Mio figlio presenta disturbi nell'area della NEURO e PSICOMOTRICITÀ - Che cosa devo fare?

Approcci riabilitativi nel bambino con Charcot-Marie-Tooth

Tesi di Laurea di: Isabella SINDONI - Approcci riabilitativi nel bambino con Charcot-Marie-Tooth - Università degli Studi di Messina - Anno Accademico 2022-2023.

Introduzione

CAPITOLO 1 - La malattia di Charcot Marie Tooth

  1. Eziopatogenesi
  2. Classificazione
    1. Forme autosomiche dominanti demielinizzanti
    2. Forme X-linked
    3. Forma autosomiche dominanti assonali
    4. Forme intermedie
  3. Storia clinica
  4. Diagnosi
  5. Valutazione clinica

CAPITOLO 2 - Trattamento e approccio riabilitativo

  1. Linee guida
  2. Riabilitazione fisica
    1. Obiettivi
    2. Esercizi
    3. Intervento precoce nei bambini
    4. Letteratura sull’approccio riabilitativo
  3. Strumenti di compensazione
    1. Ortesi
    2. AFO – Ortesi del piede
    3. AFO – Ortesi caviglia/ piede
    4. Tutori
    5. Studi sull’efficacia delle ortesi
    6. Ausili
  4. Chirurgia
    1. Studi sugli effetti del trattamento chirurgico
    2. Riabilitazione post-chirurgica
  5. Trattamento farmacologico
    1. PXT3003
    2. Acido ascorbico
    3. Progesterone e neurotropina
    4. Farmaci a rischio per la CMT
  6. Aspetti psicologici
    1. Consapevolezza della malattia e adattamento
    2. Figure di supporto
    3. Aspetti psicologici in riabilitazione

CAPITOLO 3 - Caso clinico

  1. Percorso clinico
  2. Test
    1. Scala del cammino (WALK-12)
    2. Sollermann Hand Function Scale
    3. Manual Ability Classification System (MACS)
    4. Short Physical Performance Battery (SPPB)
    5. Scala Funzionale Equilibrio (BERG)
    6. Six minutes walking test
    7. Riassunto risultati test e considerazioni
  3. Trattamento riabilitativo
    1. Esercizi di riabilitazione

Conclusioni

Bibliografia - Sitografia

INDICE

Introduzione

La scelta della tematica “Approcci riabilitativi nel bambino con Charcot Marie Tooth” nasce dalla necessità di evidenziare l’importanza della riabilitazione fisica nel trattamento clinico dei soggetti affetti da Charcot Marie Tooth (CMT), di puntualizzare il ruolo importante del neuropsicomotricista nella gestione della malattia e di sottolineare la necessità di un intervento terapeutico precoce per garantire una ottimale qualità della vita.

La CMT è una neuropatia periferica degenerativa cronica ereditaria, scoperta nel 1886, è la malattia ereditaria rara più diffusa, con un’incidenza di 1 soggetto ogni 2.500. La malattia è causata da mutazioni genetiche (circa 120), de novo o ereditarie a trasmissione autosomica dominante, X-linked o autosomica recessiva, di geni importanti nella formazione e nel funzionamento della mielina.

Esistono diverse forme di CMT: forme demielinizzanti, assonali e miste. La forma più comune è la CMT1A, causata da una duplicazione di un segmento di DNA che contiene il gene che codifica per la proteina PMP22. Altre forme di CMT sono la CMT1B, CMT1C, CMT1D, CMT1X, CMT2A, CMT2B.

La neuropatia colpisce sia i nervi motori che i nervi sensitivi, per cui i sintomi possono essere misti. Nel decorso clinico, le lesioni degenerative colpiscono primariamente i nervi motori degli arti inferiori e successivamente anche gli arti superiori, causando atrofia dei muscoli distali con progressivo deficit di forza che determina limitazione funzionale, difficoltà nella deambulazione e comparsa di sintomi che interessano prevalentemente la sfera motoria.

I sintomi principali sono: debolezza a piedi e caviglie (con caduta del piede che può causare frequenti cadute e andatura steppante), deformità articolari (piede cavo, dita a martello, mano di scimmia, mano ad artiglio) disturbi dell’equilibrio, limitazioni nei movimenti, debolezza a livello delle mani e delle dita, fatica, problemi di sensibilità e dolore.

La diagnosi della malattia inizia con un’anamnesi accurata sia del paziente che della famiglia e successivamente si effettuano sia l’esame neurologico che genetico, determinanti per la diagnosi. È possibile somministrare anche diversi test che ci permettono di valutare la sintomatologia e di seguire il decorso della malattia.

Il trattamento e l’approccio riabilitativo nelle CMT sono fondamentali perché contribuiscono al miglioramento dei sintomi a livello degli arti per rallentare il decorso della malattia, prevenire la formazione di deformità ossee e retrazioni tendinee, diminuire il dolore, facilitare il paziente nello svolgimento di attività della vita quotidiana e migliorare la vita del paziente.

Sebbene ci siano stati notevoli progressi nella ricerca per il trattamento della CMT, da terapie geniche a trial clinici, tuttora non esiste un trattamento farmacologico che permetta la completa guarigione dei pazienti con CMT.

Il trattamento d’elezione è la riabilitazione fisica mirata ad ottenere elasticità muscolare, miglioramento della forza e dell’equilibrio con numerosi studi a supporto della sua efficacia.

Ulteriori approcci possono essere l’utilizzo di strumenti di compensazione che possono aiutare il paziente nella deambulazione e nei movimenti fini delle mani al fine di migliorare la loro qualità di vita.

Il trattamento chirurgico è un’ottima alternativa, soprattutto nei casi più gravi in cui la fisioterapia non riesce più a compensare il danno causato dalla malattia, per correggere o prevenire deformità significative e per migliorare la mobilità sia dell’arto inferiore che dell’arto superiore.

Questa tesi si prefigge di andare a studiare gli effetti del trattamento di neuropsicomotricità su un bambino affetto da CMT1A. Lo studio che si è andato a svolgere sul bambino è quello di osservazione dell’andamento delle condizioni generali, sia psichiche che motorie, a intervalli regolari per cercare di evidenziare i miglioramenti ottenuti con il trattamento riabilitativo.

Il trattamento a cui si è sottoposto il bambino da me seguito consiste nell’eseguire, per tre volte a settimana, delle sedute in cui vengono svolti esercizi mirati all’attenuazione degli effetti negativi sul corpo dovuti alla malattia. In particolare, vengono svolti esercizi:

  • Di stretching;
  • Allungamento tendineo;
  • Di rafforzamento muscolare;
  • Miglioramento dell’equilibrio.

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1 - La malattia di Charcot Marie Tooth

La malattia di Charcot Marie Tooth (CMT) è una neuropatia periferica degenerativa cronica ereditaria, chiamata anche neuropatia ereditaria sensitivo motoria. Il nome indica gli elementi distintivi della malattia:

  • È una neuropatia che coinvolge i nervi periferici;
  • È ereditaria e geneticamente determinata;
  • Coinvolge sia i nervi motori sia i nervi sensitivi.
  • Ha un’evoluzione cronica e lentamente progressiva.

Il nome della malattia deriva dai tre neurologi Jean-Martin Charcot, Pierre Marie e Howard Henry Tooth che per primi la descrissero nel 1886.
La Charcot Marie Tooth è una malattia rara e tra le neuropatie ereditarie è quella più diffusa. Ha un’incidenza di 1 persona ogni 2.500 e in Italia sono presenti 20.000/25.000 soggetti affetti dalla CMT. (Figura 1)

Figura 1. Grafico sull’incidenza della CMT (casi per 100.000 abitanti)

Figura 1. Grafico sull’incidenza della CMT (casi per 100.000 abitanti)

I nervi motori o efferenti, conducono l’impulso nervoso dal sistema nervoso centrale ai muscoli scheletrici, e regolano la contrazione dei vari gruppi muscolari del nostro corpo.

I nervi con funzione sensitiva o nervi afferenti trasportano l’impulso nervoso dai recettori dei distretti periferici del corpo fino al sistema nervoso centrale e controllano la sensibilità (tattile, termica, dolorifica) di una determinata parte o organo del nostro corpo.

Nella CMT i nervi motori e sensitivi vanno incontro ad una progressiva degenerazione, con una lenta e progressiva perdita della loro funzione con successive manifestazioni cliniche a livello dei muscoli e/o a livello sensoriale.

Nel decorso clinico, le lesioni degenerative colpiscono primariamente i nervi motori degli arti inferiori (con una progressione ascendente dai piedi verso le gambe) provocando deficit della forza, atrofia muscolare; compaiono anche malformazioni osteo-tendinee con deformazione scheletrica del piede (piede cavo e dita dei piedi a martello) per cui il paziente comincia ad avere difficoltà nella deambulazione. Successivamente le lesioni degenerative si estendono ai nervi motori degli arti superiori con perdita di destrezza manuale, difficoltà e debolezza nei movimenti e deformazioni come mani ad artiglio con progressiva riduzione dell’autosufficienza del paziente.

Nella progressione della malattia le lesioni degenerative coinvolgono anche i nervi sensitivi, dapprima degli arti inferiori e poi quelli degli arti superiori. Il coinvolgimento dei nervi sensitivi determina, sul piano clinico, una riduzione della sensibilità al tatto, al dolore e anche difficoltà nel percepire il proprio corpo nello spazio con conseguenti disturbi dell’equilibrio.

L’esordio della malattia è lento, subdolo e variabile; generalmente si manifesta tra la prima e seconda decade di vita, ma sono note anche delle forme tardive. La sintomatologia e la gravità della malattia variano notevolmente nelle forme diverse della CMT e anche all’interno dei membri della stessa famiglia.

 

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1.1 - Eziopatogenesi

Le cause di questa neuropatia ereditaria sono delle mutazioni genetiche che comportano numerose alterazioni proteiche responsabili della progressiva degradazione degli assoni, principalmente nelle fibre con maggiore lunghezza e larghezza. Le mutazioni coinvolgono dei geni che codificano per proteine responsabili di alcune funzioni quali il compattamento e il mantenimento della mielina o la formazione del citoscheletro. L’alterazione di queste proteine comporta una degenerazione assonale. Sono stati individuati circa 120 geni responsabili delle diverse forme di CMT. Grazie alle nuove tecnologie, come quelle della Next Generation Sequencing che permettono di analizzare interi segmenti di DNA, si hanno nuove opportunità nella diagnosi della patologia.

1.2 - Classificazione

La classificazione della CMT è basata su criteri elettrofisiologici, neuropatologici e genetici.

Esistono diverse forme della Charcot Marie Tooth, che hanno in comune molti elementi, ma variano tra di loro per tipo di ereditarietà, per età di esordio, per la diversa velocità di conduzione, per l’anomalia genetica.

La CMT è una malattia ereditaria e viene trasmessa secondo diverse modalità:

  • Trasmissione autosomica dominante;
  • Trasmissione X-linked;
  • Trasmissione autosomica recessiva;
  • Casi de novo.

La velocità di conduzione motoria (VCM), che si registra con l’elettromiografia (EMG), è un altro elemento che ci permette di differenziare le diverse forme della CMT. Di norma la velocità di conduzione motoria è maggiore di 40-50 m/s, ma in alcune forme della CMT la VCM è alterata. Possiamo distinguere tre forme di CMT sulla base neuropatologica:

  • Forme demielinizzanti: queste forme sono dovute ad anomalie genetiche che alterano o le cellule di Schwann, ovvero le cellule che producono la mielina, o la mielina stessa. La mielina è la guaina isolante che riveste il nervo e ha il compito di accelerare la velocità di conduzione dell’impulso. In queste forme la mielina non si sviluppa nel modo corretto e la velocità di conduzione motoria è alterata risultando inferiore a 38 m/s.
  • Forma assonali: in queste forme si ha la compromissione del nucleo del nervo, ovvero l’assone, che trasporta i segnali elettrici. In questi casi la VCM risulta uguale o maggiore di 38 m/s.
  • Forme intermedie: queste forme presentano caratteristiche sia delle forme demielinizzanti che delle forme assonali. La VCM è compresa tra 25 e 45 m/s.

Un altro gruppo di neuropatie ereditarie sono quelle sensitive e autonomiche (HSAN) che sono molto più rare e che si differenziano dalle precedenti perché in queste c’è un maggiore coinvolgimento sensitivo rispetto a quello motorio.

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1.2.1 - Forme autosomiche dominanti demielinizzanti:

La CMT1 è il sottotipo più comune di Charcot Marie Tooth. È caratterizzata da eredità autosomica dominante, è una forma demielinizzante ed è caratterizzata da una VCM<38m/s. La CMT1 è caratterizzata clinicamente da atrofia e debolezza della muscolatura distale, deformità del piede di grado variabile, perdita sensoriale con una ipoevocabilità o inevocabilità dei ROT (riflessi osteotendinei). Essendo una forma demielinizzante, con la biopsia del nervo è possibile osservare i caratteristici “onion bulbs” (bulbi di cipolla). Gli onion bulbs sono il risultato della demielinizzazione e remielinizzazione segmentaria a livello del nervo.

Il grado di severità della CMT1 è molto variabile, ci possono essere forme paucisintomatiche e forme molto gravi come la malattia di Dèjèrine-Scottas (DSD) e la neuropatia ipomielinizzante congenita (CHN).

La CMT1 viene classificata, secondo i criteri di genetica molecolare, in alcuni sottotipi: A, B, C, D.

  • CMT1A: è la forma più diffusa di CMT, costituisce il 60%-90% dei casi di CMT1 e il 40%-50% di CMT. Nel 1989 questa forma di CMT fu associata alla delezione del braccio corto del cromosoma 17, 17p11.2. Altri studi successivi dimostrarono che la duplicazione di un ampio segmento di DNA, circa 1,4 Mb, a livello del cromosoma 17 è responsabile di circa il 70% delle forme di CMT1A. Questo segmento di DNA contiene il gene che codifica per la proteina PMP22, la proteina mielinica periferica 22. La PMP22 è una glicoproteina idrofobica di 22 kDa, costituita da 160 amminoacidi con quattro domini transmembrana espressa dalle cellule di Schwann del SNP ed è localizzata a livello della mielina compatta. Ancora oggi si conosce poco sulla funzione di questa proteina, ma sembra avere un ruolo nell’avviamento della spirale mielinica, nella regolazione, differenziazione e nella proliferazione delle cellule di Schwann e nel controllare la densità e la stabilità della guaina mielinica.

La duplicazione o la delezione del gene 17 che codifica per la PMP22 è causata da una ricombinazione omologa, non allelica, tra triplette ripetute che si trovano su 17p11.12.

Alcuni studi hanno evidenziato l’importante correlazione tra la duplicazione del cromosoma 17 e l’incremento dell’espressione della PMP22 che determina la malattia. I pazienti che hanno una quantità elevata di copie di PMP22 presentano un fenotipo più severo rispetto a pazienti con un minor numero di copie. Oltre alla genetica è importante tener conto dell’influenza, anche se minima, dei fattori ambientali.

La malattia si manifesta clinicamente tra la prima e la seconda decade di vita, ma in alcuni casi compare già prima dei 5 anni. I soggetti affetti presentano debolezza, atrofia muscolare e perdita della sensibilità lentamente progressiva e simmetrica che inizia a livello dei piedi per diffondere in direzione disto-prossimale, estendendosi ai muscoli della gamba fino al terzo distale della coscia. Nel 75 % dei casi compaiono deformità dei piedi (piede cavo, dita a martello, piede piatto- valgo). Il paziente presenta difficoltà a correre, a deambulare (marcia steppante). Successivamente i sintomi interessano gli arti superiori con ipotrofia dei muscoli della mano e deformità ad artiglio delle mani.

Il 5% dei pazienti può anche perdere l’udito in conseguenza al coinvolgimento del nervo acustico.

La VCM motoria in questi pazienti è generalmente compresa tra i 15-30 m/s. La diminuzione della VCM si presenta precocemente nel corso dei primi anni e si stabilizza circa a 3/5 anni.

  • CMT1B: questo sottotipo è meno frequente rispetto alla CMT1A, e costituisce solo il 5% dei soggetti con CMT1. È determinata da mutazioni a livello del gene MPZ situato sul cromosoma 1. Sono state identificate oltre cento mutazioni del gene MPZ, di cui alcune missenso, che generano fenotipi differenti tra di loro e che possono causare neuropatie periferiche demielinizzanti ad eredità dominante o malattie severe caratterizzate da gravi disordini della conduzione nervosa compatibili con la DSD e la CHN. Il gene MPZ codifica per la proteina P0, la principale proteina della mielina del nervo periferico. La P0 è una molecola di adesione a struttura IgG-like con un solo ponte disolfuro intramolecolare. La P0 ha come scopo quello di mantenere la normale struttura e funzione della mielina, l’assenza di questa proteina comporta una neuropatia demielinizzante.

Degli studi effettuati sugli animali con fenotipo non severo hanno messo in evidenza come la maggior parte delle mutazioni del gene MPZ causano un anomalo guadagno di funzione (toxic gain of function) piuttosto che una perdita di funzione (loss of function).

  • CMT1C: questo sottotipo è causato da una mutazione a livello del braccio corto del cromosoma 16 (16p13.1) e da mutazioni dominanti del gene LITAF. Son state identificate sei mutazioni del gene LITAF, ma non è stato scoperto il meccanismo attraverso il quale queste mutazioni causano la demielinizzazione. I primi sintomi di questo sottotipo possono presentarsi nella prima infanzia. Clinicamente si manifesta con debolezza muscolare e perdita di sensibilità distale. La conduzione nervosa motoria è rallentata (16-33 m/s) e tramite le biopsie è possibile osservare degli assoni rimielinizzati.
  • CMT1D: questo sottotipo è dovuta a una mutazione del gene mappato sul braccio lungo del cromosoma 10, 10q21, che codifica per il fattore di trascrizione, l’EGR2/Krox20; questo fattore insieme a Sox10 svolge un ruolo importante nello sviluppo del SNP andando ad aumentare l’espressione di molti geni mielina - correlati. Questa forma di CMT è responsabile di diversi fenotipi patologici: la CMT1D, la neuropatia di Dèjèrine-sottas o la neuropatia ipomielinizzante congenita. Clinicamente si manifesta con debolezza muscolare progressiva, atrofia dei muscoli distali degli arti e perdita della sensibilità nelle zone distali. Può manifestarsi sia nell’infanzia che nell’età adulta, e i sintomi peggiorano con l’avanzare dell’età.

 

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1.2.2 - Forme X-linked

La CMT1X è una forma di CMT legata al cromosoma X. Nella maggior parte dei casi ad essere colpite sono le donne, per questo motivo si parla di trasmissione X-linked dominante. La CMT1X è causata dalla mutazione del gene GJB1 che codifica per la connessina 32, CX32, sita sul cromosoma 13. La CX32 ha come funzione quella di creare gap junction fra strati adiacenti della guaina mielinica e la mancanza di queste giunzioni è la causa della demielinizzazione e della perdita assonale.

La manifestazione e l’esordio della CMT1X è differente tra i due sessi. Nei maschi esordisce tra i 5 e i 20 anni e si manifesta con debolezza, atrofia muscolare, perdita della sensibilità agli arti inferiori e alle mani, difficoltà nel camminare tali da richiedere dispositivi per l’assistenza alla deambulazione. La VCM risulta essere nel range di   30-40 m/s. Nelle donne la malattia ha un esordio più tardivo, alla fine della seconda decade, ed il fenotipo è molto più lieve rispetto a quello dei maschi.

La CMT1X può coinvolgere anche il SNC con manifestazioni cliniche come spasticità, segno di Babinski e riflessi ipervivaci.

1.2.3 - Forma autosomiche dominanti assonali

La CMT2 è una neuropatia sensitivo-motoria assonale ad eredità autosomica dominante, con un’incidenza inferiore rispetto alle CMT1, si presenta con una frequenza di circa 1- 4 casi ogni 100.000 individui ed è responsabile di circa il 20% dei casi di CMT. La VCM è nella norma, o lievemente rallentata; la biopsia dei nervi evidenzia una scarsa demielinizzazione e rimielinizzazione segmentaria. Si manifesta clinicamente con debolezza e atrofia dei muscoli distali, prima degli arti inferiori e poi degli arti superiori; si ha una perdita della sensibilità, un’ipoevocabilità o assenza dei ROT e deformazioni del piede. L’esordio della neuropatia è più tardivo rispetto alla CMT1, i primi segni si manifestano tre i 10 e i 30 anni.                                                                

Esistono differenti sottotipi di CMT2:

  • CMT2A: questa è la forma di CMT2 più frequente con un’incidenza del 20%. È causata dalla mutazione del gene mitofusin 2, MFN2, mappato sul braccio corto del cromosoma 1, 1p36. La MFN2 è una GTP-asi localizzata a livello della membrana mitocondriale e la mutazione della MFT2 comporta una riduzione della mobilità mitocondriale e una loro dispersione. Clinicamente la CMT2A si presenta con il classico fenotipo della CMT, ma con severità maggiore rispetto alle altre forme, e circa il 28% dei pazienti per la grave atrofia muscolare è costretto ad utilizzare la sedia a rotelle. Con gli esami elettrofisiologici si evidenzia una VCM normale o lievemente ridotta.
  • CMT2B: questa è una forma molto rara di CMT2, è dovuta ad una mutazione del gene mappato sul braccio lungo del cromosoma 3, 3q13-q22. Questo gene codifica per la RAB, una GTP-Binding protein che he un ruolo fondamentale nel regolare il trasporto vescicolare e di membrana tra endosomi e lisosomi. I sintomi, che si manifestano tra i 10 e 30 anni, sono molto simili a quelli della CMT1 con una prevalenza dei disturbi sensitivi.
  • Ci sono altre forme di CMT2, ma molto rare, con un decorso più severo rispetto alle altre forme di CMT, con grave sintomatologia motoria e sensitiva.

 

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1.2.4 - Forme intermedie

Le forme intermedie sono forme molto rare (1:10.000 individui) che presentano delle caratteristiche comuni sia delle forme demielinizzanti che delle forme assonali. Hanno una trasmissione dominante. Un esempio di forme intermedie sono le forme spinali o neuropatie ereditarie motorie (dHMN distale o dSMA). Le forme spinali sono forme motorie che coinvolgono, oltre al nervo periferico, il secondo motoneurone coinvolgendo anche il SNC, con conseguenti malformazioni a livello del midollo o atrofia dei muscoli respiratori.

1.3 - Storia clinica

L'esordio avviene solitamente nelle prime due decadi di vita e varia a seconda della forma di malattia CMT.
La CMT è una malattia che peggiora col passare del tempo, però la progressione è molto lenta e spesso per lunghi periodi la malattia è stazionaria.

Figura 2. Tabella sintomi più frequenti della CMT

Figura 2. Tabella sintomi più frequenti della CMT

Nel decorso clinico le lesioni degenerative che colpiscono primariamente i nervi motori degli arti inferiori (con una progressione ascendente dai piedi verso le gambe) causano atrofia dei muscoli distali con progressivo deficit della forza che determina limitazione funzionale, difficoltà nella deambulazione e comparsa di sintomi che interessano prevalentemente la sfera motoria. Le funzioni degli arti superiori non sempre sono colpite, spesso si hanno problemi evidenti solo nel cammino e non alle funzioni delle mani (quasi mai viceversa).

I pazienti presentano una caduta del piede durante l’oscillazione, e una difficoltà nel sollevare la punta del piede, in conseguenza della ridotta dorsi-flessione nell’oscillazione e dell’aumento della flessione plantare al contatto iniziale. Hanno una ridotta potenza del polpaccio durante la spinta, sono presenti anche differenze cinematiche statisticamente significative e una cinetica anomala della caviglia con ridotta generazione di potenza o ridotto lavoro positivo in appoggio. Il bambino, per liberare il piede durante l’oscillazione, mette in atto tutta una serie di strategie compensatorie associate con flessione dell'anca, rotazione esterna e abduzione durante l'oscillazione, di conseguenza il bambino presenta una marcia incerta, fino ad una andatura steppante, con frequenti cadute e distorsioni. Nella deambulazione la lunghezza e la velocità del passo risultano essere ridotti rispetto ai coetanei, e col tempo si riducono sempre di più. Una velocità di camminata più lenta può essere dovuta ad alterazioni della lunghezza del passo e/o della cadenza e dalla ridotta generazione di energia del polpaccio durante la spinta.

I genitori riferiscono che il bambino è goffo e poco atletico.

L’atrofia muscolare porta anche all’accorciamento dei tendini, tra cui il tendine d’Achille che determinano alterazioni osteoarticolari del piede, il piede cavo (Figura 3) e anche il piede equino con la tendenza a camminare sulle punte. Il tallone può essere varo, quindi rivolto verso l’interno, e ciò porta il soggetto ad andare incontro a frequenti cadute perché sbilanciato durante la deambulazione. L’accorciamento dei tendini estensori e flessori delle dita portano le dita a piegarsi, causando le così dette “dita a martello” (Figura 3), che provocano dolore al paziente e anche problemi di adattamento alle scarpe.

Recenti studi condotti su un ampio campione di pazienti hanno evidenziato che circa il 71% dei pazienti affetti da CMT mostra deformità ai piedi (Laurà M. et al., 2018). 

Alle anomalie strutturali sono correlati sintomi del piede come calli, ulcere, cellulite e linfangite.

Figura 3. Piede cavo e dita a martello

Figura 3. Piede cavo e dita a martello

Le informazioni riguardanti il posizionamento del corpo vengono raccolte dai recettori nervosi, che sono distribuiti in tutto il corpo, e poi vengono elaborate dal cervello. Quest’ultimo elabora strategie di equilibrio attivando i muscoli necessari per il mantenimento e la correzione dell’equilibrio. Queste strategie nei pazienti con CMT sono deficitarie dal momento che i normali meccanismi di equilibrio subiscono delle alterazioni. Una diminuzione della trasmissione dei segnali nervosi può limitare le informazioni somatosensoriali, e ciò può portare il cervello a confondersi sulla posizione del corpo nello spazio. Inoltre, la debolezza muscolare, in particolare quella dei muscoli coinvolti nel mantenimento dell’equilibrio, può causare la compromissione della capacità di correggere le variazioni di equilibrio, determinando un’instabilità. La progressiva perdita di equilibrio si osserva nel momento del cammino perché i pazienti tendono a sbandare facilmente, presentano una mancanza del senso di posizione sia al buio chiudendo gli occhi sia camminando su un terreno accidentato.

Con l’esame obbiettivo possiamo osservare segni di ipotrofia e atrofia dei muscoli della gamba; i muscoli maggiormente colpiti sono: i muscoli peronei, tibiali anteriori e i flessori delle dita.

 Le funzioni degli arti superiori non sempre sono colpite, spesso si hanno problemi evidenti solo nel cammino e non alle funzioni delle mani (quasi mai viceversa).                                    

Negli arti superiori, che vengono colpiti tardivamente e più raramente, tre sono i fattori che agiscono sulla funzionalità della mano: la forza, la destrezza e l’articolarità, che sono connessi tra loro e lavorano in equilibrio. Se questo equilibrio viene meno, si instaurano differenti problematiche.

Possono presentarsi le stesse alterazioni degli arti inferiori: ipostenia, atrofia distale e deformità delle mani.  

Le due deformità caratteristiche della mano che si differenziano in base ai muscoli più colpiti e che causano una riduzione della manualità e dell’autosufficienza della persona sono:

  1. La caratteristica “mano di scimmia” causata dalla perdita dei muscoli tenar, ipotenar e con un’abilità di opposizione molto limitata. (Figura 4 A)
  2. La “mano ad artiglio/mano en griffe” caratterizzata dalla perdita dei muscoli interossei dorsali e palmari con un’iperestensione della prima falange e una flessione delle altre due falangi. (Figura 4 B)

Figura 4. A. mano di scimmia; B. mano en griffe

Figura 4. A. mano di scimmia; B. mano en griffe

La debolezza della mano si presenta con una difficoltà nel movimento attivo delle mani, del pollice e delle dita, con una progressiva perdita della forza muscolare, con formazioni di contratture e deformità della mano. I muscoli che principalmente vengono colpiti sono i muscoli intrinseci della mano, che sono responsabili dei movimenti fini delle dita, per cui si osserva una riduzione nella destrezza e nella capacità di manipolazione. Mentre la debolezza dei muscoli estrinseci, che si inseriscono alla base dell’avambraccio, comporta un deficit del movimento del polso e della forza di presa. La capacità di interpretazione degli stimoli sensoriali periferici e di rispondere adeguatamente a livello motorio è importante per poter compiere in modo efficiente le varie attività quotidiane.  I deficit sensoriali e motori causati dalla malattia possono causare difficoltà sia nel compimento di gesti che coinvolgono entrambe le mani come abbottonare i bottoni, chiudere cerniere, allacciare le scarpe, sia nella capacità di effettuare movimenti fini con le mani.                                                    

A causa dell’ipostenia i pazienti presentano difficoltà anche nelle azioni che richiedono forza, come aprire barattoli molto stretti o sollevare oggetti molto pesanti. La limitazione del movimento del pollice può compromettere la capacità di utilizzare una presa a pinza corretta e quindi il paziente può avere difficoltà di stabilizzare gli oggetti durante la presa e nel raccogliere delle monete o cibo da una superficie piana, e potrebbero avere difficoltà anche nella scrittura. La sintomatologia è peggiorata dal freddo.

Le difficoltà e i problemi a livello degli arti superiori, soprattutto nei bambini con   CMT 1A, spesso vengono sottostimate nelle prime fasi della malattia, portando ad un potenziale ritardo nell’ inizio della terapia.

In alcuni casi possono essere presenti delle deformità della colonna vertebrale (per esempio la scoliosi, cifo-scoliosi deformante).

I riflessi osteotendinei sono ridotti o del tutto assenti, e seguono anche loro l’andamento distale-prossimale. L’assenza di questi riflessi è un’indicazione utile per poter effettuare una corretta diagnosi.

Nella progressione della malattia le lesioni degenerative coinvolgono secondariamente i nervi sensitivi, dapprima degli arti inferiori e poi quelli degli arti superiori. Il coinvolgimento dei nervi sensitivi determina sul piano clinico, una diminuzione più o meno significativa, del senso tattile e dolorifico. A causa del deficit sensitivo bisogna prestare attenzione alle fonti di calore e ai traumi (le pressioni della scarpa nel tempo potrebbero causare delle ulcere cutanee), perché la persona potrebbe non sentire il dolore. Questo deficit sensitivo, a livello degli arti superiori, potrebbe presentarsi con una difficoltà nel riconoscimento della forma, dimensioni, consistenza e temperatura degli oggetti.

I pazienti con CMT possono provare dolore di deverso tipo:

  • Il dolore neuropatico è correlato al danno nervoso causato dal suo malfunzionamento. Il paziente che prova questo tipo dolore riferisce sintomi come bruciore, scosse elettriche, formicolio.
  • Il dolore nocicettivo si presenta soprattutto ai piedi, agli avambracci e alla colonna vertebrale, ed è determinato dal danno muscolare e dalle deformità scheletriche e dalle anormalità posturali che condizionano notevolmente la qualità di vita dei pazienti. Questo dolore è causato da un’eccessiva stimolazione dei recettori periferici del dolore, i nocicettori, causato dal danno o dall’infiammazione tissutale.
  • Quando il paziente presenta allo stesso tempo sia un dolore sia nocicettivo che neuropatico si parla di dolore misto. Circa l’84% dei pazienti affetti da CMT1A presenta dolore. Di questi soggetti il 50% presenta un dolore nocicettivo, il 43.8% un dolore misto e il 6.2% presenta dolore neuropatico. (Figura 5)

Figura 5. Frequenza e tipo di dolore in pazienti affetti da CMT1A Figura 5. Frequenza e tipo di dolore in pazienti affetti da CMT1A

Durante la progressione della malattia, spesso il dolore tende ad essere persistente per lungo termine, può durare anche tre mesi. Ciò influenza significativamente le attività quotidiane, lo stato d’animo ed il sonno; quindi, avrà un impatto notevole sulla qualità di vita del paziente.

Un altro sintomo che si può riscontrare sono i crampi muscolari che sono essenzialmente causati dalla malattia stessa. È stato effettuato uno studio in America su 110 pazienti affetti da CMT che soffrivano di crampi, con l’obiettivo di descrivere la natura del loro dolore. I pazienti hanno dovuto compilare un questionario relativo ai loro crampi, per tre volte in due mesi. I risultati ottenuti dallo studio dimostrano che i crampi si manifestano con una frequenza di 9,3 volte a settimana e che in un soggetto su quattro i crampi erano giornalmente presenti. Nel 60% dei pazienti si è visto come i crampi impattino negativamente sulle qualità della vita.

La stanchezza è un altro sintomo molto comune causato dalla debolezza muscolare, dall’instabilità posturale e dal dolore, e spesso porta a delle difficoltà nell’effettuazione di attività della vita quotidiana.

Altri sintomi diffusi nei pazienti con la CMT sono parestesie agli arti e alterazione nella termoregolazione. Spesso i soggetti hanno mani o piedi freddi, e la situazione peggiora se la temperatura è fredda e umida, perché il sistema nervoso e quello circolatorio sono strettamente collegati. Le parestesie (addormentamento o formicolio) degli arti si manifestano soprattutto appena svegli al mattino. Nella maggior parte dei casi si tratta di fasi episodiche che passano nel giro di ore ma, nei casi più gravi, possono durare dei giorni.

Raramente possono essere presenti anche problemi all’udito, alla vista e alle corde vocali.

 

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1.4 - Diagnosi

Nel caso di sospetta CMT per la presenza di sintomi che sono riconducibili ad una neuropatia periferica, si procede con un iter diagnostico preciso, costituito da una serie di esami di routine che possono essere più o meno invasivi, con lo scopo di identificare le principali caratteristiche a livello clinico e sintomatico del deficit motorio e/o sensitivo. Grazie ai dati che vengono raccolti il neurologo verrà indirizzato verso la ricerca genetica di una mutazione, invece di un’altra.

Inizialmente, per fare una diagnosi di neuropatia periferica ereditaria, si raccoglie l’anamnesi del paziente che riferisce sintomi dovuti a un interessamento di nervi motori e anche sensitivi con un andamento lento e progressivo. L’anamnesi familiare è importantissima nella diagnosi delle malattie ereditarie, poiché altri membri della stessa famiglia potrebbero avere la stessa malattia, anche se alcune volte risulta negativa perché i pazienti sono paucisintomatici o asintomatici, oppure perché si è di fronte a mutazioni de novo.

L’esame obiettivo può mostrare una caratteristica debolezza muscolare distribuita distalmente, la presenza di deformità scheletriche e una diminuzione dei riflessi osteotendinei.

In seguito, si possono effettuare esame neurofisiologici come l’elettromiografia (EMG), l’elettroneurografia (ENG), i potenziali vocati sensitivi (PES) e motori (PEM) che permettono di distinguere una forma demielinizzante o assonale e ci fornisce delle indicazioni per effettuare delle indagini genetiche sulle forme più comuni. Solitamente questi esami ci permettono di determinare la forma specifica di CMT. Se dal risultato dell’elettromiografia si osserva una velocità di conduzione ridotta (<38 m/s) si tratta di una forma demielinizzante, se la velocità è normale o lievemente ridotta si tratta di una forma assonale (>38 m/S).

Ci sono delle linee guida internazionali per la diagnosi genetica della CMT, che indicano l’ordine secondo cui testare le varie forme di CMT basandosi sulla velocità di conduzione nervosa, sull’età in cui il soggetto ha iniziato a camminare o sulle modalità di trasmissione.  

Ci sono anche delle forme miste come la CMT1X o la DI-CMT (dominante intermedia) che hanno una velocità di conduzione tra 25 m/s e 45 m/s.

Se il soggetto presenta sintomi particolari o una forma rara, si possono effettuare altri esami di approfondimento, quali:

  • L’esame del liquor cerebrospinale: viene effettuato solo in determinati casi, quando vi è un’improvvisa e veloce progressione e con sospetto di polineuropatia infiammatoria.
  • La biopsia del nervo: è un esame che ormai viene effettuato molto raramente, (solo in casi molto particolari e quando, con gli esami precedenti, non si è riusciti a identificare nessuna forma di CMT)

La biopsia, soprattutto nella CMT1, ci mostra in alcune fibre dei segni di demielinizzazione e rimielinizzazione, con una proliferazione concentrica del citoplasma delle cellule di Schwann intorno a fibre che hanno una guaina mielinica sottile, con la formazione dei così detti “bulbi di cipolla”.

Fondamentale è l’analisi genetica del DNA per permettere una diagnosi precisa con tempi di ricerca ridotti in caso di ereditarietà già nota. Normalmente, per individuare le alterazioni genetiche della CMT1A sono necessarie poche settimane, poiché è la forma più comune ed è ben identificata geneticamente. Per le altre forme di CMT, per avere una diagnosi precisa, potrebbero essere necessari diversi mesi. Nelle forme più rare il test genetico ci permette solo di escludere alcune forme di CMT, senza dare una diagnosi precisa, anche perché ancora non sono conosciuti tutti i geni implicati nella genesi della malattia.

 

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1.5 - Valutazione clinica

La valutazione clinica nei pazienti con CMT si effettua con la somministrazione delle scale di valutazione che permettono di individuare la condizione psicofisica dei pazienti. Queste scale valutano la sintomatologia e ci permettono di seguire il decorso della malattia. Le scale di valutazione sono facili e rapide da somministrare, sono economiche e ci permettono di valutare diversi ambiti. Tra le scale di valutazione usiamo:

  • Scala di Berg: è una scala che ci permette di valutare l’equilibrio in diverse condizioni. Il punteggio va da 0 (incapacità ad eseguire la prova) a 4 (nessuna necessità di aiuto per eseguirla). Se si ottiene un punteggio >45 il soggetto ha una deambulazione sicura e senza bisogno di ausili, >35 ha una deambulazione sicura ma con ausili.
  • CMT disease neuropathy score: che permette di valutare la gravità della neuropatia.
  • The foot posture index (FP-6): è un test che misura quantitativamente la biomeccanica statica del piede. Il punteggio di questa prova va da -2 (piede molto supinato) a+2 (piede molto pronato). Se il piede è in posizione neutra il punteggio è 0.
  • Modified fatigue impact scale (MFIS): questa scala che valuta, nelle ultime 4 settimane, come il paziente è condizionato dalla fatica e con quale frequenza. Se la fatica non ha inciso per nulla sulla vita del paziente il punteggio sarà 0, se la fatica ha inciso notevolmente il punteggio sarà 4.
  • Scala del cammino (WALK-12): è un test che valuta, nelle 2 ultime settimane, le limitazioni del cammino causate dalla neuropatia periferica. Il punteggio va da 1 (la neuropatia non ha inciso) 5 (la neuropatia ha inciso molto).
  • Manual ability measure: questa scala valuta la difficoltà che il paziente ha nel compiere alcune azioni manuali. Il punteggio va da 0 (il paziente non riesce a svolgere l’attività) a 4 (il paziente svolge facilmente l’azione).
  • Walking handicap scale (Perry e Gerret): ci permette di valutare la qualità del cammino e l’influenza di questo sulla vita del paziente.
  • Questionario di valutazione della qualità di vita (SF 36): con questo test possiamo valutare ciò che il paziente pensa della sua salute e come riesca a svolgere le attività quotidiane.
  • Scala analogica visiva (VAS) su dolore, fatica e crampi: il paziente deve indicare sulla scala (che va 0 a 10) quanto dolore, fatica e crampi ha provato nelle ultime 2 settimane.
  • Sollermann Hand Function scale: con questo test si valutano le abilità manuali nell’effettuazione di attività quotidiane. Il punteggio si calcola da 0 (il paziente non è riuscito a svolgere il compito) a 4 (il paziente svolge il compito senza difficoltà)
  • Oxford handicap scale: valuta quanto la vita del paziente è influenzata dal grado di handicap con dei punteggi che vanno da 0 (nessun handicap e nessuna influenza sulla vita) a 5 (l’handicap è severo e il paziente ha necessità di assistenza durante l’arco di tutta la giornata).
  • Short physical performance battery (SPPB): è un test che permette di valutare la funzionalità degli arti inferiori tramite tre prove che valutano equilibrio, cammino e la capacità di effettuare il sit to stand senza aiuto degli arti superiori. Il punteggio va da 0 (non riesce a effettuare l’esercizio) a 4 (il paziente riesce a svolgere il compito senza difficoltà).
  • 10 meters walk test: è una prova che ci permette di calcolare la velocità media del cammino su un percorso lungo 10 metri.
  • Six minutes walking test: ci permette di calcolare quanti metri il soggetto riesce a percorrere in sei minuti su una superfice piana. La 6MWD diminuisce con l’aumentare dell’età, riflettendo la progressione della malattia e l’aumento della disabilità.
  • Time up and go test (TUG): è un test con il quale si misura il livello di mobilità di una persona. Bisogna calcolare il tempo in cui il si alza da una sedia, percorre una distanza di tre metri, torna indietro e si risiede.

In uno studio effettuato (Walking and weakness in children: anarrative review of gait and functional ambulation in paediatric neuromusculardisease, Kennedy R.A. et al., 2020) su un campione di 65 bambini affetti da CMT è stato somministrato il six minutes walking test è si è osservato che la distanza percorsa a piedi in sei minuti variava notevolmente da 110 a 710 m, con una distanza media di 520 m. Si è anche osservato che il 6MWT è aumentata durante tutta la prima infanzia e la metà dell'infanzia, tuttavia, sembrava diminuire nel gruppo degli adolescenti riflettendo la progressione della malattia e l’aumento della disabilità.

In un ulteriore studio durato 12 mesi (Deterioration in gait and functional ambulation in children and adolescents with Charcot-Marie-Tooth disease over 12 months. Kennedy R. et al., 2017), la normalizzazione della 6MWD che tiene conto della crescita ha rivelato un declino della capacità ambulatoriale nei bambini con CMT.

 

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2 - Trattamento e approccio riabilitativo

Sebbene ci siano stati notevoli progressi nella ricerca per il trattamento della Charcot Marie Tooth negli ultimi anni, che vanno da terapie genetiche a trial clinici, tuttora non esiste un trattamento farmacologico che permetta la completa guarigione dei pazienti con CMT. Anzi, si è notato come alcuni farmaci possono causare un peggioramento delle condizioni. Nonostante ciò, esistono dei trattamenti che contribuiscono al miglioramento dei sintomi a livello degli arti e permettono di rallentare la progressione della malattia.

Il trattamento per eccellenza è la riabilitazione fisica, che deve essere personalizzata per il paziente e deve essere svolta da personale specializzato. Più precocemente si inizia il percorso riabilitativo, migliori saranno i risultati che il paziente può raggiungere. Per quanto riguarda la chirurgia ortopedica, oggi, si sta rivelando efficace nella correzione delle deformità dei piedi e delle mani. Anche gli aspetti psicologici sono importanti da considerare durante il percorso riabilitativo dei pazienti affetti da CMT, perché anche questo aspetto può influenzare il decorso della malattia e influire sulla qualità di vita dei pazienti e dei familiari.

Una volta effettuata la presa in carico, il paziente verrà seguito da un’equipe multidisciplinare composta principalmente da: neuropsichiatra infantile, ortopedico, neurologo, genetista, tecnico ortopedico, neuropsicomotricista, fisioterapista, terapista occupazionale.

2.1 - Linee guida

La CMT, la malattia nervosa ereditaria più comune, fino a qualche anno fa non disponeva di linee guida cliniche utili per la gestione efficace del paziente. Per risolvere questo problema il dottore Yiu, il professore Burns e il suo team hanno creato un Consorzio internazionale di medici provenienti da diversi paesi, tra cui anche l’Italia, con lo scopo di sviluppare delle linee guida fondate sull’approvazione/ sul consenso per la gestione della CMT sia nei bambini che negli adolescenti. Queste linee guida hanno come obiettivo quello di dare un aiuto/assistenza ideale e standardizzato a livello globale, rendere più facile l’accesso ad un trattamento completo e multidisciplinare e facilitare gli studi clinici futuri.

Un gruppo internazionale di esperti ha esaminato dieci domande cliniche cruciali tramite una revisione sistematica della letteratura medica fino ad oggi pubblicata riguardanti la gestione dei pazienti con CMT. Sulla base di queste revisioni ha elaborato dei consigli riguardanti la gestione di 10 aspetti della malattia:

  1. La debolezza muscolare,
  2. Il miglioramento e mantenimento del range articolare,
  3. La ridotta mobilità,
  4. I disturbi d’equilibrio,
  5. I crampi muscolari,
  6. I trattamenti non chirurgici raccomandati per le deformità muscolari,
  7. I sintomi e deficit sensoriali,
  8. La funzione alterata degli arti superiori,
  9. La stanchezza,
  10. L’insufficienza respiratoria.

Figura 6. Linee guida

Figura 6. Linee guida

 

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2.2 - Riabilitazione fisica

Attualmente la ricerca scientifica dimostra che la riabilitazione fisica è l’approccio migliore per alleviare i sintomi della malattia e per migliorare la qualità di vita dei pazienti attraverso la prevenzione, educazione e riabilitazione. Gli esercizi effettuati dal paziente, sia a domicilio sia in regime ambulatoriale, hanno come obiettivo il potenziamento della forza muscolare e una maggiore resistenza e velocità nell’esecuzione delle attività della vita quotidiana che, a causa della malattia, risultano essere difficili e complesse da eseguire. La mobilizzazione sia passiva che attiva assistita favoriscono le funzioni trofiche, metaboliche e circolatorie del muscolo, delle parti molli, delle articolazioni e dell’osso.

In considerazione del fatto che la riabilitazione fisica è il trattamento più efficace nella cura della CMT, il neuropsicomotricista ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del bambino. I bambini, soprattutto i più piccoli, dopo aver ricevuto la diagnosi di CMT, iniziano un percorso riabilitativo seguito da dei neuropsicomotricisti che, tramite degli esercizi di mobilizzazione passiva ed attiva, spesso proposta sotto forma di giochi, rallentano la progressione della malattia e migliorano la qualità di vita di questi bambini. Più precocemente si inizia la riabilitazione, migliori saranno i risultati conseguiti

2.2.1 - Obiettivi

La riabilitazione fisica essenzialmente si concentra sul raggiungimento di determinati obiettivi:

  • Aumentare la forza muscolare delle gambe, braccia e tronco per compensare alla debolezza delle zone distali;
  • Preservare la forza muscolare delle gambe e delle braccia, in particolare dei muscoli intrinseci dei piedi e delle mani;
  • Riacquisire e mantenere la flessibilità dei muscoli;
  • Evitare l’insorgenza e la successiva stabilizzazione di deformità ossee alle estremità sia degli arti inferiori che superiori;
  • Garantire una migliore stabilità e controllo sia in stazione eretta che durante il cammino lavorando sul miglioramento dell’equilibrio in diverse posizioni;
  • Diminuire il dolore;
  • Ridurre l’incidenza dei crampi muscolari;
  • Migliore la resistenza aerobica e diminuire la fatica.

Per raggiungere questi obiettivi si possono effettuare diversi esercizi, principalmente esercizi attivi, che possono essere eseguiti sia a corpo libero, che con l’utilizzo di attrezzi e strumenti adatti per le necessità del paziente. Importante è che i pazienti inizino a condurre anche uno stile di vita sano, nel quale l’attività fisica ha un ruolo fondamentale.

 

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2.2.2 - Esercizi

In base all’area su cui vogliamo lavorare, diversi sono gli esercizi che il neuropsicomotricista può proporre:

  1. Mobilizzazioni articolari attive degli arti inferiori:
    • Flessione ed estensione del piede (Figura 7);
    • Rotazione delle caviglie in senso orario e antiorario (Figura 8);
    • Inclinazione della punta del piede verso l’interno e verso l’esterno, muovendo solo le caviglie ed evitando il movimento anche del ginocchio o altre articolazioni;
    • Movimentazione delle dita dei piedi in avanti ed indietro;

Figura 7. Flessione ed estensione del piede

Figura 7. Flessione ed estensione del piede
Figura. Rotazione caviglia

Figura. Rotazione caviglia

  • Il paziente da supino deve alternativamente flettere le ginocchia e avvicinarle all’addome.

Figura 9. Flessione ginocchia

Figura 9. Flessione ginocchia

  • Sempre da supino e con le ginocchia al petto, il paziente deve aprire e chiudere le gambe, aiutandosi anche con le mani.
  • Mobilizzazione attiva e rinforzo dei muscoli degli arti superiori, in particolare bisogna lavorare sui muscoli della mano che tendono ad essere maggiormente colpiti.
  • Effettuare dei movimenti di flessione ed estensione del polso, che permettono di prevenire le rigidità e l’accorciamento dei tendini. I muscoli estensori del polso possono essere rinforzati attraverso l’utilizzo di un carico leggero, ad esempio una bottiglietta d’acqua, effettuando un basso numero di ripetizioni in più serie;

Figura 10. Estensione del polso

Figura 10. Estensione del polso

  • Controllare la prono-supinazione dell’avambraccio, anche qui l’esercizio può essere svolto con l’utilizzo di poco peso;
  • Effettuare dei movimenti di abduzione e adduzione delle dita delle mani. Un esempio di esercizio può essere quello di aprire le dita contro una lieve resistenza data da un elastico e controllare il ritorno alla posizione iniziale;
  • Lavorare sui movimenti di presa a pinza corretta per mantenere attivi e rinforzare i piccoli muscoli della mano e delle dita e prevenire una rigidità a livello del pollice. Per lavorare sulla presa a pinza e sulla manipolazione di piccoli oggetti si possono usare delle mollettine, delle perline, la plastilina, la pinza, le forbici. Tutti questi esercizi permettono di lavorare anche sulla motricità fine e sulla coordinazione
  1. Stretching dei muscoli più tesi o utilizzati durante la seduta di allenamento. Lo scopo dello stretching è quello di mantenere i muscoli più elastici, di permettere alle articolazioni di muoversi più fluentemente durante la vita quotidiana e di prevenire contratture articolari e accorciamento dei tessuti molli. Lo stretching è anche utile per alleviare il dolore muscoloscheletrico. Tra gli esercizi di stretching abbiamo:
    • Allungamento della catena posteriore/ dei muscoli della parte posteriore del corpo. Abbiamo lo stretching del tendine di Achille, del tricipite, dei glutei. Si possono utilizzare strumenti come gli elastici;

Figura 11. Stretching catena posteriore

Figura 11. Stretching catena posteriore

 

  • Allungamento dei muscoli della parte anteriore del corpo come lo stretching del quadricipite e dell’ileo psoas;

Figura 12. Stretching catena anteriore - 1Figura 12. Stretching catena anteriore - 2Figura 12. Stretching catena anteriore - 3

Figura 12. Stretching catena anteriore

  • Allungamento dei muscoli della parte laterale ed interna del corpo che comprendono lo stretching del tensore della fascia laterale, degli adduttori e del medio gluteo.

Figura 13. Stretching catena laterale interna - 1Figura 13. Stretching catena laterale interna - 2

Figura 13. Stretching catena laterale interna

  1. Rinforzo muscolare attivo. Questi esercizi non solo aumentano la forza muscolare, ma permettono di migliorare anche la velocità della deambulazione, l’equilibrio e lo svolgimento dell’attività di vita quotidiana. Sono esercizi che possono essere svolti sia a tappeto, che sul lettino che in stazione eretta e possono essere svolti con l’ausilio di strumenti come l‘elastico o tavolette propriocettive per l’equilibrio. Tra gli esercizi abbiamo quelli di:
    • Potenziamento dei quadricipiti;
    • Potenziamento dei muscoli glutei;
    • Potenziamento degli addominali;
    • Potenziamento dei muscoli ischiocrurali;
    • Attività per migliorare la stabilità globale: per esempio utilizzando tavolette propriocettive che costituiscono una base instabile su cui poter fare esercizi di rinforzo muscolare, come gli squat.

Figura 14 – rinforzo muscolare

Figura 14 – rinforzo muscolare

  1. Equilibrio e propriocezione:
    • Esercizi di equilibrio a quattro zampe, in ginocchio o a cavalier servente;
    • Esercizi di equilibrio su delle superfici instabili sia in stazione eretta sia seduta. Degli esercizi che si possono proporre sono: il paziente seduto sulla palla bobath deve mantenere l’equilibrio con l’appoggio di un solo piede; in stazione eretta il paziente deve far passare la palla da una mano all’altra, seguendola con il capo e gli occhi, con una base ristretta sopra un cuscino morbido, oppure quello di mantenere l’equilibrio su di una tavola propriocettiva.

Figura 15. Esercizi di equilibrio - 1Figura 15. Esercizi di equilibrio - 2

Figura 15. Esercizi di equilibrio

Si possono proporre dei percorsi su superfici instabili per migliorare la reattività anche durante la deambulazione in esterno.

Possono essere utilizzate anche le nuove tecnologie informatiche per far contemporaneamente lavorare i pazienti e farli divertire.

  • Esercizi di propriocezione con l’utilizzo di tavolette propriocettive.
  1. Allenamento aerobico. È molto importante perché grazie ad esso si può ottenere una migliore resistenza, una maggiore forza agli arti inferiori e si possono avere dei benefici sia sui nervi che sulle cellule dell’organismo. Questi esercizi possono essere effettuati sia in palestra che in autonomia e consistono nell’esecuzione di un’attività regolare che richiede un incremento delle pulsazioni cardiache e della frequenza del respiro al raggiungimento della propria soglia aerobica. Alcuni esempi di esercizi sono:
    • L’utilizzo della cyclette, ellittica e tapis roulant. La tempistica dell’esercizio aumenta gradualmente in base allenamento del paziente;
    • Cammino all’aperto;
    •  Nuoto.

È importante che nell’effettuare questi esercizi il paziente segua delle regole:

  • Non deve spingersi oltre la soglia di massima fatica poiché questo potrebbe comportare solo dei peggioramenti;
  • Deve evitare quegli esercizi che gli causano un eccessivo dolore;
  • Deve eseguire gli esercizi per almeno tre ripetizioni e deve mantenere la posizione di stretching per almeno 30 secondi;
  • Deve iniziare l’allenamento aerobico gradualmente per potersi abituare per gradi uno sforzo sempre più grande;
  • È consigliato che svolga gli esercizi almeno due volte a settimana per 20-30 minuti.

 

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2.2.3 - Intervento precoce nei bambini

Si è notato come i bambini affetti da CMT spesso non viene data la giusta attenzione ad una precoce riabilitazione fisica. Quando i bambini vengono indirizzati alla terapia molti di questi presentano già gli effetti negativi della malattia, come disturbi dell’equilibrio o deformità principalmente ai piedi.

Spesso succede che i giovani pazienti non vengano diagnosticati ufficialmente, anche se la malattia è presente nella famiglia ed è una malattia comune nella popolazione. Può capitare che i bambini tra i 3 e 5 anni, in età scolare, vengano indirizzati da un professionista dalle maestre che notano i movimenti goffi ed impacciati, delle frequenti cadute e dei ritardi motori rispetto ai compagni coetanei.  I genitori poi affermano che il bambino ha difficoltà nel cammino su terreni in salita o nel percorrere lunghe distanze e hanno bisogno di essere presi in braccio. Il dolore e la fatica causati della malattia, quindi limitano le attività di questi bambini per cui è opportuno iniziare il prima possibile durante la fase di sviluppo del bambino delle sedute di fisioterapia e neuropsicomotricità per migliorare e rallentare gli effetti negativi della malattia.

Durante le sedute di riabilitazione è importante tener conto delle deformità e delle variazioni strutturali del piede e, per via della capacità limitata di assorbimento degli urti della caviglia e del piede, bisogna includere degli esercizi a basso o nessun impatto. Anche a scuola, se è necessario, bisogna prestare aiuto a questi bambini, soprattutto durante le ore di educazione fisica, la ricreazione o se ci sono degli spostamenti in altre aule, per garantire al bambino una corretta partecipazione a tutte le attività scolastiche. È importante che durante la crescita il bambino non mantenga le abitudini sedentarie acquisite durante l’infanzia perché queste possono causare un maggiore peggioramento e aumentare il rischio di obesità. Quindi è importante che questi ragazzi siano attivi, anche praticando sport sicuri come nuoto o il trekking, per migliorare la forza muscolare e il benessere cardiovascolare.

Tra i programmi riabilitativi consigliati dalle linee guida pediatriche abbiamo gli esercizi in cui si effettua una progressiva resistenza all’azione dei muscoli dorsi-flessori della caviglia volti al potenziamento muscolare e all’evitamento del declino muscolare. Gradualmente si deve andare ad aumentare la resistenza, alternando i periodi di esercizio a periodi di riposo.

 

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2.2.4- Letteratura sull’approccio riabilitativo

Nel corso degli anni sono stati condotti diversi studi sui vari approcci riabilitativi per determinare e comprendere quali sono gli esercizi più efficaci che permettono di ottenere migliori risultati nei pazienti con CMT. In particolare, diversi studi dimostrano che i migliori risultati si ottengono tramite la riabilitazione fisica.

  1. Treadmill training in patients affected by Charcot-Marie-Tooth neuropathy: results of a multicenter, prospective, randomized, single-blind, controlled study. (Mori L. et al., 2020)

Questo studio, condotto dal Professore Schenone, ha come scopo quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di un protocollo riabilitativo caratterizzato da una serie di esercizi eseguiti su un tapis roulant, il treadmill, esercizi di stretching e delle attività di potenziamento della propriocezione. Lo studio è stato svolto principalmente su pazienti affetti da CMT1A.

Lo studio è stato svolto su 53 pazienti con diagnosi clinica e genetica di CMT1A e con capacità di deambulazione autonoma, con o senza l’utilizzo di ortesi, per almeno 100 mt. Questi pazienti sono stati casualmente divisi in due gruppi: il primo gruppo ha seguito un protocollo riabilitativo per gli arti inferiori per due volte a settimana dalla durata di 3 ore ciascuna, per tre mesi, caratterizzato da esercizi respiratori, di propriocettività e di stretching muscolare (SPE); il secondo gruppo ha seguito lo stesso protocollo riabilitativo, ma è stato aggiunto l’allenamento sul treadmill (TreSPE).

In entrambe i gruppi sono stati notati dei miglioramenti nel cammino, della forza dei muscoli flessori della pianta del piede dei pazienti con CMT1A. Il protocollo si è dimostrato sicuro poiché non si sono riscontrati segni di eccessivo affaticamento (overwork weakness). Nel secondo gruppo si è notato inoltre che l’utilizzo del treadmill ha favorito un miglioramento dell’equilibrio ed anche dei parametri respiratori.

  1. Effects of intensive rehabilitation on functioning in patients with mild and moderate Charcot–Marie-Tooth disease: a real-practice retrospective study. (Ferraro F. et al., 2024)

I professori che hanno condotto questo studio hanno esaminato i dati di 37 pazienti, con età media di 50.72 ± 13.31 anni, affetti da CMT di gravità da lieve a moderata e diverse forme di CMT (28 forme demielinizzanti, 8 forme assonali, 1 forma mista) con lo scopo di determinare se una riabilitazione intensiva potesse dare effetti positivi o no.

I soggetti sono stati sottoposti per tre settimane consecutive a sessioni di riabilitazione giornaliere, per cinque giorni a settimana, con una durata di 2-4 ore. Il programma riabilitativo comprendeva trattamenti manuali, stretching, esercizi di rafforzamento muscolare, di equilibrio, di stabilimento del core, esercizi aerobici, allenamenti di resistenza e allenamenti per la cura della persona.

La raccolta dati è stata effettuata prima dell’inizio e alla fine del trattamento e dopo 12 mesi dalla fine del ciclo riabilitativo. I pazienti sono riusciti a tollerare gli interventi riabilitativi e dopo di questo periodo di intenso lavoro si è visto un miglioramento significativo in diverse aree: forza muscolare, equilibrio, velocità della deambulazione, minore dolore, crampi, affaticamento e abilità. Tuttavia, questi miglioramenti a distanza di un anno si perdono se non si continua a seguire una riabilitazione con costanza nel tempo, e non solo in un breve periodo.

  1. Safety and efficacy of progressive resistance exercise for Charcot-Marie-Tooth disease in children: a randomised, double-blind, sham-controlled trial. (Burns J. Et al., 2017)

L’obiettivo di questo studio è quello di valutare se gli esercizi di resistenza progressiva per la debolezza della dorsi-flessione del piede nei bambini con CMT fossero validi, sicuri ed efficaci. L’aspetto più preoccupante di questo studio è la probabilità che l’esercizio di resistenza progressivo possa portare ad una debolezza da superlavoro a lungo termine e anche una rapida progressione della malattia. Visto che la malattia causa una maggiore difficoltà nella riparazione adeguata del muscolo, che porta ad un maggiore rischio di lesioni derivanti dall’esercizio fisico ad alta intensità.

In conseguenza alla progressività e alla patofisiologia della CMT, si riteneva che l’intervento potesse dare ottimi risultati durante l’infanzia visto che la degenerazione assonale è meno grave all’inizio della malattia e nel corso della vita le capacità di recupero funzionale diminuiscono.

Per lo studio sono stati arruolati 60 bambini tra i 6 e i 17 anni affetti da CMT e che presentavano debolezza nella dorsi-flessione del piede. Questi bambini sono stati casualmente divisi in due gruppi: 30 bambini hanno seguito un programma di allenamento con esercizi di resistenza progressiva, 30 bambini hanno seguito un allenamento fittizio.

Il primo gruppo di bambini hanno seguito degli esercizi di rinforzamento dei dorsi-flessori di entrambe i piedi tramite l’utilizzo di cavigliere da allenamento con peso regolabile (Figura 16).

Figura 16. Cavigliera con peso regolabile

Figura 16. Cavigliera con peso regolabile

L’allenamento doveva essere effettuato per 6 mesi, 3 volte a settimana in giorni non consecutivi (in totale 72 sessioni di lavoro). Nelle prime sedute sono stati fatti vedere dei video che mostravano come effettuare correttamente l’esercizio. Ogni due settimane, per 6 mesi, un operatore misurava la ripetizione massima che il bambino riusciva a compiere, cioè il peso massimo che il bambino riusciva

a sollevare. All’inizio dello studio l’intensità dell’esercizio è stata impostata al 50%, per poi progredire fino al 70% rispetto al massimo delle loro ripetizioni precedenti.

Il secondo gruppo ha effettuato un allenamento fittizio con una procedura identica a quella dell’altro gruppo, la differenza era l’intensità degli allenamenti, che era <10% delle loro ripetizioni massime, e la dose non aumentava.

In entrambi i gruppi l’allenamento durava 25 minuti e poi 30 minuti di riposo. Le prime 12 sessioni venivano supervisionate da un operatore, successivamente ai pazienti veniva data la possibilità di continuare l’allenamento a casa, in modo tale da aumentare l’aderenza allo studio ma anche per comodità.

Dopo i primi 6 mesi dall’inizio degli esercizi la forza di dorsi-flessione non differiva tra i due gruppi. Solo successivamente, tra i 12 e i 24 mesi, si sono notate notevoli differenze. Dopo i 24 mesi il primo gruppo ha avuto un guadagno del 5% nella forza muscolare rispetto ai soggetti del secondo gruppo in cui si è registrato un peggioramento del 23% che rispecchia l’evoluzione naturale della malattia. Questo miglioramento della forza muscolare si suppone sia dovuto ad una serie di adattamenti morfologici e neurologici che consentono un maggiore coinvolgimento delle unità motorie e un aumento della frequenza di attivazione e dell’area della sezione trasversale del muscolo e delle fibre muscolare.

Conseguentemente allo studio non è stato notato alcun effetto dannoso sulla morfologia muscolare o altri segni di debolezza causati da un sovraffaticamento, anche se i bambini avvertivano uno sforzo durante gli esercizi.

Successivamente agli allenamenti non sono stati notati dei benefici su degli esiti funzionali secondari, sebbene la forza dei muscoli dorsi-flessori sia importante per l’esecuzione di attività quotidiane e per prevenire gi infortuni. Ciò potrebbe essere attribuito alle diverse forme della CMT, o potrebbe essere dovuto del fatto che i risultati si manifestano solo nel lungo andare a causa della lenta progressione della malattia.

Nello studio sono presenti delle limitazioni: non si conoscono i risultati a lungo termine, alcuni bambini non hanno aderito completamente al programma riabilitativo ed infine la maggior parte dei bambini era affetto da CMT1A; quindi, non si sa come potrebbero rispondere soggetti con altre forme di CMT.

In conclusione, si può affermare che, nei bambini affetti da CMT, gli esercizi di resistenza progressiva, ad intensità moderata e a breve termine rallentano la progressione a lungo termine della debolezza della dorsi-flessione, senza causare delle conseguenze dannose sulla morfologia muscolare e senza manifestare altri segni di debolezza.

  1. Rehabilitation Management of the Charcot–Marie-Tooth Syndrome. A Systematic Review of the Literature. (Corrado B. et al., 2016)

Gli obiettivi di questo studio sono: trovare prove letterarie migliori sul trattamento riabilitativo e, tramite l’analisi di queste prove, costruire un protocollo di lavoro basato sull’evidenza. I dati raccolti indicano che, grazie al trattamento fisioterapico di forza e resistenza, si avrà un miglioramento delle funzionalità e delle attività di vita quotidiana. Sono state studiate in particolar modo 4 prove letterarie sulla riabilitazione fisioterapica.

Il primo studio valuta una serie di esercizi domiciliari di resistenza basati sulle attività quotidiane eseguiti da 20 pazienti con CMT per 12 settimane. I pazienti seguivano dei video dettagliati che mostravano gli esercizi da eseguire a casa. A fine studio i risultati ottenuti hanno evidenziato un aumento della forza muscolare e una riduzione del tempo impiegato nelle attività quotidiane.

Il secondo studio invece è stato somministrato a dei pazienti con CMT che hanno dovuto eseguire degli esercizi di rafforzamento dei muscoli flessori dell’anca. I 32 partecipanti sono stati divisi in due gruppi, il gruppo di intervento e quello di controllo. Il primo gruppo ha dovuto seguire il protocollo per 16 settimane seguite da 8 settimane di riposo con controlli regolari. Alla fine dello studio è stato osservato un miglioramento solo nel gruppo di intervento in cui si è riscontrato un aumento della forza dei flessori dell’anca, senza però avere dei miglioramenti importanti nella resistenza allo sforzo e nella velocità del cammino.

Il terzo studio si è concentrato sull’efficacia, a breve termine, dell’allenamento della forza muscolare sul deficit della forza, sulla funzionalità e sul benessere dei pazienti con CMT. Questi pazienti hanno ottenuto un moderato miglioramento della forza muscolare degli arti inferiori e anche un migliore risultato nelle attività quotidiane.

L’ultimo studio ha analizzato gli effetti della riabilitazione sulla variazione della frequenza cardiaca nei soggetti affetti da CMT. La riabilitazione si effettuava con l’utilizzo dell’ergometro, per 3 volte a settimana e per 24 settimane. Grazie a questo allenamento i pazienti hanno ottenuto un miglioramento della frequenza cardiaca.

In conclusione, l’analisi delle diverse prove letterarie ha evidenziato che: gli esercizi fisioterapici sono simili in alcune prove; sono utilizzati diversi metodi di misurazione degli esiti delle prove, anche se gli obiettivi degli studi sono simili tra loro; tutte le prove evidenziano l’utilità della fisioterapia nella CMT.

 

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2.3 - Strumenti di compensazione

L’utilizzo di ortesi e di ausili è un ottimo supporto per attenuare i deficit funzionali che si manifestano nei pazienti affetta da Charcot Marie Tooth. Questi strumenti aiutano il paziente nella deambulazione e nell’utilizzo delle mani e contribuiscono al miglioramento della loro qualità di vita.

Gli enti sanitari locali, come l’Azienda USL di residenza, dà l’opportunità ai soggetti con invalidità superiore al 33% di ricevere gratuitamente gli strumenti di compensazione. Per poter usufruire di questa opportunità è necessario avere una prescrizione da parte di un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e un’autorizzazione rilasciata dalla propria Azienda USL di residenza. È consigliato usare il prima possibile questi strumenti conservativi durante l’infanzia per prevenire precocemente l’insorgenza di deformità articolari e/o altre problematiche legare alla malattia.

Di seguito è riportata la differenza tra ortesi e ausili. 

2.3.1 - Ortesi

Secondo l’Organizzazione Internazionale degli Standard (ISO), l’ortesi è “un dispositivo esterno utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali o funzionali dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico”. Le ortesi hanno lo scopo di fornire una correzione, un supporto al corpo ma, a differenza delle protesi, non sostituiscono parti mancanti. Nei soggetti con CMT le ortesi compensano le difficoltà nel movimento e il deficit di equilibrio. Ci sono diversi tipi di ortesi per l’arto inferiore, che vengono classificate dall’ISO in base ai segmenti corporei compromessi. La nomenclatura delle ortesi è caratterizzata dalle iniziali delle aree coinvolte ordinate partendo dall’articolazione più prossimale a quella più distale. Le ortesi devono effettuare una correzione tri-planare, ovvero le correzioni del piede e della caviglia devono essere effettuate sui tre piani di movimento (sagittale, frontale e dorsale).

Le ortesi possono essere standardizzate o se necessario create su misura. Per realizzare delle ortesi personalizzate bisogna creare un calco preso direttamente dalla gamba del paziente per fa sì che l’ortesi possa essere modellato perfettamente sull’arto del paziente. L’obiettivo di queste ortesi è quello di correggere e compensare le diverse deformità strutturali proprie del paziente. Le ortesi standardizzate hanno delle misure predeterminate basate sulla grandezza media degli arti interessati, non sono in pratica create su misura per il paziente. Ce ne sono diverse taglie e specifiche per l piede destro e sinistro.

Le ortesi più comuni sono: FO (Foot Orthosis) e le AFO (Ankle Foot Orthosis).

 

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2.3.2 - AFO – Ortesi del piede

Le ortesi del piede, comunemente note come plantari, vengono utilizzate moltissimo nella gestione della CMT per provare a correggere le possibili deformità del piede. Le deformità dei piedi che osserviamo nei pazienti con la CMT sono: piede cavo, piede cavo varo supinato, piede equino, dita a griffe e/o le eventuali callosità e ulcere che si possono presentare. Questi plantari possono essere costituiti da diversi materiali; quelli più utilizzati sono i plantari semirigidi con inserzioni morbide nei punti in cui il paziente prova dolore per aumentare il comfort e per alleviare il dolore. Il plantare che risulta maggiormente efficace suppone spinte o rialzi nei punti di caduta. Questi plantari, se vengono progettati e utilizzati correttamente, producono ottimi risultati e benefici, e nei bambini possono anche prevenire la formazione di ulteriori deformazioni. Viceversa, se non vengono realizzati correttamente possono causare dei peggioramenti, quindi è fondamentale una prescrizione accurata da parte di uno specialista.

Figura 17. Plantari

Figura 17. Plantari

 

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2.3.3 - AFO – Ortesi caviglia/ piede

Le AFO vengono principalmente utilizzate per migliorare la deambulazione nei pazienti che hanno problemi di caduta dell’avampiede, con rischio di inciampo sulla punta, rischio di distorsioni, debolezza della caviglia e possibili conseguenze su anche e ginocchia. Queste ortesi forniscono un supporto esterno agli arti, andando a stabilizzarli, migliorando la velocità di deambulazione e riducendo la fatica muscolare necessaria per il cammino. Queste ortesi permettono di avere un migliore controllo della caduta del piede durante lil cammino e garantiscono un maggiore supporto della pianta del piede. Ciò è possibile perché sono costituite da materiali che conferiscono una maggiore elasticità nel movimento, e per questo motivo vengono chiamate “molle”.

Tra le diverse ortesi AFO che possono agevolare la stabilizzazione della caviglia e la dorsi-flessione plantare abbiamo:

  • Toe-Off: è un’ortesi, brevettata dall’Allard, caratterizzata da una presa anteriore della gamba e progettata per limitare la caduta del piede in flessione plantare durante la deambulazione grazie alla facilitazione della flessione dorsale nelle fasi di contatto del piede al suolo e diminuendo anche il rischio di un ricurvamento del ginocchio. Il ToeOff, costituito in fibra di carbonio e kevlar è molto sottile e leggero, è progettato per assorbire l’energia nella fase di contatto tra il tallone e il terreno e rilasciarla durante la fase di propulsione, con lo scopo di diminuire gli sforzi muscolari durante il cammino, il compenso sul piano frontale e il rischio di cadute e di inciampo.

 Figura 18. ToeOff - 1Figura 18. ToeOff - 2

Figura 18. ToeOff

  • Molla di Codivilla: questa ortesi, che deve il suo nome all’ortopedico Alessandro Codivilla dell’Ottocento, viene principalmente usata nel caso di patologie come il piede valgo, ciondolante, equino ed affetto da paralisi. È un’ortesi semplice da utilizzare, si indossa come una calza rigida, si infila dal piede e si posiziona sotto l’arco plantare. Tramite dei supporti integrati l’ortesi si va a fissare sul polpaccio e sul tallone.

La funzione di questa ortesi è quella di correggere la postura del piede e migliorare la sua biomeccanica. Durante la deambulazione, nella fase dinamica, sostiene e solleva il piede riducendo il rischio di inciampare con la punta. L’ortesi è costituita da fibre di carbonio che, oltre a rendere leggera la struttura, danno maggiore sicurezza e naturalità al movimento, e compensano la debolezza dei muscoli anteriori della gamba.

Figura 19. Molla di Codivilla - 1Figura 19. Molla di Codivilla - 2

Figura 19. Molla di Codivilla

  • Peromed: è un’ortesi di piccole dimensioni, rispetto alle ortesi precedenti, che contiene l’articolazione tibiotarsica e, tramite due montanti molto corti, favorisce la stabilità della caviglia durante la deambulazione, favorisce la stabilità delle caviglie. È consigliata in quei pazienti che presentano una leggera inversione del piede e in caso di debolezza della muscolatura estensoria previene le possibili cadute. Anche questa è costituita da un materiale plastico molto leggero ed è imbottita lateralmente.

Figura 20. Peromed - 1Figura 20. Peromed - 2

Figura 20. Peromed

  • Foot – Up: è un’ortesi gamba- piede che migliora il cammino sostenendo il piede durante la fase di sollevamento; è un’ortesi progettata per compensare la cadenza del piede e altre patologie che richiedono un sostegno leggero per la dorsi-flessione. È molto facile da utilizzare, e garantisce un corretto sostegno del piede durante le varie attività quotidiane. È costituita da una fasciatura imbottita traspirante che va ad avvolgere la caviglia per sostenerla, ed una parte in plastica che si posiziona tra la linguetta e i lacci della scarpa.

Figura 21. Foot - Up - 1Figura 21. Foot - Up - 2

Figura 21. Foot - Up

Fattori determinanti per l’indicazione e valutazione delle ortesi per l’arto inferiore:

  • La forza dei muscoli: tibiale, gastrocnemico, quadricipite;
  • Forza muscolare generale;
  • Età paziente;
  • Il grado di coinvolgimento della piede, dei muscoli, dei tendini, dei legamenti, della ossa, delle articolazioni e dell’equilibrio.

Quando si fa la valutazione per l’uso delle ortesi i sintomi più comuni che il paziente riscontra sono:

  • Caduta del piede;
  • Deformità del piede, come il piede cavo;
  • Valgismo o varismo delle ginocchia;
  • Disturbi dell’equilibrio;
  • Atrofia muscolare.

Questi sono i isntomi su cui principalmente andranno ad agire le verie ortesi.

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2.3.4 - Tutori

I tutori generalmente sono degli strumenti di compensazione più flessibili che permettono una maggiore libertà di movimento rispetto alle ortesi, le quali sono più rigide. I tutori si utilizzano per prevenire le malformazioni degli arti inferiori e/o superiori.

Tutori per le malformazioni delle dita dei piedi:

  • Barrette sottodiafisarie: sono piccoli tutori che mantengono le dita dei piedi distese, aiutano a prevenire la formazione di callosità e ulcere sulle dita e sotto la loro punta dele dita, evitano la malformazione della crescita dell’unghia nelle dita che sono piegate a griffe. Possono essere realizzati con diversi materiali come silicone o gomma piuma rivestita in simil pelle, e si indossano posizionando l’anello o l’elastico intorno al terzo o quarto dito del piede per tenerle ferme e permettere una distensione migliore delle dita dei piedi.

Figura 22. Barrette sottodiafisarie - 1Figura 22. Barrette sottodiafisarie - 2

Figura 22. Barrette sottodiafisarie

  • Separa dita: evita che le dita si accavallino.

 Figura 23. Separa dita

Figura 23. Separa dita

  • Cappucci: lo scopo di questi tutori, che possono essere fatti sia in silicone che in nylon, è quello di evitare lo sfregamento delle nocche delle dita conto le calzature e quindi evitare l’insorgenza di callosità.

Figura 24. Cappucci

Figura 24. Cappucci

  • Cuscinetto metatarsale: è un cuscinetto che viene utilizzato dai pazienti che hanno un errato appoggio plantare, andando a spingere sulle aree del metatarso provocando dolore causati dalla formazione di calli.

Figura 25. Cuscinetto metatarsale - 1Figura 25. Cuscinetto metatarsale - 2

Figura 25. Cuscinetto metatarsale

  • Scarpe: i pazienti con CMT hanno spesso difficoltà nel trovare delle scarpe da adattare alle ortesi, nei casi più complessi si opta per la scelta di scarpe ortopediche. Tra le scarpe più consigliete per questi pazienti troviamo le scarpe da ginnastica con le suole ammortizzate.

Tutori per gli arti superiori:

  • Tutori a 8 o con cappuccio dorsale: hanno lo scopo di limitare la flessione delle dita e l’iperestensione dell’articolazione metacarpofalangea.
  • Tutor ad anello: sono tutori che prevengono la formazione delle deformità delle dita a collo di cigno e l’ipermobilità delle articolazioni intrafalangee distali e prossimali delle dita e del pollice. Questi tutori danno un supporto ai movimenti delle dita delle mani, favorendo il mantenimento della destrezza e della motricità fine e riducendo il rischio di deformità.
  • Tutori McKie: sono tutori che danno supporto all’articolazione carpometacarpale e metacarpofalangea del pollice.

Figura 26. Tutore McKie

Figura 26. Tutore McKie

  • Tutore Intrinsic Plus: ideato per la mano, si utilizza per ridurre la rigidità e favorire il posizionamento sicuro dell’articolazione della mano.

Figura 27. Tutore Intrinsic Plus

Figura 27. Tutore Intrinsic Plus

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2.3.5 - Studi sull’efficacia delle ortesi

Diversi sono gli studi eseguiti per capire se l’utilizzo di ortesi e tutori possa essere vantaggioso o meno nei pazienti affetti da CMT.

Uno studio recente, guidato dal dottor Pareyson e pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, basandosi sull’esperienza diretta dei pazienti  ha valutato i vantaggi, le complicazioni e i problemi di tollerabilità associati all’uso delle ortesi. Spesso i pazienti con CMT ricorrono all’utilizzo di ortesi come scarpe ortopediche, plantari AFO con lo scopo di diminuire i sintomi, il dolore, migliorare il cammino e aumentare la qualità di vita. Nonostante i benefici siano notevoli, la percentuale dei pazienti che smettono di utilizzare lo strumento è molto alta, sono frequenti anche delle complicazioni cutanee come irritazioni o ulcere da pressione.

Nello studio sono stati coinvolti 266 pazienti affetti da CMT. Il 56% dei soggetti utilizzava delle ortesi, nello specifico il 39% utilizzava plantari, il 23% ortesi AFO e il 18% scarpe ortopediche. Dall’analisi dello studio è risultato chiaramente un alto tasso di abbondono delle ortesi, dovuta soprattutto alle complicazioni come irritazioni cutanee, calli, ulcere e dolori.

Figura 28. Complicazioni nell’utilizzo di ortesi nella CMT

Figura 28. Complicazioni nell’utilizzo di ortesi nella CMT

Dallo studio è anche emerso che le donne tollerano meno l’utilizzo delle ortesi, probabilmente per il disagio emotivo che ne deriva nell’indossarle. L’abbigliamento femminile tende ad esporre maggiormente le gambe, e ciò potrebbe creare disagio nell’indossare delle ortesi, soprattutto quelle più vistose. Mentre nei soggetti con forme più gravi di CMT la tollerabilità è più alta perché traggono grossi benefici dalle ortesi, in quanto li rendono molto più autonomi.

Lo studio evidenzia anche problemi legati alla prescrizione delle ortesi, che spesso vengono prescritti in modo scorretto e quindi il paziente resta insoddisfatto e la tollerabilità e i benefici ottenuti dagli ausili peggioreranno.

In conclusione, gli autori sottolineano l’importanza di un approccio personalizzato per prescrivere le ortesi per i pazienti con CMT; è fondamentale considerale le varie caratteristiche della malattia, come la gravità, le complicazioni presenti, le necessità personali del paziente e infine una regolare valutazione sull’efficacia degli ausili prescritti. (Bertini A. et al., 2023)

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2.3.6 - Ausili

Secondo la definizione internazionale dell’ISO 9999 l’ausilio viene definito come “qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o sistema tecnologico di produzione specializzata o di comune commercio utilizzato da una persona disabile per prevenire, compensare, alleviare o eliminare una menomazione, disabilità o handicap”. Gli ausili sono progettati per migliorare la vita quotidiana e aumentare l’autonomia del paziente, senza però una finalità clinica. Anche gli ausili possono essere:

  • Personali: sono fatti su misura sul paziente e alcuni esempi sono le protesi, le carrozzine, i deambulatori;
  • Standardizzati: sono facilmente reperibili in commercio e alcuni esempi sono: materassi, letti, maniglioni.

L’ISO 9999 classifica gli ausili in tre categorie funzionali:

  1. Ausili per la comunicazione, lo studio e il lavoro: vengono chiamati ausili comunicatori, sono progettati per facilitare la comunicazione interpersonale e l’accesso alle informazioni in diverse situazioni. Diversi dispositivi tecnologici rientrano in questa categoria, come per esempio i computer e i telefoni.
  2. Ausili per la vita quotidiana: sono ausili progettati per facilitare e aiutare le persone a svolgere le normali attività della vita quotidiana che per alcuni soggetti possono risultare troppo difficili da effettuare da soli. Con questi ausili la persona può diventare autonoma nelle attività quotidiane, aumentare il suo senso di indipendenza e migliorare la sua autostima. Questo senso di autonomia può avere un impatto positivo sul benessere psicologico della persona.

Esempi di ausili che possono essere utilizzati nelle attività quotidiane sono: apri bottiglie, infila bottoni, porta chiavi per agevolare l’apertura delle porte, pinsa prensile.

  1. Ausili per la mobilità: sono gli ausili che agevolano lo spostamento nell’ambiente e l’assetto posturale. Stampelle, deambulatori, carrozzine, seggiolini e cuscini antidecubito rientrano in questa categoria di ausili.

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2.4 - Chirurgia

Gli interventi chirurgici sono un’ottima opzione, soprattutto nei casi più gravi in cui la fisioterapia non riesce più a compensare il danno, per correggere o prevenire deformità significative e per migliorare la mobilità sia dell’arto inferiore che dell’arto superiore. Prima che il fisiatra e l’ortopedico suggeriscano l’effettuazione di un intervento chirurgico, bisogna valutare attentamente la salute del paziente considerando l’età, il danno presente e le capacità residue.

Negli ultimi anni l’approccio alla chirurgia è cambiato molto. Negli anni ’70 e ’80 gli interventi erano molto più invasivi e con tempi di recupero molto lunghi perché si concentravano spesso sulle strutture ossee. Due degli interventi più comuni che venivano effettuati erano l’artrodesi tibio-tarsica, che consisteva nel bloccare l’articolazione della caviglia, e l’osteotomia calcaneare, dove una porzione a forma di cuneo dell’osso del calcagno veniva rimossa per poter riallineare il piede con la gamba.

Nell’ultimo decennio le procedure chirurgiche si sono evolute e migliorate e si focalizzano essenzialmente sull’allineamento, la forza e la funzionalità del piede. L’intervento che ora viene più comunemente effettuato, oltre al rilascio della fascia plantare, è l’allungamento del tendine di Achille, che spesso è retratto nella CMT, e consiste in un’incisione che permette di alleviare la tensione nella pianta del piede, migliorando il modo in cui il piede si appoggia. I chirurghi eseguono anche delle procedure più complesse, come la tenodesi, un intervento che lega più strutture tra di loro per migliorarne la funzionalità, oppure interventi sulle ossa come l’artrodesi delle falangi dei piedi, in cui si vanno a bloccare le dita dei piedi in posizione estesa per prevenire il loro piegamento, o l’osteotemia metatarsale.

Tutti questi interventi, personalizzati sul paziente, hanno portato ad un miglioramento della qualità di vita dei pazienti, riducendo il più possibile il dolore e le cadute, dando sollievo al paziente, ed aumentando la mobilità. Le combinazioni di interventi sui tessuti molli e sulle ossa hanno dato degli ottimi risultati per quanto riguarda l’allineamento del piede e sulla flessibilità della caviglia.

Prima di eseguire un intervento è importante che i chirurghi informino i pazienti sulla possibilità di ricaduta. Specialmente quando si effettuano degli interventi precoci a livello degli arti inferiori, la progressione della malattia e i cambiamenti articolari dovuti all’età possono compromettere i risultati nel lungo termine.

Se il paziente presenta delle deformazioni alle mani che compromettono la vita quotidiana del paziente si può ricorrere alla chirurgia. L’intervento alla mano che più comunemente viene fatto sono le trasposizioni tendinee per andare a migliorare e ristabilire il movimento di opposizione del pollice. Questo movimento, importante nella vita quotidiana perché permette al soggetto di afferrare oggetti e manipolarli, spesso è compromesso nei pazienti affetti da CMT e grazie all’intervento il paziente potrebbe riacquisire e migliorare la funzionalità della mano.

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2.4.1 - Studi sugli effetti del trattamento chirurgico

Uno studio svolto sull’efficacia della terapia e il grado di soddisfazione dei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici ha evidenziato come la fusione dell’articolazione della caviglia porta a un maggiore numero di fallimenti, mentre le nuove procedure chirurgiche preservano e migliorano le funzionalità del piede nel miglior modo possibile, minimizzando i rischi di complicazioni e ottenendo maggiori risultati a lungo termine. (Barton T. et al., 2013)

Un altro studio, condotto dal gruppo di Basini, si proponeva di valutare i benefici a breve e medio termine della chirurgia funzionale nelle persone affette da CMT, basandosi sull’efficacia della dorsi-flessione del piede, che spesso è compromessa, e sul dolore legato alle deformità. I pazienti che hanno partecipato allo studio sono stati valutati prima dell’intervento con una valutazione nel laboratorio per l’analisi del movimento e biomeccanica. Successivamente sono stati sottoposti all’intervento ed infine, al termine del periodo di degenza, sono stati rivalutati con un’analisi strumentale del cammino. Dalle valutazioni finali è emerso come l’intervento in questi pazienti ha diminuito il dolore associato al cammino, in particolare nei pazienti che presentavano un maggiore dolore durante la valutazione preoperatoria. Dopo un mese dall’intervento e di riabilitazione intensiva si riscontrava anche un aumento del movimento in flessione dorsale della caviglia, sia passivo che attivo. Questo miglioramento permetteva di avere una corretta funzionalità del piede nella fase di appoggio durante la deambulazione. Anche se nella valutazione post-chirurgica le prove sull’equilibrio e di velocità non avevano mostrato dei miglioramenti, i pazienti stessi riferivano di essere molto migliorati successivamente all’operazione grazie alla riduzione del dolore durante la deambulazione e alla possibilità di usare scarpe commerciali, e non solo ortopediche. (Basini G. et al., 2024)

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2.4.2 - Riabilitazione post-chirurgica

È essenziale, dopo l’intervento chirurgico, effettuare un’adeguata e tempestiva riabilitazione. Dopo un intervento è sconsigliato un lungo periodo di immobilizzazione perché potrebbe causare un’eccessiva perdita del tono muscolare, per cui si consiglia ai pazienti di iniziare precocemente un percorso riabilitativo intensivo. Una riabilitazione ben strutturata post-chirurgica ben struttura migliora ulteriormente la qualità di vita dei pazienti; infatti, è importante per la funzionalità muscolare, la mobilità e l’indipendenza. L’iter post-operatorio generalmente prevede diversi step:

  • L’immobilizzazione con tutori o gessi a domicilio per periodi che possono variare in base al tipo di intervento a cui il paziente viene sottoposto;
  • La rimozione dell’immobilizzazione con successiva visita di controllo;
  • Iniziare la riabilitazione post-chirurgica il cui scopo è quello di recuperare la funzionalità, la forza e la mobilità dell’arto.

2.5 - Trattamento farmacologico

Tuttora, anche se la ricerca scientifica ha fatto enormi passi avanti, non è stato trovato un farmaco che permetta di guarire completamente dalla malattia di Charcot Marie Tooth. Numerose aziende farmaceutiche continuano a testare e sviluppare nuovi farmaci per trattare la CMT.

Prima che un farmaco venga messo in commercio deve essere testato e superare numerosi controlli. Inizialmente il farmaco viene testato sugli animali e successivamente si passa ai test sull’uomo, che prevedono 4 fasi:

  • Fase I: determinare la quantità massima di farmaco che può essere somministrata prima che diventi tossico;
  • Fase II: verificare se il dosaggio scelto è efficace su un piccolo gruppo di pazienti;
  • Fase III: verificare il dosaggio del farmaco su un gruppo più grande di pazienti;
  • Fase IV: il farmaco viene messo in commercio, ma si continua a verificare la sua efficacia e si registrano gli eventuali effetti collaterali non ancora registrati che potrebbero manifestarsi.

Di seguito un elenco di alcune molecole in corso di sperimentazione cliniche per la CMT:

  • PXT3003: è un cooktail di tre farmaci a basso dosaggio che ha riscontrato notevoli risultati nei soggetti con Charcot Marie Tooth.
  • IFB-088: è un farmaco che agisce sul metabolismo delle cellule stressate.
  • MT-002: è una molecola che inibisce il recettore P2X7, ha la funzione di migliorare la mielinizzazione, i livelli del calcio intracellulare e ristabilire i parametri funzionali del neurone.
  • Neurotrophin 3: è un approccio nella terapia genetica per la cura della CMT1A.
  • VM202: è un farmaco utilizzato per il trattamento del dolore nella CMT1A.

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2.5.1 - PXT3003

Tra queste molecole la PXT3003 è quella in fase di sperimentazione più avanzata (fase III) e che ha dato maggiori risultati nei pazienti affetti da CMT1A. La sperimentazione clinica su questo farmaco, che è stata portata avanti dall’azienda Pharnext, ha trattato per più di 8 anni (iniziato a dicembre del 2015 ed ancora in corso) 323 pazienti con forme di CMT1A da lievi a moderate. Il farmaco somministrato nella maggior parte dei pazienti è un cocktail di tre farmaci (baclofene, naltrexone, sorbitolo) a basso dosaggio già usati dall’uomo, mentre un gruppo di pazienti è stato trattato con un cocktail a dosaggio molto più alto e ad un altro gruppo è stato somministrato un placebo. Questa combinazione di farmaci, che hanno meccanismi d’azione differenti tra loro, permette di colpire più punti di un bersaglio, permettendo così di usare dosaggi più bassi. Già nella fase I il farmaco ha mostrato la sua efficacia nel bloccare la sovra-espressione del gene mutato PMP22, con un miglioramento della mielinizzazione dei nervi periferici e, conseguentemente, della funzionalità motoria e sensoriale. Successivamente si è passati alla fase II, in cui si valutava la sicurezza e la tollerabilità del cocktail di farmaci.

Figura 29. Risultati somministrazione farmaco PXT3003

Figura 29. Risultati somministrazione farmaco PXT3003

Successivamente si è passati alla fase III durante la quale sono stati riscontrati delle complicanze sulla stabilità a lungo termine del farmaco nei pazienti che assumevano il cocktail ad alto dosaggio. A causa di questo evento inaspettato, la Food and Drug Administration ha chiesto a Pharnext di condurre un’ulteriore sperimentazione prima di mettere in commercio il farmaco. Iniziata una nuova sperimentazione, non sono stati evidenziati peggioramenti delle condizioni cliniche dei pazienti, in più è stata confermata la sicurezza del trattamento. La Pharnext, tenendo conto degli ottimi risultati raggiunti, in un comunicato pubblicato il 19 dicembre 2019, ha reso note le sue intenzioni di commercializzare il farmaco.

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2.5.2 - Acido ascorbico

Un altro studio sperimentale è stato svolto sull’acido ascorbico, che sembra andare a ridurre la quantità si mRNA della proteina PMP22 attraverso una via mediata da cAMP. Tuttavia, non è riuscito a dimostrare la sua efficacia in vari studi randomizzati e controllati fatto sia nei bambini che negli adulti. Nella fase di sperimentazione sugli uomini si notarono delle complicazioni quando si andava a somministrare il dosaggio efficace, mentre con il dosaggio inferiore non erano presenti né effetti collaterali né miglioramenti.

2.5.3 - Progesterone e neurotropina 3

Progesterone e neurotropina 3 hanno mostrato risultati entusiasmanti anche in modelli animali, ma non esistono studi randomizzati controllati con placebo su questi agenti e la loro efficacia negli esseri umani sono ancora da determinare.

2.5.4 - Farmaci a rischio per la CMT

Alcuni farmaci potrebbero andare a peggiorare le condizioni del paziente, aumentare la sofferenza dei nervi, i quali potrebbero anche danneggiarsi. In molti casi il rischio è presente quando il farmaco viene assunto a dosi alte, per cui sarà lo specialista a determinare il giusto dosaggio in base alle necessità del paziente. Il Sistema Sanitario Americano ha stilato un elenco dei farmaci piò o meno a rischio e tra questi troviamo la vincristina e il paclitaxel, che possono portare ad un decorso atipico più grave di neurotossicità periferica.

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2.6 - Aspetti psicologici

I pazienti affetti da CMT possono avere ripercussioni su diversi versanti: fisico, psicologico e sociale. Ed è importante non ignorare l’impatto che la malattia ha sul piano psicologico. Bisogna riconoscere il carico emotivo che ogni individuo affetto da CMT deve affrontare a causa delle proprie limitazioni, il paziente deve riflettere e capire le proprie risorse e limiti personali cercando così di adattarsi al meglio alla propria situazione

Partendo già dal percorso diagnostico, il paziente stesso è accompagnato da molte incertezze e preoccupazioni sul versante emotivo. L’arrivo della diagnosi può portare in alcuni pazienti una sensazione di sollievo, riuscendo finalmente a capire il motivo di tutti i loro sintomi e sofferenze, in altri casi i pazienti possono avere reazioni di shock, rabbia o angoscia. La diversa risposta varia in base al proprio modo di affrontare i problemi, le difficoltà e in base all’atteggiamento generale verso il mondo.

2.6.1 - Consapevolezza della malattia e adattamento

Il costante confronto con la malattia e con i suoi sintomi nel paziente porta a tutta una serie di reazioni emotive dovute alla sensazione di perdita, alla frustrazione nel non riuscire a eseguire determinati compiti, alla rabbia per le proprie limitazioni funzionali e alla preoccupazione per il futuro.

Dopo il primo impatto alcuni pazienti iniziano a trovare delle strategie per la gestione delle proprie limitazioni, iniziando ad accettare la malattia e a trovare un modo per conviverci al meglio. L’accettazione della malattia rende l’individuo più propenso a cercare aiuto per migliorare la propria qualità di vita e raggiungere i propri obiettivi.

Altri pazienti invece si rifiutano di identificarsi malate e lottano per mantenere il loro stile di vita, le loro abitudini, cercano in tutti i modi di restare più autonomi possibile. Questo atteggiamento è un modo che hanno di affrontare la malattia per mantenere un senso di normalità e di controllo della propria vita.

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2.6.2 - Figure di supporto

Le figure di supporto, come i familiari, amici o operatori sanitari, sono fondamentali per affrontare la malattia e migliorare la qualità di vita. Queste figure aiutano i pazienti a sentirsi meno soli nel percorso della malattia, li incoraggiano nel perseguire i propri obiettivi e offrono anche un importante sostegno emotivo e pratico.

Il rapporto che si ha con i familiari a volte può essere complicato, per mancanza di comunicazione e comprensione reciproca. Per superare queste difficoltà è fondamentale l’ascolto attivo e la condivisione sincera delle emozioni.

Mantenere dei buoni rapporti sociali è assolutamente benefico per poter affrontare al meglio la malattia. La qualità dei rapporti e la capacità di saper superare il disagio svolgono un ruolo importante nel supporto emotivo e pratico durante il percorso della malattia.

2.6.3 - Aspetti psicologici in riabilitazione

Intraprendere un percorso riabilitativo e un’attività sportiva è un impegno che l’individuo prende verso il proprio benessere, cercando così di alimentare la speranza nel poter migliorare e gestire la propria condizione. Durante il percorso riabilitativo il paziente, che viene seguito da personale specializzato, impara a comprendere i propri limiti e scoprire o riscoprire le proprie risorse. Si aiuta il paziente a sperimentare nuove strategie per una migliore autogestione delle proprie condizioni, per sostenere o incrementare il proprio senso di autosufficienza.

In conclusione, si può dire che l’accettazione della malattia migliora la vita del paziente. Questa malattia mette il paziente di fronte a situazioni che gli provocano rabbia, sofferenza, frustrazione, tristezza. Ma il desiderio di continuare a coltivare la propria voglia di vivere, di raggiungere i propri obiettivi e aspirazioni, tenendo conto delle proprie risorse e degli aiuti, ma anche delle proprie limitazioni, può contrastare queste emozioni negative.

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3 – Caso clinico

C. G. è un bambino di 9 anni, nato da genitori non consanguinei, con familiarità positiva in linea materna per:

  • Malattia di Charcot Marie Tooth, di cui è affetta anche la madre;
  • Patologie neuropsichiatriche, la sorella maggiore presenta turbe della sfera emotivo-affettiva;
  • Sonnambulismo;
  • Soliloquio;
  • Fibromialgia;
  • Artrite reumatoide.

Familiarità in linea paterna, per:

  • Patologie vascolari,
  • IMA
  • Patologie endocrino-metaboliche,
  • Tireopatia
  • Patologie autoimmunitarie,

La madre ha avuto 3 gravidanze, la prima esitata in aborto spontaneo nelle prime settimane di gestazione, dalla seconda è nata una femmina, dalla terza è nato G.. Il decorso della gravidanza è stato complicata da ipotiroidismo e diabete gestazionale. La gravidanza è esitata in parto eutocico prematuro alle 36 Sett + 1 gg. Il peso alla nascita era di 3130 gr; Viene riferito dalla madre che il neonato non ha pianto immediatamente dopo il parto; non è stato posto in termoculla dopo il parto e In prima giornata è stato aspirato per secrezioni a livello delle vie respiratorie.

Allattamento esclusivo al seno per i primi tre mesi. Svezzamento successivo complicato da alvo diarroico, feci sanguinolente e intolleranza alle proteine del latte.

A 4 mesi ha effettuato per un mese fisioterapia per riduzione delle funzionalità dell’arto superiore destro, causata da una sublussazione della spalla durante la nascita.

Durante i primi anni di vita vengono riferiti frequenti otiti. Nel giugno 2018, all’età di 3 anni, ha effettuato una valutazione otorinolaringoiatrica (ORL), con potenziali evocati acustici (PEA) nella norma. Deambulazione autonoma intorno ai 18 mesi.

All’età di 4 anni, per disturbi del linguaggio, su indicazione del pediatra di base veniva inviato a consulto dal neuropsichiatra. Alla visita G. presentava un bagaglio lessicale ridotto di circa 100 parole con deficit fonetico fonologico, con formulazione di frasi semplici e nucleari. Dopo circa un mese e mezzo circa dalla prima visita ha avviato terapia abilitativa logopedica e psicoterapia sensomotoria (PSM) privatamente.

Alla scuola materna viene descritto dalle insegnanti come un bambino vivace, con scarso adattamento alle regole, ridotto rispetto delle consegne, scarsa partecipazione alle attività curricolari; buone le relazioni con i pari.

All’età di 4 anni presenta pattern comportamentale ipercinetico e oppositivo sia in ambiente domestico che scolastico. Ha una scarsa tolleranza ai dinieghi e alle frustrazioni a cui reagisce con crisi di pianto e agitazione. Vengono anche descritti rigidità e tratti ossessivi.

Alvo e diuresi regolari, alvo alterno quando mangia alimenti contenenti latte. Ritmo sonno veglia alterato da difficoltà di addormentamento e soliloquio, per cui assume melatonina. Non ha mai avuto convulsioni febbrili. Nel 2018 viene effettuato un elettroencefalogramma (EEG) sonno veglia che ha registrato un’attività elettrica cerebrale (AEC) ai limiti della norma.

All’esame obiettivo presenta piede piatto bilaterale, angioma piano in sede retronucale, due macchie ipocromiche in regine costale destra e sinistra. Non presenta clonie né segno di Babinski. I nervi cranici esplorati sono apparentemente indenni.

Sempre all’età di 4 anni viene eseguito un esame ambulatoriale neurologico con esame genetico. All’esame Neurologico vengono rilevati: un’andatura e stazione eretta nella norma, una difficoltà a stare sui talloni, un tono e riflessi osteotendinei ridotti ai 4 arti. All’esame Genetico risulta una Duplicazione in eterozigosi del Gene PMP22 con diagnosi di neuropatia sensori-motoria cronica su base genetica, in particolare viene diagnosticata la Malattia di Charcot Marie Tooth 1A.

A seguito della diagnosi di CMT viene fatto accedere all’SSR di Villafranca Tirrena per seguire un trattamento sia logopedistico che neuropsicomotorio.

All’età di 5 anni viene eseguita una nuova visita ambulatoriale per follow-up dell’handicap. All’esame obiettivo G. presenta uno sviluppo staturo-ponderale adeguato per sesso ed età, un linguaggio stimolato e povero, con errori fonetico-fonologici, iperattività e labilità attentiva.

All’età di 7 viene nuovamente eseguita una visita ambulatoriale per accertamento dell’handicap. I risultati dell’esame obiettivo sono pressoché invariati rispetto a quelli di 2 anni prima, ad eccezione di una migliorata attenzione e di un ridotto trofismo alle masse muscolari degli arti inferiori.

La diagnosi finale di G. è:

  • Disturbo del linguaggio espressivo.
  •  Ritardo degli apprendimenti scolastici.
  •  Pattern comportamentale iperattivo.

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3.1 – Percorso clinico

Dopo la diagnosi di CMT nel 2019 è stato stilato un programma terapeutico che consisteva in:

  • Psicomotricità “PSM” (2 volte a settimana).
  • Logoterapia “LT” (2 volte a settimana).
  • Fisio kinesi terapia “FKT” (1 volta a settimana).

La durata prevista per il programma terapeutico è stata di 17 settimane con un numero di trattamenti per settimana pari a 5.

Le previsioni di recupero a medio termine sono state:

  • Riduzione dei comportamenti oppositivi e potenziamento delle capacità di attenzione al compito.
  • Miglioramento dell’articolazione fonologica.
  • Stretching che non superi la soglia di affaticabilità.

Le previsioni di recupero a lungo termine sono state:

  • Favorire e potenziare l’acquisizione di nuove parole e il loro utilizzo in contesti adeguati.
  • Costruzione di frasi più strutturate.

Periodicamente vengono redatte dalla SSR di Villafranca delle sintesi clinico-terapeutiche sulle condizioni di G., dove vengono riassunti i progressi fatti dal bambino grazie all’aiuto della neuropsicomotricità e dove vengono posti nuovi obiettivi sia a medio che a lungo termine.

La prima relazione redatta dalla neuropsicomotricista della SSR è stata fatta a inizio 2020, all’età di 4 anni, e riporta:

  • COMPETENZE ADATTIVO-RELAZIONALI:

Per quanto riguarda la partecipazione ambientale G. si separa dalla madre ma raccomandandole di aspettarlo seduta nel corridoio. Nella stanza esplora l’ambiente in modo caotico; sceglie i giochi, li riversa a terra e simula scontri e combattimenti. La collaborazione è altalenante. Resistenze per le mobilizzazioni e i cambi di postura. Il contatto oculare è presente ma non mantenuto durante il gioco condiviso o la conversazione. Evita tendenzialmente il contatto corporeo.

Indica e usa gesti convenzionali, anche se è poco collaborante nella loro imitazione e in quella di azioni. Nelle interazioni sociali tende ad ignorare il ruolo dell’altro e a prevaricare. Le dinamiche ludiche sono poco diversificate. Il suo pattern comportamentale è iperattivo ed oppositivo. Ha una scarsa tolleranza alle frustrazioni e una scarsa aderenza alle regole.

  • COMPETENZE COGNITIVE:

L’attenzione è labile come la memoria. Riesce a riconoscere sopra e sotto, ma l’orientamento spazio-temporale non è adeguato. Riesce a riconoscere il cerchio.

Riconosce su di sé le parti del corpo richieste, ricostruisce correttamente il viso inserendo le parti del volto nella giusta posizione ma non è adeguata la produzione grafica del corpo. Riesce a riconoscere tutti i colori e ad associare immagini/oggetti per colore. Adeguata la classificazione di immagini fino a quattro classi di appartenenza.

L’impugnatura del mezzo grafico è scorretta, il disegno del volto umano e del bambino è immaturo, limitato a scarabocchi circolari. La copia di linee verticali e orizzontali è adeguata, mentre la copia di linee curve e segmentate e di forme geometriche è immatura. Costruisce un puzzle con tre cubi in verticale correttamente.

  • ABILITÀ MOTORIE

Ipotono agli arti inferiori e superiori, forza e trofismo sono adeguati. Le tappe posturali sono tutte presenti. Entrambi i piedi sono piatti, con limitazione della dorsi-flessione. La deambulazione è veloce e sulle punte con difficoltà ad appoggiare i talloni ed è autonoma. I passaggi posturali sono tutti presenti. Ha impaccio motorio, compie velocemente qualsiasi passaggio posturale e sequenza motoria. La prensione di oggetti di piccole dimensioni è scorretta. La motricità fine è impacciata e rigida. Molto instabile l’equilibrio statico e dinamico durante la marcia e sequenze motorie complesse. Le prassie sono immature.

Riesce a togliersi le scarpe da solo ma non ad indossarle, la madre riferisce che da solo riesce a lavarsi le mani e a mangiare.

  • COMPETENZE SCOLASTICHE:

Frequenta la scuola materna, è in ritardo con l’acquisizione dei prerequisiti.

  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A BREVE TERMINE:
  • Promuovere il rispetto della turnazione e dei tempi nello scambio interpersonale.
  • Incrementare i tempi di attenzione al compito e all’interlocutore.
  • Promuovere la collaborazione e ridurre i comportamenti oppositivi.
  • Promuovere l’allungamento muscolare aumentando la soglia di tolleranza.
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A MEDIO TERMINE:
  • Promuovere l’accettazione delle regole sociali e dei ruoli sociali.
  • Migliorare la capacità grafo motoria e di motricità fine attraverso giochi percettivi e grafo motori.
  • Migliorare la coordinazione grosso motoria e l’equilibrio statico e dinamico.

Le problematiche ritrovate nella prima relazione redatta dalla SSR sono in linea con quelle che sono state evidenziate durante le visite ambulatoriali svolte al policlinico di Messina.

A fine 2021, all’età di 6 anni, la relazione redatta dalla neuropsicomotricista della SSR di Villafranca riporta:

  • COMPETENZE ADATTIVO RELAZIONALI:
  1. frequenta volentieri e felicemente i trattamenti settimanali. Si separa tranquillamente dalla madre e collabora alle attività proposte sebbene con difficoltà a mantenere la concentrazione. Migliorata la collaborazione per le mobilizzazioni e gli esercizi FKT. Tende a monopolizzare il gioco e la relazione.

Contatto oculare presente ma non adeguatamente sostenuto durante il gioco condiviso o la conversazione, si riduce quando nel turno conversazionale deve ascoltare l’altro. Accetta il contatto corporeo e lo ricrea molto volentieri. Indica e usa gesti convenzionali su imitazione.

Diminuita notevolmente la tendenza a prevaricare, ma continua a non ascoltare le indicazioni dell’altro perseverando nelle sue idee. È poco collaborante nell’imitazione di gesti, suoni e azioni.

Le dinamiche ludiche sono poco diversificate, le tematiche del gioco sono relative a scontri, combattimenti e morte dei soldati. Nel gioco in condivisione accetta essere guidato con piccole modifiche nelle dinamiche o tematiche (gioco con personaggi della famiglia in miniatura con riproduzione di ambienti familiari).

Il pattern comportamentale è iperattivo, ma sono migliorate l’oppositività e la tolleranza alle frustrazioni, sono diminuiti gli atteggiamenti di sfida.

  • COMPETENZE COGNITIVE:

L’attenzione è carente, con molti shift attentivi, la memoria non è adeguata, carente la memoria di lavoro. Riconosce sopra/sotto e dentro/fuori ma confonde ancora davanti/dietro. Riesce a riconoscere prima/dopo. Riconosce il cerchio, il quadrato e la stella.

Riconosce su di sé le parti del corpo richieste. Riesce a ricostruire correttamente il viso inserendo le parti del volto nella giusta posizione, ma rimane non adeguata la riproduzione grafica del volto.

Riconosce tutti i colori e associa immagini/oggetti per colore. Adeguata la classificazione di immagini fino a quattro classi di appartenenza.

L’impugnatura del mezzo grafico è scorretta ma tollera la correzione e il prompt per la corretta presa. Il movimento parte dalla spalla, il polso rimane fisso senza adeguarsi ai movimenti di rotazione e senza appoggio sul tavolo. Il disegno del volto umano e del bambino è immaturo, limitato a scarabocchi circolari. La copia di linee verticali e orizzontali è adeguata, mentre la copia di linee curve e segmentate e di forme geometriche è immatura. Nel colorare non rispetta i margini delle figure e presenta poca pressione. Aumentata la tolleranza e la collaborazione durante attività grafo motorie: esegue pregrafismi, percorsi grafici, completamento sequenze ma non ancora in autonomia, occorre sollecitarlo e richiamare la sua attenzione. Costruisce un puzzle con tre cubi in verticale correttamente, esegue incastri e ricostruzione/riproduzione di immagini/puzzle con maggiore precisione.

La comprensione di consegne semplici è adeguata. La produzione verbale è caratterizzata da deficit fonetico fonologico ed è limitata a frasi nucleari. L’eloquio risulta spesso incomprensibile.

  • ABILITÀ MOTORIE:

Presenta ipotono agli arti superiori e inferiori, forza e trofismo sono adeguati. Le tappe posturali sono tutte presenti. I piedi sono piatti e ha limitazione della dorsi-flessione. I passaggi posturali sono tutti presenti. La deambulazione è autonoma, con tendenza alla velocità, lateralizzazione verso destra

È presente impaccio motorio. Compie velocemente i passaggi posturali per non perdere l’equilibrio con lo spostamento del baricentro. Scarsa la coordinazione nelle sequenze motorie (sequenze crociate, gambe aperte/chiuse, avanti/dietro e movimenti crociati delle braccia).

L’impugnatura del mezzo grafico è di tipo alta digitale e mentre per gli oggetti di piccole dimensioni e di pinza superiore. Scarsa la pressione sul foglio nelle attività di disegno e per scrittura, colora uscendo dai margini di un disegno.

La motricità fine è impacciata e rigida. Migliorata la coordinazione oculo manuale e bimanuale.

Molto instabile l’equilibrio dinamico durante la marcia e sequenze motorie complesse. Instabile anche l’equilibrio statico. Le prassie sono immature.

È stata raggiunta l’abilità di togliere e ad indossare autonomamente le scarpe con gli strappi e le fibbie, di togliere e indossare il giubbotto utilizzando correttamente la cerniera, non ancora consolidato l’utilizzo dei bottoni.

  • COMPETENZE SCOLASTICHE:

In ritardo l’acquisizione dei prerequisiti. Ha acquisito il conteggio fino a 10.

  • MIGLIORAMENTI:

Sono stati raggiunti parzialmente gli obiettivi prefissati nella precedente relazione. Si nota un miglioramento soprattutto negli atteggiamenti, con una migliorata tolleranza alle frustrazioni e aderenza alle regole, e una diminuzione degli atteggiamenti di sfida e di prevaricazione. Accetta di partecipare ai trattamenti, e ne è anche felice, e non chiede più alla madre di restare ad aspettarlo. Accetta il contatto fisico. Adesso riesce a riconoscere il concetto di dentro/fuori e nuove forme geometriche, il quadrato e la stella. Aumentata anche la tolleranza durante attività grafo motorie e esegue puzzle con maggiore precisione. Migliorate anche la coordinazione oculo manuale e bimanuale.

  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A BREVE TERMINE:
    • Promuovere il rispetto della turnazione e dei tempi nello scambio interpersonale (attraverso giochi di scambio e di turno come memory).
    • Incrementare i tempi di attenzione al compito e all’interlocutore (uso di timer).
    • Migliorare la coordinazione grosso motoria e l’equilibrio (percorsi psicomotori, sequenze di passi diversificati, uso delle scale, della spalliera e delle pedane d’equilibrio).
    • Promuovere l’allungamento muscolare aumentando la soglia di tolleranza (attraverso esercizi di stretching).
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A MEDIO TERMINE:
    • Migliorare la motricità fine e la coordinazione bimanuale (attraverso attività con dido’, viti e bulloni, pinze e forbici, chiodini e incastri).
  • Migliorare la capacità grafo motoria (attraverso giochi percettivi e grafo motori, schede di pregrafismo).
  • Migliorare il tono e il trofismo muscolare (esercizi di stimolazione e FKT).
  • Favorire un corretto training del passo.

Nel 2022 è iniziato il mio percorso di tirocinio presso la SSR in cui viene seguito G. ed è l’anno in cui ho cominciato a seguire G. nel suo percorso di neuropsicomotricità. A fine 2022, all’età di 7 anni, la relazione redatta dalla neuropsicomotricista della SSR di Villafranca riporta:

  • COMPETENZE ADATTIVO-RELAZIONALI:

L’adattamento al setting di G. risulta sereno, presenta un pattern comportamentale di tipo iperattivo-impulsivo con tratti oppositivi. Il contatto oculare è presente ma poco sostenuto. Presente l’iniziativa relazionale spontanea nei confronti delle figure di riferimento.

Linguaggio verbale investito a scopo comunicativo, costituito dalla frase con completamento. Presenti molteplici alterazioni fonetiche. Le frasi sono più ampie e strutturate in modo completo, ma a volte è di difficile interpretazione a causa delle alterazioni fonetiche. Bagaglio lessicale migliorato, ma capacità narrative povere. Comprensione adeguata a consegne semplici riferibili al contesto.

  • COMPETENZE COGNITIVE:

Attenzione labile, persistenza sull’attività discontinua risultando necessario supportarlo verbalmente per mantenere il controllo della situazione. Carente la memoria di lavoro. Riconosce i principali concetti topologici, ma confonde la destra e la sinistra. Presenta difficoltà nella sequenzialità temporale, conosce i giorni della settimana in sequenza. Riconosce su di sé lo schema corporeo, ma non risulta essere adeguata all’età la riproduzione grafica. Acquisita la conoscenza dei colori. Effettua associazioni e semplici categorizzazioni. Presa del mezzo grafico pluridigitale e instabile, con tratto leggero e irregolare, riesce su copia a riprodurre linee rette, verticali, orizzontali e circolari. Colora con poca pressione e in modo poco uniforme, uscendo dai margini

  • ABILITÀ MOTORIE:

Tono lievemente incrementato agli arti superiori e inferiori. Presenta un atteggiamento posturale con spalle in chiusura e atteggiamento cifotico. Presenta limitazione nei movimenti di dorso flessione dei piedi. Deambulazione con ginocchia semi flesse, tendenza incostante all’appoggio digitigrado, marcia accelerata. Passaggi posturali autonomi, mentre risulta essere difficoltosa la marcia sui talloni. Presenta impaccio motorio e lentezza esecutiva. Instabile l’equilibrio statico e dinamico. Motricità fine caratterizzata da difficoltà nell’adattare la presa alle dimensioni dell’oggetto e da scarsa coordinazione bi-manuale ed oculo-manuale. Acquisite le autonomie di base (alimentazione, utilizzo della toilette) mentre riscontra difficoltà nelle prassie più complesse. Riferita enuresi secondaria.

  • COMPETENZE SCOLASTICHE:

Apprendimenti deficitari (al momento della visita G. frequenta la II elementare), effettua la lettura di sillabe ed ha acquisito il conteggio fino a 14. Scrive il suo nome con difficoltà. Riesce a scrivere parole a struttura semplice.

  • MIGLIORAMENTI:
  1. Ha aumentato la lunghezza delle frasi, arricchendole con un bagaglio lessicale più ampio. Adesso conosce i giorni della settimana. Riesce a riprodurre linee circolare. Sa scrivere, anche se con difficoltà il suo nome e altre parole di struttura semplice. Riesce a contare fino a 14 (rispetto ai 10 della volta precedente). C’è stato un lieve aumento del tono muscolare degli arti superiori e inferiori.
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A BREVE TERMINE:
    • Promuovere l’allungamento muscolare aumentando la soglia di tolleranza attraverso esercizi di stretching.
    • Potenziare la motricità fine e la coordinazione bimanuale attraverso attività con dido’, viti, bulloni, pinze, forbici, chiodini, incastri.
    • Arricchire il lessico attraverso la denominazione di immagini.
    • Impostare i fonemi mancanti per rendere comprensibile l’eloquio.
    • Rispettare le consegne.
    • Migliorare la grafo-motricità.
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A MEDIO TERMINE:
  • Migliorare la coordinazione motoria e l’equilibrio statico e dinamico attraverso percorsi motori, sequenza di passi diversificati, uso delle scale, spalliera, pedane dell’equilibrio.
  • Ampliare i tempi di permanenza sul compito ampliando i tempi di attenzione.
  • Favorire le capacità di narrazione attraverso la visione di brevi storie illustrate.
  • Sviluppare una maggiore adesione alle regole sociali.
  • Ampliare la struttura della frase.
  • Allenare la memoria lavoro.

A metà 2023, a quasi 8 anni, la relazione redatta dalla neuropsicomotricista della SSR di Villafranca riporta:

  • COMPETENZE ADATTIVO-RELAZIONALI:

Sereno l’adattamento al setting, pattern comportamentale di tipo iperattivo-impulsivo con tratti oppositivi. Socievole, avvia lo scambio sia con gli adulti che con i pari, migliorata la capacità di partecipare a giochi di turno e con regole che in questa fase costituiscono una sua preferenza.

L’eloquio appare maggiormente comprensibile, utilizza frasi sempre più complesse, ampie e strutturate in modo completo, ma a volte è difficile l’interpretazione a causa delle alterazioni fonetiche e della velocità di eloquio. Ha problemi con la pronuncia di parole contenenti i fonemi SC, ST, SP. Bagaglio lessicale migliorato ma capacità narrative povere. Comprensione adeguata a consegne semplici riferibili al contesto. Atteggiamento posturale e gestualità non adeguate nell’interazione. Contatto oculare presente e meglio sostenuto ma non sempre modulato.

  • COMPETENZE COGNITIVE:

Attenzione labile, persistenza sulle attività discontinua, necessita di supporto verbale per mantenere il controllo dell’istruzione. Carente la memoria di lavoro. Riconosce i principali concetti topologici, ma confonde destra e sinistra. Presenta difficoltà nella sequenzialità temporale, conosce i giorni della settimana in sequenza.

Riconosce su di sé lo schema corporeo, ma la riproduzione grafica non è adeguata all’età. Acquisita la conoscenza dei colori. Effettua associazioni e semplici categorizzazioni. Presa del mezzo grafico pluridigitale e instabile.

  • ABILITÀ MOTORIE:

Tono lievemente incrementato sia agli arti superiori che inferiori. L’atteggiamento posturale è con le spalle in chiusura e con atteggiamento cifotico. Entrambi i piedi sono piatti e presenta limitazioni nei movimenti di dorsi-flessione. La deambulazione è con ginocchia semi flesse, ha tendenza incostante all’appoggio digitigrado, la marcia è accelerata. Passaggi posturali autonomi. La marcia sui talloni rimane difficoltosa. Presenta impaccio motorio e lentezza esecutiva. Instabile l’equilibrio statico e dinamico. Motricità fine caratterizzata da difficoltà nell’adattare la presa alle dimensioni dell’oggetto e da scarsa coordinazione bi-manuale e oculo-manuale. Acquisite le autonomie di base (alimentazione, utilizzo della toilette) ma presenta difficoltà nelle prassie più complesse.

  • COMPETENZE SCOLASTICHE:

Frequenta la III elementare, legge parole plurisillabiche con ricorso alla via fonologica per quelle più complesse e la presenza di errori per lettura speculare delle lettere. Scrive su dettato parole a bassa e media frequenza d’uso, presente qualche errore di tipo fonologico. Riesce a contare fino a 100.

  • MIGLIORAMENTI:

Si possono notare molti miglioramenti sul campo neurologico, come un miglioramento della capacità di partecipare a giochi di turno, un eloquio più comprensibile con uso di frasi più complesse e complete, accompagnate da un bagaglio lessicale più ampio. Riesce a contare fino a 100 (alla visita precedente riusciva a contare solo fino a 14) e riesce a leggere parole plurisillabiche. Dal punto di vista motorio possiamo notare un incremento del tono muscolare degli arti.

  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A BREVE TERMINE:
    • Promuovere l’allungamento muscolare aumentando la soglia di tolleranza (attraverso esercizi di stretching).
    • Potenziare la motricità fine e la coordinazione manuale (attraverso attività con dido’, viti e bulloni, pinze e forbici, chiodini e incastri).
    • Arricchire il lessico attraverso la denominazione di immagini
    • Impostare i fonemi mancanti per rendere comprensibile l’eloquio.
    • Rispettare le consegne.
    • Migliorare la grafo motricità.
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A MEDIO TERMINE:
    • Migliorare la coordinazione motoria e l’equilibrio statico e dinamico (attraverso percorsi motori, sequenze di passi diversificate, uso delle scale, della spalliera e di pedane dell’equilibrio).
    • Ampliare i tempi di permanenza sul compito ampliando i tempi di attenzione.
    • Favorire le capacità di narrazione attraverso la visione di brevi storie illustrate.
    • Sviluppare una maggiore adesione alle regole sociali.
    • Ampliare la struttura della frase.
    • Allenare la memoria di lavoro.

A inizio 2024, a 8 anni, la relazione redatta dalla neuropsicomotricista della SSR di Villafranca riporta:

  • COMPETENZE ADATTIVO-RELAZIONALI:

Sereno l’adattamento al setting, sebbene la collaborazione alle attività sia incostante per la presenza di oppositività e tendenza a monopolizzare la scelta delle attività. Il contatto oculare è presente ma non lo sostiene durante il gioco condiviso o la conversazione. Il contatto corporeo è ben tollerato, lo accetta e lo ricrea.

Sono presenti i gesti convenzionali su imitazione. Adeguate le interazioni sociali, anche se spesso le frasi risultano poco comprensibili. È presente l’imitazione. Presente il gioco simbolico improntato su tematiche relative a scontri e combattimenti. Il pattern comportamentale è di tipo                          iperattivo-impulsivo.

  • COMPETENZE COGNITIVE:

L’attenzione è labile, la persistenza sull’attività è discontinua ed è necessario supportarlo verbalmente per mantenere il controllo dell’istruzione. Impulsivo nell’esecuzione del compito.

La memoria è deficitaria, soprattutto quella di lavoro. Riconosce i principali concetti topologici ma confonde la destra e la sinistra. Presenta delle difficoltà nell’orientamento temporale, conosce in sequenza i giorni della settimana ma non riesce a stabilire quale viene prima e dopo.

Il riconoscimento delle forme rimane invariato rispetto all’ultima relazione. Riconosce su di sé lo schema corporeo, ma non è adeguata all’età la riproduzione grafica. Adeguata la classificazione di immagini fino a quattro classi di appartenenza.

L’impugnatura dello strumento grafico non è corretta e non accetta prompt fisici o l’utilizzo di un’impugnatura più semplice. Riesce a riprodurre semplici disegni su copia. La riproduzione grafica dei numeri si presenta speculare. Ha difficoltà a livello visuo percettivo.

Il linguaggio verbale è investito a scopo comunicativo, costituito dalla frase con completamento. Presenti molteplici alterazioni fonetiche. L’inventario fonetico è povero, in particolare presenta problemi legati ai fonemi T-D-F-V. Bagaglio lessicale migliorato, ma ha capacità narrative povere. Comprensione adeguata a consegne semplici riferibili al contesto.

  • ABILITÀ MOTORIE:

Presenta ipotono agli arti superiori e inferiori. La forza e il trofismo sono migliorati. Le tappe posturali sono presenti. G. presenta un atteggiamento posturale con spalle in chiusura e atteggiamento cifotico. Entrambi i piedi sono piatti e presenta limitazioni nella dorsi-flessione. Riesce ad eseguire autonomamente tutti i passaggi posturali. La deambulazione è con le ginocchia semi flesse, con una tendenza incostante all’appoggio digitigrado, la marcia è accelerata e risulta sempre difficoltosa quella su talloni. Presenta una lateralizzazione a destra. Presenta impaccio motorio e lentezza esecutiva. L’impugnatura del mezzo grafico è di tipo digitale e a pinza superiore. La motricità fine è caratterizzata da difficoltà nell’adattare la presa alle dimensioni dell’oggetto e da scarsa coordinazione bi-manuale ed oculo-manuale. L’equilibrio statico e dinamico è instabile. Le prassie sono immature. G. è parzialmente autonomo (Utilizzo della toilette).

  • COMPETENZE SCOLASTICHE:

Gli apprendimenti sono deficitari, effettua la lettura ed ha acquisito il conteggio. La presa del mezzo grafico è pluridigitale e instabile, con tratto leggero e irregolare, riesce su copia a riprodurre semplici disegni. Colora con poca pressione e in modo poco uniforme, uscendo dai margini.

  • MIGLIORAMENTI:

I miglioramenti in questo breve lasso di tempo sono stati pochi. Sicuramente sono migliorati forza e trofismo ma sul piano cognitivo non ci sono stati molti avanzamenti, probabilmente ciò è dovuto al fatto che il lasso di tempo tra una relazione e l’altra è minore rispetto alle altre prese in considerazione.

  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A BREVE TERMINE:
    • Promuovere l’allungamento muscolare aumentando la soglia di tolleranza, attraverso esercizi di stretching.
    • Potenziare la motricità fine e la coordinazione bimanuale, attraverso attività con dido, viti e bulloni, pinze e forbici, chiodini e incastri.
    • Rispettare le regole.
    • Migliorare la grafo motricità.
  • OBIETTIVI E STRATEGIE DI INTERVERNTO A MEDIO TERMINE:
    • Migliorare la coordinazione motoria e l’equilibrio statico e dinamico. (attraverso percorsi motori, sequenze di passi diversificate, uso delle scale, della spalliera e di pedane dell’equilibrio).
    • Allenare la memoria di lavoro e le funzioni esecutive attraverso l’utilizzo di software e giochi.
    • Potenziare i tempi di attenzione sul compito.
    • Migliorare le abilità visuo-percettive.

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3.2 – Test

Per poter valutare le condizioni generali di G. sono stati eseguiti diversi test in modo anche da poter accertare che il trattamento stesse effettivamente migliorando le abilità di G. Tutti i test sono stati somministrati dopo 4 anni di terapia riabilitativa presso l’SSR di Villafranca.

I test che sono stati eseguiti sono i seguenti:

  • Scala del cammino (WALK-12).
  • Sollermann Hand Function Scale.
  • Manual Ability Classification System (MACS).
  • Short Physical Performance Battery (SPPB).
  • Scala Funzionale Equilibrio (BERG).
  • Six minute Walking test (6MWT)

3.2.1 - Scala del cammino (WALK-12)

Questo test va a valutare le limitazioni che la neuropatia ha causato nelle attività quotidiane, come camminare o salire le scale. Il test è stato compilato dalla madre di G.. La valutazione viene fatta assegnando alla domanda posta un punteggio che va da 1 (Per nulla) a 5 (Estremamente). I risultati del test sono:

Figura 30 – Scala WALK-12

Figura 30 – Scala WALK-12

I risultati del test sono abbastanza soddisfacenti, essendo state spuntate per la maggior parte le caselle “per nulla”, “lievemente” e “moderatamente”, e solo 2 “in modo importante” e nessun “Estremamente”. Si può dedurre che G. riesce a condurre una vita non eccessivamente influenzata dalla sua malattia, grazie anche alla terapia riabilitativa.

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3.2.2 - Sollermann Hand Function Scale

Il Sollermann Hand Function Scale è un test che serve a dare una valutazione delle funzioni della mano. Ci permette di vedere l’abilità e la qualità della mano mentre esegue azioni di vita quotidiana. Consiste nell’esecuzione di 20 diversi compiti a cui poi viene dato un punteggio che va da 0 a 4:

  • 0à il paziente non riesce ad eseguire l’azione;
  • 1à il compito è stato solo parzialmente svolto entro i 60 secondi;
  • 2à il paziente svolge il compito con grande difficoltà oppure il compito non è stato completato entro i 40 secondi ma entro i 60 secondi oppure il compito non è stato completato;
  • 3à il paziente svolge il compito ma con leggera difficoltà oppure il compito non è completato entro i 20 secondi ma entro i 40 secondi oppure il compito è stato completato con una presa leggermente differente dal normale;
  • 4 à il paziente è riuscito ad eseguire l’azione senza difficoltà.

Vengono valutate sia la mano destra che quella sinistra singolarmente. Dopo aver dato un punteggio a ogni singolo compito viene fatta la somma di ciascun punteggio. Il punteggio massimo che si può ottenere dalla somma dei 20 compiti è 80, i pazienti con una funzionalità della mano normale raggiungono un punteggio di 80 per la mano dominante e di 77-79 per la mano non dominante.

Il test è stato somministrato a G. presso L’SSR di Villafranca, e i risultati sono:

  1. Mettere una chiave nella serratura e girare di 90°: 0 Dx – 0 Sx
  2. Raccogliere una moneta da una superficie piatta e metterla in un borsellino montato su una parete: 4 Dx – 4 Sx
  3. Aprire/chiudere una cerniera: 4 Dx – 4 Sx
  4. Raccogliere monete da un borsellino: 4 Dx – 4 Sx
  5. Sollevare dei cubi di legno oltre i 5 cm di altezza: 4 Dx – 4 Sx
  6. Sollevare un ferro da stiro oltre i 5 cm di altezza: 1 Dx – 1 Sx
  7. Girare una vite con un cacciavite: 3 Dx – 3 Sx
  8. Raccogliere bulloni: 4 Dx – 4 Sx
  9. Svitare il coperchio di un vasetto: 4 Dx – 4 Sx
  10. Abbottonare bottoni: 4 Dx – 4 Sx
  11. Tagliare la plastilina: 4 Dx – 4 Sx
  12. Mettere una benda tubulare sull’altra mano: 4 Dx – 4 Sx
  13. Scrivere: 4 Dx – 4 Sx
  14. Piegare un foglio e metterlo nella busta: 2 Dx – 2 Sx
  15. Prendere una graffetta e metterla nella busta: 4 Dx – 4 Sx
  16. Prendere il telefono e portarselo all’orecchio: 4 Dx – 4 Sx
  17. Girare la maniglia della porta di 30°: 4 Dx – 4 Sx
  18. Versare l’acqua da un contenitore tipo tetrapak: 2 Dx – 2 Sx
  19. Versare acqua da una caraffa: 2 Dx – 2 Sx
  20. Versare acqua da una caraffa: 2 Dx – 2 Sx

La somma finale di tutti i punteggi del test effettuato è di 64, un punteggio leggermente al di sotto di quello massimo, che denota una lieve difficoltà di G. nell’eseguire alcuni dei compiti e quindi una lieve mancanza di abilità nell’uso delle mani ma non una completa assenza delle loro funzioni più fini; questo è in linea con il decorso della malattia, che interessa maggiormente gli arti inferiori piuttosto che quelli superiori.

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3.2.3 - Manual Ability Classification System (MACS)

Il MACS (Sistema di Classificazione dell’Abilità Manuale) descrive la capacità manuale dei bambini con Paralisi Cerebrale Infantile o altre malattie che vanno a incidere sull’attività muscolare, in particolare nell’usare gli oggetti che servono a svolgere le attività quotidiane. Il MACS prevede 5 livelli. I diversi livelli si basano sulla capacità manuale dei bambini nell’utilizzare spontaneamente gli oggetti e sulla necessità che possono avere di essere aiutati nel loro utilizzo o di beneficiare di situazioni adattate, per essere in grado di svolgere le attività della vita quotidiana. I diversi livelli valutano la capacità manuale dei bambini nell’utilizzo degli oggetti in modo spontaneo o con l’aiuto di terzi.

Il livello MACS di un bambino viene stabilito scegliendo quello che meglio descrive la sua abituale capacità complessiva a casa, a scuola e nella comunità sociale. Anche la sua motivazione e le sue competenze cognitive influenzano l’abilità nell’utilizzo degli oggetti. Pertanto, per sapere come un bambino utilizza i diversi oggetti di uso quotidiano è necessario chiedere a chi lo conosce bene.

Il MACS può essere utilizzato per classificare bambini di età compresa tra 4 e 18 anni.

I diversi livelli del MACS sono i seguenti:

  1. Manipola gli oggetti facilmente e con successo.
  2. Manipola la maggior parte degli oggetti ma con una qualità non perfettamente buona e/o una certa lentezza nel concludere il compito.
  3. Manipola gli oggetti con difficoltà; necessita di aiuto per predisporre e/o modificare le attività.
  4. Manipola, in situazioni adattate, un numero limitato di oggetti di facili da gestire.
  5. Non manipola oggetti ed ha competenze gravemente limitate nell’esecuzione anche di azioni semplici.

G. rientra nel secondo livello, alcune attività vengano evitate o eseguite con qualche difficoltà; possono essere utilizzate modalità alternative di esecuzione, ma nel complesso, le abilità manuali non limitano l’autonomia nelle attività quotidiane.

Per la malattia di cui soffre G. questo è un buon livello, dato che riesce a compiere le azioni da solo senza l’aiuto di nessuno, anche se non con la massima destrezza. Anche questo test dimostra la scarsa compromissione degli arti superiori di G. che fino ad ora non ha subito gravi limitazioni dovute alla CMT.

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3.2.4 - Short Physical Performance Battery (SPPB)

Lo short physical performance battery è un test di misurazione obiettiva che serve a valutare l’equilibrio, la forza degli arti inferiori e la loro capacità funzionale. Il test include 3 diversi sfere di esercizio (la camminata, alzarsi da seduti e l’equilibrio) che servono a valutare la mobilità funzionale. Il punteggio varia per singolo esercizio: nel test di equilibrio va da 0 a 1-2 punti, mentre nel test di marcia e della sedia va da 0 a 4 punti.

Il test è stato somministrato a G. presso L’SSR di Villafranca, i risultati sono:

Figura 31- Scala SPPB

Figura 31- Scala SPPB

Il punteggio massimo ottenibile nel SPPB test è di 12 punti; G. ha ottenuto un totale di 10 punti, quindi poco sotto il punteggio massimo, in quanto non ha preso il massimo punteggio nella posizione tandem del blocco di esercizi dell’equilibrio, dove ha totalizzato 1 punto su un massimo di 2, e nel test di marcia, dove ha totalizzato 3 punti su un massimo di 4. Per la sua malattia rimane comunque un ottimo punteggio.

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3.2.5 - Scala Funzionale Equilibrio (BERG)

La Scala funzionale d’equilibrio (BERG) è usata per determinare oggettivamente l’abilità, o inabilità, di un paziente di rimanere in modo sicuro in equilibrio durante una serie di compiti. È formato da 14 esercizi a ognuno dei quali viene assegnato un punteggio che va da 0 (minimo livello di capacità nello svolgere l’esercizio) a 4 (Massimo livello di capacità nello svolgere l’esercizio).

Il test è stato somministrato a G. presso L’SSR di Villafranca, i risultati sono:

  1. Dalla posizione seduta alla stazione eretta:
    • In grado di alzarsi, senza mani e si stabilizza indipendentemente à 4
  2. Stazione eretta senza supporti:
    • In grado di stare in piedi con sicurezza per 2 minuti à 4
  3. Dalla posizione seduta senza supporti piedi sul pavimento:
    • In grado di stare seduto con sicurezza e al sicuro per 2 minuti à 4
  4. Dalla stazione eretta alla posizione seduta:
    • Seduto con sicurezza con minimo utilizzo delle mani à 4
  5. Trasferimenti:
    • In grado di trasferirsi con sicurezza e con solo il minor utilizzo delle mani à 4
  6. Stazione eretta senza supporti con gli occhi chiusi:
    • In grado di stare in piedi 10 secondi con sicurezza à 4
  7. Stazione eretta senza supporti con piedi uniti:
    • In grado di posizionare i piedi vicini indipendentemente e di stare in piedi 1 minuto con sicurezza à 4
  8. Allungarsi in avanti con il braccio disteso:
    • Riesce ad allungarsi in avanti con sicurezza >25,7 cm à 4
  1. Raccogliere un oggetto da terra:
    • In grado di raccogliere la scarpa con sicurezza e facilmente à 4
  2. Girarsi per guardare indietro/sopra la spalla destra e sinistra:
    • Guarda indietro da entrambi i lati e il carico si trasferisce bene à 4
  3. Ruotare di 360°:
    • In grado di ruotare di 360°con sicurezza in<4 secondi da ogni lato à 4
  4. Contare il numero di step nel tempo toccando alternativamente con i piedi uno sgabello di altezza prestabilita:
    • In grado di stare in piedi indipendentemente e con sicurezza e di completare gli 8 step in 20 sec à 4
  5. Stazione eretta senza supporti, un piede di fronte all’altro (tandem):
    • In grado di posizionare il piede avanti all’altro indipendentemente e mantenendosi per 30 secondi à 3
  6. Stare su una gamba:
    • In grado di sollevare la gamba indipendentemente e tenendosi in equilibrio per 5-10 secondi à 3

I punteggi Cut-off per questo test sono:

  • > 45 indica una deambulazione sicura e senza ausili, con una minor probabilità di cadere.
  • > 35 indica una deambulazione sicura ma con ausili.

Il punteggio totalizzato da G. per questo test è di 54. Tenendo conto che il massimo punteggio possibile è di 56, G. ha totalizzato un ottimo punteggio. Gli unici 2 esercizi in cui G. non è riuscito a totalizzare il massimo sono stati gli ultimi 2, la stazione eretta senza supporti con i piedi uno di fronte all’altro e lo stare su una sola gamba.

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3.2.6 – Six minutes walking test

Il six minutes walking test è un test semplice, sicuro, che richiede poca attrezzatura, che viene usato per verificare la capacità aerobica e la resistenza del soggetto. Il test consiste nel far camminare il soggetto il più velocemente possibile, senza però correre, su una superficie piana per 6 minuti. Il test nei bambini è più complicato da valutare rispetto che negli adulti, questo perché fattori come altezza, peso ed anche l’origine etnica possono influenzare il risultato e possono essere tanto cruciali quanto l’età e lo stadio di sviluppo del bambino. Uno studio (“Reference values for the 6-minute walk test in healthy children and adolescents in Switzerland” di Silvia Ulrich et al., 2013) fatto su un campione di quasi 500 bambini normotipici in Svizzera ci dà un’idea di quanta distanza un bambino sano dagli 8 ai 14 anni dovrebbe percorrere in 6 minuti. La distanza media che è stata percorsa, in questo studio, è di 618 ± 79 m.

G. è stato sottoposto a questo test e in 6 minuti è riuscito a percorrere 300 m.

Un risultato al di sotto della distanza media percorsa da bambini senza alcuna problematica, che mette in risalto quanto la CMT influisca sulla capacità di camminare di G. Inoltre, durante il test si è notato un progressivo rallentamento dovuto all’affaticamento muscolare causato dalla malattia.

3.2.7 – Riassunto risultati test e considerazioni

Riassumendo, i risultati dei test ottenuti da G. sono stati:

  • Scala del cammino (WALK-12) à Risultati soddisfacenti, spuntate soprattutto le caselle dalla metà in giù, che indicano una ridotta compromissione delle attività quotidiane influenzabili dalla malattia.
  • Sollermann Hand Function Scale à 64 su 80, punteggio abbastanza alto che indica una leggera compromissione delle funzionalità e capacità delle mani ma non una loro totale perdita a causa della malattia. Il risultato è in linea con il decorso tipico della malattia.
  • Manual Ability Classification System (MACS) à Secondo livello, un livello molto alto in cui si può apprezzare la manipolazione degli oggetti con una buona qualità del movimento, senza aiuto ma con una leggera lentezza nell’esecuzione del compito. Anche in questo caso il risultato non si discosta dal tipico andamento della malattia.
  • Short Physical Performance Battery (SPPB) à 10 su 12, punteggio molto alto che denota che le capacità di cammino, equilibrio e di alzarsi da seduti sono mantenute e funzionali quasi del tutto.
  • Scala Funzionale Equilibrio (BERG) à 54 su 56, punteggio quasi massimo che ci permette di capire come G. riesca a svolgere alla perfezione quasi tutti gli esercizi basati sull’equilibrio.

G. è riuscito a totalizzare un punteggio alto in tutti i test che gli sono stati somministrati, ciò indica che la terapia neuroriabilititiva sta effettivamente dando i suoi frutti, essendo riuscita a permettere lo sviluppo delle capacità in cui G. era più carente, in particolare la forza e mobilità degli arti inferiori e la destrezza delle mani.

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3.3 Trattamento riabilitativo

Dopo la prima valutazione, basandosi sulle condizioni generali di G. il trattamento proposto consiste in 5 sedute settimanali, di cui tre di neuropsicomotricità. Nel corso degli anni sono stati osservati dei miglioramenti in G., soprattutto dal punto di vista cognitivo, meno evidenti, ma pur sempre presenti, sono stati i miglioramenti dal punto di vista motorio. Questa difficoltà dello sviluppo delle capacità motorie ci fa capire quanto siano importanti i deficit causati dalla CMT. Il trattamento ha anche permesso di evitare lo sviluppo di nuove deformazioni e nuove difficoltà motorie in G., confermando il fatto che il trattamento sta effettivamente funzionando e sta recando dei benefici a G.. Durante le sedute di neuropsicomotricità si è sempre cercato di proporre degli esercizi di riabilitazione fisica che permettessero di lavorare sulle aree maggiormente deficitarie di G. e di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Una cosa importante che bisogna sempre tenere in considerazione durante la riabilitazione sono i limiti del soggetto, evitando di spingersi oltre la soglia di massima fatica, poiché questo potrebbe comportare dei peggioramenti, evitando quegli esercizi che gli causano un eccessivo dolore.

Una tipica seduta del trattamento neuropsicomotorio di G. si suddivide in:

  • Esercizi di stretching per “risvegliare” i muscoli;
  • Esercizi di rinforzo muscolare;
  • Esercizi equilibrio;
  • Esercizi di cammino,
  • Esercizi di motricità fine.

Ad eccezione degli esercizi di stretching che vengono svolti in ogni seduta per evitare possibili strappi muscolari, gli altri esercizi vengono eseguiti a rotazione in modo da poterci concentrare in ogni singola seduta su un diverso deficit di G. . È possibile andare a lavorare su diverse aree contemporaneamente, per esempio sull’area motoria e sensoriale.

Oltre al trattamento neuropsicomotorio e logopedico, G. non è mai stato sottoposto ad interventi chirurgici per la correzione di deformità causate della malattia, non fa uso di strumenti compensatori come ortesi ed ausili e non assume alcun farmaco per il trattamento della CMT.

Inoltre, pratica nuoto sotto consiglio dell’ortopedico.

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3.3.1 Esercizi di riabilitazione

Esercizi di stretching del tronco:

  • Poiché G. presenta un atteggiamento posturale con le spalle in chiusura e un atteggiamento cifotico, uno dei primi esercizi consiste nel far sedere G. sulla punta di una sedia, fargli estendere il più possibile il tronco e portare le spalle indietro aprendo così il torace. All’inizio, per fargli raggiungere la postura corretta, bisogna aiutarlo. È importante che il bambino riesca ad appoggiare i piedi a terra per poter ottenere una postura corretta e, se necessario, posizionare sotto i piedi un rialzo. Si possono posizionare anche delle tavolette sensoriali al di sotto dei piedi per poter lavorare anche sulla sensorialità. Bisogna far mantenere questa postura per almeno 10 secondi e poi farlo ritornare alla postura di relax. Ripetere questo esercizio per 3 volte. L’esercizio è utile anche per rafforzare la muscolatura del tronco. Durante la seduta si raccomanda al bambino di mantenere questa postura il più possibile, senza mai superare la soglia del dolore e della faticabilità. In generale G. non ha difficoltà nello
    svolgere l’esercizio.

Figura 32 – Stretching schiena - 1Figura 32 – Stretching schiena - 2Figura 32 – Stretching schiena - 3

Figura 32 – Stretching schiena

  • Lo stesso esercizio di raddrizzamento del tronco può essere effettuato in stazione eretta alla spalliera, con un supporto rigido dietro il tronco su cui G. deve cercare di far aderire tutta la schiena. Anche in questo caso sotto i piedi è stata posizionata una tavoletta sensoriale. G. non ha difficoltà nello svolgere l’esercizio.

Figura 33 - Stretching schiena

Figura 33 - Stretching schiena

  • Sempre mantenendo la stazione seduta possiamo eseguire una flesso-estensione della schiena. Per farlo bisogna incrociare le dita delle mani, allungare le braccia in avanti, tenendole tese, successivamente incurvare la schiena, allontanandola dalle braccia, e flettere la testa in avanti. Successivamente tornare alla posizione iniziale portando le braccia dietro la schiena, estendendo il collo ed inarcando leggermente la schiena in avanti. Ripetere l’esercizio per una decina di volte.
  • Un altro esercizio consiste nel sedersi su un lato della sedia, appoggiare la mano del lato opposto su cui ci si siede sulla sedia e portare l’altro braccio contro lateralmente aggrappandosi con lo schienale, ruotando contemporaneamente il tronco nella stessa direzione. Mantenere la posizione per almeno 5 secondi e ripetere l’esercizio per 10 volte.
  • Un altro esercizio di stretching della schiena consiste nel sedersi sulla sedia, appoggiare correttamente i piedi a terra, con una mano prendere il lato opposto dello schienale della sedia, l’altro braccio bisogna allungarlo dietro la sedia, oltre lo schienale e ruotare il collo verso dietro, seguendo la posizione del braccio. Eseguire successivamente l’esercizio dall’altro lato. Durante l’esercizio le gambe possono ruotare leggermente. Questo esercizio permette di lavorare sulla rotazione del tronco. Effettuare l’esercizio 5 volte per lato. G. ha difficolta nell’esecuzione del compito, non riuscendo a ruotare bene il corpo e a mantenere steso il braccio che bisogno portare all’indietro.

Figura 34 – Stretching schiena

Figura 34 – Stretching schiena

Esercizi di stretching agli arti inferiori:

  • Partendo dai piedi il primo esercizio di stretching che proponiamo riguarda le dita dei piedi. Il bambino, autonomamente o con l’aiuto del terapista, deve portare in massima flessione plantare e dorsale le dita dei piedi, o tutte insieme o ad uno ad uno. Questo esercizio permette lo stiramento dei tendini. Effettuare la manipolazione in entrambe i piedi.
  • Per fare stretching a livello della fascia plantare possiamo prendere il piede da sopra mettendo i pollici sul dorso del piede e il resto delle dita sulla pianta. Con quest’ultime bisogna schiacciare verso la pianta del piede effettuando una sorta di massaggio.
  • Per l’allungamento del tendine d’Achille facciamo sdraiare il bambino sul tappeto, gli facciamo stendere le gambe e poi il terapista inizierà a flettere il piede il più possibile e successivamente lo rilascerà lievemente. G. mostra una resistenza contro il movimento di flessione moderata.

Figura 35 – Allungamento tendine d’Achille

Figura 35 – Allungamento tendine d’Achille

  • Lo stesso esercizio lo si può effettuare anche da alzato su di un piano inclinato. In questo caso abbiamo scelto di posizionare delle tavolette sensoriali al di sotto dei piedi.

Figura 36 - Allungamento tendine d’Achille

Figura 36 - Allungamento tendine d’Achille

Quando G. ha eseguito per la prima volta questo esercizio ha avuto difficoltà a posizionare correttamente i piedi sulle tavolette perché perdeva facilmente l’equilibrio.

  • Un altro metodo di allungamento del tendine d’Achille e quello di far sdraiare il paziente e far aderire la pianta del piede al muro in modo tale da mantenere il piede in flessione. Si può osservare che G. ha difficoltà nell’appoggiare completamente la pianta del piede sul piano di appoggio e non riesce a mantenere le gambe estese, ha bisogno dell’aiuto del terapista per mantenere la posizione corretta.

Figura 37 - Allungamento tendine d’Achille

Figura 37 - Allungamento tendine d’Achille

  • È importante anche la mobilizzazione della caviglia tramite rotazioni sia in senso orario che antiorario.
  • Per l’allungamento degli arti inferiori un altro esercizio utile può essere quello di flettere le ginocchia e avvicinarle all’addome alternativamente o contemporaneamente. Bisogna mantenere la posizione per almeno 10 secondi, aiutandosi a tenere le gambe con le mani, e bisogna ripetere l’esercizio per almeno 3 volte. Questo esercizio può essere effettuato sia da seduti che da sdraiati, con o senza un piano inclinato. presenta una moderata resistenza alla flessione delle coscie, infatti necessita di un aiuto da parte della terapista per l’esecuzione dell’esericio, in particolar modo nella posizione supina.

Figura 38 – Allungamento arti inferiori - 1

Figura 38 – Allungamento arti inferiori - 2

Figura 38 – Allungamento arti inferiori - 3

Figura 38 – Allungamento arti inferiori

  • Per allungare la catena posteriore un esercizio di stretching utile consiste nel far sdraiare il bambino a terra e nel poggiare le gambe tese verticalmente lungo il muro, e se è possibile facendo toccare anche i glutei al muro.

Figura 39 – Allungamento catena posteriore

Figura 39 – Allungamento catena posteriore

Si può osservare dall’immagine che G. ha grandi difficoltà nell’avvicinarsi con i glutei al muro dal momento che i muscoli della catena posteriore sono molto tesi. Se si avvicinano i glutei al muro G. tenderà a piegare le gambe e a sollevare il bacino.

  Figura 40- Allungamento catena posteriore - 1 Figura 40- Allungamento catena posteriore - 2

 Figura 40- Allungamento catena posteriore

  • Per allungare i muscoli della catena anteriore dobbiamo far sdraiare prono il bambino e flettere la gamba.

 Figura 41 – Allungamento catena anteriore

Figura 41 – Allungamento catena anteriore

Esercizi di stretching degli ari superiori:

  • Rotazione dei polsi sia in senso orario che antiorario.
  • Per lo stretching dei muscoli del polso bisogna estendere le braccia verso avanti, avvolgere con una mano il palmo della mano opposta e flettere la mano opposta verso di noi, mantenendo le braccia estese. Effettuare l’esercizio per 5 secondi per 10 volte alternando le Dalla foto si può osservare come G. abbia difficoltà a prendere nel modo corretto la mano opposta tenendo contemporaneamente le braccia tese.

Figura 42 – Stretching polso

Figura 42 – Stretching polso

  • Per lo stretching delle dita della mano bisogna appoggiare la mano su di un piano e poi sollevare una ad una le dita con l’aiuto dell’altre mano per almeno 5 secondi. Bisogna stare attenti ad avere sempre la mano poggiata al piano. Ripetere l’operazione per entrambe le mani.

Esercizi di rinforzo muscolare degli arti inferiori:

  • Per rinforzare i muscoli glutei possiamo effettuare un esercizio molto comune, il ponte. Bisogna posizionarsi supini su di un tappetino, flettere le ginocchia, iniziare a contrarre i muscoli delle cosce, mantenere in retroversione il bacino e cominciare a sollevarlo verso l’alto. Per lavorare prevalentemente sugli arti inferiori, senza sforzare la schiena, bisogna spingere le ginocchia in avanti mentre si sale con il bacino. Rimanere in questa posizione per almeno 5 secondi e poi tornare alla posizione iniziale. Ripetere l’esercizio per 10 volte. G. non ha grosse difficoltà nell’esecuzione di questo esercizio, ma non riesce a tenere i piedi più vicini al bacino, tendendo a tenerli molto lontani e non perpendicolari alle ginocchia.

Figura 43 - Ponte

Figura 43 - Ponte

  • Un esercizio per allenare il muscolo medio gluteo consiste nello sdraiarsi di fianco, con un braccio sotto la testa e con l’altro poggiato a terra in modo da avere un punto d’appoggio per la stabilizzazione, tenere il tronco allineato con le cosce e flettere le gambe all’indietro con i piedi uniti tra di loro. Da questa posizione bisogna aprire le cosce mantenendo in avanti il bacino. Mantenere questa posizione per 2 secondi e tornare nella posizione iniziale.

  • Per allenare il quadricipite dobbiamo far mettere il paziente in posizione supina, dirgli di contrarre gli addominali durante tutto l’esercizio e di tenere il piede a martello, se si riesce, e sollevare la gamba tenendola tesa. Ripetere l’esercizio 10 volte per gamba. G. riesce ad eseguire l’esercizio senza troppe difficoltà.

Figura 44 – Esercizio di rinforzo del quadricipite

Figura 44 – Esercizio di rinforzo del quadricipite

  • Per rinforzare i muscoli dei piedi un esercizio che si può proporre consiste nel far prendere un tovagliolo da terra con i piedi, stringendo le dita sul tovagliolo.

Esercizi di rinforzo muscolare degli arti superiori:

  • Per rinforzare i muscoli della mano possiamo posizionare la mano aperta su di un piano e stringere le dita per 2 secondi, tenendo la mano sempre poggiata sul piano, poi riaprire la mano. Ripetere l’esercizio per 10 volte. Questo esercizio può essere effettuato anche con sotto un tovagliolo invitando il paziente a stropicciare il tovagliolo stringendo le dita.

Figura 45 – Rinforzo muscoli delle mani - 1

Figura 45 – Rinforzo muscoli delle mani - 2

Figura 45 – Rinforzo muscoli delle mani

  • L’esercizio di rinforzo per i muscoli estensori delle dita consiste nel far appoggiare il palmo della mano sul tavolo e lentamente sollevare le dita della mano ben estese verso l’alto. Mantenere la posizione della mano per due secondi e ripetere l’esercizio per 10 volte con entrambe le mani.
  • Un esercizio per il rinforzo dei muscoli estensori del polso consiste nel prendere con la mano un peso, che può essere anche una bottiglia, far sporgere il polso verso il basso fuori dal tavolo tenendo poggiato solo l’avambraccio, e portare verso l’alto il pesetto, restare in questa posizione per due secondi e poi ritornare alla posizione iniziale senza far cadere la mano. Bisogna stare attenti a mantenere la mano in linea con l’avambraccio, evitando che devii verso dx o sx. Ripetere l’esercizio per 10 volte con entrambe le mani.
  • Per allenare il movimento di opposizione delle dita, utile per tutte le prese e le pinze della mano e anche per allenare la motricità fine, possiamo dire al paziente di toccare col polpastrello del pollice i polpastrelli di tutte le altre dita della mano. Questo esercizio può essere fatto con una mano alla volta o contemporaneamente con entrambe le mani, quest’ultimo caso permette di lavorare anche sulla coordinazione manuale. G. riesce ad eseguire l’esercizio senza grossi problemi quando lo fa con una sola mano, nel momento in cui lo va ad eseguire con entrambe le mani trova delle difficoltà di coordinazione.

Figura 46 – Movimento di opposizione delle dita

Figura 46 – Movimento di opposizione delle dita


Per allenare l’opposizione, la motricità fine e la coordinazione bimanuale e rinforzare i muscoli delle mani, si possono usare anche mollettine, forbici, pinze, cacciaviti, viti e il didò. G. presenta delle difficoltà nella prensione di questi oggetti, ha difficoltà nell’aprire le mollette, nello stringere le pinze e anche nell’avvitare col cacciavite delle viti. Riesce comunque ad eseguire gli esercizi, usando però delle prese non del tutto corrette.

Figura – 47 Presa del cacciavite

Figura – 47 Presa del cacciavite

  • Per allenare i muscoli degli arti superiori un altro esercizio, che si può eseguire sia in stazione eretta che seduta, consiste nell’aprire e chiudere le braccia in estensione passando da una mano all’altra un oggetto, come per esempio un bastone. Con questo esercizio alleniamo anche la coordinazione bimanuale. Bisogna ripetere l’esercizio per 10 volte. G. ha difficoltà tenere le braccia estese e ad eseguire una completa apertura delle braccia, il tutto senza riuscire a mantenere la schiena dritta.

Figura 48 – Rafforzamento muscoli arti superiori

Figura 48 – Rafforzamento muscoli arti superiori

Esercizi per il miglioramento dell’equilibrio sia statico che dinamico:

  • Mettersi in posizione quadrupedica su di un tappeto, mantenendo stabile l’addome, sollevare contemporaneamente gamba e braccio opposto e mantenere la posizione per 5 secondi. Effettuare l’esercizio con 5 ripetizioni per ogni lato. G. ha grosse difficoltà nell’esecuzione dell’esercizio. Riesce a mantenere la posizione solo per pochi secondi per poi cadere e lamentare dei dolori durante l’esecuzione dell’esercizio. Non riesce ad allineare la gamba con il braccio opposto.

Figura 49 – Esercizio di equilibrio in posizione quadrupedica

Figura 49 – Esercizio di equilibrio in posizione quadrupedica

  • Mettersi in ginocchio restando in equilibrio mentre si alzano e si abbassano le braccia per 10 volte.
  • Lavorare sul mantenere l’equilibrio su una gamba per almeno 10 secondi per gamba. Ripetere l’esercizio per almeno 8 volte. Dalla somministrazione della Scala Funzionale Equilibrio si è visto che G. ha difficoltà a mantenere l’equilibrio del piede per 10 secondi, ma lavorando sempre su questo esercizio a poco a poco riuscirà a migliorare la sua performance.
  • Lavorare sul mantenere dell’equilibrio nella posizione in tandem, un piede posizionato davanti all’altro, mantenendo per almeno 10 secondi l’equilibrio. Nel test Short Physical Performance Battery presenta delle difficoltà nel mantenimento di questa posizione, ma anche in questo caso lavorare molto su questo esercizio permetterà di raggiungere ottimi risultati.
  • Per migliorare l’equilibrio si possono proporre anche percorsi motori con diverse superfici sul quale bisogna adattarsi di volta in volta per riuscire a mantenere l’equilibrio.
  • Utilizzare le pedane dell’equilibrio, lasciando che il bambino si stabilizzi da solo e muovendo anche la pedana per rendere più difficile l’esercizio.
  • Per lavorare sull’equilibrio si possono anche far utilizzare le scale facendo salire e scendere il bambino, senza farlo tenere al corrimano, su scale di diverse altezza e larghezza.

Esercizi di cammino

Questi esercizi permettono di allenare e migliorare diverse aree: allungamento dei muscoli, rinforzo muscolare, equilibrio.

  • Camminare sulle punte: permette di rafforzare i muscoli delle gambe, per esempio i polpacci, rafforzare le arcate dei piedi, diminuire i dolori a livello delle caviglie e alla schiena, migliorare l’equilibrio, perché camminando sulle punte si ha una base di appoggio più piccola e un baricentro spostato in avanti.
  • Camminare sui talloni: permette di rinforzare i muscoli della regione anteriore della gamba, allungare il tendine d’Achille grazie alla posizione in flessione del piede e migliorare l’equilibrio. G. presenta grosse difficoltà nell’esecuzione dell’esercizio per cui tende a correre, non riesce a flettere correttamente il piede e ha difficoltà nel mantenimento dell’equilibrio.

Figura 50 – Cammino sui talloni

Figura 50 – Cammino sui talloni

  • Camminata laterale: camminare lateralmente incrociando i piedi ad ogni passo, ciò permette di lavorare sia sull’equilibrio che sulla coordinazione dei movimenti. G. non presenta grosse difficoltà nell’eseguire l’esercizio, tende però a perdere l’equilibrio facilmente.

Figura 51 - Camminata laterale

Figura 51 - Camminata laterale

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Conclusioni

La CMT è una neuropatia periferica che si manifesta nella prima infanzia e porta ad una progressiva degenerazione soprattutto degli arti inferiori. Se non trattata tempestivamente si assiste ad un graduale peggioramento delle funzioni muscolari e tendinee con evoluzione precoce portando ad una diminuzione marcata della qualità della vita, andando ad inficiare la deambulazione, l’equilibrio e la motricità fine.

Appare di fondamentale importanza il tempestivo inizio della terapia al fine di contrastare al meglio le complicanze dovute alla malattia, riuscendo a gestirle con il trattamento neuropsicomotorio, evitando o ritardando il più possibile la chirurgia.

Nel caso di G., il trattamento riabilitativo è stato iniziato immediatamente dopo la diagnosi di CMT1A e ha permesso il rallentamento della progressione degli effetti della malattia sui muscoli. Nella maggioranza dei test somministrati a G. il bambino ha totalizzato un punteggio molto elevato, ad eccezione del 6MWT dove ha mostrato maggiori difficoltà. Ciò dimostra che, nonostante la sua difficoltà nell’esecuzione di alcuni esercizi che vengono proposti durante le sedute riabilitative, le condizioni generali di G. risultano buone e con una prospettiva per il futuro davvero ottima. Sono stati notevoli i miglioramenti fatti nel corso degli anni in cui ho tenuto sotto osservazione G..

Il trattamento riabilitativo si è dimostrato quindi una necessità per poter tenere sotto controllo e compensare i peggioramenti delle funzionalità muscolari causati dalla CMT. Il ruolo della neuropsicomotricista si rivela fondamentale per permettere al bambino di poter avere una miglior qualità della vita e per potersi sentire meno diverso rispetto ai suoi coetanei.

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