Presentazione del progetto - Dalla metacognizione all’intelligenza emotiva

Parte seconda: dalla teoria alla pratica

La seconda parte di questo documento vuole essere la consacrazione della prima; dopo aver costruito delle fondamenta teoriche solide attraverso la revisione della letteratura scientifica, possiamo passare alla descrizione di ciò che è stato poi trasferito nella pratica. Da alcune difficoltà, sono nate delle riflessioni, dalle quali l’idea originaria; vedremo dunque come l’idea si sia concretizzata nella realizzazione di un progetto. Parlerò poi nello specifico dei protagonisti del progetto, i bambini, analizzando singolarmente gli aspetti più rilevanti del loro sviluppo. Successivamente entreremo nel vivo degli incontri; documenterò la scelta delle valutazioni testistiche, gli strumenti per “misurare” l’efficacia del progetto, e passerò poi ad esporre alcune proposte di attività, attraverso il racconto di dinamiche, reazioni, modalità emerse. Infine, faremo un resoconto dei risultati dei test, e discuteremo attraverso delle riflessioni finali.

Presentazione del progetto

Quella che è l’effettiva messa in pratica del progetto, ha in realtà un’origine molto precedente. Durante il tirocinio accademico, sono sorte in me frequentemente delle riflessioni durante le sedute; ho potuto constatare che, paradossalmente, talvolta è più complicato portare avanti il proprio piano riabilitativo con bambini aventi delle buone risorse a livello cognitivo, rispetto ad altri che presentano invece delle difficoltà in tal senso, in particolare a partire dall’età scolare. Queste riflessioni sono diventate una sorta di ossessione, in quanto le mie prospettive terapeutiche venivano costantemente ribaltate, e mi sono trovato più volte in difficoltà, con una casistica molto ampia e varia.

Perché quella che normalmente viene considerata universalmente una risorsa, una ricchezza in più a cui accingere, può trasformarsi essa stessa in un ostacolo?

Grazie alle argomentazioni trattate durante alcuni corsi accademici, e grazie ad uno studio a ritroso tra cognizione, plusdotazione, emozione e consapevolezza, di cui è testimonianza la prima parte di questo elaborato, ho potuto allargare il mio ambito di riflessione, e sono riuscito a trarre le mie personali risposte.

Motivazioni del progetto

Il punto di svolta, nell’interpretazione della questione, è stato quello di non limitarmi a considerare il bambino come un insieme di aspetti singoli, ai quali attribuire ognuno un significato individuale rispetto allo sviluppo globale; il bambino, infatti, “funziona” come un sistema integrato, dove ogni elemento assume il proprio ruolo in relazione con gli altri. Un buon funzionamento cognitivo, piuttosto che un emilato che non funziona come dovrebbe, sono solo alcuni esempi di attributi che sulla carta presuppongono una determinata serie di caratteristiche nella nostra immaginazione del bambino, ma che poi si materializzano solo nella realtà, in ogni singolo bambino, a seconda dell’interdipendenza reciproca tra infiniti fattori che concorrono allo sviluppo del bambino stesso.

Partendo dalla premessa di cui sopra, ho ideato un nuovo progetto il cui mandato principale è dunque quello di rendere il bambino, in quanto individuo nella sua totalità, il vero protagonista della seduta. L’ideazione e, soprattutto, la successiva realizzazione del progetto è stata resa possibile grazie ad una serie di professionisti che hanno creduto nella mia iniziale ed acerba proposta, la quale con il loro contributo è diventata matura e pronta per poter essere sperimentata nella pratica; in particolare, mi riferisco alla Dr.ssa Cristina Cestaro TNPEE, che ha seguito fin dai primi passi la nascita del piano di lavoro e mi ha accompagnato sia durante gli incontri, che durante la stesura dello studio, acquisendo il ruolo di correlatrice.

Lo scopo del progetto è quello di sperimentare e conoscere sé stessi a 360°, mettendo il bambino, attraverso attività di gioco strutturato in modo funzionale agli obiettivi, di fronte a contesti inediti dove verranno messe “a nudo” le proprie modalità di pensiero e le proprie manifestazioni emotive, le proprie potenzialità ed i propri limiti.

Il progetto mira ad un primo approccio, o, se già parzialmente presente, ad un’evoluzione dell’autoconsapevolezza, attraverso un percorso che vada ad esplorare tutti le sfaccettature del bambino, facendo venire a galla anche gli aspetti più profondi e ancora oscuri sul piano della consapevolezza. Mi riferisco in particolare a tutto ciò che rimanda al proprio disagio, al quale viene attribuito un nome attraverso la cartella clinica ma che spesso si articola in modo più vasto, complesso e non sempre consapevole nella quotidianità. L’obiettivo a lungo termine è quello di proiettare la consapevolezza stessa ad una maturazione tale da prevenire l’instaurarsi e il radicarsi di dinamiche psichiche, alle quali il soggetto risulta maggiormente esposto nel corso dello sviluppo.

Il setting neuropsicomotorio si propone come l’ambientazione ideale per esplicitare sé stessi attraverso l’interazione con l’altro, dove per “altro” si intendono sia i terapisti che gli altri bambini, all’interno di una dinamica di gruppo; con le sue caratteristiche universali, quali, per citarne alcune, la prevedibilità e la sua parallela flessibilità, il setting vuole essere il principale facilitatore della libera espressione, nonché il luogo dove il bambino possa sentirsi ascoltato e protetto, a maggior ragione trattando tematiche nuove, impegnative e “pericolose”.

Modalità di svolgimento

Una volta plasmata l’idea di base, il progetto prende forma. Il tutto si articola in incontri di un’ora e mezza, a cadenza settimanale, nei mesi di settembre e ottobre 2019 presso l’associazione “La Nostra Famiglia”, sede di Vicenza (date le tempistiche ridotte, al progetto verrà probabilmente data continuità anche nei mesi successivi).

Il progetto, come già annunciato, non si esplicita attraverso delle sedute individuali, ma attraverso un gruppo, i cui partecipanti sono 4 bambini.

Il criterio con la quale abbiamo scelto i bambini che sarebbero poi diventati protagonisti degli incontri, non riguarda gli aspetti diagnostici, come spesso accade. Abbiamo invece individuato come prioritari altri fattori quali un’età il più possibile simile, che rientri in una prima fascia di età scolare (6-9 anni), ed un buon funzionamento, quale rampa di lancio per un lavoro specifico e ricchezza da valorizzare.

L’età è probabilmente l’aspetto che potrebbe maggiormente essere oggetto di discussione. Come già accennato nella sezione teorica, un lavoro così precoce focalizzato sulla consapevolezza risulta pressoché inedito; normalmente viene infatti rimandato ad un periodo di sviluppo successivo, nonché in ambienti e situazioni differenti. Ovviamente, non si può pensare di proporre un prospetto simile a bambini di età prescolare, né a bambini con un deficit intellettivo importante, in quanto il piano di lavoro necessita di un livello di sviluppo cognitivo tale da poter comprendere perlomeno di cosa si tratti.

Detto questo, la fascia di età individuata è da noi considerata ideale per poter introdurre determinate tematiche.

Chiaramente, la scelta di affrontare un percorso simile, in questa fase di sviluppo, presuppone l’assunzione di una serie di accorgimenti, soprattutto a livello operativo; le caratteristiche di base del setting neuropsicomotorio, nonché il tipo di preparazione del TNPEE, sono già in sé dei facilitatori che, insieme ad alcune specifiche modalità di approccio, costituiscono le difformità essenziali rispetto alle modalità canoniche, che ci permettono di affrontare questo percorso con i bambini prescelti.

Per riassumere il concetto, abbiamo sentito la necessità di sperimentare un progetto simile, in un’età considerata precoce e all’interno del nostro ambito di trattamento perché ritengo che gli interventi tutt’ora in essere, con i quali condividiamo gli intenti, si concentrino troppo sulla conseguenza, e dunque sul cercare di recuperare un eventuale squilibrio psicologico; la missione del progetto è proprio quella di prevenire la conseguenza, lavorando sulle cause, facendo sì che ipoteticamente possa esserci una via via minore necessità di intervenire successivamente per “riparare ciò che si è rotto”, nel corso del processo di sviluppo.

Agli 8 incontri, svoltisi nella “stanza grande” di neuropsicomotricità con i bambini, si è aggiunto un incontro preliminare con i genitori, con i quali sono stati condivisi gli obiettivi e le modalità, per raggiungere una il più possibile consolidata unità di intenti. Grazie all’autorizzazione dei genitori stessi, abbiamo potuto avvalerci dello strumento della videoregistrazione. Analizzare in un secondo momento i filmati delle sedute, ci ha permesso di evidenziare una vasta quantità di elementi e dettagli fondamentali, che sarebbe stato impossibile cogliere nella loro totalità durante le sedute.

Nel paragrafo seguente, sono riportati in modo schematico gli obiettivi del progetto.

Obiettivi

Non è stato così semplice delineare gli obiettivi, in quanto trattandosi di una nuova proposta, non potevamo sapere come avrebbero reagito i bambini e dunque se sarebbe stato più o meno complesso raggiungerli e con che tempistiche. Siamo dunque partiti con una serie di obiettivi globali, che abbiamo via via integrato con altri un po’ più specifici, ritoccando il piano a seconda dei feedback di ritorno provenienti dai bambini nel corso delle sedute. Sono qui riassunti attraverso un elenco puntato:

  • Trasformare il setting neuropsicomotorio in un luogo rassicurante, accogliente e prevedibile per il bambino rendendolo l’ambiente ideale dove egli si possa sentire “autorizzato” a sperimentare e conoscere sé stesso
  • Guidare il bambino verso un’espressione (corporea, verbale, emozionale, di pensiero) il più possibile libera, senza filtri
  • Far emergere al massimo le diversità all’interno del gruppo, in quanto fonti di ricchezza e crescita reciproca
  • Guidare il bambino alla scoperta delle proprie potenzialità, uniche ed esclusive, partendo dal concreto per arrivare via via ad una concentualizzazione dell’argomento trattato
  • Contribuire a valorizzare e rendere solide a livello di consapevolezza le risorse di cui sopra
  • Affrontare globalmente la tematica del limite affinché il bambino possa essere guidato a ricercarla all’interno di sé e degli altri componenti del gruppo
  • Rafforzare le abilità del bambino di “leggere” il pensiero e l’emozione altrui, affinché possa identificare ed attribuire degli stati mentali agli altri, i quali possono essere diversi dai propri.
  • Sperimentare il vasto range di manifestazioni emotive all’interno del setting neuropsicomotorio, dalle modalità adattive a quelle più disadattive, in modo da poter essere più abituato a gestirle nella quotidianità
  • Affrontare, attraverso cornici di gioco strutturate ad hoc, tutti gli aspetti di sé, compresi i più complessi, come il proprio disagio, affinché il bambino possa sentirsi sollevato nel dare voce alle proprie difficoltà
  • Incentivare l’ascolto e la collaborazione tra i bambini durante le attività affinché possano conoscere sé stessi anche attraverso lo specchio dell’altro
  • Sfruttare le dinamiche di gruppo, come fonte di confronto costruttivo
  • Abituare il bambino a riconoscere, in sé e nell’altro, gli stati mentali che possono diventare a lungo andare ingombranti e tossici

 

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