L’ Atrofia Muscolare Spinale (SMA, Spinal Muscular Atrophy)

L’atrofia muscolare spinale (SMA, Spinal Muscular Atrophy) è una malattia neuromuscolare ereditaria autosomica recessiva che comporta la degenerazione dei motoneuroni presenti nelle corna anteriori del midollo spinale. Il quadro clinico è caratterizzato da atrofia muscolare e debolezza simmetrica progressiva che colpisce gli arti inferiori (AAII) più dei superiori (AASS), i muscoli prossimali più di quelli distali e i muscoli assiali e intercostali nelle forme più severe, risparmiando il diaframma (12).

 

Eziopatogenesi

La forma di SMA più comune è causata dalla delezione in omozigosi del gene per la sopravvivenza del motoneurone (SMN, Survival Motor Neuron) 1 che si trova sul braccio lungo del cromosoma 5 (SMA 5q13) (2). Già nel 1891 Guido Werdnig (1844-1919) descrisse due fratelli con esordio di debolezza intorno ai

10 mesi e all’autopsia riscontrò una degenerazione delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale. Johan Hoffmann (1857-1919) rivide poi i due casi di Werdnig e ne aggiunse altri 7, includendo inoltre illustrazioni riguardo all’istologia del muscolo e al sistema nervoso centrale e mostrando la degenerazione delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale. Il gene mancante fu inizialmente individuato nel 1990 e fu nel 1995 che venne isolato e descritto dal gruppo di Melki. Si tratta di un gene complesso presente in due copie: una attiva, cioè SMN1, e una inattiva, SMN2. Nei casi gravi, sono descritti una delezione dell’esone 7 del gene attivo e nessun cambiamento in SMN2. Nei casi più lievi, invece, vi è una delezione dell’esone 7 di SMN1 ma anche un aumento del numero di copie di SMN2, che in qualche modo ancora non completamente definito compensa parzialmente il deficit di SMN1. Grazie all’individuazione del gene, il test diagnostico fondamentale è l’analisi molecolare del DNA (1,12). Il test raggiunge il 95% di sensibilità e circa il 100% di specificità. La diagnosi può poi essere completata dagli esami di laboratorio, come la misurazione dell’enzima Creatin-Kinasi, da esami elettrofisiologici, biopsia muscolare (10), tuttavia si tende a non effettuare più tali indagini, data la facile disponibilità e sensibilità del test molecolare (1).

Vi sono poi altre forme di SMA definite non-5q, cioè non correlate alla delezione del gene SMN1, piuttosto rare e caratterizzate da precoce debolezza da denervazione e sintomi clinici atipici, come retrazioni articolari, debolezza distale piuttosto che prossimale e degenerazione ponto-cerebellare (10). Tali patologie non saranno oggetto di questo scritto.

 

Classificazione delle SMA

Riguardo alla SMA 5q, possiamo affermare che la classificazione è stata molto discussa e sono stati proposti diversi sistemi per inquadrare tutte le forme che emergono dall’osservazione dei segni clinici.

Durante il Consorzio sulle Atrofie Muscolari Spinali del 1992, le SMA furono suddivise in tipo 1, 2 e 3 sulla base della severità (rispettivamente severa, intermedia e grave) e dell’età di esordio e di morte (13). In particolare, vennero descritte:

  • una forma severa infantile (tipo 1 o malattia di Werdnig-Hoffmann) con esordio alla nascita o nei primi 6 mesi di vita, in cui raramente la possibilità di sopravvivenza supera i 2 anni. Il fenotipo clinico è caratterizzato da gravi ipotonia e ipostenia con mancanza di movimenti antigravitari in particolare a livello prossimale e degli AAII, posizione supina spontanea a batrace con AASS a manico di paniere, presenza di retrazioni, possibili artrogriposi multiple congenite, assenza di riflessi osteotendinei, fascicolazioni linguali, insufficienza respiratoria, difficoltà ad alimentarsi in particolare in caso di interessamento bulbare. Il diaframma in genere è conservato, mentre i muscoli intercostali sono compromessi, per cui vi è spesso un torace a campana e respiro paradosso. La funzione cognitiva e la mimica in genere sono conservate;
  • una forma di severità intermedia (tipo 2), caratterizzata dal raggiungimento dell’abilità di stare seduti ma non di stare in piedi o di camminare. L’esordio dei sintomi si può collocare tra i 7 e i 18 mesi e la sopravvivenza è in genere fino all’adolescenza. Il quadro clinico è caratterizzato da ipostenia con possibilità di eseguire alcuni movimenti contro gravità, riduzione dei riflessi osteotendinei, fascicolazioni linguali, tremori fini delle mani, possibilità di mantenere la posizione seduta in modo autonomo con tronco in cifosi globale, possibilità di cifo-scoliosi e lussazione dell’anca, tosse maggiormente efficace rispetto alla forma precedente. La funzione cognitiva è nella norma;
  • una forma più lieve (tipo 3 o malattia di Kugelberg-Welander), caratterizzata da esordio dopo i 18 mesi o nell’adolescenza ed associata a deambulazione e sopravvivenza prolungata. Il quadro clinico è caratterizzato da sviluppo neuropsicomotorio adeguato nel primo anno di vita con successiva comparsa di ipostenia a livello prossimale e degli AAII, possibili tremori delle mani, riflessi osteotendinei ridotti, assenza di deficit respiratori e intellettivi. La deambulazione autonoma viene raggiunta, è di tipo anserino con piedi valgo-pronati e difficoltà a correre e a fare le scale. Successivamente tale funzione può essere persa, ad esempio in concomitanza di poussées di crescita (10,12).

Questa classificazione non tiene tuttavia in considerazione la grande variabilità all’interno di ciascuno dei tre gruppi, per cui è stata proposta da Dubowitz una sotto-classificazione di tipo decimale all’interno delle tre forme precedentemente descritte. In tal modo è possibile distinguere tra neonati con SMA tipo 1 con severa paralisi alla nascita, precoci difficoltà respiratorie e bulbari e prognosi rapidamente infausta (tipo 1.1) e lattanti con esordio della debolezza intorno ai 6 mesi di età, quasi in grado di raggiungere l’abilità di sedersi senza aiuto e che hanno una capacità respiratoria sufficientemente adeguata, sebbene ancora in parte compromessa (tipo 1.9). Si può adottare lo stesso sistema all’interno del gruppo intermedio (tipo 2), riconoscendo il bambino più compromesso come quello capace di sedersi senza supporto, ma solo per un breve periodo (tipo 2.1), in contrasto con i bambini capaci di sedersi senza supporto con raddrizzamento della colonna vertebrale e in grado di mantenere questa posizione per periodi di tempo prolungati (tipo 2.9). Questi ultimi possono essere inoltre capaci di caricare parzialmente gli AAII quando sostenuti, ma non di mantenere la posizione eretta in modo autonomo. Infine, anche all’interno del gruppo lieve di SMA (tipo 3), possiamo individuare il bambino che riesce a stare in piedi senza sostegno e a fare pochi passi in modo autonomo, ma che è ancora molto instabile (tipo 3.1), e il bambino che cammina bene, è in grado di salire e scendere le scale e capace di alzarsi da terra con minimo segno di Gowers, mostrando una lieve debolezza (tipo 3.9).

Per la classificazione, quindi, l’autore suggerisce di tenere presenti, per i 3 tipi di SMA, gli estremi (.1 e .9) e il punto centrale (.5) e di collocare il bambino all’interno di tale gradazione a seconda del suo livello funzionale attuale, considerando il fatto che tali competenze possono essere perse durante la crescita (14).

Possono essere individuate inoltre una SMA tipo 0 o congenita, caratterizzata da ridotti movimenti fetali e distress respiratorio presente fin dalla nascita associati a debolezza generalizzata e diplegia facciale, e una SMA tipo 4, con esordio in età adulta e minima debolezza. Riguardo alla SMA 0, di nuovo si può individuare un range di gravità a partire dalla SMA 0.1, con esordio prenatale e morte in utero, fino ai casi che necessitano di rianimazione e intubazione alla nascita senza possibilità di respirazione spontanea (0.5) e a quelli con forma più lieve, simile alla SMA tipo 1, che necessitano di ventilazione temporanea alla nascita con possibilità di abbandonare il supporto ventilatorio in seguito (0.9) (12).

Nel 2007 è stata infine proposta una classificazione basata esclusivamente sul livello funzionale motorio corrente del bambino e che prevede tre forme: nonsitters, sitters e walkers. I nonsitters sono coloro che non raggiungono mai la capacità di stare seduti in modo autonomo; tale gruppo comprende la SMA tipo 0 e tipo 1. I sitters sono coloro che sono in grado di stare seduti in modo autonomo ma che non raggiungono mai la possibilità di camminare e corrispondono ai bambini con SMA tipo 2. I walkers sono i bambini capaci di camminare in modo autonomo e corrispondono ai bambini con SMA 3 (10).

È necessario comunque tenere presente il fatto che la prognosi è determinata non tanto dal tipo di SMA quanto dalla funzionalità respiratoria: la presenza di distress respiratorio è infatti un fattore che influisce negativamente sulla sopravvivenza dei bambini (15).

Inoltre, grazie ai progressi terapeutici e assistenziali, la sopravvivenza e i quadri clinici si sono modificati per cui la presa in carico e il tipo di trattamento scelto devono considerare non solo il tipo di SMA in cui il bambino è stato inserito e il massimo livello funzionale che potrà raggiungere, ma soprattutto il livello funzionale attuale (4).

 

La SMA I

Oltre alla classificazione decimale proposta da Dubowitz, di cui si è parlato sopra, vi sono altri tipi di classificazione all’interno del tipo I. La prima è quella di Ioos, il quale distingue tra il “tipo I vero”, con esordio dei sintomi prima dei 3 mesi di vita e che si manifesta con ipotonia severa e impossibilità di sollevare il capo, e un “tipo I intermedio”, con esordio tra i 3 e i 6 mesi in cui è presente l’abilità di sollevare il capo (8). Questi due gruppi vengono poi comparati sulla base del quadro respiratorio e sulla possibile autonomia.

In particolare, nei pazienti con SMA tipo I vero, vengono descritte difficoltà di deglutizione, associate a frequenti episodi acuti respiratori di congestione polmonare, polmoniti da aspirazione e atelectasie. Le cause di morte riportate sono distress respiratorio, disordini bulbari con difficoltà nel deglutire, infezioni respiratorie o morte improvvisa, indipendentemente dalla presenza o meno di tracheostomia. Per i pazienti con SMA tipo I intermedio invece le ragioni della morte non sono sempre note: per lo più avviene a casa durante il sonno, forse per una disfunzione bulbare responsabile di apnee centrali. La gestione proposta per i pazienti con SMA tipo I vero si basa sull’utilizzo di tecniche non invasive nel rispetto della storia naturale di patologia o, in alternativa, sull’utilizzo di tecniche invasive per il supporto delle funzioni vitali (tracheostomia, gastrostomia), in base all’orientamento dei genitori, accompagnati nella scelta dall’equipe multidisciplinare. L’ipostenia è molto grave e il paziente è limitato da una ridotta mobilità anche a livello delle dita, la dipendenza respiratoria dai presidi ospedalieri è completa e la paralisi facciale determina assenza di comunicazione verbale e oftalmoplegia. La gestione dei pazienti SMA tipo I intermedio è invece diversa per la minor severità della patologia. Infatti i pazienti mantengono parzialmente la mobilità degli arti e possono così guidare una carrozzina elettrica e comunicare normalmente.

In entrambe le forme comunque si riporta una progressiva e regolare diminuzione della capacità vitale forzata (FVC) che correla con l’aumento dei rischi di complicanze polmonari e di insufficienza respiratoria acuta (8).

La seconda classificazione della SMA I è quella di Bach. Secondo tale autore, la SMA tipo I può essere differenziata in tre categorie, esclusivamente secondo la compromissione del quadro respiratorio e nutrizionale:

  1. neonati che necessitano di supporto ventilatorio definitivo continuo e supporto nutrizionale non orale prima dei 5 mesi di età;
  2. neonati che sviluppano un’insufficienza respiratoria acuta come risultato di una tosse inefficace durante infezioni del tratto respiratorio superiore (URTIs, Upper Respiratory Tract Infections) e necessitano di supporto nutrizionale non orale prima dei 24 mesi di età;
  3. bambini che non sviluppano insufficienza respiratoria o non necessitano di supporto nutrizionale se non dopo i 24 mesi di età (circa il 10% di tutte le SMA I).

Solo le prime due categorie vengono definite “tipiche” e vengono considerate all’interno della sua trattazione. Tutti presentano un respiro paradosso che risulta in una deformazione del tronco caratterizzata da “pectus excavatum e un torace stretto e a forma di imbuto”. Le URTIs o le aspirazioni evolvono in polmonite e in insufficienza respiratoria, in particolare a causa della tosse inefficace (16).

Anche all’interno della sotto-classificazione di SMA tipo I non vi è quindi un accordo univoco. I clinici tendono per lo più a considerare i parametri di propria competenza, di tipo neuromotorio o respiratorio, nello stilare una classificazione, con il rischio di incomprensioni ed errori nei trial sperimentali e nella pratica clinica che possono compromettere l’ottimale gestione del paziente.

 

Indice

 
 
PREMESSA, ABSTRACT E INTRODUZIONEBackground e obiettivo; Strumenti e metodi; Struttura dell’elaborato
 

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3 

 
DISCUSSIONE e CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 
Allegati
 

Tesi di Laurea di: Sabrina RAPELLO

 

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