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LA CORRELAZIONE TRA MOTRICITÀ E LINGUAGGIO

CAPITOLO 3 - LA CORRELAZIONE TRA MOTRICITÀ E LINGUAGGIO

INDICE PRINCIPALE

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LA CORRELAZIONE TRA MOTRICITÀ E LINGUAGGIO

Fino agli anni ’70 lo sviluppo linguistico, cognitivo e motorio erano considerati, descritti e studiati come entità separate; successivamente molti autori, hanno dimostrato che esse sono delle caratteristiche interdipendenti che si sviluppano nello stesso individuo e quindi risultano indivisibili.

Recentemente alcuni studi, hanno dimostrato che esiste una correlazione tra linguaggio, motricità e cognizione, notando che i diversi sviluppi procedono parallelamente influenzandosi a vicenda, raggiungendo la massima espressione in adolescenza quando si ottiene il pieno raggiungimento delle abilità fini-motorie, visuo-motorie, di coordinazione bimanuale, in corrispondenza allo sviluppo delle capacità di astrazione, metacognitive e delle competenze sociali.

Nella prima infanzia, lo sviluppo motorio occupa un ruolo cruciale, in quanto fa da tramite tra lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo comunicativo; grazie ad un repertorio di movimenti ricco, spesso su base imitativa, i bambini costruiscono la base per la comunicazione partendo anche dai movimenti oro-facciali che rappresentano delle vere e proprie modalità di comunicazione. Lo svilupparsi del controllo motorio, nell’ambito del controllo posturale e delle abilità di manipolazione, porterà ad un incremento delle capacità linguistiche e ad una sperimentazione e conoscenza del mondo esterno.

L’individuo agisce nel mondo attraverso un processo complesso, in cui le interazioni bidirezionali tra il soggetto e l’ambiente, la percezione, la cognizione e la motivazione assumo un ruolo determinante. Questo è ancora più evidente quando si prendono in considerazioni disturbi dello sviluppo, in cui disturbi motori, del linguaggio e cognitivi sono frequentemente associati 1.

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IL SISTEMA SENSO-MOTORIO NEL LINGUAGGIO

Innumerevoli studi hanno dimostrato la centralità del gesto nello sviluppo di abilità linguistiche, confermando la correlazione tra linguaggio e movimento.

In questo senso c’è un ancoraggio, grounding, da parte del linguaggio verso il sistema senso-motorio, poiché questo sarebbe il processo per il quale l’individuo agisce in un ambiente e riesce ad avere rappresentazioni mentali a eventi tramite precisi schemi d’azione con la presenza di oggetti o meno. Questi schemi di azione costituiscono delle vere e proprie strutture di informazione, cioè un insieme di azioni da eseguire in relazione a input percettivi.

Il language grounding o symbol grounding, di conseguenza, sarebbe il processo attraverso il quale parole ed espressioni del linguaggio vengono agganciate alla realtà tramite schemi motori d’azione. Questo fa capire che la cognizione umana è legata alla percezione tramite l’azione, attraverso innumerevoli stimolazioni che spingono all’azione in modo tale che il corpo sia pronto ad una relazione opportuna con l’ambiente circostante.

Questa connessione mette in posizione centrale i simboli percettivi, insistendo sul fatto che la mente è un sistema di simboli organizzati in categorie e combinabili tra di loro, capace di elaborare input sensoriali e determinare risposte motorie adeguate.

Il sistema senso-motorio crea uno stato percettivo con gli stimoli rilevati nell’ambiente, a fronte di ciò, grazie all’attenzione selettiva riesce a catturare le proprietà più rilevanti di essi per creare una risposta motoria adeguata, ossia l’azione che si intende svolgere. La selezione delle caratteristiche senso-motorie viene immagazzinata nella memoria a lungo termine, determinando la nascita del ‘simbolo’, poiché queste percezioni rimangono nella memoria e verranno riprese e manipolate dalla mente per far fronte ad un’altra stimolazione.

Una volta accumulati più simboli, assunti su base percettiva, oltre ad avere una simulazione dell’azione connessa allo schema, questo insieme può essere visto come un sistema prelinguistico motivato dalla reazione motoria. La teoria dell’ancoraggio della cognizione tramite percezione e azione è applicabile anche alle funzioni cognitive più complesse come memoria, azione e soprattutto linguaggio.

L’ancoraggio del livello simbolico (linguistico) alla realtà tramite la percezione e l’azione si basa su studi ma soprattutto su metodi di visualizzazione dell’attività celebrale, dimostrando che aree cerebrali senso-motorie si attivano con processi linguistici di codifica e decodifica di oggetti o accadimenti, creando così una corrispondenza significativa con quelle prodotte durante l’azione ‘reale’ con quell’oggetto e/o in quel contesto 2.

Un bambino nel corso del suo processo evolutivo ha bisogno di fare esperienze tattili e motorie per favorire lo sviluppo delle aree sensomotorie che rappresentano il punto di partenza per la maturazione delle aree superiori, quelle del linguaggio e del pensiero complesso. La mente infantile nella sua fase iniziale è concreta, basata soprattutto sull’interazione diretta, su esperienze, su una serie di tentativi conseguiti dal bambino per interiorizzare ed apprendere determinate esperienze. É stato osservato come giochi di movimento siano essenziali per i bambini, poiché essi non si riflettono solo nell’ambito motorio, ma anche in processi di socializzazione, migliorando quella che è l’intelligenza emotiva, ossia la capacità di leggere le emozioni degli altri e mettere in atto risposte appropriate.

Il ruolo dell’attività motoria va migliorandosi con lo sviluppo, inizialmente il neonato si trova in uno stato passivo in cui si limita a notare una serie di movimenti ed azioni che sono causa del suo benessere, ma al tempo stesso apprende gradualmente la logica della sequenzialità di essi, essenziali per strutturare il linguaggio, per produrre movimenti fonatori congrui, per ordinare le parole secondo una logica, simile a quella appresa per i movimenti che servono anche nella comunicazione gestuale.

Un aspetto fondamentale dello sviluppo, quindi, riguarda il controllo motorio e il coinvolgimento diretto del bambino in quanto esso ha importanti ricadute sulle funzioni cognitive e pone l’accento sullo stretto intreccio che esiste tra mente e corpo in ogni età della vita 3.

In conclusione, in età evolutiva l’acquisizione delle abilità motorie rappresenta per i bambini un’opportunità di esercitare delle abilità importanti per l’acquisizione del linguaggio ancora prima che esse vengano richieste per lo scopo finale; l’emergere di nuove abilità motorie modifica l’esperienza dei bambini con gli oggetti e le persone in modi che sono importanti sia per lo sviluppo comunicativo generale che per l’acquisizione del linguaggio 4.

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Il sistema mano-bocca

L’iniziale coordinazione dell’attività orale-manuale è presente sin dalle primissime fasi evolutive e si modifica gradualmente con lo sviluppo, fino ad assumere dei significati nell’ambito convenzionale; quindi, è chiaro che il sistema mano/vocalizzi costituisce nei bambini la prima forma di orientamento e di comunicazione all’interno dell’ambiente. Gli studi effettuati partono con i neonati, dimostrando che le interazioni tra la mano e la bocca sono innumerevoli fin da subito e vengono rappresentate da azioni quali ‘succhiarsi il dito’.

Successivamente, nel primo anno di vita, queste interazioni iniziano a subire un’evoluzione presentandosi in forme e funzioni diverse: afferrare un oggetto ed esplorarlo oralmente e prime forme di comunicazione con gesti e vocalizzazioni nell’interazione con l’adulto.

All’inizio il legame mano-bocca è debole poiché sembra che i sistemi si sviluppino in maniera indipendente, ma alcuni studi hanno evidenziato un’interconnessione a livello temporale, siccome la lallazione e l’attività manuale ritmica emergono nello stesso arco di tempo. Infatti, la lallazione e i movimenti ritmici della mano e dell’avambraccio, per esempio battere, compaiono nello stesso periodo, ossia tra le ventisei e le ventotto settimane di vita 5.

Quando i bambini battono ritmicamente sentono sé stessi in movimento, vedendo il movimento del braccio e ascoltano il suono risultante e tutto questo accade sincronicamente; nella fase successiva, quando i bambini cominceranno a lallare potranno essere pronti a riconoscere il feedback uditivo che consente loro di monitorare e adeguare il suono della voce mentre variano la produzione dei suoni. Nelle attività ritmiche del braccio i bambini hanno l’opportunità di esercitare un’abilità, la produzione di azioni ritmicamente organizzate e regolate, che rappresenta la caratteristica centrale della lallazione 6.

Questi studi hanno permesso di osservare una prima forma di controllo che è visibile nell’incremento dell’attività manuale e orale (vocalizzazioni), anche se il sistema, in questa fase, rimane asimmetrico.

Nel momento in cui compaiono i primi fonemi, i due sistemi iniziano ad entrare sempre di più in sincronia, consolidandosi in una nuova organizzazione, la funzione comunicativa, che vede il sistema gestuale e il sistema orale integrarsi.

Gli atti comunicativi non vanno osservati dal solo punto di vista di combinazioni di fonemi, ma anche sotto l’aspetto motorio, poiché entrambi i livelli nascono e si sviluppano dalla percezione e dall’azione, integrandola e raggiungendo un significato specifico 7.

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I GESTI COMUNICATIVI

L’evoluzione del sistema orale viene preceduta dall’integrazione di stati interni, attraverso la condivisione non verbale, il dialogo tonico, lo scambio reciproco sul piano emotivo ed affettivo attraverso il corpo; il linguaggio viene sviluppato in maniera innata facendo leva sulla necessità di condividere significati da un punto di vista cognitivo ed affettivo, spinto dal bisogno di farsi comprendere.

Il linguaggio nasce, quindi, all’interno di una dimensione in cui prima di focalizzarsi sul piano della comunicazione linguistica, è importante porre attenzione sugli apprendimenti ed usi della comunicazione non linguistica, formata da quegli ‘atti linguistici’ messi in atto dal bambino per comunicare i propri bisogni con comportamenti sia gestuali (sorrisi, smorfie, tendersi verso/allontanarsi dagli oggetti, ecc.) che vocali (diversi tipi di pianto, vocalizzazioni, ecc.) che fungono da segnali comunicativi per gli adulti che si prendono cura di lui.

Nello specifico vengono studiati i gesti, intesi come movimento corporeo, che compaiono già nelle prime fasi dello sviluppo e che acquisiscono gradualmente un significato sociale; è opportuno notare, infatti, come qualsiasi evoluzione al livello del sistema orale viene sempre preceduta da un qualche cambiamento nell’uso dei gesti, il tutto sostenuto da studi che hanno dimostrato un legame significativo tra la presenza di un sistema gestuale ricco e uno sviluppo linguistico precoce 8.

La comparsa dei gesti a scopo comunicativo si verifica intorno ai 9 mesi, dove i primi a presentarsi sono i gesti deittici, che comprendono l’indicare, il mostrare e il dare. Essi esprimono un’intenzione comunicativa, si riferiscono ad un oggetto o ad un evento ma sono fortemente legati al contesto, ossia, per capirli bisogna riferirsi ad esso. Questa intenzione comunicativa è formata da una triade di elementi: sguardo, attenzione e gesto, poiché il bambino rivolgerà il suo sguardo e la sua attenzione all’interlocutore, prima, durante e dopo l’emissione del gesto.

I gesti deittici vengono prodotti dai bambini per segnalare due intenzioni comunicative:

  1. Richiestiva: per richiedere un oggetto desiderato
  2. Dichiarativa: per condividere con l’interlocutore l’attenzione o l’interesse su un oggetto o su un evento esterno.

Tra i gesti deittici quello più studiato e rilevante è il gesto dell’indicare; questo è un gesto universale che non viene abbandonato nemmeno dopo l’acquisizione del linguaggio verbale ed è uno dei mezzi più efficaci, in assenza del linguaggio, per comunicare intenzionalmente con gli altri 9.

Alcuni studi hanno evidenziato che la frequenza di uso del gesto di indicare aumenta tra la fine del primo anno di vita e la metà del secondo anno, in cui il bambino impara gradualmente a comunicare in modo più efficace:

  • a dodici mesi i bambini guardano l’interlocutore dopo aver indicato un bersaglio, controllano se l’interlocutore ha colto il loro gesto dopo averlo prodotto;
  • a sedici mesi i bambini guardano l’interlocutore prima di produrre il gesto. Si accertano che l’interlocutore rivolga loro l’attenzione prima di produrre il gesto;
  • dopo i sedici mesi aumentano anche gli sguardi multipli al partner in accompagnamento al gesto; ad esempio, il bambino può guardare l’interlocutore subito prima di indicare e subito dopo aver indicato.

A partire dai 12 mesi circa compare nei bambini un secondo tipo di gesti (ad esempio ciao, non c’è più) che vengono definiti comunicativi intenzionali referenziali o rappresentativi: il bambino dimostra di poter usare un simbolo non verbale come significante di una certa realtà che ha un significato. Questi tipi di gesti vengono prodotti in origine in situazioni di routines con l’adulto, ma progressivamente si decontestualizzano fino ad assumere un significato che li permette di essere utilizzati anche se non si pone il contesto d’origine 10.

Questi sono gesti che si riferiscono all’azione che viene compiuta, con o sull’oggetto rappresentato e derivano dal riconoscimento della funzione di esso; un esempio di questo gesto, può essere quelle del bere in cui il bambino porta la mano vuota alla bocca come se avesse un contenitore, appoggiare la mano sulla guancia facendo finta di “telefonare” (gesti iconici o simbolici), aprire e chiudere la mano per “ciao”, alza le spalle come per indicare “non c’è più”, scuotere la testa per dire “no” (gesti convenzionali).

A differenza dei gesti deittici, i gesti referenziali oltre ad esprimere un’intenzione comunicativa, rappresentano anche un referente specifico, vengono appresi in situazioni di routine o giochi con l’adulto e prevalentemente per imitazione, per poi decontestualizzarsi ed essere utilizzati più per scopi comunicativi; essi sono predittivi del linguaggio in quanto rappresentano il simbolo e il referente così come le parole.

La comunicazione gestuale (in particolare il gesto di indicazione) sarebbe un precursore della denominazione e della funzione simbolica, in quanto il gesto può essere considerato un’azione referenziale prodotta in un contesto sociale e rappresenta un primo passo verso lo sviluppo simbolico.

Alcuni studi hanno sottolineato come la maggior frequenza nell’uso dei gesti simbolici siano correlati positivamente ad un’acquisizione precoce del linguaggio. Altri studi, invece, hanno notato come la comunicazione gestuale sia un sopporto all’acquisizione del linguaggio, facendo sì che il bambino per mezzo di gesti indicativi riesca a creare dei circuiti di attenzione condivisa con l’adulto 11.

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Dai gesti alle parole

In contemporanea alla comparsa dei gesti referenziali, quindi intorno agli undici-tredici mesi, il bambino inizia a produrre le sue prime parole. La comparsa di queste parole è però preceduta da una “fase preparatoria”:

  • Il bambino produce dei vocalizzi.
  • Intorno ai sei-sette mesi, c’è la lallazione canonica, in cui c’è la produzione di sequenza CV spesso ripetuta più volte “mamama”, che non ha però un significato vero e proprio.
  • Tra i nove-dieci mesi, c’è la lallazione variata o babbling, in cui c’è la produzione di sequenze sillabiche complesse “bada”.

Dopo questa fase preparatoria fatta di vocalizzi, il bambino entra nella “fase del linguaggio”, in cui c’è, in sequenza, la comparsa delle:

  • Protoparole, sono parole simili fonologicamente alle parole originarie ma non corrette grammaticalmente, ad esempio il bambino dice “aua” per acqua.
  • Onomatopee, con queste il bambino produce il suono al posto dell’etichetta verbale (che verrà acquisita successivamente), poiché esso è la forma più somigliante del referente. Ad esempio, dice “brum-brum” per indicare la macchina oppure “ciuf-ciuf” quando vede un treno. Vengono usate spesso dal bambino in quanto prodotte dal genitore quando si rivolge a lui sin dalle prime interazioni.
  • Prime parole, queste si hanno verso gli undici-tredici mesi, queste si riferiscono ad oggetti o nomi di persone familiari, e sono fortemente contestualizzate. In questa fase egli comprende molte più parole di quelle che produce.
  • Esplosione del vocabolario, intorno ai diciotto-ventiquattro mesi c’è un incremento rapido del lessico; questo si ha quando il bambino attribuisce un riconoscimento simbolico alla parola ed oltre ad apprendere più vocaboli in maniera rapida, riesce anche a usarli flessibilmente in vari contesti comunicativi.

Nella fase in cui il bambino non è ancora in grado di produrre le prime frasi ma anche durante le prime fasi dello sviluppo lessicale, accompagna spesso la parola con il gesto deittico o referenziale, riuscendo così ad esprimere una relazione complessa tra due elementi, ad esempio indica un bicchiere dicendo “acqua” quando ha sete. Man a mano che acquisisce queste abilità i gesti referenziali, in particolare, diminuiscono lasciando spazio alla produzione verbale 12.

L’importanza della comunicazione gestuale durante il periodo prelinguistico e le prime fasi del linguaggio, sottolinea come l’acquisizione della lingua non è solo dovuta a fattori cognitivi ma anche a fattori sociali che viene strutturato attraverso l’interazione e attraverso la relazione tra bambino e adulto, che è prima di tutto una relazione corporea e gestuale, all’interno della quale il corpo e il movimento forniscono le coordinate per la costruzione della socialità 13.

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IL SISTEMA DEI NEURONI SPECCHIO (SNS)

Il cervello è stato sempre definito ed immaginato a compartimenti distinti, ognuno specializzato in un determinato compito come la visione, l’udito, il linguaggio, i movimenti e le emozioni; se anatomicamente questa suddivisione è corretta, funzionalmente questa descrizione non rispecchia quello che in realtà succede. Recentemente sono stati scoperti neuroni interessati per più modalità, ad esempio neuroni sensoriali interessati anche nell’attività motoria, che prendono il nome di neuroni multimodali 14.

La stretta relazione tra lo sviluppo motorio e lo sviluppo neuropsicologico potrebbe riguardare l’interessamento di sistemi neurali che sono alla base dello sviluppo motorio ma che interessa anche lo sviluppo e il funzionamento di processi cognitivi. Recentemente con la scoperta dei Neuroni Specchio (NS) è stato possibile spiegare questa relazione, poiché questi neuroni si attivano sia quando si compie un’azione sia quando la si osserva mentre è compiuta dagli altri e questo ha portato alla comprensione delle basi neurofisiologiche dell’azione, del linguaggio e delle abilità cognitive.

Questa scoperta ha permesso di riformulare l’idea con cui veniva pensato e descritto il sistema motorio, poiché è stato dimostrato che le varie funzioni dell’individuo sono strettamente connesse ed interdipendenti. In questi studi sono stati individuati dei circuiti parieto-frontali che determinano l’integrazione di informazioni sensoriali e motorie, dimostrando che il sistema motorio può essere posto come base neurale primaria per processi ‘superiori’ precedentemente associati solo esclusivamente al sistema cognitivo, quali la percezione, l’imitazione, il riconoscimento degli atti motori altrui e le forme di comunicazione gestuali o vocali 15.

Nel linguaggio, proprio, è stato studiato questo fenomeno in cui è risultato che ogni volta che si ascolta un simile parlare, si attiva la corteccia motoria che controlla l’apparato fonoarticolatorio e successivamente l’attività ‘specchio’ di questi neuroni è necessaria nella comprensione. Quindi questi studi hanno dimostrato come nel linguaggio, considerato un processo cognitivo superiore, rientrano aspetti motori che concorrono alla comprensione principalmente dell’aspetto fonologico, ma anche quello lessicale e sintattico 16.

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I neuroni specchio nella scimmia

I neuroni specchio sono stati localizzati nella porzione rostrale della corteccia premotoria del macaco, in un’area chiamata F5 che principalmente controlla i movimenti finalizzati della mano e della bocca. I neuroni dell'area F5 hanno proprietà motorie e codificano prevalentemente azioni che richiedono movimenti dei segmenti distali dell'arto superiore (mano e dita), come prendere e manipolare un oggetto (Di Pellegrino et al., 1992; Gallese et al., 1996; Rizzolatti et al., 1996a) 17.

Una parte dei neuroni dell’area F5 risponde anche a stimoli visivi creando una congruenza tra le proprietà motorie (il tipo di presa) e la loro selettività visiva (forma dell’oggetto), ma soprattutto negli anni Novanta, è stato osservato come questi neuroni rispondevano sia quando la scimmia effettuava una determinata azione sia quando osservava un altro individuo compiere un’azione simile, per questo motivo è stato dato il nome di neuroni specchio.

I neuroni specchio non rispondono alla semplice presentazione di cibo o di oggetti tridimensionali, piuttosto la loro attivazione è dovuta all’osservazione della scimmia di determinati atti compiuti dallo sperimentatore che comportano un’interazione effettore (mano o bocca) – oggetto; questo è uno degli aspetti funzionali più importanti dei neuroni specchio: la congruenza tra l’atto motorio codificato dal neurone e l’atto motorio osservato che è efficace nell’attivarlo 18.

I primi studi si sono concentrati quasi esclusivamente sulla zona dorsale di F5 in cui sono maggiormente rappresentati i movimenti della mano, successivamente, altri studi si sono concentrati sulla zona ventrale di F5 e grazie a microstimolazioni elettriche si è scoperto che questa parte è deputata anche nel controllo dei movimenti della bocca e possiede dei neuroni con proprietà visuo-motorie tipiche dei neuroni specchio.19 In uno studio condotto da Ferrari et al., 200320, è stato riscontrato che la maggior parte dei neuroni specchio rispondeva ad atti motori legati all’ingestione del cibo, da qui il nome di neuroni ingestivi.

Diversa invece, è stata la risposta dei neuroni specchio che rispondono all’osservazione di atti compiuti con la bocca ma dotati di funzione comunicativa; questi neuroni comunicativi, a differenza di altri, rispondono a gesti intransitivi (ossia gesti che non comportano l'utilizzo di oggetti) legati però ad una risposta visiva e non motoria, in quanto quest’ultima è di carattere ingestivo.

Con questo esperimento è emerso un fatto particolarmente significativo, ossia che l’ingerire e il comunicare riportino ad un substrato neurale comune, arrivando alla conclusione che atti comunicativi (es. schioccare o protrudere le labbra) sarebbero l’evoluzione di un repertorio di movimenti che in origine erano legati alla pratica del grooming (pulizia reciproca della pelliccia), pratica che rappresenta la modalità di principale di creazione di gruppi e coalizioni 21.

Attraverso alcuni esperimenti, è stato notato che l’attivazione dei neuroni specchio nei macachi genererebbe una “rappresentazione motoria interna” dell’atto osservato, dalla quale si potrebbe apprendere per via imitativa. Infatti, dato lo stretto legame tra le risposte visive e le risposte motorie pare che alla sola visione di un’azione si evochi nel cervello dell’osservatore un atto motorio potenziale a quello che si attiva spontaneamente durante l’organizzazione e l’effettiva esecuzione di quel movimento.

È importante aver presente, però, che la funzione primaria dei neuroni specchio dell’area F5 non è legata a comportamenti di carattere imitativo, bensì essi, ancor prima dell’imitazione, sono alla base del riconoscimento e della comprensione degli atti motori degli altri. Col termine comprensione si intende un’immediata capacità di riconoscere negli atti motori osservati un determinato tipo d’atto, caratterizzato da una specifica modalità di interazione con gli oggetti, di differenziare tale tipo da altri ed utilizzare l’informazione per rispondere nel modo più appropriato.

Quindi i neuroni specchio nell’area F5 della scimmia sono alla base della percezione immediata del significato, comprendendo quegli eventi motori nei termini di un determinato tipo d’atto. L’attivazione dello stesso pattern neurale mostra come la comprensione delle azioni altrui presupponga da parte dell’osservatore la stessa conoscenza motoria che regola l’esecuzione dei propri movimenti; questa comprensione oltre a singoli atti, può essere estesa anche a catene di movimenti più o meno articolati22.

In conclusione, è stato studiato che la proprietà specchio di questi neuroni, permette alla scimmia di cogliere immediatamente l’intenzione del singolo atto e la modifica di significato in base al contesto, quindi saper cogliere e decifrare sia l’univocità ma soprattutto l’ambiguità dell’azione indentificando lo scenario più idoneo. Questa decifrazione e questa scelta sono legate dalla stessa conoscenza motoria che guida e modula l’esecuzione delle stesse catene d’atti da parte dell’animale 23.

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I neuroni specchio nell’uomo

L’esistenza di un circuito mirror nell’uomo non deriva, come nella scimmia, da una registrazione diretta dell’attività neuronale, ma è frutto di studi indiretti che utilizzano tecniche neurofisiologiche e di neuroimaging. I primi dati derivano da una stimolazione magnetica transcranica (TMS), Fadiga e collaboratori (Fadiga et al., 1995)24 l’applicarono alla corteccia motoria primaria dell'emisfero sinistro di volontari sani, qui mostrarono che l’osservazione di azioni transitive o intransitive aumentava l’ampiezza dei potenziali motori (MEPs) registrati nei muscoli controlaterali; la peculiarità di questo esperimento è stata riscontrata nelle azioni intransitive in quanto nell’uomo, a differenza della scimmia, si riscontrava ugualmente un aumento dei MEPs, mentre nelle azioni transitive, la risposta era uguale a quella riscontrata nella scimmia.

Successivamente altri ricercatori si sono avvalsi delle metodologie di brain imaging in particolare della tomografia a emissione di positroni (PET) e della risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI), l’uso di queste tecniche ha permesso di visualizzare in tre dimensioni e con una definizione spaziale le variazioni di flusso sanguigno determinate nelle diverse regioni del cervello dall’esecuzione e dall’osservazione di specifici atti motori 25.

In un esperimento di Rizzolati et al. (1996)26 grazie alla PET confermò i dati raccolti dei neuroni specchio della scimmia, cioè che esistono delle aree frontali che si attivano all’osservazione di azioni compiute con la mano; questo fu successivamente confermato anche dalla fMRI che permise una localizzazione più precisa delle aree coinvolte nel sistema nei neuroni specchio, le aree attive durante l’osservazione delle azioni altrui sono:

  • La porzione anteriore del lobo parietale inferiore;
  • Il settore inferiore del giro precentrale;
  • Il settore posteriore del giro frontale inferiore;
  • In alcuni esperimenti si osservano attività anche nell’area anteriore del giro frontale inferiore 27.

Figura 3. 1- Aree anatomiche che formano i neuroni specchio nell’uomo. In rosa: settore del lobo parietale che si attiva durante l’esecuzione di azioni e durante l’osservazione delle stesse fatte dagli altri. In giallo: settore del lobo frontale che si attiva nelle medesime condizioni sperimentali. Queste formano assieme il sistema dei neuroni specchio nell’uomo. In blu: è rappresentata un’area del lobo frontale che, in certe condizioni sperimentali, si attiva durante l’osservazione di azioni degli altri.

Figura 3. 1- Aree anatomiche che formano i neuroni specchio nell’uomo. In rosa: settore del lobo parietale che si attiva durante l’esecuzione di azioni e durante l’osservazione delle stesse fatte dagli altri. In giallo: settore del lobo frontale che si attiva nelle medesime condizioni sperimentali. Queste formano assieme il sistema dei neuroni specchio nell’uomo. In blu: è rappresentata un’area del lobo frontale che, in certe condizioni sperimentali, si attiva durante l’osservazione di azioni degli altri.

Da questi risultati è emerso come sia quasi sicuro che la regione attivata nel lobo parietale inferiore corrisponda all’area 40 di Brodmann, ossia l’area PF che fa parte del sistema dei neuroni specchio della scimmia. Invece, il settore posteriore del giro frontale inferiore sembrerebbe che corrisponda all’area 44 di Brodmann, ossia l’area di Broca, deputata tradizionalmente al controllo dei movimenti della bocca necessari per l’espressione verbale. Ancor di più negli ultimi anni è stato dimostrato come l’area 44 di Brodmann corrisponda all’area F5 delle scimmie e che essa, oltre a rappresentare i movimenti della bocca, rappresenti anche i movimenti della mano 28.

Buccino et al. (2001)29 hanno dimostrato che nell’uomo l’attivazione dell’area di Broca e di altre aree in presenza di azioni complesse è senz’altro collegata al linguaggio in un sistema più complesso rispetto alla scimmia. La differenza sostanziale è che il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori transitivi e intransitivi, è cioè capace di codificare sia il tipo di azione sia la sequenza dei movimenti di cui essa è composta.

Nell’uomo non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti poiché i neuroni si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata, anche se il loro ruolo è di comprendere le azioni altrui, il contesto umano è evidentemente più complesso.

In un esperimento di fMRI (Buccino et al., 2004)30 sono stati presentati dei video privi di sonoro in cui un uomo, una scimmia ed un cane compiono l’atto di mordere per mangiare o eseguono un atto comunicativo (parlare, schioccare le labbra, abbaiare). L’atto ingestivo, comune alle diverse specie, determina in tutti e tre i casi l’attivazione delle medesime aree fronto-parietali negli osservatori, evocando l’analoga rappresentazione motoria codificata nel loro circuito neuronale. Si registra invece una forte risposta della parte premotoria della regione di Broca alla vista del movimento labiale dell’uomo, più debole allo schioccare delle labbra da parte della scimmia e nessuna reazione all’abbaiare del cane.

Nel caso delle azioni comunicative solo quelle già codificate nel formato comportamentale dell’uomo, o in parte simili come lo schioccare delle labbra della scimmia (lip smacking), attivano le regioni cerebrali corrispondenti. L’esperimento evidenzia così anche due distinte modalità di comprensione: per l’atto di parlare (come di mordere) una immediata, “pre-concettuale”, basata sulla “conoscenza motoria” implicita evocata dalla percezione; per l’abbaiare una comprensione mediata, categorizzata sulla base dell’informazione visiva (tramite le aree del solco temporale superiore, STS).

In conclusione, si nota grazie agli esperimenti effettuati, che la conoscenza motoria per la comprensione del significato delle azioni altrui assume un ruolo decisivo. L’atto dell’osservatore è un atto potenziale causato dall’attivazione dei neuroni specchio in grado di codificare l’informazione sensoriale in termini motori e di rendere così possibile quella reciprocità di atti e di intenzioni che è alla base dell’immediato riconoscimento da parte nostra del significato dei gesti degli altri 31.

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IL SISTEMA DEI NEURONI SPECCHIO E LINGUAGGIO

Nell'uomo il Sistema Specchio comprende molteplici aree cerebrali, incluse quelle del linguaggio, intervenendo, oltre che nella comprensione delle azioni, anche nella capacità di riprodurre il movimento osservato da altri. Il linguaggio potrebbe essersi evoluto da un meccanismo finalizzato al riconoscimento delle azioni, cioè da un sistema di comunicazione gestuale: ascoltare espressioni linguistiche che descrivono azioni motorie determinerebbe l'attivazione degli stessi neuroni specchio che si attiverebbero eseguendo le stesse azioni motorie; una sorta di simulazione neurale delle azioni comunicative. In termini di movimenti muscolari, parlare è un’operazione simile a compiere un’azione (parole come gesti vocali). Tutto questo è sostenuto anche dalle regioni che “aiutano” le aree F5 e di Broca, in quanto queste essendo indipendenti dalla scoperta dei neuroni specchio, starebbero ad indicare che lo sviluppo progressivo del sistema dei neuroni specchio abbia rappresentato una chiave importante nella comparsa e nell’evoluzione della capacità degli umani di comunicare, prima a gesti e poi a parole 32.

Si ipotizza che un’iniziale comunicazione sia costituita da “proto – segni” gestuali e che successivamente si sia evoluto il linguaggio, in cui il sistema dei neuroni specchio sia intervenuto per creare un collegamento tra gesto e linguaggio secondo tale teoria gesto e linguaggio sarebbero espressione, pertanto, di un unico sistema di comunicazione di cui il gesto sarebbe il progenitore.

Dettagliatamente si ipotizza che il linguaggio vocale umano si sarebbe evoluto da una comunicazione gestuale motoria, attraverso il quale i neuroni specchio abbiano contribuito a riconoscere un’azione altrui e la finalità di questa.

Tale comunicazione “motoria” sarebbe quindi avvenuta tramite movimenti sia manuali (gesto) che oro-facciali, come accade in alcune scimmie prossime all’uomo. Con l’evoluzione e con la stretta relazione che si sarebbe creata tra movimenti oro-facciali e gesti, l’informazione e la comunicazione con un altro individuo sarebbe poi stata veicolata associando alla via gestuale la vocalizzazione. Tale forma di comunicazione sarebbe ulteriormente evoluta, e l’insieme di gesti e vocalizzazioni sarebbe stata, con la maturazione dell’area di Broca, progressivamente sostituita dalle parole, a tal punto da far diventare il gesto accessorio nell’emissione di suoni.

In tale ottica, il meccanismo dei neuroni specchio costituisce il presupposto neurobiologico necessario perché il linguaggio abbia potuto svilupparsi sulla base dell’esperienza corporea; il linguaggio sarebbe una facoltà mentale con origini motorie, che ripesca nella riattivazione tramite i neuroni specchio delle esperienze motorie passate il significato stesso delle parole che utilizza come simboli 33.

Alcuni autori hanno dimostrato un legame tra la produzione del linguaggio (in senso di fonazione e articolazione) ed il gesto; particolarmente interessanti sono a tal proposito gli studi condotti da Gentilucci e collaboratori: gli autori (Gentilucci et al., 2001)34 dimostrarono una stretta e selettiva relazione tra il movimento della mano, movimento della bocca e vocalizzazione. Ai partecipanti veniva richiesto di afferrare con la mano oggetti di piccole o grandi dimensioni e di aprire la bocca a loro piacimento: l’apertura della bocca risultò direttamente proporzionale all’apertura delle dita (maggiore in presenza di oggetti grandi). In un secondo esperimento i partecipanti dovevano pronunciare sillabe (es. GU o GA) stampate sulla superficie di oggetti di piccole o grandi dimensioni: non solo l’apertura delle labbra ma anche i parametri acustici legati alla vocalizzazione erano modulati dalle caratteristiche cinematiche della prensione effettuata.

I semplici movimenti della bocca quanto le sinergie orolaringee necessarie per la sillabazione sono apparse essere legate ai gesti manuali, in cui gli atti che richiedono un ampio movimento della mano e quelli orolangei che richiedono un ampio movimento della bocca poggiano su un’organizzazione neurale comune, che rappresenterebbe la base su cui si è poggiata l’evoluzione verso il linguaggio e i suoi vocalizzi 35.

Studi successivi hanno confermato la relazione tra il movimento dei due effettori e la vocalizzazione ed in più hanno anche mostrato come tale influenza sia reciproca e persista anche quando il movimento della mano è osservato in un altro individuo (Gentilucci, 2003) 36, portando ad ipotizzare l’esistenza di un meccanismo di controllo tra mano e bocca che avrebbe permesso, nel corso dell’evoluzione, il passaggio da una comunicazione gestuale a una comunicazione verbale.

Un recente esperimento (Fadiga et al., 2002)37 ha dimostrato che durante l'ascolto di materiale verbale, i potenziali motori evocati nei muscoli della lingua dalla stimolazione magnetica transcranica della rappresentazione motoria corticale della lingua, vengono modulati in modo specifico dall'ascolto di stimoli verbali: quando le parole ascoltate richiederebbero, se pronunciate, un rilevante coinvolgimento dei muscoli della lingua, i potenziali motori evocati aumentano in modo significativamente maggiore rispetto a quando gli stimoli verbali ascoltati non possiedono questa caratteristica. Inoltre, stimoli verbali con significato evocano una facilitazione maggiore di quelli sprovvisti di significato, sia pure fonologicamente regolari per la lingua italiana. Nonostante questi dati non dimostrino di per sé che il sistema dei neuroni specchio costituisce il substrato nervoso per la percezione del linguaggio, essi dimostrano l’esistenza di un coinvolgimento del sistema motorio ad accompagnarne l’ascolto.

In conclusione, sembrerebbe che il sistema dei neuroni specchio non si attivi solo sul piano della comprensione del gesto in termini fonologico e articolatorio, ma anche sul piano semantico, ossia in termini di contenuto del linguaggio stesso, infatti è possibile ipotizzare che per definire il significato di una parola possa essere necessaria una riattivazione motoria; in altri termini, non solo le azioni motorie osservate ma anche le parole riattiverebbero, attraverso il sistema dei neuroni specchio, un piano motorio 38.

INDICE

LA TEORIA EMBODIED SIMULATION O SIMULAZIONE INCARNATA

In linea con le recenti scoperte, il meccanismo del Sistema dei Neuroni Specchio costituisce il presupposto necessario perché il linguaggio abbia potuto svilupparsi sulla base dell’esperienza corporea. Il linguaggio, come già detto in precedenza, non sarebbe quindi un sistema amodale, ma una facoltà mentale con origini motorie, che ripesca nella riattivazione tramite i mirror delle esperienze motorie passate il significato stesso delle parole che utilizza come simboli.

Tenendo a mente questo concetto, i neuroni specchio fungono da base per una teoria che dagli anni Novanta si sta sempre più affermando, e al tempo stesso, si addice per essere utilizzata nel trattamento di questo determinato caso clinico è la Embodied Cognition Theory, “Cognizione Incarnata”.

Le diverse discipline che hanno contribuito all’elaborazione dell’Embodied Cognition hanno sviluppato un insieme di teorie aventi in comune una concezione della cognizione radicata nel corpo: la cognizione dipenderebbe infatti da caratteristiche corporee, in particolare dal sistema motorio e dai sistemi sensoriali e percettivi. Il modo in cui noi ragioniamo, pensiamo, sviluppiamo concetti e parliamo è strettamente connesso al modo in cui percepiamo, alle azioni che compiamo e, più in generale, alle interazioni che il nostro organismo (tutto il corpo, e non solo il Sistema Nervoso Centrale) intrattiene con l’ambiente circostante.

Questo risulta essere un campo di ricerca interdisciplinare in cui si sostiene che le conoscenze semantiche si fondino su meccanismi sensitivo-motori; inoltre, prevede che per il recupero del significato di una parola sia necessaria la riattivazione dello stesso sistema neurale motorio e sensitivo che viene attivato quando si interagisce con l’oggetto cui la parola fa riferimento. I termini astratti, compresi per analogia attraverso l’attivazione di schemi motori e di esperienze concrete, godrebbero quindi di una rappresentazione più ampia e diffusa affinché possano essere “simulati” tutti gli schemi motori e sensitivi in cui il concetto astratto è stato dimostrato 39.

Si potrebbe utilizzare l’Embodied Simulation o Simulazione Incarnata, termine con cui il neurofisiologo Gallese (2003,2011)40 ha inteso descrivere il meccanismo derivante dalla specifica funzione dei neuroni specchio, che consiste appunto nel “rispecchiare” azioni, intenzioni, sentimenti.

Se è stato ampiamente riscontrato che l’osservazione delle azioni altrui induce nell’osservatore l’attivazione dello stesso circuito nervoso che ne controlla l’esecuzione, ne deriva che l’osservazione di un’azione provoca nell’osservatore la “simulazione” o riproduzione automatica dell’azione percepita. Più nel dettaglio, secondo Gallese (2007)41, “simulare” significa che vengono reclutati gli stessi sistemi di percezione e azione coinvolti durante la percezione e l’interazione con oggetti.

Poiché un azione comporta sempre una direzione, cioè uno scopo, attivare il circuito che favorisce l’azione osservata significa averne già colto implicitamente lo scopo.

É stato già menzionato e studiato che i neuroni specchio non rispondono a semplici movimenti (es. alzare un braccio) o alle caratteristiche fisiche degli oggetti (dimensione, forma,), ma risuonano ad atti in relazione ad un preciso scopo, cioè ad atti intenzionali. Ne deriva che per simulare l’azione “come se” fossi io stesso a compierla è necessario afferrarne lo scopo dell’azione, che equivale a comprendere l’intenzione del comportamento osservato.

Per questo motivo, i ricercatori attribuiscono ai neuroni specchio la funzione di comprensione dell’azione, intesa come comprensione dello scopo dell’azione, ovvero delle sue conseguenze, viste come previsione del risultato. Infatti, Gallese (2008)42 spiega che per pianificare un’azione occorre predirne le conseguenze, sia quando le eseguiamo, che quando le simuliamo. La possibilità di predire quello che succederà (che equivale a coglierne l’intenzione o lo scopo) deriva tuttavia dal “modello” incorporato di quell’azione, cioè dalla sua “rappresentazione” motoria non proposizionale.

Dunque, dal momento che percezione, rappresentazione e azione insistono sulla stessa concatenazione motoria, l’attivazione della simulazione comporta una comprensione diretta dell’azione altrui. In altre parole, le stesse modellizzazioni che utilizziamo per mappare le nostre azioni, le sfruttiamo per comprendere il mondo dell’altro, il tutto attraverso un meccanismo inconscio, automatico e preriflessivo di simulazione motoria (embodied simulation). In contrasto con le spiegazioni fornite dalla scienza cognitiva classica, la comprensione di un’azione e l’attribuzione di intenzioni ad altri non apparterebbero quindi a domini cognitivi diversi, in quanto entrambi sarebbero il risultato della simulazione motoria conseguente all’attivazione di “catene di neuroni specchio logicamente collegate” (Gallese et al.; 2006)43. Secondo i ricercatori di Parma, il meccanismo di comprensione dell’intenzionalità sembra essere piuttosto semplice: quando osserviamo il comportamento di qualcuno, l’osservatore attiverebbe lo schema motorio (se è stato precedentemente mappato dal soggetto) corrispondente all’intenzione attribuita all’agente.

Al fine di chiarire ulteriormente il concetto di “simulazione” di un azione rispetto a “immaginarla”, Gallese fa notare che mentre l’osservazione dell’azione altrui induce automaticamente (in modo obbligato, involontario) la simulazione della stessa, nell’immaginazione mentale il processo di simulazione è voluto: decidiamo di immaginare di fare o vedere qualcosa. In conclusione, “simulare” significa reclutare gli stessi sistemi percettivi, motori ed emozionali che utilizziamo quando impieghiamo gli oggetti, quando interagiamo con gli altri, quando ascoltiamo qualcuno che parla o quando leggiamo.

È stato ipotizzato che difficoltà di rappresentazione motoria potrebbero essere alla base delle difficoltà di coordinazione motoria nei bambini con DCM. Recenti valutazioni dell’immaginazione motoria nei bambini con DCM hanno evidenziato che essi hanno difficoltà nell’adottare durante la simulazione mentale una prospettiva in prima-persona o egocentrica.

In teoria, l’immaginazione motoria, dovrebbe facilitare la pianificazione dei parametri del movimento, come la forza, la modulazione e la traiettoria, poiché stimola l’immaginazione delle conseguenze dell’azione. Con le prove mentali i bambini visualizzano il flusso temporale dello spazio visivo che accompagna il movimento normale e, tramite l’adozione della prospettiva egocentrica, sente come deve essere calibrato il flusso della sensazione cinestesica del movimento prodotto agli arti. Con la pratica, i bambini imparano a collegare la visione e la cinestesi al fine di effettuare accurate predizioni sulle conseguenze dei movimenti auto-prodotti, in tal modo si riducono gli errori nella progettazione del movimento, migliorando l’abilità a pianificare e coordinare i movimenti degli arti rispetto agli oggetti e agli ostacoli presenti nell’ambiente 44.

Per quanto riguarda, invece, le difficoltà sul piano linguistico che possono presentarsi, possiamo far riferimento allo studio di Gallese (2008b)45, in cui sostiene che la struttura neurofunzionale all’interno dell’area premotoria (dove si trova il sistema mirror, e che corrisponde all’area di Broca) che prepara la sequenza appropriata all’azione finalizzata, potrebbe “essere sfruttata” per la strutturazione frastica del linguaggio e del pensiero.

Come già visto, è stato ipotizzato che i neuroni specchio siano i precursori del linguaggio, poiché nel corso dell’evoluzione, potrebbe essere stato quello di trasformare le azioni del nostro corpo in esperienza sociale da condividere con i nostri simili attraverso il dialogo. Il Sistema Specchio è quindi implicato non soltanto nella comprensione delle azioni presentate visivamente, ma anche nella processazione degli enunciati linguistici descriventi l’azione, indipendentemente dalla loro presentazione acustica o visiva (Gallese e Lakoff, 2005). 46

Secondo Gallese, anche se questi risultati sono molto discussi e non ancora decisivi per affermare l’importanza della simulazione incarnata dell’azione per la comprensione del linguaggio, mirano tuttavia a stabilire un ruolo causale di ES nella produzione di frasi e la loro comprensione. (Gallese, Embodied simulation Theory: Imagination and Narrative; 2011) 47.

A favore di questa teoria ci sono degli studi di Borghi e Nicoletti (2005)48 in cui in essi si dimostra la stretta interazione tra linguaggio, concetti e sistema motorio, creando un sostegno alla teoria embolied della conoscenza. Secondo i due autori “la comprensione di parole e frasi darebbe quindi avvio ad una simulazione interna delle azioni descritte dalle stesse parole o frasi”. L’interesse di ricerca di Borghi è andato sempre più delineandosi come possibilità di dimostrare che non solo gli oggetti, le loro immagini o le parole ad essi collegate, riattivano le aree (in particolare il lobo parietale inferiore sinistro, una regione legata alla prassi e alla manipolazione di oggetti) deputate all’azione osservata, udita o letta, ma anche alle azioni che potremmo compiere con essi. I risultati dei suoi studi sulla comprensione di frasi mostrano che il processo di comprensione comporta la simulazione delle caratteristiche degli oggetti, delle loro affordances (qualità fisica di un oggetto) e del movimento; dunque, noi agiamo già quando percepiamo, in quanto percezione e azione sono indissolubilmente legate e intrecciate a loro volta con processi della cognizione.

 


  • 1 Sgandurra, Guzzetta, e Cioni. «Disturbi motori e disturbi neuropsicologici: modelli fisiopatologici e strategie di trattamento.» Giornale Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, n. 27 (2007): 264–277.
  • 2 Falzone. «Linguaggio, evoluzione, cognizione. Per una revisione della grounded cognition». RETI, SAPERI, LINGUAGGI 4, n. 2 (2012): 111–114.
  • 3 Oliviero. «Le età della vita: dal movimento al linguaggio.». http://www.uisp.it/giochitradizionali2/files/principale/01SEZIONI/TiroArco/pp3-oliverio-
  • Le%20et%C3%A0%20della%20vita%20dal%20movimento%20al%20linguaggio.pdf
  • 4 Inverson. «Evoluzione del linguaggio in un corpo in crescita. Relazione tra sviluppo motorio e sviluppo del linguaggio». Logopedia e comunicazione 9, n. 1 (gennaio 2013): 9–47.
  • 5 Fontana, e Mignosi. «Il gesto come risorsa bio-linguistica». Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio Sezione 3. Linguaggio e rito (30 settembre 2014): 298–313.
  • 6 Inverson. «Evoluzione del linguaggio in un corpo in crescita. Relazione tra sviluppo motorio e sviluppo del linguaggio». Logopedia e comunicazione 9, n. 1 (gennaio 2013): 9–47.
  • 7 Fontana, e Mignosi. «Il gesto come risorsa bio-linguistica». Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio Sezione 3. Linguaggio e rito (30 settembre 2014): 298–313.
  • 8 Ibidem
  • 9 «Intenzione comunicativa: lo sviluppo del linguaggio nel bambino». https://www.stateofmind.it/2018/11/intenzione-comunicativa-bambino/
  • 10 «Sviluppo del linguaggio - Centro Ceral». https://www.centroceral.com/sviluppo-del-linguaggio.html
  • 11 Fasolo e D’Odorico. «Il ruolo della comunicazione gestuale nell’acquisizione del linguaggio» Logopedia e Comunicazione, Vol.2 n.3 ottobre 2006 (pp.315-322)
  • 12 «Intenzione comunicativa: lo sviluppo del linguaggio nel bambino». https://www.stateofmind.it/2018/11/intenzione-comunicativa-bambino/
  • 13 Fasolo e D’Odorico. «Il ruolo della comunicazione gestuale nell’acquisizione del linguaggio» Logopedia e Comunicazione, Vol.2 n.3 ottobre 2006 (pp.315-322)
  • 14 «Neuroni specchio. Dall’azione al linguaggio | In Ateneo». http://www.unina.it/-/1334321-neuroni-specchio-dall-azione-al-linguaggio
  • 15 Sgandurra, Guzzetta, e Cioni. «Disturbi motori e disturbi neuropsicologici: modelli fisiopatologici e strategie di trattamento.» Giornale Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, n. 27 (2007): 264–277.
  • 16 «Neuroni specchio. Dall’azione al linguaggio | In Ateneo». http://www.unina.it/-/1334321-neuroni-specchio-dall-azione-al-linguaggio
  • 17 di Pellegrino, Fadiga, Fogassi, Gallese, Rizzolatti 1992. “Understanding motor events: a neurophsyological study.” Experimental Brain Research 91:176-180.
  • 18 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. Pp. 79-82
  • 19 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp. 84-85
  • 20 Ferrari et al, 2003 “Mirror neurons responding to the observation of ingestive and communicative mouth actions in the monkey ventral premotor cortex”. In European Journal of Neuroscience, 17, pp.1703-1714.
  • 21 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp. 86-89
  • 22 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. Pp. 95-96
  • 23 Ibidem pp. 111-112
  • 24 Fadiga, Fognassi, Pavesi, Rizzolati (1995), “Motor facilitation during action observation: a magnetic stimulation study”. In Journal of Neurophysiology, 73, pp.2608-2611
  • 25 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp.114-116
  • 26 Rizzolatti, Fogassi, Matelli, Bettinardi, Paulesu, Perani, Fazio, 1996, “Localizaton of grasp representations in humans by PET: 1. Observation versus execution”. In Experimental Brain Research, 111, pp. 217-229.
  • 27 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp.117
  • 28 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp118
  • 29 Buccino, Binkofski, Fink, Fadiga, Fogassi, Gallese, Seitz, Zilles, Rizzolati, Freund. 2001. “Action observation activates premotor and parietal areas in a somatotopic manner: an fMRI study”. In European Journal of Neuroscience, 13, pp.400-404.
  • 30 Buccino, Porro, Rizzolati. 2004. “Neural circuits involved in the recognition of actions performed by non con -specifics: an fMRI study”. In Journal of Cognitive Neuroscience, 16, pp.114-126.
  • 31Sgandurra, Guzzetta, e Cioni. «Disturbi motori e disturbi neuropsicologici: modelli fisiopatologici e strategie di trattamento.» Giornale Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, n. 27 (2007): 264–277.
  • 32 Fogassi, Fadiga, e Gallese. «Neuroni Specchio». http://www.istitutoveneto.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/5%252F8%252Fe%252FD.d04f5d67920d85166b77/P/BL OB%3AID%3D195/E/pdf#:~:text=I%20neuroni%20specchio%20si%20attivano,%2C%201996%3B%20Rizzolatti%20e%20al.
  • 33Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp.153-156
  • 34 Gentilucci, Benuzzi, Gangitano, Grimaldi. 2001. “Grasp whit hand and mouth: a kinematic study on healthy subjects”. In Journal of Neurophysiology, 86, pp.1685-1699.
  • 35 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp. 159
  • 36 Gentilucci. 2003. “Grasp observation influences speech production.” In European Journal of Neuroscience, 17, pp.179-184.
  • 37 Fadiga, Craighero, Buccino, Rizzolati. 2002. “Speech listening specifically modulates the excitability of tongue muscles: a TMS study” In European Journal of Neuroscience, 17, pp. 1703 – 1714.
  • 38 Rizzolatti, e Sinigaglia. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Scienza e idee 143. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018. pp.162-163
  • 39 https://www.anupitnpee.it/rivista-digitale/articoli-sulla-professione-del-tnpee/1240-dall-embodied-cognition-ad-una-nuova- visione-del-sistema-motorio-per-interpretare-la-clinica-dei-disturbi-minori-del-movimento.html
  • 40 Gallese, V., (2003). La molteplice natura delle relazioni interpersonali: la ricerca di un comune meccanismo neurofisiologico . Networks, 1: 24-47. Gallese, V., & Lakoff, G. (2005). The brain’s concepts: The role of the sensorimotor system in conceptual knowledge. Cognitive Neuropsychology, 21, 455-479. Gallese V. (2011). Embodied simulation Theory: Imagination and Narrative. Neuropsychoanalysis, 13 (2).
  • 41 Gallese, V. (2007). Before and below “theory of mind”: Embodied simulation and the neural correlates of social cognition. Philosophical Transactions of the Royal Society London B: Biological Sciences, 362: 659–669.
  • 42 Gallese, V. (2008). Il corpo teatrale: Mimetismo, neuroni specchio, simulazione incarnata. Culture Teatrali, 13-38.
  • 43 Gallese V., (2006). La molteplicità condivisa. Dai neuroni mirror all'intersoggettività. In Autismo: L'umanità nascosta. Di A. Ballerini, F. Barale, V. Gallese, e Ucelli S. Torino, Einaudi.
  • 44 Sgandurra, Guzzetta, e Cioni. «Disturbi motori e disturbi neuropsicologici: modelli fisiopatologici e strategie di trattamento.» Giornale Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, n. 27 (2007): 264–277.
  • 45 Gallese, V. (2008). Mirror neurons and the social nature of language: The neural exploitation hypothesis. Social Neuroscience, 3, 317-333.
  • 46 Gallese, V., & Lakoff, G. (2005). The brain’s concepts: The role of the sensorimotor system in conceptual knowledge. Cognitive Neuropsychology, 21, 455-479.
  • 47 Gallese V. (2011). Embodied simulation Theory: Imagination and Narrative. Neuropsychoanalysis, 13 (2).
  • 48 Borghi A.M. & Nicoletti, R. (2005). Movimento e comprensione di parole e frasi. Se leggo cappello… Giornale Italiano di Psicologia (GIP).

 

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