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Dall’Intelligenza Senso-Motoria all’Intelligenza Rappresentativa

Dall’Intelligenza Senso-Motoria all’Intelligenza  Rappresentativa

La valutazione nella Prima Infanzia – Le scale Ordinali dello Sviluppo Psicologico

INDICE PRINCIPALE

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Dall’Intelligenza Senso-Motoria all’Intelligenza Rappresentativa

Le Teorie Piagettiane

Fino ai primi anni del ‘900 lo studio dello sviluppo mentale, cognitivo o motorio era descritto da ricerche molto semplicistiche, svolte da Autori prendendo come campione le proprie figlie.

Piaget ha portato un contributo decisivo a questo processo di trasformazione della psicologia genetica in una scienza a carattere sperimentale: anzitutto la maggior parte delle ricerche da lui condotte sullo sviluppo dell’intelligenza hanno assunto forma di esperimenti. 1

Due difficoltà emergono dagli studi svolti con bambini: le espressioni verbali con le quali viene comunicato  il compito o vengono formulate le risposte costituiscono spesso una causa di errore, cioè è difficile rendersi conto se un bambino attribuisce ad alcuni termini lo stesso significato coi quali essi sono stati usati dall’adulto; la seconda difficoltà sta nel fatto che nei bambini mancano alcune delle motivazioni che permettono invece ad un adulto di prendere parte in modo attivo anche a prove che non costituiscono di per se stesse un’esperienza interessante.

Le ricerche Piagettiane hanno contribuito in maniera indiretta a risolvere una difficoltà tecnica che è connessa con il linguaggio: la scelta dei termini da utilizzare per la descrizione di una situazione o la formulazione di un compito.

Una delle caratteristiche peculiari delle ricerche di Piaget è la sistematicità con la quale le indagini sperimentali sono state condotte; questa sistematicità non è stata raggiunta da nessun altro Autore, ma è stata introdotta da Piaget per rispondere ad obiezioni mosse contro le sue ricerche da altri studiosi e per dare una soluzione

sperimentale ai diversi problemi sorti nel corso dello svolgimento degli studi.

La necessità di sviluppare l’indagine sperimentale a diversi livelli di età, ha portato Piaget a impiegare tecniche di ricerca tutte riconducibili al metodo scientifico, ma con delle differenze tra di loro:

  1. l’osservazione a carattere quasi sperimentale, Piaget lavora con i propri figli, creando situazioni condizionate, dove le risposte sono in qualche misura previste, in modo da raccogliere dati che risultino significativi e sia esclusa la possibilità di molteplici interpretazioni; tecnica utilizzata prevalentemente con bambini in età 0-2 anni, durante il periodo dell’intelligenza senso-motoria;
  2. il “metodo critico”, tecnica utilizzata prevalentemente con soggetti dai 2 agli 11 anni di età, durante gli stadi del pensiero intuitivo, operatorio concreto e formale; è una particolare applicazione del metodo sperimentale, con l’utilizzo di materiale che il soggetto può direttamente osservare e manipolare, suscitando in esso un certo interesse. Il materiale non è scelto a caso, ma tenendo conto del livello che si è raggiunto, di quello immediatamente precedente e successivo;
  3. il “metodo clinico”, utilizzato soprattutto con pazienti adulti, molto simile al colloquio anamnestico del medic

La sistematicità di Piaget nello svolgere le sue ricerche si ritrova anche nell’interpretazione dei dati ottenuti e nell’elaborazione di una teoria; tre motivi spingono Piaget ad essere così sistematico:

  1. l’ipotesi dell’egocentrismo e del realismo infantili, dove con il termine “egocentrismo” ci si riferisce all’incapacità da parte del bambino di rendersi conto che esistono altri punti di vista al di fuori del suo e che, quindi, gli altri possono percepire la realtà diversamente da lui e con il termine “realismo infantili” Piaget si riferisce alla caratteristica del bambino di dare maggior rilevanza alla sua attività percettiva rispetto alla sua realtà rappresentativa;
  2. l’adattamento come equilibrio dinamico fra assimilazione ed accomodamento, per “assimilazione” si intende quel processo per cui ogni nuovo dato di esperienza viene incorporato in schemi mentali (strutture mentali attive, suscettibili di modificazioni che rendono possibile il loro accomodamento a nuovi aspetti dell’esperienza, che vengono nel contempo ad essa assimilati) già esistenti nel bambino, senza che questi vengano modificati; per “accomodamento” si intende un processo complementare al primo, dove i nuovi dati di esperienza che vengono incorporati in schemi già posseduti,  modificando questi ultimi, adattandoli ai nuovi ed inattesi aspetti che la realtà dimostra di avere. L’“adattamento intelligente” si ha quando fra i due processi di assimilazione ed accomodamento vi è equilibrio e quando l’uno è accompagnato e corretto dall’altro. Per Piaget l’attività imitativa è conseguenza del prevalere del processo di accomodamento, mentre l’attività ludica è più legata ad una prevalenza del processo di assimilazione.
  3. la contrapposizione fra pensiero irreversibile e pensiero reversibile od operatorio; il pensiero non-reversibile è caratteristico dei bambini fino ai 6-7 anni di vita, durante lo stadio del pensiero pre-operatorio, dove il rievocare un evento è il semplice rintracciare le sensazioni portate, il pensiero reversibile è caratteristico del periodo del pensiero operatorio (per Piaget un pensiero che è reversibile è dichiarato operazione), dove l’esperienza esiste perché è rievocata, ma nello stesso tempo non esiste perché la sua rappresentazione non annulla la rappresentazione delle condizioni di partenza; questa contrapposizione spiega come un’azione può modificarsi qualitativamente, ma manterrà invariati degli aspetti quantitativi di base.2

L’intelligenza è definita da Piaget come “una forma di adattamento dell’organismo all’ambiente fisico o sociale” e riconosce tre forme di adattamento notevolmente diverse:

  1. istintivo, adattamento rigido e di portata limitata; lo stato di equilibrio permane finché perdurano le condizioni ambientali “non-normali”;
  2. abitudinario, più plastico e di portata molto più ampia; lo stato di equilibrio non è dato dalle sole connessioni neuro-muscolari, ma da nuove connessioni in progressiva costituzione;
  3. intelligente, la rapidità è la caratteristica preponderante: lo stato di equilibrio è raggiunto in un tempo molto ridotto e permane in connessioni durature nell’indivi

Per Piaget esiste una continuità genetica tra questi tre tipi di adattamenti e soprattutto tra le forme più semplici e quelle via via più complesse di comportamento intelligente.

Per Piaget è di primaria importanza per lo sviluppo della vita mentale l’equilibrio tra i due processi; si tratta di un equilibrio dinamico, in un rapporto dialettico: ad un processo di assimilazione che può rivelarsi inadeguato, può sostituirsi ad un certo momento un processo di accomodamento che rende possibile il passaggio ad un nuovo processo di assimilazione che non presenta i limiti del precedente. L'intelligenza si sviluppa dunque, su una base “pratica”, attraverso l'azione.

Dice Piaget: “Le operazioni intellettuali si costituiscono a partire dalle azioni reali sia in quanto produzione effettiva del soggetto che in quanto esperienza possibile della realtà”. Quando le azioni sono interiorizzate per Piaget si giunge allo stadio della rappresentazione.

Gli schemi d'azione interiorizzati inizialmente sono ancora irreversibili: il bambino, cioè, è incapace di formare nozioni complesse utilizzando il pensiero simultaneo di due o più fasi di un evento o di due o più fasi dell'esplorazione percettiva di un oggetto. Il possesso di schemi d'azione interiorizzati reversibili segna l'ingresso nella fase dell'intelligenza operatoria concreta. Gli schemi d'azione reversibili, strutturati in relazioni logiche dette raggruppamenti, costituiscono per Piaget le operazioni mentali.

L’apprendimento è quindi un processo che conduce all’acquisizione  di competenze o conoscenze nuove che integrandosi con le tendenze innate, permettono all’individuo di rispondere in maniera sempre più adeguata alle richieste dell’ambiente. E’ un concetto che si riferisce ad una capacità generale di modificare il proprio funzionamento mentale in conseguenza dell’esposizione ad un evento o un’esperienza, in modo da incrementare le proprie capacità adattive.

Le strutture cognitive quindi per Piaget non hanno un’origine esclusivamente interna e neppure sono causate dalle pressioni esterne: lo sviluppo consiste nella trasformazione di strutture che si costruiscono grazie all’attività dell’individuo.

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L’Intelligenza Senso-Motoria 3

Il bambino molto piccolo per adattarsi all’ambiente che lo circonda deve fin da subito attuare dei processi che gli permettono di sopravvivere. L’intelligenza senso-motoria, che è l’unica intelligenza presente fino ai 2 anni, ha però dei limiti: presuppone la presenza percettiva degli oggetti a cui si riferisce (il bambino non si dedica ad una ricerca attiva dello strumento se non è presente), lo strumento e l’obiettivo devono essere presenti contemporaneamente nel campo percettivo o almeno uno dopo l’altro in rapida successione, le connessioni spaziali e dinamiche devono essere dirette: l’intelligenza senso-motoria usa rapporti solo tra due oggetti alla volta. L’intelligenza senso-motoria è come un film proiettato lentamente: ci sono le immagini ferme ma non c’è fusione tra loro. Piaget individua più sottostadi:

  1. 0-2 mesi, i primi adattamenti non intenzionali: nelle prime settimane di vita compaiono forme di adattamento semplici; entrano in funzione i riflessi che sono connessioni neuromuscolari già completamente costruite. L’azione è determinata da sensazioni gradevoli e sgradevoli, come per esempio avere un oggetto nella mano e chiuderla o portarla alla bocca. Questi sono meccanismi ereditari che, con un po’ di esercizio, possono manifestarsi completamente. Un esempio è dato dall’allattamento al seno: in un primo momento il capezzolo è alla bocca e il bambino non succhia subito; distingue poi le fasi preparatorie dell’allattamento (assimilazione funzionale). Pian piano il bambino incorpora allo schema ogni oggetto che può usare in questo modo (assimilazione generalizzatrice); alla fine in caso di fame impara a distinguere gli oggetti dal seno (assimilazione ricognitiva). In questa prima fase non c’è ancora differenziazione tra assimilazione e accomodamento; si differenziano dopo i due mesi perché l’adattamento acquisito implica la modificazione di schemi tramite l’assimilazione di nuovi oggetti.
  2. 0-2 mesi, il primo organizzarsi dell’ambiente fisico, le strutture mentali attive nei primi due mesi sono schemi percettivo-motori (sono tutte strutture senso- motorie perché sono movimenti dati da una o più percezioni); solo con il passare dei mesi si arriva ad una coordinazione tra più schemi anche molto differenti tra di loro (ad es. la coordinazione oculo-manuale), anche se è solo una successione di eventi interamente vissuta, senza però una percezione della successione (tempo pratico). In questa fase il bambino ha acquisito solo lo spazio pratico, cioè l’oggetto esiste solo se è presente e visibile e non vi è ancora una nozione precisa di causalità; nel momento in cui l’oggetto abbandona il campo visivo, questo è come scomparso per il bambino, che ruota il capo dalla parte opposta (spazio rappresentativo).
  3. 3-18 mesi, gli adattamenti senso-motori intenzionali, senza combinazione mentale, le reazioni circolari primarie (dall’inizio del terzo mese fino all’ottavo mese circa) sono movimenti semplici di uno o più organi (succhiare, guardare, prendere, portare alla bocca), centrati su loro stessi; sono una via di mezzo tra il riflesso e la condotta intelligente, perché mancano l’intenzionalità e la subitaneità, infatti servono ancora molti tentativi per raggiungere l’obiettivo, anche se c’è coscienza della direzione impressa all’oggetto e dei mezzi che permettono di ottenere il risultato. Dall’ottavo al dodicesimo mese di vita, Piaget osserva comportamenti che definisce reazioni circolari secondarie (in realtà il comportamento intelligente è solo annunciato), dove il bambino tende a riprodurre un movimento non appena ne ottiene il risultato (reazione); ora però l’azione è centrata su un risultato prodotto nell’ambiente. È in questo periodo che il piccolo inizia a combinare volontariamente gli schemi già dalla prima volta, coordinando schemi motori già noti. Tra i dodici ed i diciotto mesi di vita si assiste alla comparsa delle reazioni circolari terziarie: il bambino si dedica alla sperimentazione od alla ricerca attiva della novità; non riproduce solo involontariamente risultati nuovi, ma li causa anche volontariamente la prima volta e, se sono interessanti, li varia, scoprendo nuovi mezzi procedendo per tentativi ed errori. Questa è una fase necessaria per arrivare al passaggio seguente dell’azione intelligente dove il bambino ha la possibilità di distinguere scopo e mezzi, lo scopo è definito ancor prima dei mezzi ed avviene in modo subitaneo; tutto questo è possibile se c’è una rappresentazione mentale dei possibili tentativi. In questo modo il bambino riconosce mentalmente l’inutilità di un determinato movimento ed effettua subito quello corretto; dà l’impressione di un adattamento improvviso, di una sequenza unitaria di atti, di un’azione adeguata.
  4. 3-18 mesi, le nozioni pratiche di: oggetto, spazio, causalità, successione temporale; fra i tre ed i diciotto mesi si verifica un processo di graduale obiettivazione di molti degli aspetti o delle qualità del reale, di cui il bambino fa esperienza attraverso la percezione. L’oggetto: a 3-8 mesi inizia una “permanenza sostanziale dell’oggetto”, più che permanenza dell’oggetto è una permanenza dell’azione, dimostrata da accomodamento visivo, che permette di anticipare con lo sguardo le posizioni dell’oggetto, prensione interrotta, il bambino segue con la mano l’oggetto che gli viene tolto, reazioni circolari differite, quando una reazione viene interrotta il bambino la riavvia da solo ed è in grado di ricostruire un tutto invisibile partendo da una frazione visibile. Ad 8 mesi tende a ritrovare un complesso percettivo-motorio, cioè cerca l’oggetto dove lo ha già trovato una volta e dai 12-18 mesi (reazioni circolari terziarie) si ha il costituirsi della definizione della nozione pratica di oggetto, come esistente indipendentemente dal bambino; ora il bambino è in grado di ritrovarlo dopo una serie di spostamenti visibili, ma non di spostamenti invisibili. Per quanto riguarda l’idea di spazio a 3-8 mesi esiste uno “spazio unico non omogeneo”, dove la posizione occupata dal bambino è privilegiata, tutto è polarizzato in uno spazio vicino e uno spazio lontano, in riferimento al suo corpo. Verso gli 8-12 mesi inizia a comparire lo spazio prossimo grazie alla capacità del bambino di muoversi; nel periodo 12-18 mesi (reazioni circolari terziarie) il bambino considera in modo sempre più attento e analitico le caratteristiche spaziali dell’oggetto, prende coscienza di sé nello spazio, però non si rappresenta rapporti spaziali di situazioni future (le conseguenze) e non è ancora in grado di superare la percezione con la rappresentazione. Nel bambino piccolo (3-8 mesi) il concetto di causalità è ancora di tipo magico- fenomenistica, dove se i rapporti causali non riguardano il corpo del bambino, questi restano da lui incompresi. Verso gli 8-12 mesi si osserva la nascita della spazializzazione e dell’obiettivazione dei rapporti causali: gli oggetti acquistano in se stessi il potere di essere causa, però soltanto in situazioni in cui entra in gioco anche l’attività del bambino; ora il piccolo non si limita più ai procedimenti per efficacia, ma cerca il contatto spaziale. Nel periodo tra i 12 ed i 18 mesi (reazioni circolari terziarie) la causalità si obiettivizza: il bambino è in grado di riconoscere praticamente l’esistenza di cause che operano in modo indipendente da lui. Anche il concetto di tempo ha un’evoluzione rapida nei primi mesi di vita del bambino: tra i 3 e gli 8 mesi (reazioni circolari secondarie) impara ad ordinare nel tempo non solo i movimenti del suo corpo, ma anche degli oggetti. Tra gli 8 ed i 12 mesi inizia ad ordinare più avvenimenti successivi, anche se è ancora soggetto ad azioni privilegiate, mentre nel periodo 12-18 mesi si ha la comparsa completa dell’obiettivazione: il bambino ricostruisce l’ordine di una serie, non troppo estesa, di avvenimenti successivi.
  5. oltre i 18 mesi, gli adattamenti intenzionali mediante combinazione mentale; ora il bambino non solo è in grado di combinare concretamente schemi già posseduti (come nelle reazioni circolari terziarie), ma è in grado di eseguire una combinazione mentale di schemi già conosciuti, la rappresentazione anticipata gli permette anche di trovare oggetti che subiscono spostamenti non tutti visibili, si ha la comparsa della condotta di aggiramento: il piccolo esegue un movimento apparentemente in direzione opposta per raggiungere l’oggetto interessante, aggirando l’ostacolo e inizia a ricostruire mentalmente le cause dagli effetti osservati.

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Il Passaggio all’Intelligenza Rappresentativa 4

Il passaggio dall’intelligenza senso-motoria all’intelligenza rappresentativa avviene grazie alla presenza di un’attività rappresentativa che a livello senso- motorio c’è solo riguardo allo stato immediatamente futuro.

A livello dell’attività rappresentativa, un adattamento intelligente è possibile, anche se gli oggetti non sono tutti presenti, ma possono essere sostituiti da un’immagine mentale o da un qualunque significante. Anche i rapporti tra gli oggetti possono essere solo rappresentati.

Piaget fornisce più interpretazioni del concetto di “rappresentazione”: la sola riproduzione mentale dell’oggetto o degli avvenimenti in modo unidirezionale (livello del pensiero non reversibile), la costruzione da parte del pensiero di qualcosa che non è nella percezione, anche se non è indipendente da essa poiché coordina i dati che essa fornisce oppure il risultato di una costruzione da parte del pensiero, ma indipendentemente dalla percezione.

Lo sviluppo delle attività rappresentative è favorito:

  • dall’attività imitativa che è un prevalere dell’accomodamento sull’assimilazione; a 2-3 mesi il bambino tenta di ripetere suoni o gesti simili a quelli che sa già produrre, a 3-8 mesi la precedente attività imitativa diventa sistematica, sempre limitata a suoni simili a quelli conosciuti e a gesti già eseguiti purché siano su punti del corpo a lui visibili, a 8-12 mesi migliora la coordinazione degli schemi, il piccolo imita movimenti che ha già provato, anche se non li vede e imita modelli sonori o visivi nuovi, ma sempre su punti del corpo visibili ed a 12-18 mesi imita modelli nuovi, anche di punti che non vede procedendo per tentativi. Oltre i 18 mesi compare l’imitazione differita (o rappresentativa), cioè una riproduzione mentale dello schema che si ripete più tardi concretamente; può rimanere globale fino al momento in cui questo comportamento si compone di rapporti reciproci tra gli elementi.
  • dal gioco che è un prevalere dell’assimilazione sull’accomodamento, il bambino incorpora ogni oggetto nuovo in schemi che già possiede, con il solo scopo di poterli esercitare, senza che questo li modifichi. Piaget distingue diversi tipi di gioco in base all’età: giochi di esercizio (0-2anni), il bambino gioca semplicemente: esercita lo schema che già possiede, si tratta di un piacere funzionale; giochi simbolici (2-7anni), il bambino utilizza i soliti schemi motori o vocali solo per evocare gli schemi stessi; giochi di costruzione e con regole (oltre 7 anni), il gioco esiste come attività di rappresentazione imitativa della realtà.
  • dal linguaggio verbale che è un processo di grande rilievo per la rappresentazione; per Piaget “apprendere il linguaggio degli adulti è apprendere le parole che indicano aspetti percettibili del reale”. Le parole suscitano immagini mentali di una realtà percettivamente non presente e provocano l’analisi di essa; le parole possono anche indicare l’oggetto o aspetti della realtà non percettibili. Anche nell’evoluzione del linguaggio vi è un vivace alternarsi di assimilazione e accomodamento, dove con l’assimilazione lo schema verbale è usato per tutto ciò che assomiglia strutturalmente a quello per cui è stato usato la prima volta e con l’accomodamento l’imitazione della parola è sempre più precisa.

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La Valutazione nella Prima Infanzia -

Le scale Ordinali dello Sviluppo Psicologico 5

Si è dedicata sempre maggior attenzione alle diverse assunzioni circa il concetto di sviluppo; le concezioni dominanti si rifanno a posizioni filosofiche diverse per quanto riguarda la natura della realtà, la natura dell’uomo ed il modello metaforico utilizzato per spiegare come funziona l’uomo. Ogni discussione circa lo sviluppo implica il riconoscimento di alcune continuità tra i diversi stati di organizzazione dell’oggetto di studio e della quantità di cambiamento; quattro sono i problemi che bisogna porsi nello studio dello sviluppo: la caratterizzano dei diversi stati di organizzazione, la natura del cambiamento tra gli stati, in principi in base a cui ordinare i diversi stati ed i processi che rendono conto del cambiamento da uno stato all’altro. Probabilmente la distinzione più netta può essere tracciata tra lo sviluppo concepito come accrescimento di sistemi comportamentali e di capacità nel corso dell’ontogenesi, riflessa in nozioni come quelle di crescita post-natale ed in un approccio rigorosamente stimolo-risposta allo sviluppo comportamentale e lo sviluppo inteso come la trasformazione di competenze interrelate verso livelli progressivamente più alti, sulla base di alcuni criteri specificabili, implicito nelle teorie strutturali dello sviluppo , come in quelle di Piaget. Concependo lo sviluppo come accrescimento  qualsiasi distinzione descrittiva tra stati differenti tende ad essere minimizzata, mentre concependo lo sviluppo come trasformazione di competenze le distinzioni tra gli stati tendono ad essere sottolineate.

Anche il problema della natura del cambiamento tra gli stati è chiaramente collegato alla concettualizzazione degli stati stessi:  dalla parte in cui i cambiamenti sono visti come semplici etichette, il cambiamento è considerato piccolo e graduale, senza correlazione gli uni con gli altri e puramente a livello quantitativo; dall’altra parte dove si sottolinea l’esistenza degli stati, il cambiamento è visto in termini di alterazione specificabile all’interno del livello di organizzazione. Dal momento che non è necessario considerare tutti i cambiamenti come evolutivi, è più interessante specificare i tipi di relazione tra determinate acquisizioni che sono caratteristiche di uno stesso stato o caratterizzano la transizione tra stati, come riportato nello studio di Flavell (1972).

Anche la definizione degli ordini tra gli stati, cioè la sequenza di sviluppo, ha visto l’apporto di diverse scuole di pensiero: la più comune e condivisa sembra essere la divisione del ciclo vitale in unità di età cronologica che fornisce una scala di misura alla quale possono essere ancorati gli stati che vengono individuati. Una scala temporale porta però sia vantaggi che svantaggi: può essere una buona pietra di paragone ai fini della comparazione, ma è anche una sequenza frutto dell’osservazione di un progresso verso la maturità di un campione di individui. Kaplan ha elaborato una teoria a riguardo: l’ordine degli stati può essere derivato dall’associazione con l’età cronologica, l’osservazione empirica della sequenza dei cambiamenti e con l’implicazione logica.

Le teorie riguardanti la caratterizzazione dei diversi stati, la natura del cambiamento e l’ordine degli stati lasciano ancora aperto il problema dei processi che sottendono al passaggio da uno stato a quello successivo, mancando tuttora una sistematicità negli studi.

In definitiva si sono venute a creare tre differenti correnti di pensiero:

  • il cambiamento evolutivo può essere solo spiegato con la maturazione o con una pre-programmazione organica, dove la fonte del cambiamento è interna all’organismo;
  • il cambiamento evolutivo può essere causato esclusivamente dalle condizioni ambientali, posizione compatibile più con il concetto di cambiamento come accrescimento;
  • il cambiamento evolutivo può essere concepito come un’interazione tra un organismo che possiede una certa configurazione di competenze ed un dato insieme di stimoli ambientali ed ipotizza il fatto che esiste un processo di regolazione nell’adattarsi delle condizioni ambientali al livello di organizzazione dell’organismo.

Per tutte queste problematiche Užgiris ed Hunt hanno sviluppato le Scale Ordinali per descrivere lo sviluppo psicologico: le scale ordinali, a differenza delle scale tradizionali che si basano sulle teorie che considerano lo sviluppo come accrescimento senza porre troppa considerazione all’interdipendenza tra il livello raggiunto ed il successivo, considerano le nuove acquisizioni non dipendenti, ma intrinsecamente derivate da quelle del livello più basso e le comprendono al’interno del livello più alto; le scale ordinali, inoltre, svincolano la sequenza di sviluppo dall’associazione con l’età cronologica, portando a spiegare il contemporaneo verificarsi di determinate acquisizioni.

 


  • 1 Guido Petter, “Lo sviluppo mentale nelle ricerche di Jean Piaget”, Giunti, 1993, pag.8
  • 2 Cfr. 1, pagg. 24-26
  • 3 Cfr. 1, cap. 1, pagg. 42-67
  • 4 Cfr. 1, cap. 2, pagg. 68-87
  • 5 Ina Č. Užgiris e J. McV. Hunt, La valutazione nella prima infanzia – Scale ordinali dello sviluppo psicologico, La Nuova Italia, 1979, parte I, pagg. 5-37

 

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