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Pre-school Autism Communication Therapy (PACT): uno strumento valido per il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva (TNPEE)

INDICE PRINCIPALE

La metodologia PACT, nella sua strutturazione originaria, prevede l’attuazione clinica da parte della figura professionale del logopedista ed esperto di linguaggio. Si richiede tuttavia, che quest’ultimo abbia un’adeguata esperienza nel campo dell’autismo e nell’utilizzo di strategie riabilitative specifiche per il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD / DSA). In Inghilterra, dove è nato questo metodo, non esiste la professione del TNPEE (Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva), figura clinica riconosciuta e denominata unicamente in Italia. Questo profilo professionale emerge nel nostro paese come terapista d’elezione per il trattamento precoce del ASD in età evolutiva sia per le sue caratteristiche tecniche che per il suo sistema attitudinale. A conferma di ciò, si riportano i risultati del questionario esposto nel capitolo 2 i quali mostrano che il 97,5% dei TNPEE intervistati hanno preso in carico, nel loro percorso lavorativo, soggetti con ASD. Di questi, l’87,4% ha risposto che tratta spesso questa tipologia di disturbo nella sua pratica clinica (Figura 1).

 Figura 7. Domanda del questionario "L'intervento con i genitori nella presa in carico del Disturbo dello Spettro Autistico" rivolto ai TNPEE di Italia

Figura 7. Domanda del questionario "L'intervento con i genitori nella presa in carico del Disturbo dello Spettro Autistico" rivolto ai TNPEE di Italia

È dunque evidente come la maggior parte dei TNPEE abbia un’esperienza valida nel campo dell’autismo. I dati esposti avvalorano l’ipotesi che questa figura professionale possa essere la più adatta allo svolgimento delle procedure PACT in Italia.

Il presente capitolo ha l’obiettivo di approfondire questa supposizione esponendo la validità del PACT nel trattamento precoce del ASD confermando così l’appropriatezza di questo approccio nella terapia neuropsicomotoria. Inoltre, si analizzeranno le caratteristiche del profilo professionale del TNPEE che lo rendono adeguato all’utilizzo di tale metodologia. Infine, si ipotizzerà un utile impiego di questo approccio metodologico nella presa in carico neuropsicomotoria per i soggetti ad alto rischio di ASD.

INDICE

Efficacia del PACT nel trattamento del ASD

Il Disturbo dello Spettro Autistico, per la sua complessità fenomenologica e per la mancanza di un’eziologia nota, costituisce uno dei disordini dello sviluppo più complicati da comprendere e di difficile approccio riabilitativo. Dagli anni ’40, epoca delle prime definizioni del disturbo di Kanner e Asperger, fino ad oggi, un numero sempre maggiore di studi e ricerche hanno cercato di definire i limiti del disordine e di trovare una metodologia di intervento efficace ed universale. Attualmente non si è ancora riusciti a identificare questo tipo di trattamento generalizzabile a tutti i casi di ASD ed efficace sulla totalità dei parametri. Nella seguente analisi si farà dunque riferimento alle tre categorie di approccio utilizzate in una delle più recenti review sugli interventi per ASD in età prescolare (35): interventi comportamentali, interventi incentrati sulla comunicazione, interventi multimodali. Questi tre filoni infatti, rappresentano in modo abbastanza fedele le tipologie di trattamento esistenti nel panorama attuale e raggrupparle in categorie permette di sviluppare dei ragionamenti altrimenti impossibili nella vastità di studi eterogenei presenti.

Sono stati selezionati tre studi di follow-up inerenti a questi approcci per poter svolgere un confronto. Per la categoria ‘interventi comportamentali’ verrà analizzato lo studio di Smith et al. del 2019 (36) centrato sull’analisi dell’intervento EIBI (Early and Intensive Behavioral Intervention). La metodologia EIBI prevede un trattamento ad alta intensità di matrice comportamentale che si fonda sulle strategie ABA (Applied Behavior Analysis) per andare a migliorare il comportamento adattivo del bambino. Tra gli ‘interventi multimodali’ lo studio di Estes et al. del 2015 indaga gli effetti al follow-up di soggetti che hanno ricevuto un trattamento ESDM (Early Start Denver Model) (37). Questo approccio si contraddistingue per l’integrazione di principi comportamentali ed evolutivi in un contesto naturalistico con il coinvolgimento attivo dei genitori nella terapia insieme al terapista. La selezione degli articoli è stata eseguita in base a diversi criteri: la metodologia studiata rientra tra le maggiormente diffuse anche in Italia (vedi questionario cap. 2), il periodo di follow-up è di almeno due anni e la data di pubblicazione dello studio risale all’ultimo decennio (2010-2020). Per la categoria ‘interventi incentrati sulla comunicazione’ è stato deciso di considerare la metodologia PACT presa in esame in questa tesi per poterne testare la validità a confronto con le altre tipologie di approcci e le altre metodologie più diffuse. Lo studio di follow-up dell’intervento PACT (38) rispetta i criteri di selezione sopracitati e, per la sua struttura e i suoi contenuti, può rappresentare in maniera abbastanza fedele le caratteristiche principali degli ‘interventi incentrati sulla comunicazione’. Ricordiamo che il primo RCT (Randomized Controlled Trial) testante la metodologia PACT del 2010 (22) aveva dimostrato un significativo aumento del sincronismo dei genitori e dell’iniziativa comunicativa del bambino al termine del periodo di trattamento. Questi due fattori sono stati identificati come mediatori dell’effetto di riduzione della sintomatologia autistica (39).

Nella tabella 1 sono descritte le caratteristiche principali dei tre studi in esame.

 

EIBI

ESDM

PACT

Ore settimanali di terapia

36 h (media) + tot. ore variabili di affiancamento ABA

20 h

1 h terapia in clinica + 3h e 30 min terapia a casa

periodo di trattamento

2 anni in media (range 1-7 anni)

2 anni

1 anno

Età del campione

2 anni e 11 mesi (media)

18-30 mesi

2 anni- 4 anni e 11 mesi

 Campione

 19 bambini

39 bambini (21 ESDM e 18 controlli)

121 bambini (59 PACT e 62 controlli)

Periodo di follow-up

 10 anni

circa 2 anni (valutazione all’età di 6 anni)

6 anni (età media alla valutazione 10,5 anni)

Outcomes significativi al follow-up

  • + abilità cognitive
  • + competenze adattive
  • - sintomi di autismo (ADI-R)
  • + capacità di socializzazione
  • + competenze adattive
  • - sintomi di autismo (ADOS)
  • + iniziativa del bambino nella interazione diadica
  • -   sincronismo dei genitori
  • + competenze adattive
  • -   sintomi di autismo (ADOS)

Limiti dello studio

  • grandezza del campione
  • mancanza di un gruppo di controllo
  • presenza di studi contrastanti
  • alcune valutazioni non cieche
  • grandezza del campione
  • breve periodo di follow-up
  • alcune valutazioni non cieche

Tabella 1 Esposizione sintetica delle caretteristiche distintive degli studi analizzati

Dalla letteratura e dalle linee guida è noto che i vari modelli di intervento non agiscono in maniera eguale su tutti i parametri dello sviluppo e questi studi confermano la specializzazione di ogni approccio nell’intervenire su determinati indicatori. Tuttavia, tutti e tre gli articoli indaganti le diverse metodologie di trattamento riportano una significativa riduzione dei sintomi di autismo al follow-up. Per la valutazione nell’intervento EIBI sono state utilizzate le aree di interazione sociale, comunicazione e comportamento ripetitivo/stereotipato dell’intervista ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised) e la seconda edizione della CARS (Childhood Autism Rating Scale). Nelle altre due ricerche inerenti alle metodologie ESDM e PACT sono state utilizzate versioni aggiornate della scheda ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule). È interessante notare come due dei tre articoli, lo studio EIBI e lo studio PACT, nonostante la profonda diversità delle strategie metodologiche utilizzate, abbiano riconosciuto nella formazione dei genitori uno degli elementi più significativi per il mantenimento degli esiti al follow-up anche dopo tanti anni dall’endpoint di trattamento. Lo studio di Smith infatti, riprendendo Kowshoff (40), ipotizza dai risultati che i genitori i quali avevano ricevuto una formazione ABA (Applied Behavioral Analysis) potessero essere mediatori di strategie di intervento anche dopo la fine del trattamento previsto e ciò potesse essere un fattore estremamente favorente il mantenimento degli esiti e il raggiungimento di un ulteriore effetto. Allo stesso modo il PACT, essendo teorizzato come metodo mediato dai genitori, prevede già dalla sua iniziale strutturazione l’instaurarsi di questo processo di mediazione e nei risultati del presente studio ne trova conferma. Tuttavia, una differenza sostanziale che emerge tra queste due ricerche è che nello studio EIBI non è descritto ma si ipotizza che le famiglie, molte delle quali hanno proseguito un percorso di terapia comportamentale, abbiano mantenuto per tutto il periodo di vita del bambino l’utilizzo di strategie ABA. Nella ricerca PACT, in cui le famiglie non hanno più ricevuto input specifici di questo approccio successivamente al termine di terapia, si evidenzia una riduzione del sincronismo dei genitori nei confronti del proprio figlio, i quali valori al follow-up non risultano più significativamente differenti da quelli di coppie genitoriali che avevano intrapreso un percorso terapeutico tradizionale. Ciò da un lato può sottolineare la necessità di rinforzare le strategie apprese durante l’anno di trattamento anche successivamente alla conclusione del trattamento. Dall’altro, tuttavia, mette in luce l’efficacia dell’intervento PACT nella riduzione dei sintomi dell’autismo nonostante la modifica del comportamento genitoriale. Sarebbe interessante svolgere uno studio longitudinale con maggiori punti temporali di valutazione per identificare il periodo nel quale avviene questa riduzione di sincronismo. Gli autori sostengono che il miglioramento intercorso nei primi periodi di trattamento e successivi al termine, fortemente determinato dalla mediazione dei genitori, sia diventato poi “self-sustaining” cioè autosufficiente e abbia garantito da solo il mantenimento degli effetti nel lungo periodo. Ciò avvalorerebbe l’idea che, seguendo una teoria evolutiva, focalizzare l’intervento precoce sui precursori della comunicazione sia uno dei fattori determinanti per delineare una traiettoria di sviluppo positiva.

Un altro elemento che emerge dal confronto tra questi studi è l’indagine inerente al miglioramento delle capacità intellettive. Lo studio EIBI e lo studio ESDM riportano entrambi un significativo aumento del QI dei soggetti sottoposti ai due trattamenti e un mantenimento di tali valori al follow-up. Ciò è in linea con le evidenze di anni di ricerca, le quali sostengono che metodologie utilizzanti strategie di stampo comportamentale siano particolarmente adatte per potenziare lo sviluppo intellettivo. Quello che è interessante notare, tuttavia, è che l’articolo ESDM, a differenza di quello sul trattamento EIBI che non ha un gruppo di controllo, evidenzia come le differenze intellettive all’endpoint emerse nel gruppo di studio rispetto a quello di controllo non si dimostravano più presenti nella valutazione al follow-up. Questo perché, con la crescita, entrambi i gruppi di soggetti sono andati incontro ad un aumento dei valori della propria capacità intellettiva. È possibile quindi sostenere che parte dell’aumento dei punteggi QI rilevati in entrambi gli studi al follow-up siano determinati anche da un processo di sviluppo comune a tutti gli individui.

In sintesi, dall’analisi dei presenti tre studi si può dedurre che un intervento precoce di qualsiasi linea metodologica dimostra di avere importanti effetti anche diversi anni dopo la fine del trattamento ed è perciò fortemente indicato. Emerge inoltre la fondamentale formazione strutturata dei genitori per il mantenimento degli effetti ottenuti dal trattamento ed evitare la vanificazione del lavoro svolto. Infine, metodologie di stampo evolutivo sembrerebbero avere maggiormente esito sul lungo periodo mentre quelle di stampo più comportamentale necessiterebbero di un lavoro continuo per garantire la permanenza dell’effetto. Da queste considerazioni, la metodologia PACT dimostra di essere una valida possibilità per l’intervento precoce nei soggetti con ASD, sapendo che non si può porre come soluzione assoluta in quanto esiste una grande eterogeneità di spettri fenomenici ed è necessario delineare un intervento individualizzato su ogni bambino con le strategie adatte alle sue esigenze.

INDICE

Punti di incontro tra profilo del TNPEE e metodologia PACT

“Guardate dal finestrino dell’altro. Cercate di vedere il mondo come lo vede il vostro paziente” Irvin D. Yalom, Il dono della terapia

La cultura psicomotoria nasce dalla consolidata concezione che c’è un legame indissolubile tra la mente e il corpo, tra il pensiero e l’espressione corporea e che la motricità sia alla base dello sviluppo complessivo dell’individuo. Ajuriaguerra, uno dei principali autori di riferimento, formula la necessità di approcciare i soggetti nella loro unità psicosomatica. Il contributo della scuola francese va a inserirsi negli anni ’70 in un contesto italiano di grandi cambiamenti in ambito pedagogico e neuropsichiatrico infantile. Prendono vita le prime esperienze formative in campo psicomotorio. In università nascono le scuole dirette ai fini speciali. In contemporanea, numerose altre influenze prendono parte al processo di formazione di una vera e propria cultura psicomotoria come gli aspetti di integrazione sensoriale introdotti dalla scuola anglosassone. Negli anni successivi si assiste all’emergere di corsi per ‘Tecnici Riabilitatori dell’Età Evolutiva’ ma si sente l’esigenza di una figura professionale riconosciuta che concili ed integri le conoscenze e le pratiche di queste innumerevoli realtà formative. Nel 1997, con il Decreto Ministeriale n.56 (41), il Ministero della Sanità istituisce in Italia il profilo professionale del TNPEE, figura sanitaria che incarna tutti questi principi e li applica nella propria pratica lavorativa.

Il campo d’intervento d’elezione di questa professione clinica è quindi tutto ciò che si esprime su un piano d’azione il quale permette una consapevolezza e conoscenza implicita anche dei processi mentali del bambino a cui il TNPEE si approccia. Si pone dunque come la figura più competente nel cogliere l’espressività del piccolo paziente e, nel caso della metodologia PACT, restituirlo al genitore secondo modalità appropriate e strutturate. Infatti, in approcci terapeutici per ASD come questo, uno dei processi fondamentali da rinforzare nel genitore è la comprensione delle modalità del proprio figlio che agisce spesso in maniera differente dalle aspettative dell’adulto. Il TNPEE nella propria formazione tecnica e professionale svolge questo processo di consapevolezza ed è quindi particolarmente indicato nel guidare i genitori nel percorrere le tappe della conoscenza del funzionamento del proprio bambino.

Inoltre, bisogna tenere in considerazione la specificità dell’ambito di formazione del TNPEE che, differentemente dalle altre professioni riabilitative, si rivolge specificatamente all’età evolutiva. Anni di studio e approfondimento hanno portato alla ferma posizione che i soggetti in età di sviluppo non possono essere approcciati settorialmente. Nella fase evolutiva non è possibile quindi andare ad estrapolare un solo ambito di competenza del bambino senza considerare il legame di interdipendenza che c’è tra le varie aree funzionali dello sviluppo. Ciò ha supportato l’emergere di una figura come il TNPEE in grado di mantenere un approccio olistico [Olismo: Teoria biologica generale […] secondo la quale le manifestazioni vitali degli organismi devono essere interpretate sulla base delle interrelazioni e delle interdipendenze funzionali tra le parti che compongono l’individuo, il quale nel suo complesso presenta caratteristiche proprie, non riconducibili alla somma delle sue parti. treccani.it, Web marzo 2021] e globale nei confronti dell’utenza. Questo costituisce un ulteriore fattore a sostegno dell’appropriatezza di questo professionista nell’utilizzo della metodologia PACT in quanto, nonostante l’intervento sia incentrato sulla comunicazione, i soggetti a cui si rivolge si trovano ancora in età evolutiva e spesso presentano modalità di funzionamento differente dalla crescita normotipica in tutte le aree dello sviluppo. Un clinico unicamente formato sull’aspetto linguistico potrebbe dunque non cogliere aspetti significativi del bambino. Si ricorda inoltre, che la globalità e quindi la non parcellizzazione del soggetto e dell’intervento sono considerate principi fondamentali della riabilitazione efficace (27).

Il TNPEE possiede anche un particolare sistema attitudinale che lo rende particolarmente adatto all’approccio con il Disturbo dello Spettro Autistico. Si fa riferimento a tutte quelle modalità e strategie che costituiscono il suo bagaglio di risorse come la regolazione corporea, l’empatia, la capacità di rispecchiamento, la regolazione degli stimoli, la flessibilità di risposta, l’individuazione di facilitazioni adeguate ecc… (42). Tutte quelle competenze quindi che gli permettono di esercitare un ascolto attivo e plasmarsi sulle reali necessità del bambino. È perciò favorito nel riuscire ad attivare e potenziare l’utilizzo di strategie efficaci anche nel genitore che affronta un percorso come quello del PACT.

In ultimo, la risorsa che maggiormente caratterizza la professione del TNPEE è il percorso di formazione personale e corporea che ogni terapista intraprende. Jacques Dropsy, studioso che ha approfondito il legame tra vita psichica ed espressione corporea e ha proposto un metodo pratico di formazione, disse che “la vera consapevolezza scaturisce solo dalla coesistenza di due elementi: una esperienza vissuta nella pratica e una presa di coscienza che permetta di coglierne il senso” (43). La forza di un terapista che svolge una propria formazione personale sta quindi nell’essere fortemente consapevole dei processi di cui, oltre ad avere una conoscenza teorica, ha fatto anche esperienza in prima persona. Questo gli permette, non solo di avere una maggior padronanza di sé, ma anche di essere in grado di guidare altri soggetti nell’affrontare i problemi con cui egli stesso si è confrontato. Nella metodologia PACT il TNPEE può dunque fungere da riferimento per il genitore sia nella comprensione del bambino ma anche nel suo processo di presa di consapevolezza. Il TNPEE può ricoprire in modo ottimale le funzioni dell’educatore riconosciute da Dropsy: fare da specchio, indicare una direzione di lavoro ed infine dare conferma dei risultati raggiunti (43). In un primo momento quindi è capace di fornire un’immagine obiettiva del genitore e del bambino andando a modificare le eventuali percezioni distorte esistenti. Successivamente il TNPEE è in grado di stimolare in modo adeguato il processo evolutivo, porre i giusti quesiti che instaurano il processo di modifica e adattamento delle modalità interazionali delle madri e dei padri a cui si rivolge. Infatti, assumere una maggior consapevolezza genera già un cambiamento nella propria espressione corporea a cui segue una padronanza nel saper modificarla, in questo caso, in funzione dell’interazione. Una volta che il genitore ha svolto questo processo, il terapista sarà in grado di restituirgli in maniera adeguata le conferme degli effetti ottenuti, fornendosi anche dell’utile strumento del video- feedback previsto dal PACT. Tutto questo è possibile perché il TNPEE stesso ha svolto un simile processo durante la sua formazione e ciò lo distingue profondamente dalle figure che non hanno questo bagaglio di formazione corporea.

In sintesi, si ritiene che il TNPEE nella realtà italiana sia un clinico in grado di perseguire in modo efficace le modalità e finalità del PACT. Si aggiunge dunque con merito alle figure professionali adatte all’utilizzo di tale metodologia.

INDICE

Caso clinico

Nonostante l’eziologia del Disturbo dello Spettro Autistico non sia nota, numerosi studi hanno confermato la presenza di un fattore di predisposizione nei fratelli di soggetti con diagnosi. Da una ricerca svolta nelle famiglie di 3578 casi di soggetti con ASD e 11775 controlli a sviluppo tipico è emerso che il 36,9% dei casi analizzati aveva un fratello con malattia psichiatrica o disturbo dello sviluppo neurologico contro il 17,4% dei controlli. Analizzando ulteriormente i dati si osserva che il 10,5% dei casi ha avuto un fratello successivamente diagnosticato ASD (44). L’incidenza del disturbo nei fratelli di soggetti con ASD è perciò quasi dieci volte quella nei fratelli di neurotipici (1,1%). È quindi fondamentale, da parte di una figura professionale come il TNPEE, un’azione di sorveglianza attiva e intervento precoce per questi bambini considerati ad alto rischio anche prima che ricevano un eventuale diagnosi. Inoltre, è stato dimostrato che in caso di assenza di una diagnosi di autismo, i soggetti ad alto rischio possono presentare comunque ritardi nello sviluppo e livelli subclinici dei sintomi di ASD (45). È nota la raccomandazione delle linee guida di interventi mediati dai genitori nel trattamento di soggetti con ASD soprattutto in età precoce. Sarebbe quindi ipotizzabile che questo sia un approccio terapeutico estremamente valido anche nei primi momenti riabilitativi dei soggetti a rischio. La presentazione del presente caso clinico, tramite l’analisi video, mira ad indagare l’ipotesi che il PACT possa rivelarsi una metodologia strutturata efficace come primo intervento nell’approccio di un TNPEE per i soggetti a rischio ASD e quindi una modalità utile per intraprendere un percorso già nel periodo di attesa della diagnosi o di permanenza nelle liste d’attesa.

Procedure

Setting. Le sedute di trattamento PACT sono state svolte all’interno di una stanza di terapia neuropsicomotoria tradizionale. I materiali a disposizione sono stati selezionati in base al livello di sviluppo del bambino. Tra questi sono stati scelti gli oggetti utili ad elicitare un’interazione nella diade genitore-figlio. Per quanto riguarda tempi e modalità di attuazione del trattamento, sia nel contesto clinico che in quello domestico sono state rispettate le procedure indicate dalla metodologia PACT (vedi cap.1). Il clinico di riferimento della famiglia che ha svolto le sedute è una TNPEE.

Disegno di studio. È stato svolto uno studio osservazionale su un singolo caso. Sono state prese in considerazione sia variabili quantitative che qualitative. Ciò ha permesso di fornire dati confrontabili e ripetibili senza tralasciare un’analisi più descrittiva delle dinamiche osservate. La ricerca si è basata su un’osservazione diretta non partecipante del nucleo genitori-bambino tramite l’impiego delle sequenze video utilizzate per il feedback nelle prime tre sedute di terapia PACT.

Raccolta dei dati e modalità di analisi. Le sedute di terapia dalle quali sono tratti i video oggetto della ricerca sono state svolte nel periodo tra gennaio e febbraio 2019 per la durata di un mese con cadenza ogni due settimane (T0 = 0 settimane; T1 = 2 settimane; T2 = 4 settimane). L’indagine è stata svolta attraverso una riformulazione delle schede di annotazione e dei criteri di superamento dei livelli 1 e 2 della metodologia PACT rispettivamente “Instaurare l’attenzione condivisa” e “Sincronismo e sensibilità”. Per quanto riguarda l’analisi qualitativa è stata utilizzata una scheda frutto dell’unione delle voci dei fogli di annotazione dei 2 livelli (appendice 2). Per l’analisi quantitativa sono stati valutati tre fattori: la durata della condivisione del focus, il numero di atti comunicativi verbali direttivi (AD) e non direttivi (AND) del genitore e la frequenza di Contatti di Sguardo (CS) al minuto. Il primo criterio è stato calcolato cronometrando il periodo di tempo in cui genitore e bambino condividevano lo stesso focus attentivo e rapportandolo in percentuale alla durata totale del video. Per il secondo criterio è stato svolto un conteggio degli atti direttivi e non direttivi successivamente rapportato alla totalità di numero di atti comunicativi verbali rilevati. Infine, per il terzo criterio si è segnalato la frequenza di contatto di sguardo tra bambino e genitore cioè il numero di contatti nella medesima unità di tempo (un minuto).

Presentazione del caso

Data di nascita: 31/10/2016

Data di esecuzione dei video: gennaio/febbraio 2019 (2 anni e 2 mesi di età)

Il caso preso in esame riguarda L., un bambino identificato a rischio di autismo perché fratello minore di soggetto con diagnosi di ASD. Giunge all’attenzione clinica all’età di 2 anni per un evidente ritardo del linguaggio con assenza di linguaggio espressivo. L’anamnesi familiare riporta un ritardo di linguaggio del padre e disturbi del linguaggio dei cugini di primo grado dallo stesso lato parentale. Il fratello con autismo, consanguineo solo da parte di madre, è preso in carico inizialmente con diagnosi di DGS (Disturbo Generalizzato dello Sviluppo) successivamente identificato come ASD. Viene prescritto il trattamento PACT come primo intervento terapeutico.

Risultati

L’analisi dei video ha permesso l’identificazione di sostanziali modifiche nella diade genitore-bambino intercorse già nel breve periodo di trattamento indagato. Si sono osservati iniziali cambiamenti determinanti sia nelle abilità di sincronismo e sintonizzazione del genitore che nelle competenze di attenzione condivisa del bambino. Le schede di annotazione compilate in riferimento ai tre video analizzati evidenziano una progressione evolutiva in molti degli item presentati. In particolare, le modifiche più evidenti si sono potute rilevare nei criteri di ‘Seguire l’interesse’, ‘Mantenere’, “Ridurre la richiesta di attenzione/elaborazione verbale”, “Ridurre la richiesta di processamento verbale” e “Ritmo adeguato al bambino” (Tabella 2). Non si sono osservati miglioramenti significativi negli item di “Rispecchiare”, “Commentare e riformulare” e “Uso appropriato degli elogi”.

Definizione e descrizione

VIDEO 1 (T0)

VIDEO 2 (T1)

VIDEO 3 (T2)

SEGUIRE L’INTERESSE

Il genitore segue il focus scelto dal bambino

Più No che Si

Si

Si

MANTENERE

Il genitore mantiene il focus scelto dal bambino, segue i cambiamenti di focus del bambino

Più No che Si

Il genitore segue la propria idea del gioco e non quella indicata dal focus del bambino

Più Si che No In una sola occasione il genitore cerca di

spostare il focus del bambino sull’attività precedente ma lascia cadere la richiesta quando non riceve una risposta

Si

RIDURRE LA RICHIESTA DI ATTENZIONE/ELA BORAZIONE VERBALE

Il genitore limita le richieste di spostamento del focus attentivo

No

Il genitore tende a riportare sempre il bambino sulla prima attività iniziata e sulla propria idea di gioco attraverso indicazioni verbali

Più Si che No

Si

RIDURRE LA RICHIESTA DI PROCESSAMENTO VERBALE

(domande e istruzioni possono rappresentare delle richieste)

No

Il genitore si esprime nella maggior parte dei casi attraverso atti comunicativi verbali direttivi

Più Si che No

Si

RITMO ADEGUATO AL BAMBINO

I tempi dell’interazione rispettano il ritmo del bambino

No

Il genitore tende a riempire gli spazi non lasciando il tempo adeguato al bambino per l’emergere dell’iniziativa interazionale

Più No che Si

Il genitore prende l’iniziativa comunicativa in un numero maggiore di occasioni rispetto al bambino

Più Si che No

I genitori lasciano in più occasioni un adeguato spazio all’emergere dell’iniziativa del bambino

Tabella 2 Principali outcomes con andamento positivo

Nei criteri quantitativi di valutazione è risultato un generale miglioramento in tutti e tre i fattori analizzati. La durata di condivisione del focus del bambino da parte del genitore ha evidenziato un andamento di crescita positivo nei tre video presi in considerazione con un tasso iniziale al T0 di 64,60% e un tasso al T1 e al T2 rispettivamente di 86,80% e 100% (Fig. 8).

Figura 8 Durata della condivisione del focus sulla totalità del tempo

Figura 8 Durata della condivisione del focus sulla totalità del tempo

Dal conteggio degli atti comunicativi verbali è emerso un andamento crescente degli Atti Non Direttivi (T0=22,60%; T1=58%; T2=80%) e un corrispondente inverso andamento discendente degli Atti Direttivi (T0=77,40%; T1=42%; T2=20%) (Fig. 9).

Figura 9 Quantità di Atti Direttivi e Non Direttivi

Figura 9 Quantità di Atti Direttivi e Non Direttivi

I valori registrati della frequenza di Contatti di Sguardo (CS) nei tre video successivi seguono una netta linea di tendenza ascendente. Al T0 vi era un’importante sporadicità di contatto con una frequenza di 0,247 CS/min. Tra il T1 e il T2 si è osservato un deciso aumento con un passaggio da una frequenza di 1,437 CS/min a 6,341 CS/min (Fig. 10).

Figura 10 Frequenza di contatto di sguardo tra bambino e genitore

Figura 10 Frequenza di contatto di sguardo tra bambino e genitore

Discussione

Questo studio ha voluto indagare gli iniziali effetti del trattamento PACT somministrato da una TNPEE in un soggetto ad alto rischio di ASD che non aveva mai ricevuto alcun tipo di terapia. I risultati del primo video a T0 delineano un quadro nel quale le interazioni significative tra genitore e bambino sono notevolmente ridotte. Il genitore sembra dirigere la propria attenzione in particolare verso obiettivi prestazionali e di tipo verbale. La comunicazione rivolta al bambino è finalizzata in prevalenza al porre richieste di attenzione o di risposta verbale. In generale a T1 e T2, è possibile osservare un netto miglioramento in alcuni fattori che determinano le capacità interattive dei genitori e del bambino reciprocamente adattate. L’approccio PACT in solo un mese di trattamento ha guidato madre e padre del bambino verso una condivisione sempre maggiore del focus attentivo del bambino spostando il proprio interesse da un piano prestazionale e verbale a quello di piacere del proprio figlio. Questa è stata la modifica più significativa emersa dalla scheda di annotazione. Altri criteri di analisi presi in considerazione, come la capacità di rispecchiamento e quella di fornire commenti contingenti all’attività non hanno mostrato cambiamenti significativi ma è ipotizzabile che si verifichino eventualmente in un momento successivo del percorso. Sarebbe dunque necessario attuare un’ulteriore analisi nel momento in cui la famiglia abbia raggiunto livelli di trattamento successivi al secondo nei quali si va più specificatamente e intensamente a lavorare su tali obiettivi. Coerentemente alle annotazioni qualitative, i dati quantitativi confermano un netto aumento della condivisione del focus e una riduzione della richiesta verbale fornendo in aggiunta la dimostrazione di una modifica comportamentale da parte del bambino. L’aumento considerevole dei contatti di sguardo restituisce la realtà di una modifica reciproca nell’interazione genitore-figlio. È ipotizzabile che le strategie comportamentali attuate dalla madre e dal padre abbiano creato la base perché il bambino fosse maggiormente motivato nell’inserirsi e mantenere una sequenza interazionale. È stato dimostrato che le interazioni che il bambino instaura nei primi anni di vita sono in grado di amplificare o ridurre gli effetti della predisposizione allo sviluppo di ASD. Fattori come la mutualità diadica, l'affetto positivo del bambino e l'attenzione del bambino al genitore erano predittivi dell’esito di diagnosi di autismo a 3 anni (46). Ciò implica che interventi mirati a questi aspetti interazionali come il PACT che dimostrano un’efficacia in un’età precoce sono particolarmente indicati per agire da subito in soggetti a rischio e potenzialmente migliorare l’outcome del bambino.

Conclusione

Dai dati emersi questa metodologia fornita dal TNPEE si dimostra uno strumento efficace e incisivo anche nella somministrazione autonoma, diversamente da quanto indagato negli studi precedenti in cui il PACT veniva testato in aggiunta al trattamento tradizionale. In conclusione, i risultati sostengono l’utilità di tale approccio con soggetti a rischio ASD identificandolo come risorsa per le finalità di intervento attivo nei periodi precedenti alla diagnosi e nei mesi in attesa di una presa in carico neuropsicomotoria tradizionale. La descrizione di questo caso clinico non ha la pretesa di esaurire la ricerca in questo campo ma di fornire la motivazione valida per approfondire l’utilità di un intervento come il PACT precoce e mediato dai genitori nel trattamento di soggetti a rischio di ASD.

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