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Corso: Il Ritardo Mentale – 15/16 marzo 2013 - Torino
Corso: Il Ritardo Mentale – 15/16 marzo 2013 - Torino
ABSTRACT
Il Ritardo Mentale (RM) come recita la definizione del DSM IV nel 1994, è caratterizzato dalla presenza di un disturbo intellettivo, da una compromissione del funzionamento adattivo ed esordio prima dei 18 anni; un basso quoziente intellettivo non è condizione sufficiente per la diagnosi se non è presente un disturbo delle capacità di adattamento alle esigenze di un ambiente sociale normale.
Il RM è quindi una complessa sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di un disturbo intellettivo che, agendo in una fase cruciale dello sviluppo, in genere l’infanzia, condiziona l’evoluzione globale del soggetto.
La definizione del RM, per altro retaggio del prevalere della cultura e della nosografia anglosassone, forse tende da un punto di vista semantico ad essere equivoca in quanto la parola ritardo significa rallentamento di un processo di sviluppo e non contiene il significato di condizione duratura, scarsamente modificabile, in un certo senso esitale; meglio avrebbe interpretato il concetto il termine di insufficienza mentale, usato in Italia per lungo periodo, introdotto nel 1954 dall’OMS, anche per l’impossibilità di traduzione letterale dal francese del termine “debilitè”.
La suddivisione nei manuali (ICD 10), in relazione al quoziente intellettivo in disturbo lieve (50-69), medio (35-49) grave (20-34) e profondo (>20), come abbiamo visto non è esaustivo al fine della diagnosi, ma soprattutto individua dei termini generici che possono avere significati funzionali diversi.
Basta pensare al concetto del ritardo mentale lieve che copre più dell’80% dei casi di RM, includano soggetti che in età adolescenziale possono sviluppare un pensiero concreto insieme ad altri che restano a livelli pre-operatori, quindi con soggetti che possono o no conquistare un pensiero reversibile (in senso piagettiano) divenendo capaci di operazioni mentali, pur senza raggiungere un pensiero astratto.
Il ritardo mentale è presente nella popolazione generale con una percentuale che va dall’1 al 3 %, con una prevalenza per i maschi di 1,5:1.
Sono note centinaia di cause di ritardo mentale tra cui le più comuni sono raggruppabili in anomalie cromosomiche, fattori genetici, encefalopatie pre e perinatale, fattori ambientali e socioculturali; solo approssimativamente il 25% dei ritardi mentali ha causa nota e il restante 75% ha invece causa sconosciuta o di difficile definizione biologica.
Si tratta quindi di una condizione clinica complessa in cui accanto ad un deficit delle funzioni cognitive si associano disturbi motori, linguistici, comportamentali, affettivi tra loro variamente interferenti. A questi si associano frequentemente disturbi epilettici, deficit uditivi o visivi, dismorfismi, deficit staturo-ponderali, etc. tutto questo incide sulla prognosi e sulla qualità della vita. La comorbidità, rappresentata da una vasta gamma di disturbi neuropsichiatrici, complica il problema e pone l’attenzione come anche l’organizzazione emozionale e di comportamento siano compromesse nelle loro traiettorie evolutive.
Inoltre se lo studio dei fenotipi comportamentali delle sindromi cromosomiche e genetiche comporta un sicuro affinamento delle conoscenze sulle aree di potenziale sviluppo o sulle aree deficitarie (per es. sindrome di Down o di Williams), questo non risolve la possibilità di unadefinizione prognostica per il singolo soggetto se non attraverso il follow up individuale.
L’incremento dei livelli di capacità adattive e di competenza può portare al miglioramento della qualità di vita, ad una riduzione del grado di invalidità ed un aumento delle capacità produttive e quindi delle possibilità di impiego in campo sociale e lavorativo, con conseguente miglioramento nella qualità di vita.
La discutibile frattura tra malattia mentale e RM, già presente nel XVI secolo sul piano legale con la distinzione tra idiot (ritardato) e lunatic (pazzo), ha per lungo tempo ostacolato la comprensione dei disturbi emotivi e comportamentali dei soggetti con RM. Questo, nonostante che Vigotskij, negli anni ’30 affermasse che “l’unità della sfera intellettiva ed affettiva è una posizione basilare, la pietra angolare sulla quale deve costruirsi una dottrina della natura della insufficienza mentale congenita dell’età infantile”. Si è creato un vero e proprio “mascheramento diagnostico” per cui ogni sintomo, come agitazione, tristezza, iperattività, ansia ed auto ed eterogressività, venisse attribuito al RM oscurando qualsiasi psicopatologia associata. In realtà molti autori ritengono che ogni patologia psichiatrica possa sovrapporsi al RM, ed il RM sia uno dei più importanti fattori di vulnerabilità psichiatrica (DSM IV parla di una prevalenza di disturbi psichiatrici in soggetti con RM di tre-quattro volte superiore alla popolazione generale).
Questa diagnosi presenta una grande variabilità casistica degli aspetti fenomenologici, delle cause e delle dimensioni del sintomo, e per certi aspetti risulta una diagnosi categoriale con aspetti nucleari che appartengono alla cultura della psichiatria clinica con aspetti complementari alla psicologia, alla neurologia. Questa entità clinica richiede al di là di una abilitazione tradizionale centrata sul recupero od ampliamento di specifiche abilità un più generale intervento esistenziale che coinvolge la persona disabile in un progetto di vita globale.
Le attuali normative giuridiche in relazione a persone disabili (L. 104/92), l’organizzazione dei servizi socio sanitari, permettono un codificato percorso in età evolutiva e definiscono ulteriori percorsi successivi alla fine del percorso scolastico/formativo.
Ciò che è parso un anello di debolezza in questi anni non è tanto la presa in carico, che con il variare dell’età, deve vedere una diverso peso specifico dell’intervento da maggiormente tecnico-abilitativo in età evolutiva ad un progetto di riabilitazione più psicosociale in età adulta, piuttosto una discontinuità di figure di riferimento in ambito sanitario.
La mancanza di un servizio analogo alla NPI, in età adulta con una divisione netta tra patologia psichiatrica e patologia mentale ha determinato molte criticità.
A questo proposito è risultato utile l’istituzione delle Unità Multidisciplinari di Valutazione della Disabilità che attraverso l’utilizzo della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute ICF dell’OMS 2001, permettono una descrizione scientificamente condivisa, di un profilo di funzionamento della persona, in relazione soprattutto all’impatto che l’ambiente esercita sul soggetto, al fine di costruire progetti mirati e condivisi.
PROGRAMMA:
PRIMO GIORNO
13:00 – 14:00 Definizione ed inquadramento del RM
14:00 – 15:00 Contributo del modello bio-psico-sociale nella stesura di profili di funzionamento
15:00 – 16:00 Il contributo della neuropsicologia nel Ritardo Mentale
16:00 – 16:15 Pausa caffè
16:15 – 17:15 Modelli teorici a supporto della pratica clinica
17:15 – 18:30 Il sistema attentivo supervisore e le funzioni esecutive
SECONDO GIORNO
09:00 – 10:00 Sistemi di memorie
10:00 – 11:00 Riferimenti alla testistica
11:00 – 11:15 Pausa caffè
11:15 – 12:15 Rapporto tra moduli e sistema esecutivo supervisore con riferimento alla teoria modulare di Moscovitch e Umiltà ed al modello del continuum implicito di Benso
12:15 – 13:15 La valutazione nel RM
13:15 – 14:15 Pausa pranzo
14:15 – 15:15 Profili peculiari neuropsicologici nel RM
15:15 – 16:15 Aspetti abilitativi e riabilitativi
16:15 – 16:30 Pausa caffè
16:30 – 17:30 La storia naturale del RM ed il suo progetto di vita
17:30 – 18:30 Questionario di valutazione, compilazione schede di valutazione ECM. Fine corso
Segreteria organizzatrice:
NewMaster SrL - Tel 06-51600107 - E mail