Il gioco è la cultura dei bambini, apre la porta alla vita sociale: fantasia, socializzazione, collaborazione.
Fabiana Rega
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L' uomo: "alla ricerca di sè attraverso il gruppo"
Appagati i bisogni fisiologici e di sicurezza, l’uomo sente l’esigenza di altre persone, di amici, di colleghi, di individui da amare e che lo amino, sente il bisogno di un posto nel suo gruppo o nella sua famiglia. Il numero dei gruppi dei quali un individuo fa parte ci dà la misura del suo bisogno di relazionarsi. Anche se a volte desideriamo rimanere isolati, dopo un po’ siamo già alla ricerca degli altri, di un gruppo.
Nell’ambito di esso possiamo esercitare funzioni che è impossibile svolgere da soli: dal commercio, alla difesa contro i nemici, alla divisione del lavoro, al gioco. Inoltre, facendo parte di un gruppo, la vita è generalmente più facile e più sicura.
Da varie indagini, si attesta che l’uomo è spinto ad unirsi agli altri perché attraverso il gruppo va alla ricerca di sé; soddisfacendo i bisogni di affetto, stima e realizzazione personale. Il sentimento che unisce i membri di una comunità è la fiducia reciproca, cioè una completa apertura nei confronti dell’altro, una capacità di parlare liberamente del proprio sé più intimo senza corazza.
Dopo aver creato questo contenitore, pregnante di affetti l’individuo cerca di appagare i suoi bisogni di stima, suddivisa in stima da parte degli altri e quella che egli stesso ha di sé o auto-stima. Secondo Maslow, comunque, “l’autostima più stabile e giusta è quella che si basa su una considerazione da parte degli altri che sia meritata, non su una fama esteriore e su un’ adulazione ingiustificata”. Da un lato cioè, col bisogno di stima da parte degli altri, tendiamo alla reputazione o al prestigio, a una posizione sociale, alla fama, all’autorevolezza, alla dignità. Dall’altro lato, col bisogno di auto-stima tendiamo a sentirci forti, brillanti, indipendenti. La soddisfazione di ciò ci fa sentire sicuri di noi e delle nostre capacità. Infine, ecco il bisogno di avere una vita significativa cioè di sentirsi occupata a fare quanto si è adatti a fare. A questo proposito, Maslow scriveva: “Ciò che uno può essere, deve essere: L’uomo deve essere come la sua natura lo vuole”. Ecco il bisogno di realizzarsi personale, che assume forme diverse da persona a persona. In conclusione, il gruppo è uno strumento che ogni individuo utilizza per realizzarsi, identificarsi e percepirsi unità piacete all’interno della sua comunità sociale.
Similarità e Affiliazione
Dopo l’ “io sono ciò che mi viene dato” dalla fase della fiducia, dopo l’ “io sono ciò che voglio” della fase dell’autonomia, dopo l’ “io sono ciò che posso immaginare di essere” della fase dell’iniziativa, gli anni della scuola sono caratterizzati dalla convinzione “io sono ciò che imparo a fare da solo e con gli altri”, in altre parole, il bambino vuole che gli si insegni come cavarsela nelle cose pratiche e come agire con gli altri, vuole provare “l’ingresso nella vita sociale”.
Al di fuori della dimensione familiare, in cui ognuno si trova inserito dalla nascita senza possibilità di scelta, esistono vari criteri che guidano il bambino nella scelta di un determinato gruppo. Un primo elemento alla base di questa scelta è la similarità, cioè il sentire che al suo interno c’è qualcosa di simile a lui che lo attrae. Un altro elemento è quel sentimento di appartenenza che si può anche chiamare affiliazione: è ciò che fa avvicinare la natura del gruppo alla figura materna, per cui si parla in termini psicanalitici di “gruppo-madre”, anche per le sue citate caratteristiche di circolarità. Inoltre, l’inserimento del gruppo può garantire al bambino una forma di difesa psicologica grazie all’affetto, all’amicizia e al sostegno che può incontrare, che sembrano metterlo al riparo dal pericolo dell’isolamento e dell’esclusione.
A partire dall’infanzia, l’appartenenza al gruppo fa sì che accanto alle attività di gioco si costruiscano progressivamente forme di condivisione di sentimenti, segreti, interesse e problemi.
Il gruppo fornisce uno status, un’identità, una sicurezza di fronte alle molteplici trasformazioni che si devono affrontare. Gli studi di psicologia sociale individuano così nel gruppo una forma di aggregazione che assume progressivamente più importanza a partire dalla preadolescenza. Le bande di preadolescenti si costituiscono inizialmente fra individui appartenenti allo stesso genere sessuale, che tendono ad escludere membri dell’altro sesso e a compiere assieme attività di tipo esplorativo, costruttivo o competitivo con l’importante funzione di permettere esperienze personali al di fuori del sostegno familiare ma allo stesso tempo non in condizioni di isolamento. Durante l’adolescenza la banda si trasforma nella compagnia in cui sono presenti membri di entrambi sessi e in cui le condizioni sociali di provenienza sono generalmente più omogenee. Nella compagnia si esplora la relazione con l’altro sesso e si costruisce la propria immagine confrontandosi con gli altri e sperimentando i diversi ruoli possibili nell’interazione sociale col gruppo.
Fantasia, gioco, socializzazione e collaborazione
Il bambino che ha vissuto positivamente le prime esperienze familiari e sociali, considera piacevoli e desiderabili i contatti con gli altri e tenderà sempre più attivamente a far parte di un gruppo utilizzando come mezzo di comunicazione: il gioco.
E’ difficile comprendere il comportamento e il gioco del bambino negli anni pre-scolari se non comprendiamo anche la sua grande fantasia.
Egli afferma di essere un’astronauta, un dottore; racconta di avere incontrato gli extraterrestri o di aver salvato tanti piccoli bambini da un enorme leone; ciò non significa che sia bugiardo ma che attraverso la sua fantasia mette in atto delle azioni interni. In questo periodo il gioco è affrontato tanto seriamente da poter sembrare il “lavoro del bambino”. In effetti, esso, mediante la ripetizione e la pratica, fa acquisire nuove capacità, nuovi apprendimenti, maggiore creatività ed efficienza nel risolvere i problemi; con esso il piccolo si muove dal noto verso l’intentato e l’ignoto. Egli può usare il gioco anche come mezzo per affermare se stesso, per scaricare impulsi altrimenti proibiti e per manifestare la propria natura.
Così, lunghi dall’essere un inutile passatempo, il gioco allena il piccolo alla vita sociale. Attraverso il gioco, infatti, il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti,si rende conto dell’esistenza di leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà. Le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si modificano via via, di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, in tutte le fasce d’età. “L’uomo è pienamente tale solo quando gioca”, dice Schiller, perché si ritrova e si conosce. Il gioco è significativo per lo sviluppo intellettivo del bambino, perché il bimbo, quando gioca, sorprende se stesso e nella sorpresa acquisisce nuove modalità per entrare in relazione con i suoi coetanei e sviluppa quindi l’intera personalità. Il gioco, come strumento che unisce i bambini fra loro, favorisce: lo sviluppo sociale, affettivo, cognitivo:
- Il gioco: apre la porta alla vita sociale
- Il Gioco:unisce i cuori di ogni membro del gruppo
- Il Gioco nel gruppo:come struttura finalizzata all’apprendimento cognitivo.
Il gioco: apre la porta alla vita sociale
Nella prima infanzia l’affettività ha un intensa carica di energia che produce un naturale atteggiamento egocentrico ed estroverso, e la scarsa evoluzione mentale ostacola la piena partecipazione affettiva alle vicende dell’ambiente. Dominato dal fascino delle esperienze sensoriali e motorie, il bambino manifesta una spiccata tendenza a soddisfare le richieste istintivi-affettive della sua individualità senza preoccuparsi affatto delle esigenze altrui: vive soltanto per se stesso e desidera tutte le cose per cui sente una attrazione emotiva.
Ma già nel periodo iniziale della fanciullezza, quando i primi rapporti sociali provocano una riduzione dell’egocentrismo, a mano a mano sempre più accentuata, comincia la trasformazione dei sentimenti egoistici in quelli altruistici. Superato il mondo magico-animistico della prima e seconda infanzia, il fanciullo rivolge l’attività verso l’esterno. La scuola segna una svolta di grande importanza nella vita del bambino: libero incerto qual modo dai legami della famiglia, inizia molteplici relazioni sociali feconde di sviluppi.
La cooperazione, l’emulazione, il desiderio di primeggiare, l’impulso a proteggere i compagni più deboli o il bisogno di protezione, la tendenza al dominio o alla passività, al comando o alla subordinazione, alla solitudine o alla socievolezza, si manifestano nelle nuove attività ludiche che preparano alla vita adulta. Il fanciullo cessa di giocare da solo e preferisce unirsi agli altri coetanei.
Parten, psicologa americana, ha studiato il gioco dei bambini nella scuola materna, e lo ha decritto in base alla natura e al grado del coinvolgimento sociale. La Parten ha pure osservato che, col passare degli anni, vi è una diminuzione dei giochi non sociali ed un aumento di quelli sociali e collaborativi.
Età/anni | Descrizione | ||
2-3 | Nel gioco solitario il piccolo si diverte con i suoi giocattoli da solo, senza curarsi di stare assieme o di parlare ai compagni; a volte, riguarda mentre giocano senza però unirsi ad essi. | ||
4-6 | Col gioco parallelo il piccolo gioca in modo indipendente accanto agli altri ma non con loro; per quanto siano vicini e con giocattoli analoghi, i bambini non hanno rapporti. | ||
6-8 | Col gioco associativo il bambino ha rapporti con gli altri, scambia i giocattoli con loro, corre con il triciclo e tenta di dirigerne il comportamento; ciascun bambino agisce comunque per conto suo e non c’è divisione dei compiti né coordinamento delle attività ludiche. | ||
8-11 | Col gioco in collaborazione i bambini cominciano a coordinare assieme le attività ludiche; in questo genere di gioco, i membri si assumono responsabilità differenziate, e spesso si sentono parte di un gruppo. | ||
Quadro sintetico degli interessi, attività ludiche e forme di comportamento nell’età evolutiva. | |||
Tappe Evolutive | Interessi Prevalenti | Attività Ludiche | Forme di Comportamento |
Prima infanzia: da 0 a 3-4 anni |
Interessi funzionali: Psicosensoriali e Psicomotori. | Giochi spontanei individuali: Psicosensoriali e Psicomotori. | Comportamento soggettivo ed egocentrico. |
Seconda infanzia: da 4 a 6-7 anni |
Interessi soggettivi: Senso-percettivi e glossici, interessi concreti orientati verso il mondo esterno. | Giochi spontanei, soprattutto individuali: Psicosensoriali, Psicomotori ed intellettuali | Comportamento egocentrico e globalizzatore. |
Fanciullezza: da 7 a 13-14 anni |
Interessi oggettivi: amore per il sapere, curiosità, istinto di proprietà; interessi astratti: bisogno della realtà vissuta soggettivamente, tendenza a cogliere relazioni causali e nessi logici. |
Giochi intellettuali e sociali, soprattutto collettivi. Ricerca impellente del compagno. |
Comportamento analitico e sintetico. |
Adolescenza: da 14 a 20 anni circa |
Interessi sociali, razionali, estetici, morali e religiosi. |
Giochi intellettuali e sociali: in prevalenza recitativi e sportivi. Ricerca del gruppo |
Comportamento egoistico e altruistico: in perenne conflitto. Comportamento instabile e prevalentemente affettivo. Si plasma il carattere |
Il gioco, comunque diviene un’attività veramente sociale e veramente collaborativi solo con l’entrata nella scuola elementare e l’uscita dall’egocentrismo: quando il bambino tenta di avere la meglio sugli altri, ma si rende pure conto che tutti debbono seguire le stesse regole.
Il Gioco: unisce i cuori di ogni membro del gruppo
Le varie modalità di gioco sono legate allo sviluppo emotivo del bambino e vanno via via modificandosi con l’età, per questo sono rivelatrici del suo equilibrio psichico. Si possono individuare le varie tappe dello sviluppo ludico:
Età/anni | Descrizione |
0-1 | Il gioco comincia fin dai primi mesi di vita. Esso è fondamentalmente fonte di sensazioni piacevoli ed è finalizzato alla ricerca di una serie di sensazioni che gratificano e arricchiscono il Sé che si sta strutturando mano a mano. Queste attività si caratterizzano per il carattere esplorativo e ripetitivo delle azioni, che serve al bambino per imparare a distinguere tra il Sé e il non Sé, per fargli capire dove finisce lui e inizia la madre, percepita come parte di sé. |
2 | Con l’inizio del secondo anno il bambino si trova di fronte al problema della separazione dalla madre e le conseguenti ansie d’abbandono. Il gioco può diventare espressione di questi problemi come ha ben evidenziato Freud nel gioco del rocchetto. |
3 |
In questa età emergono secondo Freud giochi che rivelano la dinamica edipica che il bambino affronta in questa età. I giochi possono essere di guerra o lotta. Compaiono i primi giochi di socializzazione, il bambino è interessato a giocare con altri compagni, in particolare, prova piacere ad imitare il comportamento degli adulti, gioca ad essere mamma o papà indossando i loro panni. |
4-5 |
In questo periodo i giochi sono espressione delle dinamiche interne che il bambino sta vivendo quali il gioco della bambola, il gioco del dottore, il gioco a nascondino, attraverso questi giochi il bambino drammatizza una punizione o proibizione subita. |
6-10 |
Nell’età della fanciullezza i giochi diventano di gruppo e con regole, questo permette al bambino di sperimentare lo stare con gli altri attraverso giochi strutturati, le regole diventano funzionali ad un migliore funzionamento del gioco. Da questo momento in poi, il fanciullo partecipa ai sentimenti e alle emozioni dei coetanei, vige nel dominio delle interazioni sociali, nel reciproco scambio affettivo e intellettuale tra i singoli e gli aggregati umani, una relazione circolare che il De Sanctis ha denominato legge del ciclo. |
Gli individui creano l’ambiente psichico, ma questo a sua volta crea l’esperienza degli individui; è l’ambiente psichico che fa gli individui quelli che sono, ma sono gli individui che fanno l’ambiente psichico quello che è.
Il Gioco nel gruppo: come struttura finalizzata all' apprendimento cognitivo
Il gioco riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo intellettivo: esso, infatti, stimola la memoria, l’attenzione, la concentrazione, fornisce lo sviluppo di schemi percettivi, capacità di confronto, relazioni.
Piaget mette in correlazione lo sviluppo del gioco con quello mentale, affermando che il gioco e lo strumento primario per lo studio del processo cognitivo del bambino.
Egli, infatti, parte dalla convinzione che il gioco sia la “Più spontanea abitudine del pensiero infantile”. Inoltre afferma che lo sviluppo intellettivo del fanciullo passa attraverso due processi: uno detto assimilazione e l’altro accomodamento.
Nel gioco il bambino attraverso l’unione con il gruppo dei pari è indotto dalla percezione di una contraddizione tra il proprio punto di vista e quello degli altri; tale percezione comporta un feedback sulle proprie concezioni e crea le premesse per una chiarificazione e per l’apertura del proprio schema a quello degli altri. Infatti i bambini, trovandosi a discutere con i compagni, innanzitutto si rendono conto che esistono punti di vista diversi; questo li costringe a riesaminare il proprio e a controllarne la validità, inoltre a trovare il modo di esporlo ed di proporlo in maniera chiara e convincente.