CONCLUSIONI - Le Funzioni Esecutive in età prescolare: revisione sistematica sull’approccio preventivo
Simin Vincenzi
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Ritengo che le informazioni raccolte ed elaborate in questo scritto possano essere estremamente utili: i risultati ottenuti, sebbene valutati in contesti educativi, hanno implicazioni sia per la valutazione che per la pratica riabilitativa del TNPEE.
In primo luogo, suggeriscono che le prime misurazioni delle Funzioni Esecutive possano essere utili per identificare i bambini che potrebbero avere maggiori difficoltà nell'acquisizione dell’alfabetizzazione e della matematica; in secondo luogo, suggeriscono anche che il supporto delle capacità esecutive possa migliorare l'educazione all'alfabetizzazione e alla matematica nella prima infanzia.
Tradizionalmente, la maggior parte degli sforzi per promuovere la preparazione scolastica si sono concentrati sul miglioramento delle abilità basate sulla conoscenza (ad esempio: identificazione delle lettere, consapevolezza fonemica, riconoscimento dei numeri) che sono forti predittori dei risultati successivi. Sebbene queste strategie siano utili, suggerisco che potrebbe essere maggiormente produttivo affiancarle a programmi più ampi che favoriscono lo sviluppo dei sistemi mentali che supportano l'apprendimento.
In altre parole, supportare lo sviluppo dell'EF durante il periodo prescolare potrebbe consentire ai bambini di migliorare i processi cognitivi che consentiranno loro di apprendere in modo più efficace.
Da qui ad affermare che trattare le abilità neuropsicologiche in età prescolare possa costituire una solida base per prevenire ed attenuare la sintomatologia dei Disturbi dell’apprendimento, però, il passo è lungo: non c’è infatti un’evidenza scientifica diretta di questo.
Certo è che il funzionamento cognitivo generale è risultato fortemente predittivo dei risultati scolastici successivi, e questo pone solide basi per giustificare un intervento riabilitativo sulle FE qualora il terapista lo ritenga opportuno, ad esempio in caso di difficoltà legate all’acquisizione dei prerequisiti scolastici, o qualora vengano riscontrati fattori di rischio specifici per poter sviluppare un DSA.
Va inoltre tenuto conto del fatto che questi risultati sono stati evidenziati in un contesto scolastico, mentre l’approccio preventivo ai DSA è diretto a bambini a rischio, già in trattamento, quindi si esplica all’interno di un contesto riabilitativo. La differenza è sostanziale: prima di tutto, il TNPEE è un esperto formato nel riconoscimento e nella riabilitazione di patologie specifiche dello sviluppo, quindi in grado di attuare una valutazione e un intervento più sottile sulle FE rispetto a un insegnante; secondo, ma non meno importante, è il rapporto uno a uno su cui si basa la terapia: i risultati di un trattamento possono essere di gran lunga maggiori se inseriti in un contesto di fiducia e conoscenza reciproca, in quanto entrano in gioco numerose dinamiche affettive, fondamentali per la motivazione del bambino.
Inoltre, l’evidenza che variabili come il livello di istruzione e lo status socio-economico materno, il QI e le variabili socio-affettive siano state tenute in considerazione e controllate in molti di questi studi, ci fa comprendere quanto sia forte l’associazione tra FE e capacità scolari, potendo così escludere l’influenza indiretta di fattori confondenti.
L’influenza delle singole FE su specifici domini dell’apprendimento, risulta invece meno chiara, prima di tutto per la difficoltà ampiamente descritta di misurazione dei costrutti stessi, in secondo luogo perché in bambini così piccoli non si ha una differenziazione netta, in quanto i domini cognitivi si specializzano e si differenziano nel corso del tempo, e in età precoci potrebbero non essere adeguatamente sviluppati, tanto da renderne difficile la rilevazione.
Considerando queste problematiche, la comunità scientifica sembra però in accordo nell’identificare l’inibizione, la Working memory, la pianificazione e la memoria a breve termine come FE fortemente predittive dei processi di apprendimento di lettura, scrittura e matematica. I bambini con problemi in questi domini possono commettere errori in una serie di attività a causa della difficoltà nel ricordare e nell'eseguire le istruzioni, nell'inibire informazioni irrilevanti, nel rimanere concentrati sul compito e nel pianificare e monitorare i progressi delle singole fasi dell'attività man mano che procede: a causa di ciò, oltre alle difficoltà cognitive direttamente collegate a questi deficit, potrebbe verificarsi una disregolazione comportamentale ed emotiva tale da non riuscire a soddisfare le richieste di molte attività strutturate in classe, aggravando il quadro generale.
Quei bambini che si presentano anche con una memoria a breve termine visuale-spaziale e una memoria di lavoro insufficienti possono essere particolarmente svantaggiati dato che queste abilità sembrano essere critiche specificamente nello sviluppo precoce della matematica, o come risorsa da utilizzare per problemi matematici più complessi.
Ecco perché una conoscenza più precisa delle Funzioni Esecutive può fornire una buona stima delle capacità di apprendimento del bambino e del suo futuro successo accademico.
Tra le tante limitazioni presenti negli studi precedenti, oltre alla mancanza di uno studio longitudinale che indaghi un’associazione diretta tra FE e sviluppo di DSA, abbiamo la mancanza di una relaziona causale diretta: le indagini si sono basate quasi esclusivamente sulla capacità predittiva dei domini cognitivi in tempi diversi, mentre studi futuri dovrebbero testare gli effetti della manipolazione sperimentale delle FE sulle capacità di calcolo e alfabetizzazione in un’indagine longitudinale.
Inoltre, per avere risultati più attendibili, questa tipologia di indagine andrebbe condotta su campioni di bambini a rischio, piuttosto che su una popolazione sana, per valutare gli effetti riabilitativi sulle FE e quelli preventivi sulla sintomatologia DSA.
Un accenno va fatto all’impurità dei compiti quando si valutano le funzioni esecutive nella prima infanzia: studi futuri dovrebbero includere misure più specifiche di ciascun dominio cognitivo, così come altri aspetti delle prime abilità di calcolo e alfabetizzazione, per ottenere un quadro più preciso.
Un importante aspetto che è stato fortemente sottovalutato nelle indagini riportate in questo scritto è la valutazione del dominio attentivo: pochissimi studi hanno indagato la sua funzione predittiva nelle capacità scolastiche. Ecco perché studi futuri dovrebbero incorporare misure di attenzione (divisa, sostenuta, selettiva) in quanto è possibile che alcuni modelli possano essere spiegati dalle caratteristiche attentive dei bambini in età prescolare: ad esempio, l'attenzione potrebbe mediare o moderare i collegamenti tra FE e le prime abilità accademiche, come la relazione tra inibizione e working memory, motivo per cui sarebbe molto utile da indagare.
Oltre ai processi attentivi, andrebbero esplorati i legami fondamentali e le interazioni tra Funzioni Esecutive Calde e Fredde e la velocità di elaborazione degli stimoli.
Vediamo come numerosi siano gli spunti da tenere in considerazione per le indagini future, e come questo sia un ambito ancora inesplorato della ricerca e della pratica clinica.
In definitiva, questo elaborato aveva lo scopo di indagare l’utilità di un approccio preventivo sulle FE in età prescolare, che si è rivelato estremamente utile soprattutto per aver introdotto un concetto fondamentale: riabilitare e migliorare abilità specifiche è sicuramente utile al fine dell’acquisizione di determinate competenze, ma lo è ancora di più potenziare i processi che rendono questa acquisizione possibile, in quanto solo un corretto utilizzo delle risorse del bambino può aiutarlo a sfruttare al meglio il suo potenziale di apprendimento.