Perché il cavallo? La fisiologia animale quale supporto alle tecniche di Riabilitazione Equestre
La necessità di instaurare un’ottimale interazione cavallo-uomo, intesa come binomio cavallo-paziente nelle pratiche di riabilitazione equestre, ha privilegiato la necessità di conoscere meglio, oltre le caratteristiche fisiche e morfometriche, anche, e soprattutto, le peculiarità percettive, cognitive e neurosensoriali di questa Specie.
Oggetto dello studio è il Cavallo e il fenomeno da studiare è l’interazione Cavallo-Uomo, in cui il cavallo è, da un lato, strumento di misura e valutazione della volontà del suo cavaliere/compagno, e, dall’altro, co-protagonista dell’azione terapeutica. Il Cavallo possiede, infatti, predisposizioni maggiori o minori nei confronti di una specifica disciplina equestre, basate sulle caratteristiche morfometriche, sulla personalità e temperamento, sulla tipologia di management, sui protocolli di addestramento e allenamento.
La personalità è stata definita da Erhardt e Schouten come la propensione dell’animale a comportarsi in un determinato modo in specifiche situazioni. Tuttavia, aspetti funzionali del temperamento, come la sfera emozionale o la reattività del cavallo all’uomo durante la manipolazione (handling), sono tratti altrettanto rilevanti della sua personalità. Il temperamento, inteso come la somma di tutti i modelli comportamentali ereditati e acquisiti (Stur, 1987), è anche espressione delle caratteristiche comportamentali risultanti dall’organizzazione fisica, endocrino-funzionale e nervosa dell’individuo (Kilgour, 1975).
Le “emozioni” che provano i cavalli vengono documentate, infatti, da risposte fisiologiche e comportamentali, corrispondenti, rispettivamente, agli stati di gioia, paura, rabbia, irritazione, stress, come comunemente intesi nell’Uomo.
L’emotività e la reattività del soggetto sono, infatti, l’espressione finale di una integrazione neuro-vegetativa e neuro-endocrina, valutabile principalmente sulla base delle modificazioni della frequenza cardiaca e respiratoria.
Studi condotti allo scopo di valutare l’incidenza della sfera emotiva sulla funzionalità cardiovascolare del Cavallo utilizzato in sedute di riabilitazione equestre hanno evidenziato, infatti, un significativo aumento della frequenza cardiaca dei cavalli, addirittura già prima della seduta terapeutica e, ancor più, dopo la seduta (Casciana et al., 2005a).
Inoltre, sebbene la frequenza cardiaca non esibisca differenze significative nei cavalli montati da pazienti affetti da disabilità psichica, psicomotoria e da soggetti sani, essa appare, però, essere influenzata in minor misura nei cavalli montati da soggetti sani e da pazienti affetti da patologie non motorie; di contro, i disabili con patologie motorie, che probabilmente interagiscono fisicamente con maggiore difficoltà con il cavallo, producono un maggior aumento della frequenza cardiaca. Inoltre, è ormai ampiamente documentata l’esistenza di una correlazione tra i tratti della personalità, esibiti già in epoca precoce della vita, e la futura performance del cavallo (Visser et al., 2003a; 2003b). Cavalli con temperamento nevrile ed eccitabile sono più timorosi rispetto a soggetti calmi, così come cavalli con temperamento mutevole e imprevedibile lo sono nei confronti di nuove esperienze rispetto a soggetti calmi. E’ stata documentata, altresì, l’esistenza di una correlazione tra emotività e capacità di apprendimento; di fatto, i cavalli più emotivi esibiscono un rendimento più scarso rispetto ai soggetti meno emotivi (Visser et al., 2003a; 2003b).
Nonostante alcuni studi abbiano documentato una limitazione nella percezione visiva e uditiva, e una limitata capacità di trasferire informazioni tra i due emisferi cerebrali via corpus callosum, al Cavallo vengono riconosciute notevoli capacità mnemoniche e discriminative (Vissier et al., 2003a).
Peraltro, il Cavallo, come l’Uomo, possiede specifici bisogni emotivi: cioè, per acquisire informazioni e consolidare l’apprendimento esso deve essere motivato (McLean, 2005). Il Cavallo è, infatti, abile nell’apprendimento per prove ed errori, ed è eccellente nel condizionamento classico e nel condizionamento strumentale (da ricompensa e da punizione); esso è abile, cioè, nell’apprendimento di abitudini, segnali, aiuti. Il Cavallo possiede, anche, dei bisogni cognitivi: manifesta, infatti, curiosità e dimostra la capacità di imparare, di fissare azioni routinarie, di fare associazioni, adattandosi, così, a varie situazioni relazionali e ambientali (Seaman et al., 2002; McLean, 2005) .
Implicazioni neurovegetative dell’empatia animale. Modificazioni della frequenza cardiaca nel cavallo utilizzato nella riabilitazione equestre di soggetti disabili psichici.
L’espressione delle emozioni e la capacità di trasmettere e recepire i segni del linguaggio emotivo o comunicazione non verbale ha suscitato negli ultimi anni un interesse crescente sia tra i ricercatori sia tra i terapeuti.
Nell’uomo molti stati mentali complessi si trasmettono meglio con gesti che con frasi, mentre altri sembrano sottrarsi completamente al linguaggio verbale. La capacità di percepire le condizioni emotive degli altri individui, detta anche capacità empatica, fa certamente parte del corredo senziente delle specie animali più evolute, ivi compreso l’uomo. Numerosi studi neurologici comparativi sull’argomento (per una rassegna: Goleman, 1997) condotti su animali, soprattutto primati, hanno confermato il fatto che essi sono normalmente empatici e che la comunicazione emozionale è uno dei tanti canali di interazione intra ed interspecifica. Il cavallo è animale sociale per eccellenza grazie alla ricchezza della sua gestualità, ai sviluppatissimi e sofisticati linguaggi chimico, di tipo feromonale, ed acustico. Conseguenzialmente tale spiccata sensibilità, capacità comunicativa, gregaria e sociale rendono il cavallo animale naturalmente terapeuta.
Sulla base di queste considerazioni sono stati effettuati alcuni studi sugli eventuali effetti delle sedute terapeutiche di pazienti umani con disabilità psichiche. Tra gli indicatori fisiologici delle emozioni è stata scelta la frequenza cardiaca quale riconosciuto indice del coinvolgimento neurovegetativo nelle interazioni sociali. L’indagine è stata condotta su un cavallo di 8 anni di età, adibito da tempo alle sedute di riabilitazione equestre di soggetti autistici con vario grado di disturbo generalizzato del comportamento (DGC). Nell’ indagine sono state studiate le interazioni con n. 3 pazienti (A1, A2, A3), in età infantile o adolescenziale, ai quali venivano fatti compiere i consueti esercizi di interazione con il cavallo. Analoghi esercizi di interazione con il cavallo sono stati effettuati con un soggetto normale, di controllo, (C), mentre, preliminarmente all’inizio delle sedute terapeutiche ed almeno 30 minuti prima, sono stati acquisiti i valori di frequenza cardiaca a riposo nel box. I risultati ottenuti – espressi in battiti per minuto (bpm) - sono riportati nella figura 1.
Fig 1. Valori della frequenza cardiaca del cavallo adibito ad attività di riabilitazione equestre di soggetti autistici.
Dalla figura è possibile evidenziare come nell’ambito delle interazioni cavallo/pazienti autistici (A1; A2; A3) il soggetto A2 è quello che ha determinato il maggiore incremento sia della frequenza media sia dei valori massimi. I risultati ottenuti, sebbene gli studi non siano stati estesi ad altre patologie psichiche, sembrano condurre alla riflessione che, nei cavalli utilizzati nelle sedute di riabilitazione, la tendenza all’aumento della frequenza cardiaca possa ritenersi un indice di coinvolgimento emotivo di tipo empatico.
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Giulia Maria FRANGIAMONE |