INTRODUZIONE - L'importanza della Valutazione e del Trattamento Neuro e Psicomotorio dello Schema Corporeo nel bambino con Paralisi Cerebrale Infantile
Il concetto di schema corporeo nasce alla fine del XIX secolo all'interno della neurologia, nel tentativo di dare una spiegazione ad una serie di disturbi allora di difficile comprensione. Si susseguirono dunque varie correnti di pensiero al fine di porre una definizione univoca di schema corporeo che racchiudesse tutte le sue molteplici sfaccettature. [26]
Alcuni autori affermano che, attraverso le varie sensazioni cenestesiche, o di altro genere, si costituisca uno schema unitario del nostro corpo e che tale schema possa essere alterato in particolari condizioni patologiche (somatoagnosia, arto fantasma ecc). [26]
Con il passare degli anni e dei vari studi vengono fornite diverse nomenclature prima di arrivare a quella definitiva di schema corporeo: Pick lo definisce autotopognosia, Head modello o schema posturale, fino alla formulazione di Schilder di schema corporeo.
Schilder definisce il concetto di schema corporeo attorno al 1924 e la sua elaborazione godrà di grande successo grazie alla proposta di una visione globale ed interdisciplinare che cercava di superare la grande scissione fra soma e psiche.
Egli riteneva che lo schema corporeo si formasse tramite l'integrazione delle sensazioni (visive, tattili, cinestesiche, ecc) e dei vissuti essenziali ed emotivi del singolo soggetto. [28]
Ad oggi la definizione più accettata, e completa, afferma che lo schema corporeo è “consapevolezza del corpo, là e in un preciso istante, nella risposta adattiva” [27]; questa unisce l'uso, la consapevolezza dell'uso e la consapevolezza del corpo stesso.
Nei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile (PCI) lo schema corporeo risulta essere, in modo più o meno grave, compromesso a causa delle problematiche percettive e motorie connesse alla patologia stessa.
Il presupposto per l'attivazione motoria dei segmenti corporei ipomobili è la loro inclusione nello schema corporeo del bambino; questo va ad evolversi progressivamente e tardivamente soprattutto perché il suo sviluppo si basa su esperienze propriocettive e cinestesiche che risultano essere compromesse nei bambini con paralisi cerebrale infantile. [31]
Il trattamento neuro e psicomotorio presta attenzione a questi aspetti aiutando il bambino nel controllo e nella conoscenza del proprio corpo durante le attività quotidiane.
Generalmente però, riferito ai bambini con PCI, si sente parlare quasi unicamente di trattamento fisioterapico il quale è mirato soprattutto al funzionamento fisico, tralasciando così l'importanza del trattamento neuropsicomotorio.
Bisogna però insistere nell'indurre la formazione quanto più possibile completa dello schema corporeo, anche nei suoi aspetti cinetici, sia con la mobilizzazione passiva e attiva di tutti i segmenti corporei, sia con il richiamo costante alla loro rappresentazione che è di grande aiuto per la stabilizzazione e l'automatizzazione dell'immagine motoria di sé. [31]
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Tesi di Laurea di: Marta SALVIO |