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CONCLUSIONE - La Disprassia Verbale e generalizzata dell’Età Evolutiva: “correlazione tra Movimento e Linguaggio”

Analizzando il caso clinico qui presentato appare evidente la correlazione che interessa sia la funzione motoria sia quella linguistica. Nello specifico, il caso di A.P. dimostra come le caratteristiche costanti, comuni alla maggior parte dei bambini con disprassia, siano la difficoltà nella sequenzialità dei movimenti delle mani e delle dita delle mani ed il deficit di equilibrio sia statico che dinamico. È necessario sottolineare come questo aspetto sia peculiare ai soggetti che hanno difficoltà nell’organizzazione e pianificazione non soltanto delle prassie motorie, ma anche sul piano linguistico. Se è vero che la disprassia è una condizione ampiamente studiata in letteratura e numerosi ormai sono gli interventi specifici ad essa dedicati, frequentemente la diagnosi non è così immediata ed evidente, in quanto spesso limitata al disturbo della coordinazione motoria. Tutto ciò comporta un ritardo nella diagnosi definitiva e ciò si ripercuote negativamente sulla globalità dell’intervento, privando così il bambino degli strumenti necessari per poter migliorare la propria condizione. Deve notarsi peraltro come questa problematica non venga sempre compresa nelle sue connotazioni profonde e questi soggetti vengano troppo spesso identificati come “pigri”, “goffi” e “poco attenti”, portando gli stessi ad uno scarso livello di fiducia in sé stessi, al “non sentirsi mai abbastanza” rispetto ai coetanei e infine sviluppando un livello molto basso di autostima.

Numerosi sono gli strumenti utili ad indagare e scoprire quali sono i punti di forza e di debolezza del bambino e conseguentemente lavorare per raggiungere gli obiettivi necessari alla riabilitazione. Come già chiarito nei capitoli precedenti di questo lavoro, il progetto riabilitativo deve tener presente il forte legame intercorrente tra corpo e mente e le modalità con le quali tutti i domini sono strettamente correlati tra loro e i componenti dell’equipe riabilitativa, oltre a lavorare sugli aspetti peculiari al proprio settore di appartenenza, devono anche collaborare tra loro e rendere il percorso quanto più “dinamico” possibile. È pertanto evidente l’estrema importanza che la condizione disprassia venga prontamente riconosciuta e che le persone prossime al bambino (famiglia, scuola, terapisti, ecc.…) siano in grado di fornire gli strumenti e le strategie necessarie, atte a migliorare la qualità di vita del soggetto in questione. A questo proposito, sembra utile sottolineare come per “ambiente di vita” non debba intendersi solamente e in modo riduttivo il tempo trascorso in stanza di terapia un paio di volte la settimana, ma anche e soprattutto il contesto reale vissuto dal bambino quotidianamente in famiglia, a scuola, nelle occasioni sportive e ricreative.

In conclusione, appare estremamente importante, e sul piano concettuale e sul piano della prassi educativo-terapeutica, considerare la dimensione della integrazione come l’unica esaustiva delle caratteristiche necessarie e sufficienti proprie del progetto riabilitativo individuale.

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