e fine. Si osserva la fatica del bambino nel mantenere la posizione seduta al tavolino per tempi prolungati (si alza spesso durante le attività).
A livello prassico-simbolico i tempi ludici appaiono ridotti. Omar non accetta proposte di gioco simbolico. Presente povertà ideativa. Lo schema corporeo è allo stadio della rappresentazione grafica del volto; matura l’integrazione corporea.
Povero ed immaturo il disegno spontaneo, al quale talvolta il piccolo dà connotazioni simboliche (es. mare). È in grado, su copia, di produrre linee verticali, orizzontali, cerchio e croce. Adeguata l’impugnatura dello strumento grafico con mano dx; la mano controlaterale sostiene il foglio.
Durante la valutazione è stata somministrata la Scala di Sviluppo Griffiths III ottenendo i seguenti risultati:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
42 |
45 |
5 |
75 |
71-80 |
2 |
5° %ile |
Scala B |
37 |
32 |
2 |
61 |
56-65 |
0 |
<1° %ile |
Scala C |
50 |
52 |
11 |
105 |
101-109 |
6 |
61° %ile |
Scala D |
53 |
48 |
9 |
94 |
90-98 |
4 |
34° %ile |
Scala E |
49 |
48 |
9 |
95 |
91-99 |
4 |
34° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
46 |
43 |
6 |
80 |
77-83 |
2 |
8° %ile |
Tab D. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso D.
Fig. D1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso D rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. D2. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso D rispetto ai QS attesi.
Fig. D3. Profilo dei punteggi Età equivalenti ottenuti dal Caso D rispetto alla sua età cronologica.
Dalla valutazione effettuata e dal colloquio con i genitori si evidenziano difficoltà di linguaggio prevalentemente a livello espressivo, verosimilmente di natura specifica; fragili le competenze lessicali e morfo-sintattiche in comprensione a causa di una scarsa esposizione alla lingua.
Presente, inoltre, immaturità nel gioco e nella rappresentazione grafica con difficoltà nel contenimento motorio e tempi attentivi ridotti.
Si conclude pertanto con la diagnosi di Disturbi Evolutivi Specifici Misti in condizioni ambientali di ipostimolazione linguistica e bilinguismo e si consiglia avvio di terapia riabilitativa logopedica e neuro-psicomotoria in due cicli successivi di 30 sedute a cadenza bisettimanale ognuno mirata alle aree di criticità sopra descritte.
CASO E
Elisa, 3 anni (36 mesi)
La bambina giunge ad osservazione per deficit di autoregolazione comportamentale.
Al momento della valutazione frequenta il primo anno della Scuola dell’Infanzia.
Elisa arriva in valutazione accompagnata dalla mamma da cui mostra difficoltà di separazione.
Presente la reattività al richiamo per nome e stabile il contatto di sguardo. Appare poco modulata l’attenzione condivisa. Risulta ridotta la reciprocità con l’altro che non sempre ricerca per condividere l’attività ludica; su iniziativa dell’operatore la bambina partecipa ed effettua il gioco di scambio con le macchinine.
L’esplorazione dell’ambiente è poco organizzata e tendenzialmente caotica: Elisa dirige spontaneamente il suo interesse verso gli strumenti musicali.
Si osserva ipercontrollo della figura adulta e tendenza alla direttività. Risulta bassa la tolleranza alla frustrazione di fronte alle regole del setting e alle richieste effettuate dall’operatore manifestata con la messa in atto di condotte oppositive (lancia gli oggetti a terra) e/o di crisi prolungate di pianto. Non è consolidato e tollerato il rispetto dell’attesa e della turnazione. I tempi ludici sono brevi e legati all’interesse della bambina con necessità di supporto dell’adulto per completare attività strutturate.
A livello motorio-prassico la bambina risulta in linea con l’età. Buona la coordinazione motoria segmentaria ma con scarsa modulazione tonica. Discreto l’equilibrio statico; precario quello dinamico. Dominanza: predilige l’emilato sn (occhio-mano-piede).
La motricità fine risulta adeguata all’età. Esegue incastri semplici per scelta percettiva.
A livello prassico-simbolico, appare discontinua l’imitazione motoria e su comando verbale per scarsa collaborazione della bambina. Non è acquisita la conoscenza dei colori. Il gioco spontaneo è povero e poco organizzato in autonomia: Elisa mette in atto schemi d’azione funzionali che appaiono piuttosto ripetitivi e necessitano del supporto dell’operatore per essere arricchiti.
Dal punto di vista del grafismo spontaneamente la bambina connota simbolicamente ciò che disegna; su modello riproduce una linea verticale; non esegue quella orizzontale. La presa del colore è quadripode. La rappresentazione grafica della figura umana è allo stadio dell’omino cefalopode.
Dall’osservazione delle competenze verbali e comunicative, effettuata in contesto ludico, emerge una scarsa produzione verbale.
Il linguaggio spontaneo è limitato e risulta non intelligibile, scarsa la richiesta gestuale e il gesto indicativo, scarso e discontinuo il contatto oculare, gioco simbolico poco organizzato e non condiviso o isolato.
Durante la valutazione neuro-psicomotoria sono state somministrate le Scale Griffiths III da cui sono stati rilevati i seguenti punteggi:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
37 |
35 |
9 |
97 |
93-101 |
5 |
42° %ile |
Scala B |
29 |
23 |
2 |
58 |
54-62 |
0 |
<1° %ile |
Scala C |
45 |
38 |
12 |
108 |
104-112 |
6 |
68° %ile |
Scala D |
37 |
27 |
3 |
66 |
62-70 |
0 |
1° %ile |
Scala E |
39 |
31 |
7 |
84 |
80-88 |
3 |
14° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
37 |
29 |
5 |
74 |
71-77 |
1 |
4° %ile |
Tab E. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso E.
Fig. E1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso E rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. E2. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso E rispetto ai QS attesi.
Fig. E3. Profilo dei punteggi Età equivalenti ottenuti dal Caso E rispetto alla sua età cronologica.
Alla luce della valutazione effettuata emerge un profilo di sviluppo non armonico nelle varie aree indagate con una maggiore compromissione delle competenze comunicativo-interattive (Scala B) e relazionali (Scala D).
Si rileva difficoltà di autoregolazione comportamentale e immaturità nella capacità di organizzare schemi di gioco.
A seguito della presente valutazione è stato diagnosticato un Disturbo Evolutivo Specifico Misto con prevalenza di deficit di autoregolazione in associazione a modeste atipie comportamentali.
Infine, risulta necessaria ed urgente la presa in carico riabilitativa multidisciplinare attraverso 50 sedute di terapia neuro e psicomotoria a cadenza trisettimanale con sostituzione di una seduta con una di logopedia non appena sufficientemente adattato.
Al termine della descrizione dettagliata dei singoli casi risulta fondamentale procedere con una sintesi quantitativa dei dati raccolti attraverso le diverse Scale utilizzate.
Il confronto dei punteggi ottenuti da ciascun paziente su ogni scala non solo permette di evidenziare le differenze individuali, ma fornisce anche una visione d’insieme delle caratteristiche comuni e delle variabilità presenti all’interno del gruppo di soggetti presi in esame.
Inserire un grafico comparativo è quindi di particolare rilevanza per diversi motivi.
In primo luogo, consente di visualizzare rapidamente i profili di sviluppo individuale, mettendo in evidenza aree di forza e aree di debolezza per ciascun caso.
In secondo luogo, tale grafico facilita l’identificazione di pattern comuni o di particolari anomalie che potrebbero essere meno evidenti con una semplice analisi descrittiva dei dati.
I grafici comparativi che seguono mostrano i Punteggi ponderati (Fig. G1), i Quozienti di Sviluppo (Fig. G2) e le Età equivalenti (Fig. G3) ottenuti dai bambini su ciascuna Scala. Questo confronto servirà come base per una discussione approfondita sull’eterogeneità dei profili di sviluppo in pazienti con Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD), e su come tali differenze possano influenzare l’approccio clinico e terapeutico personalizzato del singolo. Analizzando tali differenze, sarà possibile trarre conclusioni utili per la pratica clinica, contribuendo a una comprensione più approfondita delle necessità di intervento individuali.
Il grafico Fig. G1 confronta i punteggi ponderati ottenuti da ciascun paziente sulle varie scale utilizzate.
Fig. G1. Grafico dei punteggi ponderati ottenuti da ciascun caso a confronto.
Alcuni soggetti mostrano discrepanze marcate tra i punteggi nelle diverse prove, evidenziando aree di abilità relativamente conservate rispetto ad altre con maggiori difficoltà. Ad esempio, in alcuni casi si nota un buon livello di sviluppo nel linguaggio espressivo a fronte di gravi carenze nel linguaggio recettivo, o viceversa. Tale pattern suggerisce una disomogeneità nei profili di sviluppo che richiede un approccio clinico altamente individualizzato.
Degno di nota è il soggetto B, significativamente al di sotto della norma in tutte le prove (punteggio ponderato = 0).
Il soggetto C, rispetto agli altri, mostra una performance migliore nell’area comunicativo-linguistica (Scala B).
Il soggetto D si distingue per una prestazione superiore rispetto al resto del campione dal punto di vista delle abilità personali, sociali ed emotive (Scala D) e della motricità grossolana (Scala E).
Infine, il soggetto E mostra un andamento migliore nella motricità fine (Scala C) rispetto a tutti gli altri casi.
Nonostante queste differenze, vi è una tendenza comune tra i diversi punteggi rilevati: essi sono inferiori alla norma nella maggior parte delle aree valutate, confermando la natura globale e pervasiva del Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo.
In particolare, quasi tutti i casi clinici mostrano difficoltà significative nelle aree relative alla comunicazione e all’interazione sociale, due delle caratteristiche del disturbo.
Il grafico Fig. G2 mostra i livelli di sviluppo raggiunti dai pazienti nelle diverse aree valutate. Ciò consente di avere un’idea chiara delle disparità nel progresso dello sviluppo tra i soggetti esaminati e di come queste possano influenzare il loro percorso clinico e terapeutico.
Fig. G2. Grafico dei Quozienti di Sviluppo (QS) ottenuti da ciascun caso a confronto.
Da tale confronto si evince come i quozienti di sviluppo, di ciascun bambino, varino in modo significativo, riflettendo la complessità del disturbo e la sua manifestazione clinica. Alcuni pazienti presentano QS molto bassi in tutte le aree indicando un ritardo globale, mentre altri mostrano un profilo asimmetrico, con quozienti nella norma in specifiche aree e deficitari in altre.
Analizzando il grafico, è evidente come:
- il Caso A presenti un profilo asimmetrico con un livello di sviluppo significativamente al di sotto della media (PGS = 59) nell’area comunicativo-linguistica (QS = 22) e nelle abilità personali, sociali ed emotive (QS = 54) mentre negli apprendimenti e nelle abilità grosso-motorie risulta essere al di sotto della media (72 < QS < 73). Nella media, invece, le competenze fino-motorie (QS = 93);
- i Casi B e C mostrino un ritardo globale in tutte le aree indagate con un PGS per il Caso B pari a 20 mentre un PGS per il Caso C pari a 57;
- il Caso D dimostri di possedere un livello di sviluppo generale inferiore alla media (PGS = 80). Nella norma le aree motorio-prassica e personale-sociale-emotiva, ai limiti gli apprendimenti mentre il linguaggio appaiono significativamente al di sotto della media;
- nel Caso E risultino deficitarie l’area comunicativo-linguistica (QS = 58) e affettivo-relazionale (QS = 66), ai limiti le competenze motorie globali e nella norma l’area degli apprendimenti (QS = 97) e la coordinazione occhio-mano (QS = 108).
L’eterogeneità di tali risultati complica la formulazione di una diagnosi univoca e sottolinea l’importanza e la necessità di un’osservazione continua e valutazioni ripetute nel tempo.
Sebbene i QS varino, si osserva una tendenza generale verso un ritardo globale rispetto alla popolazione di riferimento, con pochi casi che presentano punteggi all’interno della media. Questo conferma l’importanza di interventi precoci e personalizzati per mitigare l’impatto del disturbo sullo sviluppo generale del bambino.
Infine, il grafico Fig. G3 mostra le età equivalenti (in mesi) ottenute dai bambini su ciascuna scala. È utile per comprendere come il livello di sviluppo di un soggetto si confronta con quello atteso per la sua età cronologica e per identificare eventuali ritardi o avanzamenti nello sviluppo.
Fig. G3. Grafico delle Età equivalenti (in mesi) ottenute da ciascun caso a confronto.
Dal grafico è possibile osservare differenze notevoli nel grado di ritardo rispetto all’età cronologica dei pazienti. Alcuni mostrano un ritardo uniforme in tutte le aree (es. Casi A e C), mentre altri possiedono ritardi più pronunciati in alcune abilità specifiche. Tale variabilità nelle età equivalenti è indice di un decorso dello sviluppo irregolare, che può influenzare non solo il piano terapeutico, ma anche il supporto educativo e sociale offerto ai pazienti.
Le età equivalenti ottenute sono in gran parte inferiori all’età cronologica, indicando che la maggior parte dei pazienti presenta un significativo ritardo nello sviluppo. Questo dato è coerente con le difficoltà osservate nei punteggi ponderati e nei quozienti di sviluppo e rafforza la necessità di un approccio clinico mirato a supportare specificatamente le aree di maggiore difficoltà.
2 Disturbo dello spettro autistico (ASD)
2.1 Definizione e caratteristiche cliniche
Il Disturbo dello Spettro dell’Autismo è considerato un disordine neuropsichiatrico complesso con esordio in età evolutiva e presenta un’espressività clinica variabile da soggetto a soggetto e, in uno stesso soggetto, nel corso dello sviluppo.
Ad oggi, tra i sistemi di classificazione maggiormente utilizzati in clinica sono presenti la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), redatto dall’American Psychiatric Association (APA), e l’undicesima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11), sviluppata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Eppure, diverse realtà ospedaliere italiane continuano ad utilizzare la versione precedente dell’ICD-10, il quale considera il disturbo come “Disturbo pervasivo dello sviluppo (F.84)”.
Nel DSM-5 l’Autismo viene inserito come categoria nosografica a sé all’interno del capitolo dei Disturbi del Neurosviluppo sotto il nome di “Disturbo dello spettro dell’autismo” (codice 299.00).
Esso rappresenta un gruppo eterogeneo di condizioni cliniche, il quale non deve essere inteso come una malattia nel senso classico del termine ma piuttosto come un insieme di comportamenti atipici che, ripresentandosi in maniera ricorrente e con caratteristiche comuni in un numero elevato di persone, assume la dignità di una condizione patologica con una sua autonomia nosografica.
Dal momento che ogni comportamento ha un qualcosa che ne sollecita l’insorgenza e ne condiziona l’espressività, ciò che si manifesta sul piano clinico può essere definito come fenotipo comportamentale o “fenotipo autistico”.
Tale manifestazione riconduce alla compromissione di due aree funzionali: componente sociale (interazione sociale e comunicazione sociale) e componente non sociale (repertorio di attività e interessi ristretti e ripetitivi).
Nel corso del primo anno di vita, i comportamenti riferibili ad un deficit dell’interazione e della comunicazione sociale non sono facilmente riconoscibili e non sarebbero propriamente presenti.
È in età prescolare che essi diventano sempre più espliciti e caratteristici. Il bambino autistico si aggira fra gli altri come se non esistessero; mostra tendenza ad isolarsi non rendendo partecipe l’altro nelle sue attività; utilizza l’altra persona in maniera strumentale per appagare le proprie esigenze del momento; quando è chiamato non si volta e/o non risponde. Il rapporto interpersonale è limitato a richiedere e non a condividere. Inoltre, tali comportamenti non riguardano soltanto le figure dell’ambiente familiare ma anche il gruppo dei pari.
A tale proposito, i primi studi sull’autismo infantile hanno permesso di identificare tre diversi profili di interazione e comunicazione sociale:
- bambini inaccessibili, che si tirano fuori da qualsiasi rapporto interpersonale;
- bambini passivi, che tendono ad isolarsi ma sono in grado di interagire se adeguatamente sollecitati;
- bambini attivi ma “bizzari”, che sono capaci di prendere l’iniziativa nell’interazione ma in maniera inopportuna, enfatica e inappropriata.
In età scolare possiamo differenziare diversi livelli di gravità: forme lievi e forme severe.
Nelle forme lievi il ragazzino riesce a stabilire relazioni interpersonali semplici, ma la qualità degli scambi è fortemente condizionata da inadeguatezza delle competenze percettive e di cognizione sociale. Egli dimostra di essere in grado di non comprendere i messaggi impliciti che sottendono le relazioni e di non conoscere le regole e le modalità che le definiscono come tali.
Il linguaggio riveste un ruolo fondamentale nel connotare il carattere bizzarro della relazione e della comunicazione sociale: ad essere compromesse sono le componenti non verbale e pragmatica del parlato.
Nelle forme severe, invece, il soggetto continua a mostrare una marcata chiusura relazionale, con difficoltà di aggancio in esperienze condivise. Si riescono ad attivare semplici sequenze di interazione solo quando le proposte coincidono con i suoi interessi e per limitati periodi di tempo.
Il ragazzino presenta segni di disagio o rabbia quando l’altro cerca di intromettersi nelle sue attività ludiche.
Stando al linguaggio, esso è assente e i rapporti con i pari risultano marcatamente deficitari.
Anche in adolescenza occorre differenziare le forme lievi dalle gravi.
I soggetti con forma lieve presentano comportamenti indicativi di un’emergente motivazione sociale, intesa come interesse ad avviare relazioni interpersonali, ma le modalità adottate risultano grossolane, improprie e finiscono per assumere un carattere bizzarro.
Il linguaggio verbale, inoltre, possiede una struttura più ricca e consolidata nonostante vi siano ancora presenti atipie prosodiche e pragmatiche.
D’altro canto, gli adolescenti con una forma grave continuano a presentare forti chiusure relazionali con una forte passività dinanzi alle richieste e alle esigenze del contesto ambientale.
Il linguaggio verbale è limitato ad enunciati ipostrutturati e ad una scarsa valenza comunicativa.
Per quanto riguarda il repertorio di attività ed interessi, i movimenti, l’uso degli oggetti e/o l’eloquio risultano stereotipati e ripetitivi.
Il soggetto conduce una routine priva di flessibilità e gli interessi sono molto limitati e fissi, anomali per intensità o per profondità.
Infine, avremo iper-reattività o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti nei confronti di aspetti sensoriali dell’ambiente.
Al Disturbo dello Spettro dell’Autismo (ASD), molto spesso si associano disabilità intellettiva, manifestazioni parossistiche epilettiche, altri disturbi del neurosviluppo o sintomi non inquadrabili in categorie nosografiche definite come livelli di attività motoria molto accentuati (iper-attività), compromissione del linguaggio e disturbi motori.
Nella nuova edizione dell’ICD-11, il disturbo dello spettro autistico viene inserito, come categoria nosografica a sé, tra i Disturbi del Neurosviluppo.
È definito come un disturbo caratterizzato da deficit persistenti nella capacità di avviare e mantenere interazioni sociali reciproche e nella comunicazione sociale. Inoltre, si manifesta attraverso modelli di comportamento, interessi o attività limitati, ripetitivi e inflessibili, che risultano chiaramente atipici o eccessivi rispetto all'età e al contesto socioculturale dell'individuo. Questi sintomi emergono durante il periodo di sviluppo, solitamente nella prima infanzia, ma potrebbero non diventare evidenti fino a fasi successive della vita, quando le richieste sociali superano le capacità limitate dell'individuo.
Tali deficit sono così significativi da compromettere il funzionamento personale, familiare, sociale, educativo, professionale o in altre sfere rilevanti, e tendono a caratterizzare il funzionamento dell'individuo in modo pervasivo, osservabile in tutti i contesti. Tuttavia, va notato che essi possono variare in intensità a seconda del contesto sociale, educativo o altro.
È importante sottolineare che gli individui all'interno dello spettro autistico mostrano una vasta gamma di abilità intellettuali e linguistiche.
Il DSM-5 introduce, in aggiunta ai criteri diagnostici, una serie di specificatori: se è presente o meno una compromissione intellettiva; se è presente o meno una compromissione del linguaggio; se tale disturbo risulta essere associato ad una condizione medica o genetica nota o a un fattore ambientale; se risulta essere associato ad un altro disturbo del neurosviluppo, mentale o comportamentale.
All’interno dell’ASD troviamo quei disturbi che in precedenza, nel DSM-IV, venivano denominati come Autismo, Sindrome di Asperger, Sindrome di Rett, Disturbo disintegrativo dell’infanzia e Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato NAS.
L’Autismo si caratterizza per l’incapacità di comunicare, esternare i propri sentimenti e leggere quelli altrui, filtrare gli stimoli ambientali, per un’iper-sensibilità ai rumori, svolgimento di attività ripetitive e deficit intellettivo spesso associato alla sindrome.
Le prime anomalie compaiono generalmente nei primi 24 mesi e le preoccupazioni principali mostrate dai genitori sono rappresentate da un ritardo nell’acquisizione delle tappe principali del linguaggio, ritardo uditivo, impressione che il bambino sia eccessivamente buono o eccessivamente irritabile.
Un concetto fondamentale da sottolineare è come Autismo non indica timidezza, blocco psicologico, reazione al mancato amore materno (“madre frigorifero”), immersione in fantasie o una patologia da cui si guarisce.
Il Disturbo o Sindrome di Asperger viene definito come Autismo ad Alto Funzionamento in quanto il livello cognitivo rientra nella norma e il controllo del linguaggio appare buono.
Nei bambini con tale condizione clinica, il comportamento autistico viene osservato normalmente verso i 3-4 anni di età, dopo un periodo in cui lo sviluppo senso-motorio, linguistico e intellettivo sono sostanzialmente adeguati. Ciò che risulta man mano più compromessa è la capacità di relazione e interazione sociale.
Una condizione clinica che assume particolare rilevanza per il suo fenotipo comportamentale, apparentemente del tutto sovrapponibile a quello attualmente utilizzato per la definizione di Disturbo dello Spettro dell’Autismo è rappresentata dal Disturbo di Rett, che, con l’avvento del DSM-V, è stata inserita all’interno delle Sindromi genetiche.
Esso esprime una condizione che interessa prevalentemente il sesso femminile (1 bambina su 10'000 nate). Nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta a cavallo del primo anno di vita con un arresto dello sviluppo seguito da una fase di regressione. È proprio durante questo periodo (generalmente tra i 5 e 48 mesi) che può essere osservata un’alterazione nella sfera dell’interazione sociale, perdita delle abilità precedentemente acquisite come l’uso finalistico delle mani intorno ai quattro anni (aprassia) e il linguaggio verbale con riduzione delle capacità comunicative. Ad esse si aggiungono l’arresto dello sviluppo ludico-sociale, nonostante vi sia una tendenza al mantenimento dell’interesse sociale.
Terminata questa fase, vi è un miglioramento delle abilità di comunicazione sociale e i tratti autistici smettono di rappresentare una grande preoccupazione.
Il Disturbo disintegrativo della fanciullezza interessa 1 o 2 bambini su 100'000 nati vivi. Si riscontra sia nel sesso maschile che in quello femminile mentre non si rileva il tipico movimento delle mani (torcere, lavare) tipico della S. di Rett.
Anche qui il primo periodo di sviluppo è normale ma possiede una durata più lunga e la regressione ha inizio all’incirca dopo i 2-3 anni, seguita da una perdita delle capacità acquisite (il soggetto non parla più, perde il controllo sfinterico, …).
Infine, il Disturbo Pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (NAS), viene tutt’oggi considerato come una categoria “sottosoglia” caratterizzata da difficoltà nell’interazione e comunicazione sociale e dalla presenza di interessi ristretti e stereotipati.
2.2 Presentazione sintomatologica
I primi segni di uno sviluppo atipico sono molto precoci, essi, tuttavia, assumono particolare rilevanza clinica solo quando le richieste dell’ambiente superano le capacità del soggetto. Dalla gravità dei sintomi caratterizzanti il Disturbo dipendono l’epoca e le modalità di esordio della sintomatologia autistica.
I sintomi generalmente vengono riconosciuti intorno ai 18 mesi di vita ma possono essere osservati anche antecedentemente a questo periodo se la gravità è marcata.
A tal proposito, secondo il DSM-V, sono stato definiti tre differenti livelli di compromissione: livello 1 (grado lieve), livello 2 (grado moderato) e livello 3 (grado grave).
Coloro che rientrano nel Livello 1 presentano un esordio molto più insidioso in quanto nei primi mesi di età il soggetto sembra rispondere adeguatamente alle richieste ambientali finché, a partire dai 18 mesi circa, i sintomi cominciano a rendersi più evidenti.
Esistono delle situazioni in cui la comparsa della sintomatologia interrompe la continuità di uno sviluppo che sembrava evolvere normalmente e le abilità acquisite fino a quel momento vengono perdute. Tali casi prendono il nome di “forme regressive” e si verificano generalmente tra i 12 e i 24 mesi di età. La letteratura sembra confermare che tali forme necessitino di immediato approfondimento diagnostico.
Può capitare, inoltre, che la presenza di fattori favorevoli interni e/o esterni al bambino mascherino l’espressività sintomatologica o impediscano che essa assuma una rilevanza clinica degna di approfondimento. In queste situazioni, l’ingresso nella Scuola Primaria, esprime l’elemento che rompe gli equilibri e rivela le limitate capacità del soggetto.
Nel Livello 2 l’età e le modalità di insorgenza variano da soggetto a soggetto in rapporto ad una serie di fattori: temperamento, eventuale presenza di condizioni medico-cliniche associate, comorbilità, caratteristiche dell’ambiente familiare ed extra-familiare e situazioni contingenti che possono verificarsi negli abituali contesti di vita del bambino.
Con il Livello 3 si definiscono quei casi in cui i genitori del bambino riportano che già nel primo anno di vita egli aveva iniziato a mostrare delle modalità atipiche di rapportarsi all’oggetto e alle persone. Queste forme si complicano molto precocemente, a partire già dal secondo anno di età, con la comparsa di ulteriori segni e sintomi che non sfuggono all’attenzione dei genitori e determinano in loro la consapevolezza di un serio problema di sviluppo.
I primi sintomi del Disturbo comportano frequentemente un ritardo nello sviluppo delle principali tappe del linguaggio, spesso associato a scarsi interessi sociali o a insolite interazioni sociali (tirare le persone per mano senza guardarle), a modalità di gioco stravaganti (portare i giocattoli da una parte all’altra senza giocarci) e a modalità di comunicazione insolite (conoscere l’alfabeto ma non rispondere con il proprio nome).
L’Autismo non è un disturbo degenerativo. Tutti i soggetti con una diagnosi di F84 formulata entro i 3 anni di vita presentano in media un miglioramento a carico dell’interazione e della comunicazione sociale. I soggetti con forme lievi presentano modifiche molto più significative. Esiste la possibilità, però, che alcuni di essi possano acquisire miglioramenti tali da condurre una vita normale. Un aspetto da tenere in considerazione è legato al fatto che non sempre il miglioramento delle competenze sopracitate coincide con un miglioramento del comportamento adattivo.
È tipico che apprendimento e compensazioni progrediscano durante tutta la vita. I sintomi spesso sono più marcati nella prima infanzia e nei primi anni di scuola con un conseguente progresso in tarda infanzia in alcune aree. Alcuni soggetti peggiorano durante l’adolescenza.
In generale, individui con bassi livelli di compromissione possono essere maggiormente abili nel funzionamento autonomo, nonostante anch’essi rimangano socialmente ingenui e vulnerabili trovando difficoltà nell’organizzazione pratica delle cose senza un ausilio essendo predisposti a forte stress fino ad arrivare a sviluppare disturbi d’ansia e/o depressione.
La prognosi è fortemente influenzata dalla presenza o assenza di disabilità intellettiva e compromissione del linguaggio con l’aggiunta di altre condizioni cliniche come epilessia (American Psychiatric Association, 2014).
Uno studio del 2022 condotto dalla Dott.ssa Magda Di Renzo et al. presso l’Istituto di Ortofonologia di Roma ha permesso di monitorare a distanza di tempo le traiettorie evolutive di 17 soggetti (di età compresa tra i 9 e i 17 anni) con pregressa diagnosi di Disturbo dello Spettro dell’Autismo e un precoce percorso terapeutico di almeno quattro anni, al termine del quale non risultavano essere più presenti i criteri diagnostici per rientrare nella classificazione di Autismo., rilevando quindi, anche in presenza di un’iniziale severa compromissione del funzionamento socio-cognitivo, comunicativo e comportamentale, il raggiungimento di un outcome ottimale.
Tale studio ha consentito di affermare inoltre che il livello intellettivo e il linguaggio non rappresentano gli unici indicatori prognostici al momento della diagnosi, ma piuttosto si rende necessario definire in ambito psicodiagnostico le caratteristiche personologiche di ciascun individuo evitando di confinare il soggetto in un’unica traiettoria di malattia (Renzo, Castelbianco, Vanadia, Petrillo, & Rea, 2022).
Precedentemente, un altro studio condotto sempre dalla Dott.ssa Di Renzo et al., pubblicato nella rivista scientifica Italian Journal of Pediatrics nel febbraio del 2021, ha evidenziato l’importanza della valutazione, al momento dell’inquadramento diagnostico, del Quoziente Intellettivo (QI), del gioco, dell’emotività e della comprensione delle intenzioni altrui, come potenziali predittori prognostici e che possano divenire degli strumenti fondamentali a disposizione del Clinico e del Medico pediatra. Ciò consentirebbe di porre l’attenzione, sia in fase diagnostica che prognostica, anche su quelle variabili emotivo-relazionali, che possono supportare il Clinico nella definizione di un quadro diagnostico più completo e nella progettazione di un Piano terapeutico personalizzato (Di Renzo, et al., 2021).
2.3 Strumenti di valutazione e diagnosi utilizzati nel presente lavoro
Negli ultimi anni è divenuto sempre più importante riconoscere e identificare precocemente i sintomi di Disturbo dello spettro dell’Autismo, per far in modo che si intervenga sui processi di sviluppo in fasi di maturazione al fine di ottenere risultati migliori attraverso i diversi interventi.
Molti studi evidenziano come gli interventi riabilitativi e abilitativi messi in atto prima dei 4 anni di età del soggetto autistico siano associati ad importanti miglioramenti nell’area cognitiva, nell’area linguistica, in ambito adattivo, quotidiano e nell’area della comunicazione sociale.
Tuttavia, ad oggi il processo diagnostico richiede ancora lunghe tempistiche, motivo per il quale una diagnosi di autismo viene effettuata non prima dei 3-4 anni di età.
Si rileva particolarmente importante riconoscere alcuni campanelli di allarme e sintomi già a partire dai 12 ai 24 mesi. Solitamente, il primo segnale che individua il genitore è che il bambino ancora non parla. Ma un altro aspetto su cui bisogna porre molta attenzione insieme all’assenza di linguaggio è l’assenza del canale non verbale: lo sguardo, l’aggancio visivo con l’altro, la gestualità e la mimica facciale.
La precocità di manifestazione può costituire un fattore diagnostico fondamentale.
Dunque, se il bambino non comunica attraverso sia modalità verbali che non verbali, non imita, non condivide il gioco ma adotta un comportamento isolato, non ricerca l’altra persona, possiede un’esplorazione caotica, non utilizza l’oggetto in modo funzionale ma di solito li dispone in fila, è disturbato dal contatto fisico dell’altro, è consigliabile effettuare una visita specialistica da un Neuropsichiatra Infantile.
Inoltre, poiché i bambino con Disturbo dello spettro dell’Autismo mostrano un’alterazione nei sistemi di connettività neurale, un intervento precoce va ad agire specialmente sulla plasticità neuronale, i cosiddetti neuroni specchio, aumentando le stimolazioni esterne dell’ambiente e delle persone attraverso l’imitazione di espressioni, dell’uso funzionale dell’oggetto, di vocalizzi e parole associate al gesto può portare un miglioramento della condizione del bambino sul piano comunicativo, cognitivo e relazionale.
È consigliato provvedere al trattamento il più precocemente possibile, perché la tempestività della presa in carico terapeutica può incidere sulla prognosi a distanza del bambino.
I principali segni precoci e campanelli di allarme possono essere suddivisi in tre fasce d’età: 6-12 mesi, 9-15 mesi, 20-30 mesi.
A 6-12 mesi potrebbero essere evidenti: scarso o assente contatto oculare, mancanza del sorriso sociale, assenza e scarsa emissione di vocalizzi, mancanza delle reazioni di angoscia di fronte all’estraneo o di separazione presente dall’ottavo mese di vita, difficoltà nella comprensione della mimica e nell’uso delle espressioni facciali.
Intorno ai 9-15 mesi: presenza di interessi ristretti e difficoltà a seguire gli oggetti in movimento, assenza di risposte di orientamento a stimoli sonori o al proprio nome, mancanza di attenzione visiva e condivisa, assenza di gesti deittici e referenziali, ritardo nelle tappe di sviluppo del linguaggio sia espressivo che ricettivo, uso del gioco ripetitivo e non funzionale dell’oggetto.
Infine, tra i 20 e i 30 mesi di età: disinteresse verso i pari, persone e ciò che lo circonda, assente l’aggancio di sguardo, scarsa o assente capacità imitativa, ritardo nell’acquisizione del linguaggio, difficoltà nell’interazione con altre persone, rigidità cognitiva (difficoltà a adattarsi ai cambiamenti), presenza di stereotipie e tendenza a camminare sulle punte.
Nel fare diagnosi di Disturbo dello Spettro autistico, è importante realizzare una valutazione completa, che fornisca un quadro complessivo delle condizioni del bambino.
L’iter diagnostico è caratterizzato principalmente da: raccolta anamnestica, esame clinico generale, esame neurologico, esame psichico ed indagini strumentali e laboratoristici.
Attraverso la raccolta dell’anamnesi è possibile rilevare dati che possono assumere una certa rilevanza, come la presenza di familiarità per disturbo dello spettro autistico o altri quadri neuropsichiatrici, consanguineità dei genitori, noxae patogene prenatali, perinatali o postnatali ed eventuale regressione dello sviluppo.
L’esame clinico deve avvalersi della documentazione medica fornita dai genitori del bambino, la quale deve essere integrata con un esame ispettivo finalizzato a mettere in evidenza segni fisici come dismorfismi cranio-facciali, somatici, macrocefalia o microcefalia, malformazioni o altre manifestazioni. Esso permette di acquisire una serie di informazioni particolarmente importanti ai fini della formulazione di ipotesi riguardo le possibili cause del Disturbo, per orientarsi nella diagnosi differenziale e per la futura individuazione degli obiettivi terapeutici nell’ambito di un progetto terapeutico personalizzato.
Con l’esame neurologico si va a valutare lo stato neurologico del soggetto, verificare l’eventuale presenza di quadri clinici e individuare tutti quegli elementi utili a tracciare il profilo funzionale del soggetto mettendo in evidenza i suoi punti di forza e di debolezza.
L’esame psichico è costituito da tre fasi principali: osservazione clinica, colloquio con i genitori e con il bambino, somministrazione di test di valutazione e reattivi mentali di livello e reattivi proiettivi. Esso è in grado di fornire elementi necessari a confermare la presenza di un funzionamento mentale di tipo autistico, valutare eventuale presenza di condizioni psicopatologiche che possono simulare un quadro autistico o presentarsi in comorbilità e di definire il profilo funzionale globale del paziente.
Recentemente, ad ottobre 2023, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le nuove “Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti”, le quali rappresentano il punto di vista del Panel di esperti sulla diagnosi e sul trattamento dell’autismo in bambini e adolescenti, espresso dopo un’attenta lettura e interpretazione critica delle evidenze disponibili (ISS, 2023).
Al loro interno è possibile trovare una suddivisione degli strumenti di valutazione in quelli diretti al genitore e in quelli diretti al bambino.
Nel presente lavoro si è ricorsi all’utilizzo di uno degli strumenti di valutazione maggiormente utilizzati nella pratica clinica, la Prova semi-strutturata Autism Diagnostic Observation Schedule – Second Edition (ADOS-2).
2.3.1 ADOS-2
L’ADOS-2 è considerato ad oggi il gold standard per la diagnosi di autismo.
È la versione ampliata, aggiornata e migliorata della tecnica di valutazione comportamentale dei disturbi dello spettro autistico più importante e diffusa a livello mondiale. Consente una valutazione semi-strutturata e standardizzata di comunicazione, interazione sociale, gioco e comportamenti ristretti e ripetitivi, attraverso una serie di attività ed uso di oggetti che direttamente elicitano i comportamenti legati a una diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico (Hogrefe, 2013).
Mostra, inoltre, una solida validità predittiva e fornisce un quadro estremamente accurato degli attuali sintomi della condizione clinica. Inoltre, Medici, Psicologi, Logopedisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva si potranno basare sui risultati del suddetto test per effettuare una diagnosi di disturbo dello spettro autistico, impostare un programma di riabilitazione e individuare la soluzione educativa più adeguata al soggetto.
L’ADOS-2 può essere utilizzato a partire dai 12 mesi di età fino all’età̀ adulta e la somministrazione è individuale e richiede all’incirca 40-60 minuti.
Il Test è strutturato in cinque moduli: linguaggio e comunicazione, interazione sociale reciproca, immaginazione e creatività, comportamenti stereotipati ed interessi ristretti, altri comportamenti anormali.
In questa seconda edizione è stato introdotto il Modulo Toddler che consente di misurare il rischio di poter sviluppare il disturbo e quindi è possibile attivare fin da subito un intervento efficace, rendendo ancora più evidente l’importanza di una diagnosi precoce.
Il Modulo Toddler (Fig. MT) è dedicato a bambini di 12-30 mesi di età che non utilizzano regolarmente un linguaggio frasale.
Il Modulo nr. 1 (Fig. M1) si riferisce a bambini di età superiore ai 31 mesi che non utilizzano regolarmente un linguaggio dotato di una struttura frasale.
Il Modulo nr. 2 (Fig. M2) può essere somministrato in bambini di ogni età con un linguaggio frasale ma non ancora verbalmente fluenti.
Il Modulo nr. 3 (Fig. M3) è indicato per bambini verbalmente fluenti e giovani adolescenti.
Infine, il Modulo nr. 4 è indicato per adolescenti e adulti verbalmente fluenti.
Tra le novità fondamentali della nuova edizione, i nuovi Punteggi di Comparazione per i Moduli dall’1 al 3 permettono di confrontare il livello generale dei sintomi relativi allo spettro autistico del bambino con quello mostrato da soggetti con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico di pari età e livello di abilità linguistiche. Questo punteggio, inoltre, facilita il monitoraggio dei sintomi di un individuo nel corso del tempo. Tali punteggi di comparazione non sono calcolabili con i vecchi moduli ADOS (Hogrefe, 2013).
AREA INDAGATA |
ITEM |
PUNTEGGIO |
Affetto Sociale (AS) |
||
Comunicazione |
||
Frequenza di vocalizzazioni spontanee dirette ad altri |
(A-2) |
|
Indicare |
(A-7) |
|
Gesti |
(A-8) |
|
Interazione sociale reciproca |
||
Contatto oculare insolito |
(B-1) |
|
Espressioni facciali diretta ad altri |
(B-4) |
|
Integrazione dello sguardo e di altri comportamenti nel corso di aperture sociali |
(B-5) |
|
Divertimento condiviso nell’interazione |
(B-6) |
|
Risposta al nome |
(B-7) |
|
Ignorare |
(B-8) |
|
Richiesta |
(B-9) |
|
Mostrare |
(B-12) |
|
Inizio spontaneo dell’attenzione congiunta |
(B-13) |
|
Risposta all’attenzione congiunta |
(B-14) |
|
Qualità delle aperture sociali |
(B-15) |
|
Qualità delle aperture sociali: genitori/caregiver |
(B-16b) |
|
Qualità generale del rapporto |
(B-18) |
|
AS TOTALE |
||
Comportamento ristretto e ripetitivo (CRR) |
||
Comportamenti ristretti e ripetitivi |
||
Intonazione delle vocalizzazioni e delle verbalizzazioni |
(A-3) |
|
Interesse sensoriale insolito per materiali di gioco/persone |
(D-1) |
|
Movimenti delle mani e delle dita/postura |
(D-2) |
|
Interessi ripetitivi insoliti o comportamenti stereotipati |
(D-5) |
|
CRR TOTALE |
||
TOTALE COMPLESSIVO (AS + CRR) |
Fig. MT. Algoritmo del Modulo Toddler del Test ADOS-2.
AREA INDAGATA |
ITEM |
PUNTEGGIO |
Affetto Sociale (AS) |
||
Comunicazione |
||
Frequenza di vocalizzazioni spontanee dirette ad altri |
(A-2) |
|
Indicare |
(A-7) |
|
Gesti |
(A-8) |
|
Interazione sociale reciproca |
||
Contatto oculare insolito |
(B-1) |
|
Espressioni facciali diretta ad altri |
(B-3) |
|
Integrazione dello sguardo e di altri comportamenti nel corso di aperture sociali |
(B-4) |
|
Divertimento condiviso nell’interazione |
(B-5) |
|
Mostrare |
(B-9) |
|
Inizio spontaneo dell’attenzione congiunta |
(B-10) |
|
Risposta all’attenzione congiunta |
(B-11) |
|
Qualità delle aperture sociali |
(B-12) |
|
AS TOTALE |
||
Comportamento ristretto e ripetitivo (CRR) |
||
Comportamenti ristretti e ripetitivi |
||
Intonazione delle vocalizzazioni e delle verbalizzazioni |
(A-3) |
|
Uso stereotipato/idiosincratico di parole o frasi |
(A-5) |
|
Interesse sensoriale insolito per materiali di gioco/persone |
(D-1) |
|
Manierismi delle mani e delle dita e altri manierismi complessi |
(D-2) |
|
Interessi ripetitivi insoliti o comportamenti stereotipati |
(D-4) |
|
CRR TOTALE |
||
TOTALE COMPLESSIVO (AS + CRR) |
Fig. M1. Algoritmo del Modulo nr.1 del Test ADOS-2.
AREA INDAGATA |
ITEM |
PUNTEGGIO |
Affetto Sociale (AS) |
||
Comunicazione |
||
Indicare |
(A-6) |
|
Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali o informativi |
(A-7) |
|
Interazione sociale reciproca |
||
Contatto oculare insolito |
(B-1) |
|
Espressioni facciali diretta ad altri |
(B-2) |
|
Divertimento condiviso nell’interazione |
(B-3) |
|
Mostrare |
(B-5) |
|
Inizio spontaneo dell’attenzione congiunta |
(B-6) |
|
Qualità delle aperture sociali |
(B-8) |
|
Qualità della comunicazione sociale reciproca |
(B-11) |
|
Qualità generale del rapporto |
(B-12) |
|
AS TOTALE |
||
Comportamento ristretto e ripetitivo (CRR) |
||
Comportamenti ristretti e ripetitivi |
||
Intonazione delle vocalizzazioni e delle verbalizzazioni |
(A-4) |
|
Interesse sensoriale insolito per materiali di gioco/persone |
(D-1) |
|
Manierismi delle mani e delle dita e altri manierismi complessi |
(D-2) |
|
Interessi ripetitivi insoliti o comportamenti stereotipati |
(D-4) |
|
CRR TOTALE |
||
TOTALE COMPLESSIVO (AS + CRR) |
Fig. M2. Algoritmo del Modulo nr.2 del Test ADOS-2.
AREA INDAGATA |
ITEM |
PUNTEGGIO |
Affetto Sociale (AS) |
||
Comunicazione |
||
Racconto di eventi |
(A-7) |
|
Conversazione |
(A-8) |
|
Gesti descrittivi, convenzionali, strumentali o informativi |
(A-9) |
|
Interazione sociale reciproca |
||
Contatto oculare insolito |
(B-1) |
|
Espressioni facciali dirette all’esaminatore |
(B-2) |
|
Divertimento condiviso nell’interazione |
(B-4) |
|
Qualità delle aperture sociali |
(B-7) |
|
Qualità della risposta sociale |
(B-9) |
|
Qualità della comunicazione sociale reciproca |
(B-10) |
|
Qualità generale del rapporto |
(B-11) |
|
AS TOTALE |
||
Comportamento ristretto e ripetitivo (CRR) |
||
Comportamenti ristretti e ripetitivi |
||
Uso stereotipato/idiosincratico di parole o frasi |
(A-4) |
|
Interesse sensoriale insolito per materiali di gioco/persone |
(D-1) |
|
Manierismi delle mani e delle dita e altri manierismi complessi |
(D-2) |
|
Interesse o riferimento eccessivo ad argomenti insoliti o altamente specifici o ad oggetti o a comportamenti ripetitivi |
(D-4) |
|
CRR TOTALE |
||
TOTALE COMPLESSIVO (AS + CRR) |
Fig. M3. Algoritmo del Modulo nr. 3 del Test ADOS-2.
2.4 Gruppo di casi clinici
Il seguente gruppo di casi clinici, selezionato per illustrare la variabilità di presentazione del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), raccoglie cinque soggetti di età prescolare (3-6 anni) individuati presso l’U.O.S. Unità Multidisciplinare dell’Età Evolutiva (U.M.E.E.) dell’Ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto del Tronto (Prov. AP) durante un periodo di tirocinio di sei mesi.
Per la tutela della privacy dei minori sono stati sostituiti i nomi reali con nomi di fantasia.
La suddetta diagnosi conclusiva è stata formulata dalla Neuropsichiatra Infantile (NPI) di riferimento e responsabile dell’Unità.
Attraverso l’analisi dettagliata di ciascun caso, si intende evidenziare le diverse manifestazioni sintomatologiche e le caratteristiche peculiari che distinguono ogni soggetto, contribuendo ad una comprensione più approfondita delle diverse espressioni del disturbo.
I singoli pazienti sono stati sottoposti a valutazione neuropsicomotoria e psicodiagnostica durante le quali sono state somministrate rispettivamente, le Scale Griffiths e il test ADOS-2.
CASO 1
Abdul, 3 anni e 4 mesi (40 mesi)
All'età di 24 mesi, il bambino è stato sottoposto ad una valutazione psicodiagnostica con somministrazione del test ADOS-2. Circa un anno dopo, è stato nuovamente sottoposto a valutazione su indicazione della Neuropsichiatra Infantile di riferimento, al fine di definirne il profilo di sviluppo attraverso la somministrazione delle Scale Griffiths III.
Abdul attualmente frequenta il primo anno della Scuola dell’Infanzia.
Il nucleo familiare è così composto: madre di 24 anni, di origine bengalese, casalinga, due gravidanze; padre di 35 anni, anch’esso di origine bengalese, aiuto cuoco; fratello minore di 21 mesi.
Sviluppo psicomotorio con tappe motorie in epoca, acquisizione del linguaggio verbale in forte ritardo sia per la produzione sia per la comprensione; molto ridotta la motivazione alla comunicazione.
Il bambino appare sereno e non presenta comportamenti problema.
Durante la valutazione psicologica, Abdul viene portato in braccio dal padre nella stanza. Sebbene appaia inizialmente intimidito, dopo pochi istanti inizia ad esplorare il tavolino con i giochi musicali senza cercare il caregiver né visivamente né fisicamente. Mostra un forte interesse per i giochi musicali, in particolare per il pop-up. Pur non riuscendo ad attivarlo, prova autonomamente a manipolarlo, utilizzando il metodo del tentativo ed errore, senza richiedere assistenza né al padre né all'osservatore. Questo approccio è evidente anche in altre attività spontanee o guidate.
Nel gioco delle forme, Abdul manifesta una preferenza spiccata. In questa occasione, guida la mano dell'osservatore per ricevere aiuto, ma non sembra prestare attenzione ai suggerimenti su dove posizionare il blocco colorato. Tuttavia, risulta molto attento quando l'operatore sposta un blocco o impedisce l'accesso al gioco, reagendo spostando la mano dell'osservatore, piagnucolando, e cercando di inserire il pezzo. Quest'attività lo coinvolge profondamente, e ride in risposta alle vocalizzazioni dell’esaminatore, mostrando brevi momenti di contatto oculare abbinato al divertimento condiviso e al desiderio di proseguire il gioco.
Abdul non risponde al proprio nome, salvo in contesti di contatto fisico o in brevi momenti interattivi creati durante l’osservazione. Le bolle di sapone suscitano in lui grande piacere; ride e sorride, ma solo quando l'osservatore si posiziona davanti a lui per catturare il suo sguardo. Schiaccia le bolle e, per chiedere di continuare, allunga il braccio verso la pistola per le bolle in mano all’operatore. Tuttavia, quando quest’ultimo interrompe il gioco, il bambino non reagisce e perde interesse.
Nelle routine con oggetti e nelle interazioni sociali, A. appare molto divertito, ridendo e guardando l'oggetto, che poi consegna all'osservatore per proseguire l’attività. Si notano momenti di interazione e divertimento condiviso, soprattutto con il palloncino e il razzo. Quando l'osservatore finge di interrompere il gioco, A. lo guarda ma non manifesta ulteriori reazioni né si avvicina. Si sposta poi su altri giochi che catturano la sua attenzione.
Durante i giochi fisici, come il cucù, il solletico o quando viene preso in braccio, il bambino si diverte molto e l’operatore riesce a stabilire un contatto visivo con lui. Tuttavia, non vocalizza né cerca di condividere il momento con il padre. L'attenzione congiunta non è presente: A. osserva quando l’esaminatore indica un oggetto, ma lo sguardo rimane diretto verso l'auto senza alternarsi tra l’osservatore e l’oggetto. Il contatto visivo è fugace e discontinuo.
Per quanto riguarda l'area del linguaggio e della comunicazione, il bambino non pronuncia parole, limitandosi a rare vocalizzazioni senza presenza di stereotipie vocali, e non utilizza il gesto dell’indicazione. Il contatto oculare è quasi inesistente, anche se in alcuni brevi momenti durante l’osservazione si riesce a stabilirlo. Non mostra i giochi né all’esaminatore né al padre e non presenta comportamenti autolesivi o manierismi motori di alcun tipo. Al termine dell’attività, appare sereno e rilassato.
Di seguito i punteggi riassuntivi dell’algoritmo dell’ADOS-2, Modulo Toddler (da nessuna a poche parole):
AS (Affetto sociale) TOTALE |
19 |
CRR (Comportamento ristretto e ripetitivo) TOTALE |
1 |
TOTALE COMPLESSIVO (AS+CRR) |
20 |
Tab P1. Punteggi riassuntivi ADOS-2 per il Caso 1.
Secondo la classificazione fornita dal Test, A. presenta un rischio da moderato a severo (totale complessivo maggiore o uguale al cut-off per l’autismo; cut-off = 16).
Al termine della valutazione psicodiagnostica è stato diagnosticato al bambino un Disturbo dello Spettro Autistico di grado severo.
Durante le sedute di valutazione neuropsicomotoria, il bambino si separa in modo indifferenziato dal papà. L’osservazione della stanza appare caotica e disorganizzata. Gli oggetti sono utilizzati prevalentemente in modo ripetitivo e l’uso funzionale degli oggetti non è stato osservato. Le iniziative comunicative e di attenzione condivisa sono limitate e la risposta al nome non è presente. Il bambino, tuttavia, mostra il sorriso sociale e anticipa il soffio nell’attività con le bolle. Ridotta tolleranza alle frustrazioni.
Somministrata la Scala Griffiths III, ottiene i seguenti risultati:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
31 |
25 |
4 |
69 |
65-73 |
1 |
1° %ile |
Scala B |
19 |
15 |
0 |
30 |
26-34 |
0 |
<1° %ile |
Scala C |
35 |
26 |
3 |
64 |
60-68 |
0 |
<1° %ile |
Scala D |
27 |
17 |
0 |
29 |
25-33 |
0 |
<1° %ile |
Scala E |
39 |
33 |
5 |
75 |
71-79 |
2 |
4° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
30 |
23 |
0 |
39 |
36-42 |
0 |
<1° %ile |
Tab 1. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso 1.
Fig. 1. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso 1 rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. 1.1. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso 1 rispetto ai QS attesi.
Fig. 1.2. Profilo dei punteggi Età equivalenti del Caso 1 rispetto alla sua età cronologica.
Il bambino è in grado di categorizzare per colore e di eseguire semplici incastri. Le prove veicolate dalla consegna verbale o che coinvolgono la produzione verbale non sono state eseguite dal bambino.
Inoltre, è in grado di associare 2 parole per formare la frase telegrafica. Il vocabolario, seppure deficitario per l’età del bambino, appare aumentato rispetto alla precedente valutazione. Indica e denomina il topo nel libricino e identifica tutti gli animali nella fattoria pop – up.
La comprensione verbale appare deficitaria e condizionata sia dalle lingue a cui è esposto il bambino (italiano, inglese e bengalese) sia dalla scarsa attenzione al linguaggio dell’adulto.
Il bambino è in grado di costruire una torre sia con ni cubi sia con le costruzioni, imita la linea verticale ma non quella orizzontale, riproduce la salsiccia con la plastilina. L’uso delle forbici non è ancora funzionale ma il bambino fa dei tentativi dimostrando di conoscerne l’uso.
Il bambino necessita di essere supportato nelle principali autonomie personali. Il controllo sfinterico non è ancora stato raggiunto.
Da un’osservazione della motricità spontanea il bambino non mostra significative difficoltà nello sviluppo grosso-motorio. Tuttavia le difficoltà sul piano imitativo e nella comprensione delle consegne inficiano il punteggio della scala.
In conclusione, emerge un’immaturità del profilo di sviluppo del bambino prevalentemente nelle sfere del linguaggio, della comunicazione e dell’interazione.
A seguito della valutazione neuropsicomotoria, viene riconfermata la precedente diagnosi.
CASO 2
Diego, 3 anni e 7 mesi (43 mesi)
Il bambino è stato sottoposto a osservazione neuropsicomotoria e psicodiagnostica su indicazione della Neuropsichiatra Infantile di riferimento del Servizio. Al momento della valutazione, frequenta il primo anno della Scuola dell’Infanzia. Sono state somministrate le Scale Griffiths III e il test ADOS-2. Tuttavia, non è stato possibile ottenere dati normativi certi dalla Scala di sviluppo a causa della collaborazione discontinua durante le prove proposte dall’esaminatore.
Durante la valutazione, Diego è stato accompagnato dal padre. In ambito sociale, il bambino mostra scarso interesse per lo scambio comunicativo con l’operatore, mentre l’interazione con il padre è maggiore, sebbene prevalentemente finalizzata al soddisfacimento dei propri bisogni, evidenziando un uso protesico dell’adulto.
Il contatto visivo è fugace e non vi è risposta al nome quando elicitato dall’osservatore. È inoltre difficile spostare la sua attenzione verso le proposte dell’operatore, con tempi di attenzione strettamente legati alla sua motivazione personale.
Dal punto di vista motorio-prassico, il bambino mostra interesse per i puzzle e per i giochi causa-effetto, risolvendo gli incastri attraverso tentativi ed errori, costruendo spontaneamente una torre con i cubetti e imitando un treno. Le competenze di coordinazione oculo-manuale valutate con la Scala Griffiths III risultano deficitarie, mentre quelle grosso-motorie non sono state esplorate a causa delle difficoltà di imitazione e comprensione delle consegne.
A livello prassico-simbolico, Diego utilizza in modo funzionale gli oggetti di uso comune.
Dal punto di vista comunicativo-linguistico, la produzione verbale è limitata, caratterizzata principalmente da pseudolinguaggio (ecolalie e canzoncine). La comprensione verbale è strettamente legata al contesto e all’attenzione che il bambino presta al linguaggio dell’adulto.
La Scala B (Linguaggio e Comunicazione) delle Scale Griffiths III evidenzia un significativo ritardo nell’area linguistica, sia in produzione sia in comprensione, mentre nella Scala A (Basi dell’Apprendimento) il bambino si colloca ai limiti della media.
Per valutare gli aspetti psicologici di relazione e socializzazione è stato utilizzato il test ADOS-2. Durante la somministrazione, Diego ha mostrato iniziali difficoltà nell’esplorare la stanza e non ha cercato il coinvolgimento degli adulti presenti. Talvolta verbalizza tra sé e sé in modo incomprensibile. La risposta al nome è discontinua e non mostra aperture verso l’operatore. L'attenzione congiunta si attiva solo alla presentazione di nuovi stimoli. Il bambino gioca in modo isolato, con un livello di attenzione adeguato, e non sono stati rilevati comportamenti autolesivi.
Di seguito i punteggi riassuntivi dell’algoritmo dell’ADOS-2, Modulo nr. 1 (alcune parole):
AS (Affetto sociale) TOTALE |
13 |
CRR (Comportamento ristretto e ripetitivo) TOTALE |
0 |
TOTALE COMPLESSIVO (AS+CRR) |
13 |
Tab. P2. Punteggi riassuntivi ADOS-2 per il Caso 2.
Secondo la classificazione fornita dal test, Diego presenta un rischio moderato (totale complessivo maggiore o uguale al cut-off per l’autismo; cut-off per autismo = 12, per spettro autistico = 8).
Dalle valutazioni effettuate emerge un significativo deficit nelle competenze linguistiche, sia in produzione sia in comprensione, all'interno di un quadro di difficoltà comunicativo-relazionali che compromettono il funzionamento globale del bambino.
Si prescrive trattamento neuropsicomotorio e logopedico.
In conclusione, al bambino è stato diagnosticato un Disturbo dello Spettro Autistico di grado moderato.
CASO 3
Martina, 3 anni (36 mesi)
La bambina frequenta attualmente il primo anno della Scuola dell’Infanzia.
Il nucleo familiare è costituito dalla madre, dal padre, dal fratello maggiore e da Martina.
All’età di 2 anni e 1 mese (25 mesi) la bambina è stata sottoposta a valutazione psicodiagnostica con somministrazione del test ADOS-2 presso un Centro accreditato extraregionale, al termine della quale è stata formulata la diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico di grado moderato.
Successivamente, nello stesso Centro, la bambina ha intrapreso un percorso riabilitativo che prevede terapia neuropsicomotoria con cadenza tri-settimanale e logopedica una volta a settimana.
Attualmente, all’età di 3 anni (36 mesi), la bambina giunge all’osservazione neuropsicomotoria per la definizione del profilo globale di sviluppo attraverso le Scale Griffiths III. A causa della sua scarsa collaborazione, però, non è stato possibile somministrare le prove previste dal test. Pertanto, è stata condotta un’osservazione qualitativa.
A livello linguistico, il vocabolario della bambina è in fase di espansione e comprende circa cinquanta parole, principalmente legate a colori e animali, utilizzate prevalentemente come “etichettamento”. Nonostante questo progresso, la comprensione delle consegne rimane limitata e si concentra su alcune routine condivise.
Il contatto oculare è migliorato, ma permangono l’ecolalia differita e la gergolalia. La risposta al richiamo del nome è assente, anche quando proviene dai genitori, e il sorriso di risposta è scarso, manifestandosi solo in presenza di persone familiari.
In situazioni di emergenza, la bambina utilizza il gesto indicativo per richiedere qualcosa.
Sul piano motorio, è presente una deambulazione sulle punte e una riduzione delle stereotipie, anche se continuano a verificarsi episodi di flapping, mugolii, pianti e lamenti in momenti di eccitazione, rabbia o protesta. Si osserva inoltre una riduzione dell'esplorazione orale e del leccamento.
Alla luce dei sintomi, delle difficoltà comportamentali e dei risultati rilevati dalle valutazioni multidisciplinari, viene confermata la precedente diagnosi.
Si raccomanda, inoltre, di continuare la terapia multidisciplinare e di implementare un intervento di rete con la condivisione dei progetti di intervento in tutti gli ambiti di vita della bambina.
CASO 4
Lara, 3 anni (36 mesi)
La bambina frequenta il primo anno della Scuola dell’Infanzia.
Il nucleo familiare è composto dalla madre, dal padre e da Lara.
Lo sviluppo psicomotorio di Lara ha seguito le tappe motorie nei tempi previsti, ma l'acquisizione del linguaggio verbale è in forte ritardo e la motivazione alla comunicazione è ridotta.
Lara, all’età di 2 anni e 6 mesi (30 mesi) giunge ad osservazione su indicazione della Neuropsichiatra Infantile di riferimento del Servizio, la quale richiede di sottoporre la bambina al test ADOS-2 per sospetto autismo.
Viene somministrato il Modulo Toddler (“da poche a nessuna parola”) ed ottiene i seguenti risultati:
AS (Affetto sociale) TOTALE |
14 |
CRR (Comportamento ristretto e ripetitivo) TOTALE |
2 |
TOTALE COMPLESSIVO (AS+CRR) |
16 |
Tab P3. Punteggi riassuntivi ADOS-2 per il Caso 4.
Secondo la classificazione fornita dal test, Lara presenta un rischio da moderato a severo (totale complessivo maggiore o uguale al cut-off per l’autismo; cut-off = 16).
La valutazione è stata condotta in presenza della madre.
Lara esplora l’ambiente circostante e il materiale disponibile in modo disordinato, senza inizialmente riuscire a concentrarsi su nulla. Mostra un certo interesse per un libro e per il cubo delle forme, ma le sue attività diventano rapidamente ripetitive. Accetta senza difficoltà l’intervento o l’interruzione dell’operatrice e tende ad allineare gli oggetti.
Si osservano momenti di isolamento che vengono interrotti solo dietro sollecitazione. Pur preferendo giocare da sola, su invito mostra brevi sequenze di gioco di scambio, senza però triangolare lo sguardo.
Le sue aperture sociali sono brevi e limitate a interessi o richieste personali.
Durante la prova dell’“ignorare”, continua a giocare autonomamente senza cercare né la madre né l’operatore. Tende a soddisfare i propri bisogni in autonomia e, quando non riesce a ottenere ciò che desidera, rinuncia al gioco piuttosto che cercare aiuto.
Lara stabilisce il contatto visivo solo in poche occasioni, come durante il gioco con le bolle di sapone, con il razzo, e nel contesto del “bloccare l’accesso al gioco”, e in modo molto fugace. Non si volta quando viene chiamata, neanche quando a farlo è il caregiver.
Nel corso della valutazione, non mostra oggetti spontaneamente o su richiesta.
Dal punto di vista linguistico, produce solo pochi suoni e vocalizzi, senza che vi sia un investimento significativo nel linguaggio.
Per quanto riguarda la comunicazione extra-verbale, non utilizza il pointing per richiedere o condividere. Quando deve scegliere tra due oggetti, fissa quello desiderato, allungando le mani senza triangolare lo sguardo. La gestualità è ridotta, limitandosi ad allungare le mani verso ciò che desidera e a battere le mani quando le viene cantata la sua canzoncina preferita.
Mostra divertimento durante il gioco del solletico, ma non cerca di prolungare l’attività. L’attenzione congiunta è carente: è difficile ottenere il contatto visivo e Lara non segue lo sguardo, ma a volte si orienta verso l’oggetto indicato da un gesto.
Lara manifesta imitazione funzionale, ma non simbolica, con gli oggetti e non mostra interesse per il gioco di finzione. Le sue attività sono spesso ripetitive, con una tendenza a allineare gli oggetti. Nei momenti di contentezza, presenta lievi manierismi, come aprire e chiudere le mani. Tollera le frustrazioni senza difficoltà.
Sei mesi dopo (età di 36 mesi), la bambina giunge nuovamente ad osservazione per la somministrazione delle Scale Griffiths III per definirne il profilo di sviluppo.
Non è stato possibile, però, sottoporre Lara alle prove previste dalle Scale a causa della sua scarsa collaborazione; pertanto, si è proceduto con una valutazione qualitativa globale.
Lara presenta un grave deficit nell'interazione sociale, caratterizzato da un interesse limitato e incostante verso gli estranei, mentre conserva un legame con la figura accudente (madre) per il conforto o l'aiuto. Ha iniziato solo di recente a utilizzare il pointing funzionale per esprimere bisogni fortemente motivanti. La capacità di attenzione condivisa e la triangolazione dello sguardo sono in fase di sviluppo. Risponde in modo irregolare quando viene chiamata per nome, ma reagisce costantemente a canzoncine rituali e a giochi fisici.
È averbale, producendo solo pochi suoni, e la sua espressività mimica è scarsamente differenziata. Sebbene accolga positivamente le attività proposte, non risponde ai comandi verbali (come "prendi," "metti," "dammi") e tende a usare gli oggetti in modo ripetitivo. Mostra attività imitativa a livello operativo, priva di significato funzionale, e manifesta stimolazione sensoriale, allineamento di oggetti e manierismi motori con stereotipie. Non esegue imitazioni gestuali.
Il suo profilo di sviluppo evidenzia un livello uniformemente basso in tutte le aree evolutive, ad eccezione di quella motoria, dove il livello è moderatamente basso. Gli ambiti della comunicazione, delle autonomie e della cognizione risultano particolarmente compromessi. La capacità di imitazione e di ripetizione è in fase di emergenza.
Lara non produce grafismi. Mangia e beve in autonomia, ma con difficoltà nella coordinazione occhio-mano. Non è in grado di indossare da sola vestiti aperti sul davanti, ma sta iniziando a chiudere autonomamente le scarpe con il velcro. Non controlla gli sfinteri e non segnala, né gestualmente né verbalmente, quando è sporca.
Lara richiede un coinvolgimento diretto, supportato da un approccio calmo e da una buona capacità di attesa.
Tenendo in considerazione entrambe le valutazioni (psicodiagnostica e neuropsicomotoria) a cui la bambina è stata sottoposta, le è stata attribuita la diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico di grado severo.
CASO 5
Matteo, 4 anni (48 mesi)
Il bambino frequenta il secondo anno della Scuola dell’Infanzia.
Per quanto riguarda l’anamnesi familiare, la madre di Matteo, di 35 anni, ha avuto cinque gravidanze ed è sposata da 18 anni con il padre, di 50 anni, suo cugino di terzo grado. Entrambi i genitori lavorano come operai. Oltre ai genitori, il nucleo familiare comprende una sorella di 17 anni, un fratello di 13 anni, una sorella di 8 anni e un fratello di 5 anni.
Non sono stati ancora avviati interventi riabilitativi.
È arrivato in valutazione a seguito di visita neuropsichiatrica con indicazione di somministrazione dei test Scale Griffiths III e ADOS-2.
Sottoposto a test Griffiths III, sono emersi i seguenti risultati:
|
P. grezzi |
Età equivalente in mesi |
P. ponderati |
Quoziente di Sviluppo (QS) |
IC 95% del QS |
Stanine |
Percentili |
Scala A |
34 |
33 |
1 |
56 |
52-61 |
0 |
<1° %ile |
Scala B |
42 |
37 |
6 |
80 |
76-84 |
2 |
9° %ile |
Scala C |
44 |
40 |
8 |
89 |
84-93 |
3 |
21° %ile |
Scala D |
48 |
38 |
7 |
83 |
79-87 |
3 |
13° %ile |
Scala E |
47 |
43 |
8 |
91 |
87-95 |
4 |
27° %ile |
Punteggio Generale di Sviluppo (PGS) |
43 |
37 |
5 |
75 |
72-78 |
2 |
5° %ile |
Tab 2. Tabella di conversione dei punteggi grezzi totali del Caso 1.
Fig. 2. Profilo dei punteggi ponderati ottenuti dal Caso 5 rispetto ai punteggi ponderati attesi.
Fig. 2.1. Profilo dei Quozienti di Sviluppo ottenuti dal Caso 5 rispetto ai QS attesi.
Fig. 2.2. Profilo dei punteggi Età equivalenti del Caso 5 rispetto alla sua età cronologica.
Per la somministrazione del test ADOS-2 è stato utilizzato il Modulo nr. 1 (da poche a nessuna parola), ottenendo i seguenti punteggi:
AS (Affetto sociale) TOTALE |
16 |
CRR (Comportamento ristretto e ripetitivo) TOTALE |
0 |
TOTALE COMPLESSIVO (AS+CRR) |
16 |
Tab P4. Punteggi riassuntivi ADOS-2 per il Caso 5.
Secondo la classificazione fornita dal test, Matteo presenta un rischio moderato (totale complessivo maggiore o uguale al cut-off per l’autismo; cut-off per autismo = 16, per spettro autistico = 11).
Matteo possiede un grave deficit nell'interazione sociale, manifestando scarso e incostante interesse sia verso gli estranei sia verso i familiari, senza richiesta di conforto o aiuto. Non utilizza il pointing funzionale per esprimere bisogni, anche altamente motivanti, preferendo usare l’adulto in modo protesico. È assente la capacità di attenzione condivisa e di triangolazione dello sguardo. Sebbene il contatto visivo sia presente, risulta poco espressivo. Risponde in modo incostante quando viene chiamato per nome, ma reagisce costantemente a canzoncine rituali o giochi fisici graditi. È averbale e produce solo pochi suoni, con scarsa differenziazione mimica e limitata partecipazione alle attività proposte.
Non risponde ai comandi verbali (ad esempio: prendi, metti, dammi) e usa gli oggetti in modo ripetitivo. Manifesta attività imitativa a livello operativo, priva di significato funzionale, e presenta stimolazione sensoriale, allineamento di oggetti e manierismi motori con stereotipie. Non mostra imitazione gestionale.
Il suo sviluppo psicomotorio è avvenuto nei tempi previsti per quanto riguarda le tappe motorie, ma l'acquisizione del linguaggio verbale è fortemente in ritardo sia nella produzione sia nella comprensione, con una motivazione alla comunicazione molto ridotta.
Il deficit nell'interazione sociale è evidente: Matteo mostra scarso interesse verso l'interlocutore, anche se è presente un contatto visivo. Non manifesta attenzione, intenzione o emozione congiunta. Non risponde alla chiamata per nome né ai comandi verbali, utilizzando l’adulto in modo protesico. È averbale e presenta un'attenzione uditiva fortemente ridotta o assente, selettiva nei confronti degli interlocutori estranei o familiari.
Non utilizza gesti deittici o referenziali e ha iniziato da poco a usare il pointing in modo funzionale, ma senza integrarlo con espressività mimica o contatto visivo. Mostra manierismi e stereotipie, con una limitata capacità di gioco imitativo.
Al termine della valutazione psicodiagnostica è stato diagnosticato al bambino un Disturbo dello Spettro Autistico di grado severo.
3 Sovrapposizione dei sintomi tra Disturbo dello spettro autistico (ASD) e Disturbo specifico misto dello sviluppo
3.1 Analisi delle aree di sovrapposizione sintomatologica
Nell'esaminare le caratteristiche cliniche del Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD) e del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), emergono alcune aree di sovrapposizione sintomatologica che possono rendere complessa la diagnosi differenziale. Nonostante le differenze fondamentali tra questi due disturbi, esistono similitudini che meritano una riflessione approfondita.
Entrambi i disturbi presentano significative difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione, sebbene con sfumature diverse. Nei bambini con MSDD, il ritardo nel linguaggio può essere marcato, coinvolgendo sia l'aspetto espressivo sia quello ricettivo. La difficoltà nel produrre e comprendere il linguaggio spesso si manifesta precocemente, influenzando anche altre aree dello sviluppo. Nel caso dell'ASD, le problematiche comunicative sono ancora più complesse, caratterizzate da un linguaggio che può essere atipico, limitato o addirittura assente. Inoltre, l'ASD comporta un deficit nell'uso del linguaggio in contesti sociali, dove la comunicazione non verbale è spesso compromessa.
Le difficoltà sociali sono un'altra area in cui si osserva una sovrapposizione tra MSDD e ASD. I bambini con MSDD possono mostrare problemi nell'interazione con i pari e con gli adulti, ma tali difficoltà sono solitamente meno pervasive rispetto a quelle osservate nei soggetti con ASD. Quest'ultimo è infatti caratterizzato da un deficit marcato e persistente nelle relazioni sociali, con scarsa capacità di instaurare contatti visivi, rispondere al richiamo del proprio nome, o interagire adeguatamente in contesti sociali. Le difficoltà relazionali sono spesso accompagnate da una rigidità comportamentale che non si riscontra con la stessa intensità nel Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo.
Un ulteriore elemento di sovrapposizione riguarda i comportamenti ripetitivi.
Sebbene nel MSDD tali comportamenti possano emergere, spesso sono correlati a difficoltà motorie o a una ridotta flessibilità cognitiva piuttosto che a un vero e proprio schema comportamentale ripetitivo. Nel Disturbo dello Spettro Autistico, invece, i comportamenti ripetitivi e/o stereotipati costituiscono una caratteristica centrale e si manifestano con una maggiore rigidità e frequenza, coinvolgendo azioni come allineare oggetti, compiere manierismi motori (es. con le mani), o sviluppare interessi estremamente ristretti.
Infine, anche le difficoltà motorie rappresentano un'area comune a entrambi i disturbi. Nei soggetti con MSDD, le compromissioni della coordinazione motoria, sia fine sia grossolana, sono spesso presenti e possono influenzare diverse attività quotidiane. Nonostante le difficoltà motorie non siano un criterio diagnostico primario nell'ASD, esse possono comunque manifestarsi, contribuendo ad aggravare ulteriormente il quadro clinico.
In conclusione, l'analisi delle aree di sovrapposizione sintomatologica tra Disturbo Misto dello Sviluppo e Disturbo dello Spettro Autistico sottolinea la complessità della diagnosi differenziale.
Sebbene vi siano caratteristiche distintive tra i due, le similitudini nei sintomi richiedono un'approfondita valutazione clinica per evitare diagnosi errate o incomplete. L'utilizzo di strumenti diagnostici appropriati è essenziale per identificare correttamente il disturbo e sviluppare un intervento terapeutico mirato, che consideri la specificità e l'intensità dei sintomi manifestati dal singolo individuo.
3.2 Difficoltà nella diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale tra il Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD) e il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) rappresenta una sfida significativa nella pratica clinica, principalmente a causa delle sovrapposizioni sintomatologiche che questi due disturbi possono presentare.
Tali difficoltà emergono in particolare quando si considerano le aree relative alla comunicazione, alle abilità sociali, ai comportamenti ripetitivi e alle difficoltà motorie.
Come evidenziato dall'analisi delle aree di sovrapposizione, sia MSDD che ASD possono manifestare deficit nel linguaggio e nella comunicazione, con vari gradi di compromissione. La presenza di ritardi nel linguaggio e difficoltà nell'interazione sociale sono comuni in entrambi i disturbi, rendendo difficile per il clinico determinare se tali sintomi siano indicativi di un disturbo rispetto all'altro. Per esempio, un bambino con MSDD può mostrare un ritardo nel linguaggio simile a quello di un bambino con ASD, ma senza le severe atipie comportamentali e sociali tipiche dell'autismo.
Un'ulteriore complicazione deriva dalla variabilità individuale con cui i sintomi possono manifestarsi. Sebbene l'ASD sia caratterizzato da deficit persistenti nella comunicazione sociale e da comportamenti ripetitivi, non tutti i bambini con Disturbo dello Spettro Autistico mostrano questi sintomi in modo uniforme.
Allo stesso modo, i bambini con MSDD possono presentare un ampio spettro di difficoltà, che potrebbero mimare in parte i comportamenti osservati nell'autismo, pur non soddisfacendo completamente i criteri diagnostici per tale disturbo.
I comportamenti ripetitivi e stereotipati costituiscono un'altra area di difficoltà diagnostica. Nonostante siano più prominenti e definiti nell'ASD, questi comportamenti possono essere presenti anche nel Disturbo Misto dello Sviluppo, ma spesso con una diversa qualità e intensità. Distinguere tra un comportamento ripetitivo che è una manifestazione di rigidità cognitiva, tipica dell'autismo, e un comportamento che potrebbe essere legato a difficoltà motorie o a una semplice preferenza comportamentale in un bambino con MSDD richiede una valutazione clinica molto fine e accurata.
Anche le compromissioni motorie, comuni a entrambi i disturbi, possono confondere il quadro diagnostico. Nel caso dell'ASD, le difficoltà sono solitamente secondarie rispetto ai problemi principali di comunicazione e interazione sociale, ma la loro presenza può comunque complicare la diagnosi, specialmente se si sovrappongono a deficit motori rilevati nel MSDD.
Gli strumenti diagnostici, sebbene molto utili, possiedono i loro limiti e possono contribuire alle difficoltà diagnostiche.
Test standardizzati come le Scale Griffiths III, utilizzate nel Disturbo Misto dello Sviluppo, e l’ADOS-2, spesso usato per l’Autismo, possono fornire informazioni preziose, ma l'interpretazione dei risultati richiede un'attenzione particolare per evitare false sovrapposizioni. È essenziale, quindi, che il clinico tenga conto profilo globale del bambino, incluse le risposte comportamentali e il contesto in cui i sintomi si manifestano, piuttosto che fare affidamento esclusivo su punteggi e scale.
Come già evidenziato, sia MSDD che ASD possono presentare deficit nel linguaggio, nella comunicazione e nelle abilità sociali. Tuttavia, la variabilità con cui questi sintomi si manifestano nei singoli individui aggiunge un ulteriore livello di complessità. Ogni bambino può presentare una combinazione unica di sintomi che non sempre si adatta perfettamente ai criteri diagnostici per l'uno o l'altro disturbo, rendendo difficile per il clinico discernere quale diagnosi sia più appropriate.
Un ulteriore elemento cruciale da considerare è l'evoluzione dei sintomi nel tempo.
I sintomi possono mutare con lo sviluppo del bambino, complicando ulteriormente la diagnosi differenziale. Ad esempio, un bambino inizialmente diagnosticato con MSDD potrebbe sviluppare sintomi più caratteristici dell'ASD con il passare del tempo, oppure viceversa. Questo rende indispensabile effettuare un monitoraggio a lungo termine e una rivalutazione periodica per adeguare la diagnosi e il piano di intervento.
Le comorbidità rappresentano un altro fattore che potrebbe oscurare il quadro diagnostico. Disturbi come l'ADHD, i disturbi d'ansia, o altri disturbi del neurosviluppo possono coesistere sia con l’uno che con l’altro, amplificando o modificando i sintomi principali. La presenza di comorbidità potrebbe portare quindi ad una sovrastima o sottostima della gravità dei sintomi principali.
Per quanto riguarda i comportamenti ripetitivi, la sfida per il clinico sta nel distinguere tra quei comportamenti che riflettono una rigidità cognitiva, tipica dell'ASD, e quelli che sono piuttosto una manifestazione di problemi motori o di una preferenza comportamentale meno patologica, come potrebbe avvenire nel MSDD. Le difficoltà motorie possono creare confusione nel processo diagnostico. In questo contesto, è importante considerare anche le differenze culturali e linguistiche, che possono influenzare la manifestazione sintomatologica. I bambini bilingue o quelli provenienti da contesti culturali diversi possono presentare difficoltà linguistiche o comportamenti che potrebbero essere interpretati erroneamente se non si tiene conto del loro background. Questo è particolarmente rilevante nel caso del MSDD, dove le difficoltà linguistiche sono spesso più pronunciate.
In definitiva, la diagnosi differenziale tra i due disturbi richiede una valutazione multidimensionale e altamente individualizzata. Per affrontare queste sfide, è essenziale quindi un approccio multidisciplinare. La collaborazione tra i diversi professionisti della salute, come Neuropsichiatri Infantili, Psicologi, Logopedisti, Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, permette di valutare il bambino da prospettive diverse e di integrare le informazioni raccolte in una diagnosi più completa e accurata. Un approccio integrato consente di ridurre il rischio di diagnosi errate e di sviluppare piani di intervento più efficaci.
4 Specificità sintomatologiche tra Disturbo dello spettro autistico (ASD) e Disturbo specifico misto dello sviluppo
4.1 Identificazione dei sintomi distintivi
Nell'analisi clinica dei gruppi di casi esaminati, emergono chiare differenze nei profili sintomatologici del Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD) e del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Queste differenze, sebbene talvolta sottili, sono cruciali per una diagnosi differenziale accurata e per l'elaborazione di interventi terapeutici appropriati.
Il MSDD è caratterizzato da una varietà di sintomi che colpiscono più domini dello sviluppo, ma nessuno dei quali prevale in modo così netto da definire una diagnosi singola. Questa peculiarità rende il MSDD una condizione complessa, che può essere facilmente confusa con altri disturbi del neurosviluppo. Tuttavia, ci sono alcuni tratti distintivi che emergono chiaramente:
- Compromissione multipla e generalizzata: nei bambini con MSDD, si osserva una compromissione che abbraccia simultaneamente vari ambiti: linguaggio, abilità scolastiche e funzione motoria. Questa combinazione di difficoltà si manifesta con un ritardo nello sviluppo del linguaggio (sia espressivo che ricettivo), difficoltà nelle abilità scolastiche (come la lettura, la scrittura, e il calcolo) e deficit nella coordinazione motoria. Tuttavia, nessuno di questi ambiti è compromesso in maniera predominante, il che distingue il MSDD da altri disturbi più specifici.
- Decorso continuo e pervasivo: a differenza di altri disturbi del neurosviluppo che possono mostrare fasi di remissione o recidive, il decorso del MSDD tende a essere continuo, con una lenta e progressiva riduzione delle difficoltà nel tempo, ma senza mai scomparire del tutto. Questa continuità è un tratto distintivo che può aiutare i clinici a differenziare il MSDD da altre condizioni più episodiche.
- Assenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati: uno degli elementi che distingue nettamente il MSDD dall'ASD è l'assenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Nel MSDD, le difficoltà sono prevalentemente di tipo motorio e cognitivo, e non si osservano i rituali o le ripetizioni di movimenti o parole che sono tipici dell'ASD. Questo aspetto è particolarmente rilevante nella diagnosi differenziale.
- Compromissione cognitiva minore: nei casi di MSDD, anche se sono presenti difficoltà cognitive, queste tendono a essere meno severe e meno specifiche rispetto a quelle osservate nell'ASD. I bambini con MSDD possono mostrare un ritardo cognitivo globale, ma solitamente mantengono un certo grado di funzionalità in più aree, il che li distingue dai profili cognitivi più segmentati e specifici dell'ASD.
Il Disturbo dello Spettro Autistico, al contrario, si distingue per un insieme di sintomi che coinvolgono principalmente la sfera sociale, comunicativa e comportamentale, con manifestazioni che possono essere molto eterogenee ma sempre presenti in varia misura:
- Deficit marcato nelle interazioni sociali: i bambini con ASD mostrano una marcata difficoltà nel connettersi con gli altri a livello sociale. Questo si manifesta con un contatto visivo ridotto, difficoltà a rispondere quando vengono chiamati per nome, e una generale mancanza di interesse nel formare legami sociali. Questi deficit non sono solo una questione di ritardo nello sviluppo, ma riflettono una disfunzione più profonda nella comprensione e nell'interazione con gli altri.
- Comunicazione anomala e atipica: un ulteriore segno distintivo dell'ASD è la presenza di un linguaggio anomalo, che può variare dall'assenza totale di linguaggio verbale a un uso del linguaggio che è idiosincratico, ecoico, o fortemente letterale. Anche quando il linguaggio è presente, i bambini con ASD tendono a mostrare difficoltà significative nella pragmatica, cioè nell'uso del linguaggio in contesti sociali appropriati. Questo aspetto differisce nettamente dal MSDD, dove le difficoltà linguistiche sono presenti ma meno specifiche e meno legate al contesto sociale.
- Presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati: un tratto cardine dell'ASD è la manifestazione di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Questi possono includere movimenti ripetitivi (come il dondolio delle mani), l'insistenza su routine rigide, e un forte attaccamento a interessi ristretti e specifici. Questi comportamenti sono atipici rispetto all'età e al contesto, e non si riscontrano nei bambini con MSDD, rendendoli un segnale distintivo fondamentale.
- Risposte sensoriali atipiche: i soggetti con ASD spesso presentano una sensibilità sensoriale alterata, che può manifestarsi come iper-reattività o ipo-reattività a stimoli sensoriali (ad esempio, suoni, luci, o texture). Questa sensibilità alterata è meno comune nel MSDD e rappresenta un altro criterio distintivo importante.
- Rigidità cognitiva e comportamentale: i bambini con ASD mostrano una marcata rigidità cognitiva e comportamentale. Questo si traduce in difficoltà nell'adattarsi a cambiamenti, nell'innovare i loro schemi di gioco o di attività, e nell'affrontare situazioni nuove o inaspettate. Questa rigidità è meno pronunciata nel MSDD, dove i bambini possono essere lenti nello sviluppo, ma generalmente sono più flessibili nelle loro risposte comportamentali.
In conclusione, mentre il MSDD è caratterizzato da una compromissione multipla e generalizzata dello sviluppo, senza comportamenti ripetitivi o stereotipati, l'ASD si distingue per i marcati deficit nella comunicazione sociale, la presenza di comportamenti ripetitivi, e una sensibilità sensoriale alterata.
4.2 Ruolo delle caratteristiche specifiche nella diagnosi differenziale
Nella pratica clinica, la diagnosi differenziale tra il Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo e il Disturbo dello Spettro Autistico richiede un'attenzione meticolosa alle caratteristiche specifiche di ciascun disturbo. Esse non solo aiutano a distinguere tra due condizioni che possono presentare sintomi sovrapposti, ma svolgono anche un ruolo cruciale nella definizione di percorsi diagnostici e terapeutici personalizzati.
Le caratteristiche distintive tra MSDD e ASD rappresentano la chiave per un'accurata diagnosi differenziale. Identificare con precisione queste differenze consente di evitare diagnosi errate che potrebbero portare a interventi inappropriati o inefficaci. La diagnosi differenziale si basa, infatti, sulla capacità di riconoscere quei sintomi che sono peculiari di un disturbo rispetto all'altro, permettendo di delineare un profilo clinico chiaro e distinto.
Nel contesto dell'ASD, i deficit nelle interazioni sociali e nella comunicazione rappresentano sintomi cardine che aiutano a differenziarlo nettamente dal MSDD. Mentre quest'ultimo può comportare ritardi nel linguaggio e difficoltà sociali, nell'ASD queste problematiche sono molto più profonde e pervasive, caratterizzate da un'incapacità di sviluppare e mantenere relazioni sociali significative e da un linguaggio atipico, spesso accompagnato da difficoltà pragmatiche e di comprensione del contesto sociale. Tali deficit devono essere accuratamente valutati e compresi nel contesto della diagnosi differenziale, poiché la loro presenza in una forma così marcata e specifica è altamente indicativa dell'ASD piuttosto che del MSDD.
Un altro elemento distintivo di fondamentale importanza è la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati, che non si riscontra nel Disturbo Misto dello Sviluppo. La rilevazione di tali comportamenti, che possono includere manierismi motori, insistenza su routine rigide e interessi assorbenti, permette di orientare la diagnosi verso un Disturbo dello Spettro Autistico. La loro assenza nel MSDD suggerisce invece che le difficoltà del bambino siano legate a una compromissione più diffusa e meno specifica delle funzioni motorie e cognitive, piuttosto che a una disfunzione comportamentale e sensoriale di tipo autistico.
Le risposte sensoriali atipiche e la rigidità cognitiva osservate nell'autismo sono altri marker distintivi che giocano un ruolo fondamentale nella diagnosi differenziale.
I soggetti autistici possono mostrare iper-reattività o ipo-reattività a stimoli sensoriali, oltre ad una marcata difficoltà nell'adattarsi a nuove situazioni o nel modificare comportamenti e routine consolidate. Tali caratteristiche sono meno evidenti nel MSDD, dove la rigidità cognitiva e la sensibilità sensoriale non sono tratti dominanti. Pertanto, la loro presenza nell'ASD aiuta a differenziarlo chiaramente dal MSDD, indirizzando il clinico verso una diagnosi più accurata.
D'altro canto, la natura diffusa e generalizzata della compromissione osservata nel Disturbo Evolutivo Specifico Misto dello Sviluppo, che coinvolge simultaneamente linguaggio, abilità scolastiche e funzione motoria senza un sintomo prevalente, rappresenta un’altra caratteristica distintiva fondamentale. Questo quadro, che è meno specifico ma più ampio rispetto all'ASD, deve essere attentamente considerato quando si mettono a confronto i due disturbi.
Data la complessità di queste caratteristiche specifiche, la diagnosi differenziale tra MSDD e ASD richiede un approccio diagnostico multidimensionale. Ciò implica l'integrazione di diverse fonti di informazioni, tra cui osservazioni cliniche, valutazioni neuropsicologiche, e test standardizzati come le Scale Griffiths III e l’ADOS-2. Un'analisi integrata di questi dati permette di identificare con maggiore precisione i tratti distintivi di ciascun disturbo, riducendo il rischio di sovrapposizioni diagnostiche e garantendo che ogni bambino riceva la diagnosi corretta e l'intervento terapeutico più adeguato.
Una diagnosi differenziale ben condotta, basata sulla comprensione profonda delle caratteristiche distintive di ciascun disturbo, rappresenta il primo passo verso un percorso terapeutico efficace e personalizzato.
5 Conclusioni
5.1 Sintesi dei risultati e delle conclusioni
Il lavoro svolto nella presente Tesi ha affrontato il complesso tema del Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo (MSDD) e del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), con un'attenzione particolare alla sfida rappresentata dalla diagnosi differenziale tra questi due disturbi del neurosviluppo.
Nel primo capitolo, è stato introdotto il Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo, una condizione caratterizzata da una mescolanza di sintomi che coinvolgono il linguaggio, le abilità scolastiche e le funzioni motorie. L'analisi ha evidenziato come la mancanza di un sintomo dominante renda difficile una diagnosi precisa e richieda un approccio diagnostico articolato, supportato da strumenti come le Scale Griffiths III. Queste scale, valutando vari domini dello sviluppo, risultano fondamentali per identificare i punti di forza e di debolezza del bambino, facilitando così l'elaborazione di interventi terapeutici mirati.
Il secondo capitolo ha approfondito il Disturbo dello Spettro Autistico, con un'analisi delle sue caratteristiche cliniche e dei principali strumenti diagnostici, come il test ADOS-2. L'ASD si manifesta con una gamma di sintomi che spesso si sovrappongono a quelli di altri disturbi del neurosviluppo, complicando ulteriormente il processo diagnostico. È stato sottolineato come una diagnosi tempestiva e accurata sia cruciale per pianificare interventi efficaci che possano migliorare la qualità della vita dei pazienti.
La questione della sovrapposizione sintomatologica tra ASD e MSDD, trattata nel terzo capitolo, ha messo in luce le difficoltà che i clinici incontrano nella diagnosi differenziale. La condivisione di alcuni sintomi tra i due disturbi può infatti portare a diagnosi errate, con conseguenze negative sull'intervento terapeutico. Pertanto, è emersa la necessità di un'analisi dettagliata e di una formazione specifica per i professionisti del settore, al fine di distinguere correttamente tra ASD e MSDD.
Nel quarto capitolo, l'attenzione è stata posta sulla necessità di individuare sintomi distintivi tra ASD e MSDD. Tale identificazione è essenziale per garantire una diagnosi accurata, che possa guidare il trattamento più adeguato. I risultati ottenuti dimostrano che la corretta differenziazione tra questi due disturbi può influenzare positivamente l'approccio terapeutico e, di conseguenza, migliorare gli esiti a lungo termine per i pazienti.
La presente tesi sottolinea l'importanza di una diagnosi differenziale precisa e tempestiva tra ASD e MSDD. L'uso combinato di strumenti diagnostici avanzati, come le Scale Griffiths III e l'ADOS-2, è cruciale per una valutazione completa e accurata. Inoltre, la formazione continua dei Professionisti e lo sviluppo di ulteriori ricerche sono necessari per migliorare gli strumenti diagnostici e ottimizzare i protocolli di intervento. Questo approccio integrato non solo facilita una diagnosi più precisa, ma permette anche di adottare strategie terapeutiche personalizzate, capaci di rispondere in modo efficace alle specifiche esigenze dei pazienti.
5.2 Considerazioni sull’importanza della diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale tra Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo e Disturbo dello Spettro Autistico riveste un ruolo di fondamentale importanza nella pratica clinica, non solo per la precisione diagnostica, ma soprattutto per le implicazioni terapeutiche che ne derivano. La capacità di distinguere con chiarezza tra queste due condizioni permette di orientare l'intervento in modo efficace, adattandolo alle specifiche necessità del paziente. Una diagnosi accurata è il punto di partenza per definire un percorso terapeutico che consideri non solo i sintomi manifesti, ma anche le potenzialità di sviluppo e le aree di vulnerabilità del bambino.
Il valore della diagnosi differenziale risiede nella sua capacità di personalizzare il trattamento. Ciascun disturbo del neurosviluppo presenta caratteristiche proprie che richiedono approcci terapeutici distinti. Non riconoscere le differenze potrebbe portare a interventi inadeguati, che non solo ne rallenterebbe il progresso terapeutico, ma rischierebbe di aggravare le difficoltà esistenti. La diagnosi differenziale consente quindi di ottimizzare le risorse e di evitare trattamenti che potrebbero risultare inefficaci.
Inoltre, il processo diagnostico differenziale ha un impatto significativo sulle famiglie dei pazienti. Una diagnosi chiara e ben comunicata permette ai genitori di comprendere al meglio le sfide che il loro bambino dovrà affrontare e di partecipare attivamente al suo percorso terapeutico-riabilitativo. Il coinvolgimento familiare è essenziale per il successo degli interventi e per il benessere del bambino.
Ciò richiede necessariamente anche un approccio multidisciplinare e interdisciplinare, che integri le competenze di diversi professionisti. Solo attraverso la stretta collaborazione tra Neuropsichiatri, Psicologi, Logopedisti e Terapisti è possibile ottenere una valutazione completa e accurata. Questa sinergia tra diverse figure professionali arricchisce il processo diagnostico e contribuisce a costruire un piano di intervento che sia realmente su misura per il paziente.
Infine, è importante sottolineare che la diagnosi differenziale non è un atto conclusivo, bensì un processo dinamico. Man mano che il bambino cresce e si sviluppa è necessario rivalutare periodicamente la diagnosi e adattare gli interventi in base ai nuovi dati clinici. Questo approccio flessibile e adattivo è fondamentale per accompagnare il piccolo paziente lungo il suo percorso di crescita, garantendo interventi sempre aggiornati e pertinenti.
In sintesi, la diagnosi differenziale rappresenta una pietra miliare nella gestione dei disturbi del neurosviluppo, permettendo di tracciare un percorso terapeutico che sia non solo efficace, ma anche rispettoso dell'unicità di ogni paziente.
5.3 Possibili sviluppi futuri nella ricerca e nella pratica clinica
Nel panorama attuale della neuropsichiatria infantile, l'approfondimento della conoscenza sui disturbi del neurosviluppo, in particolare sul Disturbo Specifico Misto dello Sviluppo e sul Disturbo dello Spettro Autistico, rappresenta un'area di ricerca in continua evoluzione. Gli sviluppi futuri in questo campo potranno offrire nuove prospettive, sia per migliorare la diagnosi differenziale, sia per affinare le strategie di intervento clinico.
Uno dei principali ambiti di ricerca riguarda il perfezionamento degli strumenti diagnostici. Sebbene le Scale Griffiths III e l'ADOS-2 abbiano dimostrato la loro efficacia nel rilevare le specificità di MSDD e ASD, esiste un margine di miglioramento per quanto riguarda la sensibilità e la specificità di questi strumenti. L'integrazione di nuove tecnologie, come l'analisi automatizzata del linguaggio e il monitoraggio dei movimenti, potrebbe fornire dati più precisi e consentire una diagnosi ancora più accurata. La ricerca futura potrebbe quindi concentrarsi sullo sviluppo di strumenti diagnostici innovativi che siano in grado di identificare precocemente i segni distintivi di ciascun disturbo, anche in fasi molto iniziali dello sviluppo.
Un altro aspetto rilevante riguarda la personalizzazione degli interventi terapeutici. La comprensione più approfondita delle specificità di ciascun disturbo del neurosviluppo dovrebbe tradursi in trattamenti sempre più su misura per il singolo paziente. In particolare, la ricerca potrebbe focalizzarsi sull'identificazione di biomarcatori specifici per MSDD e ASD, che permettano di monitorare l'efficacia degli interventi e di adattare le terapie in tempo reale alle esigenze del bambino. Questo approccio potrebbe rivoluzionare la pratica clinica, rendendo possibile un intervento terapeutico non solo precoce, ma anche dinamico e adattabile ai cambiamenti del paziente nel tempo.
Inoltre, un altro sviluppo importante potrebbe riguardare la formazione dei professionisti del settore. La crescente complessità nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo richiede un aggiornamento costante delle competenze dei clinici. La ricerca futura potrebbe quindi promuovere lo sviluppo di programmi formativi basati sulle più recenti evidenze scientifiche, integrando anche l'uso di simulazioni cliniche avanzate e la formazione interdisciplinare. Tali programmi potrebbero contribuire a migliorare la capacità dei professionisti di effettuare diagnosi differenziali accurate e di elaborare piani terapeutici efficaci.
Infine, è fondamentale non mettere in secondo piano il coinvolgimento delle famiglie nel processo terapeutico. La ricerca futura dovrebbe esplorare modalità sempre più efficaci per includere i genitori e/o i caregiver nel percorso di trattamento, fornendo loro strumenti pratici e conoscenze utili a supportare il proprio figlio anche al di fuori dell'ambiente clinico. Questo approccio collaborativo potrebbe amplificare l'efficacia degli interventi e favorire un miglioramento più significativo e duraturo delle condizioni del piccolo paziente.
In conclusione, i possibili sviluppi futuri nella ricerca e nella pratica clinica offrono promettenti opportunità per affinare la diagnosi e il trattamento dei disturbi del neurosviluppo. Investire in queste aree non solo contribuirà a migliorare gli esiti per i pazienti, ma potrà anche elevare gli standard della pratica clinica, rendendola più efficiente e incentrata sulle reali necessità del bambino e della sua famiglia.
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