Funzione spaziale
In questo capitolo si parlerà di funzione spaziale, ovvero quella competenza che permette alla persona di organizzare il proprio corpo nello spazio, orientarlo e comprendere relazioni e rapporti spaziali. Rientra quindi nel gruppo di competenze più vasto che viene definito come abilità visuo-spaziali.
Le abilità visuo-spaziali sono un gruppo di processi che consentono la corretta interazione dell’individuo con il mondo circostante: consistono nella capacità di percepire, agire e operare sulle rappresentazioni mentali in funzione di coordinate spaziali. Il cervello umano è in grado di costruire complesse rappresentazioni spaziali della realtà interna ed esterna che costituiscono il presupposto di ogni azione (Terzi, 1995).
- Le abilità visuo-spaziali riguardano tre ambiti fondamentali: l’ambito visivo e visuo-percettivo; l’ambito spaziale in senso stretto e l’ambito prassico.
L’ambito visivo e visuo-percettivo comprende le funzioni cognitive coinvolte nelle attività di esplorazione e percezione visiva che permettono di vedere, riconoscere e discriminare uno stimolo. - L’ambito spaziale in senso stretto riguarda le funzioni cognitive coinvolte nelle attività di movimento che presuppongono una rappresentazione unitaria dello spazio e l’utilizzo di coordinate spaziali, che permettono l’interazione con l’esterno.
- L’ambito prassico che comprende tutte quelle abilità che concorrono nell’organizzazione del movimento.
Tutte queste funzioni cognitive vengono acquisite e interiorizzate attraverso il movimento in quanto “corpo e mente sono inseparabili nell’immediata esperienza della vita e tali permangono per il bambino nella sua prima rappresentazione della vita” (Terzi, 1995). Come spiegato da Annalisa Risoli, infatti, gli aspetti della cognizione sono plasmati dal sistema percettivo del corpo che muovendosi interagisce con l’ambiente circostante (embodied cognition), costruendo delle rappresentazioni mentali dello spazio esterno. L’esperienza sensomotoria è quindi fondamentale per la creazione di mappe spaziali e per comprendere l’ambiente intorno a noi (Risoli, 2013).
La funzione spaziale abbraccia l’ambito spaziale in senso stretto delle abilità visuo-spaziali e comprende:
- La spazialità, che è la capacità corporea e percettiva dell’essere umano di sperimentare oggetti dotati di significato in rapporto tra loro.
- La comprensione e l’utilizzo di rapporti e relazioni spaziali. Tutte le relazioni spaziali sono riferite a corpi e oggetti, ai loro volumi, allo spazio che occupano e ai loro spostamenti. Il bambino nel corso dello sviluppo fa esperienza di questi rapporti e di queste relazioni, prima dal punto di vista percettivo-motorio e poi passando a un livello superiore di conoscenza attraverso la rappresentazione.
- La rappresentazione mentale dello spazio, che consente di interagire con gli oggetti e di muoversi nell'ambiente. Essa origina da processi percettivi di natura multisensoriale. Per completare la rappresentazione mentale dello spazio è necessario codificare le informazioni spaziali acquisite tramite i sensi sulla base di sistemi di coordinate. Esistono due grandi sistemi a cui far riferimento: egocentrico, le cui coordinate sono riferite al corpo del soggetto percipiente, permettendo di aggiornare il flusso di informazioni spaziali in relazione ai movimenti che il soggetto compie nell'ambiente; allocentrico, le cui coordinate si basano su punti di riferimento salienti e sulle relative posizioni di essi nell'ambiente. A partire da questi due sistemi, spostandosi nell'ambiente è possibile generare mappe cognitive dello spazio sulla base di due prospettive (Palmiero, 2011).
Muoversi, spostarsi, agire nell’ambiente: tutto ciò presuppone l’essere guidati da una rappresentazione dello spazio unitaria che si costituisce a partire dalle numerose informazioni sensoriali raccolte e dalle corrispondenti rappresentazioni spaziali specifiche per modalità. Si può definire la realtà, rispetto a delle coordinate spaziali, quando si osserva, si tocca, si ascolta e si esplora direttamente. L’insieme di questi riferimenti percettivi e spaziali determina un’unica rappresentazione spaziale centrale che rende possibile l’interazione adattiva con l’esterno (Pierro, 1995).
Organizzare lo spazio significa saper predisporre o strutturare in modo ordinato un percorso, una costruzione, un disegno ecc. sullo spazio che abbiamo a disposizione. Organizzare significa anche disporre in ordine sequenziale il pensiero, il modo di ricordare e di riprodurre secondo una sequenza utilizzabile.
Il bambino durante lo sviluppo ha un’istintiva necessità di stabilire intorno a lui riferimenti rispetto ai quali organizzare i movimenti, le azioni e l’orientamento, ma questa abilità va perfezionata e approfondita a partire dalle prime esperienze motorie, dove la scoperta del proprio corpo e dello spazio intorno a lui sono oggetto principale. La sperimentazione pratica dello spazio e delle relazioni tra gli oggetti e il corpo è quindi la partenza fondamentale per conoscere gli elementi spaziali, viverli, interiorizzarli e rappresentarli (Lbardi, 2008).
Per comprendere meglio come questo genere di funzioni specifiche si consolidano durante lo sviluppo del bambino, verranno discusse brevemente in seguito alcune teorie riguardo l’argomento.
Sviluppo della funzione spaziale
Lo sviluppo delle abilità spaziali è stato teorizzato per primo da Piaget, che ha studiato il bambino fin dalle prime esperienze di vita: nello sviluppo di un comportamento spaziale nel bambino si assiste al passaggio graduale da un sistema di riferimento di tipo egocentrico a uno di tipo allocentrico. Infatti, dapprima il bambino si orienta riferendosi a sé stesso, in uno spazio dove l’ambiente è inteso come estensione del proprio corpo, poi passa a uno spazio più centrico che tiene conto delle relazioni fra elementi esterni. Piaget sottolinea il fatto che fin dall'inizio dell'esistenza si costruisce uno spazio sensomotorio, legato ai progressi della percezione e della motricità, e solo in seguito comparirà lo spazio rappresentativo, che porta all’acquisizione e interiorizzazione dei concetti formali. Dai 4-5 anni fino ai 7-8 anni i bambini iniziano a tradurre le azioni che hanno vissuto in concetti interni e rappresentati, l’inizio di un processo che troverà la fine solo dopo i 12 anni (Piaget, 1973).
La prima tappa per il bambino è quindi la conoscenza del suo stesso corpo e degli oggetti con le loro relazioni, che poi vengono riconosciute e ricordate; dopo di che comincia a definire una serie successiva di livelli di conoscenze che lo porta via via a orientarsi rispetto allo spazio, a valutare i rapporti all’interno di un’organizzazione e, infine, al livello superiore, a saper riconoscere complessi ragionamenti tramite l’ordinamento sequenziale e spaziale, grazie a strategie di risoluzione dei problemi e formazione dei concetti.
Il comportamento spaziale del bambino si origina e si sviluppa dal rapporto dinamico fra le molteplici dimensioni percettive, strettamente legate alla dinamica del movimento, e altrettante dimensioni rappresentative di spazio simultaneamente emergenti (Cornoldi, 1997).
La componente motoria gioca un ruolo fondamentale nell’affinare quell’insieme ricco e differenziato di contenuti mentali presenti nell’individuo fin dalla nascita.
Attraverso il movimento si presenta al bambino la possibilità di collaudare le mappe spaziali già internalizzate su base percettiva. L’esperienza evidenzia, infatti, che il corpo e la mente non sono entità distinte, ma sono sempre in comunicazione e che anche le diverse percezioni sono integrate già a livello sensomotorio.
Damasio ha creato un modello da cui emerge come il corpo sia fondamentale per tutte le conoscenze. Secondo l’autore il corpo è l’unico strumento che abbiamo per conoscere il mondo, sostenendo che per percepire il mondo esterno è necessario il movimento. Agiamo e rappresentiamo lo spazio esterno sulla base delle nostre esigenze e attraverso il nostro movimento (Damasio, 2012). Riprendendo gli studi del filosofo Merleau-Ponty riguardo il corpo vissuto (incarnato in prima persona) e il corpo oggettivo (conosciuto dall’esterno), si può affermare che lo sviluppo della percezione dello spazio avviene da una continua interazione tra questi due corpi e quindi da una relazione continua tra interno ed esterno (Merleau-Ponty, 1965). L’uomo costituisce rappresentazioni mentali dello spazio esterno interagendo con l’ambiente attraverso il movimento (Kandel, 2013) e questa capacità di costruire mappe spaziali dinamiche e funzionali accresce e si raffina con l’esperienza, in quanto viene permessa la creazione attiva di schemi spaziali a la comprensione dell’ambiente.
La componente motoria è quindi fondamentale nella conoscenza e nello sviluppo di abilità in ambito spaziale, che permettono al bambino possibilità di esperienze sempre più complete e lo sviluppo di apprendimenti più formali, come la lettura, la scrittura e la matematica (Cornoldi, 1997). Sulla base di questo il progetto “Danzando lo spazio” (cfr Capitolo 5) si presenta come un percorso con lo scopo di sviluppare fattori di protezione ai disturbi possibili in ambito spaziale, in particolare nella capacità di organizzazione spaziale. Disturbi nello sviluppo della funzione spaziale possono essere presenti in molte patologie dell'età evolutiva (cfr Capitolo 3) e svilupparsi a causa di:
- Difficoltà relazionali, che limitano la motivazione del bambino nel scoprire nuove relazioni con oggetti, persone e spazi condivisi.
- Difficoltà percettive, che non permettono l’entrata dei primi stimoli spaziali.
- Difficoltà motorie, che non permettono la scoperta con il proprio corpo della spazialità e della sua organizzazione e, in questo modo, non consentono l’integrazione degli stimoli (Cornoldi, 1997).
Queste difficoltà sono spesso presenti in molte delle patologie e dei disturbi di interesse del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), causando spesso anche disturbi in ambito spaziale. Maggiore spazio all’argomento verrà donato nel capitolo successivo, dove verranno descritte le difficoltà visuo-spaziali in generale e le patologie dove più frequentemente si possono riscontrare questo genere di difficoltà.
3 “La percezione è la capacità di attribuire significato agli stimoli recepiti tramite i sensi”. Mecacci 2001, Manuale di psicologia generale, p. 123
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Martina SALA |