Il Disturbo dello sviluppo della Coordinazione Motoria (DCM)
- Cenni storici
- Criteri Diagnostici
- Caratteristiche diagnostiche
- Caratteristiche associate a supporto della diagnosi
- Sintomi
- Eziologia
- Prevalenza
- Sviluppo e decorso
- Fattori di rischio e prognosi
- Aspetti diagnostici correlati alla cultura di appartenenza
- Conseguenze funzionali del disturbo dello sviluppo della coordinazione
- Diagnosi differenziale
- Comorbilità
- Cos’è la Prassia
La Disprassia, o Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione (DSM-V, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-Fourth Edition) può essere considerata come un disturbo a sé stante, che quindi esclude la presenza di disabilità intellettiva, oppure inserito come sintomo in diverse patologie come: ritardo psicomotorio, disabilità intellettiva, paralisi cerebrali infantili, disturbo dello spettro autistico, DDAI (Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività), DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento), Disturbo del Linguaggio e molte altre sindromi genetiche (per esempio la sindrome di Williams, di Down, dell’X fragile, di Rett, di Ehlers Danlos etc..)
Cenni storici
Il disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria (DCD) è un ritardo nello sviluppo delle capacità motorie, o una difficoltà nel coordinare i movimenti, che comporta l'impossibilità del bambino di svolgere le attività quotidiane, quali vestirsi, lavarsi, scrivere, partecipare ad attività ludico-ricreative, in presenza di un livello cognitivo prevalentemente nella norma rispetto all’età cronologica e alle competenze dei pari.
Molti sono gli studiosi che nel tempo hanno cercato di definire questo tipo di disordine: nel 1937 Orton identifica la “goffaggine” in età evolutiva come uno dei più comuni disordini dello sviluppo , ne riconosce diverse tipologie nell’ambito dei disturbi motori ed individua la presenza di diversi tipi di disordini in età evolutiva.
Quasi trent’anni dopo, nel 1965, Gubbay descrive 24 bambini “goffi”, ovvero i così detti clumsy children, il cui profilo è caratterizzato dalla mancanza di destrezza, impaccio motorio, assenza di abilità coincidenti con le varie forme di aprassia o di agnosia e assenza di parametri positivi all’esame neurologico, in un quadro intellettivo e sensoriale preservato secondo i criteri fisiologici condivisi.
Negli anni successivi Gubbay (1975 e 1985), approfondisce il suo studio osservando che questi bambini non sono solo “goffi” e “maldestri”, ma manifestano anche molte altre carenze: alcuni mostrano disturbi di linguaggio, molti hanno difficoltà nella scrittura e nel disegno. Tutti presentano un Quoziente Intellettivo (QI) globale alto, tuttavia vi è una differenza tra il QI verbale e il QI di performance, a favore del primo, caratteristica costante che si manifesta in 21 bambini su 24. Con Gubby si concretizza il profilo del bambino goffo come di un bambino cognitivamente normodotato, ma con grosse difficoltà nell’esecuzione di movimenti volontari e organizzati con uno scopo preciso.
Nel 1972 Aryes, attraverso alcuni studi sulla stretta dipendenza tra sviluppo motorio e percettivo, mette in luce problemi percettivi e sensoriali, che principalmente riguardano gli aspetti visivi e tattili interpretandoli come possibile causa eziologica della sindrome.
Questi aspetti sono stati riconsiderati in una ricerca di Hulme e colleghi (1982) che ha soprattutto tenuto conto di deficit di processazione degli input visivi.
In seguito Van der Meulen e colleghi (1991) hanno poi confermato un deficit di percezione visuo-spaziale nei bambini goffi, imputando a tale disturbo il difetto di utilizzo del dato visuo-spaziale in sede di pianificazione dell’atto.
Solamente nel 1984 Denckla studia ed evidenzia la presenza di un’importante povertà di strategie che il bambino con DCD ha a disposizione ed inoltre sottolinea che la goffaggine, evidente nei primi anni di vita, può avere notevole valore predittivo circa la comparsa di disturbi dell'apprendimento in età scolare. Pur essendo riconosciuti, agli inizi del 1900 fino a poco tempo fa, i bambini con difficoltà nelle capacità motorie hanno ricevuto poca attenzione grazie alla convinzione di molti che, se lasciati soli, i bambini avrebbero perso gran parte dei loro problemi. Solo nel 1900 è stato possibile sottolineare con una forte evidenza come le difficoltà di questi bambini non scompaiono con l’età e che non affrontare dal principio i loro problemi può portare a conseguenze riguardanti tutte le aree dello sviluppo (comportamento, motricità grossolana e fine, apprendimenti). Aumentare la consapevolezza del problema, in combinazione con gli studi che hanno dimostrato stime di prevalenza del 5-6% in tutto il mondo, hanno spinto il riconoscimento di questo disturbo da parte della American Psychiatric Association (DSM, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 1994) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD, International Classification of Disease, 1992-1993).
In una riunione a consenso internazionale tenutasi per discutere tutte queste etichette diverse, ricercatori e medici provenienti da tutto il mondo, hanno accettato come definizione “Developmental Coordination Disorder” (Disturbo della Coordinazione Motoria) e deciso di pubblicare tutti i documenti futuri utilizzando questo termine (Polatajko, Fox, Missiuna, 1995).
Recentemente, nel 2013, è stata pubblicata la quinta edizione del Diagnostic and Statistcal Manual of Mental Disorders (DSM V) nella quale compare come definizione Disturbo della Coordinazione Motoria o Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria, pertanto ad oggi questo è il nome maggiormente utilizzato nel mondo medico-scientifico.
La difficoltà di un chiaro inquadramento nosografico di questo disordine dello sviluppo motorio è dovuto alla scarsa conoscenza dei meccanismi patogenetici che lo sottendono in età evolutiva e la mancata correlazione tra manifestazioni cliniche e lesione cerebrale. Questa difficoltà ha caratterizzato anche altre patologie dello sviluppo, come i disturbi del linguaggio e dell’apprendi mento della scrittura e della lettura, ma a differenza di questi ambiti, studiati da neuropsicologi e psicologi, l’ambito dello sviluppo della coordinazione motoria è povero di studi, in particolare di ricerche longitudinali che seguono l’emergere, l’apprendimento e l’affinamento di abilità motorie.
Per riassumere, il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria è dunque stato usato per descrivere diverse condizioni: in bambini con evidenti problemi “motori”, non dovute a cause specifiche neurologiche; viene impiegato come sinonimo di “goffaggine” con evidenti difficoltà nell’equilibrio sia statico che dinamico e nella coordinazione generale; viene utilizzato per descrivere un deficit di tutte le competenze relative alle funzioni adattive e un deficit nell’esecuzione di compiti che implicano sequenzialità in funzione di uno scopo. Vengono a mancare le istruzioni relative a come poter costruire operazioni motorie. I bambini affetti da tale disturbo, apprendono una cosa ma fanno fatica a generalizzare, associare e a trovare strategie funzionali.
Criteri diagnostici
Nel DSMV sono stati identificati quattro criteri d’inclusione per la diagnosi di Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria:
- L’acquisizione e l’esecuzione delle abilità motorie coordinate risultano notevolmente inferiori rispetto a quanto atteso considerate l’età cronologica dell’individuo e l’opportunità che l’individuo ha avuto di apprendere e utilizzare tali abilità. Le difficoltà si manifestano con goffaggine (per es., cadere o sbattere contro oggetti) così come con lentezza e imprecisione nello svolgimento delle attività motorie (per es., afferrare un oggetto, usare forbici o posate, scrivere a mano, guidare la bicicletta o partecipare ad attività sportive).
- Il deficit delle abilità motorie indicato nel Criterio A interferisce in modo significativo e persistente con le attività della vita quotidiana adeguate all’età cronologica (per es., nella cura e nel mantenimento di sé) e ha un impatto sulla produttività scolastica, sulle attività pre-professionali e professionali, sul tempo libero e il gioco.
- L’esordio dei sintomi avviene nel primo periodo dello sviluppo
- I deficit delle abilità motorie non sono meglio spiegati da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) o da deficit visivo e non sono attribuibili a una condizione neurologica che influenza il movimento (per es., paralisi cerebrale infantile, distrofia muscolare, disturbo degenerativo).
Caratteristiche diagnostiche
La diagnosi di disturbo dello sviluppo della coordinazione viene posta attraverso una sintesi clinica della storia personale (dello sviluppo e medica), dell’esame obiettivo, da pagelle scolastiche, o da documentazione proveniente dal posto di lavoro e dalla valutazione individuale effettuata mediante l’uso di test psicometrici validi, standardizzati e culturalmente appropriati. La manifestazione della compromissione delle abilità che richiedono coordinazione motoria, (Criterio A) varia a seconda dell’età. I bambini piccoli possono presentare un ritardo nel raggiungimento delle tappe motorie fondamentali (per es., sedersi, gattonare, camminare), sebbene molti raggiungano le tappe motorie adeguate. Essi inoltre possono sviluppare in ritardo alcune abilità quali salire le scale, pedalare, abbottonarsi la camicia, assemblare puzzle e chiudere le cerniere. Anche nel momento in cui l’abilità viene acquisita, l’esecuzione dei movimenti può apparire scoordinata, lenta o meno precisa rispetto ai coetanei. I bambini più grandi e gli adulti potrebbero mostrare lentezza o imprecisione negli aspetti motori di attività quali assemblare puzzle, costruire modellini, giocare con la palla (specialmente in squadra), scrivere a mano, battere a macchina, guidare o dedicarsi alla cura personale. Il disturbo dello sviluppo della coordinazione viene diagnosticato solo se la compromissione delle abilità motorie interferisce in modo significativo con lo svolgimento o con la partecipazione alle attività quotidiane della vita familiar e, sociale, scolastica o comunitaria (Criterio B). esempi di tali attività comprendono vestirsi, assumere i pasti utilizzando utensili appropriati all’età e senza fare disordine, impegnarsi in giochi fisici con gli altri, utilizzare in classe strumenti quali righelli e forbici, e partecipare ad attività di squadra a scuola. Non solo la capacità di svolgere queste azioni è compromessa, ma è comune anche una marcata lentezza di esecuzione. La capacità di scrivere a mano è spesso compromessa, e di conseguenza sono coinvolti la capacità di leggere e/o la rapidità della produzione scritta e il rendimento scolastico (l’impatto si distingue da quello delle difficoltà specifiche dell’apprendimento per via dell’importanza della compromissione della componente motoria delle abilità di scrittura). Negli adulti, le abilità quotidiane legate alla scuola e al lavoro, specialmente quelle in cui sono richieste velocità e precisione, sono influenzate negativamente dai problemi della coordinazione. Il Criterio C stabilisce che l’esordio dei sintomi del disturbo dello sviluppo della coordinazione deve avere luogo nel primo periodo dello sviluppo. Tuttavia il disturbo dello sviluppo della coordinazione tipicamente non viene diagnosticato prima dei 5 anni di età poiché esiste una considerevole variazione dell’età di acquisizione di molte abilità motorie o una mancanza di stabilità dei risultati delle misurazioni nella prima infanzia (per es., alcuni bambini recuperano successivamente) o perché altre cause di ritardo motorio possono non essersi manifestate completamente . Il Criterio D specifica che la diagnosi di disturbo dello sviluppo della coordinazione viene posta se le difficoltà di coordinazione non sono meglio spiegate da un deficit visivo o non sono attribuibili a una condizione neurologica. Per questo motivo l’esame delle funzioni visive e l’esame neurologico devono essere compresi nella valutazione diagnostica. Se è presente disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo), le difficoltà motorie superano quelle attese in base all’età mentale; comunque non è specificato un QI limite o un criterio differenziale. Il disturbo dello sviluppo della coordinazione non ha sottotipi distinti; tuttavia, alcuni individui possono presentare una compromissione predominante nelle abilità motorie grossolane piuttosto che in quelle fini, comprese la scrittura. Altri termini usati per descrivere il disturbo dello sviluppo della coordinazione comprendono disprassia infantile, disturbo specifico della motricità e sindrome del bambino goffo.
Caratteristiche associate a supporto della diagnosi
Alcuni bambini con disturbo dello sviluppo della coordinazione mostrano un’attività motoria aggiuntiva (di solito repressa)come i movimenti corei formi del bacino o movimenti speculari. Questi movimenti “parassitari” vengono considerati come immaturità del neuro sviluppo o segni neurologici lievi piuttosto che anomalie neurologiche. Sia nella letteratura attuale sia nella routine clinica, il loro ruolo diagnostico è ancora poco chiaro e sono necessari ulteriori approfondimenti.
Sintomi
Il Disturbo dello sviluppo della Coordinazione motoria è un problema dell’organizzazione del movimento che può andare ad inficiare anche sull’apprendimento scolastico del bambino. Nei bambini affetti da tale disturbo si osserverà goffaggine, difficoltà di pianificazione e programmazione delle azioni, difficoltà nel prevederne, verificarne ed eventualmente correggerne il risultato, difficoltà nell’esecuzione di una sequenza motoria che risulterà alterata nei requisiti spaziali e temporali e spesso associata a movimenti non richiesti (paraprassie) con la conseguenza che l’attività motoria, anche se eseguita con rapidità ed in modo apparentemente abile, può essere del tutto inefficace e scorretta, nonostante siano integre le funzioni volitive, la forza muscolare, la coordinazione e la disposizione a collaborare. Si può associare disturbo di linguaggio, di percezione e di elaborazione del pensiero. Il linguaggio può essere semplificato nella struttura sintattico-grammaticale ed alterato negli aspetti articolatori, la percezione inadeguata nell’integrare le informazioni periferiche e nel correlarle all’azione, il pensiero scarsamente organizzato nei vari contenuti. Il bambino con Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione motoria utilizza le funzioni che ha acquisito in modo stereotipato, con strategie povere e ridotte alternative. Tramite la pratica continuativa può acquisire funzioni e svolgere senza grosse difficoltà le attività della vita quotidiana. La povertà di strategie e le ridotte abilità di generalizzazione rendono tuttavia difficoltosa l'acquisizione di nuovi compiti e il trasferimento di soluzioni strategiche già acquisite.
Si riscontra, talvolta, una ridotta capacità di rappresentazione dell'oggetto su cui agire, o ridotta capacità di rappresentare l'intera azione e le sequenze che la compongono.
Il soggetto con Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria può mostrare difficoltà a:
- fare i lacci alle scarpe
- abbottonarsi
- scrivere e copiare
- disegnare
- assemblare puzzle
- costruire modelli
- giochi di pazienza
- giochi di costruzione
- lanciare, afferrare e calciare una palla
- fare attività sportive
- comprendere ed eseguire percorsi motori
- nel linguaggio: articolazione di parole, fonemi
All'osservazione può presentare:
- goffaggine: caratterizzata ma movimenti impacciati, alterati nelle sequenze temporali, maldestri e poco o affatto efficaci;
- posture inadeguate, dipendenti da scarsa consapevolezza del proprio corpo, le quali interferiscono sia sul mantenimento di un buon equilibrio sia sulla coordinazione del movimento;
- confusione della lateralità con difficoltà ad orientarsi nello spazio e di trovare il proprio posto in una situazione nuova;
- problemi di consapevolezza del tempo con difficoltà nel rispettare gli orari e nel ricordare i compiti nella giornata;
- ipersensibilità al contatto fisico e problemi a portare vestiti in modo confortevole;
- problemi nell’eseguire attività fisiche come correre, prendere ed usare attrezzi, tenere la penna e scrivere;
- ridotto sviluppo delle capacità di organizzazione, con conseguenti evidenti difficoltà nell’eseguire attività che richiedono sequenze precise;
- facile stancabilità;
- scarsissima consapevolezza dei pericoli;
- comportamenti fobici, compulsavi ed immaturi.
Eziologia
Per molti autori non esiste una causa conosciuta. Non sono presenti anomalie neurologiche che possano spiegare il disturbo. Le ricerche finora condotte suggeriscono una immaturità dello sviluppo neuronale nel sistema nervoso centrale. Gli studi condotti con Risonanza Magnetica Nucleare (RNM) hanno identificato in alcuni soggetti immaturità nello sviluppo dei circuiti neuronali. Gli impulsi sono ricevuti nella corteccia cerebrale attraverso una rete di circuiti nervosi. La corteccia cerebrale è la parte più estesa del cervello, formata da due parti interconnesse da uno spesso strato di fibre detto corpo calloso.
Fig.1. Circuito stimolo-talamo, talamo-corteccia cerebrale, corteccia cerebrale-sistema limbico (amigdala)
La corteccia cerebrale ha funzioni sul pensiero, movimento volontario, linguaggio, ragionamento, percezione. Gli impulsi danno informazioni sulle nostre condizioni fisiche e sull'ambiente che ci circonda. La costante ripetizione del movimento, permette di affinare e controllare il movimento in risposta a uno stimolo. Una immaturità nello sviluppo di queste vie provoca una difficoltà nella coordinazione e nella intenzionalità del movimento e nell'esecuzione di movimenti fini.
Altre aree del cervello, note come sistema limbico o amigdala, agiscono in sinergia con la corteccia.
Il sistema limbico rappresenta il luogo di origine delle emozioni controlla l'affettività, le risposte vegetative indotte dalle emozioni, il tono dell'umore e la percezione delle sensazioni piacevoli o dolorose la paura, i fenomeni detti di "attacco e fuga". Una parte del sistema limbico, l'ippocampo, è coinvolto nei processi di memorizzazione ed apprendimento. Il sistema limbico controlla anche il comportamento sessuale.
Se sono presenti immaturità nel sistema limbico, reazioni sovra o sotto dimensionate in rapporto a stimoli sensoriali possono intaccare i livelli di attività di controllo fisico ed emozionale. Queste reazioni sono solitamente definite come impulsività, iperattività e perdita d'attenzione.
Indagini diagnostiche sempre più sofisticate come la TAC, la Risonanza Magnetica Funzionale (RMf) e la tomografia ad emissione di positroni (PET) hanno messo in evidenza, nei casi più compromessi, una ecodensità periventricolare della sostanza bianca; è stata inoltre riscontrata la presenza di microlesioni e assottigliamento della parte posteriore del corpo calloso. Tuttavia alcuni autori affermano che non si possa o non si debba parlare di microlesioni o di quello che una volta veniva definito Minimal Brain Damage, ma piuttosto di disfunzione a livello delle reti neurali, come a porre in evidenza la presenza di interruzioni nella rete sinaptica [Portwood, 1996; Hill, Bishop, Nimmo-Smith, 1998] e lentezza esecutiva per conseguente lentezza di trasmissione, sintomo che rimane evidente nella clinica del bambino con DCD. Dai risultati rilevati con tali strumenti di indagine si ritiene che, in un futuro prossimo, si possa ottenere un contributo significativo rispetto alla definizione eziologica di tale patologia.
Prevalenza
La prevalenza del disturbo dello sviluppo della coordinazione è del 5-6 % nei bambini tra i 5 e gli 11 anni di età (nei bambini di 7 anni, l’1,8% ha la diagnosi di disturbo dello sviluppo della coordinazione grave e il 3% di disturbo dello sviluppo della coordinazione probabile). I maschi sono colpiti più spesso delle femmine, con un rapporto maschio:femmina tra 2:1 e 7:1.
Epidemiologia DCD
Bambini in età scolare
Bambini in età scolare affetti da DCD
Sviluppo e decorso
Il decorso del disturbo dello sviluppo della coordinazione è variabile ma stabile almeno fino a 1 anno di foolow-up. Sebbene possano manifestarsi miglioramenti a lungo termine, i problemi nei movimenti coordinati continuano nel corso dell’adolescenza in una percentuale stimata del 50-70% dei bambini. L’esordio avviene nella prima infanzia. I primi segni possono essere ritardi nelle tappe motorie principali, oppure il disturbo può essere riconosciuto la prima volta nel momento in cui il bambino prova a svolgere attività quali impugnare coltello e forchetta, abbottonarsi i vestiti o giocare con la palla. Nella media infanzia si manifestano difficoltà negli aspetti motori legati all’assemblare puzzle, costruire modellini, giocare con la palla e scrivere a mano, così come nella gestione dei propri effetti personali quando sono richieste azioni sequenziali e coordinazione. Nella prima età adulta vi è una continua difficoltà nell’apprendimento di nuovi compiti che comportano abilità motorie complesse/automatiche, compresi guidare e usare utensili. L’incapacità di prendere appunti e scrivere a mano velocemente può influenzare le prestazioni sul lavoro. La presenza concomitante di altri disturbi (si veda il paragrafo “Comorbilità” di questo disturbo) ha un impatto aggiuntivo sul quadro clinico, il decorso e l’esito del disturbo.
Fattori di rischio e prognosi
Non esiste una cura per il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria, ma la maggior parte dei bambini può essere messa nella condizione di rispondere nel modo quanto più soddisfacente possibile alla maggior parte delle richieste da parte dell’ambiente, se sollecitati ed aiutati a trovare strategie adeguate per la soluzione di compiti, a vari livelli di competenza.
Questo disturbo può persistere in età adulta e le complicanze includono: lesioni ripetute, difficoltà di apprendimento, scarsa autostima e mancanza di volontà nel partecipare ad attività fisiche. L’inattività fisica pone i pazienti ad un alto rischio di sovrappeso e di sviluppare ulteriori complicazioni come diabete, ipertensione e malattie cardiache.
La diagnosi precoce e il trattamento riabilitativo sono molto importanti e contribuiscono attivamente alla riduzione del gap evolutivo con le abilità attese per l’età cronologica. Questo perché il cervello cambia e si sviluppa rapidamente nel corso dei primi anni di vita. Infatti è durante questo periodo che nuovi collegamenti neuronali vengono a crearsi all’interno del sistema cerebrale e nervoso e che un bambino inizia a sviluppare nuove competenze e abilità.
La prognosi sarà pertanto condizionata dalla precocità della diagnosi e dell’intervento e dal tipo di terapia intrapresa, ma la completa riabilitazione sarà difficile da quantificare in tutti i casi.
Tra i fattori di rischio possiamo osservare:
Fattori ambientali. Il disturbo dello sviluppo della coordinazione è più comune a seguito di esposizione prenatale all’alcol e in bambini prematuri o con basso peso alla nascita.
Fattori genetici e fisiologici. Sono state riscontrate compromissioni in processi di neuro sviluppo sottostanti -in particolare nelle abilità visuo-motorie, sia la percezione visuo-motoria sia la mentalizzazione spaziale- che colpiscono la capacità di compiere rapidi adattamenti motori nei momenti in cui aumenta la complessità dei movimenti richiesti. Sono state ipotizzate disfunzioni cerebellari, ma le basi neurali del disturbo dello sviluppo della coordinazione rimangono poco chiare. A causa della concomitanza di disturbo dello sviluppo della coordinazione, disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI), disabilità specifiche dell’apprendimento e disturbo dello spettro dell’autismo, sono stati ipotizzati fattori genetici condivisi. Tuttavia, una consistente concomitanza nei gemelli si rileva solo in casi gravi.
Modificatori del decorso. Gli individui con DDAI e disturbo dello sviluppo della coordinazione mostrano una maggiore compromissione rispetto agli individui con DDAI senza disturbo dello sviluppo della coordinazione.
Aspetti diagnostici correlati alla cultura di appartenenza
Il disturbo dello sviluppo della coordinazione si presenta in culture razze e condizioni socioeconomiche diverse. Per definizione, le “attività della vita quotidiana” implicano differenze culturali che richiedono si prenda in considerazione il contesto in cui l’individuo ha vissuto da bambino e che si verifichi se ha avuto adeguate opportunità di imparare e di mettere in pratica tali attività.
Conseguenze funzionali del disturbo dello sviluppo della coordinazione
Il disturbo dello sviluppo della coordinazione porta a una compromissione della prestazione funzionale nelle attività della vita quotidiana (Criterio B), e la compromissione aumenta in caso di condizioni concomitanti. Le conseguenze del disturbo dello sviluppo della coordinazione comprendono ridotta partecipazione a giochi di squadra e attività sportive; scarsa autostima e valutazione di sé; problemi emotivi o del comportamento; rendimento scolastico compromesso; scarsa forma fisica; ridotta attività fisica e obesità.
Diagnosi differenziale
Compromissioni motorie dovute a un’altra condizione medica. I problemi di coordinazione possono essere associati a compromissione della funzione visiva e a disturbi neurologici specifici (per es., paralisi cerebrale, lesioni progressive del cervelletto, disturbi neuromuscolari). In questi casi si riscontrano evidenze aggiuntive all’esame neurologico.
Disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo). Se è presente disabilità intellettiva, le capacità motorie possono essere compromesse in conformità con la disabilità intellettiva. Tuttavia, nel caso in cui le difficoltà motorie superano ciò che può essere spiegato dalla disabilità intellettiva e i criteri per il disturbo dello sviluppo della coordinazione siano soddisfatti, allora il disturbo dello sviluppo della coordinazione può essere diagnosticato.
Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI). Gli individui con DDAI possono cadere, urtare oggetti o farli cadere. Occorre un’ attenta osservazione in contesti diversi per determinare se la mancanza di capacità motoria sia attribuibile a distrazione e impulsività piuttosto che a disturbo dello sviluppo della coordinazione. Qualora siano soddisfatti i criteri sia per i DDAI sia per il disturbo dello sviluppo della coordinazione, possono essere poste entrambe le diagnosi. Disturbo dello spettro dell’autismo. Gli individui con disturbo dello spettro dell’autismo possono non essere interessati a svolgere compiti che richiedono abilità di coordinazione complesse, come gli sport con la palla, che influenzano la valutazione delle prestazioni ma non riflettono la competenza motoria di base. La concomitanza del disturbo dello sviluppo della coordinazione e del disturbo dello spettro dell’autismo è comune. Se sono soddisfatti i criteri per entrambi i disturbi, possono essere poste entrambe le diagnosi.
Sindrome da ipermobilità articolare. Gli individui con sindromi che causano iperestensibilità delle articolazioni (riscontrata all’esame obiettivo, spesso con sintomi di dolore) possono presentare sintomi simili a quelli del disturbo dello sviluppo della coordinazione.
Comorbilità
I disturbi che comunemente si presentano in concomitanza con il disturbo dello sviluppo della coordinazione comprendono disturbo del linguaggio e dell’eloquio; disturbo specifico dell’apprendimento (specialmente della scrittura e della lettura); problemi di disattenzione, compreso il DDAI (la più frequente condizione coesistente, che si manifesta in concomitanza in circa il 50% dei casi); disturbo dello spettro dell’autismo; problemi di regolazione comportamentale ed emotiva; sindrome da ipermobilità articolare. Possono presentarsi diversi cluster di disturbi concomitanti (per es., un cluster con gravi disturbi di lettura, problemi della motricità fine e problemi nella scrittura a mano; un altro cluster caratterizzato da controllo del movimento e pianificazione motoria compromessi). La presenza di altri disturbi non esclude la diagnosi di disturbo della coordinazione ma può rendere più complessi i test e può interferire in modo indipendente con l’esecuzione delle attività della vita quotidiana, richiedendo così il giudizio clinico dell’esaminatore nel definire la causa della compromissione delle abilità motorie.
Cos’e’ la prassia
Deriva dal greco praxía, dal tema di prássō, fare. In neurologia si definisce come la capacità di compiere correttamente gesti coordinati e diretti a un determinato fine. Un gesto abituale non deve essere pensato e monitorato, ma si realizza senza controllo cognitivo (attentivo). Se il gesto è nuovo il soggetto deve invece selezionare la sequenza degli atti e controllare il loro svolgimento ed eventualmente modificare il piano. Il progetto d'azione deve cioè essere immaginato e monitorato nell'atto della realizzazione. Nell'individuo normale l'acquisizione di un nuovo schema motorio progredisce attraverso stadi in cui il movimento è controllato in modo attivo e accurato. I singoli movimenti devono essere prodotti lentamente prestando attenzione ad ogni singola azione e alle sue conseguenze. Ciascuna azione deve essere selezionata e la sequenza deve essere assemblata e immagazzinata in memoria (ordine e timing). Con la pratica la sequenza si consolida e diviene automatica.
Fasi di acquisizione di una prassia:
- Preparazione: l’azione viene eseguita molto lentamente, viene esercitato un forte controllo, vengono curate le singole parti dell’azione;
- Composizione: l’azione viene eseguita più velocemente ma vengono commessi errori di esecuzione;
- Proceduralizzazione: a questo livello l’azione viene svolta fluentemente, in modo routinario, automatizzato.
Agire sul mondo esterno e conoscerlo significa costruire strutture motorie (sequenze di movimenti ordinati rispetto ad uno scopo e a specifiche esigenze adattive) o strutture percettive. Il bambino possiede alla nascita un patrimonio di strutture, deve tuttavia continuamente costruirle e ricostruirle adattandole alle specifiche condizioni ambientali. Il processo di ristrutturazione costituisce la condizione per l'acquisizione di nuove conoscenze e competenze, per lo sviluppo di una sempre maggior destrezza e maggior capacità di rappresentarsi il mondo esterno, di riconoscerlo e di agirvi in modo adattivo. Un modo per organizzare la conoscenza è l'azione e l’ osservazione dei risultati delle proprie azioni. La rappresentazione dello spazio si costruisce tramite le azioni dirette esercitate sugli oggetti. Il confronto tra esperienze provenienti da canali differenti offre la base per rendere coerenti le esperienze e costruire categorie e concetti per classificare e organizzare gli interventi sul mondo esterno rendendo azioni e riconoscimenti sempre più precisi. La rappresentazione costituisce quindi una costituente fondamentale del movimento intenzionale (diretto a uno scopo). Differenti livelli di organizzazione (e di controllo) sottostanno alla realizzazione del comportamento intenzionale:
- rappresentazione mentale dell'attività e pianificazione degli atti sequenziali indispensabili per realizzarla (preparazione dell'azione) feed-forward
- controllo (feed-back) nel corso dell'azione ad opera del sistema effettore
- verifica del risultato (feed-back a posteriori). L'azione finalizzata consiste nell'assemblamento di atti elementari in serie e si caratterizza per una progressiva minor variabilità maggior economia (utilizzazione dei soli atti necessari allo scopo).
Indice |
INTRODUZIONE |
CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Claudia RAVAIOLI |