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Cenni sull’emofilia e sull’artropatia emofilica

L’Emofilia

L’emofilia è una malattia emorragica, rara, ereditaria, causata dalla carenza o assenza di uno dei fattori della coagulazione del sangue. E’ determinata da un’anomalia genetica sul cromosoma sessuale X, preposto alla sintesi di questi fattori.

I fattori della coagulazione sono proteine plasmatiche che partecipano a una serie complessa di fenomeni finalizzati all’arresto del sanguinamento (emostasi). Essi hanno funzionamento “a cascata”: ciascuno di essi funge da attivatore del fattore successivo fino alla trasformazione in fibrina, tramite l’attivazione della trombina, che consente la stabilizzazione del tappo piastrinico.

Nel soggetto emofilico l’assenza di uno di questi fattori comporta un’alterazione nell’attivazione della trombina, pertanto si avrà la formazione del tappo piastrinico (tipico dell’emostasi primaria), ma non la stabilizzazione del coagulo da parte della rete fibrinica (emostasi secondaria). Questo può determinare l’insorgenza di emorragie, anche a seguito di lievi traumi.

La trasmissione di questa patologia è di tipo recessivo per cui tende a manifestarsi quasi esclusivamente nei maschi, mentre le femmine sono generalmente portatrici sane.

Le differenti forme di questa patologia sono:

  • l’emofilia A: la forma più comune costituisce l’85% dei casi, causata da un difetto della sintesi del fattore VIII;
  • l’emofilia B o malattia di Christmas: legata alla carenza del fattore IX;
  • l’emofilia C o malattia di Rosenthal: legata alla carenza del fattore XI.

L’incidenza della malattia è pari a 1/10000 nati vivi, per l’emofilia A, 1/50000, nell’emofilia B; minore nel caso dell’emofilia C.

Le manifestazioni cliniche sono rappresentate da emorragie post traumatiche, spontanee (solo nelle forme più gravi) o secondarie a interventi chirurgici, anche di lieve entità.

I distretti interessati più di frequente sono:

  • Mucose (epistassi, emorragie del cavo orale e gastroenteriche);
  • Cute;
  • Articolazioni;
  • Apparato urinario (in conseguenza all'aumento di ematuria).

Si possono distinguere tre livelli di gravità, in base alla percentuale del fattore coagulante nel plasma:

  • forma lieve: la quantità residua di fattore deficitario oscilla tra il 5-25%; per tale ragione la diagnosi è spesso tardiva;
  • forma moderata: la percentuale residua del fattore è compresa tra l’1-5%. In questo caso il rischio di sviluppo di emorragie è contenuto, così come non sono frequentemente osservati importanti problemi osteo-articolari;
  • forma severa o grave: l’attività coagulativa è inferiore all’1%. Le persone affette da questa forma hanno un’alta probabilità di sviluppare emorragie, anche apparentemente spontanee o dopo piccoli traumi, a livello di numerosi apparati, incluso quello muscoloscheletrico con problemi articolari cronici e riduzione della mobilità articolare. Di conseguenza il soggetto presenta compromissioni, di grado variabile, nelle attività della vita quotidiana (ADL).

Le complicanze

Le complicanze a cui questi pazienti possono andare incontro sono correlate alla gravità, alla sede e alla frequenza delle emorragie. Possono riassumersi:

  • Emartri: emorragie intra-articolari;
  • Emorragie extra-articolati: si verificano a livello muscolare, retroperitoneale e osseo;
  • Pseudocisti calcificate: esito di emorragie a livello intramuscolare;
  • Pseudo tumori: esito di emorragie a livello del periostio, causati dal mancato riassorbimento dell’ematoma e dalla conseguente compressione di questo sui tessuti circostanti;
  • Complicanze neurologiche soprattutto a carico del nervo femorale;
  • Ematuria conseguente a lesioni di entità variabile determinate dalla presenza di calcoli a livello dell’apparato escretore.

Gli episodi emorragici a livello muscolare, possono essere anche causa, quando ripetuti, di atrofia, sindrome compartimentale, fibrosi e contratture; i muscoli più interessati sono l’ileo-psoas e il quadricipite femorale.

Un’altra complicanza rilevante è rappresentata dall’emorragia intracerebrale, potenzialmente letale, il cui rischio nel corso della vita è pari al 2-8%. (1)

L’Emartro

L'emartro (dal greco, haima - sangue e arthron - articolazione) è un versamento di sangue all’interno dell’articolazione, caratterizzato dai seguenti segni clinici:

  • Tumor: gonfiore;
  • Calor: calore;
  • Rubor: arrossamento;
  • Dolor: dolore;
  • Functio lesa: impotenza funzionale;

E' stata identificata una diversa incidenza di emartri tra le articolazioni. Le articolazioni-bersaglio, secondo un'approssimazione percentuale, sono le seguenti:

ginocchio (45%), gomito (20%), caviglia (15%), anca (4%), spalla (3%), polso (3%). (1)

Il ripetersi, nel tempo di tali episodi emorragici determina una sinovite reattiva, ovvero un infiammazione del tessuto sinoviale. Il rischio per il paziente corrisponde ad una limitazione funzionale e, all'aggravarsi dell'infiammazione, ad una degenerazione cronica e progressiva di tutte le strutture articolari, nominata artropatia emofilica. (2)

Il trattamento dell’Ematro

Le linee guida tracciate dalla World Federation of Haemophilia (3) raccomandano: un giorno di riposo, seguito da 3-4 giorni durante i quali si consiglia di evitare i movimenti che sollecitano eccessivamente l’articolazione. E’ possibile ricorrere all’utilizzo di ausili (p.e. carrozzina, canadesi) durante gli spostamenti e i passaggi di posizione. Inoltre è raccomandato l’uso del ghiaccio in prossimità dell’articolazione infiammata.

Successivamente al periodo di immobilizzazione, è fondamentale recuperare la mobilità e la motilità articolare, tramite mobilizzazione passiva e/o attiva assistita ed esercizi in contrazione muscolare isometrica, da ripetere più volte al giorno, facendo attenzione a non forzare mai le articolazioni, aumentando progressivamente l’intensità dell’esercizio. (4)

L’Artropatia Emofilica

E’ un quadro clinico caratterizzato da importante sintomatologia algica, progressiva deformità articolare, riduzione e rigidità articolare. Ne consegue una progressiva alterazione nella postura e nell’equilibrio, a loro volta potenziali fattori di rischio per la formazione di nuovi emartri. (5)

Nelle fasi successive la mobilità si riduce ulteriormente determinando una graduale e progressiva perdita della funzione. (6)

Le deformità articolari di più comune osservazione sono rappresentate da:

  • valgismo di ginocchio con extrarotazione tibiale;
    • varismo del ginocchio con intrarotazione;
    • piattismo;
  • valgismo del gomito.

 

Strumenti per la valutazione

La valutazione delle condizioni articolari è un punto fondamentale per gestire il quadro clinico dei pazienti con artropatia emofilica. Recenti studi identificano come strumenti per la valutazione:

  • Haemophilia Joint Health Score (HJHS): usata per misurare la compromissione articolare; monitorare il cambiamento del quadro clinico nel tempo e consentire la valutazione dell'efficacia dei regimi di trattamento in bambini che ricevono la terapia profilattica o on-demand. (7)
  • Childhood Health Assessment Questionnaire (CHAQ₃₈): valutazione funzionale in forma di questionario, rivolta ai genitori; valuta la capacità funzionale del paziente nel corso della settimana. Si compone di 8 categorie e analizza i parametri di disabilità, disagio, dolore; al momento è stata validata per i pazienti affetti da artrite giovanile idiopatica. (8)
  • Paediatric Haemophilia Activities List (PedHAL): valutazione funzionale, in forma di questionario, rivolta ai genitori (per i bambini tra i 4-14 anni) e al bambino o al ragazzo (8-17 anni). Valuta la frequenza e il numero di attività della vita quotidiana limitate dalla presenza di emartri nel corso dell’ultimo mese. (9)
  • La valutazione computerizzata del cammino (Gait analysis), riveste un ruolo significativo nell’identificazione di artropatia emofilica, in particolare all’esordio. (10)

La Terapia

Negli anni ’70 e ’80 la terapia dell’emofilia consisteva nell’infusione del plasma umano, contenente i fattori della coagulazione carenti nel soggetto affetto; tuttavia questa pratica, non sottoposta ad adeguati trattamenti di controllo, ha determinato il verificarsi di numerosi casi di trasmissione di malattie infettive, quali epatite B e C, e virus dell’HIV.

Attualmente la terapia farmacologica è basata sulla somministrazione endovenosa del fattore sostitutivo carente, ottenuto mediante la tecnica del DNA ricombinante: questo tipo di terapia, recentemente ottenuta grazie ai progressi dell’ingegneria genetica, ha modificato radicalmente la prognosi delle persone affette da emofilia.

Tipologia di intervento terapeutico: la terapia può essere somministrata “al bisogno” (in lingua inglese il termine è “on demand”) o per profilassi.

La terapia on-demand viene effettuata in seguito a episodi emorragici o in fase preoperatoria; in questo modo si arresta l’emorragia nel momento in cui si verifica, limitandone i danni.

La profilassi viene scelta come terapia nel caso sia possibile somministrare con costanza il fattore ricombinato. Questa terapia ha un notevole vantaggio: previene l’insorgenza di emartri, riduce l’incidenza dei versamenti, limitando il verificarsi di episodi emorragici. Inoltre, la profilassi è praticabile anche al domicilio dal paziente stesso o da un suo familiare. (11). Il principale svantaggio è l’elevato costo della terapia.

Esigenze di trattamento: è stato verificato che soggetti affetti da emofilia in forma grave traggono maggior beneficio da una terapia sostitutiva profilattica.

Le persone affette da una forma moderata, in genere, non necessitano di una terapia sostitutiva continuativa, ma possono riceverla come profilassi in occasioni ad alto rischio, come gli interventi chirurgici, le estrazioni dentarie ecc.

I soggetti con forma lieve generalmente utilizzano la terapia on-demand.

La principale complicanza della terapia con fattore sostitutivo è rappresentata dallo sviluppo di inibitori del fattore VIII o IX: anticorpi che si legano al fattore somministrato e lo neutralizzano impedendogli così di intervenire nel meccanismo della coagulazione. Questa condizione si verifica nel caso dell'emofilia A in circa il 17% dei casi con forma grave, nel 3,5% dei casi con forma moderata e nel 0,7% dei pazienti con forma lieve.  (1)

La presenza di inibitori viene sospettata quando il trattamento con fattore sostitutivo risulta essere meno efficace del previsto. (12)

L’emofilia è attualmente una malattia con aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione sana.

Tuttavia l’approccio multidisciplinare risulta importante per la gestione dell’artropatia emofilica. (13) Un adeguato piano di trattamento fisioterapico, assieme ad una corretta gestione della terapia farmacologica, possono essere utili per prevenire la strutturazione di deformità muscoloscheletriche e mantenere una buona qualità di vita.  

La fisioterapia risulta importante nel trattamento dell’artropatia, quanto nella prevenzione. (14)

Negli ultimi decenni i soggetti affetti da emofilia vengono sensibilizzati sull’importanza del praticare attività fisica, anche se i risultati sono inferiori alle aspettative. Esistono numerose pubblicazioni a riguardo e dimostrano l’efficacia dell’intervento riabilitativo protratto per un lungo periodo di tempo (12 mesi) nell’aumento del range of movement articolare, miglioramento della gestione del dolore e un rallentamento del decorso patologico. (15)

Rimane presente una ritrosia nel seguire attività fisica, giustificata dalla paura dei soggetti di incorrere in dolorosi emartri, oltre ad essere ancora ridotto il numero dei soggetti adeguatamente seguiti dalla terapia medica. (16)

La World Federation of Haemophilia, nel 2006, ha definito linee guida per il management dell’emofilia; esiste un capitolo dedicato alle raccomandazioni terapeutiche per mantenere la mobilità articolare, la forza muscolare e l’equilibrio. Oltre a questo argomento l’organizzazione ha pubblicato un articolo che definisce numerosi esercizi specifici per ciascuno dei distretti interessati dalla patologia, tuttavia tali indicazioni non sono ancora state validate da studi clinici. (17)

 

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