Ippoterapia e Riabilitazione equestre
Cenni storici
L’ippoterapia si riferisce ad una applicazione a scopo terapeutico-educativo riabilitativo che fa uso del cavallo. Con nessun altro animale, l’uomo ha strutturato un rapporto più intensamente emotivo, affettivo e di condivisione esistenziale e simbolica come con il “suo cavallo”.
Fin dagli albori della civiltà il legame tra l’uomo ed il cavallo è sempre stato importante; in molti luoghi questi animali erano considerati sacri; tra i Sumeri, gli Egizi, i celti, i Galli, i greci ed i Romani, il cavallo ha rivestito un ruolo suo proprio, non solo perché fosse,in pratica, l’unico mezzo di locomozione, ma anche per il legame affettivo che si stabilisce con il cavaliere.
Alcuni grandi generali sono stati sepolti con il loro destriero con il quale avevano partecipato a battaglie e/o a lunghe guerre. Interessante è anche ricordare come gli Indios dell’America del Sud ed i “pellerossa” di quella del Nord, stabilivano un legame strettissimo, quasi simbiotico, con il loro cavallo, dal quale non si separavano mai, neppure durante la notte.
Da tutte queste considerazioni si può ben capire come sia stato facile passare ad utilizzare il cavallo per organizzare attività ludiche, ricreative ed anche terapeutiche. Se in un primo tempo si poteva pensare che questa “utilità” del cavallo per svolgere pratiche educative e terapeutico-riabilitative fosse piuttosto intuitiva ed anche considerata quasi come “ultima spiaggia”, piano piano l’impiego è risultato più meditato ed anche più studiato.
Ha attratto l’attenzione come l’andare a cavallo servisse per tranquillizzare e così è nata l’ippoterapia che è stata usata nelle crisi isteriche, in quelle di ansia e di eccitazione psicomotoria. Il cavallo è servito anche per stimolare il coraggio e la volontà, fungendo da esempio, messo in evidenza in vari racconti epici,dove è possibile leggere la frase: ” il cavallo bianco non è mai stanco!”.
Al destriero sono state riconosciute doti di sensibilità, di tranquillità, di capacità interpretativa, di affettività, di legame indissolubile,oltre, naturalmente, alla forza, al valore alla perseveranza. A lui sono state legate qualità quasi umane e/o caratteristiche chiaramente e dichiaratamente psicologiche”.
Le sollecitazioni neuro-muscolari cambiano poi secondo l’andamento dell’animale che, passando dal passo, al trotto, al galoppo, determina influenze variabili sia in quantità che in qualità.
Nel 1930 il medico Max Senatur nel suo scritto “Il valore salutare dell’equitazione” mette l’accento sull’importanza del “dosaggio dell’ippoterapia” che equipara a quello normale dei farmaci e/o delle tisane. In epoca più moderna, viene ricordata l’amazzone Liz Hartnell che è riuscita a vincere la medaglia d’argento nelle Olimpiadi del 1952 e del 1956, con il fido Jubileo, dopo che era stata colpita dalla poliomelite ed aveva adottato l’ippoterapia come metodo riabilitativo. I primi paesi che attuarono un trattamento riabilitativo con l’uso del cavallo, furono i paesi scandinavi e anglosassoni che limitarono però quest’attività a fini ricreativi.
Nel 1965, in Francia, nasce la riabilitazione equestre e De Lubersac e Lalleri scrivono “rieducazione attraverso l’Equitazione” e l’ippoterapia diventa materia di studio. Risale al 1972 la prima tesi di laurea in medicina sulla Riabilitazione Equestre alla facoltà di medicina di Parigi Val de Marne.
In Italia nel 1976 è iniziata una reale attività rieducativa ad opera del Dott. Luciano Cucchi e della Dott.ssa Danièle Nicolas Citterio. Il 20 ottobre 1977 viene fondata la “Associazione Nazionale Italiana di Riabilitazione Equestre” (A.N.I.R.E.).
L’8 luglio del 1986 l’A.N.I.R.E. ha acquistato personalità giuridica mediante riconoscimento con il decreto n.610 del presidente della Repubblica.
Nel 1988 al congresso internazionale di Toronto di evidenziarono tre correnti riguardanti la riabilitazione equestre nei vari stati:
- In Gran Bretagna e nei Paesi Scandinavi è un’attività solo a fini ricreativi.
- In Germania e nei Paesi di lingua tedesca è un’attività soprattutto settoriale volteggio (esercizio ed esibizione di destrezza consistente nel passare, montando a cavallo per lo più senza sella o senza staffe, da una posizione all’altra); ippoterapia (bacino mobile); pre-sport.
- In Francia e in Italia è un’attività con ampio orizzonte d’intervento. Attualmente sono 26 i paesi che utilizzano l’equitazione a scopo terapeutico (Altieri, Angelini Giannotti, 1994).
Equitazione Terapeutica: Definizione e fasi
Si definisce Equitazione terapeutica un complesso di tecniche utilizzate per l’ottimizzazione dei danni motori,cognitivi e comportamentali, attuate attraverso la pratica di un’attività ludico-sportiva che ha il cavallo come mezzo e non come fine dell’evento terapeutico. Il comune denominatore delle tecniche che utilizzano il cavallo come mezzo rieducativo è la necessità di evitare un’eccessiva “medicalizzazione”.
Nel maneggio è possibile, infatti, applicare una serie di esercizi a cavallo finalizzati allo scopo terapeutico e somministrati con modalità che appaiono meno stereotipate e monotone di quelle offerte dalle strutture, in cui si attua un normale intervento terapeutico.
Attualmente con il termine “Equitazione Terapeutica” (E.T.) è stato raggiunto un pieno accordo sulla denominazione onnicomprensiva, ossia che include qualsiasi intervento terapeutico o riabilitativo che utilizzi come strumento il cavallo. Essa è considerata una vera e propria branca della scienza riabilitativa ma sono numerose e appaiono diverse le linee di trattamento operanti in tale branca, sia per i diversi scopi (terapeutici o ricreativi) sia per le diverse caratteristiche delle patologie trattabili (motorie,cognitive,sensitivo- comportamentali). Nel contesto della E.T. si possono rilevare tre fasi che si susseguono e s’intersecano:
- L’Ippoterapia
- La riabilitazione equestre
- L’equitazione presportiva
L’Ippoterapia
Viene considerata una precisa procedura medica. E’ la fase iniziale di approccio al mondo del cavallo, di conoscenza di questo animale, del suo ambiente di vita e delle tecniche per prendersi cura di lui. Questa fase si svolge a terra, ma include anche un primo approccio all’andare a cavallo e alle nozioni di tecnica equestre . L’ippoterapia è una forma passiva di equitazione in cui il paziente monta a cavallo e permette all’animale di farlo muovere. In questa fase, si sfruttano soprattutto le qualità fisiche del cavallo che di solito viene utilizzato senza sella e, nei casi in cui il paziente presenta un handicap molto grave, il terapista può montare insieme al paziente stesso per dargli maggiore sicurezza, soprattutto nelle prime sedute.
In questo momento assume particolare importanza il ritmo del cavallo, il tipo di movimento, la possibilità di accelerare o rallentare il passo: tutte qualità che risultano utili specialmente per la regolazione del tono muscolare, per l’equilibrio e la coordinazione.
La Riabilitazione Equestre
Rientra nel settore educativo. Questa seconda fase si svolge a cavallo e prevede la partecipazione attiva del paziente alla seduta. Al paziente vengono insegnate, in modo adeguato alle sue capacità, le principali tecniche dell’arte equestre. Il paziente impara quindi a condurre autonomamente il cavallo; inoltre nel corso della seduta svolge anche degli esercizi che hanno lo specifico scopo di migliorare l’equilibrio, la flessibilità e la coordinazione motoria, di favorire il rilassamento dei muscoli e di aumentare la consapevolezza del proprio corpo. La terapia mediante l’equitazione non solo è in grado di ridurre le invalidità fisiche, ma può anche porre rimedio a problemi di ordine psicologico (Biery, 1985). In questo caso si utilizzano sia la sella per poter aumentare il numero degli esercizi, sia le redini per un miglior controllo degli arti superiori e per un lavoro di lateralizzazione.
In questa fase il paziente risulta particolarmente motivato, dal momento che si rende conto di essere totalmente autonomo e ha la possibilità di migliorare le proprie capacità di controllo di sé stesso e dell’animale.
L’Equitazione Pre-sportiva
Indica il passaggio da una equitazione terapeutica in senso riabilitativo ad una equitazione ludico – sportiva. Anche se non bisogna dimenticare che l’andare a cavallo ha sempre una valenza ludica tale da permetterci in ogni fase della R.E. di attuare metodi riabilitativi stimolanti e divertenti. In questa terza fase, a cui possono accedere solo i pazienti che ne hanno le possibilità dal punto di vista motorio e psichico, si privilegia l’aspetto sportivo e tecnico dell’andare a cavallo: i soggetti vanno al passo, trotto e galoppo, effettuano passaggi di barriere e cavalletti, lavorano sia individualmente che in gruppo e possono essere inseriti in sedute con normodotati.
Il passaggio a questa fase è molto delicato, per questo motivo il terapista deve valutare bene se il paziente è pronto ad affrontare il cambiamento, per evitare l’insorgenza di frustrazioni, paure o addirittura cadute da cavallo che potrebbero compromettere il proseguimento della terapia stessa (Gentile, Viviani, 1996).
Un elemento molto importante è la presenza del gruppo, poiché le persone si aiutano tra loro ed insieme non solo cavalcano ma si prendono cura delle loro cavalcature prima e dopo la seduta, instaurando così un profondo rapporto tra il cavallo e i disabili. In questo modo la persona evolve le sue capacità relazionali attraverso il momento terapeutico ed anche attraverso la cura del cavallo.
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Giulia Maria FRANGIAMONE |