CONCLUSIONI - Motricità, schemi d'azione e sviluppo cognitivo: correlazioni nella fascia d'età 0-24 mesi
Le conclusioni che si possono trarre al termine di questo lavoro saranno articolate in due parti: una considerazione generale rispetto alle scale ordinali Uzgiris-Hunt, in quanto strumento poco diffuso e del quale è interessante riassumere i principali vantaggi e svantaggi nell'utilizzo da parte di un terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva; una verifica circa la concordanza degli obiettivi fissati in fase iniziale e gli scopi raggiunti.
Le scale ordinali dello sviluppo psicologico Uzgiris-Hunt si sono rivelate essere uno strumento che presenta sicuramente delle criticità, dato lo scarso impiego nella realtà clinica, la mancata standardizzazione e l'assenza di successive revisioni a partire dalla data di pubblicazione nel 1979, ma allo stesso tempo molto interessante e con diversi punti di forza. Alcuni vantaggi e svantaggi che derivano dal loro impiego sono stati già brevemente esposti nel corso della presentazione dei risultati, ora si vuole raccoglierli insieme in modo da facilitare una loro considerazione completa. Partendo dagli svantaggi, essi sono:
- mancanza di una standardizzazione dello strumento e di una conversione ben definita dei risultati ottenuti: spesso questa porta infatti ad una tappa di sviluppo corrispondente a range di età di alcuni mesi; oppure, a diversi mesi di differenza tra una tappa di sviluppo e quella successiva. Questi aspetti portano ad avere un risultato talvolta poco preciso e che non rispecchia esattamente il livello di sviluppo del bambino. L'esempio più eclatante è quello della scala IIIa che presenta uno scarto di ben 5 mesi tra la quarta e la quinta tappa di sviluppo. La scala IIIa viene inserita tra i punti di debolezza, oltre che per queste caratteristiche, anche per la discordanza con le altre scale. Se nei bambini con sviluppo atipico questa discordanza può essere giustificata da un settore prevalente di difficoltà nello sviluppo linguistico, è indicativo però che sia presente anche in alcuni bambini del primo campione. Si prendano come esempio i 15 bambini di 24 mesi che hanno mostrato di possedere la competenza più alta per ciascuna delle 7 scale, compresa la IIIa. Al momento della conversione dei dati in tappa di sviluppo e successivamente in età corrispondente, la scala IIIa è risultata essere quella con il punteggio più basso, con il maggior discostamento dai risultati delle altre e l'unica a non rientrare nella fascia d'età ricavata dall'OPMS. Questo a riconferma di quanto già gli stessi autori delle scale avevano rilevato nel calcolo delle intercorrelazioni tra le scale (vedi ALLEGATO C).
- I tempi necessari alla presentazione delle situazioni stimolo; la quantità delle situazioni stimolo, la prescrizione di diverse ripetizioni per ciascuna di esse e l'affaticabilità che creano nei bambini, comportano che i tempi necessari si dilatino notevolmente, specialmente per i bambini del secondo campione: in questi casi sono state necessarie più di due ore; si intendono ovviamente non continuative, in quanto veniva lasciato del tempo per il gioco e la spontaneità delle azioni. Un altro fattore di non poco conto sono i materiali che vengono proposti ai bambini: numerosi e diversi tra loro, suscitano spesso un interesse nel bambino che richiede un tempo di conoscenza/sperimentazione dell'oggetto. Per quanto riguarda il primo campione, il tempo necessario è stato molto dipendente anche dall'età del bambino; questo perché le istruzioni per la somministrazione contenute nel manuale non prescrivono la presentazione di tutte le situazioni stimolo; specie per i bambini più grandi (20-24 mesi) molte competenze vengono date per acquisite e questo riduce di molto i tempi. Per bambini di età intermedie il discorso è più complesso, in quanto risulta difficile inquadrare l'esatto livello di sviluppo e questo necessita una presentazione sia di situazioni stimolo inferiori alle reali competenze sia superiori.
- Un ultimo fattore di criticità importante rilevato è quello delle situazioni stimolo 6 e 7 della scala II. Si ricorda solo brevemente a cosa si riferiscono, per la descrizione completa si veda: ALLEGATO A. Le seguenti situazioni indagano l'uso del supporto e la comprensione della condotta del supporto; sono state inserite tra i fattori di criticità poiché in nessuno dei due campioni è stato possibile registrare una risposta adeguata che rivelasse l'acquisizione di queste competenze, pur riuscendo a soddisfare le richieste delle situazioni stimolo successive.
Tra i vantaggi:
- la flessibilità dello strumento, sia in termini di materiali utilizzati, sia nella mancanza di un rigido protocollo da seguire. Queste caratteristiche compensano in parte il fatto di essere caratterizzato da situazioni stimolo numerose e affaticabili per i bambini; permettono infatti di suddividere la presentazione delle varie situazioni in più incontri, oltre a poter cambiare tipologia di situazione per catturare l'attenzione del bambino. Inoltre, la mancanza di materiali standard consente di adattare i materiali al bambino in considerazione dell'età e di eventuali deficit dovuti ad atipie nello sviluppo. È questa caratteristica che ha permesso di modificare la presentazione delle varie situazioni a seconda delle caratteristiche del bambino così da poter indagare il reale livello di sviluppo.
- La caratteristica di essere uno strumento che indaghi lo sviluppo cognitivo, costruito secondo parametri in stretta correlazione con lo sviluppo della motricità e degli schemi d'azione. Ciò è evidente in maniera diretta in alcune scale: scala IIIa, sviluppo dell'imitazione gestuale, scala V, la costruzione di relazioni spaziali tra gli oggetti, scala VI, sviluppo di schemi di relazione con gli oggetti e in alcune situazioni stimolo in particolare: uso della locomozione come mezzo, imitazione di gesti. Questa caratteristica lo rende un ottimo strumento per il terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, specialmente in ambito valutativo.
Questi sono dunque i vantaggi e gli svantaggi di questo strumento, che possono aprire la strada a successivi approfondimenti, sia rispetto al miglioramento delle debolezze dello strumento, ipotizzando ad esempio un completamento di alcune scale o una revisione di alcune situazioni stimolo, sia rispetto all'approfondimento di alcune condizioni patologiche specifiche, andando a studiare l'andamento dello sviluppo in situazioni particolari.
Per quanto riguarda la verifica della concordanza degli obiettivi fissati inizialmente, questi sono stati raggiunti. L'obiettivo primario è stato quello di indagare lo sviluppo della motricità, degli schemi d'azione e lo sviluppo cognitivo nella fascia d'età 0-24 mesi ed individuare le possibili correlazioni tra questi settori. L'indagine è stata condotta su un campione di bambini con sviluppo tipico e su un campione di bambini con ritardi/atipie nello sviluppo riconducili a nature differenti; il risultato è stato l'individuazione di una correlazione diretta tra sviluppo motorio e cognitivo, per i parametri considerati. Si parla di correlazione diretta nel senso che ad un certo livello di sviluppo motorio, definito dalla fascia d'età per la quale le competenze mostrate sono tipiche, corrisponde un livello cognitivo per lo più sovrapponibile. Non solo, sono stati individuati anche due parametri dello sviluppo psicomotorio, gli schemi d'azione manuali e la motricità fine, particolarmente indicativi delle possibilità e dello stato dello sviluppo cognitivo. È bene specificare, tuttavia, che specie per quanto riguarda il secondo campione, questo lavoro si presenta solamente come un punto di inizio per coloro che intendessero approfondire le correlazioni tra sviluppo motorio e cognitivo. La casistica cui si è fatto riferimento è infatti esigua e poco specifica in quanto si è scelto di non indagare le funzioni di una condizione clinica in particolare, quanto piuttosto di approfondire questi due aspetti dello sviluppo in condizioni più generali di sviluppo atipico.
È stato raggiunto anche il secondo obiettivo che questo lavoro si è posto, ossia costruire lo scheletro di una metodologia di lavoro che utilizzasse uno strumento tipico del terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva e una scala di sviluppo cognitivo in stretta relazione con gli schemi d'azione manuali e la motricità. Si tratta di una metodologia di lavoro spendibile in due ambiti propri della figura professionale: quello terapeutico, come strumento di osservazione e valutazione; quello educativo, come strumento di osservazione e prevenzione.
Non c'è stata sicuramente la pretesa di voler presentare un lavoro finito, ma solo uno scheletro appunto da cui partire; innanzitutto intervenendo sui punti di criticità che l'impiego della metodologia ha evidenziato. Successivamente, estendendo il campione, specie in ambito terapeutico ed approfondendo le potenzialità dello strumento in ottica preventiva.
Alla luce dei risultati ottenuti e tenendo conto dei limiti esposti, è ipotizzabile anche un lavoro di approfondimento rispetto al linguaggio espressivo comunicativo. Quello che è emerso nei tre bambini del secondo campione è che il linguaggio sia uno dei settori più compromessi in termini di risultati ottenuti. Se da una parte è vero che questo settore dello sviluppo venga descritto dalla scala IIIa e che quindi siano da tenere in considerazione tutte le criticità che essa presenta, dall'altra il ritardo nel linguaggio presente in tutti i casi considerati è evidente sin dalla valutazione qualitativa. Le produzioni verbali sono risultate infatti essere minime o assenti e sostituite da un repertorio gestuale in grado di far fronte a questa mancanza per richieste ed espressioni semplici; non a caso, infatti, la scala IIIb di imitazione gestuale ottiene i risultati migliori o comunque più alti della scala IIIa. Si tratta di una considerazione interessante in quanto il linguaggio rappresenta, da una parte, un mezzo importante nello sviluppo delle autonomie dei bambini: permette loro di fare richieste e di confrontarsi con gli altri; dall'altra, il linguaggio si pone al confine esatto tra lo stadio di sviluppo piagetiano sensomotorio e quello preoperatorio. Confine che rappresenta il limite cognitivo di questi bambini e che trova riscontro, oltre che nelle competenze linguistiche, anche nell'assenza di un gioco simbolico e di competenze di imitazione differita. Da questa analisi risulterebbe interessante un ulteriore approfondimento sulle capacità combinatorie dei segnali comunicativi come basi e premesse nello sviluppo del linguaggio di bambini con disabilità, laddove il linguaggio espressivo sia una funzione in divenire, considerando in questo caso i gesti referenziali deittici, sguardo ed emissione vocalica nella loro maturazione, utilizzo spontaneo, qualità e quantità, comparata con lo sviluppo tipico.
Risulta interessante pensare inoltre in un prosieguo dell’utilizzo del modello, mettendolo a confronto con un Test standardizzato di sviluppo (es Griffith) proprio a sostegno e conferma delle correlazioni evolutive, soprattutto in ambito clinico/abilitativo.