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Giocare con le Intenzioni in Terapia Neuropsicomotoria

CAPITOLO OTTAVO

Dai quattro casi clinici descritti si è potuto individuare quattro diverse immagini metaforiche adatte a rappresentare altrettanti Sé intenzionali tipo: il labirinto, la nebbia, il temporale e il tesoro nello scrigno.

Per queste tipologie di Sé, e in particolare per i loro intenti, si possono individuare ora alcune strategie facilitative, aumentative e compensative da utilizzare in terapia, così come se ne devono indicare anche per sostenere i genitori dei bambini che presentano questi tipi di Sé. In particolare, tali strategie devono essere volte alla creazione di “percepibilità”, “contesto” e “coinvolgimento”, fondamentali per le intenzioni.

In tal modo si crea una sorta di “linee guida”, di consigli esemplificativi, semplici ma chiari e d’immediato utilizzo, per poter, così, giocare con le intenzioni del “labirinto”, della “nebbia”, del “temporale” e del “tesoro nello scrigno” in terapia neuropsicomotoria.

 

Giocare con il Labirinto: semplicità e chiarezza

Le intenzioni del bambino “labirinto” sono circoscritte ed ostacolate dall’agitazione e dirompenza motoria, con il movimento che prende il sopravvento, dall’“imboccare strade a senso unico non riuscendo a cambiare direzione”, dall’indifferenziazione di spazio, tempo, oggetti, e, a volte, tra oggetto e persona. Perciò, giocare con i suoi intenti in terapia significa aiutarlo a trovare semplicità e chiarezza, in modo da far emergere, realizzare e non perdere tali intenzioni.

Per le intenzioni del bambino:

  • chiarezza spaziale: predisporre un preciso spazio nella stanza dove svolgere la terapia, suggerendo ai genitori la stessa chiarezza per il luogo di gioco a casa; porre gli oggetti nel campo visivo del bambino ed a una giusta distanza perché possa individuare la strada giusta per…, in modo da sostenere e facilitare la realizzazione dei suoi intenti;
  • oggetti semplici: pochi e selezionati oggetti, chiari e non multisensoriali, che lo possono disorientare;
  • “stimoli” a forte gradiente percettivo che, sia interrompano il “percorso a senso unico” ed obblighino a soffermarsi con occhi, mani, piedi, sia indichino la “strada” corretta;
  • presenza stabile e costante dell’altro: permanere nel campo visivo del bambino e rendersi interessanti per lui attraverso la presentazione degli oggetti, l’enfatizzazione, ecc.;
  • rinforzo verbale accompagnante la realizzazione dell’intenzione da parte del bambino, in modo da incitarlo a proseguire e raggiungere il proprio scopo, in modo che mantenga il legame con il proprio intento e con l’altro;
  • dare senso a… per trasformare il casuale in intenzionale: interpretare verbalmente il semplice e casuale movimento come azione intenzionale diretta ad un preciso fine, in modo da attribuirgli significato e riconoscere il bambino come agente causale.

Per sostenere i genitori del bambino “labirinto”:

  • consigliare un modo semplice di accordarsi con le intenzioni del figlio, fatto di poche parole mirate e modalità non verbali rinforzanti, così da sostenere ed aumentare tali intenti;
  • consigliare, però, anche una modalità compensativa, fatta di interpretazioni verbali delle azioni del bambino, in modo da creare un’intenzione sottostante, cosicché il bambino stesso possa farla sua a poco a poco grazie a questo rispecchiamento genitoriale;
  • suggerire l’“interruzione”: interrompere, cioè, i “percorsi sbagliati” e la perseverazione nella “strada chiusa” da parte del figlio, mediante, ad esempio, facilitazioni e consigli verbali, agiti e fisici, affinché trovi il “percorso giusto”.

 

Giocare con la Nebbia: limpidezza e dinamicità

Le intenzioni del bambino “nebbia” sono limitate ed ostacolate dalla staticità, dalla chiusura sensoriale e percettiva, dal ripiegamento su se stesso, e si intravedono solo sporadicamente. Perciò, giocare con i suoi intenti in terapia significa aiutarlo a trovare chiarezza e dinamicità, in modo da far emergere e realizzare tali intenzioni.

Per le intenzioni del bambino:

  • oggetti fortemente sensoriali: oggetti con una ben precisa ed attraente caratteristica sensoriale (un colore accesso, un bel suono, una particolare consistenza, ecc.), soprattutto di tipo visivo, per attrarre intenzionalità;
  • assetto posturale facilitante: porre il bambino, attraverso l’ausilio di oggetti adatti (cuscini, rotoli, moduli, ecc.) e del proprio corpo, in una posizione che sostenga la sua attenzione verso l’esterno;
  • scelta binaria: provare a porre il bambino di fronte ad una semplice scelta tra due cose concrete, per facilitarlo nell’attuare la sua volontà, proponendone, inizialmente, una che si sa piacergli e l’altra che gli è indifferente;
  • terapista interessante: mettere in atto una serie di strategie, come, ad esempio, l’enfatizzazione, l’imitazione, per aumentare nel bambino l’attenzione all’altro e la condivisione di intenti;
  • “evidenziazione”: rendere più limpide al bambino le “emergenze 1 intenzionali”, rinforzandogliele verbalmente e richiedendogli, in maniera giocosa ed enfatizzata, la ripetizione di semplici azioni intenzionali, rinforzandogliele mediante l’accompagnamento fisico del suo gesto, rinforzandogliele positivamente con l’applauso, i sorrisi, ecc..

Per sostenere i genitori del bambino “nebbia”:

  • suggerire una modalità aumentativa, cioè: utilizzare voce, mimica facciale e gestuale “esagerate”, quasi “buffonesche”, in modo da interessare ed attivare il bambino per aiutare, così, le sue intenzioni ad emergere e/o realizzarsi;
  • proporre una modalità interpretativa, ossia: suggerire e tradurre al bambino, verbalmente e mediante facilitazioni corporee, l’intenzione che potrebbe essere alla base del suo agito, la volontà che non riesce ad esprimere di fronte alla scelta binaria;
  • Dare consigli circa un’igiene posturale che permetta apertura agli stimoli sensoriali e a chi o cosa li determina (oggetti, persone, ecc.). Ad esempio, sempre tenendo conto di età, capacità e caratteristiche del bambino, suggerire di tenere il bambino in braccio rivolto verso l’esterno, di individuare l’altezza più consona ed utilizzare eventuali aiuti (oggetti e/o il proprio corpo) per sederlo in modo appropriato, ecc.

 

Giocare con il Temporale: calma e permanenza

Il bambino “temporale”, contraddistinto da impetuosità, dal sovrapporsi e precedere l’altro, dall’essere fulmineo e velocemente abbandonare il focus attentivo, perde continuamente le proprie intenzioni a causa di tali caratteristiche. Perciò, giocare con i suoi intenti in terapia significa aiutarlo a trovare calma e permanenza, in modo da realizzare tali intenzioni.

Per le intenzione del bambino:

  • campo di lavoro chiaro e pulito: non devono essere presenti “disturbatori”, come, ad esempio, una grande quantità di oggetti, ma deve essere posto nel campo visivo del bambino solo ciò che serve per l’attività che si sta svolgendo, in modo da ottenere una chiara spazialità che sostenga le sequenze d’azione del bambino;
  • “fuochi” attentivi: utilizzare pochi e selezionati oggetti, che siano interessanti per il bambino, che gli piacciano;
  • “indicatori” di posizione: sia da seduto, che ancora di più in piedi, devono essere presenti degli “indicatori” di posizione (es. rimanere dentro un cerchio nel gioco con la palla), naturalmente proposti in modo ludico e non come un condizionamento, una forzatura;
  • comunicazione verbale e non verbale efficaci: avvalersi sì della comunicazione verbale ma in modo sintetico e funzionale, e accompagnarla con il linguaggio gestuale (es. esporre le regole del gioco verbalmente ma rinforzare con il gesto) e, se necessario, con l’azione esemplificativa;
  • rinforzo intercalato: sostenere gli intenti del bambino nel corso della loro realizzazione attraverso vari rinforzi (incitarlo a continuare, dargli suggerimenti in modo che superi eventuali difficoltà nell’esecuzione, fare al suo posto quel piccolo passaggio in cui non riesce cosicché permanga, ecc.), in modo che permanga nell’attività e non perda l’intenzione iniziale;
  • “evidenziare” gli errori perché possa rendersene conto e correggerli;
  • giochi “brevi”: proporre attività che prevedano un tempo di esecuzione non eccessivamente lungo, in modo che il bambino riesca a giungere al termine;
  • condivisione: proporre, almeno qualche volta, attività che prevedono la compartecipazione, il turno, lo scambio.

Per sostenere i genitori del bambino “temporale”:

  • suggerire una posizione di precedenza, o di “fianco a fianco” o “di fronte” a seconda della situazione (es. precedere il bambino nelle situazioni per lui più difficili, porsi di fianco o di fronte a lui a seconda delle attività, ecc.), limitando, invece, lo “stare dietro”. Queste posizioni da consigliare rispecchiano un porsi davanti (precedendo o stando di fronte) o a fianco mentale, cioè proteggere il bambino e insieme “fermarlo”, “rallentarlo” motoriamente e dal punto di vista attentivo se lo si precede o fare insieme, condividere se gli si sta di fronte o a fianco. Stargli dietro significherebbe, invece, esporlo e “abbandonarlo” alla sua impetuosità;
  • proporre una modalità risoluta, cioè l’essere decisi, fermi, dando delle regole, naturalmente semplici, chiare e che si sa possono essere rispettate dal bambino;
  • consigliare di provare varie strategie, come ad esempio l’enfatizzazione verbale e/o agita, e poi scegliere quelle che risultano più consone a interessare il bambino, ad attrarlo e, quindi, a farlo “permanere” via via sempre più;
  • proporre l’utilizzo, solo al termine di un gioco, di una qualsiasi attività, ecc., del rinforzo verbale così come d’altro tipo (es. mediante oggetti desiderabili e desiderati, come può essere una caramella), valorizzante l’agito del bambino e quindi gratificante.

 

Giocare con il Tesoro nello scrigno: apertura e prontezza

Il bambino “tesoro nello scrigno”, che funziona quando costantemente sostenuto, rinforzato, quando i ritmi sono lenti, che dà il meglio di sé nella “nicchia famigliare”, invece, ha difficoltà di fronte a ritmi più vivaci, a una maggior dinamicità di attività, azioni, interazioni, e le sue intenzioni risultano rallentate. Perciò, giocare con i suoi intenti in terapia significa aiutarlo a trovare apertura e prontezza, in modo da realizzare tali intenzioni.

Per le intenzione del bambino:

  • spazio di “lavoro” che determini tono muscolare: predisporre le attività in modo che si svolgano in uno spazio che va dallo stare seduto su di una sedia alla stazione eretta;
  • ritmo calmo ma fluido: nelle azioni, che il bambino mette in atto per realizzare i propri intenti, non pretendere rapidità, velocità che determina solo una perdita delle intenzioni stesse, ma ricercare, comunque, una certa scorrevolezza, attraverso costanti incitamenti a proseguire, suggerimenti verbali e/o agiti, il fungere da modello se il bambino è in difficoltà, ecc., prevedendo, naturalmente, che il bambino sia in grado di realizzare solo una parte di attività;
  • coinvolgersi nelle intenzioni del bambino: cercare di partecipare agli intenti del bambino, ad esempio verbalizzando con enfasi l’intento stesso che lui sta cercando di realizzare, aiutandolo attivamente se è in difficoltà nell’attuazione, gioendo con lui del risultato raggiunto, ecc., auspicando che, prima o poi, sia il bambino a coinvolgere;
  • farlo entrare nelle proprie intenzioni: creare più momenti in cui sia il bambino a dover aiutare il terapista nell’attuazione del suo intento, esplicitandogli quale sia quest’ultimo e chiedendo il suo supporto;
  • gioco d’imitazione, simbolico e di ruolo: se possibile, proporre al bambino giochi di imitazione semplici (es. proporgli di imitarci nel cantare e mimare una canzone, soddisfatti se anche ripete solo l’ultima sillaba di qualche parola), giochi simbolici di situazioni più o meno realistiche e meglio se con oggetti, e giochi di ruolo, in quanto in questi emergono maggiormente delle intenzioni e si viene a creare più facilmente uno spazio di condivisione delle stesse;
  • scelta autonoma: porre il bambino di fronte ad una scelta tra due cose concrete, anche equanimi per lui, così da permettergli di attuare la sua volontà e di farlo in modo ampio.

Per sostenere i genitori del bambino “tesoro nello scrigno”:

In questo caso, proprio per il fatto che tale bambino “funziona” bene all’interno del nucleo famigliare, si realizza un cambio di posizione rispetto ai genitori, che, attraverso il racconto delle esperienze e degli aneddoti quotidiani, possono aiutarci maggiormente a venire a conoscenze e comprendere ciò che in terapia non si verifica. Comunque, ciò non toglie che anche questi genitori devono essere aiutati attraverso alcuni suggerimenti.

  • consigliare una modalità aumentativa, caratterizzata da enfatizzazione, imitazione, incitamenti verbali, gratificazione, partecipazione attiva, ecc., così da sostenere, ampliare ed entrare negli intenti del bambino;
  • proporre, però, anche di lasciare dei momenti di “autonomia” al bambino, cioè non dare sempre un significato alle sue intenzioni, interpretandole anche se non sono chiare, ma lasciare che sia lui a farle capire, mettendo in atto delle strategie chiarificatrici, e a portarci dentro l’altro; ciò significa concedergli e attribuirgli maggiore responsabilità;
  • suggerire di aumentare le esperienze fuori dalla “nicchia famigliare”.

1 Emergenze intese come “ciò che emerge”, e non come “allarme”, “pericolo”.

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