INTRODUZIONE - La sensorialità nel bambino con disordine visivo nel primo anno di vita: proposta di un protocollo di osservazione
L’interazione del bambino con l’ambiente, fin dall’epoca fetale, è mediata dai sensi (tatto, udito, vista olfatto e gusto): il costante flusso di informazioni proveniente dal mondo esterno viene raccolto dagli organi di senso e, grazie alla specificità di ognuno di questi, trasmesso al Sistema Nervoso Centrale, che avrà il compito di elaborarlo ed integrarlo in maniera complessa permettendo al bambino di interpretare e attribuire significato alla realtà, influenzando il proprio comportamento (Gussoni et al, 2006). I sensi si sviluppano già in epoca fetale, per poi affinarsi durante la vita postnatale in relazione con l’ambiente circostante. Il sistema visivo è il più immaturo alla nascita, tuttavia, è già anch’esso in grado di estrarre un gran numero d’informazioni dall’ambiente, aumentando rapidamente la propria efficienza nelle prime settimane di vita, collocandosi come tramite fondamentale per ogni condotta interattiva (Leamey CA, 2009). La vista, infatti, come ampiamente testimoniato in diversi studi scientifici, tra i quali il più famoso e pionieristico di S. Fraiberg (1977) che definisce questo senso come “l’agenzia centrale” dell’adattamento sensomotorio, il “sintetizzatore dell’esperienza”, gioca un ruolo cruciale nello sviluppo neuropsichico globale del bambino. Verosimilmente per le sue caratteristiche intrinseche correlate al suo complesso funzionamento, solo la vista è in grado di far percepire l’oggetto nella sua globalità, in modo sincretico (gestaltico) consentendo, nell’unità di tempo, di acquisire tutta una serie di informazioni circa la forma, le dimensioni, il colore e i contrasti di un oggetto che permettono di conoscere il significato della realtà circostante (Fazzi et al, 2010). Tale peculiarità fa assumere al sistema visivo un ruolo centrale nella strutturazione di importanti funzioni: comunicativo-relazionali, sin dalla primissima relazione madre-bambino, cognitivo-neuropsicologiche, motorie, per l’organizzazione posturale e l’azione, nel coordinare tutti gli altri sistemi percettivo-sensoriali nell’integrazione multisensoriale e, non da ultimo, la visione stessa nelle sue diverse componenti (percettiva-‘vedere’, oculomotoria-‘guardare’ e visuo-cognitiva-‘comprendere’) (Signorini et al, 2014, 2016). È facilmente intuitivo, dunque, come un deficit visivo congenito o ad insorgenza precoce possa interferire sullo sviluppo neuropsicomotorio di un bambino e, laddove associato ad altre problematiche neurologiche, diventa difficile determinare quanto le caratteristiche dello sviluppo del bambino con deficit visivo siano dovute proprio a tali disordini associati e quanto invece all’assenza/deficit di una funzione fondamentale come quella visiva. Accanto ad un paradigmatico sviluppo neuromotorio, nel bambino ipo/non vedente caratteristiche peculiari si evidenziano nello sviluppo affettivo-relazionale (Fraiberg, 1977; Burlingham, 1975; Willis, 1979; Fazzi, 2010; Brambing, 2011; Wrzesińska, 2017; Bathelt, 2017). Sussiste il rischio che le informazioni sensoriali alternative alla vista, se non correttamente sostenute e promosse, possano rendere instabile e privo di sostanzialità quanto viene sperimentato dal bambino rendendolo vulnerabile nel porsi in relazione con gli altri e con la realtà circostante.
Pertanto, a fronte di tali premesse, è auspicabile sostenere fin da subito il percorso evolutivo del bambino con deficit visivo, nei suoi diversi contesti di vita: è dal comprendere le peculiarità e le specificità dello sviluppo e dell’uso dei sensi del bambino con deficit visivo e dalla lettura dei suoi comportamenti che possiamo, attraverso interventi abilitativi specifici, promuovere quelle esperienze più favorevoli al mettersi in contatto con l’ambiente al fine di promuovere il suo sviluppo globale.
Se è auspicabile e sempre più sostenuto in letteratura che l’intervento precoce e intensivo possa determinare un outcome maggiormente positivo, è altrettanto definita l’importanza della valutazione delle funzioni adattive come punto iniziale di ogni intervento volta a descrivere le potenzialità evolutive e le fragilità di ogni bambino nella sua singolarità.
Nell’ambito della terapia della neuro e psicomotricità, l’osservazione clinica è ben codificata e aiuta il terapista a focalizzare gli obiettivi dell’intervento, riassunti nel progetto ri-abilitativo.
In letteratura troviamo varie esperienze di osservazioni sistematizzate quali Protocollo di videoregistrazione del bambino con Paralisi Cerebrale Infantile messo a punto dal Gruppo Italiano Paralisi Cerebrale (GIPCI, 2000), Scheda di Osservazione/valutazione Neuropsicomotoria (SON) messa a punto da Gison Bonifacio A. e Minghelli E. (Gison et al, 2012), dove si accenna alle funzioni sensoriali ma senza una vera e propria specificità.
I recenti lavori della letteratura di Montirosso, Provenzi Ferrari, Ammaniti, Montagu concentratisi sull’importanza della relazione, ed in particolar modo della diade madre-bambino, portano a riflettere sull’essenziale importanza di un senso quale il tatto nella possibilità di stabilire un contatto con il mondo, tanto che, l’assenza o la compromissione di tale senso rischia di compromettere lo sviluppo neuropsichico nella sua globalità.
Per tale ragione nel nostro studio abbiamo provato a focalizzarci sulle diverse sensorialità che possano aiutare il bambino a manifestare maggiormente segnali comunicativi e lo introducano nella relazione con l’altro, e a sistematizzare l’osservazione neuropsicomotoria capace di individuare e cogliere questi segnali sociocomunicativi, chiave di apertura verso il mondo, con l’obiettivo ultimo di poter aiutare il terapista ed il genitore nella scelta del materiale sensoriale e delle modalità comunicative, utili a sostenere lo sviluppo del piccolo.
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Sara RINALDI |