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Evoluzione della prensione e impugnatura dello strumento grafico

  1. Evoluzione della prensione
  2. Apprendimento dell’impugnatura dello strumento grafico
  3. Impugnatura non corretta e conseguenze
  4. Connessione tra impugnatura non corretta e disgrafia: Didattica del gesto grafico e stimolazione della motricità fine
  5. Considerazioni finali

INDICE PRINCIPALE

INDICE

La mano è il primo strumento dell'uomo, ed è anche un mezzo di espressione quando aiuta la parola o la sostituisce tramite il linguaggio dei segni. Secondo Darwin, la mano è l'organo che distingue l'uomo dagli altri primati ma soprattutto l’organo che gli ha permesso di raggiungere il suo posto predominante nel mondo. A differenza degli altri primati, infatti, l'uomo ha acquistato la capacità di opporre il pollice all'indice ed alle altre dita; in tal modo il movimento delle dita è molto più preciso e consente di usare utensili molto piccoli e sottili come avviene nell’utilizzo dello strumento grafico. Per questo motivo è importante capire l’evoluzione della prensione della mano, comprendere cioè come da gesti primitivi, nel giro di pochi mesi, il bambino possa arrivare ad eseguire quel gesto altamente evoluto che è la presa “a pinza”. Nel corso di questo studio, inoltre, saranno analizzate le relazioni che intercorrono tra l’acquisizione dell’impugnatura dello strumento scrittorio e l’apprendimento del gesto grafico, le problematiche relative alla non corretta prensione e le sue connessioni con la disgrafia.

Evoluzione della prensione:

Il bambino nasce con il riflesso innato di presa (grasping), afferra cioè qualsiasi cosa venga appoggiata sul palmo della mano. Il riflesso di prensione palmare appartiene al campo dei riflessi neonatali, ed è uno dei tre riflessi prensili. Si tratta di una contrazione istintiva dei muscoli flessori. La presa è determinata dalla risposta alla stimolazione della superficie palmare attraverso la flessione delle dita con chiusura a pugno. Questa è talmente forte che, se sollevato, il neonato può sostenere addirittura il proprio peso. Si pensa che questo riflesso sia preparatorio alla prensione volontaria, ma per sviluppare la manipolazione è necessario che esso scompaia (ciò avviene intorno ai due mesi, anche se è stato dimostrato che è l'ultimo dei riflessi del neonato a scomparire, quasi ad un anno di vita). A questo punto il gesto della prensione attraversa un'evoluzione progressiva: l’oggetto inizialmente viene afferrato con un approccio tipo rastrello, tra il mignolo e il bordo esteriore della mano e senza l’utilizzo del pollice (prensione cubito- palmare, 3/6 mesi); lentamente il bambino comincia ad usare anche l’anulare e il medio con il palmo, attraverso un approccio parabolico all’oggetto, reso possibile anche dal maggiore controllo visivo (prensione radio-palmare, 8 mesi); infine, tramite un approccio diretto, l'oggetto viene afferrato prima con la pinza inferiore cioè con il pollice ancora esteso, e successivamente dall’opposizione tra il pollice che si flette e l’indice (prensione radio-digitale o pinza superiore, 10/13 mesi). Ad un anno e mezzo il bambino arriva alla prensione vera e propria, attraverso il movimento dell’articolazione spalla-gomito-polso riesce ad afferrare un oggetto che attira la sua attenzione. Dopo il primo anno di vita il bambino acquisisce abilità che richiedono sempre maggiore accuratezza e precisione di movimento: gli oggetti vengono manipolati, esplorati, trasferiti da una mano all’altra. D'ora in poi, tramite il gioco, la prensione si arricchirà diventando sempre più precisa e coordinata. Progressivamente si sviluppano anche le aree percettive: vista, udito, tatto. La prensione radio-digitale o pinza superiore, caratterizzata dall'opposizione pollice-indice e dall'indipendenza rispetto alle altre dita, non è solo frutto dell’attività motoria ma dell’integrazione tra motricità e percezioni propriocettive, cinestesiche e visive. Il bambino cioè diventa poco a poco consapevole delle azioni del proprio corpo e dello spazio in cui agisce. L’esperienza ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della coordinazione oculo-motoria tipica dell’azione di afferramento e manipolazione di oggetti. Nel secondo anno di vita inizia la prima attività simbolica del bambino e si manifestano le prime prassie di imitazione, attraverso la comprensione dell’uso funzionale degli oggetti e la capacità di stabilire relazioni tra loro, di mettere in atto sequenze di azioni e comprenderne il significato. Le abilità manipolatorie si affinano divenendo sempre più fluide ed efficaci fino a giungere alla differenziazione del ruolo delle due mani nel terzo anno di vita. Anche i movimenti intrinseci delle dita nell’esplorazione ed uso di oggetti acquisiscono gradualmente le sinergie tipiche dell’adulto. grazie alle quali le azioni in sequenza tra loro permettono di risolvere compiti sempre più complessi (es. ruotare, avvitare e svitare). In età prescolare le abilità manipolatorie e prassiche assumono progressivamente un ruolo determinante nell’acquisizione dell’autonomia nella vita quotidiana e nelle attività di tipo grafico ed espressivo, diventando uno strumento essenziale nella vita sociale e di relazione.

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Apprendimento dell’impugnatura dello strumento grafico:

Le prime attività grafiche del bambino si manifestano come colpi di matita eseguiti sul foglio, potenti ed energici talvolta fino al punto di bucare la carta. Il controllo motorio infatti è ancora limitato, ma l'impegno e la carica d'energia sono elevati. Il segno è ancora solo la conseguenza del gesto, che descrive la sua traiettoria sopra una superficie in grado di registrarla; nello sforzo grafico, all'inizio, c'è la partecipazione di tutto il corpo. I segni si espandono nelle diverse direzioni anche in rapporto alla postura assunta in quel determinato momento (in piedi, seduto, sdraiato), o al modo in cui il bambino impugna la matita, il pastello, il pennarello. La scrittura è un’attività neurofisiologica molto complessa, ciò implica che per poter scrivere, il bambino deve aver raggiunto una certa maturazione neuromotoria generale e a livello della motricità fine e prassica. Lo sviluppo della motricità fine, che riguarda i movimenti digitali e i movimenti di piccola progressione del polso, segue un lungo percorso che si completerà solo verso i 14 anni. Gli studi di Ajuriaguerra. in particolare, hanno evidenziato come gli elementi che concorrono allo sviluppo della motricità fine siano legati alla maturazione generale del bambino e più in particolare all’evoluzione percettivo- motoria, a condizionamenti ambientali, all’aspetto intellettivo e affettivo. Il gesto grafico rappresenta l’atto di motricità fine più preciso che l’uomo riesca a realizzare. Esso ha origine nei centri nervosi localizzati in alcune sezioni del cervello, a cui corrispondono i trenta muscoli della mano e va inserito all’interno dello sviluppo neuromotorio generale che segue la legge cefalo-caudale e prossimo-distale: la maturazione progredisce dalla testa verso il basso mentre per quanto riguarda gli arti si evolve dalla parte prossimale al corpo a quella più periferica. Questo sviluppo avviene attraverso una successione di tappe ben definite ma con ritmi che possono variare da un individuo all’altro. Inizialmente il bambino afferra lo strumento grafico nella sua parte mediana o prossimale con il palmo della mano, sigillandolo con le dita: la prima impugnatura è cubito-palmare (15-18 mesi), nonostante abbia già sviluppato la presa a pinza che utilizza, ad esempio, nel raccogliere oggetti molto piccoli che gli capitano sotto gli occhi. Verso i 2 anni tiene la matita di solito nella mano preferita, ben in fondo verso la punta, usando il pollice e le prime due dita e scarabocchia spontaneamente. Cominciano i primi tentativi di presa tridigitale (o a tripode) in cui indice e pollice fungono da dita motrici, mentre il medio sorregge lo strumento grafico; il bambino comincia ad appoggiare il gomito sul piano del foglio favorendo i movimenti dell’avambraccio, ma il polso è ancora rigido. A 3 anni, avendo ormai acquisito una sufficiente capacità di guidare lo strumento nella direzione voluta, il bambino è in grado di dare una organizzazione alle forme che disegna, ad interrompere le linee e a riprenderle dallo stesso punto grazie al consolidamento del punto di appoggio. Così la traccia casuale diventa a poco a poco tracciato intenzionale. Verso i 4 anni riesce a tenere la matita con padronanza, sapendo portare il pollice in opposizione a ciascun dito. E’ dunque evidente che quando il bambino incomincia a scrivere, l’energia muscolare è mal canalizzata ed utilizzata in modo indifferenziato; nel movimento scrittorio sono coinvolti la spalla, il braccio, il polso, la mano. Con l’acquisizione di una sempre maggiore sicurezza nell’attività grafo-motoria, si modifica anche la postura. Il bambino comincia a sollevare la testa allentando la tensione muscolare, parallelamente si distanzia col busto dal banco, sollevando leggermente l’avambraccio e il polso. Se nell’età prescolare il foglio è generalmente tenuto dritto, verso i 7 anni comincia ad essere piegato verso sinistra e parallelamente la mano si situa al di sotto della riga mentre l’angolo dell’avambraccio tende ad aumentare nel procedere verso destra. Secondo indagini recenti. è emerso che, mentre il 50% dei bambini dell’età di 5 anni mantiene il polso morbido durante gli esercizi grafici, il 70% dei bambini da 7 a 9 anni adotta una postura rigida del polso, appoggiandolo con forza sul tavolo. È questa l'età nella quale si lamentano la maggior parte dei fenomeni dolorosi a tutti i livelli. Tra 9 e 12 anni, il polso si rilassa di nuovo, si alleggerisce, prende distanza dal tavolo, in maniera che lo sforzo si distribuisca in tutto il braccio mentre la scrittura si velocizza. Verso i 12-14 anni, si nota un aumento del tono muscolare di tutto l'avambraccio, del polso e della mano. L'angolo di flessione del polso cambia tra l'inizio e la fine della linea, ma il rapporto angolare della mano con il tavolo deve restare costante, al fine di offrire un appoggio, anch'esso costante, al movimento delle dita. A 5 anni, la mano si muove in pronazione- supinazione. A 9 anni, la stabilità sembra acquisita, la posizione più frequente è la semi-pronazione. La mano poggia con leggerezza sul cuscinetto dell'ipotenar (muscolo del bordo esterno della mano), l'anulare e il mignolo giocano un ruolo passivo di sospensione. Lo strumento viene tenuto tra pollice e indice nella posizione normale di “becco d'anatra”, l'indice è leggermente davanti al pollice, la matita poggia sulla prima falange del medio. All'inizio dell'apprendimento, lo strumento è tenuto molto vicino alla punta, con eccessiva piegatura dell'indice. Man mano che il bambino cresce, si nota un allungamento progressivo delle dita ed una presa più distante, con diminuzione della piegatura dell'indice. Essa tuttavia sussiste ancora nel 50% dei casi oltre i 12 anni. Riassumendo, la mano migliora sensibilmente la propria stabilità tra i 5 e i 9 anni. Nella fascia d’età tra i 7 e i 12 anni, il raddrizzamento della postura si produce contemporaneamente all’alleggerimento dell’appoggio del polso e dell’avambraccio e ad un rilassamento generale. La tensione lascia il posto alla tonicità e il miglior utilizzo del tono muscolare permette di acquisire più scioltezza, più agilità e più velocità.

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Impugnatura non corretta e sue conseguenze:

Gli argomenti trattati finora portano, quindi, a poter affermare che, per una corretta impugnatura, è necessario avere una posizione comoda, la mano leggermente piegata in semi pronazione, le dita mediamente flesse con l’indice opposto al pollice. In questo modo si viene a creare una pinza che trattiene la penna, la quale si appoggia sulla prima falange del dito medio assicurando un assetto regolare e agevolando i movimenti digitali. Con questa presa lo strumento grafico si viene a trovare sullo stesso asse della mano formando con il piano del foglio un angolo di circa 45° che permette una visuale adatta a controllare ciò che si sta scrivendo. L’indice e il pollice, posizionati a due dita di distanza dalla punta, fungono da dita motrici, per lo scorrimento della penna, il medio sorregge, mentre l’anulare e il mignolo semi-piegati assicurano il contatto con il foglio. La prensione corretta secondo gli studi di grafologi e ottici-optometristi, è quella “a triangolo equilatero”: i polpastrelli delle dita si appoggiano morbidamente in punta su ogni faccia. Oppure “a triangolo isoscele”: la falangetta del medio, piegandosi, forma un lato di appoggio più ampio. In entrambe le impostazioni, infatti, le due dita medio e indice, flesse all'interno del palmo, creano con la porzione laterale della mano (eminenza ipotenar) un appoggio morbido e stabile sul piano di scrittura, non ostacolando i movimenti delle altre dita. In realtà, dall’osservazione effettuata su una popolazione scolastica di 188 alunni in una scuola di Massa Carrara. è emerso che soltanto il 7% del campione scrive con un’impugnatura corretta. In aggiunta alla tenuta scorretta si evidenzia l’utilizzo di strumenti grafici dalle forme non ergonomiche e quindi inadatti ad ottenere una scrittura fluida e agevole. Inoltre, secondo una ricerca condotta dalla P.E.A.V. su un campione di 200 ragazzi, l’impugnatura più diffusa, che coinvolge il 60% delle persone osservate, è quella che si ha ponendo il pollice in avanti rispetto allo strumento grafico. E’ un’impugnatura che indica un mancato completamento dello sviluppo della motricità fine, un ancoraggio alla fase precedente a quella dell’opposizione pollice-indice (presa del cucchiaio). Questa ha come conseguenza la formazione di un archetto di tensione sull’indice che, bloccando il movimento delle dita, tende a spostare il movimento sul polso e a creare uno stato doloroso alle falangi. Vi è poi l’impugnatura “a morso” che si produce attraverso la flessione di tutte le dita verso il palmo. Riflette un bisogno di ridurre la tensione aumentando il contatto con lo strumento. Coloro che hanno dita lunghe o i mancini adottano spesso l’impugnatura con pollice interno. Questo è flesso a circa 3 cm dalla punta e racchiuso, dall’indice e a volte anche dal medio, all’interno del palmo della mano. La penna in questo modo viene spinta verso la prima falange dell’indice che fa da perno per il movimento scrittorio. L’impugnatura del fumatore invece è quella di chi tiene la penna come una sigaretta trattenendola tra indice e medio. Questo punto di incastro fa da perno per il movimento verso destra. Altro tipo di impugnatura scorretta è quella detta “death grip” determinata da una forte stretta della penna che può causare crampi e vesciche nonché problemi ai tendini flessori delle dita e conseguenti problemi all’articolazione del polso. Spesso, inoltre, lo strumento viene impugnato troppo vicino alla punta non consentendo la visione del tracciato. Quello che accomuna la maggior parte delle impugnature errate è la staticità del polso, come avviene nella prensione a 4 dita con appoggio sul mignolo o sull’anulare, che permette una certa velocità ma risulta molto faticosa. La posizione del corpo, inoltre, è frequentemente inadatta: il gomito non viene appoggiato sul tavolo, il busto è eccessivamente inclinato. Anche la posizione dell’altra mano molte volte è inadeguata, infatti, non viene utilizzata per fermare il foglio su cui si scrive, ma per giocherellare con oggetti a disposizione in quel momento. E’ stato rilevato da studi recenti che impugnature non corrette possono avere gravi conseguenze. Spesso, infatti, possono contribuire allo sviluppo di problemi visivi a causa della copertura parziale o totale di ciò che si sta scrivendo. Studi di posturologia, inoltre, affermano che particolare attenzione deve essere posta alla posizione che il bambino assume all'atto della scrittura e all'impugnatura della penna: questo dato è di estrema importanza ma è sempre stato sottovalutato in quanto, in base alla concezione più tradizionale della postura, non si individua immediatamente nell’impugnatura della penna l’elemento che influenza direttamente la posizione della testa e del tronco. In effetti, è proprio l’impugnatura che genera delle catene cibernetiche le quali, partendo dalla muscolatura intrinseca della mano, coinvolgono attraverso i muscoli pronatori e supinatori dell'avambraccio, dapprima il polso e quasi contemporaneamente l'avambraccio e il gomito, dal quale hanno origine i muscoli flessori ed estensori delle dita e del carpo. Da questa articolazione si dipartono due direttrici secondarie: una anteriore che interessa il bicipite e una posteriore che riguarda il tricipite. La direttrice anteriore coinvolge i muscoli pettorali e può avere come conseguenza diretta un'anteropulsione della spalla con una fissazione della clavicola. L’azione di compenso che ne deriva da parte della muscolatura sotto e sovra ioidea, nonché dei muscoli laterali del collo, condizionerà sia la posizione della mandibola che l’inclinazione della testa. La direttrice posteriore, mette in atto una sorta di azione compensatrice della catena anteriore propagandosi dal tricipite al deltoide e coinvolgendo la scapola dalla quale arriva ad interessare anche la colonna cervicale e l'occipite attraverso il muscolo trapezio. Dall’azione congiunta del trapezio e del grande e piccolo romboideo, inoltre, viene coinvolto il rachide toracico mentre il grande dorsale va a coinvolgere il bacino e l’osso sacro. “Quello appena sviluppato è uno schema semplificato di ciò che può accadere a partire da una impugnatura scorretta della penna nell'atto della scrittura: è d'altra parte evidente che un problema di convergenza a carico di un occhio nella stessa situazione costringerà il soggetto ad assumere con la testa una posizione compensatoria che scatenerà reazioni di accomodamento che si svilupperanno su direttrici testa-mano e testa-tronco”. Ad avvalorare la tesi dei posturologi è anche il parere di molti ottici optometristi che intervengono spesso nel ruolo di consulenti scolastici. Essi, quali sostenitori del benessere visivo-posturale della persona, affermano l’importanza di educare i bambini sin dalla scuola materna ad una corretta impugnatura, sia per prevenire gli atteggiamenti posturali scorretti, piuttosto che affrontarli più duramente quando sono consolidati da anni, sia per non incorrere in problematiche relative alla visione binoculare. In effetti, gli studi del settore hanno dimostrato che l’erronea tenuta della penna, spostando il fulcro dei movimenti dalla mano al gomito o alla spalla, può comportare un’inclinazione del busto che se superiore a 20° rispetto alla perpendicolare ideale, rischia di provocare una riduzione d’illuminazione (maggiore del 12%) sull’occhio opposto alla mano di scrittura. Ciò può favorire l’instaurarsi di problemi di asimmetria visiva compromettendo gravemente, a lungo andare, l’efficienza visiva di uno o entrambi gli occhi.

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Connessioni tra impugnatura non corretta e disgrafia: didattica del gesto grafico e stimolazione della motricità fine.

L’impugnatura non corretta dello strumento grafico, pur non essendo causa diretta di disgrafia, è comunque in stretta relazione con problematiche legate alla motricità fine e può condizionare negativamente il futuro sviluppo dell’abilità grafica. Secondo Alessandra Venturelli, la scrittura manuale richiede agli alunni un apprendimento complesso e spesso faticoso, basato non solo su precise regole convenzionali di forma, di impostazione spaziale, ma anche su una ben precisa tecnica di tenuta dello strumento grafico e di movimenti grafici coordinati. In base al metodo didattico attuale si tende a dare per scontate tali regole, considerando non necessario analizzarle e insegnarle direttamente in fase di iniziale apprendimento della scrittura, come se gli alunni, copiando direttamente lettere e parole potessero facilmente dedurle da soli. Ciò comporta che se un alunno, per carenza di prerequisiti o per la difficoltà a trovare autonomamente utili strategie compensative, non riesce ad impadronirsi di tali regole e di questa specifica tecnica di motricità specializzata, può con grande probabilità diventare disgrafico: la sua scrittura, con l’aumentare nel tempo delle richieste di prestazioni scolastiche in termini di quantità e di velocità, tenderà a peggiorare in qualità del tratto, in conduzione del tracciato, in leggibilità e in regolarità spaziale. “Perché ciò non si verifichi, è importante proporre una vera e propria didattica del gesto grafico, stimolando fin dalle prime fasi dell’apprendimento, a fine scuola dell’infanzia e soprattutto in prima classe primaria, corrette abitudini posturali e grafomotorie, direzioni esecutive funzionali delle lettere e un’adeguata consapevolezza spaziale. In tal modo gli alunni possono sviluppare gradualmente corretti automatismi, in una crescente sicurezza e scioltezza del gesto nel momento in cui passano a scrivere in corsivo, evitando di ricorrere a strategie compensative inefficaci e inadeguate che possono preludere a forme di disgrafia evolutiva” (vedi l’uso del computer o dello stampatello). Secondo l’autrice, inoltre, si dovrebbero proporre agli alunni, soprattutto nell’ultimo anno di scuola dell’infanzia e all’inizio del primo anno di scuola primaria, degli esercizi di distensione, di dissociazione motoria e di motricità fine per preparare ad una postura rilassata e ad una buona coordinazione, nonché per facilitare la prensione dello strumento grafico. Per sviluppare la motricità fine, si può proporre ad esempio “l’esercizio delle dita a coppie”, in cui si oppongono i polpastrelli del pollice di entrambe le mani a turno con ogni dito, seguendo un certo ritmo e contando ad alta voce, prima in avanti dall’indice al mignolo e poi all’indietro dal mignolo all’indice. Altro utile esercizio è il “gioco delle palline”, nel quale si mima il lancio di una biglia tra il pollice e ogni dito, partendo dall’indice verso il mignolo e poi all’indietro dal mignolo all’indice, contando ad alta voce, prima lentamente e poi aumentando la velocità. Per una corretta “presa a pinza” nel momento in cui si impugna la matita, con pollice opposto ad indice e medio che sorregge la matita lateralmente, è necessario che le dita siano ben arrotondate . A tale scopo è utile anche l’esercizio del “cannocchiale” che consiste nel far opporre ai bambini indice e pollice di entrambe le mani come per creare due cerchi, mentre le altre dita sono arrotondate e un po’ aperte, e poi far porre le dita così posizionate davanti agli occhi per guardarci attraverso come in un cannocchiale. Prima di cominciare gli esercizi di scrittura o pregrafismo, un altro esercizio che andrebbe ripetuto, per stimolare ad una corretta presa dello strumento grafico, consiste nel fare prendere ai bambini la matita con la mano dominante tenendola sollevata nell’aria, opponendo indice e pollice arrotondati (come nell’esercizio del “cannocchiale”) e far tracciare dei cerchi nell’aria. Dopo poco si farà aggiungere il medio, appoggiandolo sotto la matita per sorreggerla meglio e continuano a tracciare dei cerchi, mentre le altre dita sono allungate ma morbide. Quindi, si farà appoggiare la mano scrivente lateralmente sul tavolo, mantenendo questa impugnatura e continuando a “mimare” dei cerchi senza appoggiare la punta della matita, per mantenere sciolto il movimento. A questo punto potranno cominciare senza tensioni gli esercizi grafici veri e propri. Nell’ambito della rieducazione della scrittura si attribuisce molta importanza agli esercizi di motricità fine proprio per la funzione che essi hanno di ristabilire nel bambino un contatto con una delle parti più periferiche del loro corpo costituita dalle dita della mano. Solo in questo modo infatti, il bambino riuscirà a percepire con consapevolezza lo strumento grafico e a conquistare il controllo su di esso. Questa, all’interno di un più ampio percorso di educazione psicomotoria, è una tappa fondamentale nell’apprendimento della scrittura manuale, e del corsivo in particolare, che contribuiscono in maniera significativa al rendimento scolastico e all’intera formazione di ogni alunno nella sua motivazione e nella sua autostima.

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Considerazioni finali

Fino a qualche decennio fa veniva imposta un’educazione alla giusta impugnatura indotta dall’uso del pennino o delle stilografiche che, erogando facilmente inchiostro, costringevano a tenere le dita ad una distanza corretta e a calibrare la pressione sulla punta. Inoltre, i banchi inclinati e il continuo richiamo degli insegnanti alla posizione eretta del busto facilitavano l’abitudine alla corretta postura. Con l’avvento della penna a sfera che ha permesso di avvicinare molto le dita alla punta e, influenzati da impostazioni didattiche di reazione al vecchio schema educativo, gli alunni sono stati lasciati liberi di scegliere il modo a ciascuno più congeniale di tenere lo strumento, senza alcuna indicazione di correttezza. Questa libertà ha generato impugnature totalmente inadatte allo scopo e soprattutto dannose per la salute di chi le adotta. Per questo motivo, ed essendo ormai accertato che nella maggior parte dei casi l’evoluzione del grafismo è parallela a quella della capacità di maneggiare lo strumento grafico, i rieducatori della scrittura affermano oggi con decisione l’importanza di educare il bambino, già nelle prime fasi di approccio all’attività grafica, ad un’impugnatura corretta e rilassata pur evitando imposizioni e forzature. Nella rieducazione, infatti, si da un grande rilievo al lavoro da svolgere sul rapporto che il bambino ha con lo strumento grafico perché il miglioramento di questo aspetto sarà fonte di quei benefici che si ripercuoteranno anche sull’intero sistema neuromuscolare e psicomotorio. Risulta da ciò evidente l’opportunità di porre molta attenzione allo sviluppo dei prerequisiti necessari per la scrittura: ciò va fatto nel rispetto del ritmo di crescita neuromotoria del bambino, attraverso non solo esperienze di manualità fine e di coordinazione visuo-motoria ma anche con attività di pregrafismo, da applicarsi sin dalla scuola dell’infanzia a scopo preventivo. L’obiettivo è quello di realizzare un controllo globale del corpo contemporaneamente ad un controllo fine, segmentario, della mano che è essenziale per preparare il bambino alla successiva attività grafica. D’altra parte è stato dimostrato che anche l’adozione di criteri metodologici ben precisi, nelle fasi di insegnamento del gesto grafico e di apprendimento dell’impugnatura, rappresenta una base fondamentale nel percorso che conduce il bambino ad acquisire quelle abilità che gli permetteranno non solo semplicemente di scrivere ma di maturare nel tempo un proprio stile di scrittura in corsivo, come efficace strumento comunicativo ed espressione inconfondibile della propria personalità.

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