L'AUTISMO
L'AUTISMO
Dott. Marco Valerio Benvenuti
Che cos’ è l'Autismo
Autismo deriva dal greco "αὐτός" che significa "se Stesso". Il disturbo fu descritto in termini di specifica sindrome patologica per la prima volta nel 1943 dal Dr. Leo Kanner che parlò di autismo infantile precoce. L'Autismo è un disturbo dello sviluppo caratterizzato da deficit nell'interazione sociale e nella comunicazione, con manifestazioni quali i comportamenti ripetitivi e gli interessi circoscritti. Può essere primario, oppure secondario quando si manifesta in conseguenza di anomalie genetiche, cromosomiche, infettive o traumi che colpiscono precocemente il Sistema Nervoso Centrale.
Come riconoscere l'Autismo
Nell'ambito delle anomalie dello sviluppo neuropsichico ad insorgenza precoce i Disturbi dello Spettro Autistico (DSA) sono costituiti appunto dall'autismo e sindromi correlate, il quale si presentano con peculiari aspetti clinici che interferiscono in modo significativo con lo sviluppo neuropsichico nel corso dei primi anni di vita. Nel Manuale dei Disturbi Mentali DSM-IV, l'autismo rientra nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
Le alterazioni principali del disturbo autistico comprendono primariamente:
-Sviluppo sociale: tendenza all'isolamento, povertà nella ricerca spontanea dell'altro, evitamento del contatto oculare e difficoltà nel comprendere emozioni e sentimenti altrui;
-Competenze comunicative: anomalie della comunicazione verbale e non verbale, patrimonio lessicale povero, comprensione verbale frequentemente inadeguata, presenza di ecolalia e inversioni pronominali, mancanza di intenzionalità comunicativa e del gesto a scopo dichiarativo (che in condizioni normali esprime l'interesse da parte del bambino nel condividere oggetti e emozioni).
-Modalità ripetitive di comportamento: stereotipie motorie, manierismi, interessi ristretti che si estendono a veri e proprio rituali o routine (ad esempio seguire il medesimo percorso per raggiungere un luogo), una resistenza attiva al cambiamento dell'ambiente circostante, che se mutata improvvisamente può scatenare reazioni di ansia e agitazione, deambulazione afinalistica. Tali manifestazioni cliniche si osservano per definizione entro i 3 anni.
Comprendiamo meglio i deficit dell'Autismo
Con l'aumento delle conoscenze e dell'attenzione scientifica riguardante i disturbi dello spettro autistico, appare sempre più evidente la grande eterogeneità di ciò che la nosografia attuale, con i suoi criteri, definisce “Autismo”. Negli ultimi anni, la nozione di Autismo come “spettro”, vale a dire come un continuum di condizioni che esprimono in modi anche assai diversi alcuni aspetti fondamentali comuni ha raggiunto un largo consenso anche dal punto di vista categoriale. Per comprendere meglio il possibile core dei deficit cognitivi specifici, i loro fondamenti biologici e la natura della profonda disabilità sociale e comunicativa che caratterizza questa condizione, sono stati elaborati alcuni modelli esplicativi sulla base di ricerche empiriche e anni di approfondimenti diagnostici.
In grandi linee, i principali modelli esplicativi sono:
deficit della teoria della mente (ad es.: Leslie 1986; Baron-Cohen 1989; Perner 2001; Surian 2004) che ipotizzano una disfunzione a qualche stadio dell’acquisizione di una “teoria della mente”, vale a dire la capacità di comprendere e interpretare gli stati mentali di se e degli altri che di conseguenza limiterebbe alla reciprocità sociale e alla capacità relazionale. Questo modello spiegherebbe ad esempio come questi bambini possano giocare con i loro genitori senza mostrare comportamenti di attenzione condivisa/congiunta che implica appunto la comprensione dello stato mentale dell'altro.
Le ipotesi di un deficit delle funzioni esecutive programmatorie, di monitoraggio dell’azione e delle sue conseguenze. Le funzioni esecutive sono infatti un insieme di capacità che ci permettono di per pianificare l'iniziativa finalizzata e di programmare il pensiero e quindi le azioni. In questo modello, il disturbo neuropsicologico di base intralcerebbe l’organizzazione e la percezione dell’esperienza.
L’ipotesi di un deficit di coerenza centrale (Frith, 1989; Happé, 2001) che ipotizza una difficoltà nelle operazioni di “sintesi” e integrazione dell’informazione e delle sue componenti cognitive ed affettive. Nei soggetti autistici sembra esservi una prediposizione cognitiva nel focalizzare l'attenzione su i dettagli piuttosto che al contesto nella sua interezza. Ad esempio nei test clinici, i soggetti con sviluppo tipico ripetono più facilmente frasi sensate rispetto a frasi senza senso, i soggetti con autismo fanno il contrario.
La prospettiva del deficit primario nella relazione interpersonale elaborata da Hobson (1990, 1993), il quale sostiene che i bambini con autismo non siano in grado di percepire le espressioni delle emozioni di chi si prende cura di loro. e che quindi non imparino a riconoscere e a manifestare gli stati mentali ed emotivi osservando gli adulti e condividendo con loro tali pensieri ed emozioni.
La teoria della simulazione mentale che porta a ritenere che i bambini con disturbo autistico non riescano ad entrare in relazione con gli altri perche nel loro sistema nervoso è alterato il funzionamento dei cosiddetti ''neuroni-specchio'', ossia i circuiti nervosi che permettono di osservare e capire le azioni delle persone vicine. I neuroni-specchio, funzionano proprio come uno specchio perché riproducono nel cervello azioni o stati d'animo osservati su qualcuno di fronte a noi.
La prospettiva della “mente inattiva” che tende ad individuare la radice delle difficoltà sociali dei bambini con autismo nella direzione del loro sguardo, il quale, in molte situazioni, tende a concentrarsi su aspetti poco rilevanti per la comprensione di situazioni sociali. Si tratterebbe di un disturbo innato che impedisce di fare esperienze adeguate nelle situazioni interattive e quindi di acquisirne il senso nella propria mente.
I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono più comuni nella popolazione pediatrica rispetto ad altri disturbi più noti come il diabete, la spina bifida o la sindrome di Down. Studi di prevalenza sono stati eseguiti in alcuni stati Americani come pure nel Regno Unito, in Europa e in Asia e le stime di prevalenza variano da 2 a 6 casi per 1.000 bambini. Questa ampia variabilità nella prevalenza indica la necessità di eseguire screening precoci e più precisi per i sintomi dello spettro autistico. Quanto prima si effettua la diagnosi, tanto meglio si inizia ad aiutare il bambino attraverso l’attuazione di interventi terapeutici mirati e personalizzati.
Come intervenire:
La programmazione di un piano di intervento individualizzato varia a seconda del grado di autonomia sociale del bambino che è largamente influenzato dal livello intellettivo (un Q.I. maggiore di 70 indica una prognosi favorevole) e dalla comparsa di un linguaggio comunicativo entro i 5 anni. Le linee guida indicano di seguire un approccio universale basato sul potenziamento della socialità tramite la stimolazione alla comunicazione e all’espressione, in tutte le sue componenti (verbali e gestuali) mediante immagini e compiti strutturati. Il miglioramento dell’espressione, nella pratica clinica dell’autismo, risulta essere un elemento chiave per la riduzione dei comportamenti stereotipati e aggressivi spesso dovuti dalla frustrazione maturata dall’incapacità/povertà di esprimere pensieri ed emozioni.
Vari tipi di approcci terapeutici vengono proposti per il trattamento dei sintomi autistici tra cui anche quello farmacologico; di seguito una breve descrizione dell’approccio comportamentista ABA - Applied Behavioural Analysis.
ABA - Applied Behavioural Analysis
Con questa sigla si fa riferimento ad una delle tecniche comportamentali più note e più conosciute nell’ambito dell’educazione di persone con autismo. Tale metodologia è basata sull’assunto che le conseguenze piacevoli possono promuovere un buon comportamento (tramite gratificazioni o rinforzi positivi) e le conseguenze spiacevoli, come le punizioni o rinforzi negativi, possono ridurre un comportamento inappropriato o eccessivo.
Il core della sintomatologia autistica è infatti caratterizzato da specifici eccessi e deficit comportamentali. Gli eccessi sono comportamenti che si manifestano con intensità o frequenza che non è appropriata, i deficit comportamentali rappresentano quei comportamenti che non vengono messi in atto con l’adeguata forza o che non sono esibiti. Il metodo prevede l’individuazione dell’obiettivo centrale e il suo raggiungimento tramite una programmazione strutturata di intervento nel quale si procede step by step. In questo tipo di percorso oltre agli “educatori specializzati” l’intero ambiente familiare rappresenta una parte fondamentale per la terapia e per il raggiungimento dell’obiettivo. La costruzione di uno spazio quotidiano adeguatamente strutturato mediante vari accorgimenti, come quello di limitare il più possibile le variazioni e le novità nello spazio in qui vive il bambino autistico, risulta essere fondamentale in quanto permette al soggetto di organizzarsi e orientarsi con semplici schemi di riferimento, conosciuti e prevedibili.
Farmacoterapia
Obiettivo prevalente dell'intervento farmacologico del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono negativamente influenzare la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici. Il trattamento deve essere preceduto da una attenta analisi funzionale che evidenzi i sintomi bersaglio, che possono essere molto diversi nei vari soggetti (stereotipie e condotte aggressive, disturbi dell'attenzione, alterazioni dell'umore, disturbi del sonno.
Sebbene la prognosi per la condizione autistica rimane sfavorevole in termini di remissione completa, l’intervento educativo precoce e la capacità della famiglia di fornire un supporto educativo/affettivo costante lungo il percorso terapeutico e soprattutto, che si estende in tutte le attivita‘ quotidiane, e‘ un fattore che influenza positivamente l’evoluzione e le possibilità future di inserimento nella società del bambino.