IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NELLO SVILUPPO NEURO E PSICOMOTORIO DEL NEONATO: relazione genitore-neonato, Family Centered Care nella Terapia Intensiva Neonatale (TIN), Developmental and Individualized Care per la famiglia
Capitolo III: il ruolo della famiglia nello sviluppo neuro e psicomotorio del neonato
- La centralità della relazione genitore-neonato
- La filosofia della Family Centered Care nella Terapia Intensiva Neonatale (TIN)
- Strumenti della Developmental and Individualized Care per la famiglia
La centralità della relazione genitore-neonato
Con il termine “genitorialità” si definisce “un insieme di comportamenti volti all'accudimento fisico e psichico del bambino, che comporta un investimento emotivo nella relazione con lui”. Essa si esprime tramite diverse attività che vengono promosse e compiute dal genitore per l’accudimento del figlio: funzione protettiva, funzione affettiva, funzione regolativa, funzione normativa, funzione predittiva, funzione significante, funzione rappresentativa e funzione triadica (35).
La “crescita biopsicosociale” dell’essere umano appare fin dai primi momenti di vita ed è strettamente correlata all’ambiente con il quale viene ad interagire. Nel primo periodo di vita un bambino ha bisogno di ricevere attenzione e considerazione, di essere amato, compreso e di poter esprimere i propri bisogni fisici ed emotivi all’adulto che, a sua volta, dovrà essere capace di riconoscerli, di rispondere e soddisfare, tramite soluzioni di sostegno e protezione appropriate. Il processo di sviluppo fisico e mentale è estremamente importante e delicato nei primi anni di vita del bambino. In questo processo di costruzione sono ugualmente rilevanti i bisogni fisici, gli stimoli mentali e le interazioni, già a partire dalla nascita. Questi momenti preziosi avvengono il più delle volte con i componenti della famiglia, che sono al centro delle prime e significative relazioni di un bambino (36). I primi 12 mesi di vita costituiscono quindi il periodo sensibile per la costruzione dell'attaccamento, con la figura di riferimento essenziale nel corso della vita, e della relazione primaria. La teoria dell’attaccamento, formulata per la prima volta alla fine degli anni 60 da J. Bowlby, propose una visione secondo cui l’essere umano manifesterebbe una predisposizione innata a sviluppare legami significativi con figure genitoriali primarie. Questi legami si sviluppano nei primi anni di vita e si mantengono relativamente stabili; lo stile di attaccamento del bambino definirà, in seguito, il suo comportamento nelle future relazioni sociali (37,38). In questa prospettiva, la caratteristica più importante dell'essere genitori è quella di fornire una 'base sicura' da cui il bambino possa partire per affacciarsi al mondo esterno e a cui possa ritornare, sapendo che sarà nutrito sul piano fisico ed emotivo.
La qualità del legame dipende da molti fattori, in particolare dalla qualità delle interazioni. Le dinamiche relazionali precoci, come confermano le evidenze, contribuiscono allo sviluppo di capacità cognitive e affettive, di abilità di regolazione e di tendenze fisiche ed emotive. Il bambino ha bisogno di sperimentare l'interazione affettiva reciproca con il genitore per interessarsi alle interazioni sociali e sviluppare relazioni di attaccamento sicure in età avanzata (39). Nel primo anno di vita il bambino è generalmente più attaccato alla madre. L’attaccamento materno è definito come “il legame emotivo della madre con il bambino”; la qualità dell'attaccamento materno è fortemente correlata alla relazione madre-bambino. Ad esempio, per quanto riguarda la popolazione pretermine, studi recenti hanno identificato un pattern di interazione madre-bambino pretermine caratterizzato da ridotta sensibilità materna, elevato controllo e iperprotettività, paure irrealistiche per la sicurezza del bambino e mancanza di responsività. Questa interazione anomala e disfunzionale determina uno stile genitoriale problematico in cui la madre ha difficoltà a riconoscere i punti di forza del bambino. Durane l’infanzia (0-2 anni), a causa di una bassa qualità del legame di attaccamento, i bambini possono presentare problemi d'alimentazione, difficoltà di linguaggio e più scarse capacità interattive (22,40).
Seppur la madre è comunemente riconosciuta come il “caregiver primario” anche il padre svolge un ruolo importante sia all’interno della famiglia (per la madre e per il bambino), sia per le dinamiche relazionali precoci. Nella prima infanzia i compiti fondamentali del padre sono quelli di proteggere la propria compagna nei periodi di cambiamento fisico e di instabilità emotiva e di favorire le condizioni per lo sviluppo della relazione diadica tra madre e bambino. Un ulteriore funzione del padre è quella di creare una nuova prospettiva in quanto il papà, inserendosi in seguito all’interno della relazione madre-bambino, sostiene e favorisce il processo di separazione e individuazione poiché attraverso di lui il bambino fa esperienza di nuovi legami e delle nuove possibilità di stare insieme (38).
In conclusione, come sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità (36), offrire cure responsive a neonati e bambini significa sintonizzarsi su ciò che dicono e sui segnali che mandano così da rispondere ai loro bisogni. Questo processo aiuta i bambini a sentirsi sicuri, protetti e a creare le basi per le relazioni affettive. Risulta significativo e essenziale fornire alle madri informazioni adeguate sullo sviluppo e sulla promozione di esso poiché tali conoscenze possono migliorano l'interazione madre-bambino, che a sua volta sembra avere un impatto positivo sullo sviluppo del bambino. L'implicazione clinica più importante, in particolare per i bambini nati prima del termine, dovrebbe essere quella di supportare una sana relazione genitore-bambino già durante la degenza ospedaliera in TIN, ma anche nei primi mesi di vita del bambino, e di aiutare i caregivers ad assumere un ruolo specifico nella cura dei loro bambini ricoverati, in quanto questo tende a migliorare la genitorialità. A conferma di ciò è stato dimostrato che i primi interventi individualizzati basati sulla famiglia durante il ricovero neonatale e il passaggio a casa riducono lo stress e aumentano l'autostima genitoriale, favorendo di conseguenza le interazioni positive tra genitore e bambino (39,40).
La filosofia della Family Centered Care nella Terapia Intensiva Neonatale
La Family Centered Care (FCC), o Assistenza Incentrata sulla Famiglia, è “un approccio di pratica assistenziale radicata nella convinzione che i risultati di salute ottimali si ottengono quando i familiari dei pazienti svolgono un ruolo attivo nel fornire supporto emotivo, sociale e nello sviluppo” (41).
Nell'unità di terapia intensiva neonatale una collaborazione tra famiglie e professionisti è ritenuta essenziale; la FCC considera infatti ogni bambino come inestricabilmente legato all’interno di un contesto più ampio, ovvero quello della propria famiglia. I membri della famiglia, in particolare i genitori, sono i naturali sostenitori e protettori del neonato per il quale i bisogni emotivi, sociali e di sviluppo sono urgenti. L'assistenza incentrata sulla famiglia è determinata dal coinvolgimento dei genitori, dalla comunicazione basata sulla reciprocità e sul rispetto e dalla presenza illimitata dei genitori nella Terapia Intensiva Neonatale. Nel modello FCC l’assistenza è adattata ai principi culturali ed etici del paziente e della famiglia, inoltre sono previste attività di sostegno alla famiglia e programmi gestiti con l’obiettivo di far fronte allo stress e all’ansia di avere un bambino in TIN e di sostenere la famiglia nella cura del proprio figlio. Per facilitare il coinvolgimento e l’inclusione dei genitori le unità di Terapia Intensiva Neonatale dovrebbero essere organizzate con l’apertura "24 ore su 24"; per facilitare la presenza attiva dei genitori, per conoscere il loro bambino e quindi a prepararsi per il passaggio a casa (41,42).
Gli elementi essenziali su cui si basa la FCC all’interno delle unità di Terapia Intensiva Neonatale sono:
- Promozione della presenza familiare in TIN tramite orari flessibili di visita;
- Partecipazione dei genitori al processo decisionale;
- Partecipazione e coinvolgimento dei genitori nel caregiving;
- Accompagnamento dei genitori alla cura del neonato e all’aggiornamento rispetto le sue condizioni e le possibili strategie di supporto e aiuto;
- Favorire una comunicazione aperta e un rapporto di sostegno reciproco fra personale e genitori;
- Supportare la transizione a casa;
- Sostenere e accogliere la sofferenza della famiglia quando un bambino muore;
Partendo dai principi della FCC bisogna inoltre evidenziare che il neonato prematuro, ricoverato all’interno delle unità di Terapia Intensiva Neonatale, è un paziente vulnerabile a causa della sua immaturità fisiologica. Per questo motivo negli ultimi decenni si è definita e instaurata un'assistenza di tipo neuro-evolutivo, basata sui concetti del neurosviluppo e del neuro-comportamento, con l'obiettivo di fornire la migliore assistenza possibile e l'ambiente più adatto per il sostegno e la promozione dello sviluppo fisico e cognitivo di questi piccoli neonati nonché del processo di attaccamento tra il bambino e i suoi genitori. Le crescenti evidenze scientifiche sullo sviluppo dei neonati prematuri fanno da base per la messa a punto di programmi individualizzati di intervento multidisciplinare e di tipo evolutivo che coinvolgano precocemente i genitori nell'accudimento del loro bambino; su questi principi si base la Infant and Family Centred Individualized Developmental Care (IFCIDC) (17,22). Questo modello di assistenza trova le sue radici nelle teorie della dottoressa Als sul metodo NIDCAP (Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program; capitolo 2, paragrafo 2.1) e nelle teorie del dottor Brazelton sullo sviluppo neurocomportamentale del bambino, partendo dal concetto che il neonato è un essere sociale e propositivo, in grado di contribuire attivamente nella relazione con le figure di riferimento fino all’utilizzo della scala di valutazione del comportamento del neonato (NBAS - Neonatal Behavioral Assessment Scale) per descrivere e valorizzare le caratteristiche individuali del singolo bambino, ricercando la “best performance”, e aiutando così i genitori a comprendere maggiormente il proprio figlio e il proprio ruolo genitoriale (43).
I pilastri fondamentali della IFCIDC sono le cure “sensibili”, modulate sui segnali e sul comportamento del neonato, che “guida” gli operatori a un’assistenza individualizzata e focalizzata sui propri bisogni neuroevolutivi, e al coinvolgimento dei genitori nell’assistenza del proprio bimbo. Quindi gli obiettivi principali sono la riduzione dello stress e del dolore del bambino e della famiglia, la promozione dell'autoregolazione del neonato e del suo sviluppo neurologico, cognitivo e psicomotorio nonché il sostegno alla costruzione del legame di attaccamento (17). In questo contesto rientra il Terapista delle Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE) che, all’interno della TIN, progetta un piano di intervento individualizzato, in collaborazione con l’equipe multidisciplinare e con la famiglia. Pertanto il TNPEE, attraverso l'osservazione diretta, la valutazione neurocomportamentale, l'intervento, la consultazione, l'accompagnamento del genitore, stabilisce relazioni collaborative e terapeutiche con la famiglia al fine di promuovere il ruolo dei genitori come caregivers primari, sostenere l'attaccamento e garantire una transizione di successo dall'ospedale al domicilio (44). Il terapista è pertanto integrato nell’equipe assistenziale della TIN/Neonatologia.
Partendo dalla filosofia della FCC e dal modello dell’IFCIDC si concretizzano, all’interno delle TIN, varie proposte di programma di interventi; in particolare dalla letteratura emerge che gli interventi di cura centrati sulla famiglia in TIN possano essere raggruppati in 2 gruppi principali: quelli incentrati sull'offerta di educazione dei genitori e quelli più incentrati sul modello di cura da parte dei genitori. Esistono poi modelli che combinano le due modalità, come il programma Family Integrated Care basato sul team e sul sostegno fra pari tra genitori, che ha lo scopo di migliorare la partecipazione dei genitori, permettendo loro di assumersi la responsabilità e l’assistenza attiva, con supervisione, della maggior parte delle cure al proprio bambino. Si forniscono ai genitori supporti psicologici, con professionisti specializzati e gruppi con genitori senior, debitamente formati, che hanno avuto precedenti esperienze di ricovero di un bambino in TIN (es. progetto “Genitori Senior” dell’associazione Piccoli Passi Onlus della Neonatologia dell’Università di Torino). Fondamentali anche spazi dedicati, come una stanza per riposare e un’area cucina. (17,45).
Secondo gli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato, le strategie per implementare questo approccio devono essere basate sul supporto dell’unità neonato-genitori e sul coinvolgimento dei genitori come principali caregivers, anche rispetto le scelte decisionali. Dal punto di vista pratico, l’implementazione richiede la promozione del bonding, o attaccamento, tramite un precoce e continuo contatto pelle a pelle tra la mamma/papà ed il loro bambino, oltre che con la promozione ed il supporto dell’allattamento al seno. Viene inoltre posta l’attenzione sull’ambiente sensoriale, di fondamentale importanza in quanto è stato dimostrato che le esperienze sensoriali precoci hanno un impatto significativo sul neurosviluppo. Le strategie di supporto per le famiglie, tra cui l’assistenza socioeconomica e la protezione della salute mentale, giocano un ruolo rilevante all’interno della care familiare. Il piano assistenziale individualizzato, fondato sui principi della FCC e della IFCIDC e concretizzato per mezzo delle strategie sopraelencate, deve essere programmato insieme ai genitori (17).
Strumenti della Developmental and Individualized Care per la famiglia
Si è assistito, negli ultimi decenni, allo studio e all’implementazione di strumenti indirizzati in maniera specifica al sostegno dello sviluppo attraverso il coinvolgimento della famiglia, riducendo la separazione tra genitori e neonato.
Di seguito sono riportati i principali strumenti utilizzati all’interno dei programmi di assistenza personalizzata ed evolutiva con il coinvolgimento dei genitori
- La Kangaroo Care (KC - Metodo marsupio) o cura Skin to Skin (cura pelle a pelle), presentata per la prima volta nel 1978 in Colombia dai neonatologi E. Rey e H. Martinez, è un metodo facile e potente per promuovere la salute e il benessere dei bambini nati pretermine e a termine. I benefici tratti da questo metodo sono molteplici e includono: maggiore controllo della termoregolazione e diminuzione del rischio di ipotermia, lieve aumento della crescita staturo-ponderale, maggiore adattamento e stabilizzazione del neonato, migliore ossigenazione e stabilizzazione della frequenza respiratoria e cardiaca, riduzione dello stress neonatale e aumento dell’organizzazione degli stati sonno-veglia, minor sensazione di dolore durante procedure mediche dolorose. La Kangaroo Care offre inoltre l’opportunità di avviare l’avvicinamento al seno e promuovere l’allattamento, con maggiori probabilità di successo e di durata; per questo motivo si consiglia di utilizzare questa pratica anche dopo le dimissioni ospedaliere. Il contatto pelle a pelle può aiutare i genitori e il loro bambino a conoscersi: consiste nel porre il neonato sul genitore in posizione verticale petto contro petto, posizionando la testa in leggera estensione, le braccia e le gambe flesse vicino al tronco e le mani verso il viso e la bocca. Si può evitare la dispersione termica coprendo il neonato con i vestiti del genitore e se necessario, anche con una copertina. I genitori, seduti su una sedia/sdraio o su un letto comodo, acquisteranno più fiducia ed autostima grazie alla vicinanza e all’accudimento del proprio figlio. La cura pelle a pelle può essere effettuata in TIN, in subintensiva o in reparto maternità e può essere proposta da tutti gli operatori sanitari e dal genitore stesso, dopo previa valutazione delle condizioni mediche del neonato. La KC deve essere fatta in assoluta tranquillità e senza vincoli di orari poiché è necessario che venga fatto per un tempo prolungato (minimo 60/90 minuti) e frequentemente (46,47) .
- Le esperienze sensoriali precoci sono di fondamentale importanza per lo sviluppo, ma devono essere a misura del singolo neonato. Una particolare attenzione deve essere posta all’ambiente sensoriale intorno al bambino, in particolare bisogna evitare le sovrastimolazioni ma anche la deprivazione dovuta dalla separazione del corpo materno. In base al quadro clinico, all’EG, alla maturazione del neonato si possono proporre varie esperienze sensoriali, utili sia per aiutare il bambino nell’autoregolazione che per favorire il legame con i genitori.
Come proposta uditiva viene prediletta la voce umana, poiché può aiutare a ridurre lo stress infantile, promuovere l'attaccamento e facilitare lo sviluppo neurologico, di comunicazione e sociale. All’interno della TIN un esempio di intervento vocale precoce è l’Early Vocal Contact che viene promosso dai genitori tramite la parola, il canto lieve. Anche la lettura ai bambini in TIN dovrebbe essere incoraggiata per i benefici effetti a breve e lungo termine, sia sullo sviluppo del neonato che per il genitore.
Tra le esperienze posturomotorie e tattili/propriocettive si può considerare il ruolo della cura posturale, dell’handling, dell’holding, del wrapping, del tocco dolce.
Per cura posturale si intende l’utilizzo delle posizioni del corpo per sostenere la maturazione delle singole funzioni e favorire la flessione degli arti persa con la nascita prematura. Influisce sulla stabilità posturale e sulla qualità del movimento spontaneo. È personalizzata, evolutiva, finalizzata a privilegiare la funzione prioritaria in un dato momento maturativo, va integrata con micro e macroambiente ed occorre sensibilizzare e coinvolgere attivamente il genitore. Lo strumento base è il nido.
Handling, ovvero delle modalità di muovere e spostare il neonato finalizzate a ridurre le esperienze negative (es. contatto più palmare che digitale, utilizzo l'avanbraccio per stabilizzare e contenere).
Holding: è una modalità di contenimento con le mani ferme e gli avambracci dell’adulto, o con il corpo dell’adulto, per aiutare il bambino nei momenti di instabilità corporea ed emotiva. La persona che lo "contiene" diventa essa stessa il nido del neonato, offrendo una stabilizzazione assiale e distale tramite il posizionamento di una mano ferma sul capo del neonato e una a raccogliere le gambette verso il suo petto.
Wrapping: modalità per avvolgere e contenere il neonato in un lenzuolino, in posizione flessa, con le mani vicino al viso, per contenerlo soprattutto durante gli spostamenti, al fine di ridurre le eccessive sollecitazioni vestibolari che potrebbero causare instabilità neurovegetativa e perdita di stabilità posturomotoria. Può essere proposto per facilitare l’alimentazione, per favorire le prime esperienze relazionali, nei neonati con scarso controllo assiale , durante le procedure dolorose, nei primi bagnetti (48,49)
- Facilitazioni per l’organizzazione degli stati comportamentali, i ritmi sonno-veglia, le prime interazioni sociali.
- Facilitazioni non farmacologiche per il dolore
- Le cure neonatali dovrebbero includere servizi di sostegno per le famiglie. Questi servizi dovrebbero comprendere strutture dedicate alla famiglia (es. spazio per i fratelli, zone relax, zona cucina) e strutture che permettano ai genitori e al bambino di stare il più possibile insieme. Utile anche la disponibilità di sistemazioni a prezzi agevolati per i genitori che abitano lontano e che esprimono il desiderio di rimanere vicino al figlio per ridurre il disagio e il tempo dei viaggi quotidiani. Di estrema importanza è il sostegno psicosociale offerto alle famiglie, che può essere allargato anche ai nonni e ai fratelli, oltre al già citato servizio di psicologia per i colloqui con la famiglia e il supporto dei “Genitori Senior”. (17,50,51).
- Il contatto tra madre e figlio, che si realizza immediatamente dopo la nascita, dovrebbe continuare offrendo alla madre la possibilità di tenere sempre il bambino con sé. Praticare il rooming-in, permettere cioè alla madre e al bambino di restare insieme 24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale, migliora il legame materno-infantile, facilita la promozione dell’allattamento al seno (dove possibile) e permette un contatto più stretto con il padre e gli altri familiari; rappresenta inoltre un vantaggio di tipo finanziario poiché riduce i ricoveri. Il rooming-in, che può essere gestito in vari modi in base alla struttura ospedaliera, si fonda sul principio di consentire alla madre libero e facile accesso al neonato grazie alla sua vicinanza fisica (52). Rispetto alle nascite premature la pratica del rooming-in non è sempre possibile in quanto bisogno tenere conto delle fragilità e delle necessità specifiche che questi neonati presentano. Uno studio sulla popolazione pretermine supporta l'idea che la maggior parte dei neonati pretermine, in particolare quelli >1750 g, possono rimanere in sicurezza vicino alla madre in ogni momento durante la degenza ospedaliera, con benefici sia clinici che finanziari. I neonati <1750 g dovrebbero essere valutati attentamente per decidere se il rooming-in sia l'opzione migliore (53). In considerazione dell’età gestazionale non viene indicato un determinato periodo in cui i bambini siano pronti alla pratica del rooming-in; uno studio italiano considera però possibile e non negativa l’assistenza postnatale in rooming-in per i bambini late preterm, se non necessario o non più necessario il ricovero in terapia intensiva o subintensiva, quindi sulla base delle condizioni cliniche (54). Pertanto, anche se il rooming-in si configura come uno strumento estremamente utile per la famiglia non è comunque una pratica comune e condivisa in tutte le unità di Neonatologia. Risulta significativo sottolineare che la concretizzazione degli obiettivi di massima vicinanza e presenza dei genitori della Individualized and Developmental Care viene attuata tramite l’apertura delle TIN/Patologie Neonatali/Terapie Minime 24 ore su 24. La promozione del libero accesso in reparto, come raccomanda il Ministero della Salute insieme alla Società Italiana di Neonatologia (SIN) e Vivere Onlus, permette alla famiglia di costruire un legame con il proprio figlio e di prendere parte in maniera attiva alle cure, in assoluta tranquillità e senza limiti di tempo (55).