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La Sindrome di Dravet (SD)

Definizione

La Sindrome di Dravet è una rara ma grave forma di encefalopatia epilettica, che ha un forte impatto sullo sviluppo Neurologico e psicomotorio. L’esordio avviene in età infantile ed è caratterizzato da differenti tipi di crisi epilettiche, che possono prolungarsi fino ad episodi di status epilepticus. Secondo la classificazione dell’International League Against Epilepsy (ILAE) del 1989, la Sindrome di Dravet è un tipo di “sindrome epilettica indeterminata in merito  al  fatto  di  essere  focale  o  generalizzata”1, infatti  si  tratta  di  una  encefalopatia epilettica che si manifesta come “crisi generalizzate o unilaterali, febbrili o meno, cloniche o tonico-cloniche, che compaiono nel primo anno di vita in un bambino altrimenti normale e vengono successivamente affiancate da crisi miocloniche, assenze atipiche e crisi parziali. Tutti i tipi di crisi sono resistenti ai farmaci antiepilettici. Il ritardo dello sviluppo diventa evidente dal secondo anno di vita e progredisce sfociando in deficit cognitivo e disturbi della personalità, che non scompaiono col passare del tempo. L’attività epilettica può contribuire, assieme ad altre cause, al manifestarsi del danno cognitivo e disturbi del comportamento, che possono comunque peggiorare col tempo”2.

La Sindrome è stata descritta per la prima volta da Charlotte Dravet nel 1978, con il nome di Epilessia Mioclonica Severa dell’Infanzia (SMEI), ma ben presto è divenuto evidente che la medesima patologia poteva manifestarsi con differenti gradi di variabilità, tra cui anche in assenza della componente mioclonica, inoltre l’epilessia persisteva durante l’età  adulta, quindi il nome poteva dare adito ad incomprensioni e si è preferito adottare prima l’eponimo di “Grave epilessia polimorfica dell’infanzia”3 ed infine “Sindrome di Dravet”, considerato più generico e quindi disponibile a comprendere le varianti.

Tra queste si deve ricordare, per la frequenza con cui viene riscontrata, una forma di Sindrome di Dravet atipica, detta “Epilessia Mioclonica Severa dell’Infanzia borderline” (SMEB), che prevede il medesimo fenotipo (e spesso genotipo), in assenza di alcune caratteristiche cliniche, in particolare la componente mioclonica4. Questi pazienti hanno differenti peculiarità elettroencefalografiche e la prognosi risulta attenuata, seppur minimamente.

Per la complessità del quadro clinico, si può dire che alla Sindrome di Dravet sia correlata una prognosi sfavorevole nella maggior parte dei casi: le crisi sono persistenti e farmaco- resistenti, il danno cognitivo e motorio è costante ed il tasso di mortalità precoce, alto5.

 

Epidemiologia

L’incidenza della Sindrome di Dravet non è chiara, ma sicuramente si tratta di una patologia rara: probabilmente è inferiore ad 1 su 40000, senza certificata differenza tra maschi e femmine6.

La prevalenza si aggira tra il 3 e l’8%. La percentuale di bambini sotto i 15 anni, affetti da questa patologia è inferiore all’1,4%.

In  ogni  caso  si  tratta  di  una  patologia rara.  È  classificata come  ORPHA  33069  nella Classificazione Orphanet.

 

Mortalità

La Sindrome di Dravet è inoltre associata ad un alto tasso di mortalità (16%), a qualunque età, anche molto precoce.7 In genere le cause più frequenti sono: stato epilettico, Morte Improvvisa ed Inaspettata (SUDEP), annegamento, incidenti ed infezioni.

Per prevenire il rischio di SUDEP è bene che chi si occupa del paziente lo monitori anche nel sonno, preferendo la posizione supina e l’uso di cuscini non eccessivamente morbidi, in modo da evitare l’ostruzione e depressione delle vie respiratorie.8

 

Epilessia

Epilessia deriva dalla parola greca “epilambanein” che significa “attaccare”, “afferrare”, “sorprendere”, “prendere alla sprovvista”, a causa del carattere spettacolare ma soprattutto imprevisto del ripetersi delle crisi. Si tratta di una patologia Neurologica cronica, caratterizzata da una predisposizione persistente a sviluppare crisi ricorrenti non provocate, per un certo periodo di tempo nel corso della vita dell’individuo. Anche se differenti e varie possono essere le cause, esse hanno origine sempre per un complesso meccanismo cerebrale.

Non esiste comunque una sola epilessia, ma molte epilessie differenti, che si caratterizzano per diversi aspetti  a seconda del quadro clinico (tipo di crisi), meccanismo patogenetico, età della prima manifestazione e delle successive, evoluzione, disturbi associati e conseguenze.

La  Sindrome  di  Dravet  è,  come  già  detto,  un’encefalopatia  epilettica,  in  cui  le  crisi epilettiche sono secondarie ad una più ampia immaturità cerebrale. Tuttavia l’epilessia resta la prima e più evidente manifestazione della patologia, quindi non può essere sottovalutata.

 

Manifestazioni Epilettiche

La crisi epilettica è di fatti un sintomo e rappresenta la manifestazione clinica di un evento parossistico,  cioè  una  scarica  accessionale, sincronizzata, anormale  ed  eccessiva  di  un gruppo di Neuroni corticali cerebrali.

In base al pattern di coinvolgimento Neuronale, le caratteristiche cliniche di una crisi comprendono un ampio range di manifestazioni anomale, improvvise e transitorie, che possono riguardare alterazione dello stato di coscienza, manifestazioni motorie, sensitive, autonomiche, psichiche.. . Tutte le crisi si possono dividere in due gruppi principali: parziali e generalizzate.

Le parziali prendono origine da una regione focale dell’encefalo in associazione o meno ad alterazioni dello stato di coscienza (di qui la distinzione in semplici o complesse). Possono tuttavia diffondere rapidamente ad altre aree della corteccia attraverso le reti Neuronali ed esitare in crisi generalizzate tonico-cloniche secondarie. Le crisi parziali semplici hanno sintomi che dipendono dalla sede di origine della scarica (crisi motorie, allucinazioni sensoriali, deja vù, paura, panico, euforia..). Invece le crisi parziali complesse sono più difficili da controllare, durano meno di 3 minuti ma il paziente perde il contatto con l’ambiente, in presenza o assenza di automatismi motori.

Le crisi generalizzate invece si caratterizzano per un coinvolgimento molto più ampio e bilaterale delle regioni corticali, quasi sempre con alterazione dello stato di coscienza. Di questo gruppo fanno parte le crisi tonico-cloniche (in passato definite “grande male”), le assenze (o “piccolo male”, possono essere tipiche o atipiche, in relazione alla durata e a modificazioni del tono muscolare), le crisi miocloniche (improvvise brevi contrazioni di gruppi muscolari), le cloniche (contrazioni muscolari ritmiche), le toniche (irrigidimento improvviso dei muscoli estensori, con caduta) e le atoniche (perdita improvvisa del tono muscolare, con collasso istantaneo e frequenti traumatismi).

 

Caratteristiche dell’epilessia

La crisi epilettica è conseguenza diretta di una scarica anormale che altera bruscamente l’attività abituale di un gruppo, più o meno rilevante, di Neuroni, detto “focolaio epilettogeno”.

Questa scarica avviene al livello della corteccia, l’elemento nobile dell’encefalo che ha la funzione di ricevere le informazioni dall’esterno, rielaborarle e permettere successivamente la realizzazione dell’azione. La corteccia è suddivisa in regioni diverse che corrispondono a funzioni  precise  (motorie,  sensoriali,  affettive..):  le  differenti  localizzazioni  cerebrali spiegano i differenti tipi di crisi.

Al  microscopio  la  corteccia  è  formata  essenzialmente  dai  Neuroni,  che  sono  l’unità funzionale del sistema nervoso. Essi sono costituiti da un corpo limitato da membrana (che costituisce la sostanza grigia) e da prolungamenti (dendriti e cilindrassi, che vanno a formare la sostanza bianca). L’articolazione che lega tra loro i Neuroni è detta “sinapsi”. La conduzione dell’impulso nervoso tra un Neurone e l’altro è consentita dalla guaina mielinica che avvolge i prolungamenti Neuronali e permette le specifiche proprietà di eccitabilità e conducibilità, fondamentali nel Neurone. Tali caratteristiche sono infatti alla base dell’alternanza dei fenomeni di depolarizzazione e ripolarizzazione che contraddistinguono l’attività Neuronale. Questa attività è influenzata da Neurotrasmettitori inibitori o eccitatori, che  giungono  al  corpo  del  Neurone  modificandone  la  carica,  pur  restando  stabile  il potenziale elettrico di membrana.

La depolarizzazione del Neurone avviene a seguito dell’entrata passiva attraverso la membrana cellulare di Sodio ed Acqua e la fuoriuscita di Potassio. Essa genera un Potenziale d’Azione, per cui si dice che il Neurone è “in stato di attivazione”. Il fenomeno inverso della ripolarizzazione  invece  consiste  nella  fuoriuscita  di  Sodio  ed  Acqua  e  nell’entrata  di Potassio: in questo stadio il Neurone è ipoeccitabile (periodo refrattario).

Il Neurone epilettico è una cellula altamente instabile poiché non ha sufficiente inibizione, quindi il periodo refrattario ne risulta ridotto. Da ciò deriva che la cellula è facilmente eccitabile, ossia molto depolarizzata e con ripolarizzazione difettosa. A cosa sia dovuto questo processo, ancora non è certo; le maggiori ipotesi riguardano: alterate proprietà di membrana, inibizione insufficiente, eccitazione anormale.

Queste scariche epilettiche si traducono in una deformazione della funzione abituale dei Neuroni, che diviene invece anormale e, conseguentemente, dà diverse manifestazioni a seconda della regione cerebrale interessata (scariche motorie, sensoriali, psichiche..).

Ogni scarica eccessiva si accompagna tuttavia ad una spesa energetica importante (zucchero e   ossigeno)  che  può  provocare  sofferenza,  danneggiare  o  ledere  le  cellule  cerebrali interessate, nel momento in cui il bisogno cellulare di energia, accresciuto dall’eccessivo lavoro, non viene soddisfatto (ad esempio quando le crisi sono di lunga durata o si ripetono incessantemente).

Ovviamente però, perché si manifesti una crisi epilettica, c’è bisogno necessariamente di due condizioni coesistenti: una disposizione del cervello ad eccitarsi più facilmente del normale (bassa soglia convulsiva) ed una causa irritante che metta in azione tale disposizione.

Le crisi epilettiche possono essere accidentali, dovute ad un fattore scatenante immediato, oppure possono avere la tendenza a ripetersi senza apparente ragione, ed è ciò che costituisce l’epilessia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2005 ha definito l’Epilessia come “un disordine del cervello, caratterizzato da una duratura predisposizione nel generare crisi epilettiche e dalle conseguenze Neurobiologiche, cognitive, psicologiche e sociali di questa condizione.”

In base all’eziologia si possono distinguere le epilessie “idiopatiche”, ossia di presunta origine genetica; da quelle “sintomatiche” o “secondarie” ad una lesione cerebrale nota; e dalle “criptogenetiche”.

Nelle epilessie idiopatiche, l’ereditarietà occupa un ruolo preponderante, in rapporto ad un disturbo della maturazione cerebrale.

Nelle epilessie sintomatiche, la lesione cerebrale può essere responsabile non solo dell’epilessia, ma anche di altri disturbi come ritardo dello sviluppo, deficit intellettivo, deficit Neurologico.. come nel caso delle encefalopatie.

Nelle epilessie criptogenetiche la presunta origine delle crisi è sintomatica, tuttavia, per i mezzi di indagine scientifica di cui oggi possiamo disporre, non c’è evidenza di una lesione o malformazione cerebrale.

 

Meccanismo nella Sindrome di Dravet

Nella Sindrome di Dravet, l’epilessia si può considerare di tipo sintomatico, ossia secondaria alla  Sindrome;  di  fatti  la  ricorrenza  delle  crisi  non  basterebbe  da  sola  a  spiegare  il progressivo deficit delle funzioni cerebrali.

Non è ancora chiaro quale sia con esattezza il meccanismo patogenetico alla base della Sindrome di Dravet, tuttavia è certo che sono necessarie modificazioni geniche. Tali modificazioni genetiche possono influenzare (assieme ad altri fattori ambientali e farmacologici) l’outcome cognitivo e le altre manifestazioni critiche caratteristiche.9

Nella Sindrome di Dravet è stata soprattutto evidenziata, alla base delle crisi epilettiche, una disfunzione dei Canali Ionici. Si tratta cioè di una “canalopatia”, in cui le anormalità, che causano epilessia, contribuiscono anche al progressivo disturbo delle funzioni cerebrali.10

Tra l’altro sicuramente, l’encefalopatia si manifesta precocemente come una Neuropatia, caratterizzata dal difetto della mielinizzazione. Si può giungere a questa conclusione facilmente se si osserva come il tratto principale della Sindrome, in età precoce, sia il disturbo Neuro-Sensoriale, Neuro-Visivo e Neuro-Uditivo.

La mielinizzazione consiste nel processo attraverso il quale la guaina mielinica (una sostanza lipidica che  isola elettricamente) arriva ad  avvolgere gli  assoni dei  Neuroni, formando la fibra nervosa in grado di veicolare informazioni in maniera veloce ed efficiente. Si tratta di un processo che inizia al quinto mese di vita fetale e prosegue fino a 18 mesi dopo la nascita, poi rallenta ma proseguire fino a 10 anni, quando si completa effettivamente la maturazione del Sistema Nervoso Centrale. La mielinizzazione progredisce in senso postero- anteriore (caudo-cefalico) e dal basso verso l'alto, in modo corticopeto.

Nella Sindrome di Dravet il difetto della mielinizzazione causa il precoce interessamento soprattutto delle funzioni senso-motorie, Neurovisive e Neurouditive e, probabilmente, contribuisce al progressivo deterioramento del Sistema Nervoso.

Tra l’altro la Sindrome di Dravet presenta delle caratteristiche Neuropsicologiche che sono coerenti con quanto riportato in letteratura riguardo i Disordini Cerebellari. Effettivamente la diminuzione dell’eccitabilità di quei Neuroni cerebellari che svolgono funzione inibitoria (cellule di Purkinje), può portare ad un danno corticale, i cui effetti possono essere epilessia e disordini dello sviluppo motorio e Neuro-sensoriale. La ridotta eccitabilità dei Neuroni di Purkinje inoltre è già da sola sufficiente a determinare l’atassia ed altri disturbi Neurologici, frequentemente associata alla Sindrome11.

 

Genetica

La  mutazione  genetica  più  frequentemente  riscontrata  (anche  nelle  forme  borderline), prevede anomalie nel gene SCN1A (70-80%). Il gene SCN1A codifica la sub unità alpha-1 dei canali del sodio voltaggio dipendenti Nav1.1, presenti prevalentemente nei Neuroni ma anche nella retina. I canali del sodio voltaggio-dipendenti sono fondamentali per la formazione e la propagazione del potenziale d’azione nelle cellule Neuronali. Il meccanismo della sindrome dunque deve essere ricercato preminentemente nella patologia molecolare.12

Sperimentazioni sul modello animale, hanno dimostrato che i topi che presentavano alterazioni di SCN1A, manifestavano crisi, associate a deficit motori, in particolare atassia13. Ciò era dovuto alla diminuzione della densità di corrente del Sodio in alcuni specifici interNeuroni inibitori GABAergici della  corteccia (in  particolare Neocorteccia e Ippocampo), ma non nei Neuroni piramidali eccitatori. Questa diminuzione ne riduce la capacità di sostenere un potenziale d’azione, per cui si limita la produzione di GABA e ciò aumenta l'eccitabilità degli obiettivi sinaptici a valle, determinando in tal modo l'epilessia. 14

La ridotta eccitabilità dei Neuroni cerebellari di  Purkinje, che presentavano questi topi mutati, inoltre, sarebbe sufficiente di per sé a spiegare la presenza di atassia.15

All’inizio le mutazioni a carico di SCN1A sono state trovate nelle forme genetiche di sindromi epilettiche con Convulsioni Febbrili plus (GEFS+)16, ma poi si è visto che frequentemente i bambini a cui veniva diagnosticata la Sindrome di Dravet avevano familiarità positiva per patologie Neurologiche, in particolare epilessia (spesso Convulsioni Febbrili o Epilessia Generalizzata con Convulsioni Febbrili Plus)17; da quel momento si è fatta un’indagine più approfondita in questi pazienti per il gene SCN1A, che si è visto mutato in altissima frequenza.

Le anomalie genetiche nella Sindrome di Dravet possono essere: mutazioni troncanti, mutazioni non senso ed alterazioni della regione di splicing; con frequenza minore si manifestano anche delezioni intrageniche o delezioni di tutto il gene; estremamente rare sono invece le duplicazioni e le amplificazioni. Queste anomalie sono per lo più “de novo” (90%) ma esistono anche quelle ereditarie (soprattutto mutazioni non-senso), dovute specialmente a condizioni  di  mosaicismo,  somatico  o  germinale,  nei  genitori18.  La  possibilità  che  la patologia sia ereditaria e non de novo, apre importanti questioni circa il counseling genetico; che il personale medico genetista deve sempre eseguire in questi casi, tenendo conto che tra una generazione e l’altra può variare la gravità del fenotipo.19

Se si guarda solo l’aspetto genetico, non si individuano correlazioni significative tra genotipo e fenotipo20, a parte forse un esordio più precoce nei pazienti con mutazione troncante, mutazione del sito di splicing o rimozione genomica, piuttosto che in quelli con mutazione non-senso o in coloro che non presentano mutazioni a carico del gene SCN1A21. Allo stesso modo sono epilessie più gravi quelle in cui sono coinvolte anche altre sub-unità genetiche, che codificano per i canali del sodio voltaggio-dipendenti nel cromosoma 2q, come SCN2A, SCN3A, SCN7A, SCN9A.22

Certamente tuttavia sono coinvolti anche altri fattori che incidono sulla condizione finale dei pazienti: non solo porzioni geniche modificate o retroterra genetico, ma anche situazioni ambientali possono modificare l’outcome complessivo di questi pazienti.

Nonostante la presenza di mutazioni a carico del gene SCN1A resti un importante elemento diagnostico, non è ancora chiara la relazione genotipo-fenotipo, quindi la diagnosi resta essenzialmente fondata sull’esame clinico, tenendo conto che non in tutti pazienti con Sindrome di Dravet sono riscontrabili mutazioni di SCN1A; né, viceversa, coloro che hanno questa mutazione manifestano la Sindrome di Dravet.

Si ritiene che SCN1A sia il gene per l’epilessia più rilevante al livello clinico, poiché la perdita di funzioni di questo gene può causare uno spettro di epilessie nelle quali le crisi febbrili sono la caratteristica prominente; mentre i fenotipi cognitivi correlati possono essere variabili, anche nella stessa famiglia.23

In assenza di alterazioni di SCN1A, comunque, il gene che più frequentemente si è visto mutato è la protocaderina-19 (PCDH19), che si trova in Xq22, quindi viene ricercato principalmente nelle pazienti di sesso femminile. PCDH19 è stato a lungo associato con l’Epilessia e Ritardo Mentale proprio delle Femmine (EFMR), con ereditarietà X-linked, eterozigote.24 PCDH19 è coinvolto nello sviluppo cerebrale, in particolare ha un ruolo importante nello stabilire le connessioni Neuronali e nella trasduzione del segnale al livello della membrana sinaptica, oltre che nella specificazione molecolare dei Neuroni della corteccia cerebrale.25

Le ragazze con mutazioni a carico di questo gene manifestano sottili differenze rispetto alla Sindrome tipica, in particolare  la prima crisi si manifesta successivamente (in genere a 9 mesi), le crisi sembrano meno importanti e l’outcome risulta per questo migliore.

Altre  mutazioni  che  sono  state  fin’ora  sporadicamente  riscontrate  sono  a  carico  di GABRG226 e SCN1B (con ereditarietà autosomica recessiva)27.

La presenza di vari livelli di gravità nella patologia e di mutazioni genetiche non del tutto univoche, ha portato gli studiosi a guardare la Sindrome di Dravet come uno “spettro” in cui la distribuzione della popolazione affetta corrisponderebbe ad una curva a campana: in cui a metà troviamo la maggior parte dei pazienti, con un fenotipo completo di tutte le caratteristiche, mentre alle estremità i fenotipi meno frequenti e meno tipici.28

Ma è proprio a causa della variabile gravità del quadro complessivo, dovuta al polimorfismo delle espressioni, è oltremodo difficile stabilire fin dove il fenotipo sia dovuto a fattori genetici, piuttosto che a fattori esterni precipitanti.

 

Esami Complementari

Se  questi bambini vengono sottoposti ad  esami di  routine, si  può notare che gli  studi dell’EEG sono normali fino ai 2 anni, nonostante le crisi frequenti e prolungate. È questa la ragione per cui spesso la prima crisi viene scambiata per una convulsione febbrile e non viene prescritto alcun trattamento. Dopo i 2 anni invece l’EEG mostra attività epilettiforme generalizzata e multifocale (punte, punte-onda, polipunte e onde lente).

Altri esami di laboratorio non sembrano evidenziare particolari anomalie.

La Risonanza Magnetica per Immagini è generalmente normale all’inizio della patologia e può  mantenersi  tale  o  evidenziare  in  seguito  anomalie  non  specifiche,  come  atrofia cerebellare (frequente nelle epilessie croniche), associata o meno ad atrofia cerebrale oppure Sclerosi Ippocampale, Ventricoli dilatati o displasia corticale focale.29 Queste anormalità alla RMN sono più frequentemente riscontrate nei pazienti che non presentano mutazioni a carico di SCN1A.

La SPECT o PECT può evidenziare aree di ipoperfusione, non correlate con i rispettivi EEG.30

La Neuropatologia non ha riscontrato concrete prove di Neurodegenerazione cerebrale o cerebellare, né alterazioni della morfologia, con l’eccezione di qualche caso isolato.31

Poiché il difetto genetico non sembrava sufficiente a causare di per sé il danno complessivo e l’outcome catastrofico ma solo la suscettibilità alle crisi, è stato plausibile ipotizzare che ci fossero altri fattori in gioco, magari correlati ai cambiamenti strutturali che potevano causare le crisi epilettiche, contribuendo a provocare il deficit cognitivo ed i problemi comportamentali.32 L’ipotesi che il coinvolgimento cognitivo e motorio avesse una controparte strutturale anatomica è stata tuttavia sfatata dagli studi successivamente eseguiti: il fatto che le Neuroimmagini siano frequentemente normali, conferma che la base patogenetica della Sindrome di Dravet è funzionale e non strutturale; ossia la disfunzione del gene SCN1A conferisce al cervello un’importante caratteristica di vulnerabilità, le cui conseguenze difficilmente sono riscontrabili attraverso gli studi Neuropatologici. Le crisi infatti  inducono  cambiamenti  che  possono  a  loro  volta  influire  su  altre  specifiche popolazioni cellulari, per questo è adeguato parlare di “vulnerabilità”.

 

Sintomatologia Clinica

La sintomatologia caratteristica della Sindrome di Dravet, pur variando caso per caso, resta relativamente stereotipata nel suo evolversi attraverso 3 stadi: un primo stadio “febbrile” o “diagnostico” nel primo anno di vita; un secondo stadio “di peggioramento” dell’epilessia, oltre che degli aspetti cognitivi e comportamentali (per questo definito, in un primo periodo, “stadio catastrofico”), tra 1 e 5 anni; e un ultimo “stadio di stabilizzazione” in cui diminuiscono le  crisi e  migliorano tutti gli altri aspetti. Quest’ultimo va  dalla seconda infanzia all’adolescenza ed oltre, per questo si è preferito abbandonare il termine “fase delle sequele”, in quanto non c’è una effettiva fine della patologia, ma l’epilessia rimane attiva per tutta la vita dei pazienti e porta con sé inevitabili conseguenze.

 

Stadio Febbrile o Diagnostico

La manifestazione iniziale compare entro i 12 mesi di vita (con un picco tra i 5 e gli 8 mesi) e prevede crisi cloniche e tonico-cloniche ripetute, che possono essere generalizzate o unilaterali (con alternanza del lato dell’emiclono), queste vengono spesso attivate da stati febbrili (ma possono anche manifestarsi in assenza di febbre) oppure si presentano a seguito di una vaccinazione, un’infezione o un bagno caldo33. La facilità con cui possono essere evocate le crisi epilettiche è infatti una caratteristica della Sindrome e può essere usata inizialmente come preziosa informazione, in funzione di un’adeguata diagnosi differenziale. La prima crisi, in ogni caso, tende ad essere prolungata (circa 20 minuti) o a raggrupparsi in grappoli col rischio di progredire nello Stato Epilettico. In questa fase, l’EEG da sveglio e nel sonno dà risultati generalmente normali e frequentemente i medici la considerano una convulsione febbrile o una crisi accidentale, per cui eseguono poche indagini e non prescrivono alcun trattamento. Invece dopo poco tempo (da 2 settimane a 2 mesi) appaiono nuove crisi o stati di male, sia in condizione febbrile sia in assenza di manifestazioni piretiche; e diviene chiara la reale complessità della patologia34.

 

Stadio di peggioramento - Inasprimento dell’epilessia

Tra 1 e 4-5 anni si aggiungono altri tipi di crisi, tra cui mioclono, assenze atipiche, crisi focali e, più raramente, crisi toniche. Possono anche presentarsi stati epilettici non convulsivi o stato di ottundimento (40%).

Le crisi possono essere indotte da: stimolazioni luminose, variazioni dell’intensità della luce, chiusura degli occhi35, fissazione di patterns particolari, fissazione di patterns geometrici, sforzo fisico, variazioni della temperatura corporea (anche in assenza di febbre vera e propria)36, musica, emozioni forti, stato di eccitazione.. Le crisi possono anche derivare da una auto-stimolazione, che il bambino può scegliere di eseguire semplicemente chiudendo gli occhi o fissando pattern tipici. La facilità con cui esse possono essere indotte nei pazienti affetti da Sindrome di Dravet è un tratto caratteristico della patologia, che concorre alla farmaco-resistenza, e soprattutto dimostra quanto estremamente bassa sia la soglia epilettica per questa encefalopatia, sia per quel che concerne gli stimoli interni che quelli esterni.

In genere i genitori sono consapevoli della sensibilità dei bambini e sono chiamati a stare molto attenti nella care quotidiana, in modo da monitorare costantemente sia la temperatura che l’ambiente intorno al loro bambino. Questo consente loro di prevenire, dare un senso o evitare ulteriori attacchi epilettici che possono manifestarsi.37

Tra le crisi convulsive, le cloniche generalizzate o secondariamente generalizzate e le crisi unilaterali, sono le più caratteristiche. Sono presenti in tutti i pazienti, per tutto il corso della loro vita. Possono essere notturne o diurne, con caratteristiche che variano tra un paziente e l’altro.

Le crisi convulsive cloniche generalizzate sono abbastanza brevi e presentano una prima fase tonica a cui seguono sintomi autonomici, quindi scosse cloniche.

Le  crisi  secondariamente  generalizzate  esordiscono  in  una  zona  dell’encefalo  ma  si diramano velocemente alle aree adiacenti o nell’altro emisfero.

Le crisi emicloniche, o unilaterali, hanno durata breve e sono spesso associate a cambiamenti di tono controlaterali. Diventano meno comuni col passare del tempo, invece nei bambini piccoli tendono ad essere molto lunghe o a ripetersi fino ad evolvere nello Status Epilepticus (che richiede un immediato intervento farmacologico e spesso assistenza respiratoria). Un indizio, che può orientare la diagnosi proprio verso la Sindrome di Dravet, è l’alternanza di lato delle crisi emicloniche. In ogni caso sono tra l’altro seguite da segni di asimmetria postictale nell’EEG e spesso associate ad emiparesi transitoria.38

Tutti  i  tipi  di  crisi  convulsive  che  si  possono  presentare  hanno  frequentemente  la caratteristica di essere prolungate (più di 30 minuti) o ripetute, sfociando spesso nello Stato Epilettico, con  le  conseguenze ad  esso  associate,  salvo  intervento tempestivo. A  volte tuttavia si dimostrano intrattabili e trascinano il paziente fino a morte.39  Il più delle volte, invece, dopo questi episodi non si presentano sequele Neurologiche.

Le crisi miocloniche si manifestano soprattutto a 17 mesi, ma possono essere presenti fino ai 5 anni40. Queste vanno distinte dal mioclono interictale (che pure può essere presente nella Sindrome). Generalmente sono massive e coinvolgono tutti i muscoli, specialmente quelli assiali. L’intensità può essere variabile: a volte sono contrazioni violente generalizzate; altre volte riguardano solo i muscoli di capo e tronco e si manifestano come “viso che annuisce”. Sono molto frequenti, possono essere isolate o raggrupparsi in brevi grappoli di 1-3 secondi che culminano con un attacco convulsivo. È raro tuttavia che si manifesti lo “stato mioclonico” e generalmente non viene alterato lo stato di coscienza.

Le assenze atipiche si manifestano principalmente tra i 4 mesi ed i 6 anni, ma possono cominciare molto prima o molto dopo (5 anni) e continuare fino ai 12 anni41. Generalmente durano 3-10 secondi, con indebolimento dello stato di coscienza, associato o meno a componenti miocloniche o cloniche. A volte sono talmente prolungate da evolvere nello Stato di Ottundimento42.

Lo Stato di Ottundimento si manifesta progressivamente come un vero e proprio stato epilettico non convulsivo, caratterizzato da torpore e annebbiamento dello stato di coscienza, in assenza di manifestazioni motorie. Possono manifestarsi mioclonie erratiche, di bassa ampiezza, che riguardano gli arti o il viso, a volte associati a perdita di saliva o leggero incremento del tono muscolare. Questa condizione può rendere impossibile al bambino la reazione  agli  stimoli,  mentre  altre  volte  viene  risparmiata  la  competenza  di  compiere semplici azioni (es. manipolare giochi). Delle forti stimolazioni sensoriali possono interrompere questo stato di assenza, ma mai definitivamente. La condizione può durare da qualche ora a qualche giorno. Lo Stato di Ottundimento è relativamente caratteristico della sindrome (40%), con un picco di incidenza tra i 2 e i 19 anni. 43

Le crisi focali possono essere motorie (per lo più gli arti o un emiviso) o prevedere una semeiologia più complessa, che può includere: automatismi, ipotonia, raramente rigidità o anche sintomi autonomici (pallore, cianosi, rossore, salivazione, sudorazione, modificazioni nella respirazione, perdita dello stato di coscienza..). Generalmente le crisi focali si manifestano tra i 4 mesi e i 4 anni e possono generalizzare secondariamente.44

Raramente nella Sindrome di Dravet si presentano invece crisi toniche e per la maggior parte esse vengono registrate durante la registrazione EEG nel sonno.

 

Ritardo Psicomotorio

Contemporaneamente alla manifestazione di una situazione epilettica più articolata, si mostrano anche difficoltà dello sviluppo: attorno ai 2 anni diventa progressivamente evidente un rallentamento dello sviluppo evolutivo psicomotorio fino al suo arresto (stagnazione) o, meno frequentemente, alla perdita di capacità acquisite.

I bambini iniziano a camminare più o meno alla giusta età (generalmente con un po’ di ritardo, intorno ai 17 mesi) ma l’andatura instabile (atassia fisiologica) continua per un periodo insolitamente lungo e le frequenti cadute dovute alle crisi non migliorano la fiducia dei bambini nel cammino; allo stesso modo il linguaggio si manifesta all’età adeguata e le prime paroline sono pronunciate prima dell’anno di vita, ma lo sviluppo delle capacità linguistiche progredisce talmente lentamente che molti pazienti non arrivano nemmeno a costruire frasi elementari.45

Ultimamente alcuni studi hanno osservato come, in un certo senso, il coinvolgimento Neurocognitivo venga “preannunciato” da un precoce deficit delle funzioni visive, in particolare negli aspetti di motilità oculare, attenzione a distanza, acuità, campo visivo binoculare, spostamento dell’attenzione e stereopsi.46

Il ritardo dello sviluppo psicomotorio può essere inoltre accompagnato, già inizialmente, a segni cerebellari, quali: atassia (60%), deambulazione scoordinata o goffaggine motoria, disturbi del movimento degli occhi, imprecisione dei gesti fini per difficoltà di coordinazione occhio-mano, mioclono interictale e tremori alle estremità. A questo vanno aggiunti frequentemente segni piramidali (20%) e disturbo della coordinazione motoria.

Ben presto si rende evidente inoltre un deficit di attenzione che certamente è responsabile delle difficoltà di apprendimento e dei disturbi del comportamento, come iperattività e comportamenti ostinati. Sono bambini che non si mostrano particolarmente disponibili ad ascoltare o a seguire le regole, ma che al contrario tendono a guardare ripetitivamente gli stessi cartoni o riproporre i medesimi giochi, comportamenti, questi, che rientrano all’interno dei tratti autistici. La severità dei disturbi comportamentali può richiedere un trattamento farmacologico, con Neurolettici, metilfenidati o antidepressivi, a discrezione del medico curante.

Tra l’altro, alla difficoltà nella gestione del comportamento possono associarsi disordini del sonno, come sonnolenza (frequentemente associata ad importanti dosi di farmaci antiepilettici) e, più spesso, insonnia, che può tuttavia trarre beneficio dalla melatonina o induttori del sonno.

In ogni caso il declino del Quoziente di Sviluppo si manifesta molti mesi dopo l’apparizione delle prime crisi e il deficit cognitivo finale può essere di vario grado (da moderato a severo), in relazione al quadro genetico, alla gravità dell’epilessia e alle stimolazioni ambientali ricevute dall’ambiente esterno.

Infatti, nonostante non sia dimostrata la correlazione tra la severità del deficit cognitivo e la frequenza delle crisi epilettiche, la presenza di Crisi di Assenza e Mioclono sembra essere un fattore prognostico negativo per il livello cognitivo definitivo.

Ma al fenotipo epilettico, nella determinazione del danno cognitivo, bisogna affiancare altre variabili, come il trattamento antiepilettico ed i suoi effetti collaterali, la Riabilitazione e l’ambiente familiare ed infine la genetica; componenti, queste, che hanno a loro volta un forte impatto sulle acquisizioni complessive del bambino.

 

Stadio di stabilizzazione

A  partire dai 5, fino ai 10 anni, nonostante le crisi convulsive persistano, l’epilessia diventa meno grave, ciò è possibile a causa della diminuzione (a volte scomparsa) delle crisi focali, delle assenze atipiche e delle crisi miocloniche e grazie anche all’indebolimento della foto e pattern-sensibilità. Per questo viene ridotto il numero di farmaci assunti e si riscontra costantemente un miglioramento del livello cognitivo. Le acquisizioni infatti riprendono ma all’instabilità succede la lentezza e la perseverazione, per cui il livello cognitivo globale resta comunque il più delle volte deficitario (il ritardo può andare da moderato a severo) e corrisponde al livello del linguaggio.

Tra l’altro, dopo una certa età, sembra che il livello cognitivo diminuisca sensibilmente a causa di importanti difficoltà nei nuovi apprendimenti. L’appiattimento del cognitivo (floor effect) consiste proprio nella stagnazione delle competenze cognitive in un determinato grado, oltre il quale risulta lento e difficoltoso andare.

Inoltre,  in  genere  dopo  la  prima  decade  di  vita,  questi  pazienti  sviluppano  problemi ortopedici come cifosi cifoscoliosi, piede piatto o piede torto. Caratteristico è tra l’altro il graduale deterioramento della deambulazione, fino al cammino a ginocchio flesso (Crouch gait). La sintomatologia ortopedica peggiora invariabilmente, nonostante la fisioterapia, durante e dopo l’adolescenza, probabilmente a causa del mal allineamento scheletrico, ormai strutturato.47 Questo deterioramento motorio ha un impatto significativo sulla mobilità e soprattutto sull'indipendenza dei pazienti. Di fatti funzionalmente resta spesso possibile per loro coprire piccole distanze, ma diventa difficoltoso camminare per lunghi tragitti e non di rado sono costretti a ricorrere all’uso della carrozzina.

 

Risultati a lungo termine

Indiscutibilmente la Sindrome di Dravet è sempre associata ad un outcome sfavorevole: in tutti i pazienti le crisi persistono, i danni cognitivi sono invariabilmente presenti e i disturbi motori possono peggiorare.48 In età adulta la maggior parte dei pazienti presenta un handicap globale (motorio, cognitivo e di linguaggio) che fa da ostacolo ad una vita quotidiana indipendente ed autonoma e soprattutto rende difficoltosa la socializzazione .

Permangono specialmente le crisi convulsive tonico-cloniche secondariamente generalizzate, con periodi di miglioramento che si alternano ad altri di peggioramento. Anche la facilità con cui le crisi possono essere indotte, generalmente, diminuisce fino a scomparire nell’adolescenza o nell’età adulta.

Il deficit delle abilità motorie è quasi sempre presente e può peggiorare, a causa della combinazione tra segni Neurologici (soprattutto atassia, in più di un terzo degli adulti) e anomalie scheletriche (Crouch Gait). C’è tuttavia una corrispondenza tra i pazienti con il cognitivo peggiore e coloro che sono maggiormente compromessi al livello motorio.49

Quanto allo specifico sviluppo cognitivo, gli studi hanno dimostrato un’estrema variabilità nel livello di compromissione finale dei vari pazienti e quindi dell’outcome, per cui a situazioni catastrofiche possono affiancarsene altre molto meno gravi. Le caratteristiche principali e quasi costantemente presenti sono: la lentezza dei movimenti, la difficoltà nell’espressione verbale e il ritardo della comprensione e del pensiero. In ogni caso il declino cognitivo è dovuto non solo all’epilessia, ma probabilmente anche a fattori genetici ed ambientali. Ad esempio, i pazienti che hanno eseguito una precoce Riabilitazione Neuro- Psicomotoria hanno un outcome migliore di quelli che non sono stati trattati per niente.

Il livello finale del linguaggio prevede solitamente la capacità di strutturare frasi in maniera semplice o primitiva. Frequentemente è presente disartria. Caratteristiche sono la facilità con cui possono strutturarsi stereotipie verbali ed ecolalie.50

Il comportamento nell’età adulta è in genere calmo e passivo, più spesso ripetitivo e quasi ossessivo. Raramente evolve in psicosi51.

Tutto questo riduce la possibilità di adempiere le attività quotidiane e compromette l’integrazione sociale, fino all’isolamento.

 

Epilessia Mioclonica Severa dell’infanzia borderline

Frequentemente i pazienti Borderline presentano un deficit cognitivo meno importante. La SMEB principalmente si distingue dalla SMEI per la mancanza di mioclono e di assenze atipiche o per l’incostanza delle crisi focali, ma anche per una minor frequenza di epilessia (quindi inferiori quantità di  farmaci) e  per risultati Neurologici migliori. All’interno di questo gruppo Borderline si può individuare un sub-insieme in cui il bambino presenta solo attacchi  convulsivi  o  emi-convulsivi,  descritta  da  autori  giapponesi  come  “Epilessia Intrattabile  dell’Infanzia con  Crisi  Generalizzate Tonico-Cloniche” e  da  tedeschi  come “Epilessia Generalizzata Severa Idiopatica dell’Infanzia”.52

Le abilità mentali dei pazienti SMEB generalmente sono parzialmente preservate e spesso, a differenza della forma tipica, nell’outcome a lungo termine, non presentano deficit cognitivi ma situazioni borderline. In definitiva hanno un esito migliore sia per quanto riguarda lo sviluppo Neurologico che quello motorio (disordini attenuati o assenti), e gli studi confermano precocemente migliori risultati anche nelle funzioni visive. 53

Da ciò si può dedurre che la SMEB non è semplicemente una SMEI atipica, ma una forma più lieve della Sindrome di Dravet, in cui sebbene le problematiche cognitive specifiche compromettano comunque la Qualità della Vita, lo sviluppo a lungo termine risulta meno devastante.

 

Possibilità di trattamento

Nonostante i recenti progressi e la continua ricerca circa questa patologia, il trattamento dei pazienti con Sindrome di Dravet resta una sfida deludente, in cui il la remissione completa dalle  crisi  non  è  mai  un  obiettivo  realistico,  ed  il  controllo  dell’epilessia  può  essere solamente parziale o transitorio. Tutti i tipi di crisi sono invariabilmente farmaco-resistenti, anche  per  la  facilità  con  cui  possono essere  indotte,  tramite  fattori  scatenati, e  per  la mancanza di medicinali specifici in grado di controllare contemporaneamente le crisi convulsive generalizzate e quelle focali, le assenze e le crisi miocloniche.

Nonostante questo, il trattamento farmacologico resta il basilare nella Sindrome di Dravet, e solo quando si rivela completamente inappropriato, si può pensare di servirsi di altri tipi di trattamento, come la dieta chetogenetica o la stimolazione del nervo vago54.

Non tutti i Farmaci Anti Epilettici risultano effettivamente utili nella gestione della Sindrome di Dravet.

Certamente i Bromuri (Br) possono significativamente controllare le crisi convulsive e lo stato epilettico, anche in assenza del Topiramato. Tuttavia effetti collaterali più frequenti sono: perdita di appetito, sonnolenza, atassia, eruzione cutanea e apnee notturne. 55

Il Valproato (VPA) e le Benzodiazepine (BZDs) spesso permettono un miglioramento, che si rivela tuttavia solo transitorio. Tra le Benzodiazepine i più usati sono il Clonazepam (CZP) e il Clobazam (CBL), di questi il primo spesso causa nei bambini effetti collaterali devastanti, come: sonnolenza, ipotonia, atassia, scialorrea e soffocamento del tratto respiratorio superiore; invece il CBL solo irritabilità, tremori alle estremità ed ipereccitabilità, che possono tra l’altro essere trattate riducendo le dosi di assunzione. Per questo vengono spesso prescritti.56

Sull’utilità dei Barbiturici è aperta una questione controversa, tuttavia vengono usati quando le crisi convulsive e lo stato epilettico resistono al Valproato e alle Benzodiazepine.

L’Etosuccimide (ESM) è molto utile in caso di crisi miocloniche ripetute; anche se gli effetti collaterali più frequenti sono perdita di peso e di appetito e comportamento introverso.

I Corticosteroidi possono essere usati in trattamenti ciclici, in caso di stati epilettici ripetuti, ma non hanno grande efficacia sul lungo termine.

Il  Topiramato  (TPM)  si  rivela  vincente  nel  controllo  delle  crisi  convulsive  e  focali; nonostante gli effetti collaterali (anoressia, perdita di peso, disturbi del comportamento, regressione linguistica e nel controllo emozionale e, più raramente, calcoli renali). Tuttavia negli ultimi tempi è stato raccomandato come miglior trattamento, proprio una combinazione di Topiramato e Valproato, con un’aggiunta di Benzodiazepine se i bambini hanno una pregressa storia di ripetuti stati epilettici.57

Il Levetiracetam (LEV) può avere un buon controllo   sulle crisi generalizzate tonico- cloniche, sulle focali, ma a volte anche sulle assenze e sulle crisi miocloniche; ovviamente si può prescrivere questa cura solo quando gli effetti collaterali sono ben tollerati, in quanto si manifestano in maniera abbastanza importante, generalmente con: irritabilità, eruzioni cutanee, peggioramento delle crisi miocloniche e trombocitopenia.58

Il Zonisamide (ZNS) dà buoni risultati precocemente, soprattutto nelle forme borderline, tanto che si è ipotizzato che il farmaco in qualche modo possegga una funzione preveniva verso le crisi miocloniche.59

Il successo della recente molecola di Verapamil, in grado di bloccare i canali del calcio voltaggio dipendenti, è stato certificato in una ristretta cerchia di studi, quindi risulta precoce raccomandarla come cura efficace.60

L’efficacia dello Stiripentolo (STP) sulla riduzione delle crisi prolungate e stati di male, invece è stata dimostrata in più di uno studio. Tollerando gli effetti collaterali moderati (sonnolenza, perdita di appetito e perdita di peso), la maggior parte dei pazienti ha trovato miglioramenti sia sulla frequenza che sulla durata delle crisi. Nonostante lo Stiripentolo sia probabilmente un anticonvulsivo già di per sé, viene dato frequentemente in associazione con Valproato e Clobazam o Topiramato.61

Carbamazepine (CBZ) e Lamotrigine (LTG) hanno invece il potenziale di aggravare le crisi, per questo vanno evitate.62 Anche la Fenitoina (PHT) sembra avere aneddoticamente effetti aggravanti.63  Questi tre Farmaci Anti-Epilettici hanno in comune il meccanismo d’azione, che si serve dell’inibizione uso-dipendente dei canali del sodio, necessari per attivare il potenziale d’azione e responsabili delle crisi convulsive. Poiché la Sindrome di Dravet è dovuta a disturbi proprio nei canali del sodio, questi farmaci vanno tassativamente evitati, in modo da prevenire le crisi.

Allo stesso modo si deve fuggire anche dagli effetti del Vigabatrin che, nei pazienti piccoli, aumenta la frequenza di crisi miocloniche; a partire dall’adolescenza, invece, questo medicinale può rivelarsi utile nel controllo delle crisi convulsive e focali.

In caso di insuccesso dei farmaci, a volte i trattamenti alternativi risultano opzioni valide. Tra questi la Dieta Chetogenetica (KD) è stata maggiormente studiata con successo. Si tratta di una Terapia non farmacologica che, attraverso il prevalente consumo di grassi, simula lo stato di digiuno e diminuisce la frequenza delle crisi epilettiche (soprattutto crisi convulsive tonico-cloniche), inoltre riduce l’iperattività. Deve essere tuttavia portata avanti da un team multidisciplinare che comprende Neurologi infantili, nutrizionisti, endocrinologi, dietisti e psicologi. 64

 

Gestione

Oltre alla somministrazione di Terapie Farmacologiche e non, il modo migliore per gestire questi piccoli pazienti è attraverso la profilassi: evitare situazioni di rischio che causino le crisi. Per questa ragione i genitori devono essere educati a rivolgere particolare attenzione alla febbre, alle variazioni di temperatura, alla foto-sensibilità e pattern-sensibilità, alle infezioni, ad intense situazioni emozionali e ad altri fattori individuali che possono scatenare le crisi.

Nel caso in cui si manifestino crisi, il trattamento deve essere effettuato solo se esse si prolungano per più di 5 minuti (in modo da prevenire l’evoluzione in stato epilettico) o quando ricorrono in grappoli sempre più frequenti. In genere si usa il Diazepam per via rettale, nonostante per i bambini con Sindrome di Dravet, sottoposti ad alte dosi di BZD, gli effetti collaterali possono essere deleteri (sonnolenza, squilibrio nel cammino, irritabilità, scarsa attenzione, scialorrea..).

Lo Stato Epilettico comunque può manifestarsi sia in presenza che in assenza di un adeguato trattamento antiepilettico. L’intervento in caso di Status Epilepticus deve essere tempestivo, in modo da evitarne le conseguenze disastrose, che possono essere davvero gravi (coma, collasso di più organi o apparati..). Di norma in questi casi non si segue un protocollo specifico per la Sindrome, ma si fa affidamento alle evidenze scientifiche raccolte per gli Stati Epilettici Infantili in generale, che prevedono: instaurare e mantenere la pervietà delle vie aeree; assicurare una ventilazione efficace; mantenere un’adeguata perfusione; inoculare benzodiazepine per via intravenosa, fenitoina e fosfofenitoina, valproato, barbiturici e, più raramente, anestetici e Propofol. Ovviamente bisogna sempre tenere conto delle dosi di Farmaci  Anti  Epilettici  in     circolo,  in  modo  da  evitare  il  collasso  metabolico  ed emodinamico.

Nel caso in cui la crisi sia mioclonica o un’assenza atipica, il trattamento può essere eseguito con Benzodiazepine per via orale, nasale o rettale; in modo da prevenire le conseguenze che queste crisi hanno sul comportamento e sull’apprendimento.

Infatti lo scopo del trattamento non deve essere la completa remissione dalle crisi ma la loro diminuzione in termini di frequenza e durata, di modo da favorire lo sviluppo cognitivo.

In ogni caso nella gestione dei pazienti con Sindrome di Dravet, non rientrano soltanto adeguate cura farmacologiche, attenzioni preventive o trattamenti della situazione acuta, ma anche e soprattutto la costanza all’interno di un Progetto Riabilitativo. I risultati a lungo termine  dimostrano  infatti  quanto  effettivamente  siano  modificabili  questi  pazienti, soprattutto in epoca precoce, e sarebbe per questo un inutile spreco non tentare la via della Riabilitazione   Neuro-Psicomotoria  prima   ed   in   seguito   Logopedia   e   Fisioterapica. All’interno di un Progetto Terapeutico il piccolo paziente e la sua famiglia possono trovare infatti uno spazio di accoglienza, contenimento e consiglio, che lo accompagneranno per tutta la vita.

 

 

Conclusione

La Sindrome di Dravet è una patologia cronica che scuote la vita familiare al nucleo, perché oltre alle convulsioni spesso molto preoccupanti, presentano anche molti problemi clinici invalidanti (deterioramento cognitivo, disturbo del comportamento e varie comorbidità) che continuano per tutto il corso della vita del paziente. Per questo la semplice prescrizione di farmaci non è un aiuto sufficiente, ma la cura globale del paziente con Sindrome di Dravet comprende sia la care che la cure del paziente, e richiede cooperazione tra la famiglia, i dottori e molti altri caregivers specializzati nella ricerca per il raggiungimento della miglior qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie. In particolare, la cura globale deve essere medico-guidata e paziente-centrica, per questo implica un approccio multidisciplinare sia nei riguardi del bambino che dei caregivers, che hanno bisogno di essere guidati attraverso i delicati passaggi di diagnosi, trattamento e gestione delle varie comorbidità.65 Il trattamento farmacologico deve essere cioè associato ad una presa in carico globale del paziente, con valutazioni psicologiche e Neuropsicologiche, aiuti pedagogici, logopedici, Neuro- psicomotori, fisioterapici e sostegno psicologico alle famiglie, che presentano un livello di ansia stabilmente elevato.

Il piccolo paziente dovrà essere affidato alle cure del Neuro-Psicomotricista e successivamente del FisioTerapista, per contenere le conseguenze del danno senso-motorio e più tardi le deformità ortopediche. La frequente scoliosi, cifoscoliosi e le deformità dei piedi (piede torto o piede piatto) devono tra l’altro essere periodicamente valutate e trattate da Medici Ortopedici. Il Nutrizionista e l’Endocrinologo dovranno gestire le difficoltà di alimentazione e il ritardo della crescita, anche ricorrendo alla PEG, se necessario. Pediatri e Neuropsichiatri possono prescrivere melatonina o sonniferi per far fronte ai disordini del sonno. Gli Psicologi possono rivelarsi utili nel supportare la famiglia nella gestione dei disturbi del comportamento. Nei rarissimi casi di episodi psichiatrici, gli Psichiatri possono prescrivere un trattamento psico-farmacologico, tenendo conto della possibilità che siano proprio i Farmaci Anti-Epilettici ad esacerbare i comportamenti patologici. Inoltre vanno effettuate periodiche valutazioni degli aspetti cognitivi da Neuropsichiatri, Psicologi e Terapisti Riabilitativi, in modo da capire quale sia il trend di sviluppo del piccolo paziente. Proprio perché si tratta di bambini con handicap è fondamentale costruire attorno a loro un ambiente che sia abbastanza buono, dotato di adeguati metodi educativi (integrazione e socializzazione scolastica) e riabilitativi (logopedia, Neuro-psicomotricità, Terapia occupazionale, fisioterapia..).

Ovviamente l’aiuto deve essere rivolto anche direttamente alle famiglie, che soffrono per il riflesso di questa devastante malattia. I dottori e i professionisti sanitari non possono dimenticarsi di fornire loro tutto il supporto necessario. Soprattutto attraverso un servizio di counseling genetico, pianificazione del trattamento farmacologico, organizzazione di misure educative appropriate, scelta delle terapie riabilitative necessarie, supporto psicologico in caso di reazione depressiva o rifiuto della diagnosi, sostegno ai fratelli del paziente che possono sentirsi posti in secondo piano, disponibilità ad accogliere i dubbi o i problemi che i genitori di volta in volta pongono.

Bisogna affrontare la Sindrome di Dravet, i pazienti e le loro famiglie, tenendo conto della specificità delle caratteristiche che si manifestano, di volta in volta. Per questo è bene che il personale sanitario, educativo e gli adulti che si occupano dei bambini siano preparati e conoscano particolarmente questa patologia.

Nei prossimi capitoli cercheremo appunto di inquadrare il quadro tipico della Sindrome di Dravet, in modo da schematizzare le specifiche difficoltà che si possono presentare. Di qui passeremo a proporre un Piano Riabilitativo che possa avere valore guida per chi si trova ad affrontare la patologia dal punto di vista Riabilitativo.

Infatti è necessario inserire la Riabilitazione all’interno della gestione della Sindrome di Dravet, in quanto studi sullo sviluppo cognitivo, condotti negli ultimi anni, hanno mostrato che c’è una certa variabilità circa il livello di compromissione finale di questi pazienti, per cui l’outcome non è sempre grave come è stato descritto nei primi studi. Nonostante rimangano significative lacune e la conoscenza della Sindrome non sia completa, è ragionevole pensare che questi miglioramenti nella Storia Naturale della patologia siano da addurre non solo ad un migliore controllo delle crisi tramite farmaci più specifici, ma soprattutto alla Riabilitazione specifica dei difetti Neuro-sensoriali, che si è visto essere alla base dei successivi disturbi che si possono presentare nei pazienti con Sindrome di Dravet.

 


  1. Commission on Classification and Terminology of the International League Against Epilepsy, 1989
  2. Berg et al., 2010
  3. Aicardi, 1994
  4. Suguma et al., 1987; Ogino et al., 1989; Kanazawa, 1992; Yakoub et al., 1992; Dravet et al., 1992a, 2005a, b
  5. Dravet et al., 2005a, b
  6. Hurst, 1990; Yakoub et al., 1992; Skluzacek et al., 2011
  7. Dravet et al., 2005a, b,; Sakauchi et al., 2011; Skluzacek et al., 2011; Donner et al., 2001; McGregor & Wheeless, 2006; Dravet et al., 2009; Akiyama et al., 2010
  8. Delogu et al., 2011
  9. Guerrini, 2012: Dravet Syndrome: The main issues
  10. Claes et al., 2001; Dravet, 2011: The core Dravet Syndrome phenotype
  11. Dravet et al., 1992a
  12. Nakayama et al., 2010
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  16. Escayg et al., 2000
  17. Singh et al., 2001; 71% negli studi di Ohki et al., 1997 e 46% negli studi di Ragona et al., 2010
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  20. Ohmori et al., 2003; Wallace et al., 2003; Fukuma et al., 2004; Oguni et al., 2005
  21. Marini et al., 2007
  22. Pereira et al., 2004; Davidsson et al., 2008
  23. Suls et al., 2010; Guerrini et al., 2010
  24. Scheffer et al., 2008; Dibbens et al., 2008
  25. Yagi et al., 2000; Krishna et al., 2011
  26. Harkin et al., 2002
  27. Patino et al., 2009
  28. Guerrini & Oguni, 2011
  29. Siegler et al., 2005; Striano et al., 2007a; Jansen et al., 2006; Dalla Bernardina et al., 1982; Dravet et al., 2005a, b
  30. Nieto-Barrera et al., 2000a
  31. Catarino et al. hanno eseguito delle osservazioni mai pubblicate, ma citate da Guerrini et al., 2011
  32. Guerrini & Falchi, 2011
  33. Suguma et al., 1987; Fujiwara et al., 1990; Ohki et al., 1997; Dravet et al., 2005a, b; Ragona et al., 2010; Nieto-Barrera et al., 2000a; Oguni et al., 2001
  34. Dulac & Arthuis, 1982; Ohki et al., 1997
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  36. Regona et al., 2010; Nieto et al., 2000; Oguni et al., 2001
  37. Quanto agli specifici incarichi cui sono chiamati i genitori, si rimanda al capitolo 5: Parent Training.
  38. Gastaut et al., 1974; Ohki et al., 1997; Regona et al., 2010
  39. Oguni et al., 2001; Fontana et al., 2004; Caraballo & Fejerman, 2006; Akiyama et al., 2010; Sakauchi et al., 2011
  40. Caraballo & Fejerman, 2006; Oguni et al., 2001; Ohki et al., 1997
  41. Ohki et al., 1997
  42. Bureau & Dalla Bernardina, 2011
  43. Dalla Bernardina et al., 1987; Oguni et al., 2001; Fontana et al., 2004; Dravet et al., 2005a, b; Bureau & Dalla Bernardina, 2011
  44. Oguni et al., 2001; Ohmori et al., 2001; Caraballo & Fejerman, 2006; Ragona et al., 2010; Ohki et al., 1997; Dravet et al., 2005a, b
  45. Dravet, 2011: The core Dravet Syndrome phenotype
  46. Chieffo et al., 2010
  47. Rodda et al., 2012; Jansen et al., 2006
  48. Giovanardi Rossi et al., 1991; Yakuob et al., 1992; Ohki et al., 1997; Fontana et al., 2004; Caraballo & Fejerman, 2006; Dravet et al., 2009; Akiyama et al., 2010; Genton et al., 2011
  49. Akiyama et al., 2010
  50. Dravet et al., 2009; Akiyama et al., 2010
  51. Giobbi et al., 2008
  52. Scheffer et al., 2012
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  55. Oguni et al., 1994; Tanabè et al., 2008; Inoue et al., 2009
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  62. Horn et al., 1986; Wakai et al., 1996b; Wang et al., 1996; Guerrini et al., 1998
  63. Saito et al., 2001; Ohtsuka et al., 2003; Dravet et al., 1980; Zaatreh et al., 2001
  64. Kossof et al., 2009; Veggiotti et al., 2001; Caraballo, 2011; Korff et al., 2007; Nabbout et al., 2011
  65. Granata, 2011

 

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