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L' Università degli Studi di Milano

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L'Università degli Studi di Milano

La costituzione dell’Università degli Studi di Milano risale al 1924: un esordio indubbiamente recente se confrontato con quello di altre plurisecolari realtà nazionali ed europee, anche se va detto che il nuovo ateneo nacque sulla scorta di istituzioni preesistenti, di notevole tradizione e indubbio prestigio.

Nel ritardare l’avvio nella città di Milano di un sistema di formazione superiore propriamente universitario giocò un ruolo di primo piano il vicino, e antichissimo, ateneo di Pavia. Almeno fino al periodo successivo all’unificazione nazionale continuò infatti a valere lo schema che assegnava alla sola Università ticinese il compito di mantenere attive le quattro facoltà tradizionali caratteristiche di un’università in senso proprio, concedendo a Milano di istituire strutture specializzate sul versante applicativo, più direttamente funzionali agli interessi industriali, agricoli, commerciali e finanziari della città. Non è un caso, a tale proposito, che anche la costituzione di altre realtà dell’articolato sistema universitario milanese, come la Bocconi, la Cattolica o il Politecnico, sia avvenuta solo negli anni successivi all’Unità.

Milano tuttavia, forte di una classe dirigente combattiva e sensibile alle istanze di modernizzazione e di progresso, non aveva certo per questo rinunciato a ogni funzione in materia di istruzione superiore e di esercizio alle professioni, dotandosi di istituzioni di alto livello, alcune delle quali destinate a confluire successivamente nel sistema universitario cittadino.

Già dal 1600, oltre alle attività di preparazione alla professione medica che si svolgevano nell’ambito della “Cà Granda”, l’ospedale voluto da Francesco Sforza a metà del Quattrocento (e che ben cinque secoli dopo avrebbe accolto la sede centrale dell’Università degli Studi), sorsero a Milano istituzioni di indiscussa qualificazione. Basti citare le Scuole Palatine, create all’inizio del Seicento e che vissero nel periodo del riformismo asburgico il loro periodo di maggior splendore, con insegnamenti di grande prestigio, tra cui quello di Paolo Frisi, Cesare Beccarla e Giuseppe Parini, o l’Osservatorio astronomico di Brera, diretto da padre La Grange, o ancora la Scuola superiore di Veterinaria, fondata nel 1791 e che negli anni trenta del Novecento avrebbe dato origine alla omonima Facoltà dell’Università degli Studi.

Antecedente diretto della Facoltà di Lettere e filosofia dell’ateneo fu l’Accademia scientifico-letteraria che, come il Regio Istituto tecnico superiore - l’attuale Politecnico - fu promossa dalla legge Casati del 1859. Principalmente finalizzata ai suoi esordi alla formazione degli insegnanti, anche se non mancarono le sollecitazioni, soprattutto ad opera di Graziadio Ascoli, per accentuarne le funzioni più propriamente scientifiche, all’Accademia venne in seguito aggregata una scuola di lingue moderne. Nel 1870 fu avviata un’altra istituzione destinata a far parte dell’Università degli Studi, la Scuola superiore di Agraria, il cui Statuto, oltre ai compiti didattici e formativi, ne sottolineava la funzione di “promuovere il progresso dell’agricoltura per mezzo di ricerche sperimentali”. Un passo fondamentale nel percorso che avrebbe portato a considerare non più prorogabile la costituzione di un’Università pubblica milanese, accentuando l’insofferenza per le persistenti prerogative di Pavia fu l’inaugurazione, avvenuta nel 1906, degli Istituti clinici di perfezionamento destinati ai giovani medici, voluti e promossi da Luigi Mangiagalli. Figura chiave nelle vicende che portarono alla fondazione dell’Università degli Studi, medico ostetrico, collocato politicamente nell’area della democrazia radicale, eletto deputato nel 1902 e in seguito sindaco del capoluogo lombardo, Mangiagalli operò strenuamente nei primi due decenni del Novecento per dotare Milano di un sistema di formazione superiore all’altezza delle funzioni di una metropoli moderna non limitandosi al terreno, a lui naturalmente più caro, della scienza medica, e andando ben oltre la sua idea di dar vita a una grande facoltà medica lombarda.

Lo sviluppo delle strutture medico-sanitarie cittadine connesso all’avvio degli Istituti clinici di perfezionamento istituiti nei nosocomi cittadini fu tale da indurre la facoltà medica pavese, nel 1922, a chiedere il trasferimento a Milano. Un’ipotesi ben presto tramontata, anche in seguito alla levata di scudi degli ambienti locali, ma che la dice lunga su quanto i tempi fossero ormai cambiati.

L’ostinata determinazione di Luigi Mangiagalli e il valore della sua iniziativa personale sono fuori discussione, ma va ricordato che egli agì potendo contare sul forte sostegno della classe dirigente milanese, ben consapevole, in quei decenni, del ruolo centrale che un sistema di istruzione d’alto livello giocava a favore dei processi di modernizzazione e sviluppo. L’entusiasmo di Mangiagalli fu supportato dal decisivo contributo degli enti locali, che l’avrebbe accompagnato fino alla fondazione dell’Università.

Si dovette in larga misura a una coalizione di forze cittadine la realizzazione del suo progetto di concentrare tutti gli istituti per l’istruzione superiore entro una zona ancora ai margini dell’area metropolitana, la futura “Città degli Studi”, la cui prima pietra venne posta nel 1915. Un’area considerata inizialmente fin troppo vasta per ospitare gli istituti ma che una volta terminati i lavori, nel 1927, si sarebbe rivelata insufficiente ad accogliere le strutture della nuova Università degli Studi, nel frattempo costituitasi.

Alla fondazione dell’Università degli Studi di Milano apre la strada la riforma Gentile del settembre 1923, che prendendo atto dell’incompatibilità tra facoltà medica pavese e Istituti clinici milanesi accorpa questi ultimi all’Accademia scientifico-letteraria entro una nuova università statale autonoma, rettore Luigi Mangiagalli. Un’università peraltro dalla ben modesta fisionomia, composta da una sola Facoltà, Lettere e filosofia, e con gli Istituti clinici cui spettava il solo compito della formazione postlaurea, che già esercitavano. Tuttavia, specificando che all’Università si potesse ulteriormente provvedere con convenzioni tra lo stato ed altri enti che avrebbero potuto determinarne la configurazione, anche in relazione ai mezzi finanziari reperiti, la legge Gentile apriva uno spiraglio per allargare le aree di competenze del nuovo ateneo, un’opportunità che Luigi Mangiagalli, nel frattempo divenuto sindaco di Milano, non mancò di cogliere.

Al suo appello perché Milano non restasse priva di un’Università degna del suo rango, le forze locali, il Comune in prima linea, risposero con uno stanziamento finanziario in grado di conferire all’ateneo una fisionomia ben diversa da quella inizialmente prospettata. Il 28 agosto 1924, presso la Prefettura, venne firmata la convenzione con cui si sancì la nascita dell’Università degli Studi di Milano, “completa” delle quattro Facoltà di Giurisprudenza, Lettere e filosofia, Medicina e chirurgia, Scienze fisiche, matematiche e naturali, così come Mangiagalli l’aveva voluta.

 

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