INTRODUZIONE - “Equitazione Terapeutica” - Intervento riabilitativo integrativo e non alternativo
INTRODUZIONE
Fin da piccola ho amato la natura sotto i suoi molteplici aspetti: guardare le distese dei campi, il verde dei prati, quell’aria “che sa di buono” e il contatto con gli animali, mi hanno sempre trasmesso un grande senso di serenità e di benessere; correre e giocare in campagna mi faceva, e tuttora mi fà, sentire libera. Aver appreso nel corso degli anni che gli animali non erano soltanto un “mezzo” di compagnia ma potevano anche essere “utilizzati” nella riabilitazione di bambini con problemi, ha arricchito questo mio sentimento di un vivo interesse. L’amore per i bambini mi ha portato a scegliere questo corso di laurea e il mio interesse per gli animali, ancor di più, a scegliere come argomento di tesi di laurea, la Terapia riabilitativa a Cavallo: con entrambi penso di trovare la possibilità di una straordinaria realizzazione personale.
Penso che l’amore incondizionato di un animale, che ama senza chiedere niente, che non s’impone e non sceglie mai in base ad età, peso o altezza, la persona con cui stare, sia la medicina migliore per qualunque malattia. L’animale, come elemento stimolante ed affettivo, dà vitalità, trasmette emozioni, gratificazioni, si offre come amico e come aiuto, viene quindi ad instaurare una relazione diretta che è vissuta dall’individuo senza carattere di giudizio e senza rancori. Ogni persona è libera di stabilire con esso una sua personale e propria modalità di approccio e di relazione, sempre comunque nel rispetto dell’animale.
Il cavallo, animale nobile e maestoso, ricco di significati simbolici, con la sua imponenza ma anche docilità, trasporta e rapisce nell’immaginario di chi lo cavalca ed è in grado di scatenare sensazioni ed emozioni intense. La separazione tra pensiero ed azione, tipica della natura umana, fa sì che l’atto repentino e il meccanismo innato dell’animale trasmettano alla psiche di poter superare, grazie all’animale, i nostri limiti. Il cavallo interviene nel processo terapeutico non solo come simbolo ma anche come partner relazionale reale.
Il contatto cavallo-cavaliere, per la sua autenticità corporea, dà vita ad una comunicazione non verbale in cui il cavallo rispecchia direttamente nel suo comportamento gli stati d’animo spesso celati o non consapevoli del cavaliere così come il cavaliere sente la tonalità emotiva del cavallo; l’incontro con l’animale diventa quindi “un’esperienza di sé”, poi mezzo di dialogo con il corpo ed infine modalità di relazione con l’altro e con l’ambiente. Montare a cavallo, da una parte, stimola il bambino disabile a livello emotivo ed espressivo, dall’altra il movimento sinusoidale del cavallo trasmette sensazioni cinestetiche, che risvegliano e stimolano l’attenzione del bambino sul proprio corpo con sollecitazioni dal punto di vista del tono, dell’equilibrio e della coordinazione generale. L’originalità della Riabilitazione Equestre risiede nell’instaurarsi di una relazione terapeutica triangolare, in cui il cavallo interviene, assieme al terapista e al bambino, come co- terapeuta.
Un animale può rappresentare, per il disabile, il mediatore del rapporto verso l’altro, creando una situazione per certi versi meno angosciante e complessa del rapporto diretto e verbale con altri esseri umani, spesso vissuti come frustranti ed incomprensibili.
Il bambino si sente accettato per quello che è, non rifiutato per il suo handicap, ma anzi trova nel cavallo una fonte di affetto e tenerezza, ed al tempo stesso appaga il proprio bisogno di dare e di sentirsi utile per qualcuno; questo rapporto stimola l’autonomia e l’autostima, che favoriscono la ricostruzione dei legami interumani.
Per un genitore, vedere il figlio disabile su un cavallo, animale potente e forte, e vedere che può condurlo, costituisce un ritorno dell’immagine positiva del bambino e rappresenta un elemento di rottura di quel guscio che iperprotegge i bambini disabili.
Il comune denominatore delle tecniche che utilizzano il cavallo come mezzo rieducativo è la necessità di evitare un’eccessiva “medicalizzazione”: il vantaggio è la novità sia del setting terapeutico che del mezzo utilizzato. Il bambino non si trova più in un ospedale o in una stanza di un centro specializzato che può generare ansia, pesantezza e noia, ma in un maneggio, luogo circondato da prati ed alberi dov’è possibile applicare una serie di esercizi a cavallo finalizzati allo scopo terapeutico e somministrati con modalità che appaiono meno stereotipate e monotone di quelle offerte dalle strutture in cui si attua un normale intervento terapeutico. L’ambiente “maneggio” è perciò più gradevole e stimolante e non viene identificato dai bambini come luogo di terapia bensì di divertimento; ciò può quindi aiutare ad ottenere buoni risultati in breve tempo, riducendo le barriere e le difese che il disabile può erigere attorno a sé.
Cambiare prospettiva a volte ci aiuta a trovare quella giusta…
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Giulia Maria FRANGIAMONE |