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Perché il termine “NEUROPSICOMOTRICISTA” viene associato al "Terapista della NEURO e PSICOMOTRICITÀ dell’Età Evolutiva" ?

La realtà virtuale a supporto del trattamento neuropsicomotorio: esperienza con il sistema Nirvana

INTRODUZIONE

Capitolo I - IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO

  1. Aspetti introduttivi e cenni storici
  2. Prevalenza
  3. Cause
  4. Endotipo Strutturale
  5. Endofenotipo funzionale
  6. I criteri diagnostici per l'autismo secondo il DSM-5
  7. Iter diagnostico

Capitolo II - LE MODALITÀ DI INTERVENTO NEUROPSICOMOTORIO NEL DISTURBO DELLO SPETTRO E L’APPLICAZIONE DELLA REALTÀ VIRTUALE

  1. L’ intervento neuropsicomotorio nel bambino autistico: capisaldi delle linee guida
  2. Le strategie di intervento neuropsicomotorio
    1. Gli approcci comportamentali
    2. Gli approcci evolutivi
  3. Il setting neuropsicomotorio
    1. Descrizione del setting
  4. La realtà virtuale un nuovo concetto di setting
  5. Classificazione dei Sistemi di Realtà Virtuale non Immersiva, Immersiva e Aumentata
    1. Gli Effetti Avversi della Realtà Virtuale
  6. Il BTS-Nirvana

Capitolo III - STUDIO CONDOTTO SU UN CAMPIONE DI PAZIENTI CON DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO: IL BTS-NIRVANA A SUPPORTO DEL TRATTAMENTO NEUROPSICOMOTORIO

  1. Obiettivo dello studio
  2. Descrizione del campione
  3. Metodi di inclusione del campione
    1. Valutazione delle abilità intellettive del campione
  4. L’Autism Spectrum Disorders Behavior Inventory
    1. Attribuzioni punteggi
  5. Materiali e metodi
  6. Programmazione delle attività mediante sistema Nirvana
  7. Analisi statistica dei risultati
    1. Limitazioni
    2. Conclusioni dell’analisi statistica

CONCLUSIONI

INDICE

INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni, l'interesse verso l'utilizzo della Realtà Virtuale o RV all'interno della comunità scientifica ha registrato un notevole incremento, soprattutto per la sua potenziale applicazione innovativa nei trattamenti riabilitativi nell'ambito cognitivo-motorio. L'applicazione della RV in ambito riabilitativo è stata riconosciuta come potenzialmente vantaggiosa grazie alla possibilità di creare ambienti terapeutici standardizzati, riproducibili e controllabili. Numerose ricerche hanno indicato che la RV può costituire un approccio riabilitativo motivante e piacevole, talvolta persino più coinvolgente rispetto alle terapie tradizionali. Nell’ ultimo anno mi è stata data la possibilità di svolgere il tirocinio universitario presso il centro riabilitativo Lars sito in Sarno dove ho potuto conoscere il Nirvana, uno strumento di realtà aumentata immersiva, e sperimentarne la funzionalità in percorsi riabilitativi che hanno coinvolto utenti con diagnosi differenti.

Sin da subito ho maturato l’interesse di approfondire le funzionalità di tale supporto tecnologico e di ricercare evidenze che dimostrassero le effettive potenzialità di utilizzo nei disturbi dell’età evolutiva. Dalla ricerca in letteratura di evidenze scientifiche sono stati ritrovati articoli che hanno dimostrato l’utilizzo e l’efficacia della realtà virtuale nei disturbi psichiatrici quali disturbo da stress post-traumatico, fobie, psicosi, depressione, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, nel disturbo dello spettro autistico oggettivato da due casi studio e in fine nei deficit cognitivi. Alla luce di quanto riportato e in linea con le mie attitudini verso la tecnologia, ho deciso di approfondire tale tematica e di costatare l’efficacia del Nirvana nei disturbi dello spettro autistico. È stato pertanto ideato un progetto tesi reclutando un campione di dieci bambini, utenti della struttura presso la quale ho svolto il tirocinio e, in collaborazione con gli specialisti e il team riabilitativo, è stato definito un programma di intervento che ha previsto l’uso del nirvana a cadenza monosettimanale a supporto della terapia neuropsicomotoria in setting strutturati per un periodo di circa sei mesi.

  

INDICE

Capitolo I - IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO

1.1 Aspetti introduttivi e cenni storici

L’autismo è definito come un disordine neuropsichiatrico complesso, tipicamente ad esordio in età evolutiva, che presenta un’espressività clinica variabile fra soggetto e soggetto e, nello stesso soggetto, nel corso del tempo. A fronte della variabilità̀ clinico-espressiva, l’autismo e i disturbi correlati presentano un set di comportamenti sufficientemente definiti che riconducono a specifici deficit nell’ambito delle aree funzionali dell’interazione, della comunicazione sociale e della flessibilità dei processi di pensiero. La ricorrenza in co-presenza di tali deficit permette di individuare una categoria nosografica con confini abbastanza definiti. Il termine Autismo fu utilizzato da Bleuler nel 1911 nell'ambito della schizofrenia per descrivere un comportamento caratterizzato da isolamento, evitamento dell'altro e chiusura. In seguito, nel 1943, Leo Kanner adottò il termine in una prospettiva diversa, quindi riconoscendo un gruppo di disturbi denominati "Disturbi autistici del contatto affettivo" che effettivamente ricorrevano in alcuni soggetti, ma si differenziavano dalla vera e propria schizofrenia. Questi disturbi erano caratterizzati da un'eziologia sconosciuta, esordio precoce, tendenza all'isolamento (aloneness), bisogno di immutabilità (sameness), una particolare espressione facciale intellettualmente interessante, assenza di segni neurologici e genitori con un comportamento emotivamente distante. Inizialmente, Kanner interpretava i sintomi dell'autismo come espressione di un disturbo congenito del contatto affettivo con la realtà. Tuttavia, nel corso degli anni, il modello interpretativo dominante divenne quello psicodinamico, secondo cui l'autismo rappresentava una difesa contro l'angoscia causata da fallimenti nelle prime relazioni tra individuo ed ambiente. Il bambino si "chiudeva" e attivava meccanismi difensivi arcaici, come la scissione, l'identificazione proiettiva e la negazione della realtà, poiché la sua immaturità psichica e la mancanza di soddisfazione dei suoi bisogni di protezione e rassicurazione da parte della realtà esterna non permettevano uno sviluppo tipico. Questo approccio è stato messo in discussione grazie allo sviluppo delle neuroscienze e del neuroimaging che hanno reso possibile l'osservazione talvolta di alterazioni organiche riscontrate in un numero crescente di bambini autistici. In quest'ottica si sono sviluppati modelli neuropsicologici maggiormente validati per la comprensione del funzionamento mentale. Con il passare del tempo, la ricerca si è concentrata sempre di più sulle cause endogene del disturbo autistico.

Attualmente l'autismo viene considerato una disfunzione ancora poco chiara dal punto di vista neurobiologico e/o neuropsicologico evolutivo, ma comunque correlata allo sviluppo morfo-funzionale del Sistema Nervoso Centrale e da ciò ne consegue un funzionamento mentale atipico, una disfunzione ancora mal definita in termini neurobiologici e neuropsicologici, ma comunque legata all’equipaggiamento morfo-funzionale del sistema nervoso centrale.

   

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1.2 Prevalenza

In epoche recenti il ricorso a criteri diagnostici maggiormente definiti ha contribuito a modificare sensibilmente i dati di prevalenza. In una stima di qualche anno fa, la prevalenza del Disturbo Autistico si aggirava fra 16 e il 21 per 10000. Peraltro, quando in accordo alla classificazione del DSM-IV venivano considerati casi di Disturbo Pervasivo nel suo complesso, vale a dire Autismo e i disturbi correlati, i dati di prevalenza variavano da 35 a 71 per 10000. In tutte le indagini finora effettuate viene sempre confermata una netta prevalenza per il sesso maschile (4:1).

1.3 Cause

Le cause dell’autismo risultano ancora oggi sconosciute. Il Disturbo dello spettro autistico non può essere considerato una malattia in quanto non ne presenta le caratteristiche di periodo di insorgenza, cura e risoluzione, ma le difficoltà permangono in diversi aspetti nello sviluppo del soggetto. Inoltre è rappresentato da un insieme di comportamenti atipici che presentandosi in maniera ricorrente e con caratteristiche simili in un numero molto elevato di soggetti assume la dignità di una condizione sindromica con una sua autonomia nosografica. La diagnosi, pertanto, si basa esclusivamente su una serie di comportamenti osservabili e misurabili. Dal momento che ogni comportamento ha un trigger point che ne sollecita l’insorgenza e ne condiziona l’espressività, ciò̀ che si manifesta sul piano clinico può essere definito come un fenotipo comportamentale: il fenotipo autistico. Cercare le cause del Disturbo dello spettro autistico significa pertanto cercare questo trigger point che sta alla base del fenotipo comportamentale osservabile. In accordo ad una prospettiva di questo genere, va segnalata la necessaria esistenza di una serie di funzioni atipiche, non esplicite, che nel loro insieme formano quello che può̀ essere definito l’endofenotipo funzionale. Quest’ultimo si riferisce, pertanto, a ciò che sottende il comportamento osservabile. Le disfunzioni incluse nell’endofenotipo funzionale sono a loro volta riconducibili ad anomalie che investono una serie di strutture neurologiche di fondo e/o i loro collegamenti funzionali. Tali anomalie, nel loro complesso, costituiscono quello che può essere definito l’endotipostrutturale.

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1.4 Endotipo Strutturale

Ogni essere vivente ha una naturale pulsione a entrare in comunicazione con l'altro; la possibilità di soddisfarla è data dalla dotazione di un apparato senso-percettivo-motorio che ci permette di cogliere i segnali sociali fin dalla nascita.

Comunicare significa mettere qualcosa in comune tra più individui, che solitamente è multicanale, multimodale di diverso grado di sofisticazione, realizzata mediante segni, in un ambiente con caratteristiche proprie dettate da necessità o desideri. Questa definizione non è specifica per la specie umana essendo la comunicazione svolta anche da altre specie. Infatti sembra che solo gli uomini possiedano un vero e proprio linguaggio, quindi una abilità ad usare simboli astratti e a coordinarli in una infinita varietà di significati riguardanti il passato, il presente e il futuro. Secondo questa teoria, più si studiano gli animali e più risulta che essi abbiano abilità simili alle nostre. Tra gli studiosi che si occupano dell'evoluzione della comunicazione ci sono quelli che sostengono che la comunicazione di alcuni animali possa aiutare a capire l'origine del linguaggio umano. A favore di questa tesi ci sono studi condotti su scimpanzè, uccelli e anche specie lontane da noi come le balenottere. Questi animali, e molti altri, possiedono un sistema di comunicazione attivo, in cui i segnali sono privi di ambiguità e sono di facile esecuzione ed ogni segnale corrisponde sempre allo stesso significato. Alcuni animali fanno uso di gesti per trasmettere significati, mentre altri usano i suoni. Le scimmie antropomorfe hanno un linguaggio gestuale molto evoluto, ma povero di vocalizzi. I gesti che utilizzano sono confrontabili con quelli che si osservano solitamente nei bambini di 11 mesi di età e che accompagnano da vicino le prime forme di linguaggio parlato. Anche gli uccelli (specialmente colibrì e pappagalli) possono rivelare come gli uomini impararono a comunicare. Ci sono molti parallelismi tra il modo in cui imparano a cantare e quello in cui i neonati imparano a parlare: entrambi devono essere esposti a un tutor adulto, hanno uno specifico periodo sensitivo e tutti e due balbettano mentre impratichiscono. Inoltre, aree simili a quelle di Broka e Wernicke sono state identificate negli encefali di queste due specie dimostrando una convergenza evolutiva nelle modalità di apprendimento vocale. La conclusione è che funzioni cognitive superiori come il linguaggio si sono evolute autonomamente in molti gruppi animali indipendentemente dal loro grado di parentela evolutiva. L'uso delle parole e la sintassi sono le uniche vere novità della comunicazione umana, fatta di linguaggio, la cui produzione si basa soprattutto su processi controllati volontariamente da alcune regioni corticali come ad esempio il lobo temporale a livello frontale, mentre negli animali il comportamento vocale è modulato da processi involontari, quindi sottocorticali ("Come per il ragno è innato tessere la tela, così per l'uomo è innato il linguaggio"). Tuttavia, l'acquisizione del linguaggio nel bambino richiede che esso venga esposto alla lingua e quindi l'apprendimento è di tipo esperienziale. La mancanza di esposizione a suoni linguistici o ad adeguate stimolazioni di interazione sociale, ad esempio dovuto al malfunzionamento dei recettori dell'orecchio, all'inadeguatezza socio-culturale, o difficoltà strutturale, provoca una deprivazione sensoriale all'interno del SNC. Il bambino, quindi, ha geneticamente determinata la capacità di sviluppare interazioni sociali, tuttavia per svilupparsi in modo armonico l’esposizione ambientale deve essere adeguata e lo sviluppo delle attività sensomotorie è di vitale importanza.

Con il termine endotipo strutturale si intendono tutte quelle condizioni neurobiologiche evolutive alla base degli aspetti funzionali nei soggetti con ASD, quindi tutte le strutture organiche e riguardanti il sistema senso-percettivo motorio. Le teorie organiche sull'autismo si concentrano sull'idea che ci potrebbero essere delle basi biologiche o strutturali sottostanti al disturbo dello spettro autistico (ASD). Queste teorie cercano di comprendere come il sistema nervoso centrale (SNC), inclusi il cervello e il sistema intestinale, possano essere coinvolte nello sviluppo dell'autismo. Le evidenze empiriche suggeriscono che circa il 20% di tutti i casi di autismo ha cause biologiche definibili, come la rosolia durante la gravidanza; l'assunzione prenatale di talidomide; l'encefalite causata da herpes virus; e la sclerosi tuberosa, un disturbo genetico che causa la formazione di tumori benigni in molti organi, incluso il cervello[1] hanno trovato evidenze di un processo autoimmune in certi casi di autismo.

Queste osservazioni suggeriscono che il disturbo autistico può essere causato da un'ampia varietà di fattori che danneggiano il cervello o ne compromettono lo sviluppo. Non esiste un trattamento farmacologico in grado di migliorare il funzionamento sociale ed intellettuale dei pazienti autistici, benché uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, abbia rilevato che il risperidone - un antipsicotico atipico - è in grado di ridurre i comportamenti stereotipati, ripetitivi [2]

È importante notare che, sebbene ci siano alcune ipotesi e scoperte scientifiche in queste aree, la causa dell'autismo non è ancora stata completamente compresa ed è probabilmente il risultato di una combinazione complessa di fattori genetici e ambientali.

Queste sono alcune delle teorie organiche.

  • Patologie legate alla gravidanza e al parto - Complicanze legate alla gravidanza (infezioni acute e/o croniche, traumi, intossicazioni), al travaglio (sofferenza fetale acuta con o senza prematurità) o alla fase immediatamente post-natale (infezioni, distress respiratorio, squilibri idro-elettrolitici) sono state segnalate in alcune casistiche come possibili “cause”. Connesse con i fattori legati alla gravidanza vanno riportate anche le segnalazioni di un rischio di autismo nella procedura indicata come procreazione medicalmente assistita (PMA).
  • Intossicazioni - Tra le sostanze tossiche esogene è stato spesso enfatizzato il possibile ruolo di metalli pesanti, quali il mercurio, e l’enorme contaminazione ambientate legata all’uso massiccio di pesticidi e di insetticidi. Nell’ambito di questi fattori possono essere fatte rientrare anche le ipotesi relative all’assorbimento di sostanze tossiche da parte di una mucosa intestinale incapace di effettuare un’adeguata azione di “filtro” (leaky gut).
  • Fattori genetici e ereditaria dell'autismo - alcune forme di autismo sembrano essere ereditare, Come vedremo, è possibile l'esistenza di diverse cause ereditarie, così come non ereditarie. Il 2-3% dei fratelli di individui autistici sviluppa lo stesso disturbo[3]. Quest'incidenza può sembrare bassa, ma è da 50 a 100 volte superiore alla frequenza attesa di autismo, nella popolazione generale (4 casi su 10.000 persone). Come notato da Jones e Szatmari[4], molti genitori decidono di non avere altri figli, dopo la nascita di un bambino autistico, per paura che la prole successiva abbia lo stesso disturbo; in caso contrario, probabilmente la percentuale di fratelli autistici sarebbe persino maggiore. Le migliori evidenze empiriche relative all'esistenza di fattori genetici nell'autismo vengono dagli studi sui gemelli, secondo cui la percentuale di concordanza nei monozigoti è approssimativamente del 70%, mentre quella stimata nei dizigoti fino ad ora è dello 0%[5]. Inoltre, la maggior parte dei membri non autistici di una coppia discordante di gemelli omozigoti mostra carenze dello sviluppo linguistico e segni di ritiro sociale questi risultati indicano che l’autismo è altamente ereditario. Le ricerche genetiche hanno suggerito che i geni coinvolti nel disturbo autistico possono essere localizzati sui cromosomi 2,7,15,19 ed X.
  • Patologia cerebrale e anomalie della corteccia - Le prove empiriche raccolte negli ultimi anni indicano significative anomalie di sviluppo nel cervello dei bambini autistici. Courchesne et all (2005)[6] suggeriscono che i sintomi di autismo sono il risultato dello sviluppo anomalo delle regioni cerebrali implicate in messa in atto percezione e interpretazione di funzioni socio-emotive e comunicative. I ricercatori hanno notato che gli studi di neuroimaging funzionale rilevano la ridotta attivazione della corteccia prefrontale, dorsale o mediale nei compiti che implicano giudizi. Diversi studi hanno anche rilevato anomalie della struttura della corteccia cerebrale di ordine elevato del cervello autistico, come incremento dei giri dei lobi frontali e anomalie del numero dei neuroni e dello spazio fra essi [7].
  • Anomalie a livello della connettività - I cervelli autistici mostrano anche anomalie della sostanza bianca. Herbert et all [8] hanno trovato che nel cervello autistico il volume della sostanza bianca contenente assoni corti è aumentato, contrariamente a quello della sostanza bianca contenente assoni lunghi che connettono regioni distanti del cervello. Courchesne et all [9] suggeriscono che l'apparente iperconnettività delle regioni locali della corteccia cerebrali potrebbe spiegare le doti e le abilità eccezionali isolate dimostrate da alcuni soggetti autistici. L'apoptosi neuronale è un fenomeno fisiologico che consiste nello sfoltimento della rete affinché si favorisca la velocità dell'impulso. Ciò significa che queste diventano maggiormente selettive, efficienti e veloci. Una tale selezione è in parte guidata dall'esperienza: le connessioni utilizzate si rafforzano e sono maggiormente responsive, quelle che sono sottoutilizzate muoiono. Di conseguenza, le reti che rimangono sono quelle che sono state utilizzate attivamente; la stimolazione delle connessioni intercellulari le rafforza, le rende veloci e responsive verso gli stimoli che hanno causato la loro iniziale attivazione. Evidenze empiriche suggeriscono che nell'autismo questo processo di sviluppo sia deficitario e risulti in una scarsa connettività che colpisce particolarmente le regioni cerebrali che sono più distanti tra loro[10]. Quando c'è una connettività scarsa per il bambino è più difficile l'apprendimento di comportamenti complessi che richiedono il funzionamento integrato delle aree cerebrali.
  • Dimensioni Della Testa - Molti bambini con autismo mostrano una traiettoria anomala nell'accrescimento della testa. Alcuni studi indicano che i bambini con autismo hanno alla nascita dimensioni nella testa nella norma, ma in seguito si registra un'accelerazione della crescita intorno ai 4 mesi di età[11]. A seguito di questo scatto precoce la crescita del cervello autistico rallenta così che al momento dell'adolescenza è solo approssimativamente dell'1-2% più largo del normale. Le dimensioni della testa dipendono dalle dimensioni del cervello che si sviluppa al suo interno. Una testa di dimensioni maggiori riflette, quindi, un cervello di dimensioni maggiori. L'accrescimento del cervello implica un'aggiunta di materia grigia (i neuroni), di materia bianca (le fibre mieliniche che circondano e isolano i neuroni) e di cellule gliali che sono parte della struttura cellulare del cervello. Non tutte le parti del cervello mostrano lo stesso modello di crescita. Le regioni che sembrano maggiormente implicate nelle funzioni compromesse dall'autismo mostrano la crescita più veloce in fase precoce e quella più lenta nell'adolescenza. Per esempio, la corteccia frontale e la corteccia temporale del cervello autistico crescono velocemente nei primi due anni di vita e quindi mostrano incrementi di dimensioni scarsi o assenti nei successivi quattro anni, mentre tipicamente queste regioni crescono rispettivamente del 20% e del 17%. Tuttavia, il modello di crescita delle regioni della corteccia cerebrale di ordine inferiore, come la corteccia visiva primaria e la corteccia extrastriata, è relativamente normale nel cervello autistico.
  • Teoria Dell'infiammazione Cerebrale - Un'altra teoria che spiega anche le dimensioni della testa nell'autismo riguarda un processo infiammatorio del cervello. Questa teoria deriva dalla scoperta di processi infiammatori nel cervello di persone con autismo in studi post mortem[12].
  • Anomalie A Livello Cerebellare - Uno dei risultati maggiormente confermati nell'autismo è il numero ridotto di alcune cellule nella corteccia del cervelletto: le cellule di Purkinje[13]. Nell'autismo si riscontra una riduzione del 35-50% di tali cellule rispetto alla norma, studi autoptici hanno fatto ipotizzare che le cellule mancanti in realtà non si sono mai formate. I neuroni del Purkinje inibiscono l'eccitazione di altri neuroni nel cervello. Hanno assoni molto lunghi che connettono le aree anteriori del cervello fino ai lobi frontali. I neuroni cerebellari sono infatti connessi in maniera massima con ampie aree della corteccia in tutte le aree dei lobi cerebrali: frontali, parietali, temporali e occipitali. Formano connessioni intermedie con il talamo, che è parte del sistema limbico. La ricerca su persone con anomalie a livello cerebellare mostra la presenza di effetti sull'attenzione, sulle emozioni e sulla cognizione, come sulle funzioni motorie.
  • Anomalie A Livello Neurochimico - I neuroni nel cervello rispondono a segnali chimici. Questi segnali sono veicolati da cambiamenti chimici nella sinapsi. Livelli anormali di neurotrasmettitori possono influire sul funzionamento cerebrale e quindi sul comportamento. La possibilità che nell'autismo vi siano differenze a livello della chimica cerebrale è stata discussa da quando è stato riscontrato un livello anomalo della serotonina. Studi condotti su gruppi di soggetti hanno ampiamente confermato l'incremento della serotonina nel sangue delle persone con autismo e dei loro parenti di primo grado. Studi che hanno preso in esame gli effetti del cambiamento dei livelli di serotonina nell'autismo non hanno riscontrato grossi effetti a livello comportamentale che si potrebbero prevedere se questa fosse una delle cause principali[14]. Un'altra teoria che riguarda la neurochimica riguarda due peptidi, l'ossitocina e la vasopressina, che sono interrelati e influiscono sul comportamento sociale e sul comportamento ripetitivo in molti mammiferi[15]. Ci sono prove di una riduzione del livello di ossitocina in persone con ASD e tracce di anomalie nel gene associato alla vasopressina (anche se non sono stati riportati dati riguardanti una diminuzione dei livelli di vasopressina). Vi sono, infine, piccoli studi sperimentali che suggeriscono che un trattamento con ossitocina possa migliorare il comportamento sociale sia nello sviluppo tipico nei soggetti ASD.
  • Teoria della mancanza di neuroni specchio - Adolf et all (2000) hanno scoperto un legame fra la corteccia somatosensoriale e il riconoscimento emozionale. I ricercatori hanno studiato 108 pazienti con lesioni cerebrali correlando questa informazione con la loro abilità di riconoscere e identificare espressioni facciali. Le compromissioni più gravi si associano al danneggiamento della corteccia somasosensoriale di destra. A loro avviso, quando vediamo l'espressione facciale di un'emozione, inconsapevolmente immaginiamo noi stessi con la stessa emozione, o addirittura imitano realmente ciò che vediamo. Adolf et all hanno ipotizzato che la rappresentazione somatosensoriale di quello che sentiremmo nel fare l'espressione percepita ci fornisce indizi che utilizziamo per riconoscere l'emozione espressa dal volto che stiamo osservando. In altre parole, i pazienti con deficit somatosensoriali (causate da lesioni dell'emisfero destro) hanno anche deficit nel riconoscimento delle emozioni. I neuroni specchio si attivano quando un animale ne osserva un altro che mette in atto un comportamento motorio. Questi neuroni sono localizzati nell'area premotoria ventrale del lobo frontale, ricevono impulsi dal solco temporale superiore e dalla corteccia parietale posteriore. Anche le reazioni empatiche e i problemi di teoria della mente attivano il sistema di neuroni specchio e tutti questi sono compiti che richiedono la coordinazione delle rappresentazioni della propria esperienza e quelle dell'esperienza di un'altra persona. Perciò, il sistema dei neuroni specchio è considerato importante per lo sviluppo del comportamento sociale. È stato suggerito che alla base dell'autismo vi possa essere una disfunzione del sistema dei neuroni specchio[16]. Secondo Carr et all[17], questo sistema ci fornisce il feedback che ci aiuta a comprendere cosa sentono gli altri, quindi è implicato nella capacità di empatizzare con le emozioni altrui.

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1.5 Endofenotipo funzionale

Con riferimento ai comportamenti caratterizzanti il Disturbo dello spettro autistico, i criteri diagnostici riportati dai principali sistemi di nosografia codificata si identificano in Deficit dell’interazione sociale e della comunicazione sociale e Attività ed interessi ristretti e ripetitivi.

Vengono quindi a definirsi due cluster sintomatologici che possono essere indicati, rispettivamente, come “componente sociale” e “componente non sociale” dell’autismo.
Anche se il fenotipo comportamentale risulta ben sistematizzato e descritto, le funzioni che sottendono i comportamenti osservabili, vale a dire l’endofenotipo funzionale, risultano molto meno definiti. I principali modelli interpretativi proposti sono i seguenti:

  • Deficit della motivazione sociale - Il modello interpretativo che fa riferimento ad un deficit della motivazione sociale parte dal presupposto che l’essere umano nasce con una predisposizione innata ad interagire con l’altro. Il bambino sviluppa molto precocemente l’interesse verso l’altro, in particolare quando vengono accentuati gli atteggiamenti mimici, i gesti, le vocalizzazioni o le espressioni verbali. Nel corso dello sviluppo rivolgere l’attenzione verso l’altro diventa un comportamento progressivamente più̀ frequente. Si tratta di una fase in cui non c’è ancora condivisione, ma c’è attenzione e curiosità per il mondo esterno. Attraverso gli studi di neuroimmagine gli scienziati possono osservare l’attività di diverse aree cerebrali mentre il soggetto è impegnato in un determinato compito (ad esempio osservare un volto o ascoltare parole che hanno un contenuto emotivo); tali studi hanno dimostrato che il cervello sociale non funziona in maniera appropriata nelle persone con autismo. Il dato più comunemente riscontrato è una ridotta attività nelle regioni del cervello sociale mentre la persona è impegnata in compiti sociali. Ad esempio Dawson, Carver, Meltzoff, Panagiotides, e McPartiand[18] hanno visto che bambini con autismo in età pre-scolare non mostravano il livello tipico di attivazione cerebrale in risposta a stimoli facciali ed emotivi. Questo risultato è sorprendente in quanto nello sviluppo tipico tali risposte sono già evidenti tra i 6-7 mesi di età. Questo studio suggerisce che l'autismo colpisca strutture del cervello sociale che si sviluppano tipicamente durante il primo anno di vita. Un altro dato riguarda la mancata coordinazione nel funzionamento di due parti del cervello sociale (l'amigdala e il giro fusiforme) durante un compito di natura sociale. Alcuni studi di neuroimmagine hanno evidenziato un funzionamento anomalo dell'amigdala (la struttura coinvolta nell'assegnazione di una valenza positiva agli stimoli), un dato confermato più volte. Alcuni studi hanno infatti mostrato che in questa popolazione l'amigdala è di grandi dimensioni già all'inizio dello sviluppo e che i neuroni nell'amigdala sono di numero e dimensioni ridotti[19]. È stato proposto che la mancata attribuzione di una valenza positiva agli stimoli di natura sociale come volti, voci, gesti e altri sia un deficit fondamentale dell'autismo che produce una cascata di conseguenze[20]. La mancanza di sensibilità per le "gratificazioni sociali" spiegherebbe come mai i bambini con autismo non prestano attenzione alle altre persone. Se un bambino con autismo non guarda l'altra persona non potrà cogliere un'opportunità di apprendimento di abilità relative alla comunicazione sociale, alle espressioni del volto e ad un'ampia gamma di altri comportamenti sociali e comunicativi. Questi studi ci hanno aiutati a comprendere cosa c'è alla base delle difficoltà dei bambini con autismo nel rispondere in maniera appropriata alle situazioni sociali. Il bambino inizialmente rivolge l’attenzione verso l’altro quale uno degli elementi costitutivi di un setting percettivo che egli tende a tenere sotto controllo. Progressivamente elegge l’altro come l’elemento privilegiato di osservazione, in quanto si configura come un pattern percettivo composito, dinamico, mutevole e come tale molto attrattivo. In base alle reazioni che ha l'ambienti in seguito alle azioni svolte dall'infante egli identifica quale sia la giusta modalità di interazione, si sintonizza sulle sue emozioni ed integra i comportamenti e le emozioni dell’altro con le sue (stati mentali). Secondo la teoria affettiva, pertanto, esisterebbe nell’autismo un innato disinteresse per gli stimoli sociali e, conseguentemente, una disattenzione nei confronti dei comportamenti altrui. Questa iniziale scarsa motivazione sociale porterebbe, attraverso una reazione a catena, all’incapacità̀ ad imparare a riconoscere gli stati mentali degli altri, al deficit della cognizione sociale, al deficit del linguaggio, alla compromissione dei processi di simbolizzazione.
  • Deficit della cognizione sociale - Il deficit della cognizione sociale è un modello che nasce sulla base di un paradigma sperimentale secondo al quale i soggetti autistici presenterebbero un’incapacità̀ a risolvere compiti di falsa credenza. La risoluzione di uno compito di falsa credenza prevede che il soggetto abbia sviluppato la capacità di assumere la prospettiva dell’altro, di immaginare quello che l’altro crede e di prevederne il comportamento (esempio dello spostamento inatteso di un oggetto). Questa capacità di prevedere il comportamento dell’altro immaginando le sue credenze, viene indicata come “teoria della mente”. Il deficit del soggetto autistico consisterebbe in una incapacità̀ di acquisire questa competenza, il che determinerebbe una sorta di “cecità mentale”, ossia un’incapacità di capire quello che gli altri pensano ed interpretarne i comportamenti. Il modello di un deficit della “teoria della mente” basato sull’incapacità da parte del soggetto di risolvere i compiti di falsa credenza si è dimostrato indubbiamente suggestivo, ma poco attendibile. Nel corso del tempo, tuttavia, il concetto di “teoria della mente” si è sensibilmente ampliato. Esso non è più̀ limitato alla capacità di immaginare le credenze dell’altro e prevederne i comportamenti, ma sta ad indicare una capacità di agire molto più generale che permette all’individuo di capire le situazioni sociali e di scegliere in ogni circostanza comportamenti socialmente adeguati. In questa prospettiva la “teoria della mente” viene ad identificarsi con la cognizione sociale. In questa prospettiva, il soggetto autistico sarebbe tale per un deficit che non si limita alla “teoria della mente”, ma più in generale alla cognizione sociale, intesa come la capacità di capire le situazioni sociali, di riflettere sui propri stati mentali e su quelli degli altri e di interpretare il proprio comportamento e quello altrui facendo riferimento agli stati mentali.
  • Debolezza della coerenza centrale - Il soggetto autistico tende a soffermarsi sull’analisi percettiva dei particolari e presenta, nel contempo, un’incapacità̀ di giungere ad una sintesi globalizzante degli stessi. In alcune situazioni, tale stile cognitivo può̀ portare ad un vantaggio prestazionale: il soggetto autistico, cioè, non si lascia distrarre dall’insieme di un evento o di una scena, ma riesce a cogliere ed esaminare i particolari dell’evento o della scena. Nella maggioranza delle situazioni, tuttavia, ciò diventa fortemente disfunzionale. È il caso, ad esempio, delle situazioni sociali, in cui è richiesta la capacità di un’analisi veloce dei particolari, che deve subito portare ad una sintesi globalizzante della situazione.
  • Deficit delle funzioni esecutive - I primi studi che hanno evidenziato la relazione tra funzioni esecutive e DSA sono stati sintetizzati in una revisione sistematica da Pennington & Ozonoff [21]. Con il termine FE vengono indicate una serie di abilità cognitive (inibizione, aggiornamento della memoria di lavoro, flessibilità cognitiva, attenzione) che generano comportamenti orientati ad uno scopo[22]. Tali abilità sono rappresentate da la capacità di attivare e mantenere attiva, a livello mentale, un’area di lavoro, una sorta di scrivania mentale, sulla quale disporre tutti gli elementi pertinenti al compito in esame. La capacità di formulare mentalmente un piano di azione la capacità di non rimanere rigidamente ancorati nella formulazione della risposta, ai dati percettivi che provengono dal contesto. La capacità di inibire risposte “impulsive” e di essere attenti alle informazioni di ritorno, per correggere in base ad esse il piano inizialmente formulato. La capacità, infine, di spostare in modo flessibile l’attenzione sui vari aspetti del contesto. Un deficit delle FE può sicuramente spiegare molti comportamenti del fenotipo autistico, in particolare quelli che sembrano caratterizzati da rigidità dei processi di attivazione attentiva, rigidità nello scegliere le strategie migliori nella risoluzione dei problemi e rigidità dei processi di adattamento nei confronti di modifiche ambientali.

  

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1.6 I criteri diagnostici per l'autismo secondo il DSM-5

Ad oggi per validare l'ipotesi di disturbo dello spettro autistico si fa riferimento al DSM-5.

Il DSM-5, acronimo di "Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition" (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione) è stato pubblicato nel 2013 ed è l'ultima edizione del manuale, successiva al DSM-IV.  È una pubblicazione della American Psychiatric Association (APA) che fornisce criteri diagnostici e descrizioni dettagliate dei disturbi mentali. È ampiamente utilizzato da professionisti della salute mentale, come psichiatri, psicologi, assistenti sociali e terapisti, per classificare e diagnosticare i disturbi mentali.

Secondo il DSM-5 il Disturbo dello Spettro Autistico deve soddisfare i criteri A, B, C e D;

A. Persistente difficoltà nella comunicazione e nell'interazione sociale in diverse situazioni, manifestate da almeno due dei seguenti sintomi:

  • Deficit marcati nelle interazioni socio-emotive non verbali, come il contatto visivo, l'espressione facciale, i gesti e l'espressione emotiva.
  • Difficoltà a sviluppare e mantenere relazioni con i coetanei, caratterizzate da un'incapacità di condividere interessi, emozioni o attività.
  • Limitatezza nei comportamenti di gioco sociale e di imitazione reciproca.

B.  Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi, manifestati da almeno uno dei seguenti sintomi:

  • Interessi o attività rigide, insistendo sugli stessi oggetti o argomenti senza variazione.
  • Movimenti motori stereotipati, come agitarsi delle mani o muoversi in modo ripetitivo.
  • Adesione ossessiva a routine o rituali, con una forte resistenza ai cambiamenti.

C.  I sintomi devono essere presenti nelle prime fasi dello sviluppo (ma possono non emergere completamente fino a quando le richieste sociali superano le capacità limitate) e causare un significativo deterioramento del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita.

D. Queste difficoltà non sono meglio spiegate da un ritardo intellettivo globale o da un ritardo globale dello sviluppo.

Inoltre, il DSM-5 fornisce ulteriori specificazioni per l'ASD, come il livello di gravità basato sulla gravità delle difficoltà nella comunicazione sociale e nei comportamenti ristretti e ripetitivi. I livelli di gravità sono una parte importante della classificazione dell'autismo. Essi forniscono una scala per descrivere il grado di impatto delle difficoltà comunicative e comportamentali sull'individuo. I livelli di gravità sono definiti in base alla gravità delle esigenze di supporto dell'individuo per il funzionamento quotidiano e per l'inclusione sociale.

Livello 3 (Forme molto severe)

Nelle forme molto severe (Livello 3) le “richieste” ambientali slatentizzano molto precocemente le limitate capacità del soggetto. Si tratta di quei casi in cui i genitori riportano che già̀ nel primo anno di vita il bambino aveva cominciato a presentare modalità atipiche di rapportarsi all’oggetto e alle persone, come:

  • Limitare l’interesse a determinati oggetti;
  • Insistere sull’esplorazione centrata su alcuni particolari dell’oggetto;
  • Guardarsi ripetutamente le mani;
  • Non adattarsi alla postura dell’altro quando era in braccio (assenza del dialogo tonico);
  • Non rispondere al sorriso;
  • Mostrare scarso interesse nei confronti delle persone presenti intorno a lui.

Le forme severe si complicano molto precocemente, a partire dal secondo anno di vita, con la comparsa di ulteriori segni e sintomi che non sfuggono all’attenzione dei genitori e determinano in loro la consapevolezza di un serio problema di sviluppo. In aggiunta ai segni già̀ elencati, i genitori riportano una serie di sintomi descritti con espressioni emblematiche:

  • Sembrava vivere in un mondo tutto suo;
  • Quando chiamato non rispondeva;
  • Quando preso da un gioco poteva crollare il mondo intorno a lui;
  • Quando cercavo di inserirmi in un suo gioco si irritava.

In accordo alla particolare espressività del quadro clinico, in tali forme è possibile effettuare una diagnosi di disturbo dello spettro autistico già̀ a partire dai 18 mesi di vita.

Livello 2 (Forme di media gravità)

In tali situazioni l’età e le modalità di esordio variano da soggetto a soggetto in rapporto ad una serie di fattori che vanno dal temperamento del bambino, dall’eventuale presenza di condizioni mediche associate, dalle eventuali comorbidità, dalle caratteristiche dell’ambiente significativo e dalle situazioni contingenti che possono eventualmente verificarsi negli abituali contesti di vita del singolo soggetto.

Livello 1 (Forme molto lievi)

Le forme molto lievi (Livello 1) presentano un esordio molto più̀ insidioso. Nella maggioranza dei casi, nei primi 18 mesi di vita il soggetto sembra rispondere adeguatamente alle richieste dell’ambiente. A partire dai 18 mesi circa i sintomi cominciano a essere più̀ evidenti. Il bambino inizia a presentare le seguenti caratteristiche:

  • Tende ad estraniarsi dall’ambiente;
  • Si dedica in maniera assorbente ad alcuni interessi;
  • Si disinteressa dei coetanei;
  • Non pronuncia alcuna parola con finalità comunicativa;
  • Tende ad usare l’altro in maniera strumentale.

In alcuni casi la comparsa dei sintomi elencati interrompe la continuità di uno sviluppo che sembrava evolvere normalmente. Tali casi vengono spesso indicati con la denominazione di forme regressive. Nella maggioranza dei casi la “regressione” è solo apparente, nel senso che una ricostruzione anamnestica accurata permette di rilevare dei “segni sottosoglia”.

Il repertorio di attività ed interessi ristretto e ripetitivo (dal DSM-5)

Nel momento in cui si interloquisce sull'autismo sappiamo che il core del problema è la rigidità dei processi mentali che va a conferire specificità al gruppo dei Disturbi dello spettro autistico.

Per rigidità si intende una serie di comportamenti atipici(atipie) e disfunzionali per il soggetto in quando creano delle effettive barriere all'inclusione sociale e nella relazione con l'altro. Le atipie che riguardano gli interessi e le attività si riferiscono al modo con cui il soggetto si rapporta all'oggetto, al tipo di interessi che sembrano coinvolgerlo e al modo in cui svolge le sue attività. Il DSM-5 conferisce a questo nucleo disfunzionale la valenza di un criterio diagnostico (criterio B) indicandolo con la denominazione di “Pattern di comportamento, interessi o attività restrittivi o ripetitivi”. Il criterio diagnostico risulta soddisfatto, quando compaiono due o più dei sottoelencati comportamenti:

  • Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi;
  • Insistenza nella sameness;
  • Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità̀ o profondità;
  • Iper o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso gli aspetti sensoriali dell’ambiente.

Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi (dal DSM-5)

Ci si chiede a questo punto se basti effettivamente osservare questi aspetti per definire il soggetto e definirne la gravità. Ebbene, a definire in realtà la complessità della situazione è il numero di volte in cui si evidenziano questi comportamenti, così quanto effettivamente sono invalidanti nello scambio comunicativo e nella costruzione della rete sociale.

Ad esempio, alcune persone durante momenti di intensa concentrazione tendono ad arricciare i capelli, mangiare le unghie, alcuni canticchiano durante passeggiate piacevoli ecc. Ma cosa rende questi comportamenti accettabili e differenzia quelli che sono ascrivibili al soggetto autistico? La ripetitività dell'azione in contesti generalizzati e non situazionali, la difficoltà nell'inibire quel comportamento e soprattutto l'allontanamento da ciò che viene definito apprendimento osservazionale

L'apprendimento osservazionale, noto anche come apprendimento per imitazione o apprendimento sociale, è un processo attraverso il quale gli individui acquisiscono nuove conoscenze, comportamenti o abilità osservando gli altri. Nell'apprendimento osservazionale, un individuo osserva attentamente le azioni, il comportamento o il modello di un'altra persona e trae conoscenze o abilità da quella osservazione. Questo processo può coinvolgere sia l'imitazione diretta del comportamento del modello, sia la formazione di nuove cognizioni e schemi mentali attraverso l'osservazione.

Ci sono alcuni elementi chiave nell'apprendimento osservazionale:

  • Modello: Il modello è la persona che viene osservata e imitata. Possono essere figure di riferimento, come genitori, insegnanti, amici o personaggi dei media.
  • Attenzione: L'individuo che apprende deve prestare attenzione al comportamento del modello e concentrarsi su ciò che viene osservato.
  • Memorizzazione: Dopo aver osservato il comportamento, è necessario memorizzarlo per poterlo richiamare in seguito.
  • Riproduzione: L'apprendimento osservazionale coinvolge la capacità di riprodurre il comportamento osservato. Questo può richiedere pratica e sforzo da parte dell'apprendente.
  • Motivazione: L'individuo deve essere motivato a eseguire il comportamento imitato. La motivazione può derivare da ricompense, rinforzi o dal desiderio di ottenere gli stessi risultati positivi del modello.
  • Risultati: Se il comportamento imitato porta a risultati positivi, ciò può rinforzare ulteriormente l'apprendimento osservazionale.

Un altro elemento caratterizzante nell’(ASD) è la ripetitività che in rapporto all’età, al livello di sviluppo e alla gravità della sintomatologia può assumere aspetti diversi:

  • Dondolarsi;
  • Girare su sé stessi;
  • Sfarfallare le mani;
  • Far rotolare un determinato oggetto;
  • Mettere in fila gli oggetti;
  • Strappare la carta;
  • Ripetere le stesse parole o frasi.

Insistenza nella “sameness” (immodificabilità), aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale (dal DSM-5)

L’elemento caratterizzante è la “rigidità” che può esprimersi con il bisogno di effettuare determinate attività sempre nello stesso modo e, insieme, con il bisogno che determinati avvenimenti si ripropongano sempre nello stesso modo. Questo bisogno si connota come “rigidità” nella misura in cui quando cambia l’ordine in cui si svolgono determinati avvenimenti o quando si modificano determinate caratteristiche del setting si verificano forti reazioni emotive che vanno dal disagio al vero e proprio panico. Tale “rigidità” in rapporto all’età, al livello di sviluppo e alla gravità della sintomatologia può assumere diversi aspetti:

  • comportarsi in maniera eccessivamente “abitudinaria” nello svolgimento di routine quotidiana;
  • presentare una selettività alimentare;
  • mostrare un attaccamento eccessivo a particolari oggetti;
  • pretendere che si verificano determinati eventi in determinate circostanze;
  • turbarsi in ambienti nuovi.

Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o profondità (dal DSM-5)

L’elemento caratterizzante è la “ristrettezza” degli interessi che in rapporto all’età, al livello di sviluppo e alla gravità della sintomatologia può̀ assumere aspetti diversi:

  • osservare l’acqua che scorre;
  • osservare la lavatrice in funzione;
  • seguire con il dito tutte le linee rette che gli capita di vedere;
  • osservare il particolare di un oggetto;
  • dedicarsi in maniera assorbente a dispositivi elettronici.

Iper o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi verso aspetti sensoriali dell’ambiente (dal DSM-5)
L’elemento caratterizzante è la “reattività insolita” nei confronti di stimoli sensoriali che possono provenire dal proprio corpo o dall’ambiente e che in rapporto all’età, al livello di sviluppo e alla gravità della sintomatologia può̀ assumere aspetti diversi:

  • Camminare sulle punte;
  • Assumere posture bizzarre;
  • Leccare;
  • Annusare;
  • Essere attratto da particolari sensazioni tattili.

L’entità della compromissione fare da soggetto a soggetto e, nello stesso soggetto, l’espressività dei comportamenti si modifica nel tempo. Quello che va sottolineato è che cambiano gli interessi, ma l’interesse inteso come stato partecipativo e dedizione assorbente non cambia.

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1.7 Iter diagnostico

Le fasi caratterizzanti il percorso diagnostico sono rappresentate da:

L’anamnesi. Vengono di seguito segnalati i dati che possono assumere una rilevanza determinante nella conferma diagnostica:

  • La presenza nell’anamnesi familiare di altri casi ascrivibili a un Disturbo dello spettro autistico;
  • La presenza nell’anamnesi familiare di altri quadri neuropsichiatrici, diversi dall’autismo. Tale evenienza può essere molto utile per una diagnosi differenziale;
  • La consanguineità dei genitori;
  • La presenza di noxae patogene operanti in fase prenatale, perinatale e/o immediatamente postnatale;
  • La presenza di una regressione dello sviluppo.

L’esame Clinico Generale L’esame clinico generale deve avvalersi della documentazione medica fornita dai genitori e va integrato con un esame ispettivo finalizzato a mettere in evidenza segni del tipo:

  • Dismorfismi cranio-facciali;
  • Macro/microcefalia;
  • Dismorfismi somatici;
  • Malformazioni;
  • Manifestazioni dermatologiche.

L’esame clinico generale non è finalizzato a raccogliere dati utili per la diagnosi di Disturbo dello spettro autistico. Ciò nonostante, esso permette di acquisire una serie di informazioni determinanti per formulare ipotesi circa le cause del quadro clinico, per orientarsi nella diagnosi differenziale e per la futura individuazione degli obiettivi terapeutici nell’ambito del progetto terapeutico personalizzato.

  L’esame Neurologico. L’esame neurologico va effettuato sistematicamente e deve avvalersi di uno schema procedurale predefinito che permette di prendere in considerazione:

  • I nervi cranici;
  • Il tono muscolare;
  • La forza muscolare;
  • Il trofismo muscolare;
  • I riflessi superficiali e profondi;
  • La coordinazione dinamica generale;
  • Le prassie;
  • La sensibilità.

Anche in questo caso, l’esame neurologico non è finalizzato a raccogliere informazioni utili per fare una diagnosi di Disturbo dello spettro autistico, ma fornisce gli elementi necessari a valutare lo stato neurologico del soggetto e a verificare l’eventuale presenza di quadri clinici nosograficamente definiti. In aggiunta, l’esame neurologico permette anche di individuare gli elementi utili a tracciare il profilo funzionale del soggetto mettendo in evidenza i suoi punti di forza e gli eventuali punti di debolezza.

L’esame Psicologico. L’esame psichico viene condotto in accordo alle indicazioni metodologiche unanimemente suggerite dalla comunità scientifica internazionale. In particolare, le procedure messe in atto sono rappresentate da:

  • L’osservazione, rappresenta la modalità privilegiata e spesso esclusiva nelle situazioni in cui il bambino è molto piccolo, non verbale e/o non disponibile ad un aggancio relazionale. Essa prevede due momenti: uno apparentemente non strutturato e l’altro strutturato. L’osservazione non strutturata si riferisce al prestare particolare attenzione ai comportamenti del bambino e dei genitori dal momento in cui entrano nella sala da visita, fino a quello in cui si congedano. L’osservazione strutturata si riferisce, invece, all’organizzazione di uno spazio ludico, in cui vengono proposte situazioni-stimolo in grado di attivare comportamenti “misurabili”. Le situazioni-stimolo da proporre variano in rapporto all’età e al livello di sviluppo.
  • Il colloquio, rappresenta la naturale integrazione dell’osservazione quando il bambino è in grado di interagire verbalmente. Per gli adolescenti verbalmente competenti esso diventa la modalità di elezione per condurre l’esame.
  • La somministrazione di reattivi mentali di livello e proiettivi, si riferisce agli "strumenti" abitualmente utilizzati in Neuropsichiatria Infantile per integrare l'esame psichiatrico del bambino. Come è noto, tali "strumenti" sono costituiti da prove selezionate in base a studi di validazione su ampi campioni di popolazione per una valutazione standardizzata. Essi vanno scelti in rapporto alle aree che si intendono approfondire, all'età del bambino e al suo livello di sviluppo.

Gli elementi che l’esame psichico in grado di fornire possono essere utilizzati per molteplici scopi. In particolare, l’esame psichico è necessario per:

  • Confermare la presenza di un funzionamento mentale di tipo autistico;
  • Valutare la presenza di situazioni psicopatologiche che possono simulare un quadro autistico ovvero presentarsi in associazione al Disturbo dello spettro autistico;
  • Definire il profilo funzionale del soggetto e il suo adattamento emozionale.

Per quel che riguarda il primo punto, le linee guida internazionali concordano nel raccomandare l’uso di strumenti di valutazione standardizzati per la conferma diagnostica di un sospetto di un disturbo dello spettro autistico.

Indagini Strumentali E Di Laboratorio. La diagnosi di autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali: non esistono pertanto indagini strumentali e/o di laboratorio con significato diagnostico, né un marker che identifichi il disturbo. Tuttavia sono consigliati i seguenti esami:

  • Le indagini audiometriche (esame audiometrico comportamentale, potenziali evocati uditivi, ABR) vanno effettuate in tutti i casi;
  • Le indagini genetiche (analisi del cariotipo ad alta risoluzione, analisi del DNA)
  • L’EEG.

Test Diagnostici. La diagnosi di autismo si basa esclusivamente su comportamenti osservabili. Pertanto, è necessario utilizzare strumenti di valutazione standardizzati e appropriati per questo tipo di “comportamento” Autistico. Di seguito sono riportati gli strumenti diagnostici più utilizzati a livello internazionale. Childhood Autism Rating Scale (CARS)[23] E’ una scala di valutazione del comportamento autistico che permette di esplorare, raccogliendo informazioni in contesti vari e da fonti multiple, 15 aree di sviluppo: relazioni interpersonali, imitazione, affettività, utilizzo del corpo, gioco ed utilizzo degli oggetti, livello di adattamento, responsività agli stimoli visivi, responsività agli stimoli uditivi, modalità sensoriali, reazioni d’ansia, comunicazione verbale, comunicazione extra-verbale, livello di attività, funzionamento cognitivo, impressioni generali dell’esaminatore. A ciascun’area viene assegnato un punteggio da 1 a 4 (1 = nella norma; 2 = lievemente anormale; 3 = moderatamente anormale; 4 = gravemente anormale per l’età). Per determinare il grado di anormalità nelle aree di sviluppo analizzate l’esaminatore deve considerare la peculiarità, la frequenza, l’intensità e la durata del comportamento considerato. La somma dei punteggi riportati in ciascun' area può variare da 15 a 60 ed esprime il livello di gravità dell’autismo. La maggioranza degli studi sembra fissare il cut-off a 30 per i bambini e a 27 per gli adolescenti.[24] Possono essere utilizzate a partire dai 2 anni di età. Richiedono circa 30 minuti per la somministrazione.

Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)[25] Si tratta di uno strumento ampiamente diffuso per la diagnosi di autismo, complementare all’intervista strutturata per genitori (ADI-R). Inizialmente creati come strumenti per la ricerca, sono stati adattati per l’uso sistematico nella pratica clinica. L’ADOS è basata sull’osservazione diretta e standardizzata del bambino ed è strutturato in moduli che esplorano il comportamento sociale in contesti comunicativi naturali. I diversi moduli comprendono prove selezionate in base all’età e al livello linguistico. Permette diagnosi entro lo spettro autistico sulla base dei criteri DSM e ICD. Adatto all’utilizzo a partire dai 2 anni (anche per bambini non verbali), fino all’età adulta. La somministrazione richiede 30-45 minuti, ma richiede training e procedure di convalida specifiche.

Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R)[26] Si tratta di uno strumento diagnostico per la valutazione del disturbo autistico, complementare all’ADOS. Consiste in un’intervista semistrutturata destinata ai genitori, basata su domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco. Fornisce un punteggio che permette diagnosi entro lo spettro autistico secondo i criteri diagnostici DSM e ICD. La somministrazione necessita di circa 1 ora e mezza e richiede training specifici e successive procedure di convalida.

Gillian Autism Rating Scale (GARS)[27] La Gillian Autism Rating Scale (GARS) è una checklist per genitori basata sui criteri diagnostici del DSM IV e quindi gli items sono raggruppati in aree che valutano lo sviluppo sociale, la comunicazione e i comportamenti stereotipati. La GARS si è dimostrata uno strumento assai utile e di semplice applicabilità̀ al fine di identificare il disturbo autistico, di focalizzare gli obiettivi degli interventi abilitativi ed educativi e di documentare i risultati degli interventi specifici attivati. La GARS si è dimostrata uno strumento valido per favorire la comunicazione con i genitori proprio per la sua capacità di rappresentare, nel suo insieme di quesiti, i problemi concreti, quotidiani del bambino e la capacità del loro riconoscimento da parte dei familiari. La GARS può essere applicata dai diversi professionisti coinvolti sia nel processo diagnostico sia di programmazione e valutazione degli interventi abilitativi e educativi. L’ampia fascia di età cui la GARS (dai 3 ai 22 anni) è applicabile ne rafforza ulteriormente la sua utilizzabilità.

 

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Capitolo II - LE MODALITÀ DI INTERVENTO NEUROPSICOMOTORIO NEL DISTURBO DELLO SPETTRO E L’APPLICAZIONE DELLA REALTÀ VIRTUALE

2.1 L’ intervento neuropsicomotorio nel bambino autistico: capisaldi delle linee guida.

L'autismo è un disturbo neurobiologico evolutivo che si traduce in un funzionamento mentale atipico che accompagna il soggetto durante tutto il suo ciclo vitale. Ogni bambino con ASD si presenta col proprio stile comunicativo, le proprie caratteristiche funzionali, psicomotorie e cognitive. Pertanto, la proposta terapeutica deve tener conto delle diverse esigenze e possibilità. Ad esempio, i bambini autistici possono essere soggetti verbali e non verbali, nella maggior parte dei casi si ci approccia a bambini non verbali. Quindi, bisogno capire qual è la sua modalità di espressione dei propri bisogni, quali strumenti comunicativi non verbali egli utilizzi. Uno degli obiettivi che ci si pone solitamente è la comparsa dei primi gesti comunicativi, come il pointing sempre prima richiestivo e poi dichiarativo in quanto la maggior parte dei bambini sono talmente compromessi che non indicano nemmeno, e agiscono l’uso strumentale dell’altro. Invece, se il bambino è verbale si lavorerà considerando questo livello come elemento da arricchire per poi procedere nel potenziare le aree deficitarie. Un altro aspetto che vediamo nei bambini con spettro è la loro incapacità ad organizzare una sequenza di gioco oppure osservare modalità di gioco assorbenti con un pezzo di quest’ultimo, ad esempio con la ruota della macchinina. Per ogni bambino bisogna creare il piano terapeutico altamente individualizzato, al fine di promuovere l'integrazione del soggetto e nel contempo accrescere la consapevolezza della società nei confronti della diversità che si trasforma in unicità e possibilità. Questo principio è inoltre espresso, sotto forma di Raccomandazione, nelle Linee guida 2023 dell'ISS:

Gli interventi a supporto della comunicazione sociale vanno presi in considerazione per i bambini e gli adolescenti con ASD; la scelta di quale sia l'intervento più appropriato deve essere formulata sulla base di una valutazione delle caratteristiche individuali del soggetto. Secondo il parere degli esperti, è consigliabile adattare l'ambiente comunicativo, sociale e fisico di bambini e adolescenti con ASD: le possibilità comprendono fornire suggerimenti visivi, ridurre le richieste di interazioni sociali complesse, seguire una routine, un programma prevedibile e utilizzare dei suggerimenti, minimizzare le stimolazioni sensoriali disturbanti.”

Questa raccomandazione sottolinea ancora una volta la necessità di favorire processi di condivisione tra i diversi ambienti di vita, che devono adattarsi e modificarsi al fine di facilitare la comunicazione e l'interazione in tutti i suoi aspetti. La finalità a lungo termine del progetto terapeutico è quella di favorire l’adattamento del soggetto al suo ambiente, il migliore possibile in rapporto alle specifiche caratteristiche della sua neuro specificità. Ciò, al fine di promuovere l’inclusione del soggetto sia in ambito familiare sia sociale. Vi è quindi l'esigenza di attuare modifiche a livello ambientale e favorire la condivisione di diversi stili educativi e approcci per dare maggiore coerenza e possibilità di apprendimento inteso sia come capacità di relazione con l'altro, sia come possibilità di esperire le caratteristiche fisiche e strutturali del soggetto nell'ambiente. In questa prospettiva, l’intero arco dell’età evolutiva è il periodo durante il quale vengono messi in atto una serie di interventi finalizzati a:

  • Dare la possibilità al bambino di trovare strategie differenti per ridurre e prevenire i comportamenti disadattivi;
  • guidare la spinta maturativa per facilitare l’emergenza di competenze (sociali, comunicativo-linguistiche, cognitive) che possano favorire il futuro adattamento del soggetto all’ambiente in cui vive;
  • favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale (controllo degli impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine di sé).

È facile capire che il raggiungimento di questi obiettivi avviene con il tempo e durante tutto l'arco della vita del soggetto. Al fine quindi di avere la possibilità di monitorare i progressi e verificarne l'efficacia in termini di qualità bisogna individuare degli obiettivi intermedi che con una cadenza temporale precisa vengano verificati e talvolta modificati. La scelta degli obiettivi intermedi durante il percorso terapeutico deve essere legata al principio di farsi guidare da ciò che è il soggetto nella sua specificità e ciò che effettivamente può essere utile per lui, ciò significa che in qualsiasi fase del percorso terapeutico può e deve essere modificato, è necessario partire dalla definizione del profilo funzionale del soggetto che permette di individuare le aree di forza e di debolezza su cui costruire il progetto (ciò che è possibile), la dimensione contestuale, adattiva che non viene stabilita da un singolo attore (insegnante, educatore, logopedista, neuropsicomotricista, neuropsichiatra infantile) ma viene individuata dall'equipe in accordo con i caregivers. Dopo aver definito gli obiettivi specifici vanno individuate le strategie più idonee per il loro conseguimento in riferimento a evidenze scientifiche anche internazionali. Tali strategie vanno tuttavia “filtrate” (in rapporto ad indicazioni di validità), “adattate” (in rapporto alle caratteristiche specifiche relative al soggetto, alla famiglia, al contesto socio-culturale), “verificate” (in rapporto a specifici indicatori di qualità) e quindi “riformulate”.

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2.2 Le strategie di intervento neuropsicomotorio

Il disturbo dello spettro autistico, in base a quanto esposto fin ora, si manifesta in ciò che può essere definita una sindrome comportamentale le modalità di gestione e regolazione degli stimoli interni ed esterni e la reazione che il soggetto ha nei confronti degli stessi, farà si che si giunga a differenti topografie di comportamento e ciò porta ad avere una compromissione funzionale perlopiù in tre aree:

  • L’interazione sociale;
  • La comunicazione;
  • Gli interessi e le attività ed una maggiore flessibilità degli schemi di azione.

Le “strategie” di intervento mirano quindi a migliorare gli aspetti di cui sopra indicati in modo da aiutare il soggetto e la famiglia ad uscire dall’ambito puramente terapeutico ed inserirsi in ambienti sociali differenti. Quando facciamo riferimento alle strategie che si utilizzano con i soggetti autistici bisogna tener presente che ogni una deve rispondere alle caratteristiche individuali del bambino, ragazzo o adulto a cui ci si riferisce. Pertanto si individuano due grandi categorie tra gli approcci riabilitativi:

  • Gli approcci comportamentali
  • Gli approcci evolutivi

2.2.1 Gli approcci comportamentali

L’analisi del comportamento applicata (Applied Behavior Analysis = ABA) è l’area di ricerca finalizzata ad applicare i dati che derivano dall’analisi del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra determinati comportamenti e le condizioni esterne. In questa prospettiva l’“analista comportamentale” utilizza i dati ricavati per formulare teorie relative al perchè un determinato comportamento si verifica in un particolare contesto e, conseguentemente, mette in atto una serie di interventi finalizzati a modificare il comportamento e/o il contesto. Le informazioni ricavate dall’analisi del comportamento, pertanto, vengono utilizzate in maniera propositiva e sistematica per modificare il comportamento. L’ABA prende in considerazione i seguenti 4 elementi:

  • Gli antecedenti: tutto ciò̀ che precede il comportamento in esame;
  • Il comportamento in esame: che deve essere osservabile e misurabile;
  • Le conseguenze: tutto ciò̀ che deriva dal comportamento in esame;
  • Il contesto viene definito in termini di luogo, persone, materiali, attività o momento del giorno in cui il comportamento si verifica. Il programma di intervento è la modifica del comportamento che viene realizzato su dati che emergono dall’analisi, utilizzando le tecniche abituali della terapia del comportamento: la sollecitazione (prompting), la riduzione delle sollecitazioni (fading), il modellamento (modeling), l’adattamento (shaping) e il rinforzo.

Interventi comportamentali “tradizionali”. Fin dalla fine degli anni 60 sono stati utilizzati per bambini autistici approcci basati sull’ABA, finalizzati ad insegnare specifiche competenze con lo scopo di migliorare la socializzazione, la comunicazione ed il comportamento adattivo. In particolare, Lovaas, che è stato fra i primi ad utilizzare tale approccio[28], ha progressivamente elaborato un protocollo di trattamento altamente strutturato: il Discrete Trial Training. Si tratta di un intervento che prevede una serie di sedute per un totale di 40 ore settimanali. Ciascuna seduta, a sua volta, prevede una serie di trial altamente strutturati. Il trial è un evento di apprendimento, in cui il bambino è stimolato a rispondere ad uno specifico comando o “stimolo”. In linea con il Discrete Trial Training esistono diversi altri programmi, accomunati da due presupposti di fondo:

  • la necessità di un insegnamento altamente strutturato, con un rapporto 1:1, in un ambiente specificamente organizzato;
  • l’incapacità del bambino autistico di apprendere in un contesto “naturale”, che spesso funziona solo da “distrattore”.

Su tali presupposti si è sviluppo il modello “The University of California at Los Angeles (UCLA) Young Autism Project[29] .

Interventi neo-comportamentali. Nel corso di questi ultimi anni è stato progressivamente riconosciuto che un programma eccessivamente strutturato comporta notevoli problemi di “generalizzazione” delle competenze apprese al di fuori del setting di apprendimento. Peraltro, è stato riconosciuto che il bambino autistico può apprendere molto di più di quanto comunemente ritenuto in ambienti “naturali”, in maniera incidentale. Recentemente, pertanto, esiste una tendenza ad utilizzare il paradigma dell’ABA implementandolo negli ambienti che “naturalmente” il bambino frequenta (famiglia, scuola, attività del tempo libero). Ciò comporta, evidentemente, il coinvolgimento dei genitori, dei fratelli, degli insegnanti e dei coetanei, con opportuni training per l’implementazione dei programmi di intervento sul bambino. Tale tendenza, peraltro, traduce l’orientamento verso un tipo di intervento sempre più “centrato sul bambino”, sulla stimolazione della sua iniziativa e sulla facilitazione del suo sviluppo sociale[30].

Su tali presupposti si sono sviluppati il “Walden Early Childhood Programs at the Emery University School of Medicine”, il quale utilizza l’insegnamento incidentale (Incidental Learning) in classi integrate (bambini con autismo e bambini normali) e il “Learning Experiences, an Alternative Program for Preschoolers (LEAP) at the University of Colorado - School of Education”, che si focalizza sull’insegnamento ai pari del trattamento da fornire ai loro compagni di classe con autismo[31].

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2.2.2 Gli approcci evolutivi

Gli approcci evolutivi o interattivi si discostano a livello concettuale dai precedenti in quanto il core dell’intervento è la dimensione emozionale e relazionale in cui si realizza l’agire del bambino. Normalmente le diverse aree dell’emotività, delle funzioni cognitive, delle competenze comunicative e così via, evolvono e si influenzano reciprocamente definendo un sistema dinamico che non può essere considerato la semplice somma delle componenti che partecipano alla sua realizzazione. Si tratta, anche, di un sistema dinamico “aperto”, che in relazione all’apporto esperienziale si attesta su livelli funzionali progressivamente più evoluti, senza che sia possibile individuare quale delle modifiche dei singoli componenti sia maggiormente determinante. In questa prospettiva l’intervento si caratterizza come un intervento “centrato sul bambino” per favorire la sua libera espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione. In questa prospettiva, l’ambiente non è solo concepito come uno spazio fisico in cui implementare i programmi di intervento secondo i principi dell’ABA, ma assume di per sé stesso una valenza “terapeutica”, in quanto luogo privilegiato di interazione, di scambio e di conoscenza. Un contesto naturale rappresenta la premessa indispensabile per attivare l’espressività, l’iniziativa e la partecipazione del bambino e favorire quindi una proficua utilizzazione dell’apporto esperienziale. Peraltro, in accordo a questi aspetti di inscindibilità fra cognitivo, emozionale, comunicativo e relazionale, il ruolo degli operatori preposti alla realizzazione del progetto diventa critico non solo per gli “esercizi” che possono somministrare, ma per il loro modo di porsi e di relazionarsi.

I modelli, che fanno riferimento a tali approcci sono “Denver Model at the University of Colorado[32], il “Heath Sciences Center Developmental Intervention Model at The George Washington University School of Medicine[33]

La terapia della neuropsicomotricità dell’età evolutiva in Italia rientra in questi approcci “ecologici “, attraverso l’interazione tra paziente, terapista e setting, cosi come il confronto e la partecipazione delle figure di riferimento, si mira a favorire la comparsa di segnalatori sociali quali: contatto oculare, sguardo referenziale e sorriso; a rendere l’uso dell’oggetto funzionale; a favorire lo sviluppo comunicativo e a lavorare in proattivo sui comportamenti problema. Inoltre, con la terapia neuropsicomotoria, si cerca di sviluppare attraverso il piano esperienziale la percezione e la consapevolezza che il soggetto ha di sé tenendo conto dei suoi punti di forza e limiti e dell’altro ovvero come relazionarsi e quali tipi di interazione utilizzare in relazione ai diversi tipi di contesti.

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2.3 Il setting neuropsicomotorio

Il termine “setting” deriva dal verbo inglese “to set”, cioè “mettere in scena”. Tale terminologia viene utilizzata per indicare lo spazio fisico nel quale la seduta terapeutica prende vita, ma anche per descrivere la condizione secondo la quale il terapista ambienta una scena adattando tale spazio ad ogni paziente o gruppo secondo le proprie caratteristiche, siano esse dettate dalla categoria clinica nosografica a cui appartengono, dal loro funzionamento, dalle loro priorità e dai loro interessi.

Il setting, in quanto spazio fisico, si configura come contenitore affettivo ed emotivo e in quanto tale deve essere adattato alle esigenze del paziente, sicché egli possa sentirsi a suo agio e possa percepire l’ambiente come facilitante ed accogliente, sia per l’atteggiamento accudente del terapista nei suoi confronti, sia per il calore e il benessere che rimanda l’ambiente se luminoso, ampio, spazioso e confortevole. Il setting neuropsicomotorio che può essere la stanza di terapia o contesto domestico, in base a dove viene svolta la terapia, dovrebbe offrire scenari predisposti con oggetti neutri es: cubi, corde, cuscini che possono trasformarsi in qualsiasi altro oggetto in base alla funzione che il bambino vuole attribuirgli, che non inviano informazioni univoche sul loro utilizzo, e che quindi possono essere utilizzati con azioni diverse e sollecitare la motricità es: oggetti simbolici, che richiamano la vita quotidiana, quali bambole e omini, mezzi di trasporto e animali.

Nell’ambito del setting terapeutico bisogna fare attenzione a quelli che sono i parametri ambientali:

  • Caratteristiche fisiche della stanza: dovrebbero essere concepite in modo da essere accoglienti e prive di elementi stressanti e informare il bambino su una sua valenza affettiva positiva, che è determinata da fattori di coerenza, leggibilità, complessità, mistero e identità;
  • Oggetti e loro caratteristiche;
  • Presenza umana: bambino, genitori, terapista.

Da un punto di vista strutturale e fisico possiamo dire che i setting sono tutti uguali e prestabiliti, perché si osserva spesso la presenza di materiali morbidi, spalliere, cuscini, specchi, tavoli, corde, ma in realtà cambia ad ogni seduta, perché devono essere organizzati in base a quelle che sono le risorse del bambino e gli obiettivi che si vogliono perseguire.

 

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2.3.1 Descrizione del setting

Il setting neuropsicomotrio prevede due tipologie di spazi completamente distinti ossia spazio con materiale non-strutturato e spazio con materiale strutturato.

  • Lo Spazio con materiale non-strutturato prevede generalmente l’uso di spalliere, cuscini, materassi, corde, e altro materiale tipico. È uno spazio che permette di effettuare esperienze di attivazione e interazione sul piano corporeo di tipo sensoriale, cinestesico, motorio, alla base dello sviluppo di schemi senso-motori ed interattivi. Permette di valutare le capacità motorie del bambino ma anche l’iniziativa, nell’ambito di un’organizzazione funzionale, simbolica, prassica e comunicativa del bambino. In questo spazio così organizzato è molto complesso tenere a bada soggetti iperattivi, autistici sfuggenti al contatto oculare, bambini con disturbi del comportamento, è per questo che può fungere poco da contenitore se non è il terapista stesso ad essere bravo a creare una dimensione che diventi contenitiva. Dunque, questa parte, che può essere sia esplorativa per il bambino che di libera osservazione per il terapeuta, diventa il cuore della terapia. Il setting è così organizzato nella prima parte della seduta ed è in questo momento che nasce la vera e propria relazione, perché si parla di uno spazio in cui si può giocare insieme nel costruire, distruggere, rincorrersi, sparire. Nello spazio non-strutturato il bambino ha la possibilità di viversi e di vivere anche al di là dei limiti che pensa di avere, affidandosi completamente al terapista.
  • Lo Spazio con materiale strutturato prevede la presenza di un armadio, un tavolo, le sedie, i pennarelli, le forbici, le macchinine, dei fogli e dei giocattoli attraverso i quali vengono a crearsi richieste di gioco funzionale con regole che diventano più rigide rispetto a quelle presenti nello spazio con materiale non-strutturato. Per tanto è una condizione che getta le basi per il gioco di finzione, il gioco simbolico, il gioco di fantasia e il gioco di regole. A questo punto si lavora anche su attività in cui si chiede al bambino di proiettare sul disegno cosa ha vissuto nello spazio non-strutturato, andando a lavorare su abilità di grafismo, coordinazione occhio-mano, riconoscimento di colori, di generi, di animali. In questo secondo momento di terapia si vanno a potenziare le abilità di apprendimento ed è fondamentale che si presenti dopo il materiale non-strutturato, per permettere al bambino di decentrarsi da quello vissuto precedentemente.
Figura 1: Lo Spazio con materiale non-strutturato Figura 2: Lo Spazio con materiale non-strutturato
Figura 1 e 2: Lo Spazio con materiale non-strutturato

 

Figura 1: Lo Spazio con materiale strutturato Figura 2: Lo Spazio con materiale strutturato
Figura 1 e 2: Lo Spazio con materiale non-strutturato

 

  

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2.4 La realtà virtuale un nuovo concetto di setting

Negli ultimi decenni, l'interesse verso l'utilizzo della Realtà Virtuale o RV all'interno della comunità scientifica ha registrato un notevole incremento, soprattutto per la sua potenziale applicazione innovativa nei trattamenti riabilitativi nell'ambito cognitivo-motorio. La RV rappresenta una tecnologia all'avanguardia che si basa sull'interazione tra l'utente e un computer, permettendo di trasmettere stimoli in tempo reale, creando l'illusione di trovarsi in un luogo diverso noto come "senso di presenza". Inoltre, la RV offre una risposta realistica agli stimoli virtuali, coinvolgendo sia le reazioni fisiologiche che neurali, in un concetto noto come "embodyment". Questa tecnologia consente anche di simulare azioni altrimenti impossibili o rare, consentendo agli utenti di vivere esperienze uniche e controllate in modo sicuro. L'applicazione della RV in ambito riabilitativo è stata riconosciuta come potenzialmente vantaggiosa grazie alla possibilità di creare ambienti terapeutici standardizzati, riproducibili e controllabili. Numerose ricerche hanno indicato che la RV può costituire un approccio riabilitativo motivante e divertente, talvolta persino più coinvolgente rispetto alle terapie tradizionali. Contrariamente alla percezione che alcune persone potrebbero avere difficoltà nell'utilizzare questa tecnologia, le prove dimostrano che l'approccio è accettabile ed efficace. Tuttavia, il termine "RV" è spesso oggetto di dibattito poiché viene utilizzato in modo improprio per riferirsi anche a esercizi di "exergaming" o "serious games". Inoltre, le revisioni sistematiche comprendono sia sistemi RV "specializzati" specificamente sviluppati per scopi clinici e terapeutici che sistemi RV "gaming" ad esempio, console di gioco RV commerciali che potrebbero essere utilizzate anche in contesti clinici. L'integrazione della RV in vari aspetti della medicina riabilitativa ha dimostrato il suo potenziale come strumento terapeutico in ambienti stimolanti, sicuri ed ecologicamente validi, consentendo al contempo il controllo sulla qualità e la quantità degli stimoli forniti. La RV permette all'utente che può essere un paziente o un terapista di interagire con un ambiente multidimensionale creato dal computer, noto come Ambiente Virtuale o AV, che può essere esplorato in tempo reale. Questa tecnologia offre la possibilità di personalizzare le terapie per adattarle alle esigenze specifiche dei pazienti, garantendo al contempo una maggiore standardizzazione nei protocolli di valutazione e di formazione riabilitativa. Inoltre, la RV consente la documentazione immediata delle istruzioni del terapista durante l'allenamento e le performance del paziente. Gli sviluppi continui nella tecnologia della RV e le relative riduzioni dei costi hanno favorito la creazione di sistemi RV più accessibili e vantaggiosi, in grado di coprire una vasta gamma di domini riabilitativi, sia motori che cognitivi e psicologici. Ciò che rende la RV importante nelle scienze terapeutiche e riabilitative è che non si tratta semplicemente di un'estensione lineare della tecnologia informatica esistente, ma di una piattaforma unica con caratteristiche distintive. Una di queste caratteristiche è l'interazione, che avviene attraverso AV creati per permettere agli utenti di interagire con oggetti virtuali all'interno dell'ambiente. Questa interazione può avvenire tramite un puntatore attivabile da un mouse o un pulsante del joystick, oppure attraverso la generazione di una rappresentazione virtuale della mano o di altre parti del corpo, collegando i movimenti virtuali alle azioni dell'utente. Inoltre, alcuni sistemi RV permettono agli utenti di controllare l'ambiente virtuale da una prospettiva in terza persona, aggiungendo ulteriori livelli di interazione. La RV offre una vasta gamma di interfacce visive, che vanno dai tradizionali monitor ai visori montati sulla testa, creando diversi gradi di immersione nell'ambiente virtuale. L'immersione, cioè la sensazione di essere completamente immersi nell'ambiente virtuale, è una caratteristica chiave che distingue i sistemi RV in base alla loro immersività. Attualmente, le applicazioni riabilitative principalmente sfruttano feedback uditivi e visivi, e in misura limitata feedback propriocettivi e vestibolari soprattutto nelle RV immersive. Tuttavia, c'è una crescente evidenza che l'aggiunta di feedback tattile possa essere vantaggiosa per raggiungere specifici obiettivi di trattamento, come migliorare la mobilità articolare e la forza. Le informazioni tattili possono anche migliorare le prestazioni in compiti più complessi, come dimostrato in studi che hanno evidenziato un vantaggio nell'aggiungere stimoli tattili in situazioni di alto livello di difficoltà. Un'altra caratteristica fondamentale della RV è la capacità di creare un senso di presenza, cioè la sensazione di essere realmente presenti in un ambiente virtuale, anche se fisicamente assenti. Questo senso di presenza può essere misurato attraverso vari indicatori, tra cui le risposte fisiologiche come la frequenza cardiaca e la risposta galvanica della pelle. I programmi di riabilitazione motorio-cognitiva basati sulla RV forniscono stimoli sensoriali interattivi e biofeedback utilizzando rappresentazioni virtuali degli arti dei pazienti. Questo approccio si basa sui principi dell'Action Observation Therapy e dell'immagine motoria, che attivano le aree corticali coinvolte nell'esecuzione dei movimenti. Inoltre, la possibilità di personalizzare gli ambienti virtuali in base alle esigenze terapeutiche e alle caratteristiche dei pazienti, sia cognitive che motorie, rappresenta un vantaggio significativo.  Inoltre, la RV offre la possibilità di manipolare gli ambienti virtuali per adattarli al trattamento riabilitativo. Questo coinvolge i sensi e mantiene l'attenzione del paziente, come dimostrato nello studio pilota condotto da Iosa e colleghi, in cui l'interazione con opere d'arte integrate nell'ambiente virtuale ha potenziato l'efficacia terapeutica della RV. In sintesi, la Realtà Virtuale rappresenta una tecnologia innovativa che sta guadagnando sempre più rilevanza nella comunità scientifica, in particolare nell'ambito della riabilitazione cognitivo-motoria. La sua capacità di creare ambienti controllabili e personalizzati, l'interazione utente-ambiente virtuale, l'aggiunta di feedback tattili e il senso di presenza contribuiscono a renderla un'opzione terapeutica promettente e coinvolgente. Gli sviluppi futuri nella tecnologia della RV promettono ulteriori progressi nei trattamenti riabilitativi, offrendo nuove opportunità per migliorare la qualità della vita dei pazienti.

 

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2.5 Classificazione dei Sistemi di Realtà Virtuale non Immersiva, Immersiva e Aumentata

Esistono una vasta gamma di dispositivi di Realtà Virtuale (RV) disponibili per la personalizzazione dei trattamenti riabilitativi, sia in ambiente ospedaliero che domiciliare. Questi sistemi possono essere distinti in base alla tecnologia di RV utilizzata e al grado di coinvolgimento dell'utente nell'ambiente virtuale rispetto a quello fisico. In termini di tecnologia di RV, esistono sistemi che variano da non immersivi a completamente immersivi. Il senso di presenza, ovvero quanto l'utente si sente coinvolto nell'ambiente virtuale, è determinato dal livello di immersione previsto e, di conseguenza, dalla tipologia di sistema impiegato.

La Realtà Virtuale non immersiva fa uso di monitor o proiezioni a parete per creare un ambiente tridimensionale. In questo tipo di sistema, l'ambiente circostante non viene completamente isolato, e l'utente percepisce un ambiente virtuale tridimensionale in cui interagisce in tempo reale con una rappresentazione del proprio corpo (ad esempio, il centro della pressione corporea o un avatar). Durante l'interazione, l'utente riceve feedback sensoriali, spesso di natura visiva, uditiva e propriocettiva. Un esempio di sistema di Realtà Virtuale non immersiva è il Virtual Reality Rehabilitation System (VRRS) della Khymeia srl, situata a Padova, Italia, che registra i movimenti e li visualizza in un ambiente virtuale su un ampio schermo.

I sistemi di Realtà Virtuale sempre più avanzati e completamente immersivi, come il Cave Automatic Virtual Environment (CAVE) sviluppato presso l'Università dell'Illinois a Chicago, e il Sistema Nirvana-BTS Bioengineering di Quincy, MA 02169, USA, sono in grado di creare l'illusione completa dell'immersione. Questi sistemi proiettano immagini tridimensionali sulle pareti e sul pavimento di un ambiente a forma di cubo, delle dimensioni di una stanza e permettono di raggiungere un livello significativo di immersività in un ambiente virtuale definito come semi-immersivo, dove gli utenti possono interagire con l'ambiente. Inoltre, più persone possono indossare leggeri occhiali 3D contemporaneamente e muoversi liberamente all'interno del CAVE. Un sistema di tracciamento della testa monitora costantemente la posizione del principale spettatore e adatta la proiezione stereo di conseguenza. Per garantire l'integrazione fluida tra i movimenti dell'utente e quelli dell'Ambiente Virtuale (AV) e degli oggetti virtuali, è essenziale tracciare la posizione e i movimenti dell'utente in tempo reale.

Diverse tecniche di motion tracking sono utilizzate per questo scopo, tra cui la tecnologia di sottrazione del colore, la sottrazione dei frame dei video e dispositivi di tracking magnetici e infrarossi. I progressi tecnologici nel campo di queste interfacce hanno ridotto al minimo i ritardi temporali, che erano in passato responsabili di alcune problematiche legate alla "cybersickness" ovvero il disagio legato all'uso prolungato della Realtà Virtuale.

Gli sviluppi recenti nel campo dell'informatica hanno aperto la strada alla combinazione della Realtà Virtuale (RV) con il mondo reale, dando vita a una nuova tecnologia conosciuta come Realtà Aumentata (RA). La RA è costituita da un display, che può essere un Head Mounted Display (HMD) o basato su un monitor, dotato di un dispositivo di rilevamento della posizione e una fotocamera. Questa configurazione consente all'utente di visualizzare il mondo reale attraverso il display, mentre la vista del mondo reale viene arricchita dall'aggiunta di oggetti generati dal computer e di informazioni specifiche alla posizione cioè elementi digitali sovrapposti all'ambiente naturale quando e dove sono necessari.

Mentre nella RA il mondo reale rimane al centro dell'esperienza, arricchito da dettagli virtuali per consentire all'utente di interagire sia con oggetti virtuali che fisici, nella RV, l'utente è completamente immerso in ambienti virtuali, senza percezione del mondo reale circostante. La differenza principale sta nella quantità di coinvolgimento del mondo reale nell'esperienza virtuale, con la RA che consente una fusione tra il mondo reale e quello virtuale.

 

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2.5.1 Gli Effetti Avversi della Realtà Virtuale

La cybersickness rappresenta una delle principali preoccupazioni legate all'uso della Realtà Virtuale (RV) in ambito riabilitativo. Questa condizione è una forma di cinetosi e può manifestarsi con sintomi quali nausea, vomito, affaticamento degli occhi, disorientamento, atassia e vertigini. La cybersickness costituisce un ostacolo significativo per l'efficacia dei trattamenti riabilitativi basati sulla RV, poiché può diminuire notevolmente i benefici terapeutici. Inoltre, l'uso degli Head Mounted Display (HMD), che offrono un'immersione più intensa, può causare effetti collaterali aggiuntivi come dolore e cefalea dovuti al peso e all'uso prolungato del dispositivo.

Al fine di mitigare questi disturbi, sono in corso sforzi per lo sviluppo di tecnologie pertinenti, tra cui il miglioramento sia del hardware che del software del sistema. Questi miglioramenti mirano a ridurre al minimo il ritardo tra i movimenti dell'utente e la corrispondente visualizzazione visiva, contribuendo così a ridurre la sensazione di disorientamento e nausea.

Tuttavia, è importante notare che una revisione condotta da Laver e colleghi su 24 studi ha evidenziato che pochi eventi avversi sono stati riscontrati a seguito della terapia basata sulla RV[34]. Questi eventi avversi includono sintomi lievi come vertigini, cefalea e dolore da sovraccarico, ma sono stati generalmente poco frequenti e di entità modesta. Ciò suggerisce che, nonostante i potenziali effetti avversi, l'uso della RV in ambito riabilitativo è generalmente ben tollerato e può essere sicuro per molti pazienti, con un attento monitoraggio e una progettazione adeguata del trattamento

  

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2.6 Il BTS-Nirvana

Il BTS-Nirvana è un dispositivo medico che sfrutta tecniche di realtà virtuale immersiva, specificamente progettato per supportare la riabilitazione motoria e cognitiva in pazienti con disordini di natura neurologica. Lo strumento è un sistema basato sul movimento che fornisce ai pazienti degli scenari a parete o a pavimento in realtà virtuale interattivi, con cui poter interagire liberamente. In particolare, il paziente può interagire con lo schermo ed eseguire compiti o attività motorie e cognitive proposte dall'operatore, ad esempio identificando/trovando oggetti, contando, descrivendo, inseguendo o spostando oggetti. Si tratta del primo dispositivo che utilizza un sistema di proiezione bidimensionale a schermo con sensori optoelettronici a infrarossi, attraverso il quale il paziente può interagire semplicemente con i suoi movimenti senza indossare ulteriore sensoristica. Gli esercizi di riabilitazione con stimoli audiovisivi e feedback coinvolgono le capacità percettive e cognitive dei pazienti, dando vita a un training motivazionale. Diverse modalità e livelli crescenti di difficoltà caratterizzano ogni esercizio, in modo che il terapeuta possa utilizzare una soluzione riabilitativa predefinita o specifica, in base alle esigenze del paziente. I risultati ottenuti durante la riabilitazione consentono al terapeuta di valutare i progressi effettivi del paziente e di modificare il programma di riabilitazione. Il sistema è collegato a un proiettore o a un grande schermo (posto di fronte al paziente), riproduce una serie interattiva di esercizi (per il tronco, gli arti superiori e inferiori e la cognizione) e, grazie a una videocamera a infrarossi che analizza i movimenti del paziente, crea interattività all' interno del gioco. Al termine di ogni sessione di lavoro, è possibile esportare l'elenco completo di tutti gli esercizi eseguiti e il punteggio ottenuto per ciascuno di essi. Gli esercizi BTS-N possono essere classificati in sei tipi in relazione alla modalità di interazione del paziente nei diversi compiti virtuali: sprite, follow me, hunts, motion, games e virtual grasping. Il tipo di esercizio Sprite consente di esplorare un singolo o entrambi i lati con gli arti superiori ed è un metodo molto utile per recuperare le abilità visuo-spaziali e la cognizione spaziale. Il tipo di esercizio Follows me è solitamente indicato per l'allenamento degli arti superiori o inferiori per migliorare la coordinazione motoria. Gli esercizi di caccia consistono nel selezionare elementi che appaiono in modo casuale e per un tempo limitato sulla superficie di proiezione, potenziando anche i processi attentivi combinati con la coordinazione dei movimenti. Gli esercizi di movimento mirano a controllare i movimenti all'interno di posizioni fisse per migliorare il controllo degli arti e del tronco. Gli esercizi di games permettono l'interazione di più pazienti in una sessione, oltre all'utilizzo della strategia del turno. Gli esercizi di Grasping consistono nell'ultima e innovativa modalità di interazione con gli scenari virtuali per stimolare il processo di attenzione, la motricità e la coordinazione.

  

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Figura 5: Sensori e Proiettori Sistema Nirvana

Figura 6: Sensori e Proiettori Sistema Nirvana

Figura 5 e 6: Sensori e Proiettori Sistema Nirvana

 

 

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Capitolo III - STUDIO CONDOTTO SU UN CAMPIONE DI PAZIENTI CON DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO:      IL BTS-NIRVANA A SUPPORTO DEL TRATTAMENTO NEUROPSICOMOTORIO

3.1 Obiettivo dello studio

Lo studio è stato condotto su un campione di 10 bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD) che accedono al Centro di riabilitazione LARS, sito a Sarno con un progetto riabilitativo rilasciato dalle Asl di appartenenza, di almeno tre trattamenti neuropsicomotori.

Tale studio pone come obiettivo quello di dimostrare l’efficacia e l’efficienza della tecnologia virtuale, nello specifico l’uso del Nirvana a supporto del setting neuropsicomotorio tradizionale. La possibilità di accedere a tale strumentazione ha permesso la creazione di setting dinamici e di nuovi contesti ambientali con la possibilità di modificare variabili virtuali non realizzabili in un setting neuropsicomotorio strutturato.

3.2 Descrizione del campione

Il campione oggetto di studio è composto da 10 bambini con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico” (DSM – 5), che afferiscono al centro di riabilitazione Lars con prescrizioni rilasciate dalle Asl di appartenenza. Oltre alla neuropsicomotricità, i progetti riabilitativi individuali prevedevano anche trattamenti di logopedia e il parent training.

La selezione del campione è avvenuta grazie al contributo dei neuropsicomotricisti ai quali è stato chiesto di compilare scheda di raccolta dati con una griglia (ALLEGATO A) dove sono stati riportati i criteri di inclusione e di esclusione.

I criteri di inclusione sono stati in seguenti:

  • diagnosi di “Disturbo dello Spettro Autistico” (DSM – 5);
  • età compresa tra 4 e 8 anni;
  • prescrizione di 3 trattamenti neuropsicomotori;
  • assenza di menomazioni fisiche e adeguata funzionalità motoria;
  • adeguata comprensione di ordini semplici;
  • accesso minimo al verbale.

I criteri di esclusione prevedevano:

  • comportamenti gravi aggressivi, autodiretti e/o eterodiretti;
  • disabilità intellettiva grave;
  • epilessia generalizzata e fotosensibile certificata da EEG in cartella.

 

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3.3 Metodi di inclusione del campione

Per definire i criteri di inclusione del campione di studio sono state utilizzate le seguenti misure:

Diagnosi di ASD, valutata con il test ADOS-2 già presente nella cartella clinica del bambino.

L’ADOS-2 è il gold standard per la valutazione e diagnosi dei disturbi dello spettro autistico. Questa scala consente una valutazione semistrutturata e standardizzata di comunicazione, interazione sociale, gioco e comportamenti ristretti e ripetitivi, attraverso una serie di attività che direttamente elicitano i comportamenti legati a una diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico. Attraverso l’osservazione e la codifica di questi comportamenti è possibile ottenere informazioni utili per la diagnosi, la pianificazione dell’intervento e l’inserimento in contesti educativi.

L’ADOS-2 include 5 diversi moduli. Al soggetto che deve essere valutato verrà proposto un solo modulo, selezionato sulla base dell’età cronologica e del livello di linguaggio espressivo. Ogni modulo prevede il coinvolgimento dell’esaminatore in una serie di attività che richiedono l’uso dei materiali stimolo interattivi previsti dal test.

Ogni modulo dell’ADOS-2 corrisponde a un protocollo, che offre indicazioni sulla somministrazione e guida il clinico nelle fasi di codifica e scoring.

  1. Modulo Toddler: per bambini 12-30 mesi che non utilizzano regolarmente un linguaggio frasale. Questo modulo consente all’ADOS-2 di abbassare l’età della valutazione a 12 mesi, infatti è stato aggiunto un modulo che prevede materiale specifico per l’interazione con bambini di età compresa tra 12 e 30 mesi. Il Modulo Toddler fornisce una “fascia di rischio” piuttosto che un punteggio cut-off, in modo da consentire al clinico di quantificare e formalizzare un’impressione clinica e al tempo stesso evitare una classificazione formale, che può non essere appropriata in questa fascia di età;
  2. Modulo 1: per bambini a partire dai 31 mesi di età che non utilizzano regolarmente un linguaggio dotato di una struttura frasale;
  3. Modulo 2: per bambini di ogni età con linguaggio frasale ma non ancora verbalmente fluenti;
  4. Modulo 3: per bambini verbalmente fluenti e giovani adolescenti;
  5. Modulo 4: per adolescenti e adulti verbalmente fluenti.

L’ ADOS-2 prevede punteggi di comparazione per i Moduli dall’1al 3 permettono di confrontare il livello generale dei sintomi relativi allo spettro autistico del bambino con quello mostrato da soggetti con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico di pari età e livello di abilità linguistiche. Questo punteggio, inoltre, facilita il monitoraggio dei sintomi di un individuo nel corso del tempo.

Le abilità di comunicazione e le abilità motorie sono state rilevate mediante il test Vineland-II.

La Vineland-II è uno strumento efficace per la valutazione del comportamento adattivo nei bambini. Può essere utilizzata per identificare le disabilità dello sviluppo, pianificare programmi educativi e servizi e monitorare il progresso dei bambini nel tempo.

La Vineland-II è composta da 433 elementi, raggruppati in 11 sottoscale.

Le sottoscale sono raggruppate in quattro domini:

  1. Comunicazione:valuta le abilità linguistiche e comunicative del bambino, sia verbali che non verbali;
  2. Abilità di vita quotidiana:valuta le abilità necessarie per prendersi cura di sé, svolgere attività domestiche e partecipare alla vita sociale;
  3. Socializzazione:valuta le abilità necessarie per interagire con gli altri in modo socialmente appropriato;
  4. Abilità motorie:valuta le abilità necessarie per muoversi e svolgere attività motorie.

  

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3.3.1 Valutazione delle abilità intellettive del campione

Il campione oggetto di valutazione è stato sottoposto a differenti scale intellettive durante l’iter diagnostico. Pertanto, in assenza di un indice intellettivo ottenuto da una medesima scala, sono stati presi in considerazione i risultati delle diverse scale intellettive proposte durante gli approfondimenti diagnostici quali:

Il test Griffiths-III è uno strumento di valutazione dello sviluppo dell'infanzia e della prima infanzia. È progettato per valutare una vasta gamma di abilità cognitive e comportamentali nei bambini dai 2 ai 5 anni di età. Il test copre diverse aree di sviluppo, tra cui linguaggio, abilità motorie, abilità visuospaziali, funzionamento sociale e autonomia. L'obiettivo principale del test è ottenere una valutazione completa delle abilità del bambino per identificare eventuali ritardi nello sviluppo o difficoltà in specifiche aree. Si basa su una serie di attività interattive e osservazioni del comportamento del bambino durante la sessione di valutazione. I risultati vengono quindi confrontati con i dati normativi per fornire una valutazione accurata delle abilità del bambino rispetto ai suoi coetanei.

Le aree specifiche che valuta il test:

  1. Abilità Linguistiche: include la valutazione dello sviluppo del linguaggio del bambino, sia a livello di comprensione che di espressione.
  2. Abilità Personali e Sociali: valuta lo sviluppo sociale ed emotivo del bambino, comprese le interazioni con gli altri e la capacità di comprendere ed esprimere emozioni.
  3. Abilità Motorie: valuta sia le abilità motorie fini che quelle grosse, esaminando la coordinazione e il controllo dei movimenti del bambino.
  4. Coordinazione Occhio-Mano: quest'area si concentra sulla coordinazione tra la percezione visiva e le abilità motorie, comprese attività che coinvolgono la coordinazione occhio-mano.
  5. Risoluzione di Problemi Quotidiani: valuta la capacità del bambino di risolvere problemi che si presentano nelle situazioni quotidiane.
  6. Memoria e Apprendimento: il test esamina le abilità di memoria e apprendimento del bambino, includendo sia la memoria a breve termine che quella a lungo termine.
  7. Attenzione e Concentrazione: valuta la capacità del bambino di mantenere l'attenzione e concentrarsi su compiti specifici.
  8. Comprensione dei Concetti: valuta la comprensione del bambino di vari concetti, come dimensioni, colori e quantità.
  9. Abilità Numeriche: valuta le prime abilità matematiche del bambino e la comprensione dei numeri.
  10. Abilità di Alfabetizzazione: coinvolge la valutazione delle prime abilità di alfabetizzazione del bambino, inclusa la conoscenza delle lettere e la preparazione alla lettura.
  11. Consapevolezza Spaziale: Il test valuta la consapevolezza del bambino delle relazioni spaziali e la sua capacità di navigare e comprendere lo spazio.

Il Leiter-R acronimo di “Leiter International Performance Scale-Revised” è uno strumento di valutazione delle abilità cognitive progettato per individui di età compresa tra i 2 e i 20 anni. È spesso utilizzato per valutare le abilità cognitive di persone che potrebbero avere difficoltà linguistiche o culturali, poiché è progettato per essere non verbale e non dipendente dalla lingua. Il Leiter-R valuta diverse aree cognitive, tra cui memoria di lavoro, ragionamento visuo-spaziale, e abilità di problem-solving. È strutturato in modo da minimizzare il bisogno di linguaggio verbale e di risposte verbali.

Le aree specifiche che il Leiter-R valuta includono:

  1. Memoria di lavoro non verbale: capacità di mantenere temporaneamente le informazioni visive e manipolarle mentalmente.
  2. Ragionamento visuo-spaziale: capacità di comprendere e risolvere problemi basati su informazioni visive e spaziali.
  3. Abilità di problem-solving non verbale: capacità di risolvere problemi senza l'uso di linguaggio verbale.
  4. Attenzione e concentrazione visuale: capacità di mantenere l'attenzione su informazioni visive specifiche.

Questo strumento è particolarmente utile in situazioni in cui i test basati sul linguaggio potrebbero essere inadeguati o inappropriati.

La WISC-IV, acronimo di Wechsler Intelligence Scale for Children 4° edizione, rappresenta uno strumento psicometrico avanzato dedicato alla valutazione delle capacità intellettive di bambini compresi tra i 6 e i 16 anni. Questo test si compone di 15 subtest, ognuno progettato per indagare specifiche aree cognitive al fine di ottenere una valutazione completa e dettagliata delle abilità intellettuali del bambino.

Subtest principali della WISC-IV:

  1. Disegno con i cubi: offre una misura dell'abilità di analizzare e sintetizzare stimoli visivi astratti cogliendone le relazioni spaziali.
  2. Somiglianze: dà una stima del ragionamento verbale e del livello di formazione dei concetti, coinvolgendo anche lo sviluppo del linguaggio, la conoscenza lessicale, la comprensione uditiva, la memoria e la capacità di discriminare tra caratteristiche essenziali e non essenziali.
  3. Memoria di cifre (suddiviso in diretta e inversa): offre una misura della memoria uditiva a breve termine, della memoria di lavoro e delle capacità di attenzione e concentrazione.
  4. Concetti illustrati: misura il ragionamento categoriale di tipo astratto, il ragionamento induttivo e l'informazione generale.
  5. Cifrario: dà una misura della velocità di elaborazione, della memoria a breve termine, della capacità di apprendimento, della percezione visiva, della coordinazione visuo-motoria, dell'abilità di scansione visiva, della flessibilità cognitiva, della capacità di attenzione e motivazione.
  6. Vocabolario: misura la conoscenza lessicale e la formazione dei concetti verbali.
  7. Riordinamento di lettere e numeri: valuta le abilità di manipolazione mentale, di attenzione, di memoria uditiva a breve termine e di rappresentazione visuo-spaziale.
  8. Ragionamento con le matrici: dà una stima dell'intelligenza fluida, in particolare del ragionamento induttivo e del ragionamento sequenziale generale.
  9. Comprensione: valuta il ragionamento verbale, l'informazione generale, la capacità di concettualizzazione, la comprensione verbale e l'abilità di espressione verbale.
  10. Ricerca di simboli: misura la velocità percettiva e di elaborazione, la memoria visiva a breve termine, la coordinazione visuo-motoria, la flessibilità cognitiva, la discriminazione visiva e la capacità di concentrazione.

Subtest supplementari della WISC-IV:

  1. Completamento di figure: misura la percezione e l'organizzazione visiva, la capacità di concentrazione e di identificazione visiva dei dettagli essenziali degli oggetti e l'informazione generale.
  2. Cancellazione (suddiviso in casuale e strutturata): dà una stima della velocità percettiva, dell'attenzione selettiva di tipo visivo e della capacità di vigilanza
  3. Informazione: misura la capacità di acquisire, mantenere e recuperare informazioni di carattere generale, chiamando in causa la memoria a lungo termine.
  4. Ragionamento aritmetico: offre una stima del ragionamento quantitativo e della capacità di attenzione e concentrazione.
  5. Ragionamento con le parole: valuta le abilità di ragionamento generale e induttivo, di astrazione verbale, di conoscenza lessicale, di integrazione e sintesi di differenti tipi di informazione e di sviluppo di concetti alternativi.

L'insieme di questi subtest, contribuisce a delineare un quadro completo delle potenzialità intellettuali del bambino calcolando cinque punteggi compositi:

  1. Quoziente intellettivo totale (QIT)per rappresentare le capacità cognitive complesse del bambino.
  2. Indice di Comprensione verbale (ICV)
  3. Indice di Ragionamento percettivo (IPR)
  4. Indice di Memoria di lavoro (IML)
  5. Indice di Velocità di elaborazione (IVE).

I risultati ottenuti vengono quindi comparati con dati di riferimento, definendo la formulazione di un Quoziente Intellettivo (QI) che offre una stima globale delle capacità intellettuali del bambino rispetto alla sua coetaneità.

La WPPSI-IV, o Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence 4° edizione, è uno strumento psicometrico progettato per valutare l'intelligenza in bambini di età compresa tra 2 anni e 6 mesi e 7 anni e 7 mesi ovvero in età prescolare e primaria. Comprende diverse sotto-scale che misurano diverse abilità cognitive. Le sotto-scale includono:

  1. QI Totale: Questa scala fornisce un punteggio complessivo dell'intelligenza del bambino, basato su varie prove.
  2. QI Verbale: Misura le abilità verbali del bambino, come vocabolario, comprensione verbale e ragionamento verbale.
  3. QI di Lavoro: Questa scala valuta la capacità del bambino di eseguire compiti di memoria di lavoro e risolvere problemi non verbali.
  4. QI di Processing Speed: Misura la velocità con cui il bambino può elaborare informazioni visive e motorie.
  5. QI di Coordinazione Visuo-Motoria: Questa scala valuta la coordinazione tra le abilità visive e motorie del bambino.

Il test WPPSI-IV è progettato per fornire una valutazione completa delle abilità cognitive del bambino e aiuta a identificare eventuali aree di forza o di debolezza. I punteggi sono confrontati con quelli di altri bambini della stessa età per determinare il livello di sviluppo cognitivo.

 

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3.4 L’Autism Spectrum Disorders Behavior Inventory

L’Autism Spectrum Disorders Behavior Inventory o ASDBI è un utile strumento medico di supporto alla diagnosi, alla formulazione di consigli terapeutici e alla valutazione attraverso il follow up, dei cambiamenti nel tempo, ed ha molti usi in campo accademico grazie alla standardizzazione per fasce d’età. L'ASDBI è stato standardizzato e validato per essere usato con maschi e femmine di età compresa fra 1 anno e 6 mesi e 12 anni e 5 mesi. L'ASDBI è dunque idoneo a essere usato con bambini e adolescenti provenienti da un ampio spettro di contesti geografici e socio-economici.

L’ASDBI è dotato di un manuale professionale e dai seguenti protocolli:

  • Protocollo di valutazione per i genitori
  • Protocollo di valutazione per gli insegnanti
  • Modulo di scoring del genitore
  • Modulo di scoring dell'insegnante
  • Modulo di profilo, da utilizzare o con il protocollo di valutazione per i genitori o con il protocollo valutazione per gli insegnanti.

La versione standard dell’ASDBI è composta da 10 domini. Ogni dominio consiste in un numero variabile di cluster comportamentali che meglio rappresentano il dominio. I cluster aiutano ad identificare i comportamenti che contribuiscono a definire maggiormente il punteggio del bambino in un dato dominio.

I punteggi di dominio sono divisi in due sezioni:

  1. Problemi di contatto/isolamento;
  2. Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale.
  3. Domini/C

È importante notare che il bambino "medio" con autismo avrà, in queste sezioni, punteggi di dominio compresi tra 40 e 60. Nella sezione dei Problemi di contatto/isolamento, i punti T più alti indicano un livello di maggiore severità. Nella sezione delle Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale, i punteggi di dominio più alti indicano un maggiore livello di competenza. Il bambino medio con autismo otterrà punteggi di livello medio nei cluster di questi domini. Le sezioni che seguono contengono la descrizione di ogni dominio e le linee guida per l'interpretazione.

Problemi di contatto/isolamento

  • Modalità di contatto senso/percettivo (SENS)

Questo dominio comprende comportamenti che in gran parte non coinvolgono la comunicazione e implicano un orientamento verso stimoli asociali.

La versione utilizzata per lo studio prevede sei cluster:

  1. Comportamenti visivi,
  2. Esplorazione tattile o olfattiva di oggetti non commestibili,
  3. Comportamenti che producono rumore,
  4. Comportamenti propriocettivi/cinestesici,
  5. Comportamenti ripetitivi di manipolazione
  6. Comportamenti cinestesici ed equilibrio (locomozione).

I punti T totali di questo dominio sono inversamente correlati al quoziente intellettivo, misurato con le Griffiths Mental Development Scales (Griffiths, 1984): a punti T più alti nel dominio Modalità di contatto senso/percettivo è associato un maggiore ritardo nello sviluppo.

Questo dominio inoltre è correlato positivamente con i domini dei Problemi di eccitabilità e di Aggressività ed è correlato negativamente con i domini dei Comportamenti nelle relazioni sociali e dell'Apprendimento, memoria e linguaggio recettivo. Il punteggio di questo dominio tende a essere inferiore nei bambini che compaiono nello spettro autistico, come è definito dalla Autism Diagnostic Observation Schedule-Generic (ADOS-G; Lord et al., 2000), rispetto a quello dei bambini con autismo. Dunque, punteggi alti in questo dominio tendono ad essere associati ad una maggiore severità dell'autismo, ad un maggiore deficit cognitivo e di linguaggio e a comportamenti di difficile gestione.

Ritualismi/resistenza ai cambiamenti (RIT)

Questo dominio descrive comportamenti che comunicano il desiderio del bambino di compiere rituali o mostrano la sua frustrazione per un cambiamento nell'ambiente o nella routine. Il dominio è composto di tre cluster:

  1. Resistenza ai cambiamenti nell'ambiente,
  2. Resistenza ai cambiamenti di attività pianificate/routine
  3.  Rituali

A differenza del dominio delle Modalità di contatto senso/percettivo, i punti T totali per questo dominio non sono significativamente correlati con il quoziente intellettivo ottenuto con le scale Griffiths; sono debolmente correlati, in senso negativo, con il dominio dell'Apprendimento, memoria e linguaggio recettivo. Questo dominio è molto correlato, in senso positivo, con i domini delle Paure specifiche, Aggressività, e Problemi pragmatici/sociali, ed è moderatamente correlato con i domini relativi ai problemi di eccitabilità ed ai Problemi semantico/ pragmatici. Tali correlazioni portano a pensare che i comportamenti ritualistici dell'autismo siano principalmente correlati con la paura e possono rappresentare parte della difficoltà del bambino e dell'adolescente nelle interazioni sociali. Quindi punteggi più alti in questo dominio potrebbero essere associati ad un disordine di ansia sociale, così come al disturbo ossessivo-compulsivo. L’analisi dei cluster permette di identificare i tipi di comportamenti ritualistici che richiedono un intervento mirato.

Problemi pragmatici/sociali (PPSOC)

Questo dominio individua le difficoltà che i bambini affetti da autismo hanno nel rispondere alla richiesta di interazione con un'altra persona, nella comprensione delle convenzioni sociali o nell'iniziare una relazione sociale con qualcun altro. Si compone di tre cluster:

  1. Problemi di contatto sociale,
  2. Problemi di consapevolezza sociale
  3. Reazioni inappropriate quando altri si avvicinano.

I punti T per questo dominio sono fortemente correlati con il dominio dei Problemi di eccitabilità e sono moderatamente correlati con i punteggi dei domini Ritualismi/resistenza ai cambiamenti, Problemi semantici/pragmatici ed Aggressività. Punteggi alti in questo dominio indicano un incremento dei problemi che riguardano le interazioni sociali del bambino e la sua consapevolezza quando si trova in ambito sociale. Questo dominio è uno tra quelli che permettono di distinguere un bambino con sindrome di Asperger da uno che presenta un ritardo del linguaggio.

Problemi semantici/pragmatici (PPSEM)

Questo dominio valuta le difficoltà del bambino con autismo nell'uso della lingua parlata per indicare la comprensione nella comunicazione di un significato, nel rispondere agli interessi degli altri e a sostenere una conversazione. Sono tre i cluster che compongono questo dominio:

  1. Anomalie della voce quando parla,
  2. Problemi nella comprensione di parole
  3. Deficit verbali-pragmatici.

Questo dominio è moderatamente correlato con quello dei Problemi pragmatici/sociali, con quello dell'Apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo e del Linguaggio espressivo. È anche moderatamente correlato, in maniera positiva, con il quoziente intellettivo misurato dalle scale Griffiths.

Inoltre, questo dominio presenta punteggi elevati nei bambini che rientrano nello spettro autistico e hanno un alto livello di funzionamento.

Problemi di eccitabilità (ECCI)

Questo dominio considera comportamenti che sono in gran parte non comunicativi o non responsivi; riflette la limitata espressività, la ricerca apparente della sensazione cinestesica. Questo dominio consta di due cluster:

  1. Comportamenti cinestesici,
  2. Ridotta responsività

I punti T complessivi per questo dominio hanno una forte correlazione inversa con il quoziente intellettivo misurato dalle scale Griffiths, con punteggi alti associati a un maggiore ritardo nello sviluppo. Questo dominio, inoltre, è fortemente correlato, in maniera positiva, ai domini della Modalità di contatto senso/percettivo, dell'Aggressività, e dei Problemi pragmatici/sociali ed è moderatamente correlato, ma in maniera negativa, con il dominio dei Comportamenti nelle relazioni sociali. Il punteggio di questo dominio è fortemente correlato, in maniera positiva, con il composito dell'Autismo. È riportato in letteratura che bambini che appartengono allo spettro autistico mostrano problemi di eccitabilità meno severi rispetto a quelli con autismo.

Paure specifiche (PAURE)

Questo dominio comprende comportamenti che esprimono paure e ansie associate all'isolamento da stimoli sociali o asociali. Si compone di tre cluster:

  1. Comportamenti di isolamento sociale,
  2. Comportamenti di evitamento di suoni
  3. Paure e ansia.

I punti T totali di questo dominio non sono significativamente correlati con il quoziente Intellettivo misurato sulle scale Griffiths o con i domini adattivi dell'ASDBI, indicando che si applica a bambini con diversi livelli cognitivi. Questo dominio è correlato positivamente, in maniera forte, con i domini dei Ritualismi/resistenza ai cambiamenti, dell'Aggressività e dei Problemi pragmatici/sociali ed è moderatamente correlato, in maniera positiva, con il dominio delle Modalità di contatto senso/percettivo e col composito dell'Autismo. Punteggi alti in questo dominio indicano la necessità di un intervento mirato verso i cluster elevati. Per esempio, ai bambini con punteggi alti in questi domini può essere insegnato a gestire le proprie paure attraverso una sensibilizzazione sistematica basata sulle immagini; viceversa, a bambini con punteggi più bassi l'insegnamento dovrà avvalersi di un tipo di esposizione più "pratica".

Aggressività (AGG)

Questo dominio comprende comportamenti aggressivi verso sé stessi e gli altri, così come i cambiamenti negativi dell'umore, cui sono spesso associati. Il dominio consta di cinque cluster:

  1. Comportamenti auto-aggressivi,
  2. Reazioni negative incongrue,
  3. Problemi quando le persone che si prendono cura di lui/lei o altre figure significative tornano dal lavoro, da una vacanza o rientrano a casa
  4. Aggressività verso gli altri
  5. Problemi generali del carattere.

I punti T di questo dominio sono fortemente correlati, in maniera positiva, con tutti i domini dei Problemi di contatto/isolamento, fatta eccezione per il dominio relativo ai Problemi semantici/pragmatici e sono anche fortemente correlati con il composito dell'Autismo. Ciò significa che i bambini con autismo tendono ad avere punteggi alti sia in questo sia negli altri domini citati. Questo fatto, in combinazione con l'analisi dei cluster che hanno i punteggi più alti, fornisce importanti indizi sui motivi dell'aggressività del bambino e può essere d'aiuto nell'ideazione di una terapia mirata.

 Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale

  • Comportamenti nelle relazioni sociali (RELSOC)

Questo dominio valuta le abilità comunicative notoriamente problematiche per I bambini con autismo ad esempio contatto visivo, attenzione condivisa, uso efficace dei gesti e abilità immaginative. Il protocollo di valutazione è composto di nove cluster:

  1. Comportamenti visivi nelle relazioni sociali,
  2. Comportamenti affettivi positivi,
  3. Gestualità nelle relazioni sociali,
  4. Reazioni a segnali che invitano a interrompere o inibire comportamenti sociali Inappropriati,
  5. Comportamenti di gioco sociale,
  6. Comportamenti di gioco simbolico,
  7. Comportamenti empatici,
  8. Comportamenti di Interazione sociale
  9. Comportamenti di imitazione sociale.

Si noti che gli item in questo dominio sono di natura evolutiva. Questo dominio è fortemente correlato, in maniera positiva, con il quoziente intellettivo, con tutti i domini provenienti dalle Vineland Adaptive Behavior Scales, e con i domini dell'ASDBI relativi all'Apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo e al Linguaggio espressivo. Questo dominio è moderatamente correlato, in maniera negativa, con i domini dell'ASDBI che si riferiscono alla Modalità di contatto senso/percettivo ed ai Problemi di eccitabilità. Questo dominio è un importante discriminatore fra l'autismo e gli altri disturbi dello sviluppo del bambino in questa fascia d'età. Punteggi elevati in questo dominio indicano un alto livello di abilità sociali.

Linguaggio espressivo (LESP)

Questo dominio valuta le abilità del bambino di pronunciare suoni associati alla lingua italiana e ad usare parole e frasi che indichino la sua capacità di usare la grammatica, il tono della voce e gli aspetti pragmatici della comunicazione. In questo dominio ci sono sei cluster:

  1. Produzione di vocali,
  2. Produzione di consonanti all’inizio, in mezzo e alla fine della parola,
  3. Produzione di dittonghi,
  4. Competenze nel linguaggio espressivo,
  5. Intonazione verbale emotiva
  6. Competenze pragmatiche nella conversazione.

Questo dominio è fortemente correlato, in maniera positiva, con il quoziente intellettivo e con tutti i domini della Vineland Adaptive Behavior Scales, così come con i domini dell'ASDBI relativi ai Comportamenti nelle relazioni sociali e all'Apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo. Questo dominio è moderatamente correlato, in maniera positiva, con il dominio riguardante i Problemi semantici/pragmatici. In particolare, quando il bambino con autismo interagisce con gli altri, comunicando attraverso il linguaggio, lo fa in maniera goffa dal punto di vista pragmatico. Per questa ragione, l'interpretazione del significato dei punti T di questo dominio deve tener conto dei punti T del dominio riguardante i Problemi semantici/pragmatici: più grande è la discrepanza tra questi due domini, minore è la probabilità che il bambino sia autistico. In generale, è probabile che il bambino che realizza punteggi elevati in questo dominio abbia un alto livello funzionale. L'analisi del punteggio dei cluster in questo dominio può essere usata per individuare importanti obiettivi terapeutici.

Apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo (AMLR)

Questo dominio individua due aree di competenza variabile nel bambino con l'autismo:

  1. la memoria
  2. il linguaggio ricettivo.

Alcuni bambini con autismo hanno un'eccellente memoria per la localizzazione o la routine, ma, ad esempio, una memoria povera per le sequenze di movimento. Le abilità di linguaggio ricettivo sono spesso idiosincratiche e non indicano la comprensione di componenti linguistiche importanti come pronomi, verbi e aggettivi. Questo dominio consta di tre cluster: (a) Capacità mnestiche generali, (b) Abilità del linguaggio ricettivo e (c) Abilità basate sull'associazione.

Questo dominio è fortemente correlato, in maniera positiva, con il quoziente intellettivo. Il dominio è poi correlato positivamente, sempre in maniera forte, con il dominio riguardante i Comportamenti nelle relazioni sociali e con quello del Linguaggio espressivo ed è moderatamente correlato, in maniera negativa, con i domini delle Modalità di contatto senso/percettivo, dei Problemi di eccitabilità e con il punteggio composito dell'Autismo. A maggiori punti T in questo dominio sono associate un'alta funzionalità della memoria e abilità ricettive del linguaggio.

Domini/C

Oltre ai domini sopra descritti, Il test comprende cinque punteggi compositi. Il composito dei Problemi di contatto/isolamento, composito delle Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale composito dei Problemi di ripetitività, ritualistici e pragmatici, composito delle Abilità espressive di comunicazione sociale e composito dell'Autismo. Per quanto riguarda i bambini con autismo, in questi compositi i loro punti T saranno compresi fra 40 e 60.

  • Composito dei Problemi di ripetitività, ritualistici e pragmatici (RIPRIT/C)

Questo punteggio consiste nella somma dei domini relativi alla:

  1. Modalità di contatto senso/percettivo,
  2. Ritualismi/resistenza ai cambiamenti,
  3. Problemi pragmatici/sociali
  4. Problemi semantici/pragmatici.

Questo punteggio non è significativamente correlato con il quoziente intellettivo, misurato con le scale Griffiths, o con i punteggi standard delle Vineland. Più alto è il punteggio in questo composito, maggiore sarà il coinvolgimento dei domini associati con l'autismo. Dunque, punti T particolarmente alti (maggiori o uguali a 65) in questo composito potrebbero indicare che alcuni o molte fra i domini Modalità di contatto senso/percettivo, Ritualismi/resistenza ai cambiamenti, Problemi pragmatico/sociali e Problemi semantici/pragmatici, sono elevati rispetto al tipico bambino con autismo.

Composito dei Problemi di contatto/isolamento (PCI/C)

Questo punteggio composito si ottiene dalla somma di tutti i domini riguardanti la sezione dei Problemi di contatto/isolamento. Questo punteggio composito è moderatamente correlato con i punteggi del protocollo Nisonger di valutazione del comportamento dei bambini (Aman, Tassé, Rojhan e Hammer, 1996) ma non è significativamente correlato con il quoziente intellettivo misurato attraverso la scala Griffiths o con i punteggi standard delle Vineland. Punteggi alti in questo composito indicano problemi severi in molti diversi domini, a prescindere dal quoziente intellettivo dell'individuo. Un soggetto che mostri un punteggio alto in questo composito, richiede una valutazione accurata della programmazione dell'intervento e della diagnosi.

Composito delle Abilità espressive di comunicazione sociale (AECS/C)

Questo composito è dato dalla somma dei domini dei Comportamenti nelle relazioni sociali e del Linguaggio espressivo. In questo composito manca il dominio dell'Apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo, perché i problemi in quest'area non sono caratteristici dell'autismo e posso manifestarsi in bambini con una varietà di disturbi differenti. Questo composito è fortemente correlato, in maniera positiva, con il composito relativo alle Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale. L'interpretazione del significato di questo composito è soggetta alle stesse indicazioni fornite per il composito relativo alle Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale.

Composito delle Abilità ricettive/espressive di comunicazione sociale (ARECS/C)

Questo composito è dato dalla somma di tutti domini della sezione riguardante le Abilità ricettive/ espressive di comunicazione sociale dell'ASDBI. Punteggi alti in questo composito indicano elevate capacità di comunicazione sociale sia ricettive che espressive. Questo punteggio composito è fortemente correlato al quoziente intellettivo misurato con le scale Griffiths ed alle scale Vineland. Tuttavia, l'interpretazione del significato di questo punteggio composito non può prescindere dal confronto con i punteggi ottenuti dal bambino nei domini dei Problemi pragmatici/sociali e dei Problemi semantici/pragmatici. I bambini con un leggero disturbo specifico del linguaggio avranno punteggi alti in questo composito e punteggi relativamente bassi per i Problemi pragmatici/sociali.

Composito dell'Autismo (AUTISMO)

I domini per calcolare il composito dell'Autismo sono:

  1. Modalità di contatto -senso/percettivo,
  2. Ritualismi/resistenza ai cambiamenti,
  3. Problemi pragmatici/sociali,
  4. Problemi semantici/ pragmatici,
  5. Comportamenti nelle relazioni sociali
  6. Linguaggio espressivo.

I punti T per i Comportamenti nelle relazioni sociali e del Linguaggio espressivo vengono sommati e quindi sottratti alla somma dei punti T dei domini riguardanti le Modalità di contatto senso/percettivo, i Ritualismi/resistenza ai cambiamenti, i Problemi pragmatici/sociali ed i Problemi semantici/ pragmatici. Questa misura aritmetica permette di valutare il grado di severità dell'autismo. Le persone affette da autismo che non possiedono abilità sociali o comunicative rilevanti e presentano un alto livello di deficit nei comportamenti ripetitivi e pragmatici, ottengono i punteggi più alti. Al contrario, ottengono punteggi bassi le persone che possiedono abilità sociali e comunicative e che non presentano comportamenti non adattivi. In tal senso questo punteggio potrebbe essere interpretato come una misura del deficit di abilità di comunicazione sociale. Un punteggio di 50 (+10), i cui punti T sono compresi tra 40 e 60, è caratteristico di circa il 68% dei casi di autismo. Punteggi più alti o più bassi indicano deviazioni dal caso tipico di autismo. Il punteggio è moderatamente correlato, in senso inverso, con il quoziente intellettivo, misurato dalle scale Griffiths.

 

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3.4.1 Attribuzioni punteggi

Il test ASDBI prevede l’attribuzione di un punteggio quantitativo ad ogni item di cui si compongono i domini. Pertanto è possibile attribuire un punteggio da 0 a 3 che corrisponde ad una valutazione qualitativa pari a mai, raramente, a volte/ parzialmente.  Per gli item non valutabili viene utilizzato il simbolo “?” che corrisponde al valore qualitativo di “non capisco”.

DOMINIO

Mai

Raramente

A volte/ parzialmente

Spesso

Non capisco

Item 1

0

1

2

3

?

Item 2

0

1

2

3

?

Item 3

0

1

2

3

?

Tabella 1: Punteggi modulo di scoring

 

DOMINIO/COMPOSITO

Punteggio Grezzo

Punti T

IC 90%

SENS

RIT

PPSOC

PPSEM

ECCIT

PAURE

AGG

RELSOC

LESP

AMLR

RIPRIT/C

PCI/C

AECS/C

ARECS/C

AUTISMO

Tabella 2: Punteggi protocollo di valutazione  

 

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3.5 Materiali e metodi

Tutti i pazienti selezionati per lo studio effettuano tre trattamenti neuropsicomotori settimanali. Pertanto è stato programmato per ciascuno bambino un accesso settimanale al Nirvana e due trattamenti in setting neuropsicomotorio.

Tutti i bambini sono stati valutati tramite il test ASDBI; pertanto è stato definito un T0 o before starting treatment che ha permesso di definire il livello di partenza dell’intero campione nei singoli domini di cui si compone il test e il T1 o after performing the treatment ottenuto dalla rivalutazione dopo sei mesi di trattamento inclusivo con il Nirvana. Durante il training con il BTS-Nirvana, la cui durata è stata di 45 minuti, il singolo paziente è stato invitato a interagire con lo schermo e a svolgere compiti o attività motorie e cognitive tra le quali identificare o trovare oggetti, contare, descrivere, inseguire o spostare elementi richiesti. Inoltre sono stati inclusi una serie di esercizi che hanno richiesto il reclutamento nonché il potenziamento dei processi attentivi, di cognizione spaziale, di memoria verbale e visuo-spaziale, di coordinazione oculo-manuale, delle abilità cognitive, delle funzioni esecutive e delle pratiche costruttive. Per ciascuna attività proposta è stato aumentato gradualmente il livello di difficoltà, grazie alla possibilità di manipolare singole variabili previste dal sistema di realtà virtuale.  

3.6 Programmazione delle attività mediante sistema Nirvana

Dall’analisi dei risultati ottenuti dalla somministrazione del test ASDBI, il campione presenta delle aree deficitarie comuni, quali comportamenti visivi, resistenza ai cambiamenti nell’ ambiente, problemi di eccitabilità, ritualismi, apprendimento, memoria e linguaggio ricettivo ed espressivo.

Pertanto sono state selezionate solo alcune delle attività di possibile esecuzione con il sistema Nirvana che sono state presentate nelle medesime modalità all’ intero campione.

Per ciascuna attività è stato individuato un livello di partenza comune, ed è stato previsto un graduale aumento di difficoltà modificando le singole variabili di ciascuna attività proposta quali il tempo di esecuzione, la velocità di comparsa dello stimolo visivo o sonoro, il numero di stimoli bersaglio o scenari. Le abilità favorite dall’ uso del Nirvana sono state:

Cognizione visuo-spaziale

È stato previsto un tempo di 15 minuti per lo svolgimento di attività volte a favorire e a potenziare aspetti di cognizione visuo-spaziale. Ciò è stato possibile mediante attività che hanno elicitato tolleranza alla variabilità degli scenari con flessibilità nell’accettazione degli stimoli target, nella pregnanza dei colori e della luminosità, nonché della presenza di stimoli sonori; abilità grosso- motorie e di coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica; abilità visuo spaziali.

Inizialmente sono stati utilizzati scenari virtuali a bassa immersività, pertanto la proiezione era limitata o alla proiezione frontale o alla proiezione a pavimento; nelle ultime sedute è stata prevista l’integrazione delle proiezioni per aumentare il grado di difficoltà.

Si descrivono i diversi giochi che sono stati impiegati per stimolare e coinvolgere i partecipanti. Ecco una descrizione dei giochi utilizzati:

  1. BALOONS (Schiaccia i Palloncini): Un gioco che richiede di schiacciare palloncini che fluttuano dal basso verso l'alto sullo schermo. Questa attività mira a migliorare la coordinazione occhio-mano e la capacità di focalizzare l'attenzione su oggetti in movimento.
  2. LAUNDRY (Lavanderia): In questo gioco, l'obiettivo è portare gli oggetti specifici all’interno di una lavatrice. Attraverso questa attività, si mira a sviluppare le abilità motorie fini e la comprensione delle istruzioni, oltre a incoraggiare la partecipazione attiva.
  3. SUPERMARKET (Supermercato): Questo gioco di simulazione della spesa richiede ai partecipanti di trascinare gli oggetti target nel carrello. Quest'attività è progettata per favorire la coordinazione motoria, la memoria degli stimoli, l’inibizione del gesto motorio e la comprensione delle sequenze di azioni coinvolte nelle attività quotidiane.
  4. COOKING (Cucina): Attraverso il gioco di cucina, l'obiettivo è portare gli oggetti target nella pentola. Questo gioco mira a sviluppare le abilità motorie, la coordinazione visuo-motoria e l’attenzione sostenuta, tempi di latenza, velocità esecutiva, pianificazione delle mosse, gestione della frustrazione.
  5. PICK THE APPLE (Raccogli la Mela): I bambini sono sfidati a raccogliere le mele e depositarle nel cestino. Questo gioco è progettato per migliorare la coordinazione mano-occhio, la discriminazione visiva, la pianificazione e la velocità esecutiva e la capacità di completare compiti specifici.
  6. ESCAPE THE DOG (Scappa dal Cane): Un gioco che coinvolge il bambino tramite un cane che lo insegue. L'obiettivo è quello di evitare il cane lo raggiunga; ciò richiede l’applicazione di movimenti strategici, incoraggiando la pianificazione e la presa di decisioni rapide.

Questi giochi, integrati nel trattamento, offrono un approccio interattivo e coinvolgente per sviluppare una serie di abilità motorie, cognitive e di coordinazione, rendendo il trattamento più dinamico e stimolante per i partecipanti.

Figura 7: Attività con il sistema Nirvana (Cognizione visuo-spaziale)

Figura 8: Attività con il sistema Nirvana (Cognizione visuo-spaziale)

Figura 7 e 8: Attività con il sistema Nirvana (Cognizione visuo-spaziale)

Funzioni esecutive

Nel corso della sessione sono state svolte attività sul potenziamento delle funzioni esecutive, in particolare dei processi attentivi, utilizzando scenari virtuali per un tempo di 15 minuti.

  1. TAP THE MOLE (Colpire le Talpe): Un gioco coinvolgente in cui il bambino deve colpire le talpe che emergono. Questa attività può contribuire a migliorare la coordinazione occhio-mano o occhio-piede, e la capacità di reazione e l’attenzione sostenuta.
  1. MEMORY FOR KIDS (Memory per Bambini): Utilizzando il classico gioco della memory, il bambino è stato coinvolto nel toccare coppie di carte corrispondenti. Questo gioco potrebbe migliorare la memoria di lavoro e la capacità di riconoscere e ricordare pattern.
  1. ARKANOID (Gioco del Breakout): Un gioco in cui una barra orizzontale deve prevenire che una pallina cada, distruggendo mattoncini colorati. Questo gioco offre una sfida visuo-motoria e può migliorare la capacità di tracciare oggetti in movimento.

Figura 9: Attività con il sistema Nirvana (Funzioni esecutive)

Figura 10: Attività con il sistema Nirvana (Funzioni esecutive)

Figura 9 e 10: Attività con il sistema Nirvana (Funzioni esecutive)

Percorsi Neuropsicomotori

La sessione prevede inoltre l’esecuzione di percorsi neuropsicomotori mediate diverse attività per un tempo di 10 minuti.

  1. GUITAR (Chitarra): Il bambino è chiamato a completare un percorso superando gli ostacoli. Lo scenario proposto è rappresentato da una chitarra le cui corde rappresentavano gli ostacoli che il bambino doveva evitare saltando. Quest'attività mira a migliorare la coordinazione motoria e la capacità di muoversi attraverso percorsi complessi.
  1. BUBBLES (Bolle): Un percorso nel quale il bambino schiaccia delle bolle fino a raggiungere il traguardo. Questa attività contribuisce allo sviluppo della precisione motoria e della percezione dello spazio. Inoltre contribuisce al potenziamento della pianificazione, velocità esecutiva e gestione della frustrazione
  1. BRIDGES (Ponti): In questa attività lo scenario è rappresentato da ponti che il bambino deve superare come ostacoli. Questo gioco è progettato per migliorare la coordinazione e l'equilibrio.

La sessione termina con attività finalizzate alla gestione dell’ansia per una durata di cinque minuti. Le attività hanno previsto scenari virtuali come tempesta, cascata e associazione di emozioni; ciò ha permesso di esporre il bambino a stimoli paurosi o rilassanti, favorendo la capacità di gestire le proprie emozioni. Queste attività potrebbero contribuire allo sviluppo di strategie di coping e gestione dello stress.

Figura 11: Attività con il sistema Nirvana (Percorsi Neuropsicomotori)

 Figura 11: Attività con il sistema Nirvana (Percorsi Neuropsicomotori)

 

INDICE

3.5 Analisi statistica dei risultati

Il campione oggetto di studio comprende 10 bambini, di cui 9 maschi e 1 femmina con un’età compresa tra i 4 e i 8 anni (48-96 mesi) e nello specifico con un’età media di 6 anni e 3 mesi (75,9 mesi).

Grafico 1: Descrizione del campione

Grafico 1: Descrizione del campione

Analizzando i punteggi ottenuti dalla prima somministrazione del test ASDBI (T0) before starting treatment risultano inficiati gran parte dei domini in particolare a carico della modalità di contatto senso percettivo, ritualismi/resistenza ai cambiamenti, comportamenti nelle relazioni sociali e problemi di apprendimento e memoria, sulla base dei quali è stato progettato l’intervento riabilitativo con il supporto del Nirvana.

Grafico 2: Valori ASDBI T0

Grafico 2: Valori ASDBI T0

A distanza di sei mesi in cui il campione è stato sottoposto ai trattamenti neuropsicomotori integrati con la realtà virtuale Nirvana, è stato risomministrato il test ASDBI ottenendo i valori (T1) after performing the treatment.

Grafico 3:Valori ASDBI T0 vs T1

 Grafico 3:Valori ASDBI T0 vs T1

I dati ottenuti in T0 e T1 sono stati sottoposti ad analisi della varianza “one-way ANOVA” tramite software Excel.

I dati elaborati dal software sono riportati nella tabella sottostante.

DOMINI

ASDBI T0 (n=10)

ASDBI T1 (N=10)

F

p

SENS

61,9 ± 11,99

49,7 ± 10,54

5,83

0,026

RIT

64 ± 10,26

54,8 ± 7,58

5,19

0,035

PPSOC

65,2 ± 9,69

54,5 ± 10,05

5,86

0,026

PPSEM

64,8 ± 7,64

56,4 ± 7,63

6,04

0,024

ECCIT

56,8 ± 10,68

43,2 ± 8,67

9,72

0,006

PAURE

65,6 ± 15,69

53,8 ± 9,56

4,12

0,057

AGG

67,2 ± 16,47

54 ± 10,43

4,58

0,046

RELSOC

43,5 ± 10,77

54,3 ± 10,60

5,10

0,037

LESP

44,9 ± 10,01

52,5 ± 6,41

4,08

0,058

AMLR

45,7 ± 9,21

54,1 ± 5,27

6,25

0,022

RIPRIT/C

71,3 ± 11,83

55,9 ± 9,04

10,68

0,004

PCI/C

71,6 ± 14,70

55,1 ± 9,73

8,75

0,008

AECS/C

44,1 ± 9,33

53,5 ± 8,20

5,71

0,028

ARECS/C

44,6 ± 9,59

55,2 ± 8,40

6,90

0,017

AUTISMO

71,5 ± 12,54

52,3 ± 8,64

15,88

0,00086

Tabella 3: Analisi statistica dei dati T0 vs T1

L'analisi della varianza ANOVA, condotta sui vari domini ASDBI mostra interessanti risultati relativi alla significatività dei cambiamenti tra T0 e T1 ossia dopo sei mesi di trattamento. Di seguito sono riportati i principali risultati e le interpretazioni di ciascun dominio e composito del test.

  1. SENS o Modalità di Contatto Senso/Percettivo
    • F (1,18) = 5,837, p = 0,026.
    • L'Effect size è di dimensioni piccole (0,195).
    • Vi è una significativa variazione tra i gruppi SENS T0 e SENS T1. La riduzione nei punteggi suggerisce un miglioramento significativo nelle modalità di contatto senso/percettivo dopo il trattamento.
  2. RIT o Ritualismi/Resistenza ai Cambiamenti
    • F (1,18) = 5,198, p = 0,035.
    • L’Effect size è molto piccolo (0,173).
    • La variazione tra RIT T0 e RIT T1 è significativa, indicando una riduzione nei ritualismi e nella resistenza ai cambiamenti dopo sei mesi di trattamento.
  3. PPSOC o Problemi Pragmatici/Sociali
    • F (1,18) = 5,868, p = 0,026.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,196).
    • La significativa variazione tra i gruppi suggerisce un miglioramento nei problemi pragmatici/sociali dopo il trattamento.
  4. PPSEM o Problemi Pragmatici/Sociali Espressivi
    • F (1,18) = 6,048, p = 0,024.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,202).
    • La riduzione nei punteggi indica un miglioramento significativo nei problemi pragmatici/sociali espressivi dopo sei mesi di trattamento.
  5. ECCIT o Problemi di Eccitabilità
    • F (1,18) = 9,762, p = 0,006.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,305).
    • La variazione è significativa, evidenziando una riduzione nei problemi di eccitabilità dopo il trattamento.
  6. PAURE o Specifiche Paure
    • F (1,18) = 4,120, p = 0,057.
    • L’Effect size è molto piccolo (0,135).
    • La variazione nei punteggi tra i gruppi PAURE T0 e PAURE T1 è marginale ma potrebbe suggerire un miglioramento.
  7. AGG o Aggressività
    • F (1,18) = 4,583, p = 0,046.
    • L’Effect size è molto piccolo (0,152).
    • La variazione è significativa, indicando una riduzione nell'aggressività dopo il trattamento.
  8. RELSOC o comportamenti nelle Relazioni Sociali
    • F (1,18) = 5,104, p = 0,037.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,170).
    • La variazione suggerisce un miglioramento nei comportamenti nelle relazioni sociali dopo sei mesi di trattamento.
  9. LESP o Problemi di Apprendimento e Memoria
    • F (1,18) = 4,082, p = 0,058.
    • L’Effect size è molto piccolo (0,134).
    • La variazione tra i gruppi indica una tendenza al miglioramento, ma troppo piccola per essere considerata un miglioramento significativo.
  10. AMLR o Apprendimento e Memoria
    • F (1,18) = 6,257, p = 0,022.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,208).
    • La variazione nei punteggi suggerisce un miglioramento significativo nell'apprendimento e nella memoria dopo il trattamento.
  11. RIPRIT/C o Ripetizioni/Comportamenti Stereotipati
    • F (1,18) = 10,688, p = 0,004.
    • L’Effect size è piccolo (0,326).
    • La variazione è significativa, indicando una riduzione nei comportamenti stereotipati dopo il trattamento.
  12. PCI/C o Problemi di Comunicazione/Interazione
    • F (1,18) = 8,753, p = 0,008.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,279).
    • La variazione suggerisce un miglioramento significativo nei problemi di comunicazione/interazione dopo sei mesi di trattamento.
  13. AECS/C o Autoeccitazione/Comportamenti Autoeccitati
    • F (1,18) = 5,715, p = 0,028.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,191).
    • La variazione indica un miglioramento nei comportamenti autoeccitati dopo il trattamento.
  14. ARECS/C o Aggressività Rivolta Esternamente/Comportamenti Aggressivi Rivolti Esternamente
    • F (1,18) = 6,907, p = 0,017.
    • L’Effect size è di dimensioni piccole (0,228).
    • La variazione suggerisce una riduzione significativa nell'aggressività rivolta esternamente dopo il trattamento.
  15. AUTISMO
    • F (1,18) = 15,885, p = 0,0086.
    • L’Effect size è piccolo (0,427).
    • La variazione è significativa, indicando un miglioramento significativo nei sintomi autistici globali dopo il trattamento.

 

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3.5.1 Limitazioni

Lo studio condotto, nonostante siano stati definiti dei criteri di inclusione e di esclusione per la selezione preliminare del campione, potrebbe presentare errori sistematici nel disegno di studio, nella conduzione o nell’analisi dei dati.

Una principale limitazione riguarda la dimensione del campione, pertanto ulteriori ricerche con campioni più ampi e omogenei, potrebbero fornire una validità più efficace dell’uso del "NIRVANA BTS technology".

Inoltre lo studio ha previsto un unico follow-up a distanza di sei mesi, quindi la possibilità di ampliare i tempi di lavoro con l’integrazione del nirvana e di eseguire più follow-up nel tempo, potrebbe favorire una maggiore dimostrazione dell’efficacia della realtà virtuale a supporto del trattamento neuropsicomotorio.

Infine la presenza di un gruppo di controllo potrebbe migliorare la robustezza degli studi futuri, consentendo confronti più accurati tra l'efficacia della tecnologia e condizioni senza intervento.

3.5.2 Conclusioni dell’analisi statistica

I risultati complessivi dell’analisi sottolineano che il "NIRVANA BTS technology" si rivela promettente nel contesto della terapia neuropsicomotoria, offrendo nuove prospettive per l'intervento e il supporto ai bambini con disturbo dello spettro autistico. In tutti i domini del test, eccetto le PAURE e il LESP, si registrano effetti considerevoli, pertanto l'analisi rivela una tendenza positiva complessiva nella riduzione dei sintomi autistici, suggerendo un impatto benefico e diversificato del trattamento. Si presentano senza miglioramenti significativi solo il dominio specifico delle "PAURE" (p = 0,057) e il dominio “LESP” o Problemi di Apprendimento e Memoria (p=0,058), il cui valore p è marginale, in quanto indica che i risultati potrebbero non essere del tutto statisticamente significativi in questi particolari domini.

L’ effect size, che in questo studio esprime la relazione tra le due modalità di intervento a cui sono stati sottoposti i soggetti del campione, fornisce una prospettiva sulla dimensione pratica dei cambiamenti osservati. Pertanto pur presentando effect size in gran parte di dimensioni piccole o molto piccole, essi indicano che il “NIRVANA BTS technology" ha prodotto cambiamenti misurabili nei vari domini confermando che, tali cambiamenti sono statisticamente significativi e potrebbero avere un impatto clinico.

  

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CONCLUSIONI

Oltre ai risultati che sono stati ottenuti dallo studio condotto, il Nirvana è risultato un valido strumento di supporto per il terapista. L’uso infatti di tale strumento ha facilitato la creazione di nuovi contesti e ambienti in cui è stato immerso il bambino permettendo di modificare variabili virtuali non realizzabili in setting neuropsicomotori strutturati.

La possibilità di variare parametri come la velocità, la frequenza e la latenza degli stimoli bersaglio ha favorito la rottura di schemi di comportamento tipici dell’autismo, ha potenziato gli aspetti attentivi, la capacità di gestione delle frustrazioni e gli aspetti di regolazione e controllo.  La proiezione di percorsi virtuali con la presenza di bersagli visivi e uditivi ha favorito il miglioramento dell’equilibrio e della coordinazione dinamica, creando opportunità in cui ciascun bambino ha potuto sperimentare e regolare condotte competitive e gestire la sfera emozionale rispetto al compito.

Inoltre ha permesso la destrutturazione di condotte disfunzionali grazie alla proiezione di contesti animati pregnanti rispetto alle forme, i colori, gli stimoli sonori e gli stimoli in movimento, che incrementano ulteriormente il livello motivazionale stesso del bambino.

In conclusione questo studio vuole porre l’attenzione sugli aspetti funzionali e di supporto che l’uso di questa strumentazione virtuale può garantire al trattamento di soggetti con disturbo dello spettro autistico, pertanto si auspica alla necessità di futuri studi su campioni più vasti ed omogenei che possano sempre di più validare l’ efficacia dell’integrazione  della realtà virtuale a supporto dei disturbi del neurosviluppo.

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SITOGRAFIA

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APPENDICE

 ALLEGATO A

ALLEGATO A


  • [1] DeLong, G. Robert. "Autism: new data suggest a new hypothesis." Neurology 52.5 (1999).
  • [2] McDougle, Christopher J., et al. "Risperidone for the core symptom domains of autism: results from the study by the autism network of the research units on pediatric psychopharmacology." American Journal of Psychiatry 162.6 (2005).
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  • [17]Carr, Laurie, et al. "Neural mechanisms of empathy in humans: a relay from neural systems for imitation to limbic areas." Proceedings of the national Academy of Sciences 100.9 (2003).
  • [18]McPartland, James Charles. Face perception and recognition processes in Asperger syndrome as revealed by patterns of visual attention. University of Washington, (2005).
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  • [20]Dawson, Geraldine, Sara Jane Webb, and James McPartland. "Understanding the nature of face processing impairment in autism: insights from behavioral and electrophysiological studies." Developmental neuropsychology 27.3 (2005).
  • [21] Pennington, Bruce F., and Sally Ozonoff. "Executive functions and developmental psychopathology." Journal of child psychology and psychiatry 37.1 (1996).
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  • [24] Mesibov, Gary B., et al. "Use of the childhood autism rating scale with autistic adolescents and adults." Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry 28.4 (1989).
  • [25] Lord, Catherine, et al. "Ados." Autism diagnostic observation schedule. Manual. Los Angeles: WPS (1999).
  • [26] Cox, Antony, et al. "Autism spectrum disorders at 20 and 42 months of age: Stability of clinical and ADI‐R diagnosis." Journal of Child Psychology and Psychiatry 40.5 (1999).
  • [27] South, Mikle, et al. "Utility of the Gilliam Autism Rating Scale in research and clinical populations." Journal of autism and developmental disorders 32 (2002).
  • [28]Lovaas, O. Ivar, Robert L. Koegel, and Laura Schreibman. "Stimulus overselectivity in autism: a review of research." Psychological bulletin 86.6 (1979).
  • [29] Reichow, Brian, and Mark Wolery. "Comprehensive synthesis of early intensive behavioral interventions for young children with autism based on the UCLA young autism project model." Journal of autism and developmental disorders 39 (2009).
  • [30] Wetherby, Amy M., Barry M. Prizant, and Thomas A. Hutchinson. "Communicative, social/affective, and symbolic profiles of young children with autism and pervasive developmental disorders." American Journal of Speech-Language Pathology 7.2 (1998).
  • [31] McGee, Gail G., Michael J. Morrier, and Teresa Daly. "The Walden early childhood programs." Preschool education programs for children with autism 2 (2001).
  • [32] Rogers, Sally J., et al. "Teaching young nonverbal children with autism useful speech: A pilot study of the Denver model and PROMPT interventions." Journal of autism and developmental disorders 36.8 (2006).
  • [33] Greenspan, Stanley I., and Serena Wieder. "A functional developmental approach to autism spectrum disorders." Journal of the Association for Persons with Severe Handicaps 24.3 (1999).
  • [34] Laver, Kate, et al. "Cochrane review: virtual reality for stroke rehabilitation." European journal of physical and rehabilitation medicine 48.3 (2012).
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