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Sindrome da delezione 22q11

La Sindrome da delezione di 22q11.2 è una malattia causata dalla delezione di un pezzo del cromosoma 22. Avviene vicino al centromero ed è situata in 22q11.2. Colpisce 1 ogni 4.000 nati vivi.

Le caratteristiche e i risultati della sindrome variano ampiamente e possono colpire vari organi e sistemi, tutti ricollegabili in qualche modo alle regioni anatomiche di testa, collo e mediastino. Sintomi caratteristici includono: difetti cardiaci, anomalie facciali, immunodeficienza T, palatoschisi, ipocalcemia. Possono essere, inoltre, presenti anomalie epatiche, difficoltà d’appredimento, malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide e un aumentato rischio di malattia mentale.  Microdelezioni nella regione 22q11 sono associati ad un rischio 30 volte superiore al normale di sviluppare la schizofrenia.

Nomenclatura

I sintomi della delezione di 22q11.2 sono così vari, da essere stati descritti, raggruppati, in molte sindromi. Queste includono la Sindrome velo-cardio-facciale (chiamata anche Sindrome di Shprintzen), la Sindrome di DiGeorge e altre. L’acronimo CATCH-22 era usato per indicare genericamente i sintomi più diffusi della sindrome: C = cardiac defects (difetti cardiaci), A = abnormal facies (anomalie facciali), T = thymic hypoplasia (ipoplasia del timo), C = cleft palate (palatoschisi), H = hypocalcemia (ipocalcemia).

Causa

La sindrome è causata dalla delezione di 3 milioni di basi, nell’85% dei soggetti, mentre, nell’8% di sole 1,5 milioni di basi, sul braccio lungo. Le due condizioni non evidenziano differenze cliniche. In altri casi, alcuni pazienti possono presentare i medesimi sintomi con una delezione nel braccio corto del cromosoma 10.

Genetica

Di norma la sindrome è causata da una nuova mutazione, tuttavia può esserci anche una trasmissione familiare autosomica dominante (<5% dei casi) che produce sintomi più lievi. La regione deleta contiene 30 geni, non tutti bene caratterizzati. Alcuni di questi geni sono in condizione di aplosufficienza, dunque non danno problemi medici in quanto supplisce alle loro funzioni il cromosoma omologo sano; altri, invece, sono aploinsufficienti, e sono questi a provocare i danni fisici.

Il gene più importante per l’insorgenza dei sintomi della sindrome è TBX1, un fattore di trascrizione particolarmente espresso nelle tasche branchiali III e IV, durante la vita embrionale, ciò spiega le modificazioni degli organi che origineranno in questa area (faccia, bocca, timo, cuore).

http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_da_delezione_22q11

 

SINDROME DA DELEZIONE 22q11 e PROFILO NEUROCOMPORTAMENTALE

Dott. Roberta Nistri - Azienda Ospedaliera A.Meyer

La sindrome da delezione 22q11.2 comprende dismorfismi facciali, insufficienza velofaringea e disturbi del linguaggio, ipoplasia del timo e difetti dell’immunità cellulare, ipocalcemia neonatale e ipoplasia delle paratiroidi, cardiopatia congenita, in particolare difetti di tipo tronco-conale. In effetti  tuttavia l’espressività clinica della delezione è molto variabile e lo spettro fenotipico è il risultato dell’associazione più o meno completa dei vari difetti che ne fanno parte, per cui possiamo avere anche dei quadri clinici molto sfumati,  che comportano un ritardo nella diagnosi.

Per quanto riguarda il profilo neurocomportamentale troviamo un insieme di disturbi quali instabilità emotiva, ansia, impulsività o inibizione, introversione e timidezza, disturbo di attenzione con iperattività ADHD, disturbo di attenzione ADD, ma soprattutto difficoltà di apprendimento, con una prevalenza che va dall’82 al 100%.

Nella maggior parte dei casi è presente un ritardo nelle acquisizioni motorie, in parte legato alla presenza di ipotonia, riscontrabile nel 50% dei casi. Frequente è inoltre il ritardo del linguaggio, sia come ritardo nell’inizio sia come difetti di fonazione o voce nasale correlati alle anomalie del palato; ciò comporta difficoltà nella comunicazione che persistono a lungo se non adeguatamente considerati.

Per quanto riguarda più strettamente il profilo cognitivo si rileva un quoziente intellettivo medio pari a 70,  ( Q.I. = 70 ), senza nessuna correlazione con la presenza o meno di cardiopatia associata.

Il rischio di deficit intellettivo è più elevato nei casi “ familiari” rispetto a quelli con delezione “de novo”, verosimilmente per un fattore legato a scarsa stimolazione ambientale.

Nei risultati ottenuti dai test di livello emerge un Q.I. Verbale (VQI) maggiore del Q.I. di Performance (PQI), che depone per un quadro di Disabilità Cognitiva Non Verbale ( DCNV).

I pazienti con delezione 22q11 presentano quindi un modello di performance neuropsicologiche peculiare: deficit nelle abilità visuo-spaziali, deficit nella processazione verbale, nella memoria verbale complessa, nella memoria visuo-spaziale, deficit nel ragionamento matematico e nell’attenzione. ( Immagini di RM dell’encefalo di soggetti con delezione 22q11 hanno evidenziato riduzione di volume a carico dei lobi parietale ed occipitale e questo potrebbe costituire il substrato anatomico di questa DCNV).

Per quanto riguarda più specificamente il profilo comportamentale sono prevalenti difficoltà relazionali, isolamento sociale, difficoltà di comunicazione, problemi di attenzione, difficoltà ad accettare cambiamenti, iperdipendenza dalle figure parentali.

Per approfondire queste tematiche sono necessari studi longitudinali e più numerosi.

La “variabilità estrema” nell’espressione delle difficoltà emergenti in ambito neuropsichiatrico infantile, rende comunque necessarie delle valutazioni individuali, per la possibilità di instaurare una riabilitazione cognitiva mirata.

Indispensabile si rivela la prevenzione delle difficoltà relazionali, cercando il giusto equilibrio tra la spinta all’autonomia e adeguate aspettative sociali da parte.

Si sottolinea quindi l’utilità di un intervento precoce sulle aree verbali ( linguaggio, lettura, comprensione, calcolo matematico) , sulle aree non verbali ( motricità, organizzazione visuo-spaziale, attenzione, memoria ) e sul comportamento ( identificare i cambiamenti, sostenere nelle tappe evolutive, evitare l’isolamento favorendo la socializzazione).

Studi italiani, se pure poco numerosi, hanno confermato questo profilo neuropsicologico, con la prevalenza di difficoltà di organizzazione spaziale e di integrazione visuo-motoria, dissociazione tra abilità di memoria a lungo termine visiva ( preservata ) e spaziale ( deficitaria) e difficoltà nella comprensione morfosintattica.

Nella letteratura scientifica sulla sindrome da delezione 22q11 emerge un altro dato molto significativo: un aumento dell’incidenza di malattie psichiatriche ( 10-20 %), come schizofrenia e disordini bipolari, in adolescenti e adulti affetti dalla delezione. Il rischio di sviluppo di schizofrenia va dal 25 al 33 % a seconda degli autori, tanto da far pensare di essere di fronte ad un sottotipo genetico. L’esordio avviene dopo un evento maggiore della vita, con sintomi psicotici come deliri paranoici, estrema ansietà, sentimenti depressivi con comportamenti suicidari e scarsa risposta ai trattamenti farmacologici. Immagini di RM encefalica in soggetti con delezione 22q11 e schizofrenia rivelano ampliamento dei ventricoli e diminuzione della sostanza grigia nei pazienti affetti; questi dati mostrano una possibile correlazione tra analisi volumetriche e morfologiche del sistema nervoso centrale e lo sviluppo di schizofrenia.

Quali i fattori predittivi di rischio per schizofrenia nella sindrome da delezione 22q11 ?

  • Specificità neuroanatomiche : alterazioni volumetriche dell’encefalo
  • Specificità neurocognitive : alterazioni nella memoria verbale e nella memoria visiva
  • Deterioramento nell’adattamento psicosociale
  • Anormalità nella mielinizzazione

Riteniamo utile ricordare che per fare diagnosi di schizofrenia dobbiamo valutare il quadro clinico alla luce di precisi criteri, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali della American Psychiatric Asociation.( DSM-IV)

Il timore di un possibile viraggio da disturbi del comportamento a quadri conclamati di psicosi, fino alla schizofrenia, non deve comunque rendere passivi o fatalisti i genitori, ma deve anzi spronarli a comportamenti equilibrati e adeguati, ad un esame realistico delle potenzialità del proprio figlio, al contenimento delle ansie, individuali e familiari, e, nello stesso tempo, ad una prevenzione discreta e non invadente delle  necessarie autonomie personali.

La presa in carico tempestiva delle  situazioni a più alto rischio psicopatologico consentirà di raggiungere la migliore integrazione sociale dei pazienti e dei loro familiari.

Tratto da www.neuropsicomotricista.it  + Titolo dell'articolo + Nome dell'autore (Scritto da...) + eventuale bibliografia utilizzata

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