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Perché il termine “NEUROPSICOMOTRICISTA” viene associato al "Terapista della NEURO e PSICOMOTRICITÀ dell’Età Evolutiva" ?

Il ruolo del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva in prevenzione

Tra i diversi contesti in cui opera la psicomotricità (terapia, educazione, formazione) ritroviamo quello della prevenzione, infatti, per le sue caratteristiche intrinseche la psicomotricità risulta essere una disciplina interessante nell’ambito preventivo.

Psicomotricità e prevenzione

Secondo la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la salute viene definita come stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia", pertanto nell’ambito della sanità viene considerato come prevenzione ciascun atto volto all’attivazione e al mantenimento della salute attraverso interventi individuali o collettivi sulla popolazione.

Le attività di prevenzione sono materia tipica di coloro che si occupano di professioni sanitarie, nei loro diversi ambiti applicativi (medico, infermieristico, ostetrico, psicologico...).

È possibile suddividere l’azione preventiva in tre livelli:

  • prevenzione primaria, che agisce su tutta la popolazione con l’obiettivo di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia;
  • prevenzione secondaria, che permette di intervenire precocemente sulla malattia senza evitarne o ridurne la comparsa;
  • prevenzione terziaria, per intervenire in tempo sulle complicanze o le recidive della malattia. (Formenti, 2013)

Come già accennato, la psicomotricità opera in diversi contesti, tra cui la prevenzione. In particolare, nella seconda metà degli anni Settanta, la psicomotricità si è inserita nella scuola, inizialmente attraverso proposte didattiche individualizzate in una dimensione unicamente riabilitativa rivolte ai bambini con disabilità, ed in seguito ha vissuto una graduale trasformazione, proponendosi come esperienza educativa originale, in cui a tutti i bambini veniva offerta l’opportunità di sperimentarsi all’interno di percorsi psicomotori.

La psicomotricità, da intervento centrato sulla ri-educazione, si è dunque trasformata, all’interno di diverse realtà scolastiche, in un intervento educativo- preventivo utile a tutti i bambini.

Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, può quindi lavorare non solo in ambito riabilitativo, ma anche in ambito educativo-preventivo, infatti, nel rispettivo Core Competence, il Tnpee viene definito come una figura professionale che svolge attività di abilitazione, di riabilitazione e di prevenzione nei confronti delle disabilità dell’età evolutiva (fascia di età 0 - 18 anni). La cornice teorica all’interno della quale opera è rappresentata dal Modello Bio-Psico-Sociale della disabilità suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

I riferimenti operativi per l’individuazione degli obiettivi dell’intervento del Terapista della NPEE sono forniti dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute-Versione Bambini ed Adolescenti (ICF-CY), elaborata dall’OMS.

Per identificare in maniera più precisa quali siano le competenze del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è stato analizzato il rispettivo profilo professionale, è stato costruito un prototipo delle funzioni di base e su queste si sono declinate le attività professionali del Tnpee, punto di partenza per la costruzione del Core Competence.

“Le funzioni che sono state individuate e cioè prevenzione, cura e riabilitazione, formazione, ricerca, gestione rappresentano la risposta della professione alla trasformazione in atto della Sanità nell’ambito di una società che ha segnato ritmi di mutazione assai accentuati". (ANUPI TNPEE, 2017)

In particolare, nell’ambito della prevenzione, il Tnpee deve sapere:

  • individuare i bisogni di salute e di prevenzione della disabilità;
  • individuare i bisogni di salute e di prevenzione secondaria nella disabilità;
  • prevedere azioni necessarie al mantenimento della salute.

L’approccio psicomotorio risulta perciò uno dei metodi utili per progettare interventi volti al raggiungimento del benessere della persona.

In primo luogo, la psicomotricità guarda al bambino con una visione globale e non settoriale dei vari aspetti dell’evoluzione infantile. Questa caratteristica risulta sempre più un valore aggiunto per adulti che vorrebbero rispondere ai bisogni dei propri bambini ma che non riescono a “sintonizzarsi” con loro e ascoltarli veramente.

Nell’intervento psicomotorio il ruolo dell’adulto si delinea nella funzione di far emergere le risorse autentiche del bambino, rendendo pienamente operativo il principio secondo cui “può esistere una cultura dell’infanzia solo se questa non è estensione della cultura dell’adulto.” (Formenti, 2013)

Il Tnpee utilizza metodi e tecniche specifiche: il corpo e il gioco sono infatti i suoi principali strumenti di lavoro. Grazie alla formazione corporea personale non è solamente un corpo che risponde agli obblighi della mente, ma è un corpo che sente, apprende e ci aiuta a comprendere noi stessi e il bambino che abbiamo di fronte.

La formazione teorica (che comprende conoscenze in merito allo sviluppo infantile, alla clinica e alla neuropsichiatria infantile, alla psicologia dello sviluppo), supportata da quella pratica (ottenuta grazie alle esperienze di tirocinio diretto e indiretto) consente al Tnpee di considerare il bambino nella sua globalità, con le sue competenze caratteristiche, con le sue potenzialità.

È importante inoltre che gli interventi di prevenzione vengano effettuati precocemente; la fascia di età 0-6 anni rappresenta un periodo evolutivo elettivo per riconoscere eventuali fattori di rischio sui quali intervenire in modo da evitare o mitigare disturbi futuri.

All’interno del contesto preventivo, differentemente da quanto si possa rilevare in quello sanitario, quindi terapeutico-riabilitativo, non si affronta la patologia, ma il disagio. Esso può essere conseguente ad una serie di cause, di solito multiple e concatenate tra loro: possono variare, cioè, dal campo clinico a quello psicologico individuale, fino ad arrivare a quello socio-parentale. Rispetto a ciò difficile, in un’ottica preventiva, è la ricezione del disagio infantile da parte del mondo delle istituzioni educative e sociali preposte a questo. I bambini con disagio infatti possono incorrere spesso nel pericolo di un’incapacità degli adulti di accogliere il loro star male.

Il Tnpee, di contro, ha per formazione personale la capacità di ricevere l’altro attraverso la via empatica e di essere attento al proprio vissuto personale nell’impatto con la sua sofferenza; in questo modo ha la specifica competenza di accoglierlo con il suo malessere senza essere a disagio egli stesso, piuttosto è attrezzato a riceverlo competentemente.

Dunque, la scuola, l’ente o, in casi più rari, i gruppi di genitori che chiedono ai Tnpee la realizzazione di un progetto, sono spinti primariamente da una situazione di bisogno: può essere il bisogno di un intervento educativo che qualifichi meglio la proposta formativa, oppure di un intervento che sia anche di supporto al contenimento e alla prevenzione del disagio.

Per lavorare positivamente in una realtà complessa come quella scolastica, è imprescindibile trovare, prima di tutto, un piano di condivisione, chiarendo a se stessi e agli altri interlocutori:

  • l’identificazione del bisogno;
  • la definizione degli obiettivi del progetto;
  • la definizione degli elementi concreti del progetto: tempi, budget, spazi e materiali;
  • l’individuazione dei confini entro cui si muoverà il progetto. Rispetto ai destinatari, le possibilità di intervento possono essere:
  • progetto rivolto principalmente alla formazione degli insegnanti, con il coinvolgimento dei bambini per la pratica di osservazione;
  • progetto rivolto principalmente ai bambini, con la partecipazione indiretta degli insegnanti e loro formazione minima;
  • progetto rivolto sia ai bambini che agli insegnanti con tempi bilanciati, con la sensibilizzazione dei genitori ed eventuali approfondimenti;
  • progetto bilanciato in cui è previsto un allargamento dell’intervento attraverso il coinvolgimento di organismi territoriali.

Uno dei punti ormai chiari, però, per chi lavora da diversi anni all’interno delle realtà educative, è la certezza che l’intervento psicomotorio, all’interno di questo contesto, non debba essere in alcun modo collocato a un livello terapeutico e/o riabilitativo; bensì a un livello educativo (prevenzione primaria) e preventivo (prevenzione secondaria).

Come sostiene Formenti (2013), il Tnpee è in grado di intervenire a livello preventivo perché:

  • attraverso la formazione professionale è in grado di rilevare precocemente i segnali del disagio e gli elementi deficitari che potrebbero rallentare il processo di crescita di ogni bambino, sia a livello motorio che cognitivo e relazionale;
  • è in grado di monitorare e valutare l’intervento in atto e la sua efficacia sull’evoluzione e l’integrazione del gruppo classe e dei singoli bambini, anche attraverso osservazioni mirate e colloqui con insegnanti e genitori;
  • attraverso un lavoro in rete con i diversi professionisti del territorio (pedagogisti, psicologi, neuropsichiatri, logopedisti e fisioterapisti) attiva interventi precoci per sostenere l’evoluzione armonica dei bambini in difficoltà. (Formenti, 2013)

In ogni caso, l’obiettivo centrale all’interno del quale l’attività del Tnpee in un contesto preventivo va collocata è la promozione del benessere del bambino.

Per realizzare il suo benessere, il bambino ha bisogno che siano garantiti i suoi diritti e, fra questi, non secondario, il diritto al gioco. La pratica che propone il Terapista della Neuro e Psicomotricità in un contesto preventivo è una pratica al cui centro sta l’attività ludica come fattore di benessere primario per il bambino, e il giocare bene, come fattore di crescita. In questo contesto si lavora spesso con gruppi eterogenei di bambini: il gruppo è solitamente casuale, solo parzialmente definito per fasce d’età.

L’atteggiamento del Tnpee in un contesto preventivo deriva da un principio che viene applicato nelle relazioni con tutti ossia quello di credere nella persona e nella sua originalità.

Quando il bambino si trova in un ambiente di fiducia e si sente rispettato può esprimere le proprie emozioni senza il timore di essere giudicato. L’atteggiamento di apertura e accoglienza delle emozioni da parte del Terapista predispone il bambino ad una situazione di dialogo e gli permette di capire quanto l’altro sia in grado di comprendere le sue produzioni non verbali e le sue emozioni. Le capacità del Terapista di adattamento a livello tonico e posturale, la mimica, lo sguardo, il sorriso, l’espressione del suo piacere di essere là per lui, testimoniano la sua intenzione di rendere dinamica la comunicazione non verbale e verbale.

In conclusione, sostengo che i bambini devono poter vivere un Tnpee disponibile ma che esprime le proprie variazioni e modulazioni toniche senza uscire dal suo atteggiamento empatico.

Per citare Aucouturier, l’intervento del Tnpee deve consistere “[…] più nella sensibilità tonico emozionale e nelle parole che contengono che nella sua partecipazione ai giochi dei bambini” (Aucouturier, 2005). Il Tnpee si pone quindi come catalizzatore delle azioni.

È fondamentale per lui lasciare al bambino la libera espressione del suo agire rispettando la sua creatività e spontaneità, pur orientando la sua azione e ponendosi come punto di riferimento stabile.

Scuola dell’infanzia e prevenzione

La scuola dell’infanzia concorre, nell’ambito del sistema scolastico, a promuovere la formazione integrale della personalità dei bambini dai 3 ai 6 anni d’età ed è la risposta al loro diritto di educazione e di cura.

Il ruolo educativo della scuola dell’infanzia viene quindi affiancato a quello di cura, creando un ambiente fatto di relazioni, di educazione e di apprendimento che si integrano armonicamente tra di loro grazie a quel meccanismo fondamentale che è la cura e il rispetto di una persona verso l’altra.

Cura significa infatti pensare ad una pratica educativa che passa attraverso l’occuparsi concreto e affettivo dei bisogni dell’altro e, dunque, anche attraverso la relazione con la corporeità di colui di cui si ha cura, aspetto tanto più presente, quando, come nella scuola dell’infanzia si ha a che fare con dei bambini che sono prima di tutto ‘corpo’.

Viene inoltre più volte sottolineato dalle ultime indicazioni del Ministero dell’Istruzione che è proprio nella scuola dell’infanzia che si gettano le basi per la formazione di competenze, di campi di esperienze, di griglie interpretative della realtà sulle quali innestare gli apprendimenti futuri e su cui costruire più tardi abilità complesse. La scuola dell’infanzia ha il preciso compito quindi di stimolare e far conseguire il massimo apprendimento.

Capita tuttavia a volte che bambini normodotati dal punto di vista intellettivo possono incontrare comunque problemi nell’apprendimento perché non hanno ancora raggiunto uno stadio adeguato di sviluppo delle funzioni cognitive, motorie, percettive, psicomotorie, linguistiche, sociali e relazionali.

La scuola dell’infanzia, proprio perché è scuola di tutti e per ciascuno, è attenta nell’osservazione di tutti i bambini e del loro sviluppo e quindi nell’individuazione precoce di situazioni che necessitano di una maggior supervisione. È qui che si inserisce il Tnpee che rappresenta quindi la figura elettiva per cogliere le modalità di espressione delle difficoltà evolutive dei bambini; la scuola dell’infanzia è dunque il terreno più fecondo per la prevenzione e la progettazione di interventi educativi e preventivi da parte del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva.

 

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