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L’INTERAZIONE MAMMA - BAMBINO

LA COSTELLAZIONE MATERNA

Con la nascita di un bambino, la madre entra in una nuova organizzazione psichica, che Stern definisce “costellazione materna”1. Ponendosi come organizzatore psichico, questa “costellazione” determinerà nella madre una serie di nuove azioni, tendenze, sensibilità, fantasie, paure e desideri.

Durante il suo periodo di permanenza, diventa la linea organizzativa dominante per la vita psichica della madre e mette in secondo piano le organizzazioni nucleari che precedentemente hanno svolto quel ruolo centrale.

La “costellazione materna” può essere descritta attraverso quattro temi essenziali: il tema vita-crescita, il tema della relazionalità primaria, il tema della matrice di supporto, il tema della riorganizzazione dell’identità.

Il primo tema, della vita-crescita, riguarda la capacità della madre di avere successo come animale umano sufficientemente capace; esso è alla base delle paure che pervadono la madre in questo periodo, quali per esempio quelle che il bambino possa morire, possa smettere di respirare o possa essere ucciso dalla sua inadeguatezza.

Il secondo tema, della relazionalità primaria, riguarda l’impegno sociale-affettivo della madre verso il bambino. Con il termine “relazionalità primaria”, Stern intende le forme di relazione che caratterizzano il primo anno di vita del bambino e comprendono il consolidamento dei legami umani di attaccamento, sicurezza e affetto, la regolazione dei ritmi del bambino, il tenerlo in braccio e l’insegnamento delle regole fondamentali delle relazioni umane che vengono trasmesse a livello preverbale. Questi elementi devono essere impostati prima che si manifestino la parola e il simbolo e che il bambino socializzi al di fuori della diade mamma-bambino.

Il terzo tema, della matrice di supporto, riguarda il bisogno della madre di creare attorno al bambino una rete di supporto benevola che le permetta di realizzare con successo i primi due compiti: tenere in vita il bambino e promuoverne uno sviluppo psicoaffettivo. La funzione principale della matrice di supporto è quella di proteggere la madre fisicamente, soddisfare le sue necessità vitali e porla momentaneamente al riparo dalle esigenze della realtà esterna affinché possa adempiere ai propri compiti. Dopo la nascita del bambino l’attenzione della madre si rivolge molto spesso alle figure materne della sua vita; la distanza e l’atmosfera emotiva create dalla madre nei confronti della propria figura materna e la sua capacità di riflettere sulla relazione e sui ricordi che ha di essa, diventano in questo periodo fattori molto importanti. Allo stesso modo si sviluppano paure legate al proprio marito, con il quale la donna può entrare in competizione come genitore o rispetto alle attenzioni dedicate da parte del bambino. In questo periodo la figura del marito diventa fondamentale, sia come protezione fisica e pratica, che come difesa e sostegno psicologico. Le nuove realtà concrete vanno a scontrarsi con la disponibilità della coppia ad accogliere il bambino, ponendosi come fonte potenziale di conflitto tra marito e moglie con conseguenze sulla relazione genitore-bambino.

Il quarto e ultimo tema riguarda il bisogno della madre di riorganizzare la propria identità: la neo-mamma deve, infatti, spostare il centro della sua identità da figlia a madre, da moglie a genitore, da donna in carriera a madre di famiglia. Se non riuscirà a portare a termine queste trasformazioni, anche i tre compiti precedenti saranno compromessi. La necessità di modelli in questa fase è evidente e la madre andrà a rivivere le proprie identificazioni con la sua madre e le altre figure materne al fine di identificarne dei modelli positivi o negativi rispetto ai quali orientare i propri comportamenti. Con la nascita del bambino è probabile che la neo-madre elabori a livello conscio o inconscio una rivalutazione della propria madre; ciò che risulta più rilevante e predittivo rispetto al futuro comportamento materno, non si riferisce alla sua realtà passata, quanto al modo in cui lei pensa e parla della propria madre oggi.

L’ATTACCAMENTO

La teoria dell’attaccamento, messa a punto da J. Bowlby, mette in luce il ruolo centrale delle relazioni durante le prime fasi dello sviluppo e stabilisce che gli esseri umani hanno un’innata predisposizione nello stabilire relazioni preferenziali con le figure genitoriali di attaccamento.3

Con la parola “attaccamento” si intende un legame preferenziale che un individuo stabilisce con una persona specifica e più forte, che non può essere sostituita da un’altra.

Nel bambino è presente una predisposizione innata, che fa si che egli sia portato a creare un legame affettivo speciale con la persona che si prende cura di lui e che gli garantisce la sopravvivenza. Per contro, la madre presenta una predisposizione genetica che la porta a soddisfare questo bisogno di relazione del bambino rispondendo in modo consono alle richieste che le vengono fatte. Sono le caratteristiche e le interazione tra la madre e il bambino che faranno in modo che nel corso del primo anno di vita si sviluppi un certo tipo di attaccamento. Inoltre, la qualità della interazioni con la figura di attaccamento costituisce uno dei più importanti “attrattori” nel percorso di costruzione della propria identità.[4]

Nelle prime fasi dello sviluppo si possono instaurare due tipi di attaccamento: un attaccamento sicuro e un attaccamento insicuro. A sua volta, l’attaccamento insicuro si può dividere in due pattern: un attaccamento evitante e un attaccamento resistente. Vi è poi, infine, un ultimo tipo di attaccamento, quello disorganizzato. 

Ciò che caratterizza l’attaccamento del bambino nelle sue prime fasi di sviluppo è:

  • La selettività, cioè la tendenza a stabilire delle relazioni di attaccamento solo con delle determinate persone significative e non con altre;
  • La ricerca di vicinanza fisica con l’oggetto dell’attaccamento;
  • La condizione di benessere e sicurezza che si viene a creare con la figura di attaccamento;
  • La comparsa dell’angoscia di separazione nel momento in cui l’oggetto privilegiato dell’attaccamento viene allontanato.

Durante lo sviluppo dei primi due anni di vita il bambino modifica le caratteristiche dell’attaccamento, il quale diventa man mano sempre più organizzato, flessibile ed intenzionale. In queste fasi il bambino sviluppa della modalità di avvicinamento (aggrapparsi al genitore, inseguirlo per raggiungerlo) e di segnalazione (pianto, sorriso, lallazione) che inizialmente risultano essere indifferenziate e poi, con il tempo, vengono inviate alla figura di attaccamento in maniera specifica. Solo attorno ai nove mesi i legami di attaccamento risultano essere ben sviluppati e durevoli.

Dopo che il bambino ha acquisito la capacità di rappresentarsi internamente il mondo in modo simbolico, diventa anche in grado di avere un modello di sé e di chi lo circonda con le rispettive relazioni che intercorrono tra lui e le persone che per lui sono importanti. Questi modelli prendono il nome di modelli operativi interni (MOI) e sono delle rappresentazioni interne del mondo, di sé stesso e della figura di attaccamento, che, ripetendosi, formano degli schemi di eventi che si organizzano in tracce di memoria. I MOI non riflettono una rappresentazione oggettiva del genitore, ma la storia delle risposte che questi ha dato in termini di disponibilità, accessibilità e prontezza verso le richieste di sicurezza del bambino.

I primi legami di attaccamento vengono progressivamente interiorizzati nel sistema rappresentazionale del bambino e le esperienze successive sono interpretate sulla base di tali rappresentazioni intrapsichiche di sé e degli altri.

I bambini che ricevono cure adeguate ai loro bisogni, svilupperanno una visione degli altri positiva, considerando le altre persone come disponibili e affidabili e un modello di sé degno delle cure che vengono loro rivolte.

LA MADRE SUFFICIENTEMENTE BUONA DI WINNICOTT

Nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, è fondamentale il ruolo della madre, in quanto è responsabile dell’ambiente in cui il bambino fa esperienza sia prima della nascita che dopo, adattandosi attivamente e con sensibilità ai suoi bisogni.

“Vi può essere un ambiente che non è sufficientemente buono e che altera lo sviluppo del bambino, così come vi può essere un ambiente sufficientemente buono che permette al bambino di sperimentare le soddisfazioni innate, le angosce ed i conflitti propri di ogni stadio”.[5]

Winnicott vuole sottolineare quanto l’ambiente sia importante durante lo sviluppo del bambino e quanto la madre sia indispensabile durante il processo di crescita.

Infatti, alla nascita, il bambino possiede degli schemi senso-motori ancora non integrati, che, solo un ambiente normalmente “devoto”, può sostenere portandolo verso l’unità psicosomatica.

Lo sviluppo sano del bambino dipende dall’holding della madre inteso come “contenere” e dalla sua capacità di regolare gli scambi tra il dentro e il fuori.

In una primissima fase, la madre si trova in una condizione psicologica che Winnicott chiama “preoccupazione materna primaria”2; è un fenomeno che si osserva in quelle “madri devote” che modificano il loro orientamento verso se stesse e verso il mondo e che si identificano con il figlio che cresce dentro di loro; in tal modo acquisiscono una sensazione molto forte dei bisogni del bambino. La madre è in simbiosi con suo figlio e perciò sarà in grado di rispondere ai suoi bisogni in modo soddisfacente. Una madre normalmente devota è una madre che si adopera per soddisfare i bisogni del suo bambino e allo stesso momento è ben contenta di farlo; si crea così un legame d’amore tra mamma e bambino.

Questa identificazione proiettiva persiste per un certo periodo dopo il parto, in quella che Winnicott definisce “madre sufficientemente buona”2, dopodiché essa si rivela pronta ad abbandonare la propria identificazione con il figlio non appena questi ha bisogno di staccarsi da lei. Solo se la madre risulterà “sufficientemente buona” il bambino inizierà un processo di sviluppo personale ed affettivo. Se, invece, le cure materne non risponderanno alle esigenze del bambino, quest’ultimo diventerà un insieme di reazioni alle sollecitazioni materne e la sua vera personalità non riuscirà a formarsi.

Nelle prime fasi, il bambino si trova in uno stato di assoluta dipendenza dalla madre ed è proprio l’amore e la profonda identificazione che la madre prova nei confronti del figlio che la porta ad adattarsi in maniera assoluta ai suoi bisogni. A poco a poco il bambino entrerà in una nuova fase di dipendenza relativa, in cui saranno maggiori le capacità di accettare i limiti e tollerare le frustrazioni. È fondamentale che la madre sappia progressivamente attuare questo graduale cambiamento, riducendo il proprio adattamento ai bisogni del bambino; solo in questo modo potrà dargli la possibilità di incominciare ad acquisire una propria autonomia costruendosi una sua personalità.

A questo punto una delle funzioni essenziali della madre consiste nell’“introdurre il mondo a piccole dosi”, un compito che richiede una grande devozione nei confronti del proprio bambino. A poco a poco egli viene introdotto dalla madre alla realtà esterna attraverso un graduale processo di assimilazione che proseguirà per tutto il resto della sua esistenza.

Una madre disposta ad adattarsi ai bisogni del bambino lo introduce gradualmente al mondo, aiutandolo ad arricchire il suo rapporto con la realtà e gettando le basi per la sua maturità e salute mentale.


[4] Rezzonico G, Strepparava M.G. Percorsi di nascita del mondo e del Sé: i sogni nelle diverse organizzazioni di significato personale. Torino: Bollati-Boringhieri, 2004

[5] Winnicott D.W, Dalla pediatria alla psicanalisi. Firenze: Martinelli Editore, 1981


 

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