Prematuri: Fattori di rischio e sequele nei bambini nati pretermine; Indice di Apgar; Sviluppo motorio e TIN; Follow up; Esami clinici; Pazienti a rischio
Prematuri
Con il termine PREMATURITA’ si definisce una condizione caratterizzata da un parto che avviene prima della 37° settimana di gestazione. La nascita di un bambino prematuro rappresenta il fattore più decisivo nel determinare morbilità, mortalità e possibili conseguenze a lungo termine sullo sviluppo del bambino. (S Beck et al., 2010)
L’ OMS definisce e descrive la prematurità attraverso due criteri: l’età gestazionale (ovvero la settimana di gestazione alla quale nasce il bambino) e il peso alla nascita. Entrambi questi criteri vanno ad influenzare fortemente il funzionamento e lo sviluppo di tutte le strutture corporee ed in particolare quelle nervose.
L’età gestazionale si suddivide in periodi:
- A termine: nato tra le 42 e le 37 settimane di gestazione
- Pretermine (late preterm): nato tra le 37 e le 32 settimane gestazionali
- Molto pretermine (very preterm): nato tra le 32 e 28 settimane gestazionali
- Estremamente pretermine (extremely preterm): nato prima delle 28 settimane di gestazione (S Beck et al., 2010).
La corretta definizione dell’EG consente di identificare l’età cronologica (ovvero l’età che si calcola a partire dal giorno del parto) e l’età corretta (ovvero l’età che si calcola a partire dalla data presunta del parto a termine). L’età corretta viene calcolata sottraendo all’età cronologica le settimane di prematurità fino al compimento dei 2 anni di vita. Questa distinzione viene introdotta per la prima volta negli anni ’30 da Mohr e Bartelme, con l’obiettivo di ridurre la disparità tra bambini nati a termine e bambini prematuri e quindi ridurre il rischio di sovrastimare la presenza di ritardo dello sviluppo nei primi 2 anni di vita. Questa scelta si basa sui tempi di sviluppo del SNC (Sistema Nervoso Centrale) e considera il prematuro come se avesse a disposizione lo stesso periodo per la maturazione cerebrale che ha il nato a termine. (A Sansavini et al., 1996)
Una differenziazione in più livelli avviene anche per il peso alla nascita. In questo caso l’OMS ha identificato il cut-off di rischio per quei bambini al di sotto di 2500 grammi, individuando le seguenti fasce:
- Low Birth Weight (LBW): neonati con un peso alla nascita compreso tra 1501 e 2500 grammi
- Veri Low Birth Weight (VLBW): neonati con un peso alla nascita compreso tra 1001 e 1500 grammi
- Extremely Low Birth Weight (ELBW): neonati con un peso inferiore ai 1000 grammi (L Baldini et al., 2002).
Oltre a queste tre classi si può evidenziare una quarta classe, definita MICROPRIME, che rappresenta quei bambini che nascono con un peso inferiore ai 750 grammi. E’ importante sottolineare come il basso peso alla nascita non sia una condizione presente unicamente nei bambini nati pretermine, ma si identifichi come una condizione dovuta ad un ritardo di crescita uterina definita IUGR (intrauterine growth restriction).
Il PN e l’EG possono essere letti uno in relazione con l’altro, infatti vengono ulteriormente identificate queste tre categorie (S Beck et al., 2010):
- Neonati definiti AGA (Appopriate for Gestational Age): il cui peso è adeguato all’età gestazionale ed è compreso tra il 10° e 90° percentile
- Neonati SGA (Small for Gestational Age): il cui peso è basso per l’età gestazionale, cioè inferiore al 10° percentile
- Neonati LGA (Large for Gestational Age): il cui peso è maggiore del 90° percentile.
I dati forniti dall’OMS, ci informano che nel 2010 sono state registrate 14,1 milioni di nascite pretermine, corrispondenti al 11,1% di tutti i neonati a livello globale. (H Blencowe et al., 2012)
Circa un bambino ogni dieci nasce prematuro, ed è stato stimato che le complicanze legate a questa condizione siano responsabili fino al 35% dei decessi di neonati; la prematurità viene a configurarsi come la seconda causa di mortalità nei bambini al di sotto dei 5 anni. (H Blencowe et al., 2012)
Fattori di rischio e sequele nei bambini pretermine
I principali fattori di rischio riscontrabili in una nascita pretermine, possono essere distinti in:
- Patologie della gravidanza (gestosi, distacco di placenta, rottura precoce delle membrane amniotiche)
- Patologie materne (ipertensione arteriosa, diabete)
- Condizioni fetali (IUGR, gemellarità, malformazioni)
- Povertà, denutrizione, condizioni igieniche precarie
- Età materna (< 17 o > 40 anni)
- Patologie infettive in corso di gravidanza (R Romeo et al., 2014).
Le conseguenze che vengono determinate da un parto pretermine sono dovute alla brusca interruzione di tutti quei processi maturativi che avvengono durante lo sviluppo intrauterino. Questo sviluppo dovrà infatti avvenire al di fuori di un ambiente protetto e adeguato come quello dell’utero, e completarsi in un ambiente extrauterino. Non dev’essere dimenticato che l’ambiente e le stimolazioni che ne derivano sono estremamente differenti dall’ambiente uterino. Le strutture sottoposte a maggior stress sono quelle nervose, che risultano le ultime a completare il loro sviluppo sia da un punto di vista morfologico-strutturale che vascolare. Tutti questi aspetti mettono a rischio il bambino e il suo sviluppo. (A Bhutta et al., 2002)
Non viene colpito solo il sistema nervoso; altre strutture importanti come quelle dell’apparato respiratorio e cardiovascolare subiscono alterazioni che possono anche portare a sequele nel lungo periodo. (I Narang et al., 2008 – B Peterson, 2003 – A Bhutta et al., 2002)
In ambito neuropsichiatrico/neuropsicomotorio le sequele che hanno un maggiore impatto su questi bambini sono legate a diversi fattori eziologici:
- Patologie del SNC di natura ipossica, ischemica, emorragica, infiammatoria, infettiva, malformativa, dismetabolica, ecc.
- Esposizione precoce ad un ambiente non ottimale per lo sviluppo del sistema nervoso
- Alterazione dello sviluppo della relazione madre-bambino e famiglia
Tra le più frequenti e importanti disfunzioni, che si presentano nei bambini prematuri, si riscontra la Paralisi Cerebrale Infantile, la Disabilità Intellettiva, patologie neurosensoriali (legate prevalentemente a vista e udito); disfunzioni che possono essere definite minori come difficoltà di apprendimento, disordini del linguaggio, problemi percettivi, disturbi di natura neuro-comportamentali legati alle capacità emotive, sociali ed attentive (R Nacinovich, Prematurità).
Indice di Apgar
L’indice deve il suo nome a Virgina Apgar, anestetista ed ostetrica del Sloane Hospital for Women di New York, che nel 1952 introdusse un nuovo sistema di valutazione delle funzioni vitali dei neonati, ad oggi ancora utilizzato in tutto il mondo.
L’indice di Apgar valuta 5 parametri di base, ai quali può essere assegnato un punteggio di 0, 1 o 2; da questo si deduce che il punteggio massimo dell’indice corrisponde a 10. I neonati che ottengono un punteggio compreso tra 7 e 10, vengono considerati normali, un punteggio compreso tra 4 e 6 indica una fascia di bambini moderatamente a rischio, mentre i neonati che presentano un punteggio inferiore a 4 presentano una grave compromissione delle funzioni vitali e necessitano di un intervento medico immediato. Questo test viene effettuato al 1°, 5° e 10° minuto dalla nascita e ripetuto fino a quando le condizioni del bambino non si sono stabilizzate.
I parametri che vengono valutati sono i seguenti:
- Frequenza cardiaca: viene assegnato un punteggio di 2 quando la FC ha un valore compreso tra 140 e 100 bpm, una frequenza inferiore a 100 bpm ottiene un punteggio di 1, mentre si assegna 0 se non è presente battito cardiaco.
- Attività respiratoria: viene assegnato un punteggio di 2 quando il bambino respira e piange abbondantemente, 1 punto è assegnato per tutti i tipi di respirazione differenti mentre 0 punti sono assegnati quando il bambino rimane in apnea per almeno 60 secondi dalla nascita.
- Riflessi: 2 punti sono assegnati in presenza di pianto vivace, tosse e starnuto, 1 punto è assegnato quando questi riflessi sono scarsi, mentre si assegnano 0 punti quando questi riflessi sono assenti.
- Tono muscolare: sono assegnati 2 punti quando il bambino presenta movimenti attivi ed ha una postura flessa, un punto quando il tono muscolare è ridotto e la flessione accennata, 0 punti in condizione di atonia.
- Colore della pelle: 2 punti sono assegnati quando si presenta un colorito roseo, 1 punto in presenza di estremità cianotiche mentre sono assegnati 0 punti quando il bambino è interamente cianotico o pallido. (Apgar Scores, 1964)
Sviluppo motorio e TIN
L’attenzione che deve essere posta allo sviluppo motorio è di estrema importanza, poiché fino al 75% dei bambini nati pretermine (in particolare prima della 30° settimana di gestazione) possono presentare disabilità fisica (ES Potharst et al., 2011). All’interno di queste disabilità possono essere suddivise forme maggiori e minori.
All’interno delle Disabilità Fisiche Minori troviamo l’ipotonia transitoria, il ritardo posturale motorio, il cammino sulle punte, le asimmetrie e/o ipotonie del tronco, disordini della coordinazione e goffaggine. (F Ferrari et al., 2013)
La PCI rappresenta l’out-come motorio più importante nella prematurità: il 50% delle paralisi cerebrali infantili si presenta in bambini nati prima della 37° settimana. (F Ferrari et al., 2013)
Lo sviluppo motorio subisce grandi modificazioni; le tappe che il bambino deve raggiungere avvengono in un ambiente che non è quello fisiologico. (R dell’Antonio et al., 1987)
Nelle ultime settimane di una gravidanza fisiologica avviene una progressiva riduzione dello spazio disponibile per il feto: questo permette di acquisire posizioni sempre più raccolte e simmetriche che facilitano la maturazione di un atteggiamento flessorio. Questa abilità gli consentirà di controllare e mantenere, in ambiente extrauterino, la posizione flessa, fondamentale per contrastare la forza di gravità e quindi mantenere l’equilibrio anche in presenza di stimoli ambientali non filtrati. (C Artese et al., 2009)
Il neonato pretermine, infatti, si aspetta di continuare a ricevere input sensoriali e cinestesici dal liquido e dal sacco amniotico che dovrebbero contribuire alla crescita motoria. E’ stato notato, nelle prime 24-48 ore post-partum, come questi bambini tendano a puntare i piedi, a portare le mani alla bocca, a cercare con la lingua e la bocca, a fare sforzi per rannicchiarsi in flessione, come per cercare dei limiti, per trovare il contenimento che l’utero forniva e che all’improvviso, e prima del tempo, è scomparso. Questo comportamento è evidente “prima che l’esaurimento porti alla flaccidità” (KM Smith et al., 2007). Nonostante l’ambiente della TIN (Terapia Intensiva Neonatale) abbia visto uno sviluppo importante in termini di metodiche e tecniche di cura del neonato a rischio (nel 2005 il tasso di mortalità era del 18,8% (Corchia et al., 2012), nel 2008 è sceso al 12,9% (Ronconi et al., 2011)), ancora oggi, rappresenta per molti bambini un luogo con un carico sensoriale eccessivo in netto contrasto con il loro sistema nervoso (Anand et al., 2000): posizione supina, handling frequente ed eccessivo, elevati livelli di sonorità e illuminazione ambientale, mancanza di opportunità di succhiare, interazione sociali e assistenziali mal programmate, hanno un effetto deleterio sullo sviluppo del bambino. (KM Smith et al., 2007)
La stabilità motoria ci viene comunicata dal bambino “quando riesce a fermare il suo corpo, quando assume una posizione flessa con le braccia e le gambe raccolte vicino al corpo. Si muove in modo armonioso, porta le mani verso il viso o verso la bocca”; l’estensione delle gambe e/o delle braccia o una riduzione del tono muscolare eccessiva ci dimostrano la sua instabilità e la necessita di ritrovare un contenimento che lo protegga e lo stabilizzi. Il contenimento che viene offerto dai teli (il “nido”), dalle mani e dal corpo del genitore gli permettono di sentirsi più sicuro e stabile; il “nido” va a sostituire l’utero e il suo senso di limite e confine. Riuscire a mantenere posizioni flesse e raccolte è fondamentale per implementare pattern motori in cui il bambino porterà le mani al viso e alla bocca per esplorare il proprio corpo e lo spazio attorno. (Artese et al., 2009)
Follow up
Gli interventi che sono messi in atto per il neonato prematuro non si limitano alla degenza in TIN. La necessità di un percorso prolungato di cura per tutti i neonati a rischio è legata alla possibile insorgenza di problematiche di natura pediatrica e di eventuali sequele a breve e/o lungo termine. Il follow-up nasce con la funzione di accompagnare il bambino e la famiglia nei primi anni di vita. (Negri, Il neonato in terapia intensiva)
L’ambulatorio del follow-up all’interno della U.O.C. anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica dell’istituto G. Gaslini è costituito da un team dedicato all’assistenza del neonato a rischio.
Si compone di diverse figure sanitarie tra cui troviamo:
- Medico pediatra - neonatologo
- Infermiere pediatrico
- Neuropsichiatra
- Fisioterapista e/o neuropsicomotricista
- Psicologo
- Oftamologo
inoltre possono essere richieste consulenze per problematiche specifiche: consulenze cardiologiche, pneumologiche, ortopediche, gastroenterologhe, logopedistiche; ma anche consulenze richieste al dietologo, nefrologo, ematologo, genetista, dermatologo, allergologo, neurochirurgo e all’endocrinologo. Per la complessità delle condizioni mediche che si possono presentare i protocolli di follow-up sono variabili e si articolano su differenti strategie in termini di:
- selezione del paziente
- livello e frequenza dei controlli
- definizione delle indagini diagnostiche e di monitoraggio
(P. Tuo, Istituto Giannina Gaslini).
I pazienti a cui è rivolto questo servizio sono neonati che alla nascita presentano particolari difficoltà e possono essere così suddivisi:
- Neonati ad alta complessità
- Neonati a bassa complessità
- Neonati a rischio
Esami clinici
Tutti i pazienti sono sottoposti a valutazioni cliniche e strumentali che includono:
- visita pediatrica e valutazione antropometrica
- revisione dell’alimentazione, dei supplementi (vitamine e ferro) e delle terapie farmacologiche
- valutazione di eventuali problemi tipici delle prematurità (es. reflusso gastro-esofageo, anemia, ernie, angiomi, etc.)
- valutazione neurologica e psicomotoria
- visita oculistica
- elettrocardiografia
- ecografia delle anche a 3 mesi di età corretta, se presenti fattori di rischio
- potenziali evocati uditivi
- ecografia all’encefalo
oltre a questi esami, vi sono presenti altre valutazioni che possono essere eseguite in base alla storia clinica del paziente (es. ecocardiografia, ecografia renale).
Gli esami ematochimici programmati più frequentemente includono:
- emocromo
- funzionalità epatica e renale
- elettroliti con fosforo e magnesio
- bilanciamento del ferro (con particolare attenzione a condizioni come anemia od osteopenia del pretermine).
A seconda delle condizioni del bambino vengono somministrati differenti esami:
- I pazienti ad alta complessità sono sottoposti a controlli neurologici mensili nel primo trimestre di vita, successivamente controlli trimestrali fino all’anno e controlli neurologici ai 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi e ai 5 anni.
- I pazienti a bassa complessità vengono sottoposti a controlli neurologici trimestrali fino all’anno, successivamente ai 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi e ai 5 anni.
Pazienti a rischio
I pazienti a rischio sono distinti in 3 gruppi:
- Alto rischio, ossia soggetti nati con età gestazionale < 29 settimane e in presenza di encefalopatia ipossico-ischemica. Vengono sottoposti ad un primo controllo 1 settimana dopo la dimissione dalla Terapia Intensiva; un secondo controllo dopo un mese dalla dimissione, successivi controlli trimestrali fino all’anno e controlli ai 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi e ai 5 anni.
- Medio rischio, bambini nati all’età gestazionale di 30-32 settimane. Vengono sottoposti al primo controllo dopo 3 mesi dalla dimissione, successivamente controlli trimestrali fino all’anno e successivamente ai 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi e ai 5 anni.
- Basso rischio, bambini con età gestazionale compresa tra le 33 e 36 settimane. Il primo controllo viene somministrato dopo 3 mesi dalle dimissioni. Successivamente vi sono controlli ai 6 mesi, 12 mesi, 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi e ai 5 anni.
I controlli si caratterizzano tipicamente con le seguenti visite, nei diversi momenti di sviluppo neuro-psicomotorio del bambino:
- Controllo alla prima settimana: visita neonatologica, valutazione funzionale globale, valutazione del fundus oculi (ogni settimana fino alla 46° settimana), eritropoietina (ogni settimana fino alla stabilizzazione dei valori di Hb 12 mg/dl, solo nei neonati con peso alla nascita < 1300g).
- Controllo al primo mese: visita neonatologica, valutazione funzionale globale, RM encefalo, visita ematologica.
- Controllo al terzo mese: visita neonatologica e valutazione funzionale globale, valutazione del quoziente di sviluppo mediante somministrazione delle scale Griffiths.
- Controllo al sesto mese: visita neonatologica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
- Controllo al nono mese: visita neonatologica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
- Controllo ai dodici mesi: visita pediatrica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths), eco addome nei neonati che hanno posizionato CVO in epoca neonatale, test sierologici post trasfusionale (nei neonati sottoposti a trasfusione di emoderivati in epoca neonatale).
- Controllo ai diciotto mesi: visita pediatrica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
- Controllo ai ventiquattro mesi: visita pediatrica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
- Controllo ai trentasei mesi: visita pediatrica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
- Controllo ai 5 anni: visita pediatrica, valutazione funzionale globale, visita neurologica, test e scale psicometriche (scale di Griffiths).
Questa suddivisione è puramente didascalica, in quanto i controlli sono definiti a frequenza variabile in base alla storia clinica del paziente e alle sue specifiche necessità.
Finalità del follow-up
La finalità primaria del follow-up è di eseguire, per quanto possibile, una diagnosi precoce della presenza di deficit neuromotori e/o problematiche relative allo sviluppo neuropsicologico del bambino, al fine di attivare un intervento abilitativo presso le strutture territoriali, il più precocemente possibile.
Il follow-up deve anche avere una funzione di collegamento tra famiglia, medici che hanno avuto in cura il bambino, il pediatra di famiglia e le strutture territoriali delle ASL. Nell’ottica di integrazione delle cure, la figura del pediatra di famiglia risulta essere fondamentale, come figura di riferimento, nell’assistenza medica del bambino, inclusi variazioni dello stato nutrizionale, della crescita e dello sviluppo. Compiti che verranno portati avanti in coordinamento con l’ambulatorio del follow-up. La finalità è di accompagnare la famiglia attraverso le difficoltà, per promuovere il massimo grado di salute dell’infante. (Ambulatorio Follow-up, Istituto G Gaslini)