CONCLUSIONI - Diagnosi differenziale tra il Disturbo di coordinazione motoria e il Disturbo dello spettro autistico
Dai due Profili di Sviluppo, conseguenti alle valutazioni di entrambi bambini, emergono delle caratteristiche comuni nelle diverse aree di sviluppo.
Molti sono stati gli studi che ci dimostrano quali sono i quadri clinici in comorbidità con entrambe le patologie sopracitate; si denotano infatti, in età prescolare, nel Disturbo di Coordinazione Motoria comorbidità per quadri clinici come ADHD (Deficit di Attenzione ed Iperattività), DOP (Disturbo Oppositivo Provocatorio) e DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) (Serena Siri, 2016). Accanto a tali complicanze psicopatologiche nel quadro potrebbero essere presenti anche problematiche di tipo esternalizzante (Davis et all.,2007). Queste patologie in comorbidità nell’età adolescenziale vanno man mano a scomparire diminuendo la gravità dei sintomi, lasciando però posto a disturbi ti tipo psichiatrico come depressione e disturbi d’ansia (Poletti,2009).
Inoltre i soggetti affetti da Disturbo di Coordinazione Motoria presentano delle caratteristiche in sovrapposizione con il Disturbo dello Spettro Autistico: risultano infatti inferiori le prestazioni nelle relazioni con gli altri collegate alle difficoltà di riconoscimento delle emozioni nei volti e nei compiti di Teoria della Mente che non vengono definite di rilevanza clinica, ma che sommate al resto possono contribuire alla loro scarsa socialità e alla scarsa integrazione nel gruppo.
Altra caratteristica importante che può provocare difficoltà e dubbi a livello clinico-diagnostico è la difficoltà del soggetto con Disturbo della Coordinazione Motoria ad adattarsi a situazioni nuove o a cambiamenti; tale problematica in questi soggetti è data dalla difficoltà nell’utilizzare schemi e sequenze nuove e diverse in situazioni differenti o che cambiano velocemente. Questa difficoltà di adattamento va a provocare sia una frustrazione elevata che spesso non sono in grado di gestire e che sfocia in aggressività, tristezza, oppositività, sia in sensazione di sfiducia nelle proprie capacità che di inadeguatezza nei confronti delle richieste dell’ambiente (Roberto Militerni, 2015).
Tra i quadri clinici che vengono associati in comorbidità al Disturbo dello Spettro Autistico nell’età prescolare abbiamo l’ADHD, il Disturbo di Coordinazione Motoria, il Disturbo d’Ansia, l’Epilessia, e la sindrome di Tourette (Flein, Dixan, Paul e Levin, 2005); questi quadri clinici tendono a permanere anche nell’età adolescenziale e nell’età adulta essendo a volte accompagnati da altre problematiche di tipo psicotico.
Inoltre si denotano anche nel quadro di Disturbo dello Spettro Autistico determinate caratteristiche che sono in sovrapposizione con il DCM, infatti nei bambini che presentano tale quadro clinico si va ad individuare una funzione motoria ridotta, intendendo con questi termini un’andatura goffa, disturbi di coordinazione motoria, disturbi nell’equilibrio, nel tono e nella postura e dei problemi legati alle prassie e ai riflessi (Kanner, 1943; Rituo e Provence, 1953).
Altra caratteristica comune è sicuramente quella legata al fallimento nell’anticipare le conseguenze motorie dell’obiettivo finale dell’azione, sia se l’azione è eseguita che se è osservata (Hughes C. Brief, 1996).
Caratteristiche comportamentali comuni ad entrambi i quadri clinici sono: il deficit relativo all’attenzione, in entrambe le patologie infatti si riscontrano cadute importanti a livello attentivo con facile distraibilità, e la scarsa tolleranza alle frustrazioni. Queste caratteristiche in particolare, presenti e quindi associabili ad entrambe le patologie sopracitate, potrebbero essere ricondotte ad una possibile comorbidità con il Disturbo di Regolazione.
Il Disturbo di Regolazione è caratterizzato da difficoltà nel regolare i comportamenti, i processi fisiologici sensoriali, attentivi, motori o affettivi e nell’organizzazione di uno stato di calma (Classificazione diagnostica: 0-3, National Center for Clinical Infant Programs, 1992). Tali difficoltà influenzano il modo in cui il bambino percepisce e organizza le esperienze e compromettono le sue capacità di stabilire modelli di interazione funzionali e confrontabili con la realtà esterna. Questi bambini possono essere descritti come irritabili e inclini ad un pianto compulsivo. Alla base si presume possano esserci difficoltà nel processamento delle informazioni sensoriali o nel pianificare le attività motorie. In questa patologia è possibile riscontrare risposte scarsamente organizzate nelle reazioni fisiologiche come: sonno, alimentazione, controllo sfinterico, area della motricità grossolana e fine, nelle capacità di mantenimento dell’attenzione, nel grado di modulazione degli affetti, nella capacità di organizzare gli affetti all’interno dell’interazione e della relazione, nella regolazione del comportamento che può presentarsi aggressivo o impulsivo, nell’area del linguaggio e delle capacità cognitive (Massimo Ammanniti, 2001).
Queste nozioni derivanti da studi precedentemente effettuati nel corso della storia possono essere avvalorati e trattati in maniera più precisa dal mio studio che appunto ci va a definire le vicinanze comportamentali e di sviluppo dei due quadri clinici.
Mettendo a confronto i due casi possiamo andare ad individuare le aree dello sviluppo deficitarie comuni ai due soggetti che sono: l’area motorio-prassica, quella prassico-simbolica, l’area morfosintattica e l’area delle funzioni esecutive, maggiormente quella legata all’attenzione e la distraibilità.
Nonostante queste aree di sviluppo risultino inficiate in entrambi i casi le ritroviamo esplicitate in maniera diversa nella vita quotidiana e nell’esecuzione dei compiti nei due soggetti; sono proprio queste piccole differenze che possono permettere di effettuare diagnosi differenziali corrette e precise.
La prima area di interesse è quella motorio-prassica: area che viene maggiormente inficiata in modo comune nei due casi soprattutto a livello della Motricità Globale. In entrambi i casi studiati infatti andiamo a denotare uno sviluppo inferiore alla norma in questa area; sviluppo che presenta delle cadute relativamente importanti nella precisione dell’esecuzione, nel controllo del proprio corpo intesa come controllo della forza, della direzionalità, controllo oculo-manuale e osservazione e concentrazione nei confronti dell’obiettivo da raggiungere, oltre che dello schema motorio da utilizzare. Si può denotare però come nel caso A queste difficoltà si hanno per lo più a livello di formulazione degli schemi motori e precisione nell’esecuzione, nel caso B invece tali difficoltà si presentano legate ad anormalità nel tono muscolare, nei riflessi muscolari e nell’uso di movimenti stereotipati e caratteristici (cammino sulle punte, sfarfallamento delle mani).
A livello della Motricità Fine abbiamo come caratteristica comune la lentezza nell’esecuzione che però presenta due cause diverse: nel caso A la causa alla base della lentezza è data dalla poca dimestichezza con lo schema motorio utilizzato e dalla difficoltà nell’effettuare in maniera precisa il compito; nel caso B invece la lentezza è data da un basso livello di attenzione che provoca quindi distraibilità ed inficia l’esecuzione del compito.
Nell’area prassico-simbolica, il deficit comune lo abbiamo a livello del gioco che appare poco investito e povero negli schemi motori utilizzati che si presentano in maniera ripetitiva e stereotipata; in tal caso le cause sono riconducibili a fattori differenti: mentre nel caso A abbiamo un gioco formato maggiormente da schemi ripetitivi dovuto ad una difficoltà nella formulazione di schemi motori formati da sequenze nuove o nella modificazione di sequenze motorie conosciute, nel caso B abbiamo un uso del gioco stereotipato e ripetitivo legato al ristretto repertorio di interessi, alla mancata capacità di socializzazione e relazione e alla mancata presenza del gioco di finzione.
Per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio è bene andare a differenziare le varie aree dato che lo sviluppo di queste appare diverso nei due casi.
A livello Semantico presentiamo una caduta, non molto importante, in entrambi nella Comprensione Verbale; in entrambi i casi le performance dei soggetti sono inficiati per lo più dalle difficoltà di attenzione che provocano quindi un’elevata distraibilità e confusione; inoltre nel caso A questa difficoltà è legata anche alle difficoltà mnesiche a livello della memoria di lavoro e quella a lungo termine.
Nella Produzione Verbale Morfosintattica, invece, abbiamo un deficit importante in entrambi i casi; nel caso di Francesco (caso A) abbiamo delle difficoltà nella formulazione stessa della frase che non è legata al non saper cosa dire ma che è legata al non saper come strutturare la frase, e quindi come mettere insieme, in maniera corretta, tutti gli elementi frasali. Tale carenza nel suo caso si rifà sicuramente al deficit di formulazione dello schema motorio da effettuare; infatti in questo, così come nella formulazione della frase, bisogna effettuare un programma mentale che vada a scegliere le diverse sequenze da inserire per raggiungere l’obiettivo e vada poi ad organizzarle e metterle nel corretto ordine affinché appaia funzionale. Nel caso di Alessio (caso B) invece la carenza a livello morfosintattico è data, oltre che dalla difficoltà nel strutturare una corretta frase, dalla difficoltà comunicativa-relazionale che inficia la volontà di raccontare e dire sia di sé che delle situazioni che lo circondano; accanto a questo un altro aspetto che va a penalizzare il livello morfosintattico è la mancata capacità di prevedere e le difficoltà legata alla Teoria della Mente.
Nella valutazione delle Funzioni Esecutive troviamo in realtà risultati diversi nei due casi clinici, all’infuori dell’aspetto legato all’attenzione; il livello attentivo infatti appare deficitario sia in Alessio che in Francesco e va spesso ad inficiare l’esecuzione di diversi compiti sia nella vita quotidiana, sia nella relazione con l’altro, sia a scuola.
Altra caratteristica comportamentale comune ad entrambi i soggetti è rappresentata dalla mancata presenza del contatto di sguardo; sia in Alessio che in Francesco infatti si evince questa problematica anche se nel caso A (Francesco) questa appare meno marcata e migliorata nel corso del tempo, cosa che invece non è possibile affermare per quanto riguarda il caso B (Alessio).
Accanto a queste aree di sovrapposizione notiamo delle caratteristiche diverse nei due soggetti che possono valere sia come punti chiave per la diagnosi differenziale, sia come punti di forza che si possono sfruttare durante l’eventuale trattamento riabilitativo.
Tra queste abbiamo sicuramente il livello del grafismo che appare notevolmente diverso: nel caso A infatti questo appare deficitario e inferiore quindi rispetto all’età cronologica del soggetto; questa difficoltà è legata sia alla poca capacità del soggetto affetto da Disturbo della Coordinazione Motoria nell’andare ad individuare e mettere insieme le sequenze necessarie per raggiungere l’obiettivo preposto, sia alle difficoltà che presenta a livello di coordinazione occhio mano, coordinazione bimanuale, coordinazione visuospaziale ed organizzazione del foglio, problemi di lateralità.
Tale difficoltà invece non si presenta nel caso B che ha invece un livello di grafismo superiore alla sua età (scrive i numeri e le parole), questo perché uno dei punti di forza di Alessio è la memoria; il bambino infatti presenta una capacità mnesica elevata riguardo ai suoi interessi: riesce infatti a memorizzare velocemente frasi, immagini legate al contesto o ad oggetti o situazioni che lo affascinano maggiormente, serie di numeri o di lettere.
Questa sua capacità gli permette quindi nel disegno di andare a riprodurre determinati in oggetti in maniera precisa e corretta e soprattutto prestando molta attenzione a tutti i particolari presenti; inoltre permette anche di sviluppare capacità come la scrittura e la lettura sia di numeri che di parole. Una caratteristica sicuramente fondamentale nell’espressione del disturbo di Alessio è sicuramente il suo quoziente intellettivo che appare superiore alla media (QI 120-135) e che permette quindi al bambino di andare ad avere degli input superiori rispetto alla sua età cronologica e quindi di spingersi oltre le sue possibilità in determinati casi.
D’altro canto uno dei punti di forza di Francesco è sicuramente l’aspetto comunicativo-relazionale; si presenta infatti come un bambino molto aperto al dialogo, alla conoscenza e alla relazione con l’altra persona, è ben predisposto nell’andare a stabilire un rapporto di fiducia con l’altro e ciò quindi gli permette di andare a superare eventuali barriere legate alla vergogna o alla timidezza e permette all’operatore stesso di mettere il soggetto di fronte ai compiti più svariati. Dalla sua parte inoltre Francesco presenta un adeguato vocabolario in Produzione verbale e Comprensione verbale e un‘adeguata Comprensione verbale morfosintattica adeguato su cui però incidono livelli di attenzione e memoria di lavoro bassi.
Accanto a questa sua caratteristica, un altro aspetto importante in Francesco è sicuramente la mancata consapevolezza delle sue difficoltà: nonostante potrebbe sembrare un aspetto più negativo che positivo, riesce ad aiutarlo molto soprattutto perché gli permette di mettersi in gioco sempre e comunque senza avere la preoccupazione di poter fallire.
In conclusione quindi si può affermare che, da una valutazione di tipo quantitativo e qualitativo delle varie aree di sviluppo del soggetto e dalla loro integrazione e funzionamento, vengono delineate delle caratteristiche chiave che permettono di individuare le differenze tra le aree in sovrapposizione e quindi formulare una diagnosi differenziale precisa e corretta. Ciò va a sottolineare, quindi, l’importanza della costruzione di un profilo di sviluppo chiaro e globale del soggetto per la formulazione della diagnosi e del piano di trattamento neuro e psicomotorio.