Elaborazione dei dati spaziali e sviluppo cognitivo degli ipovedenti
L’ipovisione ha una notevole incidenza su tutto ciò che concerne all’elaborazione cognitiva dello spazio, sia che si tratti delle acquisizioni sensomotorie elementari sia delle rappresentazioni simboliche di più alto livello. Queste difficoltà derivano dalle caratteristiche dei due sistemi percettivi che prendono in carico la conoscenza dello spazio: l’ udito e il tatto.
L’ udito è il sistema telecettore soprattutto adatto alla localizzazione delle sorgenti sonore nello spazio, ma che apporta assai poche informazioni sulle caratteristiche degli oggetti stessi. Tuttavia esso gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo cognitivo dell’ipovedente poiché permette l’accesso al linguaggio e dunque ad un’attività concettuale molto simile a quella dei vedenti. In quanto al tatto, esso permette la conoscenza di quasi tutte le proprietà degli oggetti quali: forma, grandezza, localizzazione e distanza, texture, rigidità dei materiali, peso, temperatura.
Il “mondo” degli ipovedenti non è fondamentalmente differente da quella dei vedenti, anche in campo delle competenze spaziali. La differenza sta nel fatto che l’elaborazione ed il controllo delle condotte spaziali si realizzano, nei bambini ipovedenti, più difficilmente.
Fraiberg (1977) ha dimostrato che non c’è differenza tra vedenti e ipovedenti fin verso i 2-3 mesi.
L’ ipovisione manifesta i suoi primi effetti a partire dai 2-3 mesi. Il neonato ipovedente ha la tendenza ad agitare le gambe più a lungo delle mani; le mani invece vengono spesso tenute in bocca o tenute contro gli occhi. Il neonato è ipotonico soprattutto a livello del capo (chino in avanti) e dell’estremità. Gli ipovedenti hanno uno sviluppo molto simile ai normovedenti quando si tratta di mantenere una postura nella quale sono stati posti, mentre l’iniziativa di un cambiamento di postura e le condotte motorie implicante la modalità volontaria sono per loro sensibilmente ritardate.
L’età media dell’acquisizione della deambulazione autonoma è quella di 18-20 mesi, ma con una variabilità individuale molto forte.
Fraiberg spiega questo ritardo con il fatto che, fino a quando il bambino non ha elaborato uno spazio oggettivo, stabile e permanente, non può spostarsi poiché “non ha nessun luogo dove andare”.
Quando gli oggetti del suo ambiente acquistano una esistenza autonoma essi prendono un valore di richiamo e incitano il bambino a spostarsi per andare a prenderlo. Il bambino ipovedente verso i 9-10 mesi manifesta una qualche reazione manuale verso un oggetto non precedentemente toccato e solo verso i 12 mesi egli tende veramente le sue braccia per prenderlo.
Un’altra particolarità dello sviluppo sensomotorio del bambino ipovedente è il ricorso di tic o condotte stereotipate: dondolamento della testa e del tronco, trattamenti del corpo, ecolalie, ecc…
In quanto al linguaggi fin verso i 6-7 mesi non si osservano delle differenze nella vocalizzazione (lallazione) tra bambini normovedenti ed ipovedenti. La produzione delle prime parole e delle prime frasi è un po’ più tardiva. Fraiberg nota un ritardo di qualche settimana nell’acquisizione dei pronomi personali(in particolare l’io e l’egli), ma dal terzo anno di vita ciechi e vedenti non si distinguono più su questo piano.