Requisiti necessari all’applicazione dell’Equitazione Terapeutica
Nell’Equitazione Terapeutica le varie modalità riabilitative, spesso fra loro intersecate, non possono prescindere dalla valutazione di alcuni prerequisiti necessari alla sua applicazione, e che sono rappresentati dalle caratteristiche del cavallo, dal maneggio e dalle attrezzature speciali, all’equipe riabilitativa e dalla patologia specifica del paziente.
Fig.1-2: Sally e Sirio,due cavalli utilizzati per la riabilitazione equestre.
Caratteristiche del Cavallo
Il cavallo è l’elemento essenziale attorno al quale gravita tutta la terapia, si intuisce perciò quale sia l’importanza delle caratteristiche fisiche e comportamentali di questo “strumento” (Ballarini, 1995). E’ molto importante, però, tenere in considerazione due aspetti del cavallo utilizzato per la R.E.: innanzitutto, non esiste un unico tipo di cavallo che riassuma in sé tutte le caratteristiche desiderabili per questa terapia; a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere, si ricercano nel cavallo particolari attributi morfofunzionali e psichici (Ballarini, 1995). Inoltre, generalmente i cavalli impiegati per la R.E. provengono da donazioni e sono animali a fine carriera. Quindi non deve esserci la pretesa di poter disporre di animali ideali, è comunque importante poter contare almeno su un certo numero di caratteristiche minime (Minero, Canali, Verga, 1995).
Caratteristiche fisiche del cavallo impiegato per l’equitazione terapeutica
Vediamo quali dovrebbero essere le caratteristiche morfologiche del cavallo ideale per l’E.T.:
- Altezza al garrese: non dovrebbe superare i 150 cm e questo non solo per un fatto di comodità del terapeuta ma anche per non creare nel paziente la paura del vuoto;
- Incollatura: la forma, la lunghezza e il portamento del collo hanno un’importanza non solo estetica, ma soprattutto meccanica. Il collo insieme alla testa costituisce il bilanciere cefalo – rachidiano ed è proprio in virtù dei movimenti di questo sistema che l’animale provvede a mantenere e a regolare l’equilibrio corporeo. Nel cavallo utilizzato per la E.T., l’incollatura deve essere robusta e muscolosa per dare sicurezza al cavaliere ed anche sufficientemente larga da permettere una buona percezione dei movimenti e dei cambiamenti di direzione del cavallo anche nei pazienti meno sensibili;
- Dorso: costituisce il ponte di congiunzione tra gli arti anteriori e posteriori. Deve essere diritto e largo, non troppo insellato (circa 9 cm) per permettere la corretta collocazione del baricentro del cavaliere;
- Groppa: questa regione è molto importante in quanto il movimento al passo deve creare un movimento simile al cullarsi. Questo è possibile solo con una groppa larga;
- Torace: in pazienti che presentano spasticità o nei bambini, è preferibile utilizzare cavalli con torace alto e profondo, dovrebbe avere una circonferenza di circa 185 cm;
- Spalla: dovrebbe essere abbastanza obliqua in modo che l’angolo scapolo – omerale sia piccolo, per favorire una maggiore apertura durante le andature e per garantire un passo lungo e morbido (Gentile, 1996).
Le caratteristiche che abbiamo elencato si riferiscono al cavallo tipico, ciò non significa che ci dobbiamo aspettare animali di questo tipo nei centri italiani. Infatti i soggetti presenti sono molto diversi tra loro e si discostano anche dal tipo medio. E’ stato però possibile suddividere questi cavalli in tre gruppi principali:
- Dolicomorfi: in questo gruppo si ritrovano cavalli spesso utilizzati per il salto ad ostacoli, hanno pertanto una muscolatura molto sviluppata. Sono soggetti alti (altezza media 165 cm) e per questo sono poco idonei per disabili gravemente handicappati, mentre risultano più idonei per i portatori di handicap modesto, oppure per le fasi più avanzate della R.E. Neppure la notevole circonferenza toracica (190 cm) è un vantaggio per l’uso terapeutico. Sono però dei cavalli molto disponibili all’esercizio e con facilità di apprendimento, questo li rende più idonei per le fasi avanzate della cura;
- Mesomorfi: l’altezza al garrese (160 cm) è più bassa rispetto al gruppo precedente, nonostante ciò, può presentare difficoltà per il terapista a terra. La minore circonferenza toracica (185 cm) consente un migliore equilibrio in sella per il cavaliere;
- Brachimorfi: questo gruppo è composto da cavalli più giovani rispetto ai precedenti (età media 11 anni, contro i 14 – 25 dei precedenti). L’altezza è decisamente più ridotta (144 cm) e questo facilita molto il lavoro del terapista a terra. Il collo e il posteriore sono molto muscolosi, questo consente al cavaliere un buon grado di stabilità e sicurezza in sella (Ballarini, 1995).
Selezione comportamentale dei cavalli per l’equitazione terapeutica
La scelta del cavallo idoneo per l’E.T. viene fatta oltre che sulle caratteristiche morfologiche, anche su quelle comportamentali. La selezione comportamentale è finalizzata ad individuare il temperamento del cavallo, le sue attitudini intrinseche e gli eventuali atteggiamenti non idonei che possono essere modificati con un adeguato addestramento. Per procedere alla selezione comportamentale si devono innanzitutto stabilire a priori i criteri di esclusione e di inclusione dei soggetti idonei alla E.T.
Criteri di esclusione
- Soggetti prima dei 5 anni di età perché non sufficientemente addestrati o condizionati;
- Gli stalloni in relazione all’influsso ormonale che determina a volte comportamenti imprevedibili;
- Cavalli precedentemente adibiti ad attività agonistica se non adeguatamente ricondizionati, dal momento che conservano l’impostazione alla competizione e quindi non sono facilmente gestibili nelle sedute di E.T..;
- Eccessiva nevrilità: è una caratteristica frequente in cavalli puro sangue, ma può essere presente anche come conseguenza di un allevamento non idoneo, in soggetti sottoposti ad un lavoro stressante, oppure può derivare da esperienze traumatizzanti durante l’ammansimento o la domatura;
- Presenza di tic: indicano un equilibrio psichico labile;
- Diffidenza nei confronti dell’uomo e dell’ambiente circostante;
- Tendenza ad impennarsi, rampare, calciare a vuoto anche in assenza di sollecitazioni particolari. Questo comportamento denuncia l’indisponibilità del cavallo ad assoggettarsi agli ordini del cavaliere o dell’istruttore;
- Eccessiva sensibilità al contatto, solletico in varie zone del corpo, con conseguenti rischi sia per il cavaliere che monta, sia per chi si avvicina al cavallo;
- Ipersensibilità a stimolazioni acustiche, anche se non particolarmente disturbanti;
- Eccessiva mobilità del capo che il cavallo bardato presenta come rifiuto al morso e alla sua azione sulla bocca, esercitata anche tramite una leggera trazione sulle redini. Questo movimento, oltre che preoccupare il cavaliere e impedirgli un contatto corretto delle mani, può diventare talmente ampio che il cavallo può colpire con la sua nuca la faccia del cavaliere;
- Tendenza al repentino cambiamento di direzione con atteggiamenti difensivi nei confronti del cavaliere,
- Ampia indisponibilità al lavoro (Serra, 1996).
Criteri di inclusione
- Età compresa tra gli 8 e i 15 anni;
- Maschi castroni scevri da influenze ormonali;
- Carattere tranquillo dimostrato, durante l’avvicinamento dell’uomo, dalla presenza di sereni movimenti auricolari, della testa e dell’occhio;
- Assenza di tic, vizi e comportamenti imprevedibili;
- Generosità nel lavoro particolarmente noioso e ripetitivo oltre che faticoso, come quello della E.T. (Serra, 1996).
L’addestramento
Una volta scelto il cavallo con i criteri elencati, si può lavorare per il ricondizionamento dell’animale in funzione del lavoro che dovrà svolgere in terapia. Per fare questo, è importante puntare l’attenzione sulle caratteristiche positive del cavallo e cercare di attenuare eventuali piccoli difetti (Serra, 1996). Il cavallo deve venire gradualmente abituato a convivere con situazioni e sollecitazioni che sono inevitabili durante le sedute terapeutiche con soggetti con handicap. Dovrà perciò essere addestrato a:
- Sopportare la presenza di persone da entrambi i lati;
- Sopportare la presenza di persone che si trovano sopra e intorno a sé, anche quando è tenuto fermo vicino alla rampa;
- Sopportare stimoli rumorosi provenienti dai pazienti;
- Essere disponibile a stare fermo anche per molto tempo e ad essere accarezzato e montato da cavalieri instabili o con movimenti non coordinati;
- Accettare stimoli bruschi ed improvvisi di vario tipo procurati dal cavaliere; Accettare la presenza di vari attrezzi attorno a sé;
- Rispondere prontamente ai comandi verbali del terapista a qualsiasi andatura.
- Eventuali errori nell’addestramento possono essere alla base di un inefficace rapporto paziente – cavallo e terapista – cavallo ai fini della terapia (Ballarini, 1995).
Le andature
L’andatura può essere definita come la maniera in cui ogni essere vivente si muove più o meno velocemente sul suolo. In particolare, nel caso del cavallo, queste andature sono tre ed ognuna di esse è legata ad altrettante velocità ed esigenze. Il passo e il galoppo sono naturali ed abituali per il cavallo, mentre il trotto è acquisito per particolari esigenze di locomozione.
Passo
E’ l’andatura più lenta, sia per la poca velocità, sia per il relativo impegno muscolare; la massa del cavallo è sottoposta a molte variazioni di equilibrio sul piano verticale ed orizzontale. E’ un’andatura camminata che si compie in quattro tempi ed è la più utilizzata in E.T. per trattare soggetti sia lievi che gravi con problematiche sia fisiche che psichiche. Il movimento ritmico del cavallo costringe il cavaliere ad una continua reazione di aggiustamento in sella, per non cadere. Il passo, per la sua regolarità, può essere utilizzato anche a terra per armonizzare e migliorare la deambulazione di un soggetto con una sindrome spastica o con impaccio motorio, chiedendo al soggetto di accompagnare a passeggio con una longhina il cavallo per lunghi tratti. In equitazione il passo si divide in: ordinario, allungato, raccorciato. Il passo maggiormente utilizzato in E.T. è il passo ordinario dove le spinte posteriori ed anteriori e la velocità sono moderati: il cavallo si muove ritmicamente con passi della stessa lunghezza e proprio per questa caratteristica è applicabile con successo a tutte le patologie. Il passo allungato viene usato quando si vuole ottenere una maggiore mobilizzazione del bacino, richiedendo al soggetto di attivare l’uso delle gambe sul costato del cavallo per fargli allungare il passo.
Infine, il passo raccorciato è molto utilizzato per ottenere un maggior controllo del tronco: la velocità diminuisce ed il cavallo arretra il proprio centro di gravità spingendo il cavaliere ad un continuo controllo ed al riallineamento posturale.
Trotto
E’ un’andatura non basculata nella quale il cavallo poggia alternativamente gli zoccoli in diagonale. Con questa andatura il cavallo sposta la propria massa da un lato all’altro e il cavaliere riceve delle spinte in senso orizzontale e verticale insieme, date dall’inarcamento della colonna vertebrale del cavallo. In equitazione il trotto si divide in: ordinario, medio, raccorciato e allungato, inoltre il cavaliere può trottare sia seduto che sollevato. Il trotto seduto consente al cavaliere di sentire maggiormente il cavallo e di rimanergli costantemente vicino; è proprio per questa caratteristica che si utilizza anche in E.T., per eseguire figure di maneggio con maggior controllo del cavallo da parte del cavaliere. Nel trotto sollevato il cavaliere, dopo aver ricevuto la spinta verso l’alto, rimane sollevato dalla sella per un tempo più lungo, per riprendere il contatto con la sella solo al momento in cui l’altro diagonale effettuerà la posata a terra. Nel trotto sollevato, il cavaliere mantiene una certa obliquità del busto in avanti. In quasi tutte le patologie risulta più facile da parte del soggetto l’esecuzione del trotto seduto, in quanto il soggetto si fa portare passivamente dal cavallo, mentre per eseguire il trotto sollevato è obbligato a coordinare attivamente il movimento di salita e di discesa sulla sella, in armonia con la spinta del cavallo.
In E.T. viene quasi esclusivamente usato il trotto ordinario o di lavoro che è l’andatura naturale del cavallo al trotto e che si caratterizza per la compostezza ed il ritmo uniforme. Il trotto allungato, invece, rimane una fase importante per il passaggio di un soggetto al presport.
Galoppo
E’ un’andatura saltata, in tre tempi, basculata e naturale per eccellenza. La falcata di galoppo si articola normalmente in tre tempi o battute a terra dei piedi.
Il galoppo si suddivide in: ordinario o di lavoro, medio, raccorciato. In E.T. l’utilizzo di questa andatura è piuttosto raro, se non nella fase presportiva. Nonostante ciò, per soggetti con patologie motorie che riescono ad inserirsi in questa ampia oscillazione che il corpo del cavallo ha, il galoppo risulta molto terapeutico dal punto di vista del miglioramento dell’equilibrio, della coordinazione e dell’indipendenza dei movimenti; inoltre, soprattutto nei soggetti affetti da patologia psichica, il galoppo è molto terapeutico dal punto di vista del recupero dell’autostima e del coraggio(Gentile, 1996).
Il maneggio
Fig 3: Maneggio coperto
La R.E. si pratica in qualsiasi maneggio. Tuttavia possono essere utili alcune modifiche in funzione dell’handicappato e delle sue caratteristiche fisiche e psicologiche. Gli handicappati mentali ed alcuni handicappati fisici hanno bisogno di punti di riferimento precisi per poter compiere le evoluzioni a cavallo: l’area del maneggio dovrà essere sempre rettangolare, inoltre al suo interno si dovranno collocare degli oggetti facilmente identificabili, come la porta, uno specchio, dei disegni, un piliere e le classiche lettere alfabetiche di maneggio. Le dimensioni del maneggio sono di fondamentale importanza: in uno spazio vasto i punti di riferimento sono troppo distanti e l’handicappato mentale si sente perduto. Il rettangolo del maneggio utilizzato per la R.E. è generalmente di 20x25 m, ma alcuni maneggi hanno una dimensione di 20x15 m.
Cosa non bisogna utilizzare
- Un sistema d’attacco: attaccare un cavaliere inerte o nel quale le contratture sono tali da impedirgli di sedersi sulla sella è, per prima cosa, un non senso terapeutico, dal momento che l’handicappato non riceve nessun vantaggio da una terapia svolta in questo modo; inoltre è un pericolo, perché se dovesse cadere, resterà fissato sotto il ventre del cavallo con tutto ciò che ne può derivare;
- Diverse persone: anche la presenza di troppe persone attorno al cavallo e al disabile è controproducente, questa moltitudine non favorisce lo sviluppo della personalità psicologica dell’handicappato. Come può una persona stabilire un rapporto privilegiato con il suo cavallo quando viene tenuto da due/tre persone e il cavallo da un’altra? Questa iper – protezione riproduce la situazione in cui spesso l’handicappato vive quotidianamente. Essa ha la tendenza a conservarlo in uno stato infantile di dipendenza di fronte al mondo degli adulti che sicuramente non gli è di alcun vantaggio (De Lubersac, Lallery, 1977).
Le attrezzature speciali
Il materiale utilizzato in E.T. è per regola generale, quello di cui si servono tutti i cavalieri.
Qualche volta, tuttavia, è necessario introdurre piccoli dettagli per facilitare momentaneamente alcuni gesti, o far prendere coscienza di certe posizioni. E’ molto importante, prima di modificare il materiale classico, valutare bene sia i benefici fisici che possono derivare da questa modifica, sia le conseguenze psicologiche: se il beneficio non è più che evidente, è meglio evitare di apportare modifiche nel materiale.
Staffe con calza-piede
Per alcuni handicappati, la staffa classica può essere una trappola pericolosa: l’arto inferiore spinge il piede a fondo nella staffa con l’impossibilità di tornare indietro a causa delle contratture. Questo comporta che, al momento di scendere da cavallo, il piede non riesce a liberarsi. Inoltre, nel caso in cui si verifichi una caduta, il disabile rischia di avere il piede incuneato ed essere quindi trascinato dal cavallo con tutte le conseguenze che possono derivare: ferite ed impazzimento del cavallo che a sua volta può causare nuove ferite. Per questi motivi, invece della staffa classica, si può utilizzare una staffa con calza – piede: su una staffa normale in ferro si può far applicare un calza – piede di pedali di bicicletta. E’molto importante non dimenticare che le misure del calza – piede dovranno essere adattate al piede del paziente per evitare scivolamenti.
Le redini a ponte
I soggetti con handicap degli arti superiori hanno delle difficoltà a prendere le redini sull’incollatura: non sono in grado di mantenere sempre la stessa tensione, le redini scivolano dalle loro dita e alcuni finiscono per tenerle a livello della cucitura. Per queste ragioni, sono molto utili le redini a ponte: vengono posate sull’incollatura e il bambino le afferra all’altezza che può; non possono scivolare dalle dita; inoltre, dal momento che sono posate sull’incollatura, restano perpendicolari e non scivolano (De Lubersac, Lallery, 1977).
La sella
Esistono diversi tipi di sella che possono essere utilizzati in R.E., vediamo quindi le caratteristiche delle selle maggiormente usate:
- Sella multiuso: è una sella normale da equitazione; questo tipo di sella viene utilizzata per tutti i pazienti che non necessitano di ausili per mantenere la stazione eretta e che riescono a mantenere l’equilibrio a cavallo utilizzando gli arti inferiori e superiori. Staffe e staffili sono normali, senza particolari accorgimenti;
- Sella con maniglia: viene utilizzata di solito per qualsiasi soggetto disabile nel corso delle prime dieci sedute. Questo tipo di sella permette di appoggiare le mani su una maniglia di forma trapezoidale con la base maggiore rivolta verso l’alto. La presenza della maniglia, sufficientemente larga da permettere una presa bilaterale corretta, aiuta il raddrizzamento del tronco e la mobilizzazione completa del bacino; favorisce la ricerca dell’equilibrio e l’indipendenza dei movimenti. Dopo le prime sedute, se il soggetto non ha più bisogno della maniglia, questa viene tolta a metà della seduta, per poi venire definitivamente abbandonata;
- Fascione a due maniglie: prende spunto da un “sopra – fascio” imbottito di solito utilizzato per l’incolumità del cavallo che usa rotolarsi nel box. Offre due maniglie laterali, molto larghe e inclinate leggermente in avanti, che obbligano il soggetto ad una presa bilaterale molto allargata. Di solito viene utilizzato negli esercizi di volteggio;
- Fascione semplice: con questo tipo di fascione i pazienti sono seduti sul cavallo a pelo (senza sella), possono o meno impugnare le redini e sono costretti a mettere in atto reazioni di equilibrio concentrandosi sulla ricerca del proprio baricentro attraverso la percezione del baricentro del cavallo (Gentile, 1996).
La scala
Gli apparecchi per montare in sella sono sempre più rari nei maneggi, ma possono essere molto utili con handicappati fisici e mentali. Questo apparecchio può avere diverse forme e dimensioni, a condizione che sia stabile e che la sua altezza corrisponda all’altezza media dei cavalli utilizzati: dal semplice banco sino alla rampa d’accesso, passando attraverso il ceppo di legno.
- Sgabello: è formato da una serie di gradini alla fine dei quali vi è una piattaforma incorniciata da due corrimani verticali. Questo apparecchio è leggero e può essere sistemato in maneggio dal disabile stesso. Il suo impiego è facile ma piuttosto limitato, ha l’indubbio vantaggio della mobilità;
- Rampa: è costituita da una doppia rampa di accesso e da una larga piattaforma. E’ un oggetto fisso. Non è facile trovare un posto, all’interno di un centro ippico, dove collocare una rampa, a meno di poter disporre di uno spazio abbastanza grande. L’handicappato sale con la propria carrozzella attraverso la rampa fino alla piattaforma, la quale deve trovarsi ad altezza tale da permettere lo spostamento del paziente dalla carrozzella al dorso del cavallo senza difficoltà. E’ importante avere cavalli pressappoco della medesima taglia.
Le tecniche
La messa in sella
La messa in sella del bambino con handicap è uno dei momenti più importanti: il soggetto con disabilità fisiche e mentali deve lasciare il suolo che conosce per una situazione sconosciuta, che sa mobile ed al di sopra della propria testa. Questa operazione provocherà sempre una certa apprensione le prime volte. La messa in sella richiede un aggiustamento del tono per mantenere l’equilibrio, una psicomotricità sviluppata, una comprensione dei movimenti da eseguire, una lotta contro l’apprensione. Per tutti questi motivi è molto importante, nel corso di più sedute, limitare il più possibile lo spazio di tempo che intercorre tra l’avvicinamento del cavallo e il momento in cui l’handicappato si siede in sella. Durante le prime sedute, si tende a mettere in sella il soggetto prendendolo in braccio o aiutandolo in qualche modo; quando poi il disabile prende confidenza con il cavallo e si sente a suo agio in sella, si può modificare questo sistema rapido di messa in sella e fare in modo che possa salire autonomamente.
Alcuni bambini, però, non sono in grado di mettersi in sella da soli: bisogna metterveli.
In questi casi, è importante che il cavallo, anche il più calmo e quello nel quale abbiamo maggiore fiducia, sia sempre tenuto alla testa da un aiuto; mentre il terapista metterà il bambino in sella secondo la sua taglia, il suo peso e il tipo di handicap. Questa messa in sella è sempre molto delicata: richiede tatto, tecnica e molta sicurezza (De Lubersac, Lallery, 1977).
Fig.4: Panca per la salita e la discesa dal cavallo.
Esercizi di equitazione
Sono gli esercizi che si possono svolgere all’interno del maneggio e prendono tutti spunto dall’esigenza di spostarsi da un lato all’altro di questo rettangolo, invertendo la marcia da destra a sinistra e viceversa, oltrepassando anche ostacoli disseminati sul terreno oppure evitandoli, utilizzando un linguaggio di movimento comune a tutti i cavalieri del mondo. Le figure di maneggio utilizzate in R.E. sono le stesse che per l’equitazione; sono numerose, alcune più semplici, altre più complesse e si possono fare sia in gruppo che individualmente.
Rimane il fatto che l’andare a cavallo risulta per tutti un’attività socializzante, con forti aspetti ludici e che le sedute collettive sono più stimolanti di quelle singole; senza dimenticare che l’attività con il cavallo risulta molto disciplinante: il movimento in maneggio è regolato da norme, inoltre il cavallo si muove correttamente solo se il cavaliere ha dato il giusto comando.
- Cavalcare in circolo: il cavaliere gira in corrispondenza di una lettera o di un segnale particolare e percorre un circolo in modo da toccare i due lati più lunghi del maneggio; questa figura apparentemente semplice crea nei soggetti handicappati notevoli complessità nell’esecuzione. Il significato di applicare questa figure convenzionali alla R.E. consiste principalmente nel fornire anche al disabile uno spazio convenzionale ed uguale per tutti;
- Esercizi di ginnastica a cavallo: dipendono molto dal tipo di patologia da cui sono affetti i pazienti. Possono essere eseguiti con il cavallo in movimento alle varie andature o con il cavallo fermo. Gli esercizi sono generalmente volti al consolidamento del controllo posturale, della coordinazione, all’acquisizione della destrezza e scioltezza dei movimenti. Inoltre non bisogna sottovalutare l’effetto che la riuscita in questi esercizi ha sull’aumento dell’autostima. Molto spesso risulta utile far eseguire gli esercizi tenendo il cavallo alla corda, in questo modo il cavaliere disabile si sente maggiormente protetto;
- Esercizi senza staffe: sono molto utilizzati in R.E., non devono essere troppo lunghi per non stancare i cavalieri che potrebbero irrigidirsi a discapito dell’elasticità necessaria in sella. Questi esercizi hanno il compito di fortificare l’inforcatura e farla scendere in basso aumentandone l’indipendenza dal busto. Nel corso di una stessa seduta, di solito, ci sono dei momenti in cui si usano le staffe ed altri in cui si svolgono esercizi senza; inoltre, verso la fine della seduta, si fanno togliere al disabile le staffe in modo da favorire il rilassamento della muscolatura delle gambe prima di scendere a terra (Gentile, 1996).
L’Equipe Riabilitativa
La figura predominante è quella del terapista che è un operatore con adeguate esperienze sul piano della terapia rieducativa tradizionale, specializzato poi nel trattamento riabilitativo mediante l’uso del cavallo e dell’equitazione.
La figura dell’ausiliario è invece preposta alla guida del cavallo nelle fasi iniziali del trattamento o nel trattamento di gravi motulesi; deve modulare i ritmi di progressione del cavallo producendo le variazioni direzionali senza anticipare l’azione del bambino e collabora con il terapista nel produrre gli idonei allineamenti posturali e nel facilitare l’esercizio terapeutico.
L’insegnante d’equitazione,che può corrispondere con la persona del terapista, è un’altra figura di primaria importanza; già dalle prime fasi del trattamento deve fornire consigli adeguati ad ottimizzare l’assetto insegnando al bambino le azioni e gli ausili necessari per condurre il cavallo in modo corretto ed autonomo.
La figura dello psicologo all’interno del maneggio è necessaria per pazienti con patologie psichiatriche e in generale collabora con l’equipe riabilitativa prospettando le problematiche di ogni bambino e del nucleo familiare.
L’equipe può avvalersi anche di altre figure specialistiche come neurologi, psichiatri, fisiatri, necessarie alla valutazione di idoneità al trattamento, alla verifica sull’evoluzione clinica, a commenti sulla qualità della vita del paziente.
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Giulia Maria FRANGIAMONE |