Introduzione - Il bambino e il gruppo
Fabiana Rega
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Quando pensavo a come avrei voluto strutturare la mia tesi, mi aspettavo d’iniziare con un introduzione ricca di effetti speciale, parole che arrivavano dritte al cuore, capaci di mozzare il fiato, ma mentre scrivevo e rileggevo tutto mi appariva inutile, superfluo, sterile: troppe belle parole ma prive di emozione, così mi sono fermata e ho cominciato a riflettere.
“E il mio ricordo naviga attraversa l’anima e improvvisamente sono la ancora” , dice una canzone…
Sii, proprio così, ho chiuso gli occhi e sono tornata indietro, ho rivisto me nel gruppo, ho riprovato di nuovo quelle sensazioni, quei turbamenti, quelle gioie…sono andata alla ricerca del filo d’Arianna che mi portasse a comprendere cosa è stato per me il gruppo e quale contributo ha dato alla mia crescita personale.
Ho ripensato al mio “essere insieme agli altri”, alle mie esperienze vissute con il gruppo Scout di Portici; alle risate,litigi, volti, agli abbracci, alle riflessioni, alle delusioni, ai tradimenti.
Senza volerlo però, cominci a crescere, il gruppo che fino a quel momento ti appariva essenziale ora ti opprime e cominci a scalpitare per riuscire ad affermare le tue idee, le tue convinzioni, finché giunta all’età adulta guardi gli avvenimenti con occhi diversi e vai alla ricerca del tuo destino verso altri orizzonti.
Poi accade qualcosa di magico, sorprendente…anche quando tutto sembra concluso, quando ritieni che non rivivrai più grandi emozioni insieme agli altri, ti ritrovi a non essere mai abbandonata dal gruppo: lo scenario rimane quasi intatto cambiano solo gli attori. Infatti ho condiviso questa esperienza di corso triennale in Pratica Neuroe Psicomotoria insieme a un altro gruppo, creato così un po’ per caso, ma che poi ha fatto un “iter” formativo di confronto, crescita e ha dato vita a nuovi effimere e durevoli legami.
Sembra stano ma rileggendo le piccole riflessioni che ho stilato durante le sedute di Formazione Personale, mi sono rivista in ogni mia azione, sono riuscita grazie alla mia memoria a lungo termine, a rivivere ogni situazione, a ricordare gli sguardi dei compagni, la gioia che si leggeva nei nostri occhi, la tensione in certe situazioni, ai lavori di gruppo e ai momenti di solitudine e di riflessione. Un momento fondamentale di questo “iter” era quando tutti noi seduti in cerchio partecipavamo alle gioie e difficoltà di ognuno.
Questo scambio continuo apriva la mia mente ad orizzonti nuovi, a pormi in maniera diversa in certe situazioni, a comprendere ed accettare i limiti dell’altro, a provare gioia nel costatare che il mio compagno provava piacere da un mio comportamento o gesto. Ripensando a tutto ciò, considero questa esperienza come un viaggio alla ricerca di me stessa, alla voglia di ristabilire un contatto con l’aspetto più arcaico e originale di Me, al desiderio di conoscere il mio corpo e le mie emozioni e a decentrarmi per giungere all’altro.
“Nulla accade per caso”… diceva il mio professore d’italiano, e così proprio io che ho vissuto il gruppo con odio e con amore, con esigenza e con rifiuto, ma che mi ha permesso di cresce essere ciò che sono, mi ritrovo a stilare la tesi su questo argomento.
Il presente lavoro si propone di creare un percorso costituito da due parti. La prima tratta del gruppo ristretto: concetto, storia, teorie e metodi. Infatti sempre più da un secolo a questa parte, il gruppo è divenuto un oggetto di riflessione e di osservazione da parte di specialisti in filosofia politica, sociologia, etnologia, etologia, psicologia, psicoanalisi. Negli Stati Uniti è nata una scienza sperimentale, scienza per cui Lewin, tra il 1939 e il 1945, ha proposto una metodologia, delle ipotesi e ed una denominazione: la dinamica dei gruppi.
Questa scienza si è sviluppata in modo rapido e ramificato.
Un filone si è attenuto a ricerche fondate sui principi behaviorismi e/o cognitivisti.
Un altro ha spinto il più lontano possibile l’analogia lewiana del gruppo psicologico e dei campi di forza in fisica. Un terzo si è ampliato integrando gli apporti dello psicodramma e della sociometrica di Moreno, un quarto filone ha indotto un lavoro di tipo sistemico psicoanalitico non solo nei gruppi psicoterapici, ma anche nei gruppi di formazione tesi alla sensibilizzazione al perfezionamento psicologico degli adulti. Uno sviluppo così proteiforme non poteva non suscitare entusiasmi e obiezioni, successi e disillusioni che cercherò di riferire nei punti essenziali.
Nella seconda parte illustrerò il gruppo come campo di applicazione nella terapia neuropsicomotoria.