Il supporto del sistema di Eye Tracking nella Terapia Neuro e Psicomotoria in bambini con disabilità complessa
INDICE
CAPITOLO 1: LA TERAPIA NEURO E PSICOMOTORIA
CAPITOLO 3: UTILIZZO DELLO STRUMENTO DI EYE TRAKING ALL’INTERNO DELLA TERAPIA NEURO E PSICOMOTORIA
- 3.1 INTEGRAZIONE DELLO STRUMENTO NELLA PRATICA NEURO E PSICOMOTORIA
- 3.2 POTENZIAMENTO DI FUNZIONI CON IL SUPPORTO DELL’EYE TRACKER.
CAPITOLO 4: ANALISI DEI CASI CLINICI
ABSTRACT
INTRODUZIONE
L‘idea di questa tesi nasce durante il tirocinio del 3° anno del CdL, svolto presso la Fondazione TOG di Milano. La mia curiosità professionale si è da subito orientata ad indagare le potenzialità del sistema Eye tracking (ovvero tracciamento oculare), utilizzato dai TNPEE del suddetto Centro all’interno di alcuni trattamenti neuro e psicomotori, con bambini con disabilità complessa. Eye tracking è il processo che, utilizzando dei sensori tecnologici per misurare i movimenti oculari e la direzione dello sguardo di un individuo, consente al dispositivo (chiamato Eye tracker) di identificare esattamente dove il soggetto sta guardando (Drewes, 2010). Il dispositivo Eye tracker ad oggi viene impiegato nei campi delle neuroscienze (rapporto tra visione e processo cognitivo) e della psichiatria, così come per l'ergonomia (ad esempio stima di conducenti e piloti), la pubblicità, il marketing, il design e nell’assistenza e nella riabilitazione di soggetti disabili. Il sistema Eye tracking può essere utilizzato in particolare con soggetti che hanno limitate possibilità motorie e per cui lo sguardo può rappresentare un mezzo alternativo per accedere direttamente ad un computer. In base agli studi scientifici considerati, l’uso degli Eye tracker come tecnologia di assistenza si è rivelato un intervento importante per i bambini con disabilità complesse poiché può ridurre le restrizioni alla partecipazione e alle limitazioni nell'attività ludiche, educative e comunicative ampliando il repertorio di attività che un soggetto può svolgere (Borgestig, et al., 2017). I soggetti presi in considerazione in questo studio sono undici bambini con disabilità complessa, ovvero una condizione in cui il soggetto presenta molteplici deficit combinati a livello motorio, cognitivo, comportamentale, relazionale e comunicativo, che ostacolano le possibilità di fare esperienza nel mondo portandoli a subire, spesso passivamente, quello che succede loro attorno (Goussot, 2011).
SCOPO DELLO STUDIO
L’obiettivo della tesi è analizzare come il trattamento neuro e psicomotorio, in bambini con disabilità complessa, possa essere supportato dall’utilizzo del sistema di Eye tracking (tracciamento oculare), verificandone la fruibilità, l’accettazione da parte dei bambini all’interno del trattamento neuro e psicomotorio, e la sua complessiva utilità.
MATERIALE E METODI
Tale trattazione ha previsto una prima fase di revisione della letteratura in merito, individuando le principali evidenze scientifiche concernenti l’utilizzo di un sistema Eye tracker nella abilitazione, riabilitazione e vita quotidiana di soggetti con disabilità complessa (Borgestig, et al., 2017). Sono stati inseriti nel campione considerato 11 soggetti con disabilità complessa con un’età compresa fra i 3 e i 14 anni, quadri funzionali differenti causati per 6 soggetti da una malattia genetica mentre per 5 da una PCI, e conseguentemente differenti livelli di autonomia. Nel complesso tali soggetti presentano una compromissione importante in differenti aree dello sviluppo che li porta a necessitare un alto livello di assistenza e ad avere una importante limitazione nella partecipazione e nelle autonomie.
Gli strumenti utilizzati in questo studio sono:
- Eye tracker (Tobii Eye Tracking 5™);
- Pc con sistema Windows
- Uno schermo connesso con il dispositivo Tobii Eye Tracking 5 e con un pc
- Tablet (utilizzato dal TNPEE come pannello di controllo e per visualizzare in tempo reale dove si trova lo sguardo del bambino)
- Programma The Grid 3 specifico per la Comunicazione Aumentativa Alternativa, in grado di proporre o di costruire matrici comunicative e abilitare il dispositivo informatico stesso a funzionare come comunicatore
- Due software creati dell’équipe della Fondazione TOG: “TOP!” (una suite di videogiochi per favorire la riabilitazione e apprendimento grazie a giochi e attività interattive) e “SAY-EYE” (programma che permette ai bambini di compiere delle scelte attraverso lo sguardo).
Come strumento di valutazione si è utilizzato l’osservazione neuro e psicomotoria svolta in accordo e condivisione con i terapisti del Centro. Il programma terapeutico neuro e psicomotorio che utilizza Eye tracker si pone differenti obiettivi terapeutici diversificati e calati sul singolo soggetto, ma in generale è possibile osservare un lavoro globale che mira al supporto dello sviluppo armonico del bambino e che si pone come obiettivi trasversali il potenziamento e supporto delle competenze visive, cognitive, comunicative e relazionali-comportamentali. Tale studio ripercorre retrospettivamente il percorso riabilitativo col supporto dell’Eye tracker svolto dai bambini, partendo dal momento di inizio dei loro trattamenti (T0) e concludendosi con una valutazione effettuata nel mese di maggio 2023 (T1). Per i dati relativi al tempo T0 si fa riferimento alle osservazioni cliniche effettuate dai terapisti e dalla neuropsichiatra della struttura, mentre quelli del tempo T1 sono frutto di un’osservazione clinica diretta, dal confronto con i terapisti della struttura e dai riscontri dei colloqui clinici con genitori e/o insegnanti. Ognuno degli 11 bambini considerati ha iniziato questo intervento riabilitativo in momenti differenti, nello specifico: 4 lo hanno iniziato nel 2019, 5 nel 2021 e 2 nel 2022.
RISULTATI
I dati considerati hanno permesso di porre l’accento sull’evoluzione e i miglioramenti riscontrati nei singoli casi clinici considerati e di svolgere un’analisi sul campione nel suo complesso. Sono stati considerati in modo specifico alcuni aspetti delle funzioni visive, cognitive, comunicative e relazionali che hanno rappresentato, all’interno del percorso terapeutico, i diversi obiettivi di lavoro. I risultati ottenuti da questa indagine sono favorevoli rispetto al quesito di tesi, in particolare, andando a osservare i cambiamenti raggiunti dai soggetti considerati, si è riscontrato che i miglioramenti più significativi e coerenti sono a carico delle funzioni visive con un miglioramento di tutti i soggetti. Per quanto riguarda gli aspetti cognitivi le maggiori modificazioni sono state osservate negli aspetti attentivi e di inibizione; all’interno dell’area comunicativa si è osservato un aumento dell’intenzionalità comunicativa e nell’autonomia d’utilizzo della Comunicazione Aumentativa Alternativa. E infine, per quanto concerne gli aspetti relazionali e comportamentali si è riscontrato un aumento medio delle competenze di regolazione emotivo-comportamentale.
CONCLUSIONI
Durante questo studio si è potuto osservare come, tramite la creazione di software appositi e l’utilizzo (mirato) di altri presenti in commercio, si è potuto realizzare un percorso riabilitativo individualizzato supportato dall’utilizzo dell’Eye tracker, che mirasse all’acquisizione di nuove competenze, al sostegno di quelle emergenti o al potenziamento di quelle residue. Questo è stato possibile grazie alla grande modificabilità dei software che ne hanno permesso un utilizzo diversificato e applicato alle caratteristiche individuali. Lo strumento di Eye tracking ha dato la possibilità di utilizzare un canale alternativo al gesto, alle parole o all’agito corporeo, per prendere contatti con il mondo esterno e agire su di esso in modo attivo e consapevole. Grazie all’utilizzo di “atti visivi” i bambini sono potuti uscire, in parte, dalla condizione di isolamento, incomunicabilità, dipendenza, passività e agire in modo finalizzato a uno scopo, affermando sé stessi, aumentando la propria autodeterminazione e la spinta motivazionale interna.
INTRODUZIONE
L‘idea di questa tesi nasce dall’osservazione del lavoro che i terapisti della Fondazione TOG svolgono con alcuni bambini e dalla curiosità di indagare le potenzialità del sistema di Eye tracking da loro utilizzato, e dall’interesse di scoprire le modalità attraverso cui, questo strumento, può essere usato come supporto alla terapia neuro e psicomotoria.
Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) è il professionista sanitario dell’area della riabilitazione che svolge interventi di prevenzione, terapia e riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili. Obiettivo del suo lavoro è promuovere e favorire lo sviluppo e le competenze del bambino nella sua globalità per il raggiungimento della massima autonomia e del maggior benessere possibile. Il TNPEE adatta gli interventi sulla base delle peculiarità del singolo bambino, utilizzando strumenti, strategie e modalità varie e diversificate (Ministero della Sanità, 1997). I nuovi sistemi tecnologici, che negli ultimi anni si sono diffusi anche tra le scienze mediche, possono rappresentare nuove possibilità per l’assistenza e la terapia. In questo studio sono stati presi in considerazione undici bambini con disabilità complesse, una condizione di bisogno che interessa le componenti organiche, funzionali, cognitive e comportamentali della persona. Alcune delle patologie hanno una eziologia su base genetica (Malattie Genetiche Rare), altre invece sono causate da un danno a livello del sistema nervoso centrale durante la sua fase di sviluppo (Paralisi Celebrali Infantili). Questa condizione li porta ad avere limitazioni a livello motorio, cognitivo, comportamentale, relazionale e comunicativo. I bambini del campione, avendo limitate possibilità di fare esperienza del mondo, spesso subiscono passivamente quello che succede attorno a loro e hanno una grave compromissione della capacità di esprimere sé stessi, di relazionarsi con gli interlocutori e di agire sulla realtà che li circonda.
Eye tracking, in italiano tracciamento oculare o oculometria, è il processo attraverso cui è possibile misurare i movimenti oculari e la direzione dello sguardo, per determinare dove un soggetto guarda, cosa guarda e per quanto tempo il suo sguardo si ferma in un determinato punto dello spazio. Il tracciamento dei movimenti oculari avviene attraverso appositi dispositivi, chiamati Eye tracker, realizzati con differenti tecnologie e interfacciati ad un computer che elabora e interpreta, utilizzando specifici software, i dati rilevati. Nello specifico, all’interno di tale progetto di tesi, si è utilizzato il dispositivo Tobii Eye Tracking 5, che consente agli utenti attraverso movimenti oculari volontari e il controllo consapevole dello sguardo, di comunicare e interagire con un computer. Questo strumento permette al bambino di accedere al pc e di utilizzarlo, così che possa compiere degli atti volontari causando sullo schermo degli effetti a cui poi il terapista darà un significato. Il terapista rimane il mediatore della terapia e della relazione ed è colui che dà valore a ciò che il bambino fa e guarda.
L’utilizzo di un computer controllato con un sistema Eye tracking può promuovere l'indipendenza e l'apprendimento dei bambini con gravi disabilità fisiche, consentendo loro l'accesso a una varietà di attività nell'ambito del gioco, dell'istruzione e della comunicazione. In questo modo il bambino può fare esperienze significative che lo portano ad aumentare la motivazione ad agire, potendo così sperimentare ed esprimere sé stesso e la propria volontà. L’utilizzo di questo strumento è inserito in un contesto neuro e psicomotorio che tiene conto delle abilità e delle fatiche del bambino, ed è utilizzato come supporto e sostegno al raggiungimento degli obiettivi che il TNPEE si pone all’interno del progetto riabilitativo. Gli obiettivi sono gli stessi che vengono posti in una terapia neuro e psicomotoria tradizionale, come l’incremento delle abilità relazionali, delle abilità cognitive (ad esempio, la comprensione dei rapporti causa-effetto, capacità di compiere scelte consapevoli, aumentare le competenze attentive etc..) e delle abilità comunicative (abilità di narrazione o il supporto all’intenzionalità comunicativa).
Con questa tesi si vuole osservare e descrivere come le terapie svolte con i bambini possano essere supportate dall’utilizzo del sistema di Eye tracking. Il quale permette la creazione di attività che vanno a sostenere l’acquisizione di nuove competenze e a rafforzare l’utilizzo di quelle già possedute, potendo così fare una riabilitazione per abilitare o riabilitare specifiche funzioni tenendo conto della globalità del bambino. Questa modalità di intervento, nella quale vi è un’integrazione tra la metodologia neuro e psicomotoria e la parte tecnologica di utilizzo dello strumento, porta alla creazione di un progetto riabilitativo che vuole aumentare le possibilità del bambino di esprimersi, di compiere atti che abbiano un significato e che possano portarlo ad aumentare la sua comunicazione con l’esterno attraverso modalità sempre più funzionali.
CAPITOLO 1: LA TERAPIA NEURO E PSICOMOTORIA
Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva (TNPEE) è una figura professionale dell'area sanitaria che svolge attività di prevenzione, di abilitazione e di riabilitazione rivolte alle disabilità dell’età evolutiva (fascia di età 0 - 18 anni).
Il TNPEE, in collaborazione con l'équipe multiprofessionale composta da neuropsichiatra infantile, psicologo, professionisti della riabilitazione, pediatra e con insegnanti e operatori dell’area pedagogica, coopera alla creazione del bilancio diagnostico, clinico-funzionale e terapeutico; partecipa alle decisioni sull’inizio degli interventi, sia di protezione e prevenzione, che di terapia e riabilitazione nelle disabilità dello sviluppo. Quest’ultime definite come quelle situazioni in cui, a causa di una determinata condizione clinica, il soggetto presenta difficoltà nello sviluppo, nelle abilità, nelle attività e nella partecipazione e di conseguenza nella realizzazione del proprio progetto di crescita.
L’intervento del TNPEE si realizza all’interno del modello bio-psico-sociale della disabilità, suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo fa sì che nella presa in carico del soggetto il TNPEE consideri sia le interazioni tra funzioni e strutture corporee, sia l’attività e la partecipazione del soggetto, sia i fattori personali e ambientali.
L’intervento agito dal TNPEE ha come obiettivi generali: promuovere l’integrazione fra funzioni, sostenere le competenze emergenti, sviluppare le potenzialità presenti, accrescere il senso di efficacia e autostima, sollecitare i processi di riorganizzazione funzionale e favorire la regolazione e lo sviluppo armonico.
Secondo la teoria neuro e psicomotoria il bambino viene considerato un’entità psicofisica, il corpo e il movimento sono visti come attività fondamentali per lo sviluppo e l’apprendimento. Il corpo è inteso nella sua interezza, in tutte le sue componenti biologiche, fisiologiche e psicologiche, considerando l'individuo nella sua totalità e mettendo in risalto il legame tra corpo e mente. Il movimento è inteso come fatto psichico, nucleo centrale dell’individuo, e come modo in cui una persona percepisce il cambiamento di posizione, come percepisce il sé e l’altro. All’interno della terapia neuro e psicomotoria il movimento assume la funzione di creare, facilitare il riconoscimento e prendere coscienza della propria identità. Inoltre, il movimento ha anche la funzione di attivare la relazione, raccontare una storia[1] e i suoi possibili significati, far scoprire la realtà fisica e le emozioni. (Ambrosini & Wille, 2012)
In una terapia, così concepita, il corpo rappresenta la totalità della persona e il movimento la sua espressione esteriore, per questo la terapia deve essere pensata in una dimensione di unità e di totalità.
Il concetto di terapia in età evolutiva è connesso a quello di funzione adattiva[2], in quanto deve individuare le funzioni che, una volta acquisite, permettono all'individuo di agire efficacemente e autonomamente nell'ambiente.
Il terapista della neuro e psicomotricità utilizza il corpo come strumento privilegiato dell’intervento. Il movimento, rappresentando una potente forma di comunicazione, ha un ruolo nello sviluppo della conoscenza e delle funzioni cognitive. Inoltre, attraverso l'utilizzo del gioco, sollecita l'interazione e la motivazione favorendo la sperimentazione di azioni organizzate, funzionali e condivise.
1.2 GLI OBIETTIVI DELL’INTERVENTO NEURO E PSICOMOTORIO DELLE TERAPIE OSSERVATE
In questo capitolo verrà trattata la base teorica delle funzioni, che si sono volute supportare, incrementare o sviluppare nel corso della terapia, svolta con gli undici casi clinici presi in considerazione. Nel capitolo 3 verrà trattato l’aspetto più pratico di questo processo.
1.2.1 Aspetti relazionali e comportamentali
La prima esperienza relazionale che il bambino sperimenta fin dalla nascita, si forma nel contesto di una relazione affettiva profonda tra bambino e caregiver ed è rappresentata dall’attaccamento, che non è da intendersi semplicemente come una condizione di dipendenza biologica. Viene definito da Bowlby come quel comportamento che si manifesta in una persona che vede in un'altra una figura di riferimento, in grado di rispondere e di soddisfare le proprie esigenze nel momento del bisogno e che gli garantisce sicurezza. Questo esercita, in maniera duratura, una funzione di organizzazione dei comportamenti sociali ed emotivi. La sensibilità e la motivazione dei genitori nell'interpretare i segnali del figlio formano, insieme alla qualità delle loro risposte, la base del senso di sicurezza e di fiducia del bambino. Una relazione sicura di attaccamento con il genitore aiuta il bambino a formarsi un modello operativo interno stabile, di sé stesso e degli altri. I comportamenti di attaccamento si differenziano sempre più con l'età e dipendono dalle persone e dal contesto in cui il bambino è inserito. Se un bambino presenta una disabilità questa potrebbe creare, soprattutto nei primi anni di vita, una condizione di smarrimento o ipervigilanza nei genitori che potrebbe compromettere la creazione di un attaccamento sicuro (Vecchiato, 2007).
Il bambino nasce in un mondo sociale complesso. Grazie all’interazione e alla relazione con l’adulto, impara a comprendere le azioni, le intenzioni e i sentimenti degli altri. A partire dai 2 mesi è in grado di mantenere l'attenzione sul genitore e di prendere parte a scambi complessi, regolati reciprocamente, capacità definita come "intersoggettività primaria". Questa competenza comunicativa e sociale prosegue nel corso della prima infanzia, fase in cui il bambino apprende i comportamenti sociali dalle persone che più spesso se ne prendono cura.
Non si può accedere ad un'autentica competenza relazionale senza che diventiamo consapevoli di ciò che siamo. Per questo lo sviluppo delle competenze relazionali va di pari passo con lo sviluppo del senso di sé. Il senso di sé nasce nella primissima infanzia e si consolida attraverso un processo continuo e complesso. Tra 8 e i 10 mesi il bambino inizia a soddisfare in modo autonomo i propri desideri e ad agire sul mondo in modo più consapevole (Russo, 2002). In questo periodo, inoltre, si afferma la competenza imitativa dell’adulto. Tra i 9 e i 12 mesi compaiono i primi episodi di attenzione condivisa. La nascente consapevolezza del sé diviene via via più strutturata verso i 18-20 mesi e la relazione con l’adulto si arricchisce, il bambino rende partecipe l’adulto delle sue conquiste e inizia ad accettare le frustrazioni dovute ai divieti. A 2 anni, dal punto di vista della relazione con l’adulto, il bambino inizia a comprendere le differenti situazioni e contesti ed è in grado di modificare le proprie modalità comportamentali e relazionali in base ad esse. A questa età esprime la sua onnipotenza ed egocentrismo affermando il proprio volere e cercando di raggiungere i propri obiettivi aumentando così la richiesta di indipendenza. A 3-4 anni, la comprensione che i bambini hanno di sé stessi si basa su caratteristiche concrete e osservabili; nella relazione con l’adulto il bambino tenderà a ricercarlo e a coinvolgerlo nei suoi giochi e conquiste. A questa età inizia il processo di socializzazione che porterà il bambino a relazionarsi anche con i coetanei. Crescendo poi impara ad accettare le limitazioni imposte dall’adulto e i compromessi con i coetanei, nasce così il primo nucleo della socializzazione (Russo, 2002).
Nel percorso di crescita il desiderio spinge il bambino ad agire (emozionalità di primo livello) questo permette il passaggio all'azione (emozionalità di secondo livello) ed alla realizzazione del desiderio (emozionalità di terzo livello), dando fiducia del sé, intesa come potenzialità ad essere autonomo. Queste emozionalità sono interdipendenti e contemporaneamente si autorinforzano, fornendo la spinta ad agire e sostenendo la ricerca di nuove esperienze e conoscenze, e supportando così lo sviluppo evolutivo. Fare nuove esperienze permette al bambino di provare nuove sensazioni ed emozioni che nascono dal confronto tra i suoi desideri e le condizioni dell’ambiente, ma non sempre il bambino ha la possibilità di cimentarsi in nuove conquiste. Ad esempio, nel caso della presenza di una patologia, il bambino dovrebbe compiere uno sforzo evolutivo eccessivo, per cui potrebbe effettuare una momentanea rinuncia riportandolo a una ricerca di dipendenza e di regressione, e a rifugiarsi in esperienze note, innestando così una diminuzione attentiva verso l'ambiente, una tendenza alla chiusura e una diminuita disponibilità motoria e cognitiva (Russo, 2002).
1.2.2 Funzioni visive
La vista permette di comprendere la realtà e di relazionarsi con le persone, grazie allo sguardo e alla possibilità di imitare l’altro. I cinque sensi sono canali d'informazione fondamentali affinché il bambino prenda contatto con gli altri e il mondo circostante e possa compiere le sue prime esperienze con l'ambiente. Ogni senso, ha la propria specifica funzione nel fornire indizi per lo sviluppo percettivo, socio-relazionale, motorio e cognitivo. La vista, in particolare, è in grado di fornire una serie di caratteristiche quali il colore, la forma, la dimensione e la posizione, importanti per la conoscenza, e di avere una funzione anticipatoria nel guidare l'azione. Tuttavia, è l’integrazione multisensoriale ad essere indispensabile affinché il bambino possa comprendere il significato del mondo, soprattutto nel caso in cui un senso sia assente o malfunzionante. È attraverso l’elaborazione integrata delle diverse sensorialità che è possibile, per il bambino, elaborare le informazioni sensoriali per essere comprese, integrate e immagazzinate (Signorini & Luparia, 2016).
Il bambino è motivato al movimento anche da ciò che percepisce nell’ambiente in cui è inserito, queste informazioni sensoriali vengono poi integrate, interpretate ed elaborate grazie all'esperienza. La percezione guida l'azione ma, è vero anche il contrario: la possibilità di agire sull'ambiente consente al bambino di fare nuove esperienze percettive e fornisce nuove opportunità di interagire con gli oggetti del mondo circostante.
Il sistema visivo, secondo le dottoresse Signorini e Luparia (2016) ha tre funzioni: vedere, guardare, comprendere. Queste permettono il funzionamento corretto e integrato di ogni singola parte del sistema visivo. “Vedere" e "guardare" sono due aspetti della funzione visiva e si influenzano tra loro così come "sentire" e '"ascoltare” per la funzione uditiva e "toccare" e "manipolare" per quella tattile. Tutte queste reciprocità, insieme, contribuiscono a far sì che il soggetto sia in grado di comprendere "chi", "cosa", "dove" sono le persone e gli oggetti e in quale modo interagire con essi. Tale esperienza sensoriale promuoverà la conoscenza, lo sviluppo affettivo-emozionale e motorio, il linguaggio e la memoria. Contribuendo, inoltre, all’arricchimento e a dare significato all'esperienza sensoriale stessa (Signorini & Luparia, 2016).
VEDERE
Vedere è la funzione dell'occhio che raccoglie l'informazione visiva: la retina è la struttura dell'occhio sensibile alla luce. I neuroni della retina si dispongono in tre strati e lo strato interno è quello composto dai fotorecettori (coni e bastoncelli). La densità dei bastoncelli è maggiore nella periferia retinica, mentre i coni presentano una elevatissima densità nella fovea[3]. Questi fotorecettori trasformano l’impulso luminoso in impulso elettrico per essere trasportato attraverso il nervo ottico (formato dagli assoni delle cellule gangliari dello strato esterno). Il nervo ottico origina dalla confluenza delle fibre ottiche provenienti dalla retina. I due nervi ottici, uno per ogni occhio, si incrociano (decussano) parzialmente a livello del chiasma ottico; circa metà delle fibre di un nervo procede verso il corpo genicolato omolaterale, mentre l'altra metà decussa per raggiungere il corpo genicolato del lato opposto. Precisamente, le informazioni visive provenienti dalle metà di sinistra di entrambe le retine arrivano al corpo genicolato laterale di sinistra, e le informazioni provenienti dalle metà di destra, al corpo genicolato laterale di destra. I corpi genicolati laterali del talamo sono centri intercalati sulle vie visive, connessi sia con centri del tronco encefalico (per funzioni riflesse) sia con la corteccia cerebrale (per la percezione visiva) (Martini et al 2019). Da qui il percorso dell’informazione visiva continua, da entrambi i lati, con la radiazione ottica che termina a livello della corteccia occipitale, dove si trovano le cellule nervose che, dopo averla ricevuta, iniziano la sua prima elaborazione. Questa componente del sistema visivo è nota con il nome di via visiva primaria o via retino-occipitale (Figura 1).
Figura 1 percorso dell’informazione visiva
Quando parliamo del “vedere”, ci riferiamo a funzioni visive quali: campo visivo, sensibilità al contrasto e acuità visiva, quest'ultima ci dice quanto il soggetto vede.
GUARDARE
Guardare è funzione del sistema oculomotore (costituito dai muscoli che fanno muovere l'occhio, dai nervi cranici e dai centri nervosi che li comandano); questo sistema consente di spostare lo sguardo per esplorare visivamente, e di fermarlo sugli indizi utili a dare significato a ciò che si vede (Signorini & Luparia, 2016).
I movimenti oculari sono determinati da un sistema neuroanatomico complesso che garantisce e mantiene una perfetta visione binoculare: il sistema oculomotore. Questo è strettamente connesso con il sistema visivo e con quello cognitivo, e tale integrazione permette di individuare gli oggetti e localizzarli nello spazio, identificare i movimenti e percepire le profondità. Il sistema oculomotore controllando i movimenti degli occhi all'interno delle orbite assolve ad un duplice scopo: mantenere sulla fovea l'immagine costante di oggetti in movimento e dirigere la fovea sui diversi particolari dell'ambiente per costruire un’immagine completa della realtà. Guardare si riferisce a funzioni definite come competenze oculomotorie, quali:
- fissazione visiva, permette di mantenere l'occhio in una posizione stabile.
- inseguimento visivo, seguire con lo sguardo un target che si muove lentamente sul piano orizzontale, verticale e circolare, ciò provoca il movimento degli occhi nello spazio, per mantenere la fovea su un bersaglio visivo, e permette di muovere entrambi gli occhi alla stessa velocità.
- saccadici, movimenti oculari rapidi che consentono di spostare la fissazione da un punto all'altro dello spazio; in quanto portano velocemente la fovea sull'oggetto di interesse. Si tratta di movimenti programmati, stereotipati e che possono rispondere a stimoli tattili, causati volontariamente o anche a ricordi inconsci della posizione di un determinato oggetto nello spazio. Il controllo di questa attività avviene a livello corticale, precisamente nel collicolo superiore (dove vengono integrate le informazioni visive provenienti dalle vie ottiche), e nel cervelletto.
COMPRENDERE
Comprendere è funzione della complessa rete neuronale che collega la corteccia occipitale con altre aree visive. Dalla corteccia visiva primaria partono due vie di propagazione dell’impulso visivo attraverso il cervello: la via ventrale e la via dorsale.
La prima, detta anche “via del cosa”, è deputata al riconoscimento degli oggetti e delle forme e all’immagazzinamento nella memoria a lungo termine; questa via termina nel lobo temporale inferiore, connesso con numerose aree coinvolte nei processi di esplorazione visiva, di memorizzazione ed emozionali.
La via dorsale, detta anche “via del dove”, termina nella corteccia parietale posteriore; è associata al movimento, e alla rappresentazione degli oggetti nello spazio e al controllo oculo-manuale. Le aree parietali della via visiva dorsale sono collegate con le aree premotorie, prefrontali e orbito-frontali coinvolte nella programmazione del movimento e delle azioni (Fabbo, 2019). Queste due vie completano l'iniziale processo di elaborazione dell'informazione visiva, avviato dalla corteccia occipitale, per permettere di "comprendere": chi è la persona, cos'è l'oggetto che abbiamo visto, dove si trova, a quale distanza, a quale altezza, in che relazione spaziale è tra noi, tra gli altri e le altre cose, e come fare a compiere un'azione monitorandola visivamente.
SVILUPPO DELLA FUNZIONE VISIVA
La vista ha un forte impatto sullo sviluppo globale del bambino, fin dalla nascita il bambino è in grado di vedere, ma il sistema è immaturo sia anatomicamente che funzionalmente (Fabbo, 2019). Il riflesso di fissazione, ovvero la capacità di mantenere lo stimolo visivo sulla fovea è presente fin da pochi giorni dopo la nascita ma è incostante. Alla nascita il fuoco è fisso a circa 20 centimetri; l'acuità visiva è molto bassa (1-2 decimi). I movimenti oculari sono spesso caotici e non coordinati fra loro. Nel primo mese di vita compaiono i movimenti saccadici e, all’inizio della terza settimana, il bambino inizia ad avere un primo rapporto con l'ambiente: lo sguardo viene attratto da ciò che capita nel campo visivo e il focus di maggiore interesse è il volto materno, creando così il primo contatto con il mondo esterno e la prima interazione del bambino (Russo, 2002). Nel corso del secondo mese, il raggiungimento del controllo del capo, anche se impreciso ed incostante, crea i presupposti per l'acquisizione dell'inseguimento visivo. Tale attività necessita una coordinazione dinamica tra la rotazione del capo e i movimenti dei globi oculari, per mantenerli in asse con il capo e l'immagine nella fovea. In queste fasi iniziali, il coordinamento è impreciso ed incostante e i movimenti saccadici (o saccadi) sono grandi e irregolari. Durante il terzo mese la vista evidenzia una notevole maturazione con un netto miglioramento della coordinazione dei movimenti del capo e dei bulbi oculari, lo sviluppo dei meccanismi di convergenza e divergenza, il miglioramento dell'inseguimento visivo, della messa a fuoco degli oggetti e delle persone in movimento. Tutte queste competenze continuano la loro maturazione nei mesi successivi e alla fine del sesto mese il bambino raggiunge la visione stereoscopica e i 10 decimi di acuità visiva (Russo, 2002). Il miglioramento delle competenze visive permette un utilizzo finalizzato della mano verso l'oggetto. La vista svolge un fondamentale compito nel guidare e controllare l'arto superiore sia nella fase di raggiungimento (reaching), che dipende dalle caratteristiche spaziali degli oggetti (posizione, distanza, profondità, orientamento), sia in quella di afferramento (grasping), correlata invece alle loro proprietà fisiche (forma, dimensione, peso, ecc.), nonché nel rilasciamento e nella manipolazione (Signorini & Luparia, 2016).
Dopo il primo anno di vita, l'esplorazione visiva si arricchisce di nuove capacità: il bambino è in grado di fissare più a lungo e a distanze maggiori, ciò gli consente di raccogliere dettagli più precisi degli oggetti e scoprirne di nuovi. Lo sviluppo delle competenze motorie, cognitive, attentive e relazionali lo portano ad aumentare l’esplorazione degli oggetti e degli ambienti e quindi a scoprire nuove forme, colori, consistenze aumentando così le sue conoscenze. Una volta che comprende come sono fatti gli oggetti e dove si trovano, la sua vista controlla meglio il gesto motorio necessario per compiere l’azione; l'esperienza motoria, a sua volta, affina ulteriormente il movimento e consolida le informazioni che la vista aveva già fornito. La vista è fondamentale durante la deambulazione e l’attività motoria globale, oltre che per quella fine, in quanto fornisce informazioni dettagliate sulle caratteristiche fisiche e spaziali degli oggetti e delle persone consentendo di costruire una "mappa mentale". Il canale visivo permette di definire una meta, riconoscere in anticipo eventuali pericoli lungo il percorso ed essere rassicurati di fronte a una nuova sfida. La vista contribuisce anche a costruire un bagaglio di esperienze motorie del bambino creatosi dall’imitazione dei movimenti degli altri. Ogni movimento che il bambino compie o che vede compiere, gli consente di codificare dentro di sé un "programma motorio" che verrà ripetuto ogni volta che deve eseguire quello specifico movimento, migliorandolo con la ripetizione. Il movimento ha anche una dimensione affettiva, relazionale, guidato dai sensi che favoriscono l'esplorazione sociale e dell'ambiente (Signorini & Luparia, 2016).
1.2.3 Funzioni comunicative
La comunicazione (che da un punto di vista etimologico significa "mettere in comune”) è una condizione essenziale per lo sviluppo, la crescita e il benessere psicologico delle persone. La comunicazione ha l’intento di stabilire un rapporto con l’altro e perciò implica l’esistenza e la volontà di un legame. È sempre opaca ed ambigua, poiché tra gli interlocutori possono, in qualsiasi momento, emergere difficoltà ed incomprensioni; in quanto non coincide solo con la semplice informazione “cosa viene detto”, ma si lega al "come" questo qualcosa viene trasmesso. La comunicazione ha differenti funzioni, in quanto un soggetto può comunicare per esprimere un bisogno (il bambino che piange perché ha fame), per trasmettere conoscenze, per convincere l’altro a compiere un’azione (un bambino che porta un libro alla mamma per farselo leggere), per esprimere un’emozione o uno stato d’animo o per stabilire un contatto sociale (il bambino che indica un gioco e poi guarda la mamma). Tali comunicazioni possono essere espresse sia in modo consapevole che inconsapevole (Nanetti, 2017). La comunicazione si compone di due modalità: la comunicazione non verbale e il linguaggio verbale.
La comunicazione non verbale (CNV) costituisce quella parte della comunicazione interpersonale che possiede un ruolo significativo negli scambi emozionali e nella definizione del sé. Questo tipo di comunicazione agita dal corpo, espressa tramite un output motorio, è connessa al pensiero ma, generalmente, passa attraverso un processo implicito; in assenza di un processo di metacognizione[4]. Può essere intenzionale o derivare da uno stato emotivo interno (Gava, 2013). La CNV ha una funzione centrale nella prima infanzia; infatti, secondo diversi studiosi i primi e più significativi schemi di conoscenza del sé e di conoscenza del mondo dipendono dalla qualità delle prime esperienze di comunicazione tonico-mimico-gestuale con la madre. Una volta che il linguaggio si sviluppa, la CNV assume il ruolo cruciale nell’esprimere in modo immediato stati d’animo ed emozioni e nell’influenzare il tipo di relazione che si stabilisce con l’altro (Nanetti, 2017).
“Il linguaggio è una funzione specifica umana che viene acquisita dal bambino per una predisposizione innata, che si evolve o si modularizza nell’interazione con l’ambiente senza la partecipazione consapevole del soggetto, raggiungendo una struttura complessa su vari livelli di rappresentazione che includono la sintassi, la semantica, la fonologia e la fonetica[5]” (Gava, 2013).
Il linguaggio verbale è la parte della comunicazione più organizzata e intenzionale; risultato di un’elaborazione implicita che permette al soggetto di organizzare e controllare l’informazione che in seguito verrà trasmessa come output. Il linguaggio verbale rappresenta il collegamento fra i pensieri e il mondo esterno: un codice che permette il trasferimento di informazioni del mondo esterno, percepite grazie agli organi di senso, e la loro trasformazione in una stringa sonora o grafica. Questo processo linguistico si sviluppa a partire dall’organizzazione degli stimoli sensoriali che, in seguito, si traducono in rappresentazioni mentali connesse con caratteristiche esperienziali e fortemente legate ad aspetti emotivi e relazionali (il volto della mamma che parla con il suo bambino). Da questo si deduce che l’elemento costitutivo del linguaggio è la conoscenza del mondo e la sua organizzazione cognitiva (Gava, 2013). Una funzione fondamentale del linguaggio è quella di fungere da strumento di pensiero (linguaggio interiore), sono i pensieri che guidano le azioni e influenzano le emozioni; quindi, in un certo senso noi viviamo in base al modo in cui pensiamo e pensiamo nel modo in cui comunichiamo. Ragion per cui, strettissima è la connessione tra come percepiamo, come pensiamo, come agiamo e come comunichiamo (Nanetti, 2017). La comunicazione e il linguaggio sono un punto di arrivo importante nello sviluppo del bambino, ma ne sono contemporaneamente anche la base e uno degli strumenti che veicola la costruzione di un’identità condivisa, delle relazioni e di tutto il percorso di apprendimento successivo, attraverso narrazioni e il pensiero logico, che è profondamente radicato nell’uso del linguaggio (Costantino, 2011). La comunicazione è presente già dalle prime fasi della vita; il neonato possiede una serie di competenze innate che ne favoriscono lo sviluppo e che necessitano di essere supportate durante tutta la crescita. Lo sviluppo del linguaggio nel neonato avviene nella ripetizione di interazioni con il caregiver (routine), queste predispongono un terreno comune[6], noto e condiviso, che facilita per il bambino il seguire lo sguardo dell'adulto, l’individuare cosa indica, l’imitarne il comportamento fino a creare una serie di momenti in cui, adulto e bambino comunicano intenzionalmente in un gioco di turni. In questi comportamenti di attenzione condivisa[7] il bambino inizia a capire che i suoni emessi dagli adulti sono prodotti per attrarre la sua attenzione e che le sue azioni causano degli effetti sugli altri; questo gli consente di imparare ad attribuire un significato ai gesti e alle espressioni della madre ed imparare a produrre dei segnali sempre più stabili e condivisi. Il caregiver, istintivamente, rispondendo con sorrisi e con la ripetizione dei vocalizzi, carica di emozionalità e supporta lo scambio imitativo (Costantino, 2011). In ogni situazione comunicativa il bambino cerca di comprendere qual è il significato di ciò che l'adulto gli sta comunicando; questo processo è sostenuto dalla condivisione di una base comune di conoscenze e intenzioni; il bambino, così, impara ruoli e significati delle «parole», nel senso che impara non solo ciò a cui si riferiscono, ma soprattutto il ruolo funzionale che svolgono all'interno del discorso. Già a quattro mesi sono capaci di condividere l'attenzione e gli affetti anche all'interno delle interazioni a tre (mamma, papà, bambino) mostrando di possedere la triangolazione[8] (Costantino, 2011). Più il bambino crescendo agisce sul mondo, più attribuisce il nome agli oggetti, e le parole iniziano ad avere la funzione di orientamento alla realtà creando dei legami tra le sue conoscenze (pappa collegato al biberon). Inizia poi a pronunciare dei suoni (parole) per dare significato a ciò che lo circonda (oggetti, persone, animali). In questa fase i significati sono legati al fenomeno da cui derivano, non hanno un livello di astrazione tale da trasformarsi in simboli con una struttura organizzativa, tipica del linguaggio. (Gava, 2013).
Verso l’anno il linguaggio subisce un’importante spinta evolutiva ed inizia a strutturarsi come funzione comunicativa codificata (inizio del periodo linguistico). Il bambino impara ad imitare i simboli del linguaggio (segni). A due anni il bambino dimostra di comprendere bene un linguaggio composto da frasi semplici, usa il linguaggio codificato per soddisfare i propri desideri e per la socializzazione (Russo, 2002).
Tra i 2 e i 6 anni; tramite il linguaggio il bambino comunica, svolge processi mentali ed evoca situazioni passate, le rielabora e programma azioni future. Le parole sono la base per la formazione di un linguaggio interiore. Verso i tre anni il bambino frequentemente accompagna l'azione col linguaggio, permettendone l'interiorizzazione e creando così un’immagine mentale. Questa consente l'elaborazione delle esperienze passate, favorendo la scelta di modalità comportamentali e la socializzazione. Il linguaggio nasce da un codice sociale e viene assimilato per imitazione diventando strumento di pensiero (Russo, 2002).
1.2.4 Funzioni cognitive
Le funzioni cognitive raggruppano una serie di abilità del bambino che gli permettono di acquisire le conoscenze nel corso del suo sviluppo. Comprendono il modo in cui le informazioni vengono assimilate, immagazzinate e organizzate nella memoria e come vengono recuperate e utilizzate al fine di comprendere il mondo. Queste sono interconnesse con le abilità motorie, relazionali e linguistiche e si influenzano vicendevolmente.
“Si può definire l'intelligenza come la capacità di capire idee complesse, imparare dall'esperienza, adottare varie forme di ragionamento, adattarsi con efficacia all'ambiente e superare i problemi utilizzando il giudizio e il ragionamento. Per il DSM V[9] le funzioni intellettive sono in relazione con la risoluzione di problemi, il pensiero astratto, la pianificazione, la capacità di apprendimento astratto, l'apprendimento scolastico e l'apprendimento dall'esperienza”[10]. (Fabbo, 2019)
L'intelligenza è un’entità determinata da una molteplicità di fattori, genetici e biologici, e con molte sfaccettature. Ogni individuo possiede un corredo genetico che influenza il suo sviluppo intellettivo, e l'ambiente affettivo e relazionale in cui cresce, a loro volta, influenzano lo sviluppo delle capacità intellettive. Infine, gli aspetti educativi rivestono un ruolo rilevante. Un concetto fondamentale è dunque l'idea che l'intelligenza dipenda dallo sviluppo e continua a modificarsi durante tutte le successive età della vita. Per questo si parla di sviluppo cognitivo per riferirsi ai primi anni di vita fino all'età adulta. Lo sviluppo cognitivo rappresenta quel processo grazie al quale un soggetto acquisisce le capacità cognitive che gli permettono di comprendere il mondo che lo circonda. Tale sviluppo avviene attraverso l'interazione con l'ambiente e con gli altri individui. Una delle più rilevanti teorie sullo sviluppo della funzione cognitiva del bambino è stata studiata da Jean Piaget, il quale ne individua diverse fasi:
- Fase sensomotoria (0-2 anni): in questa fase il bambino conosce il mondo esterno attraverso due processi fondamentali: l’assimilazione, grazie alla quale immagazzina le informazioni, e l’accomodamento, quando il bambino adatta i propri schemi ai nuovi dati dell’esperienza. Dal quarto all’ottavo mese di vita, si osservano comportamenti che Piaget definisce “reazioni circolari secondarie”, dove il bambino tende a riprodurre un movimento non appena ne ottiene il risultato (reazione); e dove l’azione è centrata su un risultato prodotto nell’ambiente. In questa fase il bambino inizia a combinare volontariamente gli schemi coordinando quelli motori già noti. Nelle reazioni circolari terziarie (12-18 mesi) il bambino sperimenta e ricerca attività nuove, agendo volontariamente, variando gli schemi e scoprendone di nuovi, procedendo per tentativi ed errori. Piaget ha definito il periodo che va dai 15 ai 24 mesi, come periodo dell’intelligenza rappresentativa, cioè un periodo in cui il bambino è in grado di scegliere e adattare i comportamenti sulla base di possibilità rappresentative a livello psichico. Quindi, il bambino è in grado di immaginare o pensare qualcosa che non è presente e non può vedere, sentire o toccare (Russo, 2002).
- Fase preoperatoria (2-7 anni): in questa fase dello sviluppo le rappresentazioni mentali sono ancora molto legate alle azioni concrete e sono caratterizzate dall’irreversibilità. Le principali manifestazioni dello stadio preoperatorio sono l’imitazione differita, il gioco simbolico e la presenza del linguaggio, queste sono anche le principali espressioni dell’attività rappresentativa:
- Il linguaggio, attraverso cui il bambino può riferirsi a realtà assenti, ma che si rappresenta mentalmente (oggetti, persone, situazioni, desideri).
- L’imitazione differita, in cui lo schema motorio del gesto viene rappresentato mentalmente e riprodotto a distanza di tempo senza la presenza del modello, tramite l’evocazione del significante[11] (gesto motorio) che possiede in sé il significato[12] di tale gesto.
- L’attività simbolica, che è la possibilità di evocare un oggetto non presente, un’esperienza o uno schema mentale non in atto; ciò è possibile in quanto un oggetto acquisisce un significato per mezzo di significanti. La funzione simbolica permette di rappresentare la realtà con l’uso di simboli che sono dei significanti e che vengono riconosciuti in modo diverso rispetto alla realtà significata. I simboli possono essere oggetti o azioni diversi dal reale, ma usati con lo stesso significato. Nel gioco simbolico, come il giocare a “far finta di”, gli oggetti o le azioni vengono utilizzate in modo diverso da quello che sono realmente (Russo, 2002).
- Fase delle operazioni concrete (7-11 anni): in questa fase il bambino acquisisce la capacità di comprendere il concetto di conservazione della materia e di utilizzare le operazioni logiche per risolvere problemi matematici e scientifici. Verso i 7 anni, il bambino diventa in grado di coordinare e raggruppare tra loro le diverse rappresentazioni mentali. Si sviluppano strutture mentali caratterizzate da reversibilità. Le operazioni sono inizialmente concrete, in quanto legate ancora in parte ad elementi empirici.
- Fase delle operazioni formali (11-16 anni): dai 12 anni circa le rappresentazioni mentali diventano formali; il pensiero è ora ipotetico-deduttivo, non ha più bisogno di un supporto materiale e opera su un piano puramente astratto. In questa fase si sviluppa anche la capacità di comprendere la logica e la filosofia.
Al fine di questa tesi è importante soffermarsi su alcuni aspetti che rientrano nell’ambito delle funzioni cognitive, in particolare la funzione attentiva.
Funzione Attentiva
L'attenzione è la funzione essenziale per l'esecuzione di tutte le attività, mette in evidenza alcune informazioni escludendo quelle inutili o che possono interferire con il processo di elaborazione in atto. Le basi iniziali per l'impostazione funzionale dei processi attentivi sembrano essere rappresentate da due centri. Il “locus ceruleus” questo sistema viene attivato da stimoli nuovi e incrementa l'attività cerebrale per una più efficiente elaborazione delle informazioni e della successiva risposta. Il secondo centro è il “claustro” che viene ritenuto importante per i processi d'attenzione visiva in collaborazione con il “pulvinar” e il “collicolo superiore”. Il locus ceruleus e il claustro, forniscono le basi di attivazione di un sistema attentivo posteriore, che ha la funzione di fare un’analisi selettiva degli stimoli, e di un sistema attentivo anteriore la cui funzione è di valutare gli stimoli in rapporto alle esperienze e di effettuare una adeguata scelta comportamentale (Russo, 2002). I processi attentivi partono da un’organizzazione precoce comune ed evolvono nel corso dello sviluppo; infatti, già nel neonato sono presenti delle risposte agli stimoli ambientali, a partire da queste, e grazie allo sviluppo di processi neuro maturativi ed esperienziali, si organizzano funzioni attentive sempre più elaborate. Lo sviluppo delle competenze oculomotorie e visive ha un importante impatto sulle competenze attentive del bambino. Nei primi mesi di vita è inoltre presente una barriera difensiva, per permettere al lattante l'elaborazione graduale e non rischiare di essere oberato da una quantità e intensità eccessiva di stimoli. Nel primo mese il campo d’attenzione è limitato. Questa limitazione spaziale condiziona il neonato a centrarsi sulla figura umana (in particolare il viso della madre). Durante lo sviluppo dei processi attentivi è fondamentale la capacità del bambino di distogliere il focus attentivo da uno stimolo (per esempio il viso della madre) per prestare attenzione ad un altro, questo è possibile grazie ai movimenti saccadici (Russo, 2002).
Possono essere identificati e definiti, secondo il professor Ambrosini (2012) differenti tipi di attenzione:
- attenzione selettiva, rappresenta l'abilità di fare attenzione a particolari aspetti di uno stimolo e ignorare o escludere quelli irrilevanti. È quella abilità che consente di contrastare la distrazione e concentrare l'attenzione su una fonte anche in presenza di distrattori;
- attenzione sostenuta, si intende un’attenzione protratta nel tempo;
- attenzione divisa, concerne la capacità di prestare attenzione a più compiti contemporaneamente;
- attenzione spaziale, si riferisce allo spazio;
- attenzione condivisa, è la capacità del bambino di coordinare l'attenzione con un adulto, per un tempo significativo, su un oggetto di interesse reciproco; è un comportamento osservabile a partire dai nove mesi, caratterizzato dal tentativo del bambino di attirare l'attenzione dell'altro (in genere caregiver) su un oggetto o una situazione, per condividere un interesse comune. Questa competenza è trasversale nello sviluppo e supporta le acquisizioni di competenze di campo cognitivo, relazionale e comunicativo. A cinque mesi inizia ad interessarsi agli eventi e a oggetti esterni, mentre verso i nove mesi il bambino inizia a includere, nelle sue interazioni con l’ambiente, un'altra persona creando così le prime interazioni triadiche (bambino-oggetto-adulto). A un anno è in grado di utilizzare il pointing per condividere un interesse per un oggetto anche distante e successivamente questa capacità permette di creare dei legami tra il linguaggio udito (input uditivo) e gli oggetti, gli eventi e i concetti che esso rappresenta, permettendo così lo sviluppo delle capacità di associazione (Sheridan, 2008).
L'intelligenza è correlata con una vasta serie di processi cognitivi quali le funzioni esecutive, l'integrazione sensoriale, l'immaginazione, la memoria, la consapevolezza e le funzioni linguistiche. Dunque, le disabilità intellettive portano a una diminuzione delle capacità di rappresentazione, formulazione d'ipotesi e deduzioni, con un abbassamento dell'autonomia e dell'originalità e con conseguente aumento delle condotte imitative e stereotipate.
CAPITOLO 2: EYE TRACKING
Eye tracking, in italiano tracciamento oculare o oculometria, è il processo attraverso cui è possibile misurare i movimenti oculari e la direzione dello sguardo (Drewes, 2010). La maggior parte della conoscenza del mondo esterno viene raccolta usando il sistema visivo; la vista è il più importante dei nostri sensi. Il punto in cui fissiamo gli occhi (sguardo) e il modo in cui li muoviamo è associato a dove prestiamo l’attenzione. Eye tracking utilizza dei sensori tecnologici per seguire lo sguardo e il movimento degli occhi di un individuo, consentendo al dispositivo (Eye tracker) di identificare esattamente dove il soggetto sta guardando, il tempo e il percorso seguito dai suoi occhi, determinando quindi il suo interesse e l’attenzione rispetto a ciò che gli sta attorno (Punde, et al., 2017). I movimenti oculari sono fondamentali per il funzionamento del sistema visivo, e sono connessi anche ad un mosaico di campi diversi, per questo gli studi e le applicazioni che utilizzano i sistemi di Eye tracking vengono utilizzati per differenti scopi. Attraverso la stretta relazione tra i movimenti oculari e i meccanismi attenzionali, Eye tracking fornisce informazioni sui processi cognitivi, come la memoria, sul processo decisionale e anche sulla comprensione del linguaggio. Eye tracking inoltre è di grande interesse e utilizzo per lo studio nei campi delle neuroscienze e della psichiatria, così come per l'ergonomia, la pubblicità, il marketing e il design. Il tracciamento oculare continuo può rivelare il comportamento, i bisogni, gli stati emotivi, i desideri, i processi cognitivi di una persona (Richardson & Spivey, 2008). Alcuni Eye trackers sono sistemi di natura passiva (sistemi occulti), monitorano solo i movimenti degli occhi, altri invece permettono interazioni attive (sistemi manifesti). I movimenti oculari possono essere, in una certa misura, controllati volontariamente e tracciati dalla tecnologia moderna con grande velocità e precisione; questo permette di utilizzarli come metodo per inviare input (creando interazioni attive) ad un computer o ad un altro dispositivo elettronico, migliorando così l’interazione uomo-computer e consentendo, ad esempio, il controllo del cursore del mouse, la digitazione di testi o l’utilizzo di tabelle di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) e altri utilizzi nel campo dell’assistenza, della riabilitazione o nella vita quotidiana.
2.1 CHE COS’È L’EYE TRACKING?
L'Eye tracking è la misurazione del movimento e dell’attività degli occhi mentre il “gaze tracking” è l'analisi dei dati di Eye tracking rispetto alla testa e alla scena visiva. Il “gaze” dall’inglese “sguardo” rappresenta un punto di riferimento calcolato dall’Eye tracker, le ricerche in questo campo usano spesso i termini Eye-tracking, gaze-tracking o Eye-gaze tracking in modo intercambiabile (Chennamma & Yuan, 2013). Ai fini di questa trattazione si utilizzerà il termine Eye tracking per indicare il tracciamento dei movimenti oculari e dello sguardo secondo la definizione data da Drewes (2010). I parametri principali utilizzati nel tracciamento oculare sono le fissazioni e punti di sguardo (gaze point), rappresentano le unità di base per misurare i movimenti oculari, cioè l’unità minima di dato estraibile con un Eye tracker (i singoli punti che l’utente sta guardando). In base alle diverse frequenze di aggiornamento, possiamo avere un dato numero di gaze point al secondo. Un Eye tracker a 60Hz elaborerà 60 gaze point al secondo, uno a 120Hz ne elaborerà 120 e così via. Per il sistema di Eye tracking sono tre gli aspetti fondamentali da considerare: posizione, durata e movimento dello sguardo. La posizione dello sguardo di un utente in uno specifico momento rappresenta una fissazione e fornisce la principale unità di analisi comprendere l'attenzione visiva. Le fissazioni sono una pausa del movimento oculare su un'area specifica del campo visivo corrispondono a gruppi di gaze point che si presentano consecutivamente per un periodo delimitato di tempo in genere durano tra 100 e 600 millisecondi: possono essere mappate su specifiche X e Y coordinate di una griglia, individuando così dove l'utente ha guardato. Le fissazioni hanno luogo nella nostra visione foveale, che rappresenta quasi la metà delle informazioni visive inviate al nostro cervello. questa parte della nostra visione è molto dettagliata e fornisce completa chiarezza su ciò che stiamo osservando, difatti è qui che si focalizza generalmente la nostra attenzione. I dispositivi di Eye tracking sono in grado di tracciare e registrare solo questo tipo di visione e non la visione periferica e parafoveale, dove gli stimoli sono a bassa risoluzione e danno solo un senso del colore, della forma e del movimento generali di un oggetto (Bergstrom & Schall, 2014). La durata è il periodo di tempo durante il quale un utente fissa una particolare area sullo schermo e ci aiuta a capire se sta prestando particolare attenzione a uno specifico elemento visivo. Il movimento degli occhi di un utente si basa sulle saccadi da una fissazione all'altra e stabilisce lo schema dello sguardo, che riflette il modo in cui l'utente interpreta un particolare stimolo visivo e fornisce la base per comprendere la gerarchia visiva di una scena, riferendosi alla sequenza in cui un utente visualizza gli elementi visivi (Bergstrom & Schall, 2014). Al fine di introdurre al meglio il concetto di tracciamento oculare si ritiene rilevante definire la storia delle ricerche, che hanno portato ad oggi all’utilizzo di questo strumento. I primi studi qualitativi dei movimenti oculari risalgono alla fine del 1800, furono svolti attraverso delle osservazioni dirette e con metodi invasivi e poco piacevoli per i partecipanti allo studio. Dodge e Cline all’inizio del ‘900 inventarono un dispositivo per produrre le prime misurazioni accurate dell'angolo di velocità dei movimenti oculari in condizioni normali. Questo metodo utilizzava la fotografia per registrare i movimenti dell'occhio in modo accurato e non invasivo (Drewes, 2010). Negli anni '40 sono stati sviluppati sistemi che utilizzavano registrazioni cinematografiche dell'occhio per tracciarne il movimento. Nel 1947, Paul Fitts e i suoi colleghi iniziarono a utilizzare le telecamere per studiare i movimenti degli occhi dei piloti, mentre utilizzavano i controlli e gli strumenti della cabina di pilotaggio durante l’atterraggio di un aereo. Questo fu uno dei primi studi sull'applicazione del tracciamento oculare (Bergstrom & Schall, 2014). Negli anni '60 l'evoluzione dell’Eye tracker basato su video ha dato vita a una nuova generazione di dispositivi e ha aperto la possibilità per ulteriori usi; sfortunatamente, mentre la tecnologia diventava più accessibile ai ricercatori, per i partecipanti allo studio le cose erano poco piacevoli, in quanto il dispositivo utilizzato richiedeva un rigido poggiatesta e una barra mordente, rendendo così impossibile simulare un ambiente confortevole e realistico. Negli anni '70 e ‘80, molti sono stati i miglioramenti nella tecnologia di tracciamento oculare e gli Eye tracker sono diventati meno intrusivi, fornendo una migliore precisione e dissociando i movimenti dell'occhio da quelli della testa. I miglioramenti tecnologici hanno inoltre, permesso di eseguire il tracciamento oculare in tempo reale e questo ha dato la possibilità di utilizzare Eye trackers basati su video per l'interazione uomo-computer. In questi anni, inoltre sono stati sviluppati i primi Eye trackers per assistere gli utenti disabili (Drewes, 2010). La fine degli anni '90 ha portato alla nascita del moderno Eye tracker, con nuove scoperte nella progettazione di hardware[13] e software[14] che ne hanno permesso l’utilizzo in più ambiti e non solo in quello accademico (Bergstrom & Schall, 2014). L'odierna tecnologia di tracciamento oculare è stata miniaturizzata e integrata nei monitor dei computer o in dispositivi autonomi che non sono più collegati fisicamente al soggetto. Ad oggi esistono tre diversi metodi per tracciare il movimento degli occhi. Il metodo più diretto è la fissazione di un sensore all'occhio, attraverso il fissaggio di piccole leve al bulbo oculare o con l’applicazione di lenti a contatto (Figura 2), ma è sconsigliato a causa dell'elevato rischio di lesioni. Il grande vantaggio di tale metodo è l'elevata precisione e la risoluzione quasi illimitata nel tempo. Per questo motivo, la ricerca medica e psicologica lo utilizza (Drewes, 2010).
Figura 2 sensore fissato all'occhio immagine ricavata dallo studio del professor Drewes (2010)
Figura 3 l'elettrooculografia (EOG) sensori superficiali posti in zona periorditale
Un altro metodo è l'elettrooculografia (EOG) in cui il segnale viene misurato da due coppie di elettrodi superficiali posti in posizione periorbitale, intorno all’occhio (Figura 3). L'occhio umano può essere considerato come un dipolo con il polo positivo sulla cornea e il polo negativo sulla retina, creando una differenza di potenziale cornea-retinica stabile si origina un potenziale elettrico. Spostando lo sguardo dalla posizione centrale verso uno di questi elettrodi, cambia l'orientamento del dipolo che corrisponde a una modifica nel campo del potenziale elettrico, ciò può essere misurato per tracciare i movimenti oculari. Un vantaggio dell'EOG è che il cambiamento delle condizioni di illuminazione ha solo un impatto minimo sui segnali EOG, ed inoltre può misurare movimenti anche ad occhi chiusi, ad esempio durante il sonno (Majaranta & Bulling, 2014).
L’ultimo metodo è il tracciamento oculare basato su video, una videocamera collegata a un computer rileva l'occhio e la pupilla per calcolare la direzione dello sguardo (Figura 4). Il grande vantaggio di questo metodo è la discrezione e, di conseguenza, è il metodo preferito per l'interazione uomo-computer (Drewes, 2010). Un sistema di tracciamento oculare basato su video può essere utilizzato in una configurazione remota o montata direttamente sulla testa. Una configurazione tipica consiste in una videocamera per registrare i movimenti degli occhi e un computer che salva e analizza i dati dello sguardo; nei sistemi remoti, la telecamera si trova tendenzialmente sotto lo schermo del computer (Majaranta & Bulling, 2014). Esistono diverse soluzioni per rilevare l'occhio e la pupilla e per calcolare la direzione dello sguardo, ma la maggior parte degli Eye trackers basati su video, funziona con il rilevamento della pupilla attraverso l’illuminazione della stessa. Esistono due metodi di illuminazione per rilevare la pupilla: il metodo della pupilla scura e quello luminoso. Con il metodo della pupilla scura l'elaborazione dell'immagine localizza la posizione di una pupilla nera nell'immagine della telecamera. Questo può essere problematico per occhi color castano scuro, dove il contrasto tra l'iride marrone e la pupilla nera è molto basso.
Figura 4 tracciamento oculare basato su video forma remota. Foto ricavata dallo studio dei progessori Majaranta & Bulling (2014)
Il metodo della pupilla luminosa utilizza la luce infrarossa riflessa dalla retina facendo apparire la pupilla bianca nell'immagine della telecamera. L'effetto è come gli "occhi rossi" quando si fotografano i volti con il flash. Gli Eye trackers luminosi utilizzano una luce infrarossa (IR) proveniente dalla stessa direzione della vista della telecamera: la luce ad infrarossi mantiene la zona degli occhi ben illuminata, ma non disturba la visione né influenza la dilatazione della pupilla, poiché la luce IR è invisibile all'occhio umano (Drewes, 2010). Gli Eye trackers più sofisticati utilizzano viste stereoscopiche, con due telecamere e/o più sorgenti luminose per rilevare più riflessi, per evitare la calibrazione ripetuta e consentire il libero movimento davanti al dispositivo (Drewes, 2010).
La calibrazione è la prima operazione da effettuare, per poter mappare lo sguardo su uno schermo con il sistema di tracciamento oculare remoto basato su video, è da eseguire per ogni singolo soggetto e preferibilmente all’inizio di ogni utilizzo. Consiste nel mostrare diversi punti (punti di calibrazione) posizionati in tutti gli spazi dello schermo e chiedere all'utente di fissarli secondo una sequenza prestabilita, la telecamera identifica l’occhio e memorizza le immagini corrispondenti ai suoi movimenti, queste vengono analizzate dal computer, ed ogni immagine viene associata a delle coordinate corrispondenti sullo schermo. La calibrazione è un fattore chiave che definisce la precisione di qualsiasi Eye tracker, in quanto permette di compensare le eventuali differenze intersoggettuali (Majaranta & Bulling, 2014). Le informazioni ottenute dai movimenti oculari e dalla direzione dello sguardo possono essere utilizzate a vari livelli in un'ampia varietà di applicazioni. Alcune richiedono all'utente di muovere gli occhi volontariamente (sistemi manifesti e intenzionali come i dispositivi di input oculare esplicito), mentre altri sistemi monitorano i movimenti oculari automaticamente (sistemi occulti e non intenzionali, ad esempio, il monitoraggio ambulatoriale attraverso il monitoraggio oculare passivo).
Input oculare esplicito, viene utilizzato in applicazioni che implementano comandi e controlli basati sullo sguardo, così che le persone possano utilizzare i movimenti oculari volontari e il controllo consapevole della direzione dello sguardo, al fine di comunicare o controllare un computer. Il controllo basato sullo sguardo è particolarmente utile per le persone con disabilità gravi, per le quali gli occhi possono essere una valida opzione per interagire con il mondo. Nella sua forma più semplice, l'occhio può essere utilizzato come interruttore. Ad esempio, l'utente può battere le palpebre una o due volte o utilizzare semplici movimenti oculari verticali o orizzontali come indicazione di accordo o disaccordo (ottenibile anche con un tracker basato su webcam a basso costo). Il modo più comune per implementare il controllo basato sullo sguardo è utilizzare la capacità dell'occhio di puntare verso il bersaglio desiderato (un tracker più accurato). Un'altra forma è l'emulazione del mouse che combinata con diverse tecniche e impostazioni, modificate appositamente per facilitarne la gestione tramite lo sguardo, consentono di controllare praticamente qualsiasi interfaccia grafica basata su finestre, icone, menu e dispositivi di puntamento (mouse). Va comunque sottolineato che il controllo attraverso lo sguardo è notevolmente più lento e più soggetto ad errori rispetto al controllo con mouse e tastiera convenzionali. Tuttavia, con tecniche speciali, come lo zoom, utilizzate per superare i problemi di imprecisione, lo sguardo diventa paragonabile ad altri metodi di accesso speciali come il puntamento della testa, in cui il suo movimento viene utilizzato per controllare il movimento del cursore. Altre applicazioni che possono essere gestite da un sistema Eye tracking sono ad esempio tastiere per la scrittura di testi o con sintesi vocale, la navigazione web, i giochi, la musica. La maggior parte degli attuali sistemi di assistenza controllati dallo sguardo utilizzano Eye trackers basati su video e infrarossi. Tuttavia, sono state condotte molte ricerche sui sistemi basati su EOG e alcuni di essi sono attualmente utilizzati da persone con disabilità (Majaranta & Bulling, 2014).
Monitoraggio oculare passivo è utile per applicazioni diagnostiche in cui il comportamento visivo dell'utente viene solo registrato e archiviato per successive elaborazioni e analisi, senza alcuna reazione o effetto immediato sull'interazione dell'utente con il mondo. Questa tecnica è molto utilizzata ai fini della ricerca in campo psicologico, di marketing e pubblicità (Majaranta & Bulling, 2014) .
2.2 DISPOSITIVO EYE TRACKER
Un Eye tracker è uno strumento che utilizza schemi di previsione e sensori ottici per raccogliere dati estremamente accurati sulla posizione degli occhi, sui movimenti oculari e sulla direzione dello sguardo. Oltre agli obiettivi sperimentali, i movimenti oculari sono direttamente utilizzabili in applicazioni pratiche per l’interazione uomo-computer con fini di valutazione, gioco o di monitoraggio dell'attività umana (Rahaman, 2022). Il numero di sistemi di tracciamento oculare è immenso, esistono differenti configurazioni meccaniche in base anche ai fini per cui vengono costruiti. I dispositivi utilizzati per la ricerca vengono spesso creati appositamente, mentre altri sono disponibili in commercio. Tra i più comuni vi sono gli Eye tracker remoti o basati su schermo; dispositivi che richiedono agli utenti di sedersi davanti a uno schermo per interagire con gli stimoli o con il suo contenuto e consentono di registrare il movimento degli occhi a distanza. Questi sistemi comprendono un computer con un desktop, un Eye tracker integrato e un pacchetto software per l'analisi e la visualizzazione dei dati dello sguardo. I sistemi Eye tracking remoti tracciano gli occhi entro certi limiti chiamati headbox, così come definiti nella Figura 6, quindi la libertà di movimento degli occhi è sufficientemente ampia affinché gli intervistati non percepiscano limitazioni.
Figura 6 eye tracker remoto posizionato nella parte inferiore e anteriore del display. Tale strumento permette di calcolare il gaze point (punto che soggetto sta fissando). In questa immagine è rappresentato in azzurro l’haeadbox ovvero il “parallelepipedo” entro cui il soggetto può muovere liberamente la testa restando tracciabile dal eye tracking
Figura 5 eye tracking montato sulla testa.
Una configurazione meccanica alternativa è un Eye tracker montato sulla testa (Figura 5), con un laptop per l'elaborazione delle immagini in uno zaino; questi sono indossabili e consentono la libera mobilità dell'utente (Punde, et al., 2017).
Figura 7 Tobii Eye Tracking 5 configurazione meccanica
Nell’attuale studio verrà utilizzato il dispositivo Tobii Eye Tracking 5, (Figura 7) un dispositivo di tracciamento oculare remoto basato su video. Questo dispositivo è stato progettato dalla società svedese Tobii Technology AB per essere utilizzato con i videogiochi ed è liberamente acquistabile a un prezzo ridotto rispetto ad altri Eye tracker creati appositamente per la ricerca e a fini riabilitativi.
È un componente hardware che si collega al computer tramite USB e viene incollato o magnetizzato sulla parte inferiore e anteriore del display. Si compone di una videocamera e una tripla sorgente luminosa. Tobii Eye Tracker 5 può essere utilizzato su schermo e laptop, non necessita di frequenti ricalibrazioni e quindi è in grado di gestire un'ampia gamma di parametri fisiologici, tra cui il colore degli occhi, l’età, le etnie, e non è influenzato dai movimenti della testa o dall'illuminazione fluttuante né dalla presenza di lenti o occhiali, inoltre offre una valutazione dello sguardo dell'occhio indipendentemente per il sinistro e il destro. L’headbox è di 40 gradi per 40 gradi; ed è predisposto per funzionare su un PC Windows con specifiche medio-basse (Housholder, et al., 2022). Il professor Housholder, et al. (2022) ha condotto uno studio al fine di valutare la precisione di Tobii Eye Tracker 5, precisione definita come la differenza media tra la posizione nota e la posizione misurata dall'Eye tracker e la capacità dello stesso di produrre costantemente lo stesso output dalla stessa posizione. Questo studio è stato condotto su un campione di tre soggetti al quale veniva chiesto di osservare in modo consecutivo 252 punti blu sullo schermo. Poi veniva calcolata la distanza euclidea tra il punto di sguardo e la posizione del punto blu, così da calcolare la precisione del sensore in termini di angolo visivo. Dai risultati ottenuti si è riscontrato che l'Eye-tracker Tobii 5 è accurato di circa 30 pixel del punto di vista effettivo dell'utente e questa precisione tende ad essere coerente su tutto lo schermo. Inoltre, grazie a questo studio è stato possibile affermare che Eye tracker Tobii 5 è in grado di tracciare sia il movimento della testa che quello degli occhi. Il dispositivo fornisce quindi una visuale di dove l'utente sta guardando sullo schermo con una distanza operativa di 45–95 cm e una frequenza di campionamento di 133 Hz.
2.3 SOFTWARE
I software di seguito descritti sono quelli utilizzati nelle varie terapie svolte presso la Fondazione TOG con tutti e undici i soggetti presenti nel campione.
2.3.1 TOP!
Together to Play! (TOP!), è una suite di videogiochi basati sul sistema di Eye-tracking che favorisce la riabilitazione di bambini dai 3 ai 14 anni con problemi neurologici complessi che può essere personalizzabile sulle caratteristiche di ogni bambino e sulle specifiche esigenze. La suite di giochi permette di lavorare sull’apprendimento e sullo sviluppo di funzioni cognitive, in modo preciso e sequenziale, rifacendosi al metodo cognitivo del prof. Feuerstein. Inoltre, il sistema tecnologico consente di calibrare l'Eye-tracker sul singolo bambino e permette il controllo e la gestione della singola sessione di gioco modificando parametri quali il tempo, la fissazione, la velocità e la grandezza di alcuni target, per una riabilitazione su misura. “TOP!” è un dispositivo progettato da Fondazione Together To Go Onlus (TOG) e OpenDot, con i partner scientifici PhuSe Lab UniMi [15] e Fondazione Mondino IRCCS di Pavia. È un sistema costituito da un software rilasciato gratuitamente installabile su PC e nella versione app scaricabile su smartphone o tablet. L'app ha la funzione di “pannello di controllo” e permette, da parte del care-giver o del terapista, l’avvio dei giochi e della calibrazione dell’Eye-tracker, il controllo della sessione e la gestione delle fasi di gioco, come ad esempio aggiungere, togliere o spostare elementi, variare le dinamiche, mettere in pausa, sollecitare l’attenzione con richiami sonori e visivi, incrementare o diminuire i livelli di difficoltà. Inoltre, l'app permette al care-giver di visualizzare in tempo reale dove si trova lo sguardo del bambino sulla scena: questo è rappresentato con un puntino rosso (Figura 8).
Figura 8 3 gioco di allenamento per l’inseguimento visivo guidato dall’alto verso il basso.
Funzioni presenti:
- punto rosso: rappresenta dove il bambino sta guardando
- disattiva eye tracker: permette di non mandare input al sistema (anche se attivato il puntino rosso rimane visibile)
- richiamo dell’attenzione: invia input sonoro e mette in risalto il target
- termina sessione: per uscire dall’attività
- tempo di fissazione: calcolata in millisecondi
Il software si pone come scopo principale quello di permettere l’incontro tra tecnologie basate sul tracciamento oculare e il gioco come forma di ingaggio, favorendo una riabilitazione su misura. I videogiochi si presentano con animazioni colorate che emettono suoni o brevi musiche, al fine di rendere l’attività piacevole e accattivante, contemporaneamente sono attività con una configurazione semplice, i personaggi e gli scenari sono chiari e non presentano eccessivi stimoli; questo per supportare l’attenzione ed evitare l’introduzione di elementi di disturbo. Ogni dettaglio è stato creato pensando al tipo di utenza a cui sono rivolti e con la partecipazione di differenti figure professionali al fine di avere un punto di vista integrato. Durante le sessioni di gioco il terapista ha sempre la possibilità di bloccare l’Eye tracker, così da garantire una maggiore gestione dello strumento, come nel caso in cui al bambino serva osservare lo scenario prima di potervi interagire. Inoltre, è anche presente il tasto di “richiamo dell’attenzione” che, se attivato fa emettere un suono di richiamo e mette in risalto il target presente sullo schermo (Figura 8).
Durante ogni sessione di gioco è possibile, tramite la funzione “tracker” visualizzare se il bambino si trova in una posizione ottimale per il tracciamento oculare; questo è facilmente visibile in quanto se il bambino è in una posizione favorevole gli occhi saranno rappresentati in verde, altrimenti sono rappresentati in arancione o rosso (Figura 10). Le attività si suddividono in giochi di allenamento, cognitivi e per l’intrattenimento, e sono studiati per soddisfare diversi livelli di complessità. Tre sono i giochi di allenamento dove il bambino, attraverso l'interazione oculare, è chiamato a rispondere a input di causa/effetto. Il primo gioco consiste in un’attività di inseguimento visivo guidato di un oggetto sullo schermo: una volta impostata la durata del tempo di fissazione, il bambino dovrà fissare il target e una volta raggiunta la soglia di attivazione (tempo di fissazione prestabilito) questo incomincerà a muoversi nello spazio. Il bambino allora dovrà continuare a fissare l’oggetto per far proseguire il movimento. Vi sono tre stimoli target, uno per ogni “sotto-attività”: una macchina che si muove da destra verso sinistra e viceversa, un razzo che si muove dal basso verso l’alto e infine un sottomarino che si muoverà dall’alto verso il basso. Il secondo gioco è l’esplorazione e la ricerca di differenti target sullo schermo che vengono selezionati e posizionati dal terapista: i target sono degli animali che una volta selezionati emettono un verso e scompaiono dallo schermo (Figura 10).
Figura 10 gioco di allenamento per la ricerca visiva
Figura 9 gioco di allenamento ricerca del target. Come si può vedere l’Eye tracker è posizionato correttamente.
Infine, l’ultimo gioco è similare a quello precedente, in quanto richiede un’attività di esplorazione e ricerca, ma questa volta i target sono degli strumenti musicali, che devono essere “colorati”, e questo avviene tramite le fissazioni delle varie parti dello strumento stesso; una volta colorati completamente tramite un’ulteriore fissazione suonano (Figura 9).
Figura 11 strega comanda colore.
In questa sotto-attività il bambino deve individuare e fissare gli oggetti grandi
I giochi cognitivi sono quattro e, con l'esplorazione sistematica dello spazio e la raccolta logica di dati visivi, consentono la risoluzione di compiti con differenti livelli di complessità, tipo “Nascondino”, in cui il bambino deve guardare le impronte in modo sequenziale per trovare i personaggi nascosti, o come “Strega Comanda Colore” (Figura 11) in cui il bambino sviluppa l'abilità di classificazione e di discernimento tra oggetti, forme, colori e dimensioni.
Figura 12. Il bambino deve fissare tra le due opzioni quella corretta. Se fissa quella errata il sistema emette un suono e fa vibrare la carta, segnalando quindi la risposta come scorretta, riproponendo il quesito.
Un altro gioco consiste nel “trovare le differenze” tra due target e l’ultimo gioco consiste nel trovare la risposta corretta tramite un processo inferenziale (Figura 12).
Figura 13 palla avvelenata.
Il bambino fissa l’elefante (bersaglio) una volta raggiunto il tempo di fissazione compare una x sull’elefante e il personaggio lancia la palla e lo colpisce
I giochi di intrattenimento studiati per coinvolgere e finalizzati alla espressione delle emozioni del bambino e sono la “Corsa coi sacchi”, “Palla Avvelenata” (Figura 13) e “Cuscinate”, in quest’ultimo vi è la comparsa di un personaggio sullo schermo (elefante) che il bambino deve colpire fissandolo per un determinato periodo di tempo, (Figura 14).
Figura 14 cuscinate.
Il target (elefante) presente nello scenario appare e scompare in differenti punti dello schermo il bambino dovrà individuarlo velocemente e colpirlo prima che sparisca di nuovo.
Tutte le foto inserite in questo paragrafo rappresentano quanto viene visto dal terapista o dal genitore sul tablet, mentre il bambino vede sullo schermo solo la parte interna di queste immagini, dove è presente lo scenario, quindi, non visiona tutte le impostazioni presenti sul bordo inferiore e laterale.
2.3.2 SAY-EYE
“Say-Eye” è un software basato sul sistema di Eye-tracking e permette ai bambini di svolgere attività ludiche e di comunicare con gli occhi. “Say-Eye” è uno strumento pensato sia per sessioni di comunicazione a scopo riabilitativo, sia per facilitare la comunicazione tra care-giver e care-receiver in diversi contesti di vita così da essere utilizzato nella quotidianità. Ad esempio, grazie a “Say-Eye” il care-giver può fotografare diverse opzioni di cibo o di gioco così da dare la possibilità di scelta al bambino che con lo sguardo potrà indicare cosa desidera. “Say-Eye” è stato realizzato al Centro TOG, con il coinvolgimento di designer, tecnici informatici, terapisti e pazienti, partendo dal bisogno specifico di bambini affetti da gravi difficoltà comunicative e di linguaggio, presi in carico presso la struttura. Come dichiarato da questa equipe, è stato grazie alle sessioni interattive di prototipazione e ai test, che hanno potuto mettere a punto le caratteristiche innovative di questo strumento, una su tutte è l’intuizione della necessaria compresenza di un PC e di un tablet (oltre all’Eye tracker): il PC viene posto davanti al bambino, mentre il tablet funge da “pannello di controllo”, e sarà il care-giver o il terapista a utilizzarlo sia per programmare l’attività, sia durante lo svolgimento della stessa. Tale sistema permette di separare i dispositivi così che il caregiver e care-receiver abbiano ognuno il proprio strumento, ciò ha permesso di non interrompere le sessioni e ha reso l’interazione più fluida. Inoltre, “Say-Eye” integra algoritmi che garantiscono la calibrazione dello sguardo automatica e precisa: tale software si distingue per essere molto più adattabile alle esigenze specifiche di ogni bambino e più personalizzabile. Questo, come “TOP!”, è un sistema costituito da un software, rilasciato gratuitamente, installabile su PC e app scaricabile su smartphone o tablet.
Nel menu principale sono presenti tre “impostazioni” di “Say-Eye”: giochi, comunicatore e calibrazione. Nell’opzione giochi sono presenti tre attività che si basano su rapporti di causa effetto. La prima, consiste nell’esplorazione visiva dello schermo e ricerca di uno stimolo target. La seconda, sostiene un incremento nelle competenze e nel tempo di fissazione: viene presentato uno stimolo (uovo) che, se fissato per un tempo predeterminato, impostato dal terapista, permette di modificare il target (da uovo a pulcino e poi a gallina). Nell’ultima attività, ci sono delle bolle che vengono create dal movimento dello sguardo del bambino sullo schermo.
Figura 15 costruzione dei flussi visualizzabile dal tablet.
Due flussi:
- Storia di lupetto: quando il bambino fissa la card, posta al centro dello schermo, questa si attiva e riproduce l’audio della storia registrato e associato a quella card, poi passa automaticamente alla scheda successiva.
- Storia della Pimpa: il bambino dovrà fissare la card più grande per ascoltare la storia, e poi dovrà fissare la card “avanti” per passare alla scheda successiva.
Figura 16 Scheda che appare sullo schermo osservato dal bambino, è presente una scelta fra quattro opzioni di storie da poter “leggere” insieme.
Il comunicatore permette di creare un flusso di schede selezionabili dall’utente tramite puntatore oculare. Il flusso è composto da più schede, create preventivamente dal terapista, su ogni scheda sono presenti delle card che possono essere foto, simboli CAA o video, associate a una parola scritta e anche ad un suono, che può essere una sintesi vocale o un audio registrato. Inoltre, è possibile collegare la card alla scheda successiva cosicché il programma passa automaticamente ad essa, oppure si può “bloccare” la card (Figura 15). Una volta creato un flusso, questo viene proiettato sul computer così che il bambino possa selezionare una card attraverso la fissazione della stessa, per un tempo stabilito in base alle sue competenze (Figura 16).
Una volta selezionata, questa sì illuminerà e riprodurrà il suono corrispondente. Dopodiché il programma passa alla scheda successiva oppure rimane sulla stessa scheda, se la card selezionata è stata “bloccata”. È possibile, inoltre, fermare il flusso bloccando momentaneamente il funzionamento del Eye Tracker, ad esempio per poter consentire di rimanere più a lungo su una scheda di interesse. Il flusso deve essere completamente creato dal terapista attraverso una procedura abbastanza intuitiva: questo consente una completa gestione di tutte le variabili in base alle competenze del bambino. Si potranno quindi decidere le foto e gli audio da inserire, il colore dello sfondo per aumentare il contrasto, la dimensione delle immagini e la loro collocazione spaziale (per agevolare quei bambini che presentano una preferenza di lato nella fissazione e quindi faticano a osservare tutto lo schermo nella stessa misura). Si potrà anche decidere il numero di item tra cui il bambino può scegliere. Il software consente una calibrazione automatica o manuale; è possibile selezionare il tempo di fissazione, cioè la durata per effettuare una selezione e il raggio di fissazione cioè la grandezza dell’area entro cui la stessa deve ricadere per effettuare la selezione.
2.3.3 THE GRID III
“The Grid III” è un software per la Comunicazione Aumentativa Alternativa installabile su un dispositivo informatico (computer, tablet) in grado di proporre o di costruire matrici comunicative che, associato con ogni tipo di accesso, come touch screen o il puntamento oculare, abilita il dispositivo informatico stesso a funzionare come comunicatore; facilita l’utilizzo del computer e permette la comunicazione sia alfabetica sia con l’uso di simboli. Ogni metodo di accesso ha un’ampia varietà di impostazioni e opzioni disponibili che possono essere ottimizzate per andare incontro alle esigenze dell’utente. Questo software permette alle persone con disabilità di comunicare, controllare l’ambiente che li circonda e controllare il proprio computer. Sono incluse tutte le librerie di simboli più diffuse: PCS, Symbol Stix e Snap Photos, Widgit Literacy Symbols (WLS), è quella utilizzata all’interno di questa trattazione. “The Grid III” è un prodotto commerciale, acquistabile dai maggiori rivenditori, creato dall’azienda Smartbox Assistive Technology[16]. Questo software consente di progettare interfacce utente di grande utilità e versatilità, adatte alla personalizzazione per bambini che seguono progetti di Comunicazione Aumentativa e Alternativa: associando la sintesi vocale o con voce naturale registrata, l’interazione tra gli utenti e la macchina diventa una vera esperienza comunicativa di arricchimento emozionale e un’opportunità di aumento della partecipazione nei contesti di vita (Castellano, 2019).
Figura 17 Tabella di comunicazione di Martina griglia iniziale
Grigia iniziale contenente cinque celle con funzione “salto”, rappresentanti cinque categorie principali.
Inoltre, sono presenti anche le opzioni: area di scrittura, “riposo” per bloccare il sistema di input e “pronuncia” per leggere la frase scritta.
Sulla schermata iniziale le attività sono suddivise in diverse categorie, di cui le prime due sono quelle utilizzate all’interno di questa tesi. La prima è Comunicazione simbolica, sono attività basate sui simboli e permettono la costruzione di frasi. Apprendimento interattivo, sono attività ludiche che possono essere usate per l’introduzione ai rapporti di causa ed effetto, per compiere delle scelte ed inoltre possono dar modo di esplorare l’accesso e il funzionamento del sistema di Eye tracking in modo divertente con animazioni e giochi. È inoltre possibile utilizzare comunicazione alfabetica, attività basate sull’alfabeto che offrono diversi layout di tastiere e ulteriori funzioni. Un’altra categoria è App accessibili attraverso la quale è possibile utilizzare i social media come Twitter e Facebook, ascoltare musica con Spotify, guardare video con YouTube, navigare in Internet. E infine controllo ambientale e controllo del computer con il quale è possibile controllare Windows e accedere ad altre applicazioni come Microsoft Office, web browser, giochi e tanto altro.
L’attività “comunicazione simbolica” è costituita da una raccolta di griglie collegate tra loro. Ogni griglia costituita da righe e colonne contiene delle celle, che a loro volta possono contenere parole, messaggi, simboli e molte altre funzioni. All’interno della griglia possono anche essere presenti delle celle con funzioni specifiche come, “tornare alla griglia precedente”, “leggere la frase scritta”, bloccare il sensore di input, cancellare la parola scritta e inoltre è possibile posizionare un’area di scrittura all’interno della quale vengono riprodotte le celle selezionate in sequenza portando così alla costruzione della frase (Figura 17).
Figura 18 tabella di comunicazione Martina - griglia azioni1
Questa griglia è raggiungibile dopo aver selezionato la cella “fare” della grigia iniziale, essa contiene diverse celle con azioni che il bambino svolge più di frequente, oltre le opzioni: “riposo”, “cancella parola”, “pronuncia o parla” e anche “azioni2” per passare alla seconda tabella contenente le azioni. Quando una azione viene fissata dalla bambina questa risalta rispetto alle altre come in questo caso “lavorare”.
Alcune delle celle possono contenere la funzione di “salto” che permette di passare automaticamente ad una nuova griglia dove ci sono altre parole, talvolta con uno specifico argomento o tema (Figura 18).
La modalità Editing consente di modificare e personalizzare qualsiasi griglia o creare una nuova attività da zero. In tale modalità si ha il controllo completo su come appare l’attività e si può modificare il comportamento di ogni cella. Il software Grid III contiene ampie possibilità di personalizzazione e adattabilità delle caratteristiche del sistema. Possono essere create griglie di comunicazione e attività interattive per ogni bambino, tenendo conto della sua capacità di accesso all’uso dei messaggi verbali e alle sue capacità di attivazione delle funzioni programmabili nell’interfaccia utente. È possibile controllare le dimensioni, il colore e la forma di ogni cella e cambiare o modificare il sistema di simboli CAA scegliendo quello più adatto, è inoltre possibile regolare le dimensioni e il font dell’etichetta.
Le attività di apprendimento interattivo sono state create per aiutare gli utenti a progredire verso una comunicazione alternativa. Ogni attività si compone di due momenti, il primo è lo svolgimento del gioco, il secondo è la sua descrizione che si realizza su una griglia. Sono presenti 25 attività animate (prendersi cura di un cane, progettazione di un'auto, gareggiare su una pista) queste possono essere una semplice scelta binaria tra due opzioni (dare da mangiare al cane o fare una carezza), fino a una possibilità di scelta elevata (caratterizzare una bambola con pettinature diverse, colori di capelli o occhi diversi, vestiti di tantissimi tipi).
CAPITOLO 3: UTILIZZO DELLO STRUMENTO DI EYE TRAKING ALL’INTERNO DELLA TERAPIA NEURO E PSICOMOTORIA
3.1 INTEGRAZIONE DELLO STRUMENTO NELLA PRATICA NEURO E PSICOMOTORIA
Ai fini di questo progetto di tesi, risulta fondamentale porre l’accento su come lo strumento di Eye tracking sia integrabile alla teoria neuro e psicomotoria e utilizzabile nella pratica riabilitativa. Tanto che la maggior parte dei soggetti inseriti all’interno del campione hanno avuto modo di procurarsi tutto l’occorrente per utilizzare l’Eye tracker anche nei contesti di vita quotidiana come a casa, a scuola o nei momenti di relazione con i coetanei. Questo con l’obiettivo di permettere una generalizzazione delle competenze e per aumentare gli spazi di interazione e le modalità comunicative. A tale scopo si sono svolti, nel corso dell’ultimo anno, degli incontri tra i genitori, gli insegnanti e i terapisti della struttura per creare dei momenti di condivisione rispetto al possibile utilizzo di questo strumento.
Come trattato nel primo capitolo, la pratica neuro e psicomotoria pone al centro il bambino, in questo caso con patologia, nella sua totalità; quindi, non considera solo il disturbo motorio in sé, ma il funzionamento globale del bambino, integrato all’ambiente in cui è inserito; infatti, l’obiettivo fondamentale rimane sempre il migliore adattamento possibile del bambino ad esso. Per far questo è necessario quindi individuare le strategie più adatte per permettergli di utilizzare al meglio il patrimonio motorio residuo e qui entra in gioco l’Eye tracking. Questo strumento dà la possibilità di utilizzare un canale motorio alternativo al gesto, alle parole o all’agito corporeo, per prendere contatti con il mondo esterno e agire su di esso in modo attivo attraverso degli “atti visivi” che danno un riscontro reale, sia sullo schermo di un pc che sul mondo, grazie al supporto del terapista.
Nella riabilitazione il recupero, il sostegno o il potenziamento dell’atto motorio non è fine solo a sé stesso in quanto nella crescita svolge un ruolo di mediatore della relazione, comunicazione, apprendimento, dello sviluppo cognitivo e psicologico. Una riduzione significativa della possibilità di agire comporta, di conseguenza, un deficit in tutte queste aree portando il soggetto in una condizione di isolamento, chiusura, incomunicabilità e dipendenza. Per questo, quando si svolge un percorso terapeutico, bisogna supportare l’integrazione armonica delle competenze motorie, sensoriali, cognitive, che, nonostante il danno biologico, sono ancora presenti. A tal fine l’Eye tracker potrebbe rappresentare uno strumento utile a sostenere e potenziare le competenze residue sul piano visivo, linguistico, cognitivo, relazionale e la loro integrazione. Tale strumento, inoltre, potrebbe essere considerato anche un importante risorsa per andare ad abbattere le barriere ambientali e sociali che la disabilità comporta, in modo da raggiungere l’obiettivo principe della riabilitazione: la migliore qualità di vita possibile del soggetto e della famiglia. Questo sottende un lavoro anche sul contesto in cui vivono: Eye tracker, oltre a permettere di potenziare le competenze, che poi i bambini possono generalizzare in differenti contesti di vita, è integrabile in tali contesti. Infatti, la maggior parte dei bambini presenti nel campione (otto casi) utilizzano lo strumento anche a casa e a scuola, promuovendo così gli spazi di socializzazione, partecipazione e autonomia e permettendo inoltre ai genitori, di avere uno strumento che li sostenga nella comunicazione e nelle attività di vita quotidiana. Eye tracking può essere anche visto, come un canale alternativo che utilizza e sostiene le competenze residue e permette al soggetto di compiere degli atti attraverso i quali può uscire, in parte, dalla condizione di isolamento, incomunicabilità, dipendenza e passività e agire in modo finalizzato a uno scopo, affermando sé stesso, percependo un risultato da questo. Questo ha un impatto importante sulla vita psichica del soggetto aumentando la propria autodeterminazione[17] e la spinta motivazionale interna ad agire. Al fine di esporre meglio questi aspetti si ritiene utile considerare lo studio condotto dalla dottoressa Borgestig et al (2017) il cui scopo era quello di descrivere ed esplorare, tramite interviste, cosa significa per i genitori l’utilizzo da parte dei loro figli, con disabilità complesse, di un Eye tracker nella vita quotidiana. Tale studio ha evidenziato come Eye tracking ha fatto un’enorme differenza per i genitori, poiché ha fornito ai bambini l’opportunità di esprimere bisogni fondamentali, svolgere delle attività in autonomia, compiere delle scelte e autodeterminarsi. Il fatto che i bambini iniziassero a esprimere i propri bisogni significava che i genitori potevano dare una risposta tempestiva. Per i genitori, l'uso da parte dei bambini dell’Eye tracker ha permesso, inoltre, di manifestare la propria personalità e le competenze intrinseche diventavano più visibili, sia per loro che per le altre persone, permettendo una comprensione migliore. Ad esempio, rendendo più facile per un insegnante capire cosa il bambino sia in grado di fare e su cosa si potrebbe lavorare per accrescerne le competenze. Poiché è noto che questi bambini dipendono dall'assistenza in tutte le attività e hanno limitate opportunità di interazione sociale. L’Eye tracking rappresenta una nuova opportunità che può determinare un cambiamento nelle azioni e nel comportamento dell'individuo e migliorare l’adattamento tra l'individuo e l’ambiente. Di fatti, le opportunità dei bambini di partecipare attivamente alle attività e di interagire con gli altri sembrano aumentare grazie all'utilizzo di questo strumento, che offre nuove opportunità di sviluppo e apprendimento. Inoltre, tale studio evidenzia il fatto che grazie a questo strumento può essere svolto un intervento importante per offrire l’opportunità di crescere e partecipare alla società. Questo studio si fonda sulla consapevolezza che il contributo dato dalla figura genitoriale, all’interno di qualsiasi percorso riabilitativo, è fondamentale. I genitori sono i principali soggetti che supportano il bambino nell’utilizzo di qualsiasi intervento nel contesto familiare per questo è indispensabile un buon rapporto con il terapista.
3.1.1 Relazione terapeutica
L’obiettivo prioritario del terapista della neuro e psicomotricità è lo sviluppo di una relazione con il bambino; questa, come descritto dal professor Vecchiato (2007), deve essere una relazione autentica che si instaura tra il terapista e bambino con l’obiettivo di guidarlo verso il maggiore sviluppo possibile delle sue potenzialità. Il terapista fa questo attraverso il corpo, creando quindi una relazione corporea, che si instaura grazie al gioco, al movimento e all’utilizzo di strategie comportamentali quali:
- l’ascolto, inteso come il tentativo del terapista di vedere, vivere ed entrare pian piano nel mondo di quel bambino al fine di sentirlo dal suo punto di vista, mettendo da parte la razionalità. Questo per permettergli di comunicare con una modalità condivisa (nel senso di comunicare con modalità similari sul piano non verbale) creando così le condizioni per supportare lo sviluppo della relazione.
- l’osservazione, fondamentale per favorire l’ascolto e cogliere le caratteristiche comunicative del bambino. Questa è partecipante in quanto il terapista partecipa all’attività, è presente nelle sue azioni, condivide lo spazio e invia messaggi comunicativi, risponde in modo verbale o non verbale in base a ciò che il bambino fa e supporta la creazione di uno scambio e di una reciproca stimolazione. Questo tipo di osservazione crea le condizioni per un ascolto migliore dell’altro, crea un clima sereno e di reciproca espressione, così da favorire lo sviluppo della comunicazione e della relazione.
- L’imitazione[18], una strategia importante per sviluppare la comunicazione e la relazione; per imitazione si intende lo sforzo agito dal terapista per modificare il suo modello comunicativo assumendo espressioni e movimenti simili a quelli del bambino, cercando quindi di comunicare il desiderio di incontrarlo favorendo l’avvicinamento e rendendolo più spontaneo e immediato. Nel caso della terapia con bambini con disabilità complessa l’imitazione si caratterizza da uno scambio imitativo basato su modulazioni toniche, piccoli gesti e produzioni paralinguistiche, permettendo così di sintonizzarsi con il bambino e arricchire lo scambio di aspetti emotivi e affettivi.
- L’empatia[19], viene definita dal professor Vecchiato come quella condizione esistenziale che unisce il terapista della neuro e psicomotricità e il bambino e che si crea grazie all’ascolto, all’osservazione, all’imitazione, alla condivisione dell’attività, dello spazio e del tempo. La relazione empatica si basa sulla comunicazione non verbale e la relazione corporea; determina la qualità della relazione creando una dinamica espressiva che sosterrà le fasi evolutive successive.
La terapia neuro e psicomotoria che utilizza, durante la seduta, il supporto di un sistema di Eye tracking fonda le sue basi sui medesimi concetti sopra descritti. L’utilizzo del puntatore oculare rappresenta uno strumento, un mezzo per sostenere le competenze del bambino e non è mai la base metodologica che è e rimane quella neuro e psicomotoria; l’Eye tracker rappresenta lo strumento tramite il quale il terapista mette in atto i concetti esposti precedentemente. Durante le sedute il terapista ha instaurato un contatto e una relazione terapeutica che va molto al di là dello strumento in sé e questa è fondamentale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi riabilitativi.
3.1.2 Setting
Ogni attività terapeutica si svolge all’interno di uno spazio, composto dall’ ambiente e dagli oggetti presenti al suo interno, con delle persone e le loro modalità comportamentali (il terapista agisce al fine di comunicare con il bambino e guidare le sue azioni) e in dei tempi ben determinati.
Lo spazio in cui si sono svolte le sedute di terapia è una stanza di medie dimensioni attrezzata con un’amplia scrivania, sopra alla quale sono presenti uno schermo connesso con il dispositivo Tobii Eye Tracking 5 e con un pc portatile. Lo schermo è posto ad una estremità della scrivania, mentre il pc si trova sul lato contiguo, formando un angolo di 90°. Il terapista utilizza un tablet portatile per la maggior parte del controllo dell’attività, ciò gli dà possibilità di spostarsi nella stanza avvicinandosi o allontanandosi dal pc e gli permette di mettersi nella posizione più idonea all’interazione con il bambino. Lo schermo può esser alzato, abbassato, inclinato e spostato per favorire la calibrazione e la distanza che generalmente è attorno ai 45-95 cm (questa poi va modificata in base alla acuità visiva del soggetto).
La luce presente nella stanza è regolabile al fine di favorire un’illuminazione più adeguata alle esigenze dei soggetti, in particolare si prediligerà un setting poco illuminato, evitando l'abbagliamento diretto del bambino. Infatti, la principale sorgente luminosa è posizionata posteriormente al soggetto al fine di non rendere la fonte di luce direttamente visibile. Inoltre, l’ampia finestra presente nella stanza può essere oscurata da una tenda. Nella stanza non sono presenti materiali in modo fisso, ma questi vengono portati dal terapista in base al bambino e agli obiettivi preposti per quella seduta di terapia: tali materiali sono generalmente oggetti strutturati con valenze sensoriali (come strumenti musicali) o simboliche (come bambole, macchinine o animali in plastica).
Degli undici soggetti che utilizzano questo strumento la maggior parte svolgono una terapia in una relazione diadica (bambino-terapista) mentre per alcuni si è scelto di introdurre all’interno della stanza anche altre figure, genitori o altri professionisti della struttura, per supportarli a livello emotivo, relazionale, comportamentale o motorio-posturale (ad esempio, in casi di mancanza di un sistema posturale più idoneo).
3.1.3 Fasi della terapia
La seduta di terapia ha una durata di 45 minuti, durante i quali si possono identificare delle fasi che permettono di creare una continuità tra le sedute e aiutano il bambino ad avere una coerenza rispetto a ciò che accadrà.
Prima di passare alla fase esecutiva della seduta, è necessario fare un passo indietro e considerare la fase preparatoria, durante la quale si sceglie l’obiettivo da perseguire nella stessa e si decidono le attività, e di queste le modalità e la sequenza con cui proporle, e infine, si allestisce la stanza di terapia (Ambrosini & Wille, 2012). Questa fase assume una valenza ancora più rilevante all’interno di una terapia supportata dall’Eye tracker, in quanto questo necessita che ogni attività nuova venga creata da zero, richiedendo un tempo tecnico di programmazione che varia in base al programma da utilizzare e alla complessità dell’attività stessa, questo tempo può essere di soli 10 minuti fino a superare anche un’ora.
Nel caso in cui l’attività scelta comporti l’utilizzo di oggetti, questi devono essere scelti in modo mirato, in base alle loro caratteristiche fisiche; sarà poi necessario porre l’accento sulla sequenza in cui questi vengono proposti al bambino e con quale modalità. Considerando che i bambini facenti parte di questo campione, hanno delle difficoltà a livello motorio che ne limitano gli atti, il terapista dovrà inoltre decidere in che modo sostenere le competenze fini dei bambini.
Una volta predisposto il necessario si può passare alla fase esecutiva della terapia, che si compone di tre sottofasi: contatto tra il terapista e il bambino, svolgimento e congedo.
- La fase di contatto che si instaura nei primi istanti della seduta ha l’obiettivo di accogliere il bambino e avviare la relazione con lui. Il terapista incontra i bambini in sala d’attesa e da subito avvia una interazione con loro; una volta entrati nella stanza dedica qualche minuto sempre a questa fase di incontro, che si esprime attraverso la comunicazione verbale e soprattutto quella non verbale. il terapista si pone in una posizione tale da favorire un contatto di sguardo e corporeo al fine di creare una condizione di comfort. Durante questa fase solitamente lo schermo è spento e l’accento viene posto su uno scambio tonico, oculare e paralinguistico/linguistico. Infine, si accende lo schermo e si procede alla calibrazione dell’Eye tracker trovando la posizione più idonea.
- La fase di svolgimento è quella più duratura nella quale viene utilizzato lo strumento e si realizzano gli scopi terapeutici. In alcuni casi questa fase ha una certa gradualità in cui vengono proposti dei giochi “di avviamento”, ovvero attività che il bambino conosce e svolge senza eccessive difficoltà. In generale sono giochi accattivanti, con colori e suoni vivaci (per questo spesso viene utilizzato il programma “TOP!”) per poi passare ad attività che richiedono un maggiore sforzo e che sollecitano le competenze e gli obiettivi preposti.
- La fase di congedo ha come scopo quello di concludere le attività in modo graduale, accompagnando il bambino a lasciare in modo sereno la stanza di terapia e accogliere lo spazio quotidiano. Questo viene anticipato attraverso differenti modalità: con alcuni bambini, dando un avvertimento verbale, mentre con altri si sono scelte delle attività che vengono proposte come ultime, come la lettura di un libro (proiettato sullo schermo) e l’ascolto della musica. Tali modalità possono assumere il significato di rituali ovvero delle modalità precise che si ripetono in modo coerente durante le sedute per un lungo periodo di tempo, supportando il bambino nella comprensione del tempo della seduta e facilitando la conclusione delle attività in modo più graduale e meno impattante. L’ultimo momento conclusivo viene svolto in assenza dell’Eye tracker ma è rappresentato, come l’avvio, da una interazione, generalmente vis à vis, tra il terapista e il bambino che comunicano e si salutano tramite modalità non verbali.
Infine, dopo lo svolgimento della seduta di terapia vi è la fase di verifica, durante la quale si confronta ciò che è avvenuto nello svolgimento della seduta e ciò che si era preventivato nella fase preparatoria (Ambrosini & Wille, 2012); questo risulta fondamentale per fare un ragionamento sulle attività proposte, sulle modalità comunicative utilizzate e sull’obiettivo preventivato (se è stato raggiunto o meno e in tal caso sul perché). Tale fase è anche fondamentale per apportare modifiche all’attività programmata, per modificarla nel caso si voglia proporne una similare o sistemare eventuali difetti di programmazione.
3.1.4 Tipi di conduzione
Con il termine conduzione si intende influire in modo determinante su un’iniziativa o una attività e sul loro svolgimento, grazie alle proprie funzioni di guida o comando (Ambrosini & Wille, 2012).
Nella pratica neuro e psicomotoria le tipologie di conduzione sono quattro:
- Indiretta: non si pongono richieste esplicite al bambino e si utilizza una comunicazione che passa dal canale non verbale e dall’allestimento degli spazi e degli oggetti presenti nella stanza, durante la fase preparatoria; permettendo così di guidare il comportamento del bambino in modo indiretto. Durante l’agito del bambino il terapista tende a non intervenire direttamente ed assume un atteggiamento disponibile e di osservazione (Ambrosini & Wille, 2012).
- Semidiretta: il terapista attua delle modifiche e dei comportamenti finalizzati partendo dalle predisposizioni, richieste, atteggiamenti e interessi del bambino, al fine di raggiungere il suo obiettivo terapeutico.
- Diretta: il terapista richiede in modo esplicito al bambino degli schemi d’azione finalizzati al raggiungimento di un obiettivo posto in anticipo (Ambrosini & Wille, 2012).
- Facilitante: costituita da un continuo supporto e aiuto corporeo che viene dato al soggetto al fine di guidarlo nella sua azione. Consiste in un supporto fisico fornito dal terapista che guida i movimenti, aiutando a superare alcune difficoltà funzionali (Ambrosini & Wille, 2012).
Se adattiamo queste definizioni in un contesto neuro e psicomotorio che utilizza uno strumento come quello dell’Eye tracking, dove “l’ambiente” e gli “oggetti” con cui il bambino si trova a interfacciarsi sono presenti su uno schermo, è necessario fare delle precisazioni e adeguare tali definizioni.
La conduzione indiretta si basa sulla presenza dell’espressione spontanea dell’azione del bambino, sulla quale poi il terapista pian piano attua modifiche contestuali che lo portano a modificare tali atti. Questo in un contesto riabilitativo che utilizza l’Eye tracker è difficilmente applicabile in quanto i software utilizzati hanno dei limiti funzionali, in particolare necessitano la creazione dell’attività, che richiede un tempo considerevole e che deve essere fatto a priori, e la scelta definitiva della attività (fra quelle già in precedenza create e quindi salvate nel software) deve essere compiuta dal terapista. Tutto questo rende pressoché impossibile attuare una conduzione indiretta come sopra descritta.
La conduzione semidiretta è quella che viene utilizzata in modo prevalente, in quanto si basa sulle predisposizioni e interessi dei bambini oltre che sulle loro competenze. Si è osservato che con la maggior parte dei bambini del campione, la motivazione rispetto all’attività è fondamentale, in quanto supporta un aumento dei tempi attentivi e delle competenze. Per questo le attività che vengono create sono estremamente personalizzate e intercalate sul singolo. È da sottolineare che il terapista preventiva e programma l’attività, ma durante la fase esecutiva può sempre cambiare e utilizzare attività presenti nell’archivio o utilizzare i giochi di “TOP!”, che consentono una maggiore manipolazione immediata delle variabili dell’attività. Attraverso la creazione di “flussi” appositi è possibile dare al bambino la possibilità di scegliere l’attività che vuole svolgere tra più alternative proposte dal terapista.
La conduzione diretta è un'altra modalità utilizzata durante queste terapie. Viene scelta, nella fase preparatoria, l’attivita da proporre al bambino e gli viene poi presentata proiettandola sullo schermo, la richiesta esplicita viene posta al bambino tramite la comunicazione verbale o più di frequente tramite la modifica dei target sullo schermo che causano di conseguenza una modifica comportamentale del bambino.
La conduzione facilitante è messa in atto generalmente, non come tipologia principale ma, in alcuni momenti della seduta, per supportare l’agito del bambino nei casi di maggiore difficoltà. Può essere eseguita sostenendo il capo del bambino e aiutandolo così nei movimenti di inseguimento o di esplorazione visiva, per quei bambini che non hanno acquisito un completo controllo del capo, oppure lo si può aiutare nelle attività di manipolazione di un oggetto, guidandolo nei movimenti, o ancora il terapista può utilizzare un oggetto ad alto contrasto cromatico che muove davanti allo schermo per far sì che il bambino guardandolo arrivi a fissare il target designato. Il terapista, inoltre, accompagna le sue azioni con il linguaggio verbale in modo da sottolinearle ed enfatizzarle, utilizzando suoni onomatopeici e una voce “musicale”.
3.2 POTENZIAMENTO DI FUNZIONI CON IL SUPPORTO DELL’EYE TRACKER
Nel presente capitolo verrà trattato in modo più approfondito e specifico, l’aspetto pratico di utilizzo dello strumento di Eye tracking in un contesto neuro e psicomotorio per raggiungere gli obiettivi terapeutici. Per fare questo si è voluto partire dagli aspetti teorici, trattati nel capitolo 1, e poi descrivere, tramite riferimenti generici ed esempi pratici, le attività che si sono svolte con i bambini presenti nel campione.
3.2.1 Funzioni visive
Lo scopo principale nella terapia con un bambino che presenta un deficit visivo è quello di aiutarlo ad utilizzare il canale visivo come strumento di conoscenza e interazione con il mondo esterno. Come è stato descritto nel capitolo 1 di questa trattazione, il sistema visivo ha tre funzioni, così come definite dalle dottoresse Signorini e Luparia (2016): “vedere” che è compito dell’occhio il quale raccogliere l’informazione visiva, “guardare” di cui è responsabile il sistema oculomotore e permette di spostare lo sguardo (esplorazione visiva) o di fermarlo (fissazione) e infine “comprendere” funzione che compete alla rete neuronale che permette l’elaborazione delle informazioni.
VEDERE
La funzione “vedere” riguarda il campo visivo, la sensibilità al contrasto e l’acuità visiva. Per supportare tali funzioni un ruolo importante lo ha il setting in cui la terapia si svolge (Signorini & Luparia, 2016).
Al fine di supportare un maggiore utilizzo del residuo visivo, in soggetti che presentano un deficit di acuità visiva si è predisposto, come accennato in precedenza, una stanza di terapia con la possibilità di regolare l’illuminazione così da evitare che i bambini possano esserne disturbati e che favorisca una maggiore apertura palpebrale. Inoltre, la funzione visiva è favorita dall’utilizzo di colori vivaci (giallo, rosso, fucsia, verde...) o contrastanti (come bianco-nero, giallo-blu, rosso-bianco). Questi colori e contrasti sono ampliamente utilizzati in tutte le attività proposte ai bambini: in particolare, si nota come nella fase di progettazione e programmazione di “TOP!” sono stati utilizzati per favorire una migliore distinzione tra lo sfondo e il target.
Figura 19 griglia di Grid III con una casella contenente il video clip della canzone di Gabbani. Sono inoltre presenti delle caselle per: cambiare canzone, fermare la musica e farla ripartire da capo. |
Per quanto riguarda il campo visivo, alcuni casi del campione presentano una preferenza per un emilato con conseguente difficoltà nell’esplorazione e ricerca visiva in tutto lo spazio. Qui l’obiettivo sarà quello di favorire un maggiore investimento del lato meno utilizzato, al fine di aumentare in modo graduale il campo visivo. Questo viene fatto posizionando i target di maggiore interesse, partendo dall’emilato preferenziale e man mano spostandoli sempre più lontani da esso, creando quindi un arricchimento sensoriale nella parte che viene meno integrata e investita e rendendola più attraente. Una attività interessante che viene utilizzata è quella del gioco di “start-stop” (Figura 19) il quale si pone come obiettivo principe l’aumento dei tempi di fissazione e che se modificato permette di lavorare anche sugli aspetti sopra descritti.
Viene realizzata, su “The Grid III”, una casella con un video musicale contenente una canzone gradita al bambino e posizionata all’interno della griglia nel punto che il soggetto fa più fatica a esplorare. Lui deve guardare per un determinato tempo il target (fissazione) per far partire la canzone, poi deve continuare a guardarlo e se distoglie lo sguardo, il terapista ferma la musica, in modo che il bambino si riorganizzi per tornare a guardare nuovamente il target e far ripartire così la musica.
In generale però una strategia efficace per supportare la funzione “vedere” è quella di utilizzare un approccio multisensoriale. Questo può essere fatto all’interno di una terapia neuro e psicomotoria attraverso l’utilizzo di materiali con caratteristiche sensoriali accentuate, come oggetti con colori contrastanti, disposti a righe o a scacchiera, illuminati o che emettono suoni melodiosi o odori piacevoli tutto ciò per facilitarne la localizzazione e attrarre l’attenzione. Inoltre, un ruolo fondamentale lo ha il tatto che permette di conoscere l’oggetto e aiuta il bambino a comprendere la realtà circostante e conoscere il mondo (Signorini & Luparia, 2016). Questo lavoro a sostegno della multisensorialità risulta difficoltoso con l’utilizzo dell’Eye tracker, in quanto il tatto e l’olfatto sono difficilmente integrabili (ad eccezione delle occasioni in cui vengono utilizzati anche oggetti portati appositamente), mentre l’udito viene utilizzato per supportare l’attenzione, l’interesse e la motivazione rispetto alle attività attraverso l’uso di canzoni, musiche o suoni specifici utilizzati per attirare l’attenzione sul target. Questi suoni però non sostengono la localizzazione del target, perché il suono emesso esce dalle casse del pc e non dal target stesso. Per far fronte a queste limitazioni si utilizzano alcune strategie, tra cui quella automatica del software “TOP!” che attraverso il comando “richiamo dell’attenzione” emette un suono per riattivare l’attenzione del bambino e allo stesso tempo crea attorno al target un bordo lampeggiante che ne aiuta la localizzazione. Inoltre, il terapista può battere con le dita sullo schermo oppure dietro ad esso nel punto corrispondente al target.
GUARDARE
“Guardare” è la funzione visiva deputata all’oculomozione; ovvero alle competenze di fissazione, di inseguimento visivo e alle saccadi. Queste competenze permettono al bambino di svolgere una ricerca visiva del target. Durante un percorso riabilitativo che si pone come obiettivo il potenziamento della funzione visiva nella componente “guardare”, verranno proposte attività strutturate come giochi per sviluppare e consolidare l'aggancio visivo, l’esplorazione e lo spostamento dell'attenzione visiva (Signorini & Luparia, 2016). Per poter lavorare su queste competenze è necessario anche considerare le eventuali difficoltà di alcuni bambini che non presentano un completo e affermato controllo del capo, per cui dalla posizione seduta si inizierà a incentivare il controllo del capo e della parte superiore del tronco ponendo il target in una posizione centrale allo schermo (all’altezza del suo volto) per poi muoverlo sul piano orizzontale e verticale. Lavorare con un bambino sull'attenzione visiva e la fissazione, consente successivamente di intervenire sull'inseguimento oculare in tutte le direzioni e facilita i movimenti saccadici, che consentono l'esplorazione visiva e la ricerca di uno stimolo. Va sottolineato che questo potenziamento visivo necessita di continuità e quindi che venga inserito anche nelle attività quotidiane e nei vari ambienti di vita. Per questo vengono coinvolti attivamente i genitori con consigli e indicazioni pratiche da mettere in atto sia con e, soprattutto, senza lo strumento di Eye tracking.
La fissazione è fondamentale in quanto permette di mantenere il proprio sguardo su un oggetto statico, tale funzione all’interno di un contesto che utilizza Eye tracker viene sollecitata con differenti attività. In generale il primo passo è quello di aiutare il bambino a comprendere che alla sua “azione visiva” corrisponde un cambiamento sullo schermo, guardando il target questo si illumina, suona, scompare, fa cambiare la schermata. Questo viene fatto tramite la ripetizione dell’attività e anche dal rinforzo verbale dato dal terapista che dà delle “gratificazioni” al bambino in corrispondenza del suo agito, supportando anche gli aspetti emotivi e motivandolo a continuare nell’azione. La competenza di fissazione richiede un progressivo aumento dei tempi necessari al fine di far attivare il target, partendo da una attività di maggiore immediatezza (ad esempio utilizzando il gioco delle bolle di “Say-Eye” in cui guardando lo schermo questo fa apparire delle bolle) fino ad una attività con un tempo prolungato che richiede una maggiore consapevolezza. Tale abilità può essere sollecitata ad esempio con attività specifiche come “il pollaio”, un gioco di “Say-Eye” un cui è presente un numero variabile (da 1 a 3) di uova (target) che il bambino deve fissare, per un tempo determinato dal terapista, e una volta osservati questi si trasformano in pulcini e poi galline. Oppure con attività create appositamente per il bambino.
In una seduta di neuro e psicomotricità, per supportare l’inseguimento visivo vi sono molti giochi che si possono proporre al fine di far seguire visivamente la traiettoria di un oggetto in movimento. Ad esempio, con delle macchinine o trenini che si muovono lungo una pista, con traiettorie sempre più complesse, oppure creando dei piccoli labirinti che possono essere arricchiti con particolari sonori o tattili. Tali attività richiedono un certo grado di attività manuali per muovere gli oggetti (Signorini & Luparia, 2016). In un ambiente che utilizza un sistema di Eye tracker l’aspetto motorio viene ovviato tramite la creazione di attivita specifiche, come nei giochi di allenamento di “TOP!” per l’inseguimento visivo guidato, in questa attività il target si muove lungo l’asse orizzontale e verticale solo se lo sguardo del bambino segue quella direzione. Oppure con attività che vengono modificate leggermente, come il gioco di allenamento con gli animali o con gli strumenti musicali, dove è il terapista che muove il target lungo tutte le traiettorie (verticale, orizzontale o circolare) e decide la velocità di tale movimento e quando il bambino riesce ad agganciarlo visivamente, nel caso degli strumenti, questi suonano, mentre nel caso degli animali emettono il loro verso e spariscono.
Figura 20 gioco cognitivo di TOP! “nascondino”. L’immagine rappresenta il punto di vista del terapista ed è quello che viene visto sul tablet. Il bambino invece vede proiettato sullo schermo il leone posizionato dietro al cespuglio, da cui escono solo le orecchie un la criniera. |
Un altro gioco di “TOP!” utilizzato è “nascondino” (Figura 20), questo si ispira ad alcune attività utilizzate durante la terapia neuro e psicomotoria, come far seguire una traiettoria posizionando degli oggetti in fila, orizzontale verticale o diagonale oppure riponendoli all’interno di griglie o contenitori appositi. Nel gioco nascondino sono presenti una serie di impronte che devono essere guardate e “attivate” in sequenza per arrivare all’obiettivo (ovvero un personaggio nascosto); tali tracce formano dei percorsi da semplici a sempre più complessi.
Per supportare i movimenti saccadici, ovvero movimenti rapidi che consentono di spostare la fissazione da un punto all’altro, è possibile utilizzare i giochi sopra descritti con animali e strumenti musicali. In particolare, si possono posizionare due animali sullo schermo uno a destra e uno a sinistra; quando il bambino fissa quello a destra questo scomparirà così passerà a guardare quello a sinistra e contemporaneamente il terapista riposizionerà l’animale a destra così da creare un’alternanza di fissazioni destra-sinistra, la stessa modalità può essere usata con alto-basso. Per quanto riguarda gli strumenti si possono posizionare due strumenti musicali e richiedere al bambino di suonarli entrambi prima uno e poi l’altro.
COMPRENDERE
Un deficit a livello della componente visiva “comprendere” può portare a delle difficoltà nella localizzazione spaziale di un oggetto, quindi disturbi visuo-spaziali, oppure delle difficoltà durante l’azione, quindi visuo-motorie o infine nel riconoscimento visivo di un oggetto (Signorini & Luparia, 2016).
Figura 22 mini-ambiente per l’esplorazione sensoriale immagine presa dal libro “non solo occhi per screscere”: Signorini e Luparia 2016; p40 |
Figura 21 gioco di intrattenimento TOP! cuscinate |
Nella terapia neuro e psicomotoria la competenza di ricerca visiva può essere supportata nei diversi punti dello spazio (alto/basso, destra/sinistra) tramite la creazione di situazioni di gioco in cui il bambino cerca e ritrova degli oggetti. Ad esempio, con la creazione di “mini ambienti per l’esplorazione sensoriale” (Figura 22) ovvero degli scenari (albero, casa, mare) con dei fori posti in linea orizzontale, verticale, circolare, da cui far comparire e sparire oggetti (mele, personaggi, pesci). Questa attività è utile anche per sostenere le saccadi e permette ai bambini di andare ad afferrare l’oggetto posto nel buco oppure posizionarlo loro stessi (Signorini & Luparia, 2016). all’interno dei programmi “TOP!” è stata creata una attività similare ovvero “cuscinate” (Figura 21) in cui è presente uno scenario in cui vi è uno o più target (elefante) che compaiono e scompaiono, il bambino deve ricercarli e fissarli in modo da “lanciare” il cuscino e colpirli, così da avere una conseguenza rispetto alla sua azione. Questa attività consente inoltre di comprendere dove il bambino stia guardando per aiutarlo nell’organizzare la ricerca visiva. Questo in un ambiente concreto risulta più difficoltoso.
Per quanto concerne invece il riconoscimento visivo è importante supportare il bambino nel raccogliere le informazioni che gli provengono dall’ambiente e aiutarlo a ricercare quelle che gli permettono di dargli un significato. Questo in modo tale che possa arrivare, gradualmente, a identificare gli spazi, le persone, conoscere gli oggetti e classificarli in base alle loro caratteristiche e usi (Signorini & Luparia, 2016).
Figura 23 gioco cognitivo di TOP! “trova le differenze”. Il bambino dovrà fissare le differenze. |
Si possono quindi utilizzare differenti attività mirate al supporto di tali funzioni come: giochi basati sul confronto, in particolare all’interno del software “TOP!” è presente il gioco di “trova le differenze” (Figura 23) in cui sono presenti due target e il bambino deve fissare il particolare che li differenzia (tale gioco verrà poi descritto in modo più approfondito nel sottoparagrafo 3.2.3).
Figura 24 attività per la l’esplorazione visiva, viene chiesto verbalmente al bambino di fissare il sole |
Infine si possono proporre attività in cui vi è un’esplorazione visiva guidata, da una richiesta verbale o contestuale come quella di risolvere un compito basandosi su un associazione, come trovare un oggetto uguale a quello proposto da una immagine e indicarlo nell’immagine stessa. questa attività con Eye tracker si attua creando un flusso apposito, dove in alto viene posta l’immagine target da ricercare nell’immagine più complessa sottostante, e tramite la funzione “tracking” (puntino rosso) si osserva quando il bambino fissa il punto equivalente allo stimolo target (Figura 24). Questo può essere fatto anche senza la presenza dell’immagine target, in questo caso la richiesta sarà verbale.
3.2.2 Funzioni cognitive
Una delle prime cose che il terapista deve fare quando inizia un percorso neuro e psicomotorio con lo strumento di Eye tracking è quella di accertarsi che il bambino abbia compreso i rapporti di causa-effetto che si instaurano nella relazione “fisso il target e questa mia azione provoca una modifica sullo schermo”. La comprensione di questa relazione non è sempre immediata in quanto, il bambino ha nella sua esperienza di vita, almeno fino ad oggi, la fissazione di schermi come televisioni o tablet senza che ciò abbia mai portato ad una relazione causale: il soggetto è sempre stato passivo, le immagini scorrevano indipendentemente dal suo agito, per questo nelle prime interazione con Eye tracker il bambino attua le medesime condotte e necessita di un periodo di apprendimento per comprendere tale rapporto. Questo è il motivo per cui il primo scopo che deve essere raggiunto è quello di incentivare il bambino verso una piena comprensione del rapporto di causa-effetto e l’uso intenzionale e volontario di questo per raggiungere uno scopo.
È inoltre importante sottolineare che alcuni dei soggetti con disabilità complessa presenti nel campione considerato hanno avuto, nella loro esperienza di vita, un’estrema riduzione delle possibilità di agire intenzionalmente sull’ambiente e questo ha deviato il normale sviluppo delle competenze cognitive. Quest’ultime secondo la teoria di Piaget si costituiscono a partire dalle azioni reali agite dal soggetto, quale esperienza realizzabile concretamente compiuta nella realtà. Come è stato detto, un bambino con disabilità complessa nel suo sviluppo ha avuto una limitazione nella possibilità, per gravi limitazioni motorie, di sperimentare la successione delle fasi che portano gradualmente alla costruzione di una consapevolezza di poter creare, con il proprio agito, delle conseguenze sulla realtà (reazioni circolari secondo Piaget), in quanto ha continuamente vissuto una realtà che agisce su di lui. La principale relazione causale esperita da questi soggetti si concretizza nella comunicazione attraverso vocalizzi, manifestazioni di benessere o malessere con un interlocutore che modifica di conseguenza i propri atteggiamenti e le proprie azioni. Quindi, il bambino ha sempre avuto la necessità di interfacciarsi con qualcuno che fungesse da mediatore tra la sua realtà interna e quella esterna. Per questo motivo non è sufficiente fornire uno strumento come l’Eye tracking ma, è necessario svolgere un percorso che miri a far acquisire la consapevolezza al bambino che al suo agito (oculare) corrisponde direttamente una conseguenza ambientale e reale (concretizzata nello schermo). Questo viene fatto in modo trasversale in tutte le attività e giochi proposti, dove all’inizio vi sarà un maggiore coinvolgimento del terapista, che fungerà da mediatore e sosterrà l’agito attraverso la comunicazione verbale e non verbale, proponendo attività che non richiedano un eccessivo sforzo, in particolare per quei soggetti che presentano un deficit visivo, e che siano interessanti e coinvolgenti. Un’attività, ad esempio, che spesso viene proposta all’inizio del percorso è quella di creare dei “flussi” su “Say-Eye” con le foto dei familiari del bambino con allegato a ogni foto un messaggio audio registrato da quella persona, un saluto, una piccola canzoncina o una frase che i genitori o familiari ripetono spesso. Questo per sollecitare l’associazione tra fissazione-attivazione della card e quindi causa-effetto.
Come anticipato nel capitolo 2, i giochi presenti nel programma “TOP!” sono stati creati rifacendosi al metodo cognitivo del prof. Feuerstein. Il metodo Feuerstein si pone come obiettivo di potenziare e arricchire il funzionamento cognitivo dell’individuo, rendendolo capace e di agire in modo attivo agli stimoli ambientali, migliorando le proprie abilità di pensiero (comprensione, operazioni logiche, pianificazione, previsione dell’esito) attraverso un esercizio carta e matita. In particolare, il metodo Feuerstein considera l'intelligenza umana, non come un sistema fisso, ma modificabile. Questa modificabilità è diversa dal cambiamento ed è l'obiettivo del lavoro terapeutico. Pertanto, è necessario pensare alla modificabilità come un processo che produce anche microcambiamenti nell’individuo (Feuerstein, et al., 2008). Tale metodo si basa su alcuni concetti fondamentali: il primo è la teoria di Modificabilità Strutturale Cognitiva: “strutturale” dove modificazione ottenuta diventa un elemento permanente del processo mentale e in quanto tale può favorire l'autonomia, “cognitiva” in quanto si persegue la modificabilità attraverso una via che è di tipo cognitivo. Questa trasformazione avviene attraverso il dominio cognitivo senza, escludere o minimizzare quello emotivo, in quanto è la proposta cognitiva che potrà influenzare anche il dominio emotivo. Il secondo è il concetto di Esperienza di Apprendimento Mediato secondo cui i microcambiamenti sono raggiungibili solo grazie ad un “mediatore”, un altro essere umano che media l’apprendimento. (Feuerstein, et al., 2008). Il sistema di Feuerstein ha come obiettivo lo studio dei processi mentali mediante i quali le informazioni acquisite dal sistema cognitivo (input), vengono elaborate (elaborazione) e producono una risposta (output). Le funzioni cognitive sono le condizioni mentali essenziali all’esistenza delle operazioni mentali e di altre funzioni del comportamento (Feuerstein, et al., 2008).
- Input = è il processo responsabile dell’inserimento dei dati nel sistema cognitivo. Un soggetto che presenta difficoltà in questa funzione può manifestare ad esempio, una “percezione sfuocata e superficiale” ovvero la mancanza di controllo dell’attenzione necessaria per raccogliere la quantità e il tipo di dati utili per lo svolgimento del compito, oppure può manifestare fatica a livello della “conservazioni delle costanti” cioè l’abilità del soggetto a identificare un oggetto come tale nonostante i suoi possibili cambiamenti di dimensione, caratteristiche e orientamento.
- Elaborazione = nucleo del processo cognitivo, trasforma le info in conoscenza specifica ed organizzata. Se un soggetto presenta difficoltà in questa funzione potrebbe, ad esempio, non essere in grado di riconoscere l’esistenza di un problema, non distinguere i dati rilevanti da quelli irrilevanti per risolverlo oppure non riuscire nel pianificare come risolverlo.
- Output = applica ed emette conclusioni fornite dall’elaborazione. Difficoltà in questa funzione possono manifestarsi come difficoltà comunicativa derivante dal modo in cui il soggetto si relaziona con gli altri. Potrebbe non percepire chi gli sta attorno come altro da sé, oppure può presentarsi un “blocco” quando l’esecuzione di un certo compito viene sospesa, può essere dovuto alla mancanza di iniziativa nel reagire ai nuovi bisogni o all’evitamento di stimoli che richiedono un ulteriore sforzo.
Ai fini di questa trattazione si ritiene utile riportare alcuni esempi di “giochi cognitivi” con una breve descrizione delle funzioni cognitive coinvolte per il loro svolgimento:
L’attività di confronto (Figura 25) ha come obiettivo principale lo sviluppo di comportamenti comparativi spontanei; fondamentali nello sviluppo del pensiero relazionale e di conseguenza una condizione primaria di qualsiasi processo cognitivo. Il comportamento comparativo ha un ruolo fondamentale nella percezione, determinando il modo in cui i diversi elementi vengono registrati. Quando un soggetto confronta due o più elementi scopre le differenti caratteristiche dell'oggetto grazie a un atto intenzionale e attivo. Attraverso il processo di ricerca delle corrispondenze tra due elementi è possibile determinare se gli elementi sono identici e, se non lo sono, si ricerca il tipo di differenze. La somma delle somiglianze e delle differenze rappresenta il punto di partenza per descrivere le relazioni tra due o più oggetti rispetto a una serie di caratteristiche (Feuerstein, et al., 2008). Il processo di confronto
Figura 25 gioco cognitivo TOP! “trova le differenze” |
richiede l'applicazione di diverse funzioni cognitive:
- Il soggetto deve controllare l’attenzione in modo attivo e sufficiente per raccogliere la quantità e il tipo di dati per svolgere il compito, ponendo attenzione alle loro qualità percettive e al loro significato.
- La presenza di una percezione chiara e la consapevolezza del fatto che anche se uno degli oggetti confrontati è alterato, vi sono degli elementi costanti e invariati che vengono mantenuti e ne assicurano la continuità (anche se gli occhiali da sole prima sono rotondi e poi a forma di stella rimangono sempre occhiali, perché le lenti scure sono sempre presenti come anche le astine).
- Deve essere svolta un’esplorazione approfondita, sistematica e se questa è limitata, l'input sarà impreciso. L'esecuzione corretta del compito implica una ricerca sistematica finalizzata alla raccolta di tutti i dati (il bambino non deve vedere solamente il leone con gli occhiali, ma deve analizzare il leone giallo, le zampe in alto, con gli occhiali rotondi/a stella, la coda con/senza il ciuffo di peli, e la cravatta rossa/papillon viola).
- Il soggetto deve considerare simultaneamente tutte le fonti di informazione rilevanti e considerarle nel loro insieme in modo coordinato. Deve effettuare un collegamento tra i dati, al fine di percepirli simultaneamente e collegarli attraverso il confronto (se il soggetto percepisse i due leoni come soggetti separati e indipendenti non potrebbe effettuare un paragone fra i due).
- Successivamente il soggetto deve cogliere la presenza di un “problema da risolvere” ovvero il fatto che per passare all’attività successiva deve ritrovare tutte le differenze tra i due target.
- Deve discriminare le caratteristiche essenziali da quelle secondarie (il televisore è meno rilevante ai fini del compito, nonostante possa rappresentare per il bambino un focus di maggiore interesse). Per far questo e necessario, inoltre, un certo grado di competenze inibitorie.
- Il confronto richiede una “sovrapposizione mentale” di due elementi che permette di determinare somiglianze e differenze.
- È importante che il bambino comprenda l’obiettivo finale ovvero il rilevamento di tutte le differenze e che quindi ci sono più sotto-obiettivi da individuare (tutte e tre le differenze).
- Il soggetto non deve “bloccarsi” davanti al compito: è bene considerare sempre gli aspetti emotivo comportamentali che possono causare un rifiuto del compito più complesso cognitivamente.
Figura 26 gioco cognitivo TOP! “strega comanda colore”. |
Le attività specifiche create per sostenere il comportamento comparativo supportano una serie di prerequisiti del pensiero razionale e rappresentano un elemento introduttivo per altre attività cognitive come quelle di categorizzazione e classificazione (Feuerstein, et al., 2008).
Attività di classificazione (Figura 26) si propone come obiettivo finale quello di sostenere e potenziare la capacità di usare processi mentali per organizzare i dati in categorie sovraordinate. La classificazione si basa su processi di categorizzazione fondati su confronto, differenziazione e discriminazione. Questo processo consiste nel raggruppare oggetti ed eventi secondo i principi sotto descritti e nel disporli all’interno di insiemi adeguati. Gli insiemi possono essere formati sulla base di elementi comuni o somiglianze esistenti. Il processo di classificazione richiede l'applicazione di diverse funzioni cognitive:
- Per prima cosa è necessario che il soggetto esamini il compito in modo attento al fine di individuare la quantità e la tipologia di dati presenti, contenendo l’impulsività del dare una risposta immediata.
- L’analisi dei dati deve essere svolta in modo preciso, il soggetto deve individuare per ogni target le caratteristiche salienti (ad esempio, il colore, la forma, la grandezza, la funzione dell’oggetto).
- Deve individuare i differenti oggetti come appartenenti al medesimo insieme; per fare questo è necessario che i differenti dati vengano elaborati in modo coordinato e non separato.
- Vi deve essere la consapevolezza e la capacità di cogliere l’esistenza di un problema.
- Devono essere identificati i dati rilevanti per la soluzione del problema e quelli irrilevanti (anche se la pizza è rossa, la mela gialla e la palla bianca e nera hanno comunque tutte la forma rotonda, quindi il colore è un dato irrilevante mentre la forma è rilevante; così come per le ciliegie, due e piccole ma entrambe rotonde, quindi la dimensione e il numero sono dati irrilevanti, infine, la mela nonostante abbia il picciolo con la foglia rimane comunque una figura con una forma tonda)
- Devono essere rilevati gli elementi di somiglianza e differenza tra i vari target, grazie ad un confronto tra di essi.
- Al fine di compiere una classificazione è importante la presenza di un “comportamento sommativo”: il soggetto deve organizzare le informazioni acquisite singolarmente in un gruppo tramite la creazione di relazioni tra di esse.
- L’obiettivo finale dell’attività è quello di “riempire” tutti i “calderoni”, quindi, devono essere identificati sei differenti target con una specifica caratteristica comune.
- Se si seleziona un elemento scorretto, questo viene segnalato graficamente e attraverso un suono; per un soggetto che procede per prove ed errori questo permette una migliore chiarezza e un riscontro immediato in caso di errore.
- Infine, il fatto che i target già selezionati rimangono visibili permette un riscontro e un confronto più immediato con quelli ancora da selezionare.
Per quanto riguarda le competenze di classificazione è stata creata un'altra attività, al fine di sostenere una generalizzazione delle competenze. Questa è stata svolta iniziando dalla proposta del “gioco cognitivo” sulle classificazioni, ponendo il focus su elementi con caratteristiche comuni che fanno parte di un gruppo “cose da mangiare” e partendo da questo raggruppamento, è stato creato un “flusso” con delle immagini per sollecitare la scelta e generalizzare la competenza di classificazione. In particolare, nella prima scheda, sono state proposte tre alternative di cui una apparteneva al gruppo (cose da mangiare), richiedendo al soggetto una scelta per inclusione o esclusione. Successivamente è stata proposta un’analisi tra varie tipologie di “gruppi” (cose, animali, persone). In seguito, per sollecitare la flessibilità, si è voluto modificare il compito, spostando il focus dall’identificazione dei singoli elementi al dover identificare il gruppo, se prima venivano richiesti i singoli componenti che creavano il gruppo, ora viene chiesto di selezionare un gruppo già composto (squadra, cioè un gruppo di persone). Infine, si è passati a richiedere una scelta basata sull’attività compiuta dalla squadra (studiare, giocare a calcio, cantare).
Questo lavoro è stato fatto, partendo dalla classificazione di elementi, arrivando ad un processo metacognitivo e riflessivo più complesso; la proposta è stata quella di staccarsi dalla classificazione per raggiungere, tramite un compito differente, un livello di pensiero più elevato riguardante le operazioni mentali, quindi lavorando su un pensiero ipotetico.
Più nello specifico questa attività richiede al soggetto:
- Di prestare l’attenzione sufficiente per acquisire i dati necessari allo svolgimento del compito, tali dati devono essere raccolti in modo preciso e coerente per ogni fase dell’attività, svolgendo una codifica sia della comunicazione verbale del terapista, che spiega l’attività, sia a livello visivo rispetto ai target che vengono presentati.
- Le informazioni devono essere costantemente integrate e interconnesse anche nel passaggio da una scheda a quella successiva.
- La capacità di cogliere l’esistenza del problema è particolarmente sollecitata in quanto ad ogni sotto attività il problema cambia e si modifica. Questo richiede un certo grado di flessibilità cognitiva.
- Il soggetto è costantemente posto di fronte ad una analisi dei dati (in particolare delle opzioni di risposta che vengono proposte) per individuare le informazioni rilevanti e quelle irrilevanti.
- È inoltre elicitato il comportamento comparativo spontaneo (ad esempio per selezionare i gruppi di persone rispetto a quelli di animali), come anche il comportamento sommativo per identificare quelle caratteristiche comuni al gruppo e che permettono di mettere in relazione le sue differenti componenti.
3.2.3 Funzioni comunicative
Bambini e ragazzi con disabilità complesse incontrano difficoltà nell'uso del linguaggio per la comunicazione quotidiana e per questo, possono essere esposti a un forte rischio di limitazione della partecipazione alle attività quotidiane. Spesso usano vocalizzazioni, puntamento degli occhi, espressioni facciali o movimenti del corpo per esprimere bisogni o socializzare; tali modalità comunicative, possono risultare difficili da riconoscere o da interpretare in modo appropriato da coloro che li circondano, portando a fraintendimenti o incomprensioni e di conseguenza, a risposte inadeguate da parte degli interlocutori. Queste difficoltà sommate alla mancanza di uno strumento comunicativo adeguato ai loro deficit motori e alle difficoltà di linguaggio potrebbero ostacolare la motivazione dei bambini a comunicare, bloccando il loro sviluppo comunicativo e limitando la partecipazione alla vita sociale.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa si è dimostrata un potente approccio operativo che permette alle persone con Bisogni Comunicativi Complessi (BCC)[20] di interagire con un interlocutore, infatti, nasce da un duplice bisogno: quello del soggetto con BCC che vorrebbe uscire dal silenzio e quello del soggetto abile verbalmente, che interagisce con lui e che vorrebbe uscire da una situazione frustrante causata dal non comprendere l’altro (Gava, 2013).
“La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) è ¢ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale¢ 21, ed è ¢un'area della pratica clinica che cerca di compensare la disabilità temporanea o permanente di individui con bisogni comunicativi complessi¢ [21]”[22].
“La CAA è la sigla che rappresenta un nuovo orientamento clinico- riabilitativo- educativo nell’ambito delle disabilità verbali. L’approccio operativo, modulato sulla persona, è multidisciplinare e si avvale di una specifica metodologia d’intervento che utilizza particolari strategie comunicative o di strumenti tecnologici”[23]
Con il termine “aumentativa” si intende il potenziamento delle risorse comunicative che ancora sussistono, residui vocali, comunicazione non verbale, strategie compensative (tabella con le lettere dell’alfabeto) o strumenti tecnologici (come sintesi vocali); mentre il termine “alternativa” comprende tutto ciò che è alternativo alla parola, codici sostitutivi del sistema alfabetico (figure, disegni, simboli).
La CAA è un approccio che riconosce, valorizza e si pone come obiettivo di sostenere le competenze comunicative del soggetto disabile e di metterlo nelle condizioni di poter attuare scelte, esprimere un rifiuto, un assenso, raccontare, esprimere stati d'animo, influenzare il proprio ambiente e auto-determinarsi, diventando protagonista della propria vita. Inoltre, tale approccio è uno strumento che aiuta a ridurre i comportamenti problematici, come aggressività, autolesionismo o comportamenti socialmente inadeguati (Gava, 2013). La CAA è un approccio che necessita di un percorso attraverso cui il soggetto, che vuole iniziare ad utilizzarla, prenda consapevolezza del senso di ciò che vuole comunicare, in quanto la CAA non sostituisce il linguaggio ma, è una modalità alternativa agli aspetti verbali e fonetici, quindi sopperisce all’aspetto sonoro e non al linguaggio in quanto funzione neuropsicologica. L’utilizzo della CAA non è un passaggio automatico: la maggior parte dei bambini che inizia questo percorso fatica nel comprendere a cosa serva imparare dei significati grafici. Comunicando precedentemente con modalità non verbali implicite, immediate e a cui si erano adattati, trovano difficoltà ad acquisire un'altra dimensione con altri mezzi tendendo ad apprendere, con discreta velocità, i simboli, ma non il loro utilizzo, la loro potenzialità espressiva e soprattutto la loro organizzazione. Per questo motivo è essenziale un percorso che miri all’apprendimento e al sostegno della competenza comunicativa (Gava, 2013). È importante sottolineare come vi sia una differenza sostanziale tra linguaggio naturale e la CAA, in quanto il primo è un automatismo prodotto da un’elaborazione interna che non richiede un processo di consapevolezza, mentre la seconda è una strategia esterna non automatica, che richiede necessariamente un processo metacognitivo. Questo presuppone un lungo processo di apprendimento per l’organizzazione dei contenuti, la strutturazione del codice e la sua specifica pragmatica. Quando il soggetto deve usare un codice alternativo, dovrà effettuare una metacognizione con l’obiettivo di fare corrispondere i simboli esterni al proprio pensiero interno. In pratica deve effettuare un lavoro di riconoscimento interno di ciò che vuole dire, verificare in tabella se ci sono i significati necessari, eventualmente fare delle modifiche alle proprie immagini semantiche per adattarle ai simboli presenti in tabella e indicarli per esprimere il suo pensiero. Tutto ciò implica una serie di operazioni mentali, cognitive e linguistiche complesse (Gava, 2013).
La situazione in cui è posto un soggetto con Bisogni Comunicativi Complessi (BCC) va considerata nella sua complessità, valutando il deficit ma, soprattutto, le sue competenze e possibilità emergenti, in quanto è su questo versante che si interviene: il terapista deve essere in grado di facilitare il processo comunicativo, considerando in modo integrato molteplici aspetti, e soprattutto che il ruolo del soggetto nella comunicazione deve essere attivo. La prima azione terapeutica è quella di coinvolgerlo e motivarlo alla relazione.
Tale percorso si configura con una serie di obiettivi che devono essere raggiunti al fine di acquisire una competenza comunicativa il più possibile autonoma. Un obiettivo primario da porsi è quello di supportare la consapevolezza dell’esistenza di una reciprocità relazionale che consenta di utilizzare il canale comunicativo, ovvero è necessario che il soggetto con disturbo comunicativo complesso possegga un’intenzionalità comunicativa, deve essere emergente la necessità e la volontà del soggetto a comunicare. È inoltre necessario che il soggetto manifesti un’iniziale competenza di simbolizzazione ovvero la rappresentazione interna delle proprie conoscenze, e la presenza di un sì e un no codificato e strutturato. È altresì necessario, che tale percorso si strutturi sulle motivazioni del singolo: questo è dato dal fatto che quando si utilizza un sistema di CAA si richiede al bambino di compiere uno sforzo maggiore rispetto al processo naturale e implicito che porta alla costruzione del linguaggio verbale. Mentre l’utilizzo di un canale alternativo richiede un processo cognitivo, un’elaborazione consapevole tra il loro pensiero e lo strumento (Gava, 2013).
Il linguaggio verbale, come visto nel capitolo 1, si realizza all'interno del complesso sistema della comunicazione, è costituito da diversi fattori (sensoriali, fisici, psichici, organizzativi ecc.) interconnessi tra loro e reciprocamente condivisi dagli interlocutori. Nel caso di un soggetto con una disabilità che limita la possibilità di trasmettere il messaggio, anche tutti gli altri elementi che compongono il sistema comunicativo sono coinvolti: quando non c'è la parola non c'è reciprocità del codice, cambia la pragmatica, e questo porta a una interruzione nella relazione. Per cui va creato un sistema di riferimento, che permetta al soggetto disabile di acquisire una competenza comunicativa adeguata alle sue possibilità. Per far ciò è necessario creare un contesto altamente motivante e usare modalità comunicative condivise. In questo è essenziale l’atteggiamento e il ruolo del terapista che ponendosi in ascolto, funge da cassa di risonanza dei "messaggi" (segni, suoni, sguardo, gesti, risposte binarie ecc.) del soggetto con BCC permettendogli così di esprimere il proprio pensiero e restituendo ciò che ha capito come conferma o accomodamento, rendendo così immediatamente attivo il suo ruolo nella comunicazione. Solo a seguito di questa iniziale fase di intervento si possono introdurre codici alternativi e gli strumenti che utilizzano la CAA (Gava, 2013).
Gli strumenti di CAA sono ausili di vario genere che permettono alle persone con bisogni comunicativi complessi di potersi esprimere all'interno dei loro ambienti di vita con i diversi partner comunicativi.
Un presupposto che consente l’utilizzo adeguato della CAA è che entrambi i partner comunicativi usino output aumentati, così che il soggetto con deficit a livello comunicativo possa ricevere un input aumentato che gli permetterà, da un lato di avere una migliore comprensione e dall’altro, di ricevere un modello da imitare per l’utilizzo della CAA. Per il soggetto non verbale, l'input e l'output dovrebbero essere sia visivi che uditivi.
La CAA può essere non assistita o assistita. Per CAA non assistita si intende quella comunicazione che non presuppone l'uso di dispositivi esterni per comunicare, perché utilizza le competenze dell'individuo stesso: espressioni del volto, vocalizzi, gesti, segni e linguaggio verbale residuo. La CAA assistita utilizza invece per la comunicazione dispositivi esterni, che possono essere elettronici (di bassa o alta tecnologia) o non elettronici. Questi ultimi includono: schemi visivi delle attività e simboli o parole su tavole di comunicazione tematiche. I partner comunicano indicando o scambiando i simboli. Questo tipo di strumenti non ha componenti elettroniche o emissione di voce, ma sono creati con simboli, fotografie, materiali semplici (carta e cartone). I dispositivi elettronici a bassa tecnologia includono ausili di comunicazione che riproducono messaggi audio singoli o in sequenza di pochi minuti. I dispositivi elettronici ad alta tecnologia includono ausili più complessi: comunicatori simbolici multi-caselle con riproduzione vocale, comunicatori alfabetici e display dinamici. Questi danno la possibilità di selezionare un simbolo scelto che fa cambiare la griglia dei simboli presenti in modo automatico, così da passare autonomamente a differenti schermate (funzione simile a quella di Grid III). Tuttavia, per usare i dispositivi ad alta tecnologia, a differenza di quelli senza o a bassa tecnologia, sono necessari alcuni prerequisiti di tipo cognitivo: è necessaria la conoscenza dell'organizzazione del lessico, la capacità di riconoscere altri simboli non immediatamente visibili ma comunque accessibili, la consapevolezza della sequenza corretta di simboli da selezionare per arrivare a quello prescelto, la comprensione delle categorie funzionali. Per questo è necessario un periodo di apprendimento (Costantino, 2011).
Risulta complesso talvolta permettere l’accesso alla CAA a tutti gli individui con bisogni comunicativi complessi, in quanto, ad oggi, per utilizzare tali dispositivi è necessario un'alta coordinazione visiva e fino-motoria. Per tale motivo, si sono iniziate a sviluppare nuove tecniche a sostegno degli individui con danno motorio, cognitivo o sensoriale in modo da facilitarne l’accesso.
Negli anni si sono svolti differenti studi che hanno evidenziato come i bambini con bisogni comunicativi complessi necessitano (Hsieh, et al., 2021), per l’utilizzo dei metodi assistivi, di un importante aiuto fornito dall’adulto e per questo prediligono l’utilizzo di vocalizzi e gesti per poter comunicare con partner familiari in modo rapido e semplice ma questo, non aiuta a superare le difficoltà di comprensione e i possibili fraintendimenti, in particolar modo nell’interazione con figure non familiari. Le precedenti ricerche indicano, inoltre, che i bambini con disabilità complessa tendono ad avere, all’interno degli scambi comunicativi, un ruolo più passivo, non direttivo e non di iniziativa, rispondendo alle domande che gli vengono poste tendenzialmente in modo affermativo o di rifiuto (sì o no), dando quindi meno informazioni. Mentre i partner di comunicazione occupano più spazio di conversazione, avviano la maggior parte delle interazioni e richiedono risposte specifiche per incoraggiare gli scambi comunicativi. Per questi motivi si è iniziato a ipotizzare che l’utilizzo della tecnologia assistiva di Eye tracking, in combinazione con il software di CAA, potrebbe fornire l’opportunità a bambini con bisogni comunicativi complessi di avviare una conversazione con un minore sforzo fisico e impegnarsi in una più ampia richiesta comunicativa, ad esempio fornendo informazioni esplicite o facendo commenti, potendo comunicare così più liberamente i bisogni, i desideri ed estendere lo sviluppo delle relazioni sociali, dello scambio di informazioni e la partecipazione alle routine quotidiane. Aumentare l’intelligibilità della comunicazione potrebbe anche ridurre eventuali fraintendimenti e facilitare la co-costruzione della conversazione. Negli ultimi anni differenti studiosi si sono focalizzati su tale ipotesi, conducendo degli studi che mirano a comprendere come tale strumento possa essere usato efficacemente per sostenere le competenze comunicative dei bambini con disabilità complessa (Hsieh, et al., 2021).
Ai fini di questa tesi due studi si sono ritenuti interessanti per approfondire tale concetto.
Il primo è uno studio condotto dalla professoressa Borgestig et al (2021) mirato ad indagare l'impatto dei computer controllati dallo sguardo sulla comunicazione, l'indipendenza funzionale e la partecipazione alle attività di bambini e giovani con bisogni complessi. Tale studio della durata di sette mesi, ha misurato i risultati con o senza tale strumento in un campione di diciassette partecipanti che hanno ricevuto il dispositivo Eye tracking e una serie di servizi al fine di utilizzarlo a scuola e/o a casa. I risultati di tale studio hanno sottolineato come i partecipanti hanno aumentato significativamente le loro capacità comunicative espressive e l’indipendenza funzionale, grazie all’utilizzo del Eye tracking rispetto ai bambini che non lo hanno utilizzato. Tutti tranne uno hanno ampliato il proprio repertorio di attività e l'uso del computer. Lo studio ha rafforzato le prove scientifiche secondo cui l’Eye tracking può rappresentare un intervento efficace nella vita quotidiana di bambini e giovani con bisogni complessi. I genitori dei bambini presi in considerazione nel campione di studio, hanno riferito che i dispositivi Eye tracker hanno fornito ai soggetti l'opportunità di dimostrare il proprio libero arbitrio; i quali potevano avviare la comunicazione ed esprimere bisogni primari, come la sete e il dolore. Tali strumenti hanno inoltre aiutato i bambini a esprimere la propria personalità offrendo opportunità di fare scelte e di dimostrare autodeterminazione.
Il secondo studio è stato condotto dal professor Hsieh et al. nel 2021 con l’obiettivo di mettere a confronto l’interazione comunicativa e le sue caratteristiche in una relazione diadica supportata da un sistema di Eye tracking e in una condizione in assenza di tale supporto. Lo scopo centrale di questo studio è quello di indagare l’impatto dell’utilizzo dell’Eye tracker, sull’interazione comunicativa, in termini di struttura interazionale e funzioni comunicative utilizzate da bambini o ragazzi con bisogni complessi e dai loro interlocutori. La parte interessante di tale studio è che ha rivelato esperienze positive, poiché l'uso di Eye tracking ha dato ai bambini l'opportunità di esprimere cose di propria iniziativa, portando a maggiori opportunità di impegnarsi nell'interazione comunicativa e di partecipare alla vita sociale. Lo studio è stato condotto con sei coppie di bambini/adolescenti di età compresa tra 4 e 19 anni con gravi disabilità fisiche e bisogni comunicativi complessi e i loro partner comunicativi, ed è stato svolto attraverso l’analisi sistematica di 12 filmati di attività di comunicazione effettuati con e senza l’Eye tracker in contesti naturali. I video includevano giochi non strutturati e attività di apprendimento strutturato in contesti scolastici, domestici o ospedalieri. Nella condizione senza il puntamento oculare, erano utilizzate schede di comunicazione e iPad touchscreen. Il numero di simboli nel sistema di CAA variava tra i bambini/adolescenti, da 3 a 50 simboli per pagina, con il sistema Eye tracking, e da 4 a 48 simboli per pagina nella CAA a bassa tecnologia, a seconda delle loro abilità di controllo visivo e di comunicazione con i simboli.
I risultati di tale studio hanno rilevato che in una condizione di comunicazione supportata da un sistema Eye tracking i soggetti usavano prevalentemente tale strumento per comunicare seguito dai gesti e vocalizzazioni, mentre in una condizione comunicativa senza tale strumento, i gesti venivano utilizzati come modalità più frequente seguita da dispositivi assistivi di CAA a bassa tecnologia. Quando si utilizzava l’Eye tracker, i bambini/adolescenti aumentavano le iniziative, avviavano una conversazione più frequentemente e tendevano a fornire più informazioni durante le interazioni comunicative. Questi risultati hanno indicato che quando veniva utilizzato Eye tracking, i bambini/ragazzi potevano dare un contributo maggiore all'interazione comunicativa. Infatti, nelle risposte utilizzando l’Eye tracker la fornitura di informazioni era la funzione comunicativa più alta, mentre la conferma/negazione rappresentava la funzione comunicativa utilizzata maggiormente nella condizione in assenza dello strumento. I partner hanno effettuato un numero significativamente inferiore (circa la metà) di richieste nella condizione con l’utilizzo dell’Eye tracker rispetto all’altra condizione, difatti, si è osservato, che in questa ultima situazione, i partner tendevano a iniziare la conversazione ponendo domande a risposta chiusa. I risultati di tale studio sottolineano che Eye tracking può essere un mezzo per potenziare e fornire ai bambini/adolescenti le situazioni di comunicazione migliori per facilitare la condivisione delle informazioni attraverso interazioni adeguate all’età nella vita quotidiana, ad esempio, il gioco o l’apprendimento. Lo studio del professor Hsieh et al (2021) ha concluso che l'uso dell’Eye tracking mostra il potenziale per supportare l'interazione comunicativa, aumentando le iniziazioni e l'intelligibilità dei bambini e facilitando la comunicazione simmetrica tra diadi. Questo studio ha dimostrato che l’utilizzo di un dispositivo di Eye tracking può essere utilizzato per avviare interazioni comunicative e potrebbe rappresentare un metodo efficace per esprimere le opinioni e aumentare le interazioni sociali con meno esigenze fisiche e un referente condiviso, e di conseguenza, rafforza il ruolo attivo dei partecipanti. Infine, da tale studio si è osservato come i bambini hanno dimostrato preferenze nell'uso di gesti o vocalizzazioni per comunicare routine sociali come saluti, rispondere sì-no o esprimere affetto, probabilmente perché queste modalità naturali potrebbero essere più veloci e accessibili per loro. Pertanto, i risultati hanno indicato l’importanza di supportare l’uso funzionale dell’approccio multimodale nei contesti quotidiani, questo è il focus centrale dell'intervento di CAA.
Ai fini di questa trattazione di tesi si vogliono portare alcuni esempi di attività svolte durante le differenti sedute di terapia con alcuni degli undici bambini del campione. La prima attività riportata è finalizzata al supporto delle competenze di scelta. Questa viene svolta utilizzando i programmi “Say-Eye” in cui si creano dei flussi, dedicati al singolo bambino, dove si pongono due alternative. Si pone il bambino di fronte alla possibilità di scelta e si supporta l’utilizzo dell'atto comunicativo attraverso il rinforzo[24] che può essere sociale o tangibile. Il rinforzo sociale viene sostenuto dal terapista che risponde alla scelta con un aumento della prosodia, della vicinanza, si “complimenta” con il bambino, mentre quelli tangibili sono il riscontro concreto alla scelta. Tali rinforzi sono soggettivi; si tiene in considerazione ciò che motiva il soggetto, e in seguito, si espande il tipo di rinforzo, cercando di capire la motivazione del bambino e la sensazione sensoriale che lo motiva potendo così proporre attività simili. La scelta inizialmente viene posta tra due alternative ipotizzando cosa sia più probabile che un soggetto desideri, così da supportarne la scelta. Ad esempio, un’attività di scelta è stata la creazione di flussi per la lettura di due storie, rappresentate dalle copertine dei due libri, una che solitamente lo coinvolge e diverte e l’altra che si presume sia meno accattivante (grazie osservazioni precedenti). Una volta posto il bambino di fronte alla scelta lo si aiuta nel compierla (bloccando lo strumento di Eye tracking) facendo una analisi condivisa delle differenti copertine, sollecitando il bambino a riconoscere e ricordare le storie. Poi viene attivato lo strumento così che il bambino può scegliere. Una volta compiuta la scelta si inizia a leggere la storia e si osserva come reagisce, nel caso scelga la storia meno gradita e attui dei comportamenti di rifiuto si torna indietro riproponendo la scelta.
Un'altra strategia è la creazione di attività con tabelle a tema, che permettono di avviare il bambino ad una determinata attività ludica o linguistica. Tali tabelle devono essere create in base al contesto e al soggetto con cui verranno utilizzate. Devono quindi essere ricche di emozioni, di aggettivi, di parole che rispecchiano il linguaggio del bambino in quel momento. Un’attività che viene svolta ad esempio è con l’utilizzo di Grid III in cui sono presenti dei giochi che si strutturano in due parti: nella prima è presente uno scenario centrale, ad esempio un bosco con all’interno degli elementi (albero di mele, pesce, foglie) e ai lati di questo vi sono i medesimi elementi che se vengono selezionati causano dei mutamenti nello scenario come: le foglie volano in cielo, le mele cadono a terra, il pesce nuota nel fiume. Nella seconda parte del gioco è presente una tabella a tema (che può essere modificata) così che il bambino possa descrivere cosa è successo nello scenario precedente. Quest’attività consente di svolgere un lavoro al fine di supportare la costruzione sintattica della frase, in quanto spesso i soggetti che utilizzano un sistema di CAA faticano nell’utilizzo del verbo, indicando prevalentemente i significati per loro più importanti e più emotivamente pregnanti, ma con un ordine sparso non concatenati da legami o organizzati dal verbo. Per questo è importante creare delle connessioni tra più concetti: chi-dove, chi- cosa fa, cosa fa- dove.
Figura 27 prima griglia della tabella principale di Vittoria |
L’obiettivo finale del percorso terapeutico è la creazione di una tabella principale: questa rappresenta il vocabolario del bambino (Figura 27). A differenza delle tabelle a tema, questo strumento può essere utilizzato in modo trasversale a tutte le attività, permettendo di essere generalizzato a qualsiasi contesto e situazione in cui si voglia comunicare. È organizzata su più griglie sulle quali sono raggruppati i simboli relativi ai soggetti, alle azioni e agli oggetti. La tabella principale offre una elevata scelta di simboli e consente anche di esprimere sentimenti, azioni, verbi, fare richieste, raccontare e porre domande. Il bambino o ragazzo può accedere alla tabella direttamente attraverso Eye tracker. La tabella principale è lo strumento che permette al bambino di interagire con l’adulto e di esprimersi e rappresenta il suo sistema comunicativo. È fondamentale nella fase di costruzione della tabella trovare un compromesso tra spazio a disposizione, numero dei simboli necessari e dimensione degli stessi in relazione ai bisogni del bambino. Inoltre, al fine di aumentare il più possibile l’utilizzo autonomo della tabella è essenziale aiutare il soggetto a comprendere come gestire anche le varie funzioni che il sistema fornisce ovvero il tasto indietro, cambia pagina, pronuncia (per far leggere la frase completa).
Figura 28 tabella principale di Vittoria, griglia dei sentimenti accessibile dalla prima griglia selezionando la casella “sentimenti”. |
Per supportare l’utilizzo della tabella principale si utilizza una attività di narrazione di un evento accaduto al soggetto, con foto dell’evento inviate dai genitori. Questa attività permette di svolgere un percorso sul riconoscimento delle proprie esperienze e un lavoro sull’orientamento alla realtà circostante, sostenendo una rielaborazione cognitiva dell’esperienza e agendo su un piano rappresentativo, sul “dove” e “quando” (aspetti spazio-temporali) e sul “chi”, “cosa”, “cosa fa” riconoscendo quindi le relazioni tra persone, oggetti e azioni. Questo permette di elaborare e manipolare conoscenze e rapporti in modo esplicito e utilizzabile in modo volontario. Durante l’attività, inoltre, il terapista pone delle domande al soggetto come “ti sei divertito?” oppure “hai avuto paura?” allo scopo di ottenere una rielaborazione emotiva dell’esperienza (Figura 28). Partire da esperienze vissute dà un importante spinta motivazionale interna, che aumenta l’interesse del soggetto al racconto.
3.2.4 Aspetti relazionali e comportamentali
Il mondo in cui siamo inseriti è composto da relazioni e interazioni; spesso un bambino o ragazzo con una disabilità complessa ha difficoltà nell’entrare in relazione con un'altra persona specialmente se questa non fa parte del suo nucleo famigliare e ancora più, se è un coetaneo. Tali difficoltà sono legate alle fatiche a livello comunicativo, che aumentano le barriere nell’interazione sociali, e anche alle difficoltà cognitive, che possono portare ad una difficoltà nel comprendere l’agito dell’altra persona, le sue intenzioni e comunicazioni, portando a uno stato di disorientamento. Inoltre, essendo i canali sensoriali una mediazione tra l’individuo e la realtà esterna, e se questi presentano delle difficoltà percettive, possono aumentare notevolmente il senso di smarrimento e confusione. L’insieme di questi aspetti può spingere il bambino con disabilità a trovare rifugio in una serie di comportamenti quali l’isolamento, l’inibizione o l’opposizione che non fanno altro che creare nuove barriere e ostacoli all’interazione con l’altro. Per questo all’interno di un progetto neuro e psicomotorio che utilizza lo strumento di Eye tracking, vengono perseguiti obiettivi che tengono conto degli aspetti emotivo-comportamentali dei soggetti al fine di istaurare un percorso terapeutico globale che consideri il soggetto nella sua totalità.
Il bambino con una disabilità complessa si trova ad avere desideri e bisogni, ma non essere nella condizione di poterli concretizzare ed esprimere in modo chiaro e preciso, di conseguenza fatica nel riuscire a realizzarli, creando così situazioni di frustrazione difficili da risolvere sia per lui sia per la persona che fatica a comprenderlo. Questo continuo vissuto di frustrazione ostacola la motivazione ad agire del soggetto, contrasta lo sviluppo del suo senso di autostima, inficiando di conseguenza la sua spinta evolutiva ed esplorativa. Lo strumento di Eye tracking si pone come un mezzo per cercare di abbattere questo circuito e le barriere che esso crea. Il percorso terapeutico sopra descritto, che pone al centro il bambino e l’istaurazione di una relazione terapeutica con lui e che si pone come obiettivi: il potenziamento delle competenze visive, che una volta acquisite e generalizzate negli ambienti di vita, permette al soggetto di utilizzare il canale visivo per comunicare, per osservare ed esplorare l’ambiente e le persone in esso inserite. Grazie all’introduzione di modalità comunicative e alternative il bambino ha la possibilità di esprimersi in modo più codificato ed evitare molte delle incomprensioni che spesso erano presenti, può compiere scelte o richieste specifiche e avviare uno scambio comunicativo efficace. Infine, grazie al potenziamento delle competenze cognitive è possibile sostenere la comprensione del contesto in cui il soggetto è inserito e di conseguenza potervi interagire in modo attivo e più consapevole.
Tra i casi clinici, che verranno descritti nel capitolo successivo, vi sono dei bambini che presentano modalità comportamentali inefficaci all’istaurazione di una interazione sociale. In particolare, le modalità più frequentemente osservate sono state l’inibizione e l’opposizione. È importante svolgere, con bambini con disabilità complessa, un percorso che miri a fargli prendere consapevolezza delle loro possibilità di interagire e modificare il mondo esterno, potendo così soddisfare in modo sempre più autonomo i propri bisogni, esprimere le emozioni ed essere sostenuti nella loro gestione, dal terapista e dagli adulti che lo circondano.
Questi obiettivi terapeutici si perseguono in modo trasversale nelle terapie, inizialmente si propongono attività differenti che siano calibrate alle competenze del bambino e che non richiedano un eccessivo sforzo. Il terapista deve rispettare i suoi tempi, attendendo che lui compia dei gesti per richiedere o manifestare un bisogno, e deve supportarne l’amplificazione, facendo in modo che possa scoprire le sue capacità e inoltre il bambino deve comprendere come un suo atteggiamento può modificare la realtà in modo coerente con le proprie aspettative.
CAPITOLO 4: ANALISI DEI CASI CLINICI
Il campione scelto per questo progetto di tesi si compone di undici bambini tra i 3 e i 14 anni con sesso, diagnosi, caratteristiche e percorsi terapeutici differenti. Questi bambini sono presi in carico presso la Fondazione TOG (Together To Go).
Affinché un soggetto possa accedere all’utilizzo dello strumento, è necessario che possegga un residuo visivo sufficiente e che abbia raggiunto o abbia emergenti abilità di esplorazione visiva, fissazione, controllo del capo e dei movimenti oculari. Inoltre, e non per ultimo, devono possedere competenze riguardanti aspetti relazionali e d’interazione con l’altro, in quanto il terapista rimane sempre l’interlocutore e il mediatore della terapia. I bambini considerati nel campione hanno iniziato ad utilizzare lo strumento di Eye tracking in epoche differenti quindi, nel campione sono compresi bambini che hanno svolto un lungo percorso con tale strumento, anche per anni, e altri che lo utilizzano da pochi mesi. Per garantire la privacy i nomi dei soggetti considerati nel campione sono stati sostituiti da nomi di fantasia.
I casi clinici considerati in questo studio presentano disabilità complesse, ovvero condizioni di deficit funzionali multipli che coinvolgono le componenti organiche, funzionali, cognitive e comportamentali della persona, necessitando quindi di elevata assistenza (Goussot, 2011). Le condizioni osservate più di frequente all’interno di questo campione sono la presenza di disturbi visivi, bisogni comunicativi complessi (BCC), disabilità intellettiva e difficoltà relazionali e comportamentali.
DISTURBI VISIVI
I disturbi visivi limitano l'accesso alle informazioni, in un'età critica per lo sviluppo e l'apprendimento, e determinano delle importanti modifiche dell'organizzazione cognitiva e psicologica del bambino (Fabbo, 2019). Il percorso di sviluppo di un bambino con deficit visivo ha delle specificità e se questo deficit è associato anche ad altri disturbi, neuromotori, cognitivi o relazionali, oltre che influenzarsi reciprocamente, insieme creano un ostacolo ulteriore. In base alle cause che compromettono una o più delle tre funzioni del sistema visivo, definite dalle dottoresse Signorini e Luparia, (2016) e in relazione a quale sottosistema sia maggiormente coinvolto, si possono manifestare quadri clinici e funzionali differenti.
Un’anomalia del “vedere” può essere causata dal coinvolgimento sia delle strutture oculari (come, ad esempio, nelle retinopatie, nelle malformazioni oculari) sia di qualsiasi altra componente della via visiva primaria (nervo ottico, chiasma ottico, radiazione ottica, corteccia occipitale), che può essere interessata da malformazioni, infezioni, problematiche legate alla gravidanza e al parto. Si può manifestare con diversi sintomi, tra cui una riduzione dell'acuità visiva (di severità variabile da quadri di ipovisione[25] lieve fino alla cecità[26]), un'alterazione del campo visivo e/o una riduzione della sensibilità al contrasto.
Un’anomalia del “guardare” si può manifestare clinicamente con la presenza di deficit, di entità variabile, della fissazione, dell'inseguimento visivo, dei movimenti saccadici. Possono anche essere presenti movimenti oculari anomali, come ad esempio il nistagmo[27]. Talvolta si associano atteggiamenti quali posizione preferenziale del capo o dello sguardo, bruschi movimenti di rotazione del capo, che possono aiutare il bambino a stabilizzare meglio o spostare lo sguardo.
Un’anomalia del “comprendere” è causata da un danno o da malfunzionamento della via occipito-parietale o della via occipito-temporale. Nel primo caso, potremo avere la presenza di un disturbo nell'identificare la localizzazione spaziale di un oggetto, o la sua relazione spaziale rispetto ad un altro (disturbi visuo-spaziali), oppure potrebbe essere coinvolto il controllo visivo durante l’azione, ad esempio, di afferrare un oggetto (disturbo dell'integrazione visuo-motoria). Nel secondo caso, potrebbe esserci una difficoltà nel riconoscere che cos'è un oggetto e a cosa serve o chi è una persona (disturbo del riconoscimento visivo).
È possibile che le anomalie del vedere, del guardare e del comprendere siano contemporaneamente presenti complicando il quadro clinico.
BISOGNI COMUNICATIVI COMPLESSI
Con il termine bisogni comunicativi complessi (BCC) ci si riferisce a bambini o adulti che possiedono un linguaggio verbale limitato o ne sono privi. Ogni situazione presenta livelli di compromissione differenti, non solo sul piano espressivo, ma anche sul piano cognitivo, funzionale ed emotivo-affettivo, e per questo richiede un iter riabilitativo personalizzato (Costantino, 2011). In alcuni, è presente esclusivamente un problema in uscita (output), che può essere solo sul piano linguistico o più spesso anche sul piano comunicativo. Si tratta in genere di persone con una disabilità motoria, che può interferire con l’articolazione del linguaggio o con l’esecuzione di quegli atti comunicativi motori (indicare, mimare, modulare, ecc.). Questi spesso non presentono problemi nella comprensione (Costantino, 2011). Altri soggetti presentano BCC legati a difficoltà nel input, ovvero non solo hanno difficoltà a esprimersi, e quindi nel farsi capire dagli altri, ma anche e soprattutto difficoltà nel capire quello che gli altri vogliono comunicare, sul piano linguistico, cognitivo o direttamente comunicativo. L’obiettivo terapeutico è quello di costruire un sistema su misura per ogni bambino, da introdurre in tutti i momenti e luoghi della vita poiché la comunicazione è necessaria e indispensabile in ogni momento. L’assenza di adeguate modalità per interagire e comunicare con gli altri interferisce con la crescita e determina ricadute negative su tutti i piani dello sviluppo: relazionale, linguistico, cognitivo, sociale, ecc. Se il bambino non ha la possibilità di mettere in atto delle modalità di comunicazione adeguate ai suoi bisogni, le relazioni col mondo si deteriorano, il linguaggio interno si impoverisce, l’identità fatica a strutturarsi, il funzionamento cognitivo, a volte già compromesso di base, peggiora, e lo stesso avviene per le interazioni sociali.
DISABILITÀ INTELLETTIVA
Con il termine disabilità intellettiva si intende una patologia dello sviluppo caratterizzata da un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, associato a limitazioni rilevanti nel funzionamento adattivo[28], in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute, e sicurezza. Quindi è un deficit generale delle abilità cognitive che si ripercuote sulla capacità di adattamento della persona. La disabilità intellettiva è una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico ed è caratterizzata dalla compromissione delle abilità cognitive, linguistiche, motorie e sociali che si manifestano durante il periodo evolutivo (prima dei 18 anni) e che contribuiscono al livello globale di intelligenza. Quando si parla di disabilità intellettiva è fondamentale sottolineare la presenza di un elevata variabilità interindividuale per quanto riguarda la severità del disturbo e le sue manifestazioni cliniche, i differenti fattori eziologici, la risposta cognitiva all’ambiente, l’adattamento sociale; tutto ciò sostiene l’ipotesi secondo cui alla base di tale disturbo vi sia una multifattorialità organica, biologica, psicosociale (Ambrosini & Wille, 2012).
Il funzionamento intellettivo viene definito dal quoziente intellettivo ottenuto tramite la valutazione effettuata con uno o più test di intelligenza standardizzati che misurano anche l’autosufficienza nel funzionamento personale e sociale. Con la maggior parte dei soggetti considerati in questo studio di tesi, è complesso effettuare una valutazione tramite questi test, mentre con altri si è utilizzata la scala Leiter-R la quale permette di misurare il QI e l’abilità cognitiva, per soggetti dai 2 ai 20 anni, con ritardo cognitivo e con disturbi verbali; in quanto è una scala non verbale. Il DSMV definisce quattro gradi di gravità, che riflettono il livello della compromissione intellettiva: lieve QI da 50-55 a circa 70, moderato QI da 35-40 a 50-55, grave QI da 20-25 a 35-40, estremo QI sotto 20 o 25. All’interno del campione considerato i casi presentano generalmente un livello tra il grave e l’estremo. Il grave si caratterizza per la presenza di una importante limitazione nella comprensione del linguaggio scritto, dei numeri, del tempo e del denaro, nella comprensione e nell'utilizzo del linguaggio orale; il soggetto richiede una supervisione nelle attività della vita quotidiana. Mentre nel livello estremo le abilità concettuali sono estremamente limitate, come anche la comunicazione verbale, e l'individuo dipende dagli altri per ogni aspetto della vita quotidiana.
DIFFICOLTA’ RELAZIONALI E COMPORTAMENTALI
Un bambino con una disabilità complessa presenta una mobilità spontanea ridotta, alterata, e non sempre è in grado di comunicare, muoversi nello spazio come vorrebbe, inoltre tale condizione limita la possibilità di fare esperienza del suo corpo, delle sue abilità e competenze, portando quindi uno stato di dipendenza dal care-giver. A questo segue una condizione di incomunicabilità che potrebbe creare nel bambino reazioni comportamentali considerate inadeguate rispetto alla società. Tali reazioni possono essere diverse, quelle più frequentemente osservate all’interno del campione considerato e in generale da tenere in considerazione nel trattamento riabilitativo, in quanto possono condizionarlo notevolmente sono: l’oppositività e l'inibizione. L’inibizione è rappresentata dall’evitamento agito del bambino di fronte ad esperienze spiacevoli. Tale modalità comportamentale impedisce un reale contatto, riconoscimento delle proprie emozioni e l’istaurazione di un rapporto con il mondo esterno. Si può presentare con una serie di comportamenti stereotipati, rigidi, di chiusura o di autostimolazione. L’inibizione è una modalità del bambino di adattarsi all’ambiente, non mettendo in atto iniziative proprie e faticando a rispondere alle sollecitazioni esterne. Consiste in una rinuncia all’azione, tale modalità permette di evitare quelle esperienze che il bambino, grazie alle sue esperienze precedenti, sa essere frustranti, rimanendo così in una condizione di passività (Ambrosini & Wille, 2012). L’oppositività viene agita dal bambino quando fatica nel raggiungere nuove abilità, o i tentativi di raggiungerle portano a continui fallimenti o frustrazione del bisogno, ed è espressa tramite il rifiuto attivo all’azione. Tale modalità è la risultante di una grande fatica interiore nella gestione delle emozioni e della frustrazione che viene manifestata con rabbia, espressa in modo anche energico e dirompente. In un bambino con una disabilità complessa, questo può certamente determinare una difficoltà ulteriore sia nell’acquisizione della funzione ma, soprattutto nel riuscire a instaurare una relazione terapeutica efficace e motivante. Queste due modalità sono legate ad una difficoltà del soggetto di prendere consapevolezza delle proprie emozioni, nel riconoscerle, esprimerle e comunicarle e di conseguenza nella loro regolazione.
4.1 OSSERVAZIONI CASI CLINICI
4.1.1 Cecilia
Cecilia 14 anni, a 6 mesi viene riscontrato ritardo psicomotorio, all’età di 9-10 mesi comparsa dei primi episodi critici di natura epilettica, e da allora non è mai stato raggiunto un controllo delle crisi. Nel 2018 viene effettuata la diagnosi molecolare di mutazione del gene DNM1. Cecilia ha iniziato la presa in carico presso il centro TOG all’età di 4 anni e dal 2019 svolge la terapia neuro e psicomotoria con sostegno dello strumento di Eye tracking.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Cecilia ha un discreto controllo del capo e del tronco, non è presente la deambulazione ed è quindi posturata su una carrozzina con poggiatesta. Presenta una riduzione della motricità volontaria; è in grado di portarsi verso un oggetto di suo interesse e afferrarlo, con una presa palmare, e di effettuare un rilascio volontario, esplora gli oggetti con un’attività delle dita “di pizzicamento”. A livello degli arti inferiori è in grado di sovrapporre una gamba all’altra e di tirare calci. Non si evidenziano particolari difficoltà a livello di percezione uditiva e tattile, mentre a livello visivo presenta lo sguardo rivolto preferenzialmente a destra e in basso; la fissazione è incostante. L’inseguimento visivo è discontinuo in ogni direzione di sguardo (più facilmente evocabile verso destra e verso il basso) e i movimenti saccadici sono poco fluidi, poco organizzati sia sul piano orizzontale che sul piano verticale. Le sue competenze migliorano con un approccio multimodale; l'integrazione del suono è fondamentale per mantenere alta l'attenzione visiva. La ragazza possiede un oggetto di conforto, ovvero una collanina in plastica, che lei esplora con un movimento continuativo e stereotipato e che le dà tranquillità e benessere. Quando non ha questo oggetto lo ricerca attivamente, anche se la sua presenza talvolta risulta essere un forte distrattore, che la porta a chiudersi rispetto alla relazione con l’altro e a distrarsi dal compito. Cecilia appare attratta e interessata allo strumento di Eye tracking e alle diverse attività, ma spesso assume, di fronte ad attività nuove o che comportano un certo grado di fatica, dei comportamenti passivi e a tratti oppositivi durante i quali si isola chiudendo la relazione e mettendo in atto il comportamento sopradescritto di autostimolazione. Se si prova a riportarla all'attività o alla relazione, anche attraverso attività di suo interesse, lei reagisce con pianto e un aumento delle condotte di isolamento e chiusura; fatica nella gestione della frustrazione. Cecilia è attenta a ciò che la circonda, agli stimoli che le provengono dall’esterno e alle persone che si stanno relazionando con lei, ma è passiva nella relazione e necessita di essere stimolata per attuare dei comportamenti in risposta. Non ha acquisito il sì e no ma, manifesta la preferenza per alcune attività rispetto ad altre (generalmente quelle riguardanti la musica), e lo fa attraverso la comunicazione non verbale manifestando il suo disappunto trattenendo la saliva, girando la testa nella direzione opposta al terapista e allo schermo, assumendo una postura più chiusa; mentre comunica interesse e divertimento sorridendo e ridendo e anche a livello posturale è più eretta, controlla meglio lo sguardo e si ha un lieve aumento dei tempi di fissazione e inseguimento. Il linguaggio verbale non è presente. La comprensione è limitata a frasi semplici, accompagnate dalla comunicazione non verbale del terapista, soprattutto dalla prosodia e dalla mimica; spesso la comprensione è anche molto mediata dal contesto. Non ha accesso al simbolo. Presenta difficoltà a prestare attenzione ad un'unica fonte di informazione, cedendo ad elementi di distrazione, sia esterni che interni. Inoltre, ha tempi attentivi ridotti e anche l’attenzione selettiva e condivisa si mostrano sempre molto labili: fatica nei compiti di inibizione e di rispetto del turno. Durante le sedute talvolta si manifestano delle crisi epilettiche, assenze atipiche; quando queste finiscono la ragazza non manifesta fastidio o pianto, ma riprende l’attività da dove si era interrotta, creando una azione frammentata.
PROFILO ATTUALE
Cecilia durante questi anni di terapia ha avuto notevoli miglioramenti sotto più punti di vista. In primo luogo, si è modificato di molto il suo comportamento all’interno della seduta; ad oggi, infatti, appare collaborativa nelle attività e manifesta le sue preferenze. L’ingresso in stanza solitamente è sereno, accoglie il terapista con un sorriso o ridendo, nelle giornate in cui questo non avviene e Cecilia si mostra maggiormente infastidita o disturbata, durante la seduta si rilassa e si lascia coinvolgere da attività per lei motivanti, creando così un clima di benessere. L’attività in Eye tracking la motiva molto e manifesta un grande interesse per lo schermo e le proposte di gioco che permettono anche un aumento delle sue aperture relazionali e della sua intenzionalità comunicativa. Cecilia è attenta a ciò che la circonda: gli stimoli che le provengono dall’esterno e dalle persone che si stanno relazionando con lei, ma rimane faticoso richiedere e iniziare un’interazione. Anche a livello delle abilità attentive queste si sono modificate con un miglioramento dei tempi e dell’attenzione condivisa e selettiva; rimangono però legate alla motivazione rispetto all’attività. Se interessata manifesta delle discrete competenze inibitorie e di attenzione sostenuta, mentre per attività per lei meno motivanti questa diventa più labile. Inoltre, si è osservato un netto miglioramento nelle competenze visive: presenta un aumento dei tempi di fissazione, un ampliamento del campo visivo e ad oggi Cecilia esplora tutto lo spazio visivo in modo organizzato, senza più preferenze per un emilato. Anche i movimenti oculari sono migliorati sia quelli di inseguimento in tutte le direzioni che dei saccadici che sono più costanti e precisi. Cecilia dimostra di essere consapevole dei rapporti di causa-effetto ed è in grado, con supporto del terapista, di compiere semplici scelte tra due item in attività da lei conosciute e altamente motivanti.
4.1.2 Martina
Martina 13 anni con diagnosi di tetraparesi spastica, grave ritardo neuromotorio e del linguaggio, disfagia e portatrice di PEG; esito di un episodio di asfissia accidentale a 11 mesi con arresto cardio-respiratorio. Alla ultima scala Leiter-R effettuata all’età di 11 anni, Martina ha ottenuto un punteggio di Ql 48. Dall’età di 2 anni e 11 mesi è presa in carico dal centro TOG; nel corso degli anni ha svolto differenti terapie, tra cui fisioterapia, logopedia, psicomotricità. Gli obiettivi del percorso terapeutico, svolto negli anni, da un punto di vista logopedico, neuro e psicomotorio sono stati quelli di supportare l’intenzionalità comunicativa e l’apprendimento dei simboli della CAA a partire dai 3 anni, per poi passare successivamente alla creazione di una tabella di comunicazione cartacea. Da settembre 2021 una seduta a settimana di potenziamento delle abilità visive con Eye tracking.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Martina ha un controllo del capo consolidato, mentre quello del tronco non è stabile. La ragazza è posturata su una carrozzina con poggia testa. I movimenti distonici impattano fortemente sui movimenti volontari svolti, portando una maggiore instabilità di tutti i distretti corporei compresi il tronco, il capo e gli occhi. Martina è in grado di indicare (anche se la dissociazione dell’indice risulta compromessa) e afferrare un oggetto; la mano destra è maggiormente funzionale e quando compie queste azioni osserva il bersaglio, ma sono limitate dai deficit motori, risultando quindi lente e imprecise. Martina è fortemente motivata dalla attività nuova con l’Eye tracker, ma fatica nel regolare questa motivazione intrinseca esplodendo in una serie di movimenti involontari degli arti superiori (sollevamento e rotazione) e inferiori (tirando dei calci) o iperestendendo il tronco, con l’accentuazione dei movimenti distonici. Mostra interesse e piacere nella relazione con la terapista, apprezza la relazione con le figure adulte e ricerca la loro approvazione (quando svolge un compito poi osserva la terapista per avere conferma). Porta a termine le attività ma necessita del supporto della terapista. Non sono evidenti deficit uditivi mentre sul piano visivo Martina, per esplorare lo schermo e compiere un inseguimento visivo, compensa e sfrutta le rotazioni alternanti del capo per spostare lo sguardo sull'arco orizzontale; sull'arco verticale inclina il capo sulla spalla destra e ruota a sinistra. Presenta a livello attentivo prestazioni variabili in relazioni alla motivazione, all’interesse verso gli stimoli, ai compiti ed alle situazioni. Spesso presenta difficoltà a prestare attenzione ad un'unica fonte di informazione, cedendo ad elementi di distrazione sia esterni che interni. Fatica a staccarsi dall’attività con Eye tracking e a prestare attenzione alla terapista; quando questo accade bisogna bloccare Eye tracker (così che non dia più input al computer) al fine di interrompere la sua azione visiva: lei reagisce con una chiusura visibile a livello della comunicazione non verbale, abbassa il capo ferma i movimenti degli arti e assume una mimica contrariata, faticando nel contenere la frustrazione. Anche le competenze inibitorie sono disarmoniche sia a carico della motricità globale, sia a livello oculare: questa difficoltà è fortemente legata alle fatiche a livello attentivo, infatti, in condizioni per lei motivanti, dove aumenta l’attenzione, dimostra discrete capacità di fissazione (circa 1/1,5 secondi) e nei movimenti saccadici. Martina presenta una buona intenzionalità comunicativa; compie delle scelte consapevoli e coerenti e le comunica in modo codificato o tramite i simboli della CAA o con la CNV. Il sì e il no vengono espressi come un segnale comunicativo per lo più stabile e funzionale, tramite l'uso dei simboli posti sui braccioli della carrozzina (a destra il “sì” a sinistra il “no”). Utilizza la tabella di comunicazione cartacea con la mediazione dell’adulto. Ha difficolta a livello di programmazione e organizzazione e a livello linguistico nella costruzione della frase; tende a dimenticare di utilizzare il verbo comunicando prima la cosa più rilevante, necessita della mediazione della terapista che, con domande specifiche, la guidi alla formulazione di una frase completa. Martina fatica nella narrazione di esperienze da lei vissute, anche per difficoltà sul piano della memoria a lungo termine. Ha una discreta capacità di comprensione contestuale, spesso mediata dalla comunicazione non verbale della terapista.
PROFILO ATTUALE
Maggiori difficoltà erano sulla funzione visiva “guardare” soprattutto a carico dell’esplorazione e dell’inseguimento visivo, mentre per quanto riguarda le competenze di fissazione queste erano legate alla labilità attentiva. Ad oggi questi aspetti si sono molto modificati, la ragazzina compie un’esplorazione visiva completa senza utilizzare compensi della testa, non mostra preferenze nel campo visivo anzi lo esplora tutto in modo abbastanza organizzato e fissa per un tempo di circa 2,5 secondi. Un obiettivo importante che si è perseguito nella terapia è stato quello di supportare i tempi attentivi; anche su questo versante si è osservato un miglioramento. Ad oggi lei si dimostra con tempi attentivi più sostenuti e anche a livello di attenzione condivisa e selettiva vi è stato un cambiamento: se prima bisognava bloccare lo strumento, o anche spegnere lo schermo, al fine di riportare la sua attenzione sulla terapista (e questo veniva fatto più volte durante la terapia), oggi non è più così. Questo ha influito anche sulle capacità inibitorie di Martina che si mostra maggiormente in grado di controllare i propri movimenti (sia grossomotori che oculari) al fine di raggiungere lo scopo. All’inizio la grande eccitazione data dall’interesse per lo strumento nuovo, la portavano ad un aumento dei movimenti distonici che inficiavano le sue azioni; ora, per quanto rimane motivata, interessata e coinvolta dall’attività con Eye tracking, questi aspetti sono diminuiti. Per quanto riguarda la costruzione e l’utilizzo della tabella CAA computerizzata si notano dei miglioramenti: è in grado di raccontare, con il supporto di foto e immagini, esperienze vissute o descrivere l’immagine che le viene mostrata e lo fa con maggiore autonomia. La costruzione frasale risulta più organizzata (soggetto, complemento, luogo), anche se tende sempre a non inserire il verbo.
4.1.3 Alberto
Alberto 12 anni, dopo il primo mese di vita si è verificato un esordio di crisi generalizzata seguito da un periodo libero da crisi (circa 7-8 anni) poi riprese come assenze atipiche, ad oggi ancora presenti. All’età di 1 anno e 6 mesi viene riscontrata exotropia[29], sembra maggiore nell’occhio sinistro poi corretta con intervento all’età di 4 anni. Nel gennaio 2014 viene effettuata la diagnosi genetica di mutazione del gene STXBP1. Ad oggi Alberto presenta diagnosi di “encefalopatia epilettica geneticamente determinata (mutazione del gene STXBP1), con autismo atipico, ritardo mentale e disturbo di coordinazione motoria”. Le principali tappe dello sviluppo psicomotorio vengono riferite in ritardo, con controllo del capo e del tronco a 15 mesi; ha raggiunto la posizione seduta a 18 mesi, a 4 anni ha raggiunto la deambulazione autonoma per brevi tratti. Alberto è stato preso in carico presso la Fondazione TOG all’età di un anno e 8 mesi. Dal 2019 si è introdotta la terapia sostenuta da un dispositivo Eye tracking e programmi specifici.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Tono muscolare ridotto globalmente e trofismo muscolare conservato. Passa dalla stazione eretta a seduta sulla sedia con impaccio, poggiando gli arti superiori sul tavolo, si evidenzia una scarsa consapevolezza corporea e uno sviluppo dello schema corporeo inadeguato. Sono presenti difficoltà anche a livello di motricità fine con scarsa dissociazione delle dita. Inoltre, si evidenziano importanti difficoltà prassiche legate agli aspetti organizzativi e ideativi. Non appare interessato al rapporto con l’oggetto e difficilmente compie atti per esplorarlo o manipolarlo, mentre quando li compie generalmente l’azione non viene controllata dallo sguardo. Presenta una forte agitazione psicomotoria con la presenza di stereotipie delle mani, degli arti superiori e della bocca che si manifestano in momenti di eccitazione. L’attività supportata dall’Eye tracking per lui appare motivante; lo attrae e coinvolge, ma questo coinvolgimento aumenta tale agitazione inficiando le sue competenze e la riuscita delle attività. Alberto ricerca il contatto oculare e il viso dell’altro e vi rimane assorbito; fatica a distogliere lo sguardo inficiando l’attività in quanto la interrompe, frammentandola. Prova anche un grande interesse nel contatto fisico, in particolare ricerca molto e in modo attivo la mano del terapista; questo è un contatto molto ambivalente, da una parte permette al bambino di percepire il contatto tonico con l’altro, per contro lo distrae dall’attività, diventando quasi una stereotipia (dove lui dà la mano e poi la toglie). Alberto manifesta ridotte aperture relazionali, fatica nel restare nell’interazione con l’altro con modalità funzionali anche se limitate a quelle sopra descritte. Non presenta deficit di acuità visiva, movimenti oculari anomali o disallineamento degli assi visivi; manifesta però fatiche nella competenza di fissazione che appare fugace a causa dell’agitazione psicomotoria, nell’inseguimento visivo e nei movimenti saccadici. Questi ultimi sono effettuati con il compenso del capo sia sul piano orizzontale che sul piano verticale, più organizzati verso sinistra. Inoltre, fatica nei compiti di esplorazione visiva e negli aspetti visuo-percettivi, evidenziando delle difficoltà anche nella funzione “comprendere” delle abilità visive. In generale fatica nell’osservare una scena sia sullo schermo che nella realtà quotidiana; non guarda davanti a sé mentre cammina o prende un oggetto (coordinazione oculo-motoria e oculo-manuale). Non sembra aver compreso i rapporti di causa-effetto derivanti dal suo agito sullo schermo. Tempi di attenzione estremamente ridotti, con attenzione sostenuta, selettiva e condivisa labili. L’attenzione all’ambiente è ridotta e fatica nelle competenze di shifting tendendo, se sono presenti più stimoli target, ad osservarli globalmente e in modo disorganizzato. Anche nelle competenze di inibizione fatica e ciò fa prevalere un comportamento impulsivo e disregolato. A livello di memoria sembra riconoscere persone e luoghi conosciuti e ricordare attività ripetute; la ripetizione di uno schema lo aiuta a migliorare la prestazione. Non manifesta preferenze per attività specifiche, né una differenziazione delle competenze in base alla motivazione delle attività. A livello comunicativo Alberto possiede una scarsa intenzionalità. Assenza di linguaggio verbale. Non ha acquisito un sì e no consapevoli e coerenti neppure agiti a livello corporeo globale; difficilmente manifesta il rifiuto o il piacere rispetto ad una attività. Alberto non compie scelte consapevoli e coerenti. A livello di comunicazione non verbale presenta una mimica ipovariata e talvolta incoerente rispetto alla situazione; lo sguardo è il canale tramite il quale si interfaccia con l’altro, ma rimane scarsamente comunicativo, non sono presenti i gesti deittici. Sembrerebbe comprendere prevalentemente alcune parole, ad alta risonanza, delle frasi semplici; la comprensione è molto mediata dalla comunicazione non verbale del terapista, soprattutto a livello della prosodia, dai gesti e dalle immagini.
PROFILO ATTUALE
Durante il percorso riabilitativo di Alberto si è osservata una notevole modifica degli aspetti comportamentali; se prima aveva un comportamento disregolato, impulsivo e caratterizzato da agitazione psicomotoria oggi non è più così. In generale si osserva un ragazzo tendenzialmente passivo, all’interno delle sedute di terapia collabora e svolge le attività ma in modo quasi automatico, viene colpito percettivamente dalle immagini o suoni, ma non appare motivato da essi. Nella maggior parte delle attività non mostra un coinvolgimento differente, non manifesta delle preferenze o dei rifiuti rispetto alle proposte ad eccezione delle attività che coinvolgono la musica: queste provocano una grande attivazione anche motoria con la comparsa di stereotipie e un lieve aumento delle aperture relazionali. Si osserva un aumento delle competenze inibitorie e dei tempi attentivi. Presenta dei notevoli progressi soprattutto sulla funzione “guardare”, in quanto si è osservato nel tempo un significativo incremento delle competenze a carico della fissazione, con tempi di fissazione che si aggirano tra i 500 millisecondi e 1 secondo e buoni movimenti saccadici. Si evidenziano maggiori difficoltà nell’inseguimento visivo guidato soprattutto per i movimenti verticali, mentre nell’inseguimento di un target che si muove sulla linea orizzontale si manifesta più abile, senza particolari differenze nel movimento da destra a sinistra o da sinistra a destra (non utilizza compensi del capo). Ha acquisito inoltre discrete capacità di esplorazione visiva e competenze visuo-percettive. Infine, un aspetto molto rilevante su cui porre l’accento è la trasversalità delle competenze acquisite da Alberto; infatti, le sue insegnanti hanno riportato un miglioramento nell’utilizzo del canale visivo per guidare le azioni nei contesti di vita quotidiana, una maggiore comprensione del mondo circostante e ciò ha aperto nuove possibilità riabilitative e di interazione. Tantoché a scuola hanno iniziato un percorso col fine di introdurre l’utilizzo di un tablet per compiere scelte, come ad esempio scegliere cosa mangiare, bere o la scelta di un’attività. Le insegnanti riportano un’emergente competenza del ragazzo di indicare tra due fotografie quella che predilige.
4.1.4 Roberto
Roberto 13 anni, alla nascita è stata riscontrata artrogriposi[30] multipla, estrema riduzione dell'attività spontanea, notevole rigidità degli arti inferiori con postura in iperestensione non riducibile, piedi abdotti e pronati, importante rigidità agli arti superiori con postura in flessione rigida, mani chiuse a pugno, tremori spontanei. A 3 mesi a causa di problematiche respiratorie è stato necessario un intervento per il posizionamento di tracheostomia. Ad un anno si è definita la diagnosi di “tetraparesi, aposturalità, scoliosi, deformità multiple e lussazione bilaterale, anche in quadro compatibile con artogriposi, episodi di ipertono generalizzato, sordità grave profonda bilaterale, disfagia da assenza della suzione, episodi di desaturazione e apnee respiratorie”. Nel 2017 è stata eseguita un’indagine genetica che ha portato al riscontro di doppia mutazione a carico del gene TOR1A presente in eterozigosi composta. Roberto ha iniziato il percorso riabilitativo presso la Fondazione TOG a 2 anni e 5 mesi. Da settembre del 2022 segue un percorso riabilitativo neuro e psicomotorio con il supporto dello strumento di Eye tracking, svolto con la compresenza del terapista della neuro e psicomotricità e della musicoterapista.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Roberto non ha raggiunto il controllo del capo, muove volontariamente gli occhi, lievemente il capo e un dito della mano, mentre a livello degli arti i movimenti volontari non sono presenti. Non è presente l'utilizzo funzionale delle mani, che tende a tenere chiuse a pugno. Si osserva una marcata ipotrofia muscolare diffusa, ipertono spastico, retrazioni articolari multiple. È posturato su una sedia a rotelle inclinata mantenendolo in una postura semisdraiata e per questo motivo, il setting prevede un particolare utilizzo dello schermo del computer in posizione orizzontale sopra il suo viso, con un'inclinazione verso sinistra per facilitarlo durante lo svolgimento dell'attività. L'aggancio visivo è possibile per distanza ravvicinata dal volto. Il capo viene mantenuto prevalentemente estroflesso e inclinato verso la spalla destra; lo sguardo preferenziale in basso a destra, in quanto l’occhio maggiormente utilizzato è il destro, mentre il sinistro risulta socchiuso e meno coinvolto nelle azioni visive. Roberto è in grado di fissare per un tempo ridotto (0.5/ 0.8 secondi) e in modo incostante: migliora con immagini grandi e ad alto contrasto cromatico. L’inseguimento e i movimenti saccadici sono molto inficiati dalla ridotta motilità oculare estrinseca, sono difficilmente evocabili con tempi di latenza, più compromesso verso destra e verso l’alto, verso sinistra si aiuta muovendo leggermente il capo. Tale competenza risulta modificabile in termini di organizzazione dello sguardo con l’integrazione di più canali sensoriali, in particolare con l’utilizzo di suoni. è in grado di organizzare lo sguardo e di portarlo fino alla linea mediana: presenta difficoltà importanti di esplorazione e ricerca spaziale. L’attività con l’Eye tracking si dimostra molto motivante e fonte di grande piacere: appena entra nella stanza e viene posto davanti allo schermo inizia da subito a esplorarlo e si manifesta maggiormente attivo e partecipe. Gli occhi sono più aperti, aumentano i movimenti anche del capo che aiutano il movimento degli occhi e si nota una variazione dello stato di tensione a livello di tutto il corpo. Roberto all’interno della seduta di terapia si mostra partecipe e motivato, attento ai cambiamenti che lo circondano. Roberto presenta un’emergente intenzionalità comunicativa, non presenta un sì e no affermati, ma manifesta l’accettazione o il rifiuto con reazioni corporee globali che sono agiti come conseguenza di una reazione allo stimolo esterno. Nello specifico lui utilizza le produzioni paralinguistiche, un aumento della tenzione muscolare e la mimica facciale per esprimere il malessere, mentre nei momenti di benessere, si manifesta più attento e attivo con maggiori aperture relazionali verso l’altro. Sembrerebbe comprendere prevalentemente alcune parole, ad alta risonanza, delle frasi semplici; la comprensione è molto mediata dalla comunicazione non verbale del terapista, soprattutto a livello della prosodia, dei gesti e dalle immagini. Roberto non è in grado di compiere delle scelte consapevoli e coerenti, e non sembrerebbe aver acquisito la consapevolezza dei rapporti di causa-effetto: soffre di molti dolori fisici che intralciano nello svolgimento delle terapie e nelle attività di vita quotidiana.
PROFILO ATTUALE
Per quanto riguarda la fissazione sono stati progressivamente aumentati i tempi di risposta fino ad arrivare ad un tempo di fissazione di 1,0/1,2 sec. Si è visto un lieve miglioramento anche a livello dei movimenti oculari, saccadici e di inseguimento. Durante le attività con l’Eye tracking Roberto si impegna molto e tende ad aiutarsi a spostare lo sguardo muovendo il capo; per questo motivo non viene prolungato troppo a lungo nel tempo lo svolgimento dell’attività, ma si preferisce lavorare per un tempo breve ed effettuare diverse pause. La forte motivazione rispetto all’attività, inoltre, porta a un aumento dei tempi attentivi e ad un migliore controllo dei movimenti oculari e del capo che sono ben integrati e finalizzati all’obiettivo. Si è osservato nel tempo un aumento dell’intenzionalità comunicativa e un miglioramento nel compiere una scelta, ma a causa della ridotta motilità oculare, fatica a compierla in modo consapevole e coerente, e capita che, essendo le immagini vicine, venga selezionata una invece che l'altra. Roberto ad oggi appare in grado di comprendere i rapporti di causa effetto derivanti dal suo agito. Lo strumento Eye tracking è già utilizzato a scuola da diverso tempo e viene usato anche con i compagni, in maniera da integrare Roberto nelle attività svolte. In ambito familiare si è cominciato da poco a utilizzarlo, con l'obiettivo di farlo partecipare alle scelte della vita quotidiana in maniera attiva (per esempio quale canzone ascoltare o quale programma tv guardare o anche più semplicemente in che stanza stare).
4.1.5 Sophie
Sophie 12 anni, il primo periodo di vita è stato caratterizzato da crescita scarsa, una suzione lenta e da una reazione di rifiuto al cibo, per cui è stata alimentata tramite sondino. Dall’indagine genetiche svolte è stata riscontrata una delezione del cromosoma 13. La visita oculistica effettuata a 8 mesi ha diagnosticato la presenza di retinoblastoma bilaterale, curato con chemioterapia e termo laser terapia. L'ultimo trattamento è avvenuto all’età di 2 anni, periodo in cui sono insorte le prime crisi epilettiche. Ritardo dello sviluppo psicomotorio: il controllo del capo è stato acquisito dai 14/15 mesi; il rotolo e lo striscio dai 18 mesi, periodo in cui sono emersi anche i primi vocalizzi; la deambulazione, con supporto di ausili, è stata raggiunta a 5 anni. Dall’ultima valutazione cognitiva effettuata a 9 anni mediante scala Leiter R è emerso un Ql breve di 63. Ha iniziato la presa in carico presso la Fondazione TOG a 2 anni e 3 mesi, dall’aprile del 2021 ha iniziato il percorso riabilitativo neuro e psicomotorio con supporto del sistema di Eye tracking.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Sophie presenta una ipotonia globale, prevalente agli arti, che condiziona il cammino autonomo e le prassie manuali. Buon controllo del tronco da seduta. Utilizza un deambulatore per brevi spostamenti, con difficoltà negli aspetti di equilibrio, soprattutto dinamico, che le richiedono il sostegno da parte del terapista. Inoltre, è presente una ipercinesia, che la porta a perdere il controllo del movimento, perciò, necessita di appoggi esterni nei passaggi posturali. A livello degli arti superiori, Sophie è in grado di compiere atti di manipolazione degli oggetti ma con difficoltà. Tutte le attività motorie compiute dalla bambina sono inficiate da continui movimenti stereotipati di rotazione del capo sul piano orizzontale. Sophie porta delle lenti correttive, tende a tenere il capo inclinato sulla spalla sinistra, lievemente ruotato a destra, presenta esotropia[31] all’occhio sinistro e movimenti oculari anomali. La fissazione è presente in modo incostante per un tempo molto ridotto. L’inseguimento visivo è discontinuo ma, migliore con l’aiuto del capo in ogni direzione di sguardo; a capo fermo tale inseguimento appare poco fluido e organizzato. I movimenti saccadici sono difficilmente evocabili sia su piano orizzontale che verticale, inoltre sono lievemente asimmetrici (a destra sono migliori che a sinistra e in alto meglio che in basso). Il movimento continuo della testa inficia moltissimo le competenze visive; inoltre sembrerebbe che tenda a utilizzare molto la visione periferica più che quella foveale. Da subito ha manifestato interesse e coinvolgimento all’utilizzo dello strumento di Eye tracking. Sophie è partecipativa e attiva nelle sedute, collabora nelle attività ma talvolta tende a voler condurre la terapia, richiedendo attività nuove o diverse e reagendo in modo contrariato di fronte ad una non adesione alla sua proposta. Durante le sedute si sono manifestati dei comportamenti lievemente oppositivi nei momenti in cui non riesce a compiere l’attività, manifestando delle fatiche nella gestione della frustrazione. Inoltre, presenta anche un certo grado di rigidità al cambiamento che la porta a richiedere le stesse attività e fatica a modificarle. È incostante nelle manifestazioni comportamentali e attentive, in quanto molto condizionata dalla situazione emotiva o di stanchezza del momento. In generale però si osserva interesse e piacere nella relazione con il terapista al quale chiede aiuto nei momenti di difficoltà. Presenta una buona intenzionalità comunicativa espressa sia con canale non verbale che verbale: il canale non verbale lo esprime attraverso una mimica variata, gli atteggiamenti posturali (abbassa la testa, chiude le spalle in momenti di frustrazione), infine utilizza il pointing. Lei è l’unico soggetto del campione che presenta un linguaggio verbale, questo è caratterizzato da difficoltà a livello morfosintattico e semantico, ciò nonostante è chiaramente intellegibile, utilizza frasi semplici contestuali e talvolta anche la parola frase. Presenta un vocabolario ridotto e stereotipato e fatica nel rispettare i turni della comunicazione. Pur con discrete capacità di comprensione verbale, talvolta necessita dell’integrazione della comunicazione non verbale, in particolare la prosodia, dell’interlocutore. L’attenzione sostenuta e selettiva sono labili (migliorano lievemente in attività condivise e motivanti), quella condivisa è discreta, con tempi attentivi ridotti. Durante le attività è facilmente distraibile da stimoli interni ed esterni portando una frammentazione della stessa. Sophie manifesta fatica a carico dell’inibizione, soprattutto motoria, che le comporta la difficoltà di fermare quel movimento del capo sopradescritto.
PROFILO ATTUALE
Si è osservato durante questo percorso un miglioramento in tutte le componenti visive, con un aumento dei tempi di fissazione e un maggiore controllo dei movimenti saccadici e di inseguimento visivo. Ad oggi rimangono delle importanti fatiche in questo aspetto, necessitando che sia il terapista a sollecitarla a “fermare la testa”. Questa disinibizione motoria continua a impattare anche sulle attività quotidiane come nella deambulazione, ma anche qui, se viene sollecitata dall’esterno lei è in grado di esercitare un maggiore controllo. Infine, queste competenze sono fortemente connesse alla motivazione rispetto all’attività; questo permette un aumento significativo dei tempi attentivi con un conseguente impatto sulle competenze della funzione “guardare”. Si è inoltre osservato una maggiore disponibilità di fronte a richieste nuove e complesse, alle quali reagisce con una minore opposizione e chiusura, accettando maggiormente il cambiamento.
4.1.6 Vittoria
Vittoria 11 anni, dai primi momenti di vita si è manifestata tachicardia fetale per sospetta aspirazione di meconio e a 3 ore di vita esordio convulsioni. Presenta tetraparesi spastica esito di encefalopatia ipossico ischemica. All’ultima scala Leiter-R effettuata in data 7-11-20 ottiene un punteggio di Ql breve 71. È seguita in trattamento riabilitativo ambulatoriale presso la Fondazione TOG dai 9 mesi. Vittoria ha iniziato ad utilizzare la CAA all’età di 3 anni per compiere scelte rispetto a giochi e attività, utilizzando sia simboli sia attraverso il sostegno della comunicazione non verbale. Si è poi passati alla costruzione di una tabella di CAA cartacea che le ha permesso di raccontare esperienze e comunicare con un interlocutore. Ha iniziato un percorso di terapia neuro e psicomotoria supportata dal Eye tracking nel 2019
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Vittoria presenta controllo del capo consolidato mentre quello del tronco è maggiormente instabile. I movimenti distonici degli arti superiori impattano sulla motricità volontaria. Non è presente la deambulazione; utilizza una carrozzina ed una seduta personalizzate; è in grado di afferrare e rilasciare volontariamente gli oggetti, utilizzando una presa palmare, con un uso prevalente dell’arto di destra; è presente il pointing, svolto con discreta dissociazione del dito indice. Non si evidenziano deficit uditivi e di acuità visiva, mentre per quanto riguarda la funzione visiva “guardare”, Vittoria ha una fissazione presente e duratura (1/1.5 secondi); è in grado di completare l’inseguimento visivo sul piano orizzontale con compenso del capo, a capo fermo tale aspetto appare più difficoltoso e meno fluido. I movimenti saccadici sono evocabili sia sul piano orizzontale che sul piano verticale con una lieve maggior prontezza di risposte a destra. Sfrutta le inclinazioni e le rotazioni alternanti del capo per agganciare lo stimolo nelle diverse porzioni del campo visivo. Vittoria è attiva, partecipativa e collabora nelle attività proposte e l’attività in Eye tracking è molto motivante per lei. Non si evidenziano difficoltà nella gestione della frustrazione e si adatta in modo adeguato alle variazioni e alle nuove proposte di attività, ma fatica nei momenti di attesa e nel rispetto dei turni sia nelle attività che nella comunicazione. In generale manifesta buone competenze relazionali e interesse nell’interazione con l’altro, possiede una buona intenzionalità comunicativa che passa dalla comunicazione non verbale e dall’utilizzo della comunicazione aumentativa alternativa, la comunicazione verbale non è presente. A livello di comunicazione non verbale presenta una mimica ben modulata e coerente alla situazione e ai suoi stati emotivi, le produzioni paralinguistiche sono diversificate per manifestare la felicità, la rabbia o il rifiuto; possiede un sì e no affermati che esprime tramite il tocco ai simboli posti sui braccioli della carrozzina (sì sul destro, no sul sinistro). Utilizza una tabella di comunicazione cartacea per la CAA: nell’utilizzo di questa, necessita della mediazione di un adulto che, oltre a girare le pagine, la sostenga nella scelta del simbolo. È in grado di compiere scelte coerenti alle situazioni e alle richieste. Ha buone capacità di comprensione di frasi complete contestuali mentre, fatica maggiormente nelle frasi non contestuali (in questo caso la comprensione viene facilitata dal supporto di immagini). Vittoria ha discrete competenze di attenzione condivisa, mentre si evidenziano maggiori difficoltà nell’attenzione sostenuta e selettiva con tempi attentivi ridotti che inficiano sulle attività. Inoltre, ha anche difficoltà a carico dell’inibizione che, insieme alle difficoltà attentive, la portano ad essere imprecisa nelle attività svolte con l’Eye tracking. Infine, fatica nello spostare il focus attentivo da ciò che succede sullo schermo all’ambiente che la circonda.
PROFILO ATTUALE
Durante il suo percorso, si è osservato un miglioramento negli aspetti visivi della funzione “guardare”, ad oggi Vittoria fissa un target per una durata più prolungata circa 2,5 secondi, l’inseguimento visivo è più fluido in tutte le direzioni e non utilizza i compensi del capo, infine i movimenti saccadici sono più rapidi e facilmente evocabili. Anche a livello attentivo si notano dei miglioramenti, è in grado di restare sul compito per un tempo maggiore e dimostra anche miglioramento nel livello di autonomia. Vittoria è in grado di compiere attività di categorizzazione, seriazione e classificazione. Il livello di attenzione condivisa e di vigilanza all’ambiente è migliorato: prima faticava a spostare il focus attentivo da quello che succedeva nello schermo a ciò che c’era nella stanza, mentre ora è in grado di svolgere l’attività e contestualmente si accorge dei cambiamenti che la circondano.
Per quanto riguarda la costruzione e l’utilizzo della tabella CAA computerizzata si notano dei miglioramenti: Vittoria mostra una maggiore autonomia nell’utilizzo della tabella di comunicazione con una maggiore motivazione al racconto e un aumento dell’iniziativa comunicativa.
4.1.7 Benedetta
Benedetta 11 anni, nata pretermine (33 settimane) con parto cesareo urgente per sofferenza fetale, con grave bradicardia causata da distacco di placenta, Apgar 0/0 per arresto cardiorespiratorio viene rianimata ed effettuata ipotermia e viene intubata per 3 giorni. Ad oggi la diagnosi e di tetraparesi distonica esito di sofferenza neonatale. Benedetta è seguita presso il centro TOG dai 6 mesi di età, dall’ottobre del 2019 ha iniziato il percorso neuro e psicomotorio con l’utilizzo dell’Eye tracking. In merito agli aspetti neurovisivi, (visita neuro oftalmologica effettuata a un anno e 9 mesi) ha evidenziato un "deficit visivo di origine centrale, caratterizzato da astigmatismo, a tratti extrotopia alterna, severo deficit delle funzioni visive di base". Mentre l’ultimo controllo svolto a 5 anni ha misurato l'acuità visiva tramite “Teller Acuity cards[32]” dando come risultati: a cm 84 (distanza corretta per la somministrazione del test in relazione all'età) non si evocano risposte, anche legate alla difficoltà a mantenere l'attenzione a distanza; a cm 38 è in grado di percepire lo stimolo in modo binoculare.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Benedetta presenta un controllo non completo del capo e del tronco, con il capo ruotato preferenzialmente a destra. La motricità spontanea è ridotta e disturbata dalle distonie, è in grado di afferrare oggetti posti a breve distanza. La compromissione motoria limita la possibilità di interazione con l'ambiente causandole frustrazione. Benedetta è generalmente oppositiva e passiva, fatica nel collaborare alle attività, per alcune prova interesse, prevalentemente quelle che riguardano la musica, e durante queste attività si manifesta maggiormente convolta e interessata. Al contrario se le si propone una attività differente, manifesta una forte opposizione che esprime con un’irrequietezza, inarcando la schiena, muovendo gli arti superiori in modo non modulato, producendo delle produzioni paralinguistiche, girando il capo rifiutandosi così di guardare lo schermo. Fatica ad accettare le variazioni e i cambiamenti e tende a rifiutarli senza adattarsi a essi. Tali manifestazioni talvolta sono presenti anche in attività che in precedenza la interessavano. Questo inficia molto le sedute di terapia. Non si evidenziano deficit sensoriali a livello uditivo, mentre, per quanto riguarda gli aspetti visivi Benedetta ha uno sguardo preferenzialmente deviato a destra, con difficoltà nell’esplorazione e inseguimento visivo nel campo controlaterale. La fissazione è alternante con maggiore utilizzo dell’occhio destro, è facilitata dalla presenza di target con colori vivaci e ad alto contrasto in ambiente semioscuro; lei "segue" con il capo in modo discontinuo e per un breve tratto sul piano orizzontale, più facilmente a destra mentre con maggiore difficoltà a sinistra e verso l'alto. I movimenti saccadici di localizzazione sono più facilmente evocabili integrando l'informazione sonora alla visiva, con evidente latenza di risposta. Le sue competenze attentive sono fortemente legate all’interesse per l’attività, mentre presenta difficoltà per quanto riguarda l’attenzione condivisa: fatica nei compiti di inibizione e spesso assume un comportamento disregolato. La musica per lei rappresenta un canale motivante con il quale si ha un leggero aumento degli aspetti attentivi e un aumento delle aperture relazionali. A livello comunicativo Benedetta presenta una scarsa intenzionalità comunicativa che è limitata esclusivamente a condizioni di grande malessere o ad attività fortemente motivanti. Non ha acquisito il sì e no consapevoli e affermati, ma esprime, attraverso una reazione globale e contestuale, l’accettazione o il rifiuto alle situazioni che la circondano. Lo fa attraverso la comunicazione non verbale principalmente con una mimica ipovariata, con atteggiamenti posturali in apertura o chiusura, e produzioni paralinguistiche messe in atto per manifestare il rifiuto. Il linguaggio verbale è assente. Benedetta mostra discrete abilità a livello di comprensione del messaggio verbale, questo talvolta viene anche sostenuto dalla prosodia della terapista.
PROFILO ATTUALE
Grazie all’ingresso del genitore in stanza di terapia, si è notato un miglioramento in tutti gli aspetti relazionali di Benedetta: appare più tranquilla e disponibile alla relazione con la diminuzione degli atteggiamenti oppositivi e passivi e ha una maggiore intenzionalità comunicativa. Gli aspetti attentivi sono migliorati e di conseguenza anche quelli visivi. In attività molto motivanti Benedetta è in grado di evocare in modo più duraturo l'aggancio visivo e svolgere lo spostamento di sguardo da sinistra a destra, modulato e lento ma discontinuo, è in grado inoltre di utilizzare delle strategie per spostare lo sguardo, ovvero muovendo anche il capo per agevolare il movimento degli occhi. È emergente la sua capacità di riconoscere nelle immagini gli oggetti delle proprie conoscenze; questa competenza è limitata a immagini molto semplici, di oggetti altamente significativi accompagnati dalla comunicazione verbale della terapista. Ma questo evidenzia l’accesso al simbolo; inoltre, la CAA viene anche utilizzata per supportare la sua comprensione verbale. Benedetta con supporto della terapista è in grado di compiere scelte coerenti e contestuali rispetto alla situazione e alle richieste.
4.1.8 Raffaele
Raffaele 9 anni nato da gravidanza gemellare monocoriale monoamniotica caratterizzata dal decesso del gemello alla 25° settimana e parto alla 27° settimana mediante taglio cesareo per alterazione flussi fetali. Peso alla nascita 932,8 e Apgar 6/7. Ad oggi presenta diagnosi di tetraparesi spastica, ritardo psicomotorio, sordità profonda bilaterale percettiva, epilessia sintomatica esito di prematurità. Inizia la presa in carico presso la Fondazione TOG all’età di un anno e 9 mesi, da settembre 2021 ha iniziato la terapia neuro e psicomotoria con il supporto dell’Eye tracker.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Raffaele presenta un incompleto controllo del capo che sostiene solo per brevi momenti e un assente controllo del tronco: tende a mantenere il capo iperesteso appoggiandosi al poggiatesta della sedia a rotelle, guardando verso l’alto. Presenta una significativa riduzione della motricità volontaria, l’utilizzo dell’arto superiore di sinistra risulta maggiormente funzionale rispetto al destro, è in grado di afferrare l’oggetto che gli viene dato ma, non effettua un rilascio volontario. Raffaele porta le mani alla bocca e muove gli arti superiori sulla linea mediana, mentre gli arti inferiori sono maggiormente compromessi. Tende a portare le mani alla bocca, mordere le dita e questa azione lo distrae anche dalle attività da svolgere. Mostra una soglia sensoriale molto bassa; spesso, a fronte di stimolazioni sonore o tattili sobbalza e si spaventa con uno stato di maggiore agitazione e difficoltà nel ritrovare l’equilibrio. Per quanto riguarda le competenze visive, presenta una ridotta acuità visiva; una fissazione incostante, che è favorita dalla presenza di target di medio-grande dimensioni e ad elevato contrasto cromatico. L’inseguimento visivo è discontinuo in ogni direzione di sguardo: tale competenza migliora in presenza di target che emettono suoni (che però devono essere di volume non troppo alto e non improvvisi). i movimenti saccadici sono poco fluidi ed organizzabili sia sul piano orizzontale che sul piano verticale. Durante l’attività Raffaele tende a mantenere il capo inclinato sulla spalla destra e ruotato a sinistra; nelle performance oculomotorie sembra che vada meglio a sinistra e verso l’alto. Con l’Eye-tracker riesce a modificarsi posturalmente (verticalizza e mette il capo in asse con il tronco quando è molto motivato). Raffaele manifesta delle prestazioni molto fluttuanti rispetto alla motivazione, con le attività gradite è maggiormente in grado di controllare il capo, anche se per brevi periodi, e i movimenti oculari, mentre nelle altre il capo viene completamente abbandonato all’indietro e i tempi di fissazione si riducono notevolmente. Raffaele appare interessato all’attività con lo strumento in quanto è attratto dalle nuove esperienze, ma quando un attività gli viene riproposta tende a assumere un atteggiamento a tratti oppositivo; di fronte ad una richiesta nota o che gli richiede un maggiore sforzo, reagisce chiudendo gli occhi o lasciando cadere la testa di lato, rifiutandosi attivamente di compiere l’azione, emette dei suoni paralinguistici, assume una mimica “contrariata” e inizia a mettere in atto una serie di comportamenti disfunzionali, come portare le mani alla bocca o sputare la saliva. Fatica a gestire la frustrazione e accettare situazioni più richiestive, di fronte alle quali attua comportamenti di chiusura e rifiuto che manifesta attraverso la comunicazione non verbale. Il linguaggio verbale è assente. Presenta una intenzionalità comunicativa scarsa, è attento a ciò che lo circonda, ma ne risulta poco interessato: le sue manifestazioni comunicative sono principalmente limitate a forti stimolazioni esterne o interne, presenta in generale una comunicazione limitata sia per gli stati di benessere che malessere attraverso una mimica ipovariata (con un sorriso che sembra non sempre coerente con il contesto), e con l’assunzione di tutti quegli atteggiamenti oppositivi sopradescritti. Non è presente l’utilizzo di gesti deittici, e non possiede un sì o no affermato. Raffaele accetta il contatto corporeo, ma non ne sembra motivato o interessato; il contatto oculare è un canale maggiormente investito, nel quale prova interesse (guarda le persone e gli ambienti) comunque si mantiene con un tempo molto ridotto. Discreta la comprensione contestuale soprattutto legata alla comunicazione non verbale del terapista, in particolar modo alla prosodia e al tono. Le capacità attentive sono labili, in particolare presenta tempi attentivi molto ridotti, con difficoltà nell’attenzione condivisa e selettiva, è facilmente distraibile da stimoli esterni e interni e manifesta difficoltà nei momenti di attesa e nell’inibizione.
PROFILO ATTUALE
Durante questo periodo si è osservato un miglioramento negli aspetti comportamentali, con anche un aumento delle aperture alla relazione. L’attività in Eye tracking per lui è motivante: accoglie il terapista sorridendo e posto davanti allo schermo, inizia subito a guardarlo mostrando un iniziale interesse. Solitamente questa motivazione va a diminuire nel proseguimento della seduta e verso la fine (dopo circa 30 minuti), Raffaele appare meno motivato e tende a orientarsi con il capo verso la porta, assumendo una postura meno funzionale al compito. In generale si è osservato un miglioramento dei tratti oppositivi, ancora presenti ma con minore persistenza. Anche a livello di competenze visive si è osservata una evoluzione. ad oggi Raffaele ha un maggiore controllo del capo e dello sguardo che rimangono preferenzialmente rivolti verso l’alto e verso destra, ma in attività motivanti è in grado di osservare anche immagini poste più in basso e a sinistra. in questi casi, a volte compensa con il movimento della testa, altre volte è utile che il terapista aiuti il bambino nei compiti di ricerca visiva, guidandolo nei movimenti di esplorazione, utilizzando un oggetto ad alto contrasto (che segue per arrivare a osservare l’item) oppure anche aiutandolo a sorreggere il capo e a mantenerlo lungo l’asse verticale. Si è, in generale, osservato un aumento dei tempi di fissazione e un miglioramento dei movimenti oculari sia di inseguimento che saccadici, questo ha avuto una reciproca influenza sulle competenze di controllo del capo. Anche le capacità attentive sono migliorate: in attività nuove, quelle per lui più interessanti, manifesta discrete capacità di attenzione sostenuta e condivisa, mentre si evidenziano sempre delle difficoltà a livello di attenzione selettiva. Dimostra di riconoscere le attività svolte nelle sedute precedenti e di comprendere il nesso tra il guardare la figura target e la conseguenza del suo sguardo (ovvero l’attivazione di un suono o del movimento dell’immagine stessa).
4.1.9 Leonardo
Leonardo 6 anni, presenta un quadro clinico di tetraparesi mista, con ritardo cognitivo profondo ed epilessia farmacoresistente, causata da gravi esiti da danno ipossico-ischemico perinatale. Alla nascita si presentano 3 giri di cordone con Apgar 0-3-7, ripresa frequenza cardiaca a 8 minuti dalla nascita, trasferito in terapia intensiva neonatale (TIN) tenuto in ipotermia per 72 ore, EEG nei primi giorni di vita evidenzia una gravissima sofferenza celebrale diffusa e crisi epilettiche ogni 1-2 minuti trattate farmacologicamente. In merito agli aspetti oculistici, la prima visita ortottica eseguita a 5 mesi evidenzia palpebre abbassate e occhi ruotati verso il basso e in divergenza, a tratti pare fugace l’aggancio visivo nell’emicampo sinistro solo con sorgente luminosa a 10-15 cm. La misurazione della acuità visiva di risoluzione, svolta nel 2021 tramite Teller Acuity cards riporta: a cm 38 la percezione della prima tavola del test (low vision test). Seguito da trattamento ambulatoriale riabilitativo presso il centro TOG dal 2019, da marzo del 2021 svolge la terapia neuro e psicomotoria con supporto del Eye tracking.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Presenta una motricità spontanea significativamente ridotta. Il controllo del capo e del tronco sono ancora incompleti, ma se motivato, a volte solleva il capo in autonomia: muove in modo volontario gli occhi e la bocca, mentre a livello degli arti, i movimenti volontari non sono presenti. Assente l’utilizzo funzionale delle mani che tende a tenere chiuse a pugno. Presenta un’acuità visiva sotto la norma con disallineamento degli assi visivi (exotropia alterna), l’aggancio visivo è possibile per distanza ravvicinata (20-30cm), sebbene in modo incostante; fatica molto nella ricerca visiva, necessitando di un grande aiuto dato dalla terapista, con la voce o con l’indicazione del target. Inoltre, presenta una posizione anomala del capo, preferenzialmente rivolto a destra, come anche lo sguardo; ha difficoltà nell’esplorazione dell’emicampo visivo sinistro, rivelandosi invece mediamente abile in quello destro, anche con oggetti che si spostano lievemente nel senso verticale. Attraverso l’allenamento Leonardo inizia a compiere qualche movimento del capo come strategia e aggiustamento per esplorare l’emicampo escluso: i tempi di fissazione sono molto brevi. Riconosce i volti e le voci delle persone note e la stanza di terapia. Leonardo è coinvolto e interessato dalla presenza dell’altro, orientandosi verso la sua voce, e abbozzando un sorriso. Anche il contatto corporeo appare gradito e ben tollerato. In generale Leonardo è presente e collaborativo nelle sedute di terapia. Si esprime talvolta mediante vocalizzi discretamente modulati, più che altro, per manifestare il fastidio, attraverso il pianto. Leonardo ha una discreta intenzionalità comunicativa e un emergente differenziazione del sì e del no che comunica in modo agito globalmente. Il bambino è in grado, con minima mediazione della terapista, di compiere delle scelte coerenti alle richieste e al contesto, è emergente la cognizione dei rapporti di causa-effetto. A livello attentivo Leonardo presenta tempi attentivi ridotti, con difficoltà nell’attenzione selettiva mentre dimostra maggiori competenze a carico di quella condivisa. In generale le terapie con Leonardo sono molto incostanti, in quanto fortemente connesse alla condizione epilettica di quel giorno o periodo; anche all’interno della stessa seduta le competenze del bambino sono fluttuanti in base alla presenza o meno di crisi, che li arrecano molto disturbo, interrompendo le attività e creando poi una condizione di malessere e di grande affaticamento.
PROFILO ATTUALE
Leonardo ha manifestato un percorso terapeutico sempre molto legato alle sue condizioni di salute instabili. Per questo si vogliono sottolineare due momenti differenti in cui è possibile osservare le sue acquisizioni: tramite la terapia supportata dal sistema Eye tracking Leonardo ha avuto un iniziale miglioramento nel controllo del capo in attività motivanti, e delle competenze visive nella componente “guardare”, di inseguimento visivo ed esplorazione visiva; infatti, alla fine del 2021 utilizzava il capo come compenso, esplorando anche il campo visivo sinistro. I tempi di fissazione rimangono molto brevi anche se lievemente aumentati.
In generale in questa prima fase era più controllato e presente, compiendo azioni visive più coscienti. Scegliendo tra tre item in modo coerente, con cognizione di causa-effetto. Tali scelte erano supportate da migliori competenze visive; inoltre, Leonardo era più in relazione e aveva una maggiore intenzionalità comunicativa; agiva sul mondo in modo consapevole, rispetto all’ultimo anno dove molte di queste acquisizioni sono state perse. Ad oggi durante lo svolgimento delle terapie a volte è necessario spostare la sedia a rotelle con una angolazione di 45° rispetto allo schermo per favorire Leonardo nell’esplorazione visiva, altre volte invece la terapista lo aiuta sorreggendogli il capo e guidandolo, leggermente, nell’esplorazione del campo visivo o nell’inseguimento, così da favorire il controllo dei movimenti oculari.
Nonostante questo periodo di maggiore difficoltà, l’attività con supporto dell’Eye tracking si è dimostrata utile sia per stabilire un momento di benessere e relazione con la terapista, ma anche per i genitori. Infatti, loro stessi nelle comunicazioni con la struttura condividono il fatto di utilizzare lo strumento a casa per far partecipare Leonardo in attività quotidiane creando un momento di condivisione.
4.1.10 Giacomo
Giacomo 6 anni, a 4 giorni di vita, comparsa di episodi di carattere epilettici, il test di screening genetico riscontra una variante de novo del gene CACNAIG sul braccio lungo del cromosoma 17, associato ad anomalie del SNC, epilessia, ritardo dello sviluppo, anomalie scheletriche. Ad oggi la diagnosi è “encefalopatia epilettica geneticamente determinata CACNA1G (mutazione in eterozigosi, de novo), grave ritardo psicomotorio, disturbo del movimento discinetico, severo deficit visivo di origine centrale”. Dall’ultima visita neuroftalmologica risulta un’acuità visiva di risoluzione (Teller Acuity Cards): ad una distanza di 38 cm, in visione binoculare, si ottengono risposte fino ad un valore di acuità visiva pari a 0.07 decimi, valore inferiore ai limiti di norma per l'età. Ha iniziato la presa in carico presso la Fondazione TOG a 4 anni, dall’ottobre del 2021 ha iniziato un percorso neuro e psicomotorio con il supporto del Eye tracker con cadenza mono settimanale.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Giacomo presenta un controllo del capo e del tronco incompleti; non mantiene in autonomia la posizione seduta e inizia ad usare l'appoggio delle mani per stabilizzarsi. La motricità spontanea è povera e stereotipata, a livello degli arti superiori è presente riduzione del trofismo muscolare e ipotonia muscolare, difficilmente sono portati sulla linea mediana ma predilige tenerli abdotti, le mani sono mantenute preferenzialmente chiuse, ma spontaneamente apribili, fatica nell’afferrare un oggetto che gli viene dato, se lo fa lo porta sulla linea mediana, ma tale azione non è controllata dallo sguardo (difficoltà di coordinazione oculo-manuale). È maggiormente attratto dagli oggetti multisensoriali. A livello visivo è presente la percezione e la localizzazione della luce: il bambino orienta lo sguardo in direzione della fonte luminosa. Si osservano, in ambiente oscurato ed alla presentazione a distanza ravvicinata di target illuminati, reazioni comportamentali di percezione visiva quali il sorriso, il vocalizzo e l'orientamento dello sguardo in direzione della fonte luminosa. La fissazione visiva è fugace, ma favorita da target illuminati in ambiente oscurato, target ad elevato contrasto cromatico e presentati a distanza ravvicinata (10-12 cm). L’inseguimento visivo è difficilmente evocabile e i movimenti saccadici non sono presenti. In generale Giacomo presenta un’attenzione visiva fluttuante con difficoltà in tutte e tre le funzioni visive. Giacomo appare riconoscere luoghi e persone alla quali sorride, è attratto e interessato dall’attività con Eye tracker che lo rende maggiormente attivo e partecipe alle terapie svolte accompagnato dalla madre che lo aiuta a mantenere la postura, in assenza di un sistema posturale maggiormente adeguato. A livello relazionale appare interessato alle figure presenti nella stanza e rassicurato dalla presenza della madre. Ha una emergente intenzionalità comunicativa; emette gorgheggi e vocalizzi per richiamare l’attenzione dell’adulto, inoltre sono presenti segnali comunicativi sempre più chiari, ma che necessitano di essere sostenuti dall’adulto e consolidati: “Sì”, “No” e “Ancora” sono comunicati con produzioni paralinguistiche. Comprende parole e frasi contestuali di uso quotidiano. La comunicazione verbale è assente mentre quella non verbale è espressa tramite l’utilizzo della mimica, degli atteggiamenti posturali: manifesta un aumento dell’agitazione motoria, una postura meno controllata e pianto, nel caso di fastidio e malessere. Giacomo presenta un’attenzione sostenuta, selettiva e condivisa labili con tempi attentivi molto ridotti, le sue percezioni interne sono fonte di grande fastidio e distrazione spesso portando ad azioni frammentate, inoltre presenta difficoltà nei compiti di inibizione. Sembra avere consapevolezza del rapporto di causa-effetto derivante dalle sue azioni. Compie delle scelte in modo non sempre coerente e contestuale.
PROFILO ATTUALE
Giacomo presenta ad oggi un migliore controllo del capo e notevoli cambiamenti per quanto riguarda le competenze visive, in particolare si osserva un incremento dei tempi di fissazione (circa 0.5/0.8 secondi), dei movimenti oculari di inseguimento visivo, durante i quali si aiuta anche con il compenso del capo, sebbene rimanga discontinuo; i saccadici invece sono difficilmente evocabili. Si osserva infine, una migliore e più organizzata esplorazione visiva dello schermo. Si è inoltre osservata, una maggiore apertura alla relazione e un aumento della intenzionalità comunicativa che viene anche espressa in modo più codificato e stabile; tende a fissare ciò che desidera e anche il sì e il no sono espressi con maggiore precisione. Da ciò che è stato riportato dal genitore, si riscontra una generalizzazione delle competenze acquisite anche in altri contesti di vita; infatti, la mamma riporta un bambino più attento alle variazioni che lo circondano e più presente nelle interazioni con gli altri, osserva maggiormente chi gli parla o la fonte di un rumore, guarda i cartoni animati (e non li ascolta e basta). In generale utilizza maggiormente il canale visivo in tutti i contesti di vita.
4.1.11 Viviana
Viviana 3 anni, a 3 mesi comparsa di episodio critico con clonie nell’emilato sinistro portata in pronto soccorso viene dimessa con diagnosi epilessia focale da malformazione cerebrale. Test di screening genetici hanno, in seguito, identificato una mutazione del gene ATP1A3. La visita oculistica eseguita a marzo del 2020 evidenzia ipermetropia corretta con occhiali e strabismo sia dell’occhio destro che sinistro. Viviana è presa in carico presso la Fondazione TOG dall’età di 2 anni, dall’ottobre del 2022 ha iniziato un percorso di neuro e psicomotricità con supporto del sistema Eye tracking.
PROFILO NEURO E PSICOMOTORIO ALL’INIZIO DELL’INTERVENTO
Viviana possiede un incompleto controllo del capo e del tronco, presenta una limitazione della motricità volontaria; afferra gli oggetti con una presa palmare e li esplora con un numero limitato di atti (principalmente muovendo dall’alto verso il basso e viceversa) utilizzando soprattutto l’arto superiore destro. Non compie atti di manipolazione o attività bimanuali; è molto attratta dagli oggetti reali, soprattutto da quelli con caratteristiche sensoriali accentuate, come strumenti musicali o con colori vivaci e ad alto contrasto cromatico. Viviana presenta dal punto di vista delle competenze visive una ridotta acuità visiva per cui porta delle lenti correttive, mentre per quanto concerne la funzione “guardare” non si evidenziano preferenze di emilato nell’esplorazione visiva: il campo visivo appare integro. Possiede discrete abilità di fissazione (1.5/2 secondi), anche le competenze di inseguimento visivo appaiono integre sia nella fissazione verticale che orizzontale, per quanto concerne i movimenti saccadici questi sembrano più difficoltosi. Attua spesso, come strategia di compenso, il movimento del capo. Non si evidenziano movimenti oculari anomali. A livello degli altri canali sensoriali non sono presenti alterazioni; si manifesta molto coinvolta anche dal canale uditivo con l’uso della musica, riconosce e segue le voci dei caregiver, ed è piacevolmente coinvolta dal contatto corporeo. Viviana è attiva e partecipativa nelle attività; accoglie la terapista in sala d’attesa con entusiasmo ed entra nella stanza accompagnata dalla madre che la aiuta a mantenere la postura, in assenza di un sistema posturale maggiormente adeguato. Appena posta davanti allo schermo inizia subito ad esplorarlo con interesse e coinvolgimento. La bambina mostra interesse e piacere nella relazione con la terapista, ma a volte l’attività con lo schermo tende a focalizzare la sua attenzione e portarla ad escludere l’altro, necessitando che venga bloccato il sistema di Eye tracking o oscurato lo schermo. A questo cambiamento reagisce con un atteggiamento di chiusura e rifiuto manifestato attraverso la comunicazione non verbale. Viviana possiede discrete capacità di intenzionalità comunicativa, che passano dalla comunicazione non verbale, in particolare modo dalla mimica, che si presenta variata, e dall’uso di un movimento dell’arto superiore di destra, che muove dall’altro verso il basso, per comunicare il piacere rispetto all’attività. Comunica il sì e no in modo agito globalmente e rispetto a situazioni contestuali, per comunicare l’accettazione o il rifiuto. Manifesta il no con l’assunzione di una postura più di chiusura, non guardando l’altro e diminuendo la sua motricità, mentre manifesta il sì con una maggiore attivazione corporea, l’aumento del tono e con il gesto del braccio sopra descritto. Inoltre, la bambina utilizza suoni paralinguistici per tali comunicazioni. La comunicazione verbale non è presente. Viviana appare comprendere frasi semplici e contestuali e semplici simboli della CAA che rappresentano oggetti reali (la macchina, bambola, il dottore). Comprende i rapporti di causa effetto ed è in grado di compiere scelte coerenti e contestuali. L’attenzione sostenuta e selettiva sono labili, mentre presenta discrete competenze di attenzione condivisa con tempi attentivi ridotti. Viviana permane in attività motivanti e di breve durata per un tempo adeguato al loro svolgimento, grazie al sostegno della terapista. Presenta un ritmo dell’azione veloce manifestato con un certo grado di irrequietezza; fatica nei compiti di inibizione, sia dell’atto motorio globale, sia della motricità oculare stessa, non riuscendo a fissare un item abbastanza a lungo perché questo si attivi e passando troppo velocemente ad un altro.
PROFILO ATTUALE
Viviana durante quest’anno di terapia ha raggiunto dei miglioramenti, soprattutto nel campo dell’attenzione e del rapporto con l’oggetto. In particolare, all’inizio del percorso terapeutico la sua focalizzazione rispetto allo schermo era tale che talvolta inficiava la relazione con la terapista e anche la riuscita dell’attività, la presenza di più item la portavano a far fatica nel selezionarne uno, tendeva a guardare lo schermo in modo globale, non riuscendo a focalizzarne uno per il tempo necessario alla sua attivazione. Ad oggi questo aspetto si è ridotto di molto, portandola anche a riuscire a compiere scelte consapevoli e coerenti tra 3 o 4 stimoli. Inoltre, si è osservato anche un emergente competenza di turnazione con una diminuzione dell’impulsività e un aumento delle competenze inibitorie e di shifting. Per quanto riguarda la relazione con l’oggetto la bambina oggi ha aumentato gli stimoli di interesse; mentre prima era maggiormente attratta da aspetti sonori e sensoriali oggi richiede attività con le macchine o la bambola ed è attirata e coinvolta da esse. Inoltre, si e osservato anche un lieve miglioramento degli atti che compie con l’oggetto, che grazie alla guida della terapista, sono più controllati e fini.
RISULTATI
In questo capitolo si porrà l’accento da prima, sulle evoluzioni e miglioramenti riscontrati nei singoli casi clinici considerati nel campione, e in seguito, si procederà a svolgere un’analisi riguardante il campione nel suo complesso.
I dati considerati sono riferiti a due momenti specifici, il primo (T0) corrisponde alla presa in carico del bambino da parte della Fondazione TOG, e pertanto differente per ogni soggetto, il secondo (T1) rappresenta la conclusione di questo progetto di tesi, ovvero il mese di maggio 2023. Per i dati relativi al tempo T0 si è fatto riferimento alle osservazioni cliniche effettuate dai terapisti e dalla neuropsichiatra della struttura, mentre quelli del tempo T1 sono frutto di un’osservazione clinica diretta, dal confronto con i terapisti della struttura e dai riscontri nei colloqui clinici con genitori e/o insegnanti.
Verranno considerati in modo specifico alcuni aspetti delle funzioni visive, cognitive, comunicative e relazionali, quelli che hanno rappresentato, all’interno del percorso terapeutico, i diversi obiettivi di lavoro.
Con lo scopo di rendere i risultati maggiormente chiari e fruibili si è optato per l’utilizzo di tabelle a colonne così da favorire una rapida comprensione del cambiamento. Al fine della trattazione dei risultati si è stabilito un codice numerico (da 0 a 4) per rappresentare il livello della funzione considerata, corrispondente a:
- assente (0), quando la funzione non è evocabile;
- alterata (1), quando vi è un importante compromissione della funzione che è difficilmente evocabile;
- emergente (2), quando la funzione è evocabile in presenza del terapista e della sua mediazione;
- presente (3), quando il soggetto evoca a volte la funzione in autonomia o con lieve supporto del terapista;
- affermata (4), quando la funzione è presente in modo qualitativamente buono, quindi il soggetto è in grado di svolgerla in diverse situazioni e in modo funzionale all’attività.
Come si evince dal grafico Cecilia ha dimostrato un incremento in tutte le funzioni considerate, in particolare si evidenzia un importante miglioramento nelle funzioni visive con picchi fino a 3 “punti”. Anche per quanto concerne le funzioni cognitive si evince un importante evoluzione, nello specifico nella comprensione del simbolo e nel riuscire a compiere scelte coerenti e contestuali, passate da un livello assente ad uno emergente, infatti necessitano del supporto della terapista. È importante sottolineare che Cecilia ha iniziato il suo percorso riabilitativo nel 2019 e quindi il range temporale rappresenta circa 3 anni (tenendo però in considerazione un periodo di interruzione dovuto all’emergenza Covid19).
In questo grafico si può osservare che all’interno del percorso riabilitativo di Martina si è lavorato per supportare l’autonomia nell’utilizzo di una tabella di CAA digitale. Il miglioramento delle competenze attentive e l’autoregolazione emotivo-comportamentale ha permesso alla ragazzina di elevare in generale l’utilizzo in autonomia della tabella. Lei ha iniziato il percorso riabilitativo nel 2021.
Da questo grafico si evince un importante miglioramento soprattutto a carico delle competenze visive e in particolare nei movimenti oculari. Con Alberto si è svolto un lavoro a supporto delle competenze oculo-motorie, sia a livello fine che globale, con l’obiettivo di migliorare tale competenza per poi generalizzarla negli ambienti di vita quotidiana, tale evoluzione è stata riportata dalle insegnanti, di Alberto, che hanno riscontrato una migliore vigilanza (visiva) all’ambiente, un maggiore controllo visivo sulle azioni da lui compiute, in particolare a livello oculo-manuale con la possibilità di indicare su un foglio o premere dei target su un tablet.
Dal grafico sopra riportato si evince un significativo incremento delle funzioni cognitive, in particolare nella consapevolezza dei rapporti di causa-effetto e nelle possibilità di compiere scelte, queste sono rilevanti in particolar modo all’interno del quadro clinico di Roberto in quanto potranno permettere lo sviluppo di nuove possibilità riabilitative. Si evince un miglioramento globale delle competenze, importante anche considerando che il suo percorso è iniziato solo nel 2022.
Durante il percorso terapeutico svolto con Sophie (iniziato nel 2021) si è posto l’accento prevalentemente sul potenziamento delle funzioni visive e di inibizione, nelle quali si è potuto osservare un globale miglioramento, con anche un accento sulle funzioni oculo-motorie in cui la ragazzina presenta, ad oggi, maggiori competenze. Si osserva inoltre un incremento nelle competenze cognitive in particolare quelle attentive e relazionali con un aumento della regolazione emotivo comportamentale, mentre negli aspetti comunicativi si evidenzia una generale stabilizzazione delle competenze.
Grazie a questo grafico si osservano in modo chiaro i miglioramenti che Viola ha raggiunto durante il percorso riabilitativo iniziato nel 2019, in particolare l’area in cui sono più significativi è la sfera cognitiva, nello specifico nelle funzioni attentive e inibitorie, tali modificazioni hanno avuto, all’interno del suo sviluppo globale, un importante impatto sugli aspetti comunicativi e in particolare sull’utilizzo più autonomo della CAA, che continuano ad essere gli aspetti più penalizzanti per Viola.
È importante sottolineare che Beatrice aveva manifestato all’inizio del percorso riabilitativo (2019) un importante opposizione di fronte alle attività, come descritto meglio nel capitolo 4. Durante il percorso riabilitativo si è evidenziata una significativa diminuzione nell’assunzione di questa modalità, un aumento della regolazione emotivo-comportamentale e l’istaurarsi di una relazione terapeutica efficace che ha permesso un miglioramento globale.
Da questo grafico si evidenziano i miglioramenti di Raffaele rispetto a quasi tutte le aree di intervento. Tale modifica, generalmente di un solo livello, potrebbe apparire lieve, ma all’interno del funzionamento globale ha un impatto importante, in quanto ha permesso di aprire nuove possibilità riabilitative. In particolare, l’aumento delle competenze relazionali, dell’intenzionalità comunicativa e dell’utilizzo della comunicazione non verbale hanno portato alla possibilità per Raffaele, di esprimere preferenze o stati emotivi in modo più codificato, aumentando la capacità di compiere scelte tra alcune semplici proposte che, anche se con un elevato supporto del terapista, hanno permesso di poter accrescere la sua autodeterminazione.
Leonardo come visto all’interno del capitolo 4, ha presentato durante il percorso riabilitativo, iniziato nel 2021, un andamento molto legato alle sue instabili condizioni di salute, portandolo nell’ultimo anno a un’importante perdita di funzioni. Per tale motivo si è voluto inserire all’interno dei grafici anche un tempo intermedio denominato T0.5 che rappresenta il mese di luglio 2022 (periodo di massime acquisizioni del bambino). Osservando questo grafico si evidenziano bene i tre differenti periodi. Considerando solo il tempo T0 e T1 si evince come vi sia una perdita di molte delle funzioni acquisite durante il percorso riabilitativo ma anche un miglioramento nelle competenze visive, di consapevolezza di causa-effetto.
Da questo grafico si evince un miglioramento globale e coerente in tutte le funzioni, durante il percorso riabilitativo iniziato nel 2021, con l’acquisizione di nuove competenze in particolar modo quelle visive. La coordinazione oculo-motoria è stato un importante obiettivo riabilitativo e l’acquisizione di tale competenza è stata anche riscontrata dai genitori.
Viviana ha iniziato il percorso riabilitativo nel 2022, e grazie a questo grafico si osservano importanti modifiche, le più significative riguardano gli aspetti cognitivi e comunicativi mentre quelli visivi sono più stabili. Nonostante il minore periodo di tempo intercorso tra T0 e T1, si osserva una modificazione nel funzionamento della bambina.
· Funzione visiva · Funzione cognitiva · Funzione comunicativa · Funzione relazionale-comportamentale |
Sulla base di quanto riportato finora si ritiene rilevante osservare nel complesso il campione e analizzare così i miglioramenti ottenuti in ogni singola funzione. Per far questo si è scelto di usare la funzione media riducendo l’influenza di valori quali: la durata del percorso riabilitativo, l’età del soggetto, la patologia e la sua gravità. È da tener presente che non tutte le funzioni sono calcolate sull’intero campione ma la coordinazione oculo-manuale, l’inibizione e l’uso della CAA sono riferite solo hai soggetti che hanno svolto un percorso mirato al loro raggiungimento.
In quest’ultimo grafico viene riportato il miglioramento medio per ogni funzione calcolato dalla differenza delle medie al T0 e T1.
DISCUSSIONE
I risultati ottenuti da questa indagine sono favorevoli rispetto al quesito di tesi, ovvero lo strumento di Eye tracking si è dimostrato in grado di sostenere il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
Risulta fondamentale porre una premessa prima di discutere i dati ottenuti, ovvero che tali risultati derivano da una osservazione puramente qualitativa compiuta in accordo e condivisione con i terapisti che hanno in carico questi soggetti, in quanto non è stato possibile utilizzare test standardizzati che dessero dei risultati quantitativi. Tali osservazioni vanno inoltre molto intercalate sul soggetto in quanto, date le condizioni di importante compromissione motoria, relazionale, comunicativa e cognitiva i miglioramenti indicati possono essere rappresentati anche da “piccole” modifiche che all’interno della condizione generale del soggetto possono avere un impatto significativo.
In particolare, andando ad osservare i cambiamenti raggiunti dai soggetti considerati nel campione, si osserva che i miglioramenti più significativi e coerenti sono a carico delle funzioni visive, difatti, si osserva come tutti i bambini, abbiamo conquistato dei miglioramenti soprattutto a carico delle competenze di fissazione (con un miglioramento medio di 1,27); delle abilità legate ai movimenti oculari, inseguimento (1,27) e saccadici (1,45); nel esplorazione visiva (1); e nelle competenze oculo-motorie (1,33 quest’ultimo dato è stato calcolato su un campione di soli 3 soggetti).
Con la dicitura “causa-effetto” all’interno dei differenti grafici si fa riferimento alla maturazione della cognizione che sta dietro alla relazione causale tra fissare un target e la modifica di questo. Nei soggetti che presentano un livello assente nella maturazione di tale funzione, è come se la presenza del target li portasse a compiere una fissazione senza la consapevolezza e la pianificazione di tale atto, in quanto questo non viene compiuto con il fine di modificare il target, ma solo come risposta ad esso, tale funzione presenta un miglioramento inferiore rispetto ad altre funzioni cognitive (0,81) ma va sottolineato come questa sia mediamente già presente all’inizio del percorso riabilitativo, difatti solo 2 soggetti al T0 presentavano un livello assente ed entrambi hanno mostrato un miglioramento.
Per quanto concerne l’accesso al simbolo questa funzione ha mostrato all’interno del campione uno sviluppo meno coerente, con soggetti che hanno avuto un importante miglioramento (come Cecilia) mentre in altri non è stata riscontrata una modifica, nel complesso il miglioramento medio è di 0,63 generalmente con un passaggio da “assente” a “scarso” o da “scarso” a “emergente”.
A livello degli aspetti attentivi si possono osservare delle modifiche molto significative e abbastanza coerenti all’interno dell’intero campione, in quanto al T1 tutti i soggetti hanno mostrato un miglioramento, con un incremento di 1,09.
Un'altra funzione cognitiva in cui si è osservata un’elevata incidenza al tempo T0 è la difficoltà a carico delle competenze inibitorie, con una media di punteggio di 0,66. In generale si è riscontrato all’inizio del percorso un’agitazione e disregolazione di fronte allo schermo, questo potrebbe essere dovuto a una molteplicità di fattori, come ad esempio che i giochi accattivanti e colorati rappresentano una novità per i bambini, mentre col tempo, avendo avuto la possibilità di sperimentare molti giochi differenti, si sono “abituati” ad essi e questo ha portato ad una riduzione dell’eccitazione inizialmente manifestata e al contempo all’aumento delle competenze attentive e delle condotte inibitorie, portando una media di miglioramento, calcolata su 9 soggetti, di 1,33.
Per quanto concerne le competenze di scelta, queste sono state valutate in base alle capacità del soggetto di compiere una scelta tra due o più alternative in modo consapevole e coerente alla situazione e in relazione a momenti e richieste differenti. Si osserva un miglioramento di 9 soggetti su 11 con una media di 1.
Parlando di “intenzionalità comunicativa” si intende racchiudere tutte quelle competenze riguardanti le abilità del bambino di utilizzare il suo patrimonio motorio, cognitivo e relazionale al fine di condividere in modo consapevole e finalizzato un bisogno, desiderio, preferenza, malessere o fare una richiesta. Tale competenza viene considerata sia per richieste o iniziative compiute dai bambini, sia nel caso in cui è il terapista ad avviare un’interazione che poi il bambino arricchisce o prosegue. In questa funzione si è osservato un incremento medio di 0,81 che spesso è associato ad un miglioramento nell’utilizzo della CNV, in quanto tale intenzionalità viene espressa tramite l’utilizzo del Eye tracker e nella maggior parte dei casi grazie alla CNV, utilizzata per esprimere le proprie preferenze o il rifiuto rispetto ad una proposta.
Si è voluto porre in evidenza l’autonomia nell’utilizzo della tabella principale di comunicazione, i soggetti che la utilizzano all’interno del campione, sono due ed entrambe hanno mostrato un significativo incremento nell’autonomia di utilizzo con una media di miglioramento di 1 che per entrambe rappresenta il passaggio da un livello “emergente” a uno “presente”. Con la presenza di maggiori iniziative comunicative e un arricchimento dei contenuti, queste osservazioni sono in linea con quanto definito nello studio condotto da Hsieh et al (2021), trattato nel capitolo 3.
Anche per quanto concerne gli aspetti di comunicazione in entrata si è osservato un miglioramento che di media è di circa 0,81.
A carico delle competenze relazionali si è osservato in generale un miglioramento delle aperture relazionali (miglioramento medio di 0,72) e un aumento delle competenze di regolazione emotivo-comportamentali (con una media di miglioramento di 1,27) che in differenti casi, come descritto nel capitolo 4, ha portato ad una diminuzione dell’assunzione di modalità comportamentali “disfunzionali”. Questo potrebbe essere dovuto in parte alla creazione di una relazione terapeutica a sostegno del bambino e in parte perché si sono offerte nuove possibilità comunicative con le quali esprimere la propria condizione di frustrazione e malessere.
Sulla base di tale indagine si può osservare un globale miglioramento, di tutti i bambini inseriti nel campione, difatti ognuno con le proprie e differenti “caratteristiche di partenza” è arrivato ad un’evoluzione nello sviluppo delle competenze. Rimane però fondamentale porre l’accento sul fatto che tali sviluppi si sono compiuti con tempistiche differenti, in quanto 4 soggetti hanno iniziato il percorso riabilitativo nel 2019, 5 nel 2021 e 2 nel 2022 e quindi alcuni dei soggetti svolgono questo percorso da anni mentre altri solo da alcuni mesi, e che anche per questo i miglioramenti sono quantitativamente e qualitativamente differenti. Inoltre, si vuole sottolineare che durante gli anni i soggetti sono stati sottoposti a molte modifiche ambientali (cambi di scuola da elementare a media), incontri con nuove figure come insegnanti, educatori o hanno svolto nuovi e differenti percorsi riabilitativi; quindi, c’è anche stata una modifica nel contesto che circonda il bambino oltre che nel bambino stesso che è cresciuto e maturato. Per questo motivo è difficile riscontrare e valutare con certezza l’impatto che lo strumento di Eye tracking ha avuto sullo sviluppo globale e quello invece dovuto allo sviluppo stesso.
CONCLUSIONI
L’obiettivo di questo studio di tesi è stato quello di analizzare, come il trattamento neuro e psicomotorio in bambini con disabilità complessa, possa essere supportato dall’utilizzo del sistema di Eye tracking (tracciamento oculare), verificandone la fruibilità, l’accettazione da parte dei bambini all’interno del trattamento neuro e psicomotorio, e la sua complessiva utilità, soffermandosi sul ruolo del terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva ed indagando se tale strumento può rappresentare una risorsa utile per raggiungere gli obiettivi preposti nel progetto riabilitativo. Lo studio è stato possibile grazie all’osservazione dell’utilizzo di Tobii Eye Tracking 5 all’interno di un progetto creato dalla Fondazione TOG, si è poi effettuata una ricerca bibliografica affidandosi alle principali banche dati.
Si è potuto osservare come, con l’utilizzo mirato di software presenti in commercio (“The Grid III”) ed altri appositamente creati (“TOP!” e “Say-Eye”), si sia potuto realizzare un percorso riabilitativo individualizzato supportato dall’utilizzo del Eye tracker, e mirato all’acquisizione di nuove competenze, al sostegno di quelle emergenti e al potenziamento di quelle residue. Questo è stato possibile grazie alla grande modificabilità di tali software che ha permesso un utilizzo diversificato e applicato alle caratteristiche individuali dei soggetti inseriti nel campione, e grazie alla creazione di una relazione terapeutica tra il terapista e bambino intenta a guidarlo verso il maggiore sviluppo possibile delle sue potenzialità. L’inserimento di tale “modalità” in un contesto neuro e psicomotorio permette di porre al centro il bambino nella sua totalità, considerandone il funzionamento globale, al fine di raggiungere il migliore adattamento possibile all’ambiente. Lo strumento di Eye tracking dà la possibilità di utilizzare un canale motorio alternativo al gesto, alle parole o all’agito corporeo, per prendere contatto con il mondo esterno e agire su di esso in modo attivo e consapevole. Attraverso degli “atti visivi” che permettono di uscire, in parte, dalla condizione di isolamento, incomunicabilità, dipendenza e passività e agire in modo finalizzato a uno scopo, affermando sé stesso e aumentando la propria autodeterminazione[33] e la spinta motivazionale interna ad agire.
Nel corso di questo studio si è descritto a livello pratico come sia possibile integrare lo strumento di Eye tracking in un contesto neuro e psicomotorio per raggiungere gli obiettivi terapeutici. Nello specifico si è scelto di riportare il lavoro svolto, in modo trasversale con tutti i bambini, per potenziare le competenze visive, cognitive, comunicative e relazionali/comportamentali, riportando esempi di attività e giochi proposti e ponendo un paragone con quelle svolte in assenza di tale strumento.
Il campione scelto per questo progetto di tesi si compone di undici bambini tra i 3 e i 14 anni con sesso, diagnosi, caratteristiche e percorsi terapeutici differenti. Si è scelto di prendere in considerazione un campione così ampio ed eterogeneo per sottolineare i differenti utilizzi che si possono fare dello strumento di Eye tracking, integrato alla pratica neuro e psicomotoria. Per sottolineare le modificazioni e i miglioramenti raggiunti dai soggetti durante il percorso riabilitativo è stata effettuata, sulla base della revisione delle cartelle cliniche e delle osservazioni svolte dai terapisti e dalla neuropsichiatra della Fondazione TOG, una valutazione globale del soggetto nel momento di inizio di questa terapia. A seguito del quale è stata svolta una valutazione, su base osservativa, del bambino nel mese di maggio 2023. Da tali indagini è stato possibile individuare alcuni miglioramenti nel campione e analizzarli in base alle differenti aree di intervento. In particolare, dai risultati ottenuti da questo studio si è riscontrato un miglioramento globale a carico di tutte le competenze analizzate. Emerge, con un incremento abbastanza coerente nel campione, un aumento significativo a livello degli aspetti visivi, in particolare quelli riguardanti i movimenti oculari (saccadici e di inseguimento). Per la funzione cognitiva si evidenzia un incremento delle competenze inibitorie; mentre per le funzioni relazionali l’incremento riguarda le competenze di regolazione emotivo comportamentale e ciò ha portato ad una diminuzione dell’assunzione di comportamenti “problema”. Inoltre, si è potuto osservare un incremento dell’intenzionalità comunicativa e una maggiore autonomia nell’utilizzo di una tabella computerizzata di CAA (in entrambi i soggetti che la utilizzano). In generale considerando il campione nel suo complesso, si può analizzare come la maggior parte dei soggetti ha riscontrato un miglioramento globale grazie ad un potenziamento di alcune funzioni e la stabilizzazione di altre.
Tale studio presenta alcuni limiti: il primo riguarda la ricerca bibliografica, durante la quale si è riscontrata una carente presenza di articoli il cui tema fosse l’utilizzo dei sistemi di Eye tracking come modalità riabilitativa per soggetti in età evolutiva, in quanto la maggior parte delle ricerche scientifiche mirano all’utilizzo di tale strumento in modo “passivo” (per indagare le competenze neuropsicologiche o oculari) oppure all’ utilizzo di tale sistema nella vita quotidiana hai fini comunicativi. Il secondo limite riguarda i tempi, anche molto differenti, di inizio e quindi durata dell’intervento e perciò risulta difficile poter effettuare un paragone e comprendere le tempistiche necessarie all’acquisizione delle funzioni. Infine, l’ultimo limite è determinato dal fatto che, come esplicitato all’interno della trattazione, otto degli undici soggetti, solo da pochi mesi, hanno provveduto ad entrare in possesso dello strumento di Eye tracking per usarlo nella quotidianità, ed è quindi difficile valutarne l’efficacia effettiva nei contesti di vita. Per tali motivi sarebbe auspicabile in futuro, poter utilizzare dei test standardizzati per poter comprendere meglio il quadro di miglioramento mostrato dal soggetto e il lasso di tempo nel quale tale modificazione si manifesta. E inoltre, osservare in modo più mirato, il possibile utilizzo di tale strumento in contesti di vita quotidiana e scolastica e quindi nel rapporto con soggetti adulti e coetanei, questo permetterebbe di osservare differenti modalità di utilizzo e, grazie anche ad un confronto con la rete che circonda il bambino, trovare nuove modalità per rispondere ai suoi bisogni e supportare le acquisizioni di funzioni.
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ALLEGATO
Percorsi svolti dai soggetti considerati nel campione durante il periodo di intervento neuro e psicomotorio.
CECILIA
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” nello specifico i giochi di allenamento, al fine di farle comprendere il funzionamento del sistema. Si è da subito osservato un maggiore interesse ad attività musicali, per questo si è iniziato ad utilizzare la musica come supporto all’acquisizione di funzioni. Ad esempio, si sono utilizzati degli strumenti musicali reali che venivano suonati dal terapista in modo da favorire l’attesa e la turnazione (una volta “suonava” Cecilia il suo strumento con Eye tracking e poi suonava il terapista con lo strumento reale). Per sostenere un incremento delle competenze visive e aumentare il campo visivo si è utilizzato il posizionamento dei target più motivanti, pian piano, in posizioni sempre più in alto e a sinistra con l’intento di migliorare l’esplorazione visiva. Si è inoltre lavorato sui movimenti saccadici sia da destra a sinistra che dall’alto al basso e si è posto l’obiettivo di aumentare i tempi attentivi anche tramite l’ausilio della musica. Dopodiché si è passati all’utilizzo di “Say Eye” con la creazione di “flussi” mirati all’esplorazione visiva e ricerca visiva di fotografie di animali, oggetti (oggetti della casa, mezzi di trasporto) e con fotografie della famiglia e di esperienze vissute da Cecilia. Successivamente questi flussi sono stati modificati con l’aggiunta del tasto “avanti”, in modo da sostenere una maggiore inibizione e una sequenza delle azioni (prima attivo l’immagine target più grande con, ad esempio, l’animale e poi il tasto avanti per cambiare scheda). Col tempo ha manifestato in modo sempre più costante delle preferenze per alcune attività; per questo si è passati all’introduzione di semplici scelte anche se, ad oggi, non sempre le compie in modo coerente.
MARTINA
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” per allenare Martina ad utilizzare questo nuovo strumento. Un importante lavoro è stato svolto sulla comprensione del testo tramite il sistema di Eye tracking e la verifica tramite la risposta a scelta multipla; veniva presentata una breve storia scritta in simboli WLS associati alle immagini salienti e proiettata in un secondo schermo. Successivamente si richiedeva una comprensione del racconto attraverso domande a scelta multipla, effettuata con l’Eye tracker, infine seguiva il riordino temporale delle varie sequenze e la strutturazione frasale con descrizione delle immagini attraverso una tabella a tema specifica. A Martina vengono proposti, utilizzando la scrittura in simboli di CAA, sia testi descrittivi per lavori di comprensione del testo, sia testi per l'apprendimento delle varie materie di studio (storia, geografia, scienze) in linea con il programma scolastico. Un ulteriore obiettivo terapeutico è stato la creazione, nel corso delle sedute di terapia e con la collaborazione con Martina, di una tabella CAA computerizzata e completamente personalizzata così da poter essere utilizzata, dalla stessa Martina, nel modo più autonomo possibile. Fondamentale è stato il coinvolgimento della famiglia che inviando foto delle attività svolte durante la settimana, ha incentivato la ragazzina a raccontarle usando la sua tabella, supportando così le sue competenze memoniche. Questo, è stato fonte di grande motivazione e autoaffermazione e questa motivazione intrinseca al racconto l’ha aiutata moltissimo nel modularsi per arrivare a raccontare.
ALBERTO
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” nello specifico i giochi di allenamento, per aiutare Alberto a comprendere e iniziare ad approcciarsi allo strumento. Dopodiché si è passati all’utilizzo di “Say Eye” con la creazione di “flussi” mirati all’esplorazione visiva e ricerca visiva di fotografie di animali e oggetti ad alta risonanza. Successivamente questi flussi sono stati modificati con l’aggiunta del tasto “avanti”, in modo da sostenere una maggiore inibizione e una sequenza delle azioni (prima attivo l’immagine target più grande con, ad esempio, l’animale e poi il tasto avanti per cambiare scheda). Grazie al miglioramento delle competenze visive nella funzione “guardare” si è passati alla proposta di attività con target più piccoli diminuendo la dimensione dei target e inoltre, data la minore impulsività e maggiore relazione e attenzione, si è utilizzata la presenza di più target accedendo anche a nuove attività come “cuscinate” del programma “TOP!”. Nell’ultimo periodo si è cercato di introdurre delle semplici scelte rispetto alle attività, ed avendo osservato un interesse per la musica si è voluto utilizzare tale canale, ma questo risulta ad oggi ancora molto difficoltoso.
ROBERTO
Inizialmente sono state proposte attività mirate alla costruzione di un ambiente in cui Roberto potesse trovare uno stato di rilassamento e piacere, derivato dal compiere delle azioni sul mondo esterno a lui, quindi, è stata proposta un’attività mirata all’esplorazione libera dello strumento tramite l’attività “bolle” di “Say Eye”. Si è lavorato anche sulla capacità di ricerca spaziale, utilizzando i giochi presenti in "TOP!" come “causa-effetto” con animali o strumenti musicali da ricercare sullo schermo, che venivano posizionati in modo da facilitare Roberto. Sono state anche inserite delle foto di diversi momenti di vita come le vacanze, i compleanni e la scuola, per interessarlo e motivarlo maggiormente. Si è lavorato anche con immagini di strumenti musicali, suoni dell'ambiente familiare e animali a cui sono stati collegati i suoni corrispondenti. Inoltre, è stata introdotta la possibilità, guardando il tasto "avanti", di girare pagina o di proseguire nel gioco in autonomia. Questa variazione è stata complessa da introdurre per la motilità oculare povera, più che per l’incomprensione del compito richiesto. Successivamente si è voluta modificare la proposta riabilitativa, passando ad un lavoro improntato sulla scelta, per esempio scegliere quale musica ascoltare tra due opzioni. Nell’ultimo periodo si è iniziato un lavoro sull'esposizione e propriocezione delle parti del corpo, con l'obiettivo di dare a Roberto la possibilità di comunicare con più precisione i dolori o i fastidi che prova. Per il momento viene fatta solo un'esposizione alle parti del corpo a schermo e in contemporanea il terapista tocca la parte corrispettiva sul corpo di Roberto.
SOPHIE
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” nello specifico i giochi di allenamento, per supportare Sophie nel comprendere il funzionamento dello strumento. Tale software è stato inoltre utilizzato per sostenere lo sviluppo di competenze visive e aumentare la motivazione all’utilizzo del canale visivo e supportare un maggiore controllo inibitorio sui movimenti del capo. infatti, i primi obiettivi terapeutici erano quelli di aumentare il campo visivo, i tempi di fissazione e le competenze oculomotorie. Inizialmente si sono utilizzati target di dimensioni più grandi con maggiore contrasto cromatico, lavorando quindi sui punti di sguardo (posizionato i target in tutti i punti dello schermo), dopodiché si è passati all’utilizzo di “Say Eye” con la creazione di “flussi” mirati al supporto dell’esplorazione visiva. Grazie al miglioramento delle competenze visive nella funzione “guardare” si è passati alla proposta di attività con target più piccoli, diminuendone la dimensione e si è potuto allargare lo spazio del campo visivo e i tempi di fissazione. Un fattore importante per una modifica di questi è stato dettato dal fatto che, in modo autonomo, Sophie ha iniziato a fermare con le mani la testa di fronte alla richiesta del terapista di prestare più attenzione. Nell’ultimo periodo si sono iniziati a utilizzare anche i giochi cognitivi, caratterizzati da target più piccoli.
VITTORIA
Vittoria ha inizialmente utilizzato l’Eye tracker con il programma “TOP!” e mediante i giochi di allenamento è riuscita a prendere confidenza con il nuovo strumento, poi si è passati a svolgere attività di carattere più cognitivo, per sostenere le competenze di classificazione e categorizzazione. Le attività sono state anche modificate utilizzando i programmi “Grid III” e “Say-Eye” per gli stessi fini. Successivamente gli obiettivi terapeutici si sono spostati più su comunicazione e comprensione, attraverso attività di comprensione del testo e di verifica tramite risposta multipla. In linea con il programma scolastico, vengono proposti testi scritti in simboli, per l'apprendimento delle varie materie di studio e per verificarne l'apprendimento e la comprensione, vengono poste domande in CAA con risposta multipla. Nell’ultimo anno si è passati, in accordo con la logopedista, che segue il progetto di CAA di Vittoria, all’utilizzo della tabella di CAA computerizzata. In particolare, Vittoria insieme alla logopedista costruisce questa tabella da utilizzare con un sistema touch screen e all’interno della terapia neuro e psicomotoria con Eye tracker. L’obiettivo è arrivare ad utilizzarla in differenti contesti di vita, se la situazione richiede una risposta rapida e immediata, verrà usato il touch screen, più veloce e agile da utilizzare ma che richiede a Vittoria maggiore sforzo e lentezza esecutiva, mentre in una situazione più strutturata, si userà un Eye tracker, che permette risposte di Vittoria più veloci ed efficaci. Il passaggio, da una attività più ludica e di risposta multipla ad un’attività di racconto e narrazione, è stato complesso; Vittoria mostra più fatica nel controllo dell’attività oculare ed è meno precisa nella scelta del simbolo target, questa difficoltà sembra legata ad un aspetto attentivo e di disinibizione, per cui lei tende a selezionare i simboli perdendo poi “il filo del discorso che stava compiendo”.
BENEDETTA
Ha iniziato la terapia neuro e psicomotoria con supporto del sistema Eye tracking nel 2019 durante la quale veniva posturata dalla fisioterapista. inizialmente le sono stati proposte le attività di “TOP!”, per abituarla all’utilizzo di tale strumento, ma si è sempre mostrata con modalità passive o oppositive che rendevano tali attività complesse; si è provato poi a utilizzare musiche e canzoni che hanno un po’ aperto alla relazione. La vera svolta del percorso riabilitativo è stato l’inserimento del padre all’interno della stanza di terapia, ora è lui a tenerla in braccio per posturarla davanti allo schermo. Questo ha permesso un netto cambio delle modalità comportamentali, il padre, oltre ad aiutarla nel reggere il capo e il tronco, ha dato anche un importante sostegno emotivo e relazionale, creando una triangolazione con la terapista. Le proposte da quel momento in poi si sono modificate e grazie alla sua maggiore disponibilità si sono potute sperimentare nuove attività utilizzando la musica e i video musicali. Un'altra attività, che si è dimostrata interessante per lei è quella della lettura di storie raccontate in CAA a cui segue una comprensione del testo fatta con domande a risposta binaria; con questa modalità nell’ultimo periodo si è anche provato a svolgere una ricostruzione di esperienze vissute (con il supporto di fotografie e immagini) e poi la rielaborazione di queste sempre con domande a risposta binaria.
RAFFAELE
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” nello specifico i giochi di allenamento per aiutare Raffaele a comprendere il funzionamento dello strumento e per sostenere lo sviluppo di competenze visive, aumentare la motivazione all’utilizzo del canale visivo in modo da incrementare, di conseguenza, il controllo del capo. Altri obiettivi terapeutici iniziali, erano quelli di aumentare il campo visivo, i tempi di fissazione e le competenze oculomotorie. Per raggiungere tali fini, si è utilizzato anche “Say Eye” con la creazione di “flussi” mirati all’esplorazione visiva, utilizzando ad esempio, fotografie di esperienze da lui vissute insieme alla famiglia. Successivamente, grazie anche a dei confronti con i genitori, si sono scelti dei libri che Raffaele conosce e apprezza; questi sono stati inseriti in alcuni flussi, così che le storie fossero raccontate dal terapista e condivise con il bambino. In questi momenti si tendeva a voler porre l’attenzione a specifici target presenti nella foto, i personaggi, il luogo, le azioni compiute. In seguito, questi flussi sono stati modificati con l’aggiunta del tasto “avanti”, in modo da sostenere una maggiore inibizione e una sequenza delle azioni. Grazie al miglioramento delle competenze visive nella funzione “guardare”, si è passati alla proposta di attività con target più piccoli, diminuendone la dimensione e si è potuto allargare lo spazio del campo visivo. Nell’ultimo periodo si è cercato di introdurre delle semplici scelte rispetto alle attività come, ad esempio, quale storia leggere, ma questo risulta ad oggi ancora molto difficoltoso.
LEONARDO
Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” per aiutare Leonardo a familiarizzare con questo nuovo strumento. In particolare, utilizzando i giochi di allenamento, principalmente l'attività di training degli strumenti musicali che ha come obiettivo il rafforzamento dell'esplorazione visiva. In seguito, è stato esposto anche a foto dei familiari, collegate a riproduzione di audio personalizzati (messaggi vocali della madre e del padre) con scopo di stimolare le reazioni causa-effetto. È stato molto importante supportare l’acquisizione di segnali comunicativi codificati e condivisi per il manifestare il sì e il no in modo coerente e funzionale; nello specifico per comunicare il “No”, apre la bocca mentre per il “Sì”, chiude gli occhi, e la condivisione di questi con le figure di riferimento, in modo da favorire una generalizzazione della competenza acquisita. In un secondo momento è stato proposto a Leonardo, su base binaria, la scelta dell'attività ludica da condividere (macchinine, lego, dottore, animali): si mostra divertito e decisamente questa attività lo coinvolge maggiormente. La condizione di salute del bambino spesso ha inficiato sulla qualità della seduta rendendo difficoltosa la sua partecipazione attiva. In particolare, quest’anno si è presentata una maggiore presenza di crisi epilettiche che hanno portato alla perdita di alcune acquisizioni e hanno notevolmente inficiato le terapie. Leonardo è molto disturbato da queste crisi che interrompono la sua azione, si caratterizzano da spasmi improvvisi, seguiti da una fase di pianto consolabile dopo qualche minuto, e da una importante stanchezza che lo porta spesso ad addormentarsi. Per questo motivo la proposta terapeutica si è modificata, ritornando su attività mirate più alla creazione di una condizione di benessere a supporto delle reazioni di causa-effetto, attraverso l’utilizzo di musiche lente, che vengono attivate dalla fissazione di un’immagine sullo schermo, che lo calmano e creano una condizione di rilassamento: questa attività è ancora più piacevole per lui quando la terapista canticchia sulla musica. In questi momenti il bambino si orienta verso di lei e la osserva per breve tempo.
GIACOMO
Giacomo ha iniziato il percorso con supporto del sistema Eye tracking con gli obiettivi di migliorare l’utilizzo del canale visivo (per relazionarsi e interagire con il mondo esterno), l’attenzione visiva e supportare le funzioni visive. Tali obiettivi sono stati perseguiti attraverso l’utilizzo dei programmi “TOP!” (nello specifico con i giochi di allenamento) e “Say Eye” con la creazione di flussi dedicati. All’inizio nei giochi di allenamento, sono stati utilizzati pochi target per volta (uno o due) di dimensioni grandi ed elevato contrasto cromatico, anche il setting terapeutico è stato adattato, per le sue necessità, diminuendo le luci per favorire la visione. Attraverso tali giochi si è supportato un maggiore controllo del capo, l’aumento dei tempi di fissazione, un miglioramento della motilità oculare, sia per quanto riguarda i movimenti di inseguimento (in tutte le direzioni spaziali) sia dei movimenti saccadici, e infine un ampliamento del campo visivo, lavorando quindi sui punti di sguardo (posizionando i target su diversi punti dello schermo). Si è osservato che l’utilizzo di un richiamo sonoro aiuta molto il bambino a localizzare il target sullo schermo. Successivamente si sono potute proporre nuove attività, come il gioco di “Say-Eye” per aumentare i tempi di fissazione (dove c’è un uovo che bisogna fissare affinché diventi una gallina) oppure modificare quelle già usate in precedenza, ma diminuendo la dimensione dei target o mettendone più per volta.
Il supporto della madre è stato importante per motivare Giacomo nelle attività, aiutare il terapista a comprendere le sue modalità comunicative e supportare una maggiore apertura relazionale. Spesso durante le terapie manifesta, in modo non sempre codificato, delle necessità o bisogni, come ad esempio la sete; questo è stato utilizzato per sostenere la trasversalità delle competenze visive quindi si è modificato leggermente il setting, lasciando a portata di sguardo il biberon con l’acqua in modo tale che Giacomo possa comunicare la sete fissandolo, così poi da ottenere una risposta. Durante le terapie si è inoltre osservato la tendenza di Giacomo di mantenere gli arti superiori abdotti e fuori dal suo campo visivo. Per questo è stato svolto anche un lavoro, in accordo con la mamma, per cercare di portare gli arti lungo la linea mediana, ad esempio, facendogli tenere in mano il biberon quando beve o gli oggetti che vengono usati, sostenendo quindi un maggiore utilizzo della coordinazione oculo-manuale.
VIVIANA
Ha iniziato il percorso terapeutico con supporto dell’Eye tracking a ottobre 2022 ma questo è stato interrotto da fine febbraio a fine aprile. Inizialmente è stato proposto il programma “TOP!” per aiutare Viviana a familiarizzare con questo nuovo strumento, utilizzando i giochi di allenamento, principalmente l'attività con gli strumenti musicali e di ricerca degli animali. In seguito, si è passati all’utilizzo di oggetti reali, che mediassero sia con la terapista che con la realtà esterna, come ad esempio l’utilizzo degli strumenti musicali reali suonati dalla terapista, sostenendo così anche gli aspetti di turnazione: la bambina suona il “suo strumento sullo schermo”, poi guarda la terapista che, a questo punto, suona il suo strumento reale. Oppure, con l’utilizzo di alcune macchinine giocattolo e una piccola pista, la bambina aveva sullo schermo un item con la scritta “via” e una volta attivato la terapista faceva partire le 2 macchinine che facevano una specie di “gara”. Altre attività che sono state proposte, sono quelle a sostegno dello sviluppo del gioco simbolico, come ad esempio il gioco del “dottore”, dove attraverso un flusso costruito con una domanda a riposta fino a tre item, la terapista mette tutti i materiali davanti alla bambina (una bambola e i giochi del dottore) e poi le pone delle domande come “la bambina è caduta o ha la febbre” alle quali Viviana può rispondere con l’Eye tracking, dopo la scelta di Viviana, la terapista la aiuta a compiere concretamente l’azione sulla bambola. Questa attività viene fatta anche con altri giochi come “dar da mangiare”, “prendersi cura di una bambola” o “cosa fare con una macchinina” (il meccanico o farle fare una gara). Questo per sostenere sia le funzioni di scelta, sia la funzione ludica, simbolica, relazionale con l’oggetto e supportare anche l’autodeterminazione della bambina, dandole la possibilità di essere coinvolta nella scelta dell’attività (come una sorta di conduzione semidiretta).
RINGRAZIAMENTI
Arrivati alla conclusione di questa tesi vorrei dedicare un ultimo spazio per ringraziare tutte le persone che mi hanno accompagnato durante questo percorso e mi hanno permesso di arrivare a questo traguardo.
Grazie a Silvia per essere stata una magnifica formatrice e avermi accompagnata durante il periodo di tirocinio e di tesi, sostenendomi e aiutandomi in ogni passo dall’ideazione fino alla stesura di questa trattazione. Da lei ho potuto apprendere un metodo di lavoro che si fonda sull’esperienza e soprattutto su una grande sensibilità.
Ringrazio il dott. Nico Palermo per aver accolto i miei interessi e avermi guidato durante la stesura di questo percorso di tesi. Oltre ad essere stato presente durante tutto il percorso universitario dandomi consigli e ascoltando i miei dubbi e insicurezze.
Ringrazio infinitamente la Fondazione TOG per avermi permesso di assistere all’incredibile lavoro che svolge con i bambini più fragili e per avermi mostrato come vedere il bambino prima di tutto il resto. Vi ringrazio per l’enorme disponibilità dimostratami da tutti i membri della vostra équipe (in particolare Lorena e Pietro) durante il periodo di tirocinio e di tesi. Sono stata onorata di aver potuto far parte, anche solo in piccola parte, del lavoro che svolgete nella riabilitazione e nell’assistenza dei bambini e delle famiglie.
Grazie al centro La Prateria per avermi dato gli strumenti per capire me stessa, accettare le mie difficoltà e per avermi fatto sentire compresa durante il mio percorso riabilitativo svolto presso la vostra struttura. Ma soprattutto per quello che ho imparato da voi come volontaria, primo su tutto la bellezza di lavorare con i bambini e la magia che ci sta dietro, mi avete mostrato come i più piccoli sono in realtà i più forti in quanto la loro immaginazione gli rende supereroi.
Grazie ai miei genitori e a mia sorella per avermi sopportato e supportata, non solo durante questo percorso, ma per tutti questi 22 anni, mi avete dato la forza e la motivazione per continuare a studiare credendo in me più di quanto lo abbia fatto io stessa.
Ringrazio tutti i miei amici e compagni che mi sono stati a fianco accompagnandomi, e con cui ho condiviso sconfitte e vittorie, con cui o pianto, riso e festeggiato.
[1] La storia che viene attivata dal movimento è una storia di relazioni tra persone e con gli oggetti presenti nella stanza.
[2] Con funzioni adattive in età evolutiva si intendono le abilità e le competenze necessarie al soggetto per adattarsi all'ambiente circostante.
[3] Rappresenta la sede della visione più fine e dettagliata, si trova nella parte centrale della macula. La macula è una piccola regione posta al centro della retina, sensibile alla luce e responsabile della visione nitida e dettagliata.
[4] Metacognizione significa letteralmente "oltre la cognizione", ed è usato per indicare il pensiero sul pensiero. a metacognizione indica l’auto riflessività sul fenomeno cognitivo; che consente al soggetto di auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali. L'attività metacognitiva ci permette, di controllare i nostri pensieri e di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento.
[5] In: Gava, M.L., 2013. La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola. II a cura di Milano: Franco Angeli. p. 47
[6] Il contesto comunicativo si compone di ciò che esiste nell’ambiente e di ciò che è rilevante per l’interazione sociale, cioè ciò che l’emittente e il ricevente percepiscono come importante. Questo terreno comune è fondamentale per comprendere verso cosa l’emittente vuole che si ponga attenzione e perché lo sta facendo.
[7] Lo sviluppo della attenzione condivisa rappresenta una tappa fondamentale nell’acquisizione della capacità comunicativa, questa competenza verrà trattata meglio nel paragrafo riguardante le funzioni cognitive.
[8] Triangolazione uno degli elementi più rilevanti per lo sviluppo della comunicazione.
[9] Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione
[10] Fabbo, F., 2019. manuale di neuropsichiatria infantile una prospettiva psicoeducativa. Roma: Carocci. p.219
[11] Sono gli aspetti ed effetti di un fenomeno se prendiamo ad esempio un bambino che fa il gesto del “ciao-ciao” l’atto motorio è il significante.
[12] Prendendo sempre come esempio il bambino che fa il gesto del “ciao-ciao” il significato sarà il saluto.
[13] hardware è l'insieme di tutte le parti tangibili elettroniche, elettriche, meccaniche che consentono il funzionamento di un computer.
[14] software indica (per un sistema informatico) l'insieme delle componenti intangibili di elaborazione.
[15] PHuSe Lab è un laboratorio del dipartimento di informatica dell’università degli studi di Milano (UniMi).
[16] Società che si occupa della creazione di software e tecnologie assistive per migliorare la qualità della vita degli utenti con disabilità, favorendone l'autonomia
[17] percezione di operare scelte in modo libero e, di conseguenza, sentirsi artefici del proprio destino.
[18] L’imitazione è importante nella crescita del bambino per sviluppare la comunicazione, attraverso un processo di imitazione-interiorizzazione dei modelli agiti dalle persone che lo circondano con cui costruire un suo modello comunicativo ed espressivo: questi modelli hanno anche una valenza affettiva ed emotiva importante.
[19] L’empatia è comprensione e condivisione della dimensione esistenziale.
[20] BCC descritti nel successivo capitolo 4
[21] ASHA- American Speech-Language-Hearing Association (2005), Roles and responsibilities of speech-language pathologists with respect to Augmentative and alternative communication: Position statement,
[22] Costantino, M. A., 2011. costruire libri e storie con la CAA. Trento: Erickson. P54
[23] Gava, M. L., 2013. La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola. II a cura di Milano : Franco Angeli. p 13
[24] una risposta che, segue un comportamento e ne determina un aumento della frequenza nel tempo
[25] Definita dal OMS come: caratterizzata da una acuità visiva di 1/20 nell'occhio migliore
[26] Definita dal Oms come: caratterizzata da una acuità visiva inferiore a 1/20 nell'occhio migliore
[27] Movimento degli occhi simile a quello di un pendolo o caratterizzato da movimenti più veloci tipo "scossa" oculare
[28] Il funzionamento adattivo si riferisce all'efficacia con cui i soggetti fanno fronte alle esigenze comuni della vita quotidiana e al grado di autonomia personale in base alla fascia d'età, al contesto socioculturale e all’ambientale in cui sono inseriti
[29] disallineamento degli occhi nel quale un occhio gira verso l’esterno.
[30] Con artrogriposi multipla si riferisce a un gruppo di malattie congenite rare caratterizzate da retrazioni articolari multiple presenti alla nascita.
[31] Forma di strabismo che porta alla convergenza degli assi visivi.
[32] Test per valutare l'acutezza visiva basandosi sulla direzione preferenziale di sguardo in bambini dai 6 mesi ai 3 anni o per adulti disabili o ipovedenti. Si propone al soggetto un cartello con uno stimolo neutro da un lato e uno a barre bianche e nere sull’altro, la ripetuta osservazione dello stimolo strutturato dimostra che il soggetto vede lo stimolo mentre la progressiva riduzione della frequenza spaziale tra le barre consente di quantificare la sua capacità di risoluzione.
[33] percezione di operare scelte in modo libero e, di conseguenza, sentirsi artefici del proprio destino.
N.B.
Per questioni di tempi, è probabile che per il momento la presente tesi sia stata inserita parzialmente o in formato immagine. Al più presto completeremo l'inserimento rispettando i canoni da noi prefissati, ovvero editando direttamente il testo nei diversi articoli del portale.
30/04/2022 - Redazione web