Il sistema visivo nello sviluppo del bambino ed importanza dell'intervento terapeutico
LA FUNZIONE DELLA VISTA NELLO SVILUPPO MOTORIO DEL BAMBINO
Lo sviluppo del comportamento motorio di ogni individuo è strettamente interconnesso con la maturazione di altre aree del funzionamento dell'organismo, come per esempio del livello percettivo e/o cognitivo. Di conseguenza, questi sistemi influenzano l'acquisizione delle stesse funzioni motorie: si tratta di un insieme di sistemi strettamente correlati tra loro che insieme garantiscono l'uniformità dell'organismo ed uno sviluppo fisiologico completo e nella norma.
Fin dai primi giorni di vita, il bambino utilizza il proprio corpo come mezzo di connessione con il mondo: recepisce, organizza ed interpreta le informazioni sensoriali che giungono dall'esterno dando origine a delle percezioni.
E' attraverso i sensi che il bambino acquisisce la consapevolezza dell'ambiente sociale e fisico che lo circonda, che stimolano nuove esperienze percettive fornendogli opportunità sempre nuove per interagire con gli oggetti e con le persone.
Come afferma lo studioso Piaget nei suoi scritti, il bambino nei primi due anni di vita attraversa lo stadio dell'intelligenza senso motoria: risponde alla realtà attraverso schemi d'azione pratici, di tipo sensoriale e motorio. Non possiede rappresentazioni mentali degli oggetti e categorizza gli elementi rigorosamente in base all'azione che gli permettono di compiere e alle informazioni sensoriali che gli rimandano: per esempio un cubo è come lo vede, il gusto che ha e la sensazione che gli rimanda al tatto.
Con la maturazione del sistema percettivo e nello specifico della funzione visiva, gli stimoli sensoriali diventano sempre più elaborati, a partire già dai sei mesi di vita. Il sistema nervoso centrale, in qualità di unità di elaborazione centrale, usa gli input ambientali che recepisce, li elabora integrandoli con le informazioni già precedentemente acquisite, al fine di generare comandi motori e pianificare azioni future. Ne consegue un'atto motorio volontario e finalizzato, utilizzato dall'individuo per interagire con l'ambiente circostante. Anche il più semplice atto motorio implica la connessione con i sistemi sensoriali, quanto cognitivi.
Si può quindi affermare che è la stessa percezione a guidare l'azione: l'insieme di input sensoriali esterocettivi multipli ( tramite il sistema visivo, vestibolare o tattile ) contribuisce ad elaborare risposte motorie via via più complesse.
Così ogni bambino è motivato all'azione a partire da ciò che percepisce.
Per esempio, nello sviluppo della motricità fine, l'emergenza di movimenti fini accurati è espressione della maturazione della capacità del bambino di percepire e ed organizzare informazioni sensoriale e percettive.
Anche nell'acquisizione delle tappe fondamentali dello sviluppo ( controllo del capo, posizione seduta, stazione eretta, deambulazione etc. ) il bambino si muove e si organizza in base alla necessità di relazionarsi con l'ambiente intorno a lui; lo stesso controllo del capo intorno ai tre mesi di vita, è una modalità che il bambino ricerca per poter interagire con la madre che gli parla, che lo allatta e lo accudisce.
Il raggiungimento della stazione eretta è la conseguenza della necessità di sperimentare modalità più dinamiche di esplorazione per interfacciarsi con ciò che lo circonda.
La coordinazione occhio - mano ( intorno ai 5 mesi ) ne è essa stessa un esempio, in quanto nasce in seguito alla volontà di raggiungere gli oggetti che il bambino vede intorno a lui.
Il bambino che presenta difficoltà visive riceve meno stimoli dall'esterno che lo motivano ad agire. Di conseguenza rischia di essere meno pronto e attivo dal punto di vista motorio e meno allenato anche sul piano muscolare.
In questo caso ne consegue un quadro clinico che mostra una prevalenza del tono ipotonico, accentuato o meno dalla presenza di un quadro patologico analogo sottostante.
L'ipotonia muscolare, più o meno marcata, può essere considerata la causa, o talvolta la conseguenza, del rallentamento nell'acquisizione delle tappe di sviluppo neuromotorio e del consolidamento di posture scorrette.
A riguardo, “ ..esiste un rapporto bidirezionale fra visione e postura. La funzione visiva coniziona la postura ed al tempo stesso una postura sbagliata può facilmente indurre adattamenti visivi. […] Postura ed equilibrio visivo rappresentano due meccanismi all'interno di un unico processo percettivo e per tale ragione vanno conswsiderati come due aspetti inseparabili. “.
La stretta correlazione tra questi due sistemi è stata documentata da diversi studi ed esperimenti, tra i quali può essere interessante ricordare l'esperienza del “mooving room” di Lee e Aronson ( 1974 ) . I due studiosi hanno infatti crearono una stanza particolare, dove l 'individuo in esame veniva posto al centro su un pavimento mantenuto stabile, mentre le pareti intorno potevano essere mosse meccanicamente.
Poco dopo che le pareti venivano attivate, i soggetti iniziavano a mostrare una significativa perdita di equilibrio, con oscillazione degli arti e del corpo, fino a perdere il baricentro e cadere.
Ovviamente, la prova venne eseguita su adulti e bambini.
Tenendo presente che il pavimento della stanza era stabile, possono essere escluse tutte le forze meccaniche; quello che ha comportato la caduta o anche solo la destabilizzazione dei soggetti è stata la modificazione dell'allineamento visivo conseguente al movimento delle pareti. Ogni individuo infatti utilizza la funziona visiva come una fonte di feedback positivi e negativi per regolare la propria postura e mantenere l'equilibrio stabile e dinamico. Nel momento in cui le pareti della stanza oscillavano avanti e indietro, il soggetto esaminato avrebbe dovuto far fronte a cambiamenti repentini dell'allineamento visivo, tendendo così a compensare la postura inclinandosi verso la direzione opposta.
“ Questo tipo di dimostrazione conferma che la visione funziona come un propriocettore, fornendo informazioni sulla posizione del corpo, da cui il termine di propriocezione visiva. “.
Alterazioni posturati conseguenti a disfunzioni visive possono comportare a distanza alterazioni degli equilibri della biomeccanica, stati muscolo -tensivi anomali e/ asimmetrici, distonie, che possono anche esitare in disturbi interossei minori, con zone di ipomobilità e / o danni anatomo-patologici a carattere degenerativo ( artrosi ) di diversa intensità.
In conclusione, analizzando le basi neurofisiologiche alla base del' atto motorio, non si può non prendere in considerazione la complessa interazione fra sistemi sensoriali, capacità motorie e funzioni cognitive. Infatti, un corretto sviluppo psicomotorio e posturale nei primi anni di vita, una buona coordinazione visuospaziale e oculo-piede manuale, sono elementi indispensabili per garantire il successivo sviluppo di concetti mentali ( come della stessa coscienza di sé, autostima..), del linguaggio e degli apprendimenti.
ASPETTI EVOLUTIVI DEL BAMBINO CON DISTURBI VISIVI: SVILUPPO COGNITIVO, COMUNICATIVO - LINGUISTICO E PSICOPATOLOGICO
Dalle prime esperienze motorie il bambino inizia a costruirsi schemi mentali, rappresentazioni degli oggetti, degli spazi e delle persone che gli consentono di interagire e relazionarsi con la realtà esterna. Questo vede la messa in gioco di alcuni neuroni, denominati neuroni specchio, che si trovano nella corteccia motoria e che si attivano nel momento in cui un individuo mette in atto un 'azione motoria o vede l'altra persona compiere un movimento.
Ciò permette al nostro cervello di percepire l'azione stessa, che sia un atto motorio semplice o più complesso e finalizzato.
Tramite la comprensione del nostro agito e di quello delle persone intorno a noi, come delle loro intenzioni e/o emozioni correlate, ogni individuo sviluppa una mappatura cognitiva via via più complessa e completa, che supporta lo sviluppo anche di altre aree funzionali, come quella della comunicazione e del linguaggio.
Le prime relazioni che il bambino piccolo instaura, riguardano la figura genitoriale. Precocemente, molto prima dello sviluppo del linguaggio verbale, il bambino inizia a comunicare attraverso la mimica, i gesti, e soprattutto con lo sguardo.
Sono proprio gli occhi a muovere la relazione con i genitori, i quali comunicano più attivamente con il bambino quando questi sorride alla vista del loro volto, durante l'allattamento o quando gli si parla.
E' attraverso la vista che il bambino riceve informazioni preziose per programmare i propri movimenti verso l'altro, riconoscendo le sue espressioni e le sue emozioni. Inoltre, grazie alla capacità di messa a fuoco e all'attenzione visiva, il bambino si mantiene attivo di fronte ad uno stimolo, si mostra curioso e di conseguenza si sviluppano funzioni mentali come l'attenzione selettiva verso uno stimolo, la memoria, alla base anche dei futuri apprendimenti scolastici.
Il bambino che vede poco e / o male sviluppa una percezione del mondo esterno carente, tende a non prestare abbastanza attenzione e quindi a non mantenere il tempo sufficiente per comprendere e imparare. Le informazioni esterne che sarà in grado di recepire saranno frammentarie, sfocate e confuse e ciò si ripercuore sulla capacità di memorizzazione, simbolizzazione e rielaborazione delle stesse e sull'acquisizione di concetti.
Questo lo porterà a costruire relazioni con il genitore “ fugaci “, in cui farà fatica a mantenere il contatto oculare quando si allontana e di cui non sarà in grado di comprendere gli stati emotivi, fattori che incideranno sulla qualità dell'interazione madre - bambino e sulla successiva acquisizione di codici adeguati alle interazioni sociali.
Nel genitore questa situazione può comportare uno stato di asngoscia o di depressione, limitando la sua disponibilità nel comprendere i comportamenti del proprio bambino, che in modo anomalo ostacolano lo sviluppo affettivo alla base del benessere psichico, oltre che fisico, della diade.
Una base cognitiva povera e frammentata, derivante da una scarsa esplorazione dell'ambiente circostante e da relazioni sociali poco valide avrà conseguenze sull'integrazione prassico - cognitiva - linguistica, la quale risulterà difficoltosa e allo stesso tempo avverrà in modo anomalo. Il lessico sarà ridotto, e molto probabilmente il bambino può correrre il rischio di riscontrare difficoltà di linguaggio, sia in campo espressivo che ricettivo.
Ma l'aspetto più delicato riguarda il paziente che presenta un deficit comunicativo dovuto alla patologia di base diagnosticata. Infatti, il soggetto con disabilità comunicativa mostra un'incapacità a parlare e di conseguenza attiva modalità comunicative non funzionali per esprimere e risolvere i propri bisogni. In questo caso, se il paziente presenta in coomorbidità un deficit visivo e / o oculomotorio, la sua competenza comunicativa può ulteriormente compromettersi.
Come abbiamo visto, la funzione visiva gioca un ruolo importante nella relazione con l'altro e di conseguenza nella comunicazione: attraverso il contatto di sguardo ( la comunicazione faccia a faccia ) si trasmette all'altro l'input per iniziare o meno una conversazione, si sostiene l'atto comunicativo attraverso la percezione visiva di segnali quali la mimica ( di assenso o dissenso ), atteggiamenti corporei, carenza dell'attenzione visiva e distraibilità. Ancora, lo sguardo permette l'attenzione condivisa verso un oggetto target, in quanto indirizza lo sguardo dell'interlocutore verso un punto in comune, senza necessità di verbalizzare gli oggetti e il contesto. Si tratta di tutti segnali non verbali che rimandano un feedback, positivo o negativo, e che consentono di gestire meglio le relazioni con l'altro.
Nel momento in cui vengono meno questi aspetti, la comunicazione si limita alla sola componente verbale. Nei casi in cui permane l'impossibilità di usare il linguaggio verbale prende piede una forma di comunicazione unidirezionale: il soggetto ascolta l'altro senza poter intervenire, con il conseguente instaurarsi di modalità di relazione sociale anomale.
Talvolta però, il disturbo di linguaggio viene sostenuto dall'utilizzo della mimica facciale e del corpo, per comunicare: si utilizzano gli arti superiori per indicare, sfferrare, manipolare, scrivere e eseguire gesti.
Ciò non può avvenire nei pazienti che presentano grave disabilità neuromotoria, che in comorbidità con un disturbo di linguaggio, cercare di sfruttare la funzione visiva per comunicare.
Giunti in epoca scolare ( 6 - 11 anni ), il bambino si ritroverà a svolgere attività che comportano l'esercizio della funzione visiva prossimale, come la lettura e la scrittura: in queste attività si richiede una distanza visiva ridotta e di conseguenza si riscontrano maggiori adattamenti posturali anomali, secondarie o non , alla disfunzionalità visiva.
Durante la lettura o attivityà visive che richiedono una distanza ravvicinata, le componenti motorie e percettive devono coordinarsi tra di loro per consentire un'adeguata decodifica delle informazioni sensoriali che il soggetto sta tentando di elaborare. Solitamente, la distanza visiva alla quale un individuo si posiziona per concentrarsi su un'attività visiva prossimale, è il prodotto di funzioni motorie e percettivein relazione tra loro.
In questo momento, saremmo portati a chiederci se la distanza eccessivamente ravvicinata induce difficoltà a recepire ed elaborare le informazioni visive, o se sono le stesse difficoltà visive a comportare da parte del soggetto la necessità di una distanza il più possibile ridotta. Su questo gli studiosi riportano ancora pareri discordanti.
Ciò che caratterizza gli apprendimenti scolastici in un bambino ipovedente non sono solo le problematiche conseguenti al “vedere meno” rispetto al normale, ma tutte quelle modalità visuo - percettive e visuo - motorie che il dificit visivo comporta, come difficoltà nel compiere correttamente i processi di oculomozione per l'esplorazione visiva oppure per la coordinazione occhio - mano / occhio - piede.
Così, prendendo in considerazione come esempio il processo di lettura nei bambini con patologie del sistema visivo, la capacità di analisi visiva sarà fortemente limitata, il paziente non sarà in grado di fissare e discriminare i caratteri da sinistra a destra, di discriminare i grafemi in modo da saperli riprodurre correttamente e la regressione avverà in modo anomalo, non permettendo all'individuo di rileggere le ultime lettere delle parole tornando indietro da destra a sinistra quando gli occhi si spostano da una riga a quella sottostante, e lo sguardo si fisserà più volte e in diversi punti della stessa parola, ostacolando una corretta comprensione lessicale.
Tuttavia, un elemento di notevole importanza riguardante l'attività scolastica dei bambini ipovedenti o con strabismo, è stato ottenuto da uno studip condotto su una popolazione di 1324 bambini in età scolare. Infatti di questo numero solamente il 7,50 % lamentava sintomi, come vertigini, cefalea, dolori muscolari e/o ossei, qualora avessero seguito un controllo oclistco precoce e a cuisia stata confermata la prescrizione ottica. Questo ci dimostra come sia importante cintervenire precocemente sulla disfunzionalità visiva in età evolutiva, monitorando anche quelle situazioni apparentemente normali, attraverso “ semplici “ visite di screening e l'attenta osservazione del genitore e delle insegnanti.
Le difficoltà visive possono presentarsi indubbiamente in comorbidità con patologie anche molto differenti tra loro.
Talvolta, il bambino ipovedente che non presenta quadri neuromotori compromettenti, tende a mostrare quadri di iperattività come strategie di evitamento di situazioni che gli richiedono lo svolgimento di compiti troppo difficili per lui e quindi fortemente ansiogene.
Generalmente, questi individui sviluppano esperienze di vita relazionali ed emotive difficili, con la tendenza a sviluppare quadri psicopatologicidi ansia e depressione fortemente marcati, e di passività ed inibizione.
IMPORTANZA DELLA RIABILITAZIONE DELLA FUNZIONA VISIVA
E' evidente come la maturazione di ogni sistema dell'organismo rappresenti un processo di conoscenza del mondo, in quanto lo stesso sviluppo anatomico e fisiologico viene influenzato dai processi esperenziali e di interazione del bambino con l'altro e con l'ambiente.
Di conseguenza in un bambino con qualche patologia, l'acquisizione di schemi mentali e la capacità di mettere in relazione tra loro gli input sensoriali e le informazioni cognitive, avviene in modo diverso.
Indubbiamente i processi maturativi sono gli stessi anche per bambini con patologie; il cervello conserva la plasticità e si organizza intorno alle esperienze che gli vengono rimandate dalla realtà esterna. Ma in questo caso, non percependo in modo corretto gli stimoli esterni, l'individuo tende ad organizzare i propri pattern motori e cognitivi intorno alla patologia stessa, maturando pattern di sviluppo “ viziati ”.
Cosicchè, nello specifico caso del bambino ipovedente o con cecità, il sistema motorio si svilupperebbe lo stesso, se pur in modo anomalo o ritardo.
Occorre considerare inoltre che non solo le singole aree di sviluppo non arrivano a maturazione, ma risultano deficitarie le stesse relazioni fra diversi sistemi funzionali ( l' area motoria interconnessa con l' area del linguaggio etc. ).
La vista è un sistema sensoriale che riveste un ruolo di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo motorio, intellettivo ed affettivo - emotivo del bambino.
Un problema del sistema visivo è inevitabile che comporti disabilità anche alle altre strutture sensoriali ( tattile, cinestesico etc ), a livello visuospaziale somestesico ( per la percezione del corpo ), a livello cognitivo, linguistico e con il passare del tempo, nel campo degli apprendimenti.
Il riconoscimento tempestivo di una patatologia riguardante il sistema visivo ed il successivo trattamento del bambino fin dai primissimi giorni di vita permette la riorganizzazione del sistema nervoso stesso comportando uno sviluppo anatomo-funzionale nella norma, o almeno nei limiti posti dalla patologia di base.
A riguardo, l'equipe dovrebbe prevedere l'intervento di un terapista della neuropsicomotricità, in collaborazione con il medico neuropsichiatra infantile ed un oftalmologo pediatrico specializzato.
Lo scopo generale dinanzi ai disturbi visivi è quello di favorire l'esercizio della funzione visiva in tutti i suoi aspetti; fornire al paziente la capacità di fissare un punto, mantenere il contatto visivo con l'altro ed esplorare in modo efficacie l'ambiente intorno.
Tutto questo ci è permesso tramite l'esperienza continua, che in un bambino a sviluppo normale avviene spontaneamente, ma che in un bambino con patologia deve essere sostenuta e stimolata. Stimolare la risorsa visiva, anche quando questa risulta alterata o ridotta, porta automaticamente a lavorare sugli altri aspetti dello sviluppo connessi alla funzione visiva, e può essere considerato un ottimo punto di partenza per una terapia riabilitativa completa.
Ciononostante, è importante tenere in considerazione ed integrare gli input provenienti anche da altri canali sensoriali, per rendere più complete le informazioni ricavate dall'esterno: tra questi è importante considerare il sistema vestiolare, tattile, olfattivo, la sensibilità termica, le informazioni propriocettive e muscolari.
Cosi facendo sarà possibile dare al paziente un rimando della realtà ricco di dettagli, di sfumature, al fine di comprendere meglio le relazioni fra gli oggetti, gli spazi, le parti del corpo dello stesso individuo, che altrimenti andrebbero persi con gravi conseguenze sugli apprendimenti cognitivi.
Un buon intervento terpeutico dovrebbe tenere in considerazione i diversi aspetti di sviluppo dell'individuo in relazione tra loro, e prevedere la presa in carico della persona, del paziente, della famiglia, della vita considerandolo in un ottica etica e olistica. Si potrebbe quasi parlare di terapia della persona, e non solo terapia riabilitativa.
ESAMI CLINICI E STRUMENTALI: LA VALUTAZIONE NEUROFTALMOLOGICA IN ETA' EVOLUTIVA
La valutazione neuroftalmologica è indicata per l'inquadramento di patologie che colpiscono le strutture neurologiche correlate all'apparato visivo, specialmente di fronte ad un bambino con paralisi cerebrale infantile, in previsione di possibili complicanze per lo sviluppo motorio e cognitivo dello stesso e per il corretto raggiungimento delle autonomie personali e sociali.
La valutazione neuroftalmologica consiste in una specifica raccolta di dati anamnestici e di un esame obiettivo mirato per la valutazione delle funzioni del sistema visivo afferente ( come l'acuità visiva, la sensibilità cromatica, la sensibilità al contrasto, l'esame del campo visivo ) ed efferente ( lo studio della motilità oculare estrinseca bulbare e dell'attività palpebrale ), per la valutazione della reattività pupillare e della regione orbitaria, per l'analisi della pressione intraoculare e dell'aspetto ofatlmoscopico del fondo oculare.
Indispensabili inoltre nell'ambito della valutazione neuroftalmologica sono l'analisi computerizzata del campo visivo ( campimetria ), indipensabile per la localizzazione, la quantificazione e il monitoraggio di disturbi della visione, e l'esame OCT ( tomografia ottica a radiazione coerente ) per la valautazione quantitativa delle fibre del nervo ottico e della retina.
Accanto alla valutazione neuroftalmologica, solitamente vengono consigliati esami neurofisiologici, tra cui l'elettroretinogramma ( ERG ) e i potenziali evocati visivi ( PEV ),l' elettroencefalogramma in veglia e sonno ed esami neuroradiologici, come la tomografia assiale computerizzata ( TAC ), la risonanza magnetica ( RMN ) etc.
Una valutazione neruoftalmologica può essere indicata nel momento in cui il paziente ( bambino ed adulto ) presenta sintomi quali perdita della visione monolateralee o bilaterale, amputazioni del campo visivo ( per esempio emianopsie, etc. ), alterazione della percezione dei colori e/o del contrasto, diplopia ( doppia visione ), confusione durante i movimenti oculari, disturbi visivi associati a cefalea, alterazioni della posizione delle palpebre o del diametro pupillare.
Per la raccolta dei dati anamnestici, si mira a raccogliere le seguenti informazioni:
Anamnesi familiare:
- Presenza di gravi malattie oculari congenite ( retinopatie, glaucoma, cataratta, retinoblastoma, altre patologie malformative e metaboliche, etc. );
- Difetti significativi di refrazione ( miopia, astigmatismo, ipermetropia );
- Ambliopia;
- Strabismo.
Anamnesi pre - peri - postnatale:
- Infezioni perinatali del complesso TORCH e post natali ( meningiti, encefaliti, infezioni erpetiche ecc. );
- Prematurità semplice o con distress respiratorio e conseguente ossigenoterapia;
- Prematurità Very Low Birth Weight ( con peso < 1500gr );
- Sofferenza peritnatale di natura ipossico-ischemica ( asfissia nel neonato a termine, emorragia intraventricolare o leucomalacia periventricolare nel pretermine );
- Sindromi malformative;
- Traumi peri e post natali.
Inoltre, l'operatore può riportare ai genitori domande sullo stile di vita dei loro bambini, richiedendo se il bambino fissa il volto della mamma durante le attività di vita quotidiana, se segue gli oggetti nel suo campo visivo, se lacrima molto, se sembra strabisco o presenta episodi di fotofobia. Dopo il primo anno di vita, con la conquista della deambulazione autonoma, si richiede se cammina in modo sicuro, se scende bene le scale, se avvicina molto gli oggetti al viso durante la manipolazione, se tiene il capo inclicato da una parte, se stropiccia molto gli occhi e/o se presenta dei tic oculopalpebrali. In tutti questi casi, si attesta o meno la presenza di cefalea e vertigini.
Per la valutazione della funzionalità visiva ci si dedica inizialmente all'osservazione dell'attività spontanea in una situazione libera di gioco e di quotidianità, focalizzando l'attenzione su come il bambino guarda gli oggetti, come si muove all'interno del setting, la presenza di eventuali posizioni anomale del capo ( che potrebbero indicare fenomeni di torcicollo oculare conseguente a paralisi di sguardo ) o di movimenti compensatori quali il movimento rapido a scatti del capo in orizzontale. Un altro elemento da tenere in considerazione è la coordinazione oculo manuale, osservando se il bambino afferra l'oggetto proposto sotto controllo visivo con quale mano afferra spontaneamente, se mantiene lo sguardo sull'azione durante il movimento e se ciò avviene in ogni zona del campo visivo e quale distanza si riscontrano maggiori difficoltà di fissazione. Ancora, è ecessario osservare se dopo l'afferramento il bambino continua ad esplorare l'oggetto con il canale visivo o se quest'ultimo viene escluso, e se riesce ad integrare l'informazione visiva con quella tattile e/o uditiva.
Poichè la funzionalità visiva può cambiare a seconda della postura assunta dal paziente, è doveroso osservare il bambino nelle varie posizioni ( supino, prono, seduto, carponi, stazione eretta etc. ) in modo da osservare quale è la postura che favorisce l'utilizzo del canale visivo. Di conseguenza, al fine di una più dettagliata valutazione, tutti gli aspetti che saranno successivamente descritti in questo capitolo, verranno valutati sia permettendo al bambino di muovere liberamente il capo, sia con il capo mantenuto fermo, con lo sguardo all'orizzonte.
Contemporaneamente all'osservazione spontenea, ci si dedica all'esame obiettivo degli occhi e della facies, andando a ricercare:
- Eventuali asimmetrie facciali od orbitarie;
- Asimmetrie palpebrali ( ptosi, cisti dermoidi, eccessivo diametro corneale, etc. );
- Anomalie bulbari ( trasparenza corneale, microftalmo, etc. );
- Anomalie dei movimenti oculari ( strabismo, nistagmo, etc. )
Ovviamente, prima di iniziare la valutazione è importante determinare la distanza focale, ossia la distanza specifica per quel bambino per far si che lui risponda visivamente in maniera ottimale agli stimoli visivi proposti: si valuta così l'accomodazione, cioè la capacità di mettere a fuoco gli oggetti sulla retina, avvicinando e allontanando il proprio volto da quello del bambino fino ad ottenere la fissazione. Qui entra in gioco l'attenzione visiva e la funzione riflessa della fissazione, che consiste nel piazzamento della macula su di un target visivo, mantenendola fissa su di esso. Una volta appurato che il bambino abbia fissato l'oggetto ad una data distanza, si può svolgere la cosiddetta prova detta di “fixation shift” ( o di spostamento della fissazione ) senza competizione, presentando uno stimolo nel campo visivo periferico mentre il bambino mantiene la fissazione su un bersaglio posto al centro del campo visivo. Ancora, si ha la “fixation shift” con competizione, che consiste nella capacità del bambino dopo i tre mesi di vita, di sòostare la fissazione da un oggetto ad un altro ponendoli entrambi di fronte al bambino. La presenza di questa funzione, è considerata un indice prognostico favorevole per lo sviluppo di una corretta funzione visiva.
Successivamente, si procede con la valutazione della presenza dei riflessi visivi, come il riflesso palpebrale, di ammiccamento e il riflesso pupillare. Quest'ultimo si evoca inviando un fascio luminoso su un occhio e controllando il comportamento delle pupille che devono restringersi simmetricamente alla luce e dilatarsi al buio. Si tratta del riflesso fotomore, che fisiologicamente è resente uin entrambe gli occhi in ugual modo. Nel caso in cui la sua evocazione comporta una minore miosi di un occhio rispetto ad un altro si potrebbe dedurre un deficit dell'affarenza pupillare nello stesso, con conseguente instaurarsi di un deficit visivo nell'occhio colpito.
Per rilevare anomalie dei movimenti oculari, è bene valutare i movimenti saccadici dalla linea mediana verso destra e verso sinistra, dal centro verso l'alto e verso il basso, e lungo tutta la linea mediana. Tenendo in considerazione che i movimenti saccadici sottendono l'esplorazione visiva e l'inseguimento, si tenderà a valutare se quest'ultima avviene a scatti o in maniera continua, spontaneamente o solo su richiesta, se in tutte le direzione o se alcune zone vengono escluse, se vengono attivate dal bambino strategie particolari.
Ai fini valutativi, verranno presentati dall'operatore semplici stimoli luminosi, proponendo mano mano oggetti di colori contrastanti e/o riflettenti, che verranno appositamente illuminati da una sorgente luminosa posta dietro il bambino, in modo che questi non venga abbagliato, ma sia allo stesso tempo facilitato nel percepire gli stimoli proposti.
La valutazione prosegue con la misurazione attraverso dei test dell'acuità visiva, del campo visivo e dell'ambliopia ( test somministrabile nella fascia di età 24-36 mesi ).
Per l'acuità visiva, ossia la capacità di discriminare un dettaglio in un'immagine, può essere proposto il test delle carte di acuità di Teller ( Teller Acuity Cards ), messo a punto dagli studiosi Teller, Mc
Donald e collaboratori, che copre un ampio range di età di somministrazione, dall'epoca neonatale ( sei mesi di vita ) fino all'età prescolare. I vantaggi dell'utilizzo di questo test in ambito clinico riguardano la praticità d'uso, la sicurezza dei risultati ottenibili, facilità e rapidità di somministrazione, e la non invasività.
Il bambino si trova in braccio alla mamma nella posizione per lui più confortevole, con tutte e due gli occhi o con un occhio alla volta guarda dei cartoni rigati a dimensioni della riga e progressivamente più piccole e uno schermo di sfondo grigio. Si valuta a quale dimensione della riga il piccolo smette di preferire il cartone rigato e guarda indifferentemente lo schermo grigio. Questo test ha valore prettamente qualitativo, più che quantitativo.
Carte di Teller.
Successivamente, verso i 18-20 mesi di età, si può eseguire il test di visus per vicino, domandando al bambino di segnare col ditino gli oggetti che gli vengono richiesti su cartoni a dimensioni progressivamente ridotte; dall'età di 2 anni, posso essere proposte immagini anche a 3-5m di distanza.
C.A.D.E.T. : Test a Bassa Visione.
Man mano si giunge ai 5-6 anni e si passa alla lettura di simboli contenuti in delle tabelle, che il paziente deve identificare. Si parla delle tabelle di Ottotipi, con numeri, lettere figure, C di Landolt ed E di Albini. In questi ultimi dei casi, il bambino deve riconoscere l'orientamento dell' apertura della C nel primo testo, e la direzione delle gambe della lettera E, nel secondo. Solitamente i genitori riproducono questi test già a casa, sotto forma di gioco, in modo da permettere al bambino di familiarizzare con esso.
E di Albini.
Risulta doveroso sottolineare che la somministrazione di test non sostituisce un' indagine ortottica ed oftalmologica approfondita, a cui si invitano attivamente i genitori: ciononostante, la qualità delle informazioni ottenibili permettere di indirizzare l' iter diagnostico e la decisione terapeutica allo scopo di limitare le conseguenze di un' eventuale patologia già in atto.
Per la valutazione del campo visivo, si intende la misurazione di quella porzione di spazio che l'occhio, in posizione primaria ( sguardo in avanti diritto ), è capace di percepire. Questo ci consente di conoscere l'ampiezza e la qualità del campo visivo, e ci aiuta a determinare l'abilità del bambino a sviluppare successivamente i concetti spaziali e a orientarsi correttamente nell'ambiente circostante. L'esame del campo visivo prevede una prima parte di osservazione, dalla quale si nota se il bambino utilizza sia la parte centrale del campo visivo ( la zona maculare ) che la zona periferica del visus ( la zona extra maculare ), posizionando oggetti di interesse del paziente alla sua sinistra, destra, in alto ein basso. Per i bambini più grandi e collaboranti, si passa alla cosiddetta perimetria ( o Test perimetrico ), manuale o computerizzata, con la quale in questo caso si riesce ad ottenere una misurazione quantitativa più precisa. Entrambe prevedono la presenza di operatori specificatamente formati. Nel caso della perimetria manuale per esempio, il volto del paziente viene posto all'interno di una cupola luminosa, sulla quale vengono proiettate le mire luminose che devono essere percepite mantenendo la fissazione nel centro dello strumento.
Una proposta di osservazione più schematizzata per la raccolta di informazioni visive del bambino fino ai 18 mesi di età potrebbe essere quella sotto descritta. Può essere utilizzata come un punto di partenza per il terapista della riabilitazione per programmare il trattamento riabilitativo in modo adeguato alle difficoltà del singolo soggetto e per indirizzare la famiglia e il piccolo paziente a controlli più approfonditi dall'ortottista.
Scheda di valutazione della funzione visiva.
Dalla nascita al I mese di vita
- Anamnesi familiare
- Anamnesi del paziente pre-peri-post-natale
- Reazione puillare alla luce, diretta e consensuale
- Riflesso di chiusura bilaterale delle palpebre conseguente ad un fascio di luce
- Riflesso cocleo palpebrale: rapida chiusura delle palpebre ( ammiccamento) ad uno stimolo uditivo intenso
- Fissazione di un volto umano ad una distanza focale di 19-20 cm
- Preferenza per temi a righe verticali e/o orizzontali, dimensioni grandi, colori vivaci in particolar modo in relazione cromatica bianco/nero, etc.
- Osservazione e ricerca nel paziente di movimenti saccadici
- Campo visivo fisiologicamente ristretto: ha un'ampiezza di 30° dalla linea mediana in posizione rimaria e di 15° per lato dalla linea mediana ( orizzontale )
- Riflesso rosso *
1 - 3 mesi
- Vedi sezione precedente per i riflessi
- Particolare attrazione per la luce e colori brillanti
- Presenza del nistagmo, prodotto dalle stimolazioni vestibolari
- Presenza dell'iperfissazione, sguardo fisso verso una fonte di luce e aumento dell'abilità di fissazione
- Movimenti oculari, di inseguimento di oggetti in movimento, dapprima lungo la linea orizzontale e successivamente lungo quella verticale
- Miglioramento della messa a fuoco a distanze diverse e superiori a 20 cm
- Presenza la coordinazione binoculare
- Inizia ad osservare le immagini nel complesso ( per esempio il volto umano, non soffermandosi solo sul perimetro o su qualche dettaglio )
- Gira gli occhi verso una fonte sonora
- Osserva le sue mani
3 - 6 mesi
- E' in grado di fissare oggetti ad una distanza di 90 cm - 1 m
- Prevale la visione centrale sulla visione periferica
- Alternanza dello sguardo dalla mano all'oggetto o tra due oggetti
- Presenza della coordinazione occhio - mano
- Percezione della profondità nella ricerca di un oggetto nascosto
7 - 12 mesi
- Si completa lo sviluppo della visione binoculare
- Consolidata la percezione della profondità
- Distingue e mostra interesse per oggetti via via di dimensioni minori
- Si interesssa alla forma degli oggetti; è in grado di distinguere forme geometriche
- Osserva le espressioni facciali dell'adulto ed è in grado di imitarle con consapevolezza
- Ricerca gli oggetti con il movimento degli occhi e non necessariamente accompagna il tutto con il movimento del capo
- Ipersetende il capo per guardare verso l'alto
1 - 2 anni
- Campo visivo consolidato già entro i 12 mesi e raggiunge un'ampiezza paragonabile a quella dell'adulto.
- Identifica somiglianze e differenze
- Si interessa ai disegni
- Segna e traccia delle linee seguendo l'attività con lo sguardo
- Si sta per consolidare l'orientamento verticale dello sguardo
- Test dell'acuità visiva se il bambino è in grado di collaborare
2 - 4 anni
- Test del'acuità visiva se non è stato svolto precedentemente. ( con le tabelle ortottiche già citate: E di Albini e C di Landolt )
- Test per la visione stereoscopica ( Test di Lang 1 o 2; Test delle due matite )**
Dopo i 4 anni
- Domande al paziente
* Il test di ricerca del Riflesso Rosso viene eseguito mediante l'utilizzo di un oftalmoscopio e di conseguenza prevede personale formato nell'utilizzo dello strumento. .
Consiste nalla trasmissione di un fascio di luce dall'apparecchio, che attraversa tutte le parti trasparenti dell'occhio fino a raggiungere il fondo dell'occhio, cioè la retina. In condizioni normali, la luce viene riflessa generando un riflesso rosso ( fenomeno simile agli occhi rossi conseguenti al flash di una fotografia ).
Viene considerata come risposta positiva la presenza di un riflesso rosso normale e simmetrico in entrambe gli occhi.
Eventuali macchie di colore nero o un riflesso del tutto bianco, un riflesso diminuito o asimmetrico, suggerisco l'invio del bambino all'oculista per ulteriori accertamenti, ma è doveroso sottolineare che non sottende obbligatoriamente una patologia oculare.
** La visione stereoscopica consiste nella percezione del riflievo di un oggetto che si ha in conseguenza della visione binoculare. Si basa sulla teoria che ognuno dei due occhi, in quanto posti a circa 5-6 cm di distanza l'uno dall'altro, vede un oggetto da un'angolazione leggermente diversa dall'altro. “ E' qui che interviene il cervello, che sovrappone le due immagini, risultanti dalla visione dell'occhio destro e dell'occhio sinistro, e la elabora in una sola, fondendo le parti identiche ed inserendo in un modo intelligibile le differenze risultanti fra di loro. “
Per valutare la stereopsi, possono essere somministrati i seguenti test.
Test di Lang. Sono disponibili due versioni del test, che differiscono soltanto riguardo agli oggetti tridimensionali da riconoscere. SI tratta di oggetti rappresentati su una cartolina plastificata, sotto forma di figure ottenuti attraverso una specifica disposizione di punti bianchie neri, che in occasione di una visione monoculare non potrebbero essere percepiti. Nel Lang - Stereotest I, sono rappresentati una stella, un gatto e un'automobile.
Lang stereotest I
La seconda versione contiene una luna, un camion, un elefante e una stella, quest'ultima visibile anche da chi non ha consolidato una visione stereoscopica.
Lang Stereotest II
I tre oggetti appaiono in entrambe i casi su un livello diverso.
L'operatore deve posizionarsi di fronte al bambino da esaminare, in modo da poterne osservare i movimenti oculari.
Le cartoline vengono mostrate ad una distanza di circa 35-40 cm, in posizione perpendicolare. Viene chiesto al bambino se vede qualcosa sulle cartoline e vengono osservati i movimenti oculari durante la ricerca degli oggetti. Quando il primo oggetto tridimensionale viene individuato, si chiede di proseguire con la ricerca di altri oggetti e di descriverli una volta individuati. E' concesso al bambino di indicare le figure. Nel momento in cui il bambino non individua gli oggetti, è doveroso inviarlo da una specialista, considerando che nei bambini più grandi potrebbe subentrare la componente di una scarsa collaborazione.
Test delle due matite. In realà, denominato così per pura convenzione, il test prevede l'utilizzo di penne. Posto dinanzi al bambino, l'operatore infila la penna nel suo cappuccio, mantenuto nell'altra mano. Mantenendo sempre il cappuccio nella sua mano, invita il bambino ad infilare una penna, schermando prima un occhio, poi un altro, ed infine consentendo la visione binoculare.
In visione monuculare possono essere concessi al bambino più tentativi; in visione binoculare nel soggetto che presenta una buona steropsi, dovrebbe essere eseguito un un unico e deciso movimento.
Ovviamente è da tenere in considerazione che tra i 2 ed i 4 anni la collaborazione è variabile da bambino a bambino. Generalmente si ha una buona collaborazione dai 3 anni in poi circa per la somministrazione di test.
Inoltre, durante il testing visivo in bambini o adolescenti pluriminorati possono sussistere problematiche differenti, in base al:
- Tipo di minorazione: se il deficit visivo è in comorbidità con una riduziona della funzionalita uditiva il paziente potrà presetare difficoltà nelle capacità comunicative recettive e produttive;
- La terapia farmacologica a cui viene sottoposto il bambino, che può comportare gravi effetti collateerali slla funzione visiva ( per esempio l'assunzione di farmaci anticonvulsivanti che possono provocare anormali dilatazioni delle pupille, maggiore reazione alla luce, nistagmo, restrizione del campo visivo, etc. ) ;
- Il funzionamento intellettivo, che può ostacolare il modo di comunicare del bambino tramite risposte motorie di fronte ad uno stimolo visivo, oppure ridurre i tempi di attenzione che non consentono al bambino di rispondere alle richieste e comportano scarsa motivazione al compito e difficoltà di fissazione dello stimolo.
Di conseguenza, occorrono molte osservazioni e varie modalità di somministrazione degli stimoli, e soprattutto bisogna prestare attenzione alla comunicazione non verbale sia del bambino che dell'operatore stesso.