Indagine della compliance tra Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva e famiglia straniera: QUESTIONARIO ESPLORATIVO e CASI CLINICI
Presentazione del progetto di tesi: obiettivi
Somministrazione e interpretazione delle risposte
- Questionario generale
- Questionario italiano per l’UONPIA di Voghera
- Questionario inglese
- Questionario albanese
- Questionario arabo
- Il campione: Descrizione; Valutazione neuro psicomotoria; Intervento riabilitativo
- Il caso clinico di L. K.
- Il caso clinico di R. S.
- Il caso clinico di M. E.A.
- Il caso clinico di Y. M.
- Il caso clinico di B. M.
- Il caso clinico di G. P.
Presentazione del progetto di tesi: obiettivi
Il progetto di tesi prevede la creazione di cinque questionari rivolti alle famiglie dei bambini stranieri che svolgono interventi di terapia neuropsicomotoria presso servizi pubblici, privati e/o privati accreditati.
Di questi, quattro sono stati destinati alle famiglie dei bambini con origini migratorie, di età compresa tra 0 e 6 anni, in carico presso l’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Voghera (UONPIA), in quanto struttura da me frequentata nel periodo di tirocinio professionalizzante e di tesi. La scelta della fascia d’età è stata definita considerando l’età media degli utenti che ogni giorno accedono al servizio. All’interno dell’elaborato si troverà quindi un quinto questionario, più generale, realizzato per le famiglie con bambini stranieri, di età compresa tra 0 e 12 anni, pensato principalmente per ricerche future che possano coinvolgere un campione di studio più ampio. Sicuramente l’idea potrà essere considerata soltanto se lo strumento risulterà essere ben accettato e realmente utile ai fini riabilitativi nella realtà di Voghera.
Lo strumento può essere somministrato direttamente dal Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva alla famiglia oppure lasciato a questa da portare a casa e restituire successivamente al servizio. Il tempo necessario per la compilazione oscilla tra venti minuti, per il questionario generale, e trenta minuti per quello creato per l’UONPIA di Voghera.
Tale studio, nasce dal desiderio d’individuare l’esistenza di eventuali limiti nella compliance Terapista della Neuro e Psicomotricità-famiglia straniera, legati alla presenza di differenze culturali e linguistiche. Ogni giorno difatti, aumenta il numero di bambini disabili con origini migratorie all’interno delle stanze di neuropsicomotricità, così come l’esigenza di riconsiderare gli oggetti, le metodologie e le competenze
impiegate nell’analisi dei bisogni e nella definizione di interventi abilitativi e riabilitativi che possano essere efficaci. Tutto ciò invita anche a rivedere le modalità di relazione e comunicazione con la famiglia, costante nella vita del piccolo e figura fondamentale nel percorso riabilitativo.
Spesso le difficoltà linguistiche, incontrate dai genitori dei bambini stranieri nel comunicare in italiano, associate a rappresentazioni culturali della malattia differenti da quelle sostenute dagli operatori sanitari compromettono la creazione di una buona e serena alleanza terapeutica. Proprie di ciascuna cultura, le rappresentazioni della disabilità, condizionano il modo di reagire ad esse, di organizzare un percorso di cura e sviluppare aspettative sulla qualità di vita del bambino con disabilità.
Consapevoli di questo, emerge l’esigenza di acquisire come punto di riferimento la concezione bio psico sociale e multidimensionale proposta dall’ICF-CY, sistema di classificazione che prevede l’integrazione del modello medico a quello sociale. Tale sistema permette di descrivere, attraverso l’uso di un linguaggio comune, il funzionamento e la disabilità come risultato dell’interazione complessa tra fattori ambientali, personali, strutture e funzioni corporee.
La formazione interculturale del terapista, la conoscenza della cultura d’origine e della concezione che la famiglia ha rispetto il bambino sarà quindi fondamentale per cogliere la complessità esistenziale dello stesso ed implementare interventi specifici.
Creazione dei questionari
Inizialmente, attraverso l’uso della lingua italiana sono stati creati due questionari cartacei, uno destinato all’UONPIA di Voghera ed un altro, come già esposto precedentemente, più generale. Successivamente, grazie all’aiuto di persone madre lingua, si è deciso di tradurre in inglese, albanese ed arabo il questionario impiegato presso la sede di Voghera. La traduzione dei questionari si deve al campione di famiglie straniere divenute oggetto di studio, difatti per due famiglie è stato utilizzato il questionario in arabo, per altre due il questionario in albanese, per una quello in inglese ed infine per l’ultima il questionario in lingua italiana.
Le possibili problematiche esistenti nella compliance Terapista della Neuro e Psicomotricità-famiglia straniera sono state indagate attraverso la costruzione di un questionario, in quanto strumento semplice e veloce da somministrare, impiegabile e replicabile nel tempo e in diverse circostanze. Inoltre, al fine di stimolare i destinatari alla risposta, la realizzazione dello strumento ha comportato per quanto possibile il rispetto dei criteri di chiarezza, semplicità e brevità.
Si tratta quindi di questionari qualitativi e strutturati, compilabili in forma cartacea e composti essenzialmente da due parti. La prima parte (uguale sia per il questionario destinato all’UONPIA di Voghera, che per quello generale) include la sezione d’apertura dello strumento in cui il compilatore (madre e/o padre del bambino di origine migratoria) deve inserire il nominativo dell’operatore, in questo caso il TNPEE che segue il loro bambino, la data del giorno di compilazione, i dati anagrafici relativi il loro bambino (nome, cognome, sesso, data di nascita, residenza, luogo di nascita e nazionalità), loro stessi (nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita, nazionalità e residenza della madre e del padre) ed infine indicare chi compila il questionario (madre e/o padre). La seconda parte, costituita all’incirca da 60-70 domande rappresenta invece il vero e proprio questionario. Entrando nello specifico, nel questionario proposto all’UONPIA di Voghera si trovano 72 domande, di cui 55 a risposta chiusa e 17 a risposta aperta, mentre in quello generale si hanno 62 domande, di cui 51 a risposta chiusa e 11 a risposta aperta. La scelta di adottare un numero maggiore di domande a risposta chiusa si deve ai vantaggi che esse comportano. Innanzitutto implicano risposte standardizzabili, che possano essere confrontate tra le diverse famiglie costituenti il campione preso in esame. Oltre a ciò, facilitano anche l’attività di codifica ed analisi, in quanto comportano risposte più semplici, e il compito sia di chi compila che di chi analizza i risultati ottenuti. Nonostante le domande a risposta aperta possano determinare un elevato livello di arbitrarietà e criticità nell’interpretazione delle risposte, considerando le molteplici variabili culturali e personali in gioco nella relazione terapeutica esaminata, è parso opportuno utilizzare, anche se solo in parte, tale modalità interrogativa. In entrambi, le domande sono numerate e poste in ordine crescente, sotto ad ogni quesito è presente lo spazio predisposto per indicare la risposta. Le risposte alle domande chiuse avvengono segnando una X sulla casella appropriata. All’interno del questionario si trovano domande chiuse che prevedono risposte binarie e domande chiuse a risposta multipla. Per le domande aperte invece il genitore dovrà dare risposta rispettando il numero di righe inserite.
I primi quesiti presenti in questa seconda sezione sono volti ad indagare la condizione di vita e la quotidianità della famiglia straniera. Riguardano infatti, il titolo di studio posseduto dai genitori, la religione professata ed il rapporto con essa, la tipologia di lavoro svolto, l’orario lavorativo, lo stato civile, la composizione della famiglia, il sistema linguistico abitualmente utilizzato per comunicare, la situazione economica e l’esperienza migratoria per cui quando è avvenuta, quali sono state le motivazioni che hanno portato a questa decisione, le sensazioni vissute una volta arrivati in Italia e il possibile legame con familiari ancora residenti nel paese d’origine.
Le domande seguenti invece pongono particolare attenzione rispetto la figura del bambino. Viene difatti esaminata la qualità di vita di quest’ ultimo, tenendo conto delle variabili culturali e del livello d’integrazione all’interno del sistema scolastico. Si passa poi ad una serie di quesiti rivolti allo studio dell’intervento neuropsicomotorio, in termini di comprensione, conoscenza e soddisfazione. Si analizza ad esempio la conoscenza da parte della famiglia straniera del funzionamento del sistema sanitario italiano, la presenza di eventuali differenze rispetto a quello adottato dal paese d’origine e il percorso che li ha condotti alla figura professionale del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Non solo, viene anche esaminata la comprensione della diagnosi posta al bambino e del linguaggio utilizzato dal Neuropsichiatria Infantile nel momento in cui quest’ ultima è stata comunicata e durante i colloqui di confronto.
Infine si esplora la conoscenza delle motivazioni per cui il bambino segue un intervento di tipo neuropsicomotorio, la condivisione di tali motivazioni e della metodologia impiegata dal Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, la flessibilità e l’accessibilità rispetto l’erogazione dell’intervento, la comprensione del linguaggio utilizzato dal terapista, la partecipazione alle sedute, la corrispondenza degli obiettivi dell’intervento riabilitativo, individuati dal TNPEE insieme all’équipe multidisciplinare, con i bisogni e la cultura della famiglia e ancora l’efficienza dell’intervento terapeutico erogato.
Somministrazione e interpretazione delle risposte
La somministrazione del questionario ha avuto, nello svolgimento del progetto un ruolo fondamentale. Effettivamente la modalità con la quale si presenta e somministra il questionario determina gran parte dei risultati del lavoro. In questa fase dello studio diviene essenziale trasmettere alla famiglia l’importanza del questionario, sottolineandone i benefici che potrebbe comportare.
Tali presupposti associati alle esigenze e alla disponibilità di ogni famiglia hanno determinato l’adozione di due differenti modalità di somministrazione del questionario. In un primo momento ad ogni famiglia è stato illustrato il questionario esponendone le finalità. Successivamente a metà del campione divenuto oggetto di studio, nonchè 3 famiglie, il questionario cartaceo è stato lasciato da compilare a casa e al momento della restituzione è stato svolto un breve colloquio di revisione condivisa del questionario. Per le altre famiglie costituenti il campione, il questionario è stato compilato insieme al Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva presso il servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza di Voghera. In entrambi i casi, le risposte incomplete o mancanti sono state discusse con l’operatore sanitario.
Una volta compilati, i questionari sono stati analizzati dal Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Essendo dei questionari qualitativi non prevedono dei punteggi finali. Sarà il TNPEE, per mezzo della sua formazione professionale e personale a ricavarne i risultati, in termini di comprensione delle eventuali differenze linguistiche e culturali ostacolanti l’istaurazione di una serena alleanza terapeutica con la famiglia ed il bambino straniero.
I Questionari
Questionario generale
Questionario italiano per l’UONPIA di Voghera
Questionario inglese
Questionario albanese
Questionario arabo
CASI CLINICI
Il campione
Al centro del seguente progetto di tesi è stato posto lo studio delle seconde generazioni, difatti sono stati considerati soltanto i bambini nati e residenti in Italia aventi entrambi i genitori stranieri. Tale decisione si deve alla presenza, sempre più numerosa sul territorio italiano, di individui appartenenti a seconde generazioni. La scelta di escludere i piccoli pazienti, figli di coppie miste si deve invece all’idea che le possibili differenze culturali e linguistiche presenti tra il Terapista della Neuro e Psicomotricità e le figure genitoriali possano essere mitigate dal genitore con cittadinanza italiana.
Il campione oggetto d’analisi è costituito da 6 bambini, 1 femmina e 5 maschi, di età compresa tra 0 e 6 anni già seguiti in trattamento psicomotorio presso l’UONPIA di Voghera con sedute a cadenza settimanale e bisettimanale. L’analisi relativa il quadro dei cittadini stranieri residenti in Italia ha affiancato la composizione del campione preso in esame, formato per questo da 1 bambino di nazionalità rumena avente madre rumena e padre ucraino, 2 bambini di nazionalità albanese con entrambi i genitori albanesi, 2 bambini marocchini con tutti e due i genitori originari del Marocco e 1 bambino filippino con ambedue i genitori filippini.
Ad oggi difatti la Romania, l’Albania e il Marocco risultano essere le prime tre nazionalità presenti sul territorio italiano mentre l’Ucraina e le Filippine, a loro volta, rientrano nelle prime dieci nazionalità rappresentanti gli individui stranieri titolari di permesso di soggiorno in Italia.
Di seguito verranno esposti i diversi casi clinici, riportando la breve descrizione dei piccoli pazienti, la valutazione neuro psicomotoria effettuata all’inizio del periodo di tirocinio e gli obiettivi dell’intervento abilitativo e riabilitativo perseguiti e conseguiti in questi mesi.
Il caso clinico di L. K.
Descrizione
- Nazionalità: albanese
- Età: 5 anni e 6 mesi
- Diagnosi: Disturbo dello spettro autistico di livello severo
- Inizio del trattamento riabilitativo: settembre 2018
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione neuro psicomotoria di L. K. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo.
Il bambino tollera la separazione dalla figura di riferimento (papà), ed entra in stanza, accompagnato dalla terapista, tenendola per mano. Si siede sul tappeto e su indicazione verbale e gestuale della terapista si toglie le scarpe.
Nei confronti di quest’ ultima si esprime in maniera accettante, mostrando dipendenza e richiesta costante di rassicurazione. Emerge una discreta capacità d’attenzione reciproca, la ascolta quando parla o propone un’esperienza uditiva, tattile, visiva o motoria. L’esplorazione dell’ambiente è scarsa, (per non dire assente), prevale il mantenimento di una motricità di posizione, che sottolinea l’importante inibizione del bambino rispetto il setting. L. rimane infatti seduto sul tappeto, fissando il muro o parti del suo corpo, fin quando la terapista non lo coinvolge.
L’iniziativa comunicativa e di gioco è assente, pochi sono i segnali di ricerca di contatto; talvolta però reagisce a questi se datigli dalla terapista.
L’aggancio visivo è difficilmente evocabile, presente solo per brevi istanti e se molto sollecitato (ad esempio durante il gioco delle bolle, il piccolo guarda la terapista per richiederne altre).
La comunicazione avviene preferenzialmente attraverso il canale mimico-gestuale e l’utilizzo del quaderno in simboli (CAA). In situazioni di forte coinvolgimento emotivo, capita che il bambino produca vocalizzi, non sempre però risulta possibile riconoscere la sua intenzionalità comunicativa.
Su guida fisica e verbale dell’adulto, occasionalmente si volta e saluta con la mano in risposta al nome. Il pointing dichiarativo, così come quello richiestivo, non compare su iniziativa spontanea, ma su invito della terapista: alle volte sceglie tra due o più attività, quella che preferisce indicando il simbolo corrispondente sul proprio quaderno di CAA.
Nel corso della seduta si osservano brevi episodi di attenzione condivisa e capacità d’impegno reciproco, in particolare nel gioco delle bolle o durante la lettura di libri in simboli, emerge sintonizzazione emotiva e coinvolgimento, visibile da sorrisi e dalla mimica del volto del bambino.
Le attività di gioco spontaneo sono povere e ripetitive, il bambino modifica però la propria organizzazione del gioco se indirizzato dalla terapista: compaiono azioni simboliche (es finge di far dormire Peppa pig, di portare i bambini a scuola). Emergente ma non consolidata risulta la capacità di classificare oggetti per colore. Durante lo svolgimento di un gioco, l’attenzione non sempre è costante, L. deve essere richiamato più volte.
La deambulazione è autonoma ed avviene in piatto-valgismo bilaterale. Si rileva la presenza di alcuni movimenti stereotipati, quali orientamento del capo verso l’alto.
Lo scarso monitoraggio visivo prima, durante e dopo lo svolgimento di sequenze motorie compromette ulteriormente le abilità manipolatorie e prassiche, che risultano essere deficitarie. Il bambino inserisce, inseguito a dimostrazione dell’operatrice, le perle nel filo con presa a pinza superiore: il movimento acquista, soltanto durante l’esecuzione, maggior scioltezza e velocità.
Compare anche difficoltà nella realizzazione di puzzle a due pezzi: il gesto d’incastrare è emergente ma non consolidato e la ricerca visiva del pezzo mancante, presente soltanto se suggerita dall’adulto. L’attività grafica non è ricercata, su imitazione copia un cerchio, traccia segni e linee.
Intervento riabilitativo
Sulla base di quanto emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento abilitativo, condivisi con la famiglia secondo le attuali teorie della family centered therapy.
Giochi d’attivazione sociale e di scambio, quali il gioco delle bolle e l’amplificazione/riduzione degli indici espressivi hanno favorito la comparsa di momenti di attenzione condivisa, d’interazione e scambio reciproco. La promozione del contatto di sguardo è avvenuta, proponendo situazioni in cui il piccolo potesse acquisire un atteggiamento tonico posturale adattato allo scambio e alla condivisione (attività a tavolino). Attraverso l’uso della comunicazione aumentativa in giochi di causa/effetto e/o posticipando la risposta al desiderio del bambino è stato possibile inoltre sostenere e promuovere la comparsa di segnali comunicativi intenzionali. L’apertura verso l’interesse recente del bambino per l’attività grafica, in particolare la rappresentazione della figura umana, ha consentito l’acquisizione dello schema corporeo e lo sviluppo delle abilità manipolatorie prassiche perseguite anche attraverso l’uso di giochi di piccola dimensione (es. gioco dei chiodini, perle). La guida del terapista in alcune azioni simboliche stimolanti per il piccolo (gioco di Peppa pig) ha permesso infine l’evoluzione del gioco.
Negli ultimi mesi L. ha riportato importanti cambiamenti ed acquisizioni. Ad oggi la componente inibitoria verso il setting e la terapista risulta essere notevolmente ridotta, il piccolo appare sereno e propositivo verso l’altro e le novità. Inoltre è stato possibile assistere alla produzione di alcune parole semplici anche all’interno della stanza di neuro psicomotricità. In precedenza tale competenza, come riferito dai genitori, era emersa soltanto all’interno del contesto familiare.
I momenti di confronto con il personale scolastico e la famiglia, la partecipazione attiva di quest’ultima sia durante alcune sedute riabilitative, che in modalità da remoto a causa dell’emergenza sanitaria e i consigli forniti dal terapista rispetto la possibilità di ridefinire e proporre le attività sopradescritte anche all’interno dell’ambiente domestico hanno sicuramente supportato il conseguimento degli obiettivi individuati all’interno dell’intervento abilitativo.
Il caso clinico di R. S.
Descrizione
- Nazionalità: albanese
- Età: 4 anni e 11 mesi
- Diagnosi: Disturbo dello spettro autistico di livello severo in soggetto con minime note malformative a livello cerebrale (nodulo di eterotopia sub-ependimale)
- Inizio del trattamento riabilitativo: febbraio 2019
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione neuro psicomotoria di R. S. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo.
La bambina arriva al servizio piangendo e la mamma riferisce all’operatrice che piange perché è appena stata svegliata. Grazie ad un breve momento di contenimento tra le braccia della figura materna, la piccola viene consolata e si tranquillizza. A questo punto serena, tollera la separazione dalla figura di riferimento (mamma) ed accede al setting accompagnata dalla terapista. Nei confronti di quest’ultima manifesta scarsa capacità d’attenzione ed interesse, non sempre la guarda o l’ascolta quando parla o propone esperienze visive, uditive, motorie o tattili. Più volte capita che la piccola metta in atto condotte di evitamento dell’altro, orienta il proprio corpo in direzione opposta, dando le spalle all’operatrice. Il contatto di sguardo, fugace, è presente in modo saltuario. Il sorriso sociale in risposta non è evocabile. La risposta al nome appare incostante, alcune volte succede che R. si giri e guardi direttamente il volto di chi la chiama.
Appare interessata all’ambiente ed in particolare ad alcuni oggetti/ giochi che esplora, con modalità ripetitive e stereotipate, attraverso il canale tattile e propriocettivo. Alle volte la motricità di spostamento prevale su quella di posizione determinando l’assunzione di uno stile psicomotorio instabile. Raramente mantiene la posizione seduta a tavolino, la rifiuta, tende a stare in piedi e a privilegiare lo svolgimento delle attività a tappeto.
Si osserva pointing richiestivo: la bambina indica un gioco visibile ma non accessibile, posto su una mensola alta. Può anche indicare con finalità richiestiva il simbolo, sul suo quaderno di CAA, di un gioco che le interessa (oppure indica direttamente il gioco per richiederlo alla terapista). La capacità d’impegno reciproco, emerge soprattutto durante attività quali cantare canzoncine o utilizzare gli strumenti musicali, : R. appare coinvolta emotivamente, guarda la terapista e divertita canta alcune parti delle canzoncine insieme a lei.
L’attenzione condivisa, nonché la triangolazione di sguardo appare emergente ma non consolidata. La capacità d’attenzione sostenuta e selettiva è fluttuante, presente soltanto durante attività reputate interessanti dalla bambina (es. gioco della matrioska).
L’iniziativa comunicativa e di gioco è scarsa, anche la capacità d’attenzione congiunta appare incostante. Difficilmente R. si mostra disponibile alla condivisione del gioco con l’adulto, non tollera l’inserimento della terapista nell’attività, tende ad isolarsi e vocalizzare quando quest’ ultima cerca di interagire con lei. Talvolta risulta possibile condividere, per brevi momenti, giochi di scambio con la palla. Durante tali attività mostra ancora difficoltà nell’ attendere e rispettare il proprio turno.
Conosce l’uso funzionale di alcuni oggetti e in alcune situazioni dimostra di saper pianificare e costruire uno spazio ludico (es. fattoria degli animali, la costruisce e inserisce all’interno gli animali e le piante). Tuttavia il gioco, di tipo esplorativo diviene presimbolico soltanto con l’iniziativa ludica, la guida fisica e verbale dell’operatrice. Di fronte ad una frustrazione (es. non ottenere un oggetto desiderato) è difficilmente consolabile, tende ad avere condotte di rabbia ed aggressività eterodirette (es. graffia o picchia).
La comunicazione avviene attraverso l’uso del linguaggio e dei simboli in CAA. La bambina difatti risponde ad una richiesta dell’adulto e/o esprime un bisogno/ desiderio attraverso l’indicazione dei simboli in CAA. Inoltre produce alcune parole, il più delle volte su ripetizione, prive d’intenzionalità comunicativa. Si sottolinea la presenza di vocalizzi ecolalici e stereotipati.
Per quanto riguarda l’organizzazione motoria globale e le abilità manipolatorie e prassiche appaiono adeguate all’età. La bambina afferra piccoli oggetti con presa a pinza superiore, non ricerca l’attività grafica e tende a rifiutarla se proposta.
Intervento riabilitativo
Sulla base del profilo funzionale emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento abilitativo, condivisi con la famiglia, secondo le attuali teorie della family centered therapy.
Inizialmente, al fine di favorire il contatto di sguardo e la comparsa di momenti d’interazione e condivisione con l’adulto si è deciso di modificare il setting adottando una stanza che fosse costituita soltanto da materiali impiegabili in giochi di tipo sensomotorio, per la bambina particolarmente interessanti. Tale scelta ha di conseguenza ridotto l’instabilità psicomotoria, espressa dalla bambina nei confronti dell’ambiente, permettendo di osservare situazioni di attenzione ed impegno reciproco.
In un secondo momento, attraverso la guida fisica, verbale e l’iniziativa ludica della terapista, è stato possibile favorire l’ampliamento degli schemi d’azione della piccola, contrastando dunque le modalità ripetitive e stereotipate da lei messe in atto durante le attività (es. continua a porre in ordine di grandezza e mettere via le bamboline della matrioska). Nonostante ciò la bambina mostra ancora una certa rigidità nella scelta dei giochi e nelle modalità attuate.
L’utilizzo della CAA, oltre a supportare lo sviluppo del linguaggio, ha permesso alla bambina di comprendere le motivazioni datele dall’adulto, che in precedenza scatenavano momenti di frustrazione, riducendo così le condotte di rabbia ed aggressività eterodirette. A tal proposito, utili sono stati anche i momenti di confronto con gli insegnanti, che hanno permesso il trasferimento di questa differente modalità di comunicazione anche nel contesto scolastico.
La partecipazione attiva della famiglia alle sedute e i colloqui periodici con tutta l’équipe multidisciplinare hanno sostenuto la scoperta da parte di questa dei punti di forza e di debolezza della piccola. In particolare si è ritenuto essenziale coinvolgere la mamma durante il trattamento mostrandole che fosse possibile relazionarsi con la propria bambina e suggerendole attività da poter riproporre anche all’interno dell’ambiente domestico. Tutto ciò con il fine di accrescerne l’empowerment, rassicurarla rispetto il suo ruolo di mamma.
A causa dell’emergenza sanitaria, nel corso del 2020, l’intervento riabilitativo è proseguito anche con modalità da remoto, con partecipazione parziale da parte della famiglia.
Il caso clinico di M. E.A.
Descrizione
- Nazionalità: marocchina
- Età: 3 anni e 9 mesi
- Diagnosi: Ritardo dello sviluppo psicomotorio in soggetto con disfagia e ipoacusia grave/profonda bilaterale
- Inizio del trattamento riabilitativo: ottobre 2018
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione neuro psicomotoria di M. E. A. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo.
Il bambino arriva al servizio accompagnato dalla mamma, guardandola in viso la saluta facendo “ciao” con la manina ed entra in stanza accompagnato dalla terapista (la tiene per mano). Dimostra dunque di tollerare la separazione dalla figura di riferimento.
Appare sereno, maggiormente interessato all’ambiente e agli oggetti presenti in stanza, piuttosto che alla figura dell’operatrice. Nei confronti di quest’ultima difatti manifesta ridotta capacità d’attenzione reciproca, non sempre la guarda e/o ascolta quando propone esperienze visive, uditive, tattili o motorie. Al fine di ottenere qualcosa ne ricerca il contatto, relazionandosi in maniera poco differenziata (può avvicinarsi ad un estraneo ed abbracciarlo cercando di farsi prendere in braccio). M. si volta e guarda l’adulto se chiamato per nome. Si osserva buon contatto di sguardo, pointing richiestivo e dichiarativo, indica un oggetto che lo incuriosisce, condivide con l’altro un oggetto che lo interessa, porgendolo e mostrandolo. Sporadicamente condivide con l’altro un comune fuoco d’interesse, ne risulta ridotta capacità d’attenzione condivisa e tempi attentivi molto limitati, più volte il piccolo deve essere contenuto e guidato nel condividere l’attenzione di un’attività.
La motricità di spostamento prevale su quella di posizione determinando uno stile psicomotorio ipercinetico, il bambino corre da una parte all’altra della stanza. Attraverso l’uso del canale visivo, uditivo e tattile esplora in maniera frenetica e caotica gli oggetti, passa da un gioco ad un altro molto velocemente.
Il bambino imita alcune azioni con oggetto prodotte dalla terapista (es. costruzione di una torre a più cubi), appare interessato ai giochi contenitore/ contenuto (mette dentro e fuori) e ai giochi ad incastro, che sperimenta attraverso modalità per prove ed errori. Compaiono inoltre, sempre su imitazione di azioni, gesti con significato simbolico quali bere, mangiare e mescolare.
Tuttavia la capacità di coinvolgimento emotivo reciproco, osservabile da sguardi, vocalizzi e sorrisi emerge soprattutto durante il gioco delle bolle e del palloncino.
Nel corso della seduta si evidenziano costanti condotte di autostimolazione, il piccolo sbatte i piedi per terra e/o produce alcuni versi con la bocca.
La comunicazione avviene preferenzialmente attraverso l’utilizzo del canale mimico e gestuale, la mimica contestualizzata viene accompagnata da gesti deittici e referenziali.
Nel porgere l’oggetto all’adulto compaiono vocalizzi, durante situazioni ludiche produce suoni onomatopeici, dice “bau bau” quando vede un cane. Ripete anche alcune parole e alcuni suoni uditi modulandone l’espressione.
Per quanto concerne l’organizzazione motoria globale e le abilità manipolatorie prassiche risultano deficitarie. Il bambino deambula con base d’appoggio allargata, si mostra poco attento allo spazio peripersonale, in presenza di un ostacolo fatica a tenerne conto e difficilmente lo evita. La motricità fine, impacciata, viene ulteriormente compromessa, dallo scarso monitoraggio visivo delle sequenze d’azione.
Rispetto la funzionalità visiva di base, si osserva soprattutto verso destra inseguimento visivo poco fluido. Appare anche scarsa esplorazione visiva del medesimo spazio. Nel guardare gli oggetti il bambino avvicina molto il capo e lo sguardo, si evidenzia posizione anomala del capo, inclinato spesso sulla spalla destra.
Intervento riabilitativo
Sulla base del profilo funzionale emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento abilitativo condivisi con la famiglia secondo le attuali teorie della family centered therapy.
Al fine di favorire la comparsa di momenti d’interazione e condivisione delle attività con l’adulto, si è deciso di modificare il setting, collocando, in spazi che non fossero a portata di mano del bambino, il materiale superfluo. A questo punto attraverso attività per lui interessanti e divertenti (es. gioco delle bolle, gioco del palloncino), è stato possibile ridurre l’instabilità psicomotoria, creando situazioni di attenzione congiunta ed impegno reciproco. In accordo con la logopedista, è stato ritenuto importante sostenere lo sviluppo del linguaggio, prediligendo la stimolazione ai suoni e l’uso dei simboli in CAA a supporto della comunicazione. Tale metodica necessità di essere trasferita in ogni momento della vita del bambino.
Durante il periodo di lock down nazionale dovuto alla pandemia da Covid-19, sono state suggerite per via telematica alcune attività che potessero sostenere l’evoluzione motoria globale del bambino, in particolare rispetto l’acquisizione di maggior stabilità nel mantenimento della stazione eretta e durante la deambulazione. Una di queste consigliava di porre all’interno di una bacinella, sulla medesima linea orizzontale due palline di plastilina di uguale dimensione, distanziate circa di 5/10 cm. Il bambino mantenendo la stazione eretta, avrebbe poi posizionato i piedini sulle palline e schiacciato la plastilina. In questo modo può compiere un’esperienza sensoriale, rinforzando i muscoli degli arti inferiori e lavorando sull’equilibrio.
Tuttavia l’accesso discontinuo del minore al servizio, dovuto alle assenze per malattia e alle difficoltà riportate dalla famiglia rispetto la possibilità di raggiungere la struttura, ha rallentato l’attuazione del progetto riabilitativo e di conseguenza l’evoluzione del piccolo.
Il caso clinico di Y. M.
Descrizione
- Nazionalità: marocchina
- Età: 5 anni
- Diagnosi: Disturbo dello spettro autistico di livello moderato
- Inizio trattamento riabilitativo: febbraio 2019
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione neuro psicomotoria di Y. M. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo.
Il bambino tollera la separazione dalla figura di riferimento (papà) ed entra in stanza accompagnato dalla terapista. Nei confronti di quest’ultima manifesta interesse ed attenzione, la guarda e l’ascolta quando parla o propone esperienze visive, uditive, motorie o tattili. Si rileva adeguato contatto di sguardo, il bambino si volta se chiamato per nome.
Nell’approccio all’ambiente appare inizialmente agitato, la presenza di più stimoli contemporaneamente tende difatti ad iper attivarlo, determinando l’assunzione di una modalità esplorativa della stanza rapida e poco attenta e la comparsa d’instabilità psicomotoria. Nel corso della seduta la guida fisica e verbale dell’adulto gli consente però di acquisire uno stato di maggior tranquillità.
Si evidenzia la presenza di pointing richiestivo, pointing dichiarativo ed attenzione condivisa. Y. Indica un oggetto che lo incuriosisce e lo diverte per richiamare l’attenzione dell’adulto, lo porge e lo mostra per condividerne l’interesse, segue con lo sguardo l’indicazione dell’altro ed alterna il proprio sguardo tra l’oggetto che sta osservando e l’altra persona. Il coinvolgimento emotivo reciproco raggiunge la massima espressione durante la lettura dei libri in simboli (CAA). La capacità d’attenzione sostenuta e selettiva appare invece fluttuante, spesso è necessario ripetere al bambino la consegna del gioco e/o aiutarlo a discriminare i diversi stimoli offerti.
Si osserva buona iniziativa comunicativa e di gioco, più volte il piccolo guarda e chiama con la voce la terapista per attirare la sua attenzione, per ricevere rassicurazione e aiuto durante lo svolgimento di alcune attività. Oltre a ciò si dimostra anche capace di richiede verbalmente i giochi che lo interessano.
La comunicazione avviene preferenzialmente attraverso l’utilizzo del canale mimico e gestuale e del linguaggio. La mimica contestualizzata è accompagnata da gesti deittici e referenziali. Per quanto riguarda la produzione del linguaggio, si evidenzia ecolalia, alle volte Y. tende a ripetere senza alcuna finalità comunicativa parole pronunciate da altre persone. Non sempre gli oggetti vengono nominati correttamente. Inizia a produrre frasi trirematiche. Rispetto la comprensione del linguaggio, incomincia a comprendere anche frasi riferite a contesti esterni.
Disponibile all’interazione, accetta le proposte di gioco dell’operatrice, condivide le attività, talvolta mostra ridotta capacità d’attesa e difficoltà nel rispettare il proprio turno. Nel gioco spontaneo, esplorativo e presimbolico, il bambino esplora gli oggetti e dimostra di conoscerne il nucleo funzionale, appare però un importante deficit nel pianificare la costruzione di uno spazio ludico. Coinvolto e guidato dalla terapista risulta essere capace di svolgere un gioco di tipo simbolico semplice.
Per quanto concerne la motricità globale e le abilità manipolatorie prassiche, il bambino appare impacciato. Su imitazione della terapista salta a gambe e braccia aperte/chiuse, soltanto dopo alcune ripetizioni riesce però a coordinare i movimenti. Si osserva difficoltà nel pianificare ed eseguire sequenze di azioni, ad es. rispetto le prassie d’abbigliamento, Y. non riesce ancora a togliersi il giubbino da solo, non solo, fatica anche a riprodurre modelli che implichino la costruzione di un muro o di una torre. Analizzando l’organizzazione dell’espressione grafica, l’impugnatura dello strumento, con presa a pinza superiore, risulta essere adeguata. Il gesto grafico appare segmentario e il polso scarsamente svincolato dall’arto superiore durante il movimento. Sicuramente lo scarso monitoraggio visivo del bambino durante l’esecuzione delle azioni e dei movimenti amplifica tali problematiche.
In merito la conoscenza dello schema corporeo, buona, il bambino compone correttamente la figura umana.
Intervento riabilitativo
In base a quanto emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento abilitativo, condivisi con la famiglia secondo le attuali teorie della family centered therapy.
In questi mesi, con lo scopo di allungare i tempi d’attenzione del bambino, sono state proposte attività che fossero per lui motivanti e divertenti (es. gioco del memory). L’adozione di un setting modificato, in termini di riduzione degli stimoli facilmente distraenti, ha favorito una maggior capacità d’attenzione selettiva. Attraverso giochi di categorizzazione e classificazione, condotti prima rispetto i cibi e poi gli animali, il piccolo ha ulteriormente sperimentato la possibilità di discriminare stimoli differenti. Non solo, l’opportunità di nominare diversi alimenti, oggetti e animali, durante tali attività ha sostenuto l’evoluzione del linguaggio e l’ampliamento del lessico. La costruzione di percorsi psicomotori con cerchi, ostacoli e palle di diversa sensorialità, così come l’imitazione di sequenze motorie prodotte dalla terapista, ha permesso a Y. di raggiungere maggior scioltezza ed organizzazione nella motricità globale, promuovendo allo stesso tempo il monitoraggio visivo dei movimenti.
Per quanto concerne le abilità manipolatorie e prassiche, si è deciso anche in questo caso, di partire da ciò che fosse per il bambino interessante (es. puzzle e cubetti di legno). Grazie all’uso di questi materiali è stato possibile sostenere l’organizzazione visuo- spaziale e la coordinazione oculo manuale. Tali attività hanno consentito anche l’allenamento delle abilità mnestiche. L’evoluzione del gioco è stata supportata dalla guida fisica e verbale della terapista durante azioni quali: “far finta di mangiare”, “far finta di dormire”, “far finta di cucinare”.
La famiglia è stata resa partecipe del progetto riabilitativo attraverso alcuni colloqui con tutta l’équipe multidisciplinare. Insieme si è cercato di comprendere i comportamenti problema del bambino all’interno del contesto familiare e quali fossero le migliori strategie da adottare per favorirne l’estinzione. Affinché il bambino possa apprendere nuove competenze ed evolvere, al di fuori della stanza di neuro psicomotricità, sono state suggerite attività e modalità che possano essere proposte anche nell’ambiente famigliare e scolastico. Per sostenere lo sviluppo delle prassie d’abbigliamento ad
esempio è stato consigliato all’adulto di affiancare il bambino durante il momento della svestizione, nello specifico togliendo un vestito per volta, nominando l’indumento che viene tolto, mostrando al bambino il gesto compiuto per toglierlo e descrivendo verbalmente l’azione compiuta.
Il caso clinico di B. M.
Descrizione
- Nazionalità: rumena
- Età: 5 anni e 6 mesi
- Diagnosi: Ritardo di sviluppo psicomotorio, disturbo del linguaggio espressivo e della comprensione del linguaggio in soggetto esposto al bilinguismo
- Inizio del trattamento riabilitativo: gennaio 2020
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione psicomotoria di B. M. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo. Il bambino tollera la separazione dalla figura di riferimento (mamma), che saluta, ed entra in stanza accompagnato dalla terapista. Nei confronti di quest’ ultima, si esprime in maniera accettante dimostrando interesse e fiducia; si volta e la guarda se chiamato per nome.
Si osserva buona intenzionalità e reciprocità nell’interazione, il piccolo appare incuriosito dai giochi e dalle attività che gli vengono proposte. È presente pointing dichiarativo e richiestivo e capacità d’attenzione condivisa. L’esplorazione dell’ambiente avviene privilegiando l’uso del canale visivo e soltanto a seguito di autorizzazione, da lui richiesta alla terapista, prende gli oggetti.
Le attività di gioco simbolico, spontaneo, appaiono disorganizzate. B. tende a portare avanti un gioco solitario, talvolta richiama l’attenzione dell’operatrice descrivendo verbalmente e in maniera caotica le azioni da lui compiute. (gioco delle macchinine)
Emerge da qui, una richiesta frequente di rassicurazione, che ricerca attraverso il contatto di sguardo. Se guidato dalla terapista, è in grado di ordinare in maniera corretta le sequenze di gioco e di condurre un gioco simbolico di tipo proiettivo (interpreta ed attribuisce un ruolo nel gioco della casetta). In giochi di scambio compare difficoltà nel rispettare le regole ed il proprio turno, più volte capita ad esempio che il piccolo risponda prima che la domanda venga completata.
L’attenzione uditiva, così come quella visiva, non sempre sono adeguate alle attività svolte, emerge difficoltà nel discriminare suoni differenti. Il bambino viene distratto facilmente da stimoli esterni, deve per questo essere più volte richiamato durante lo svolgimento di attività brevi o mentre la terapista parla.
Dimostra di essere in grado di imitare azioni con oggetti, ad esempio copia un cerchio, mentre ha maggiore difficoltà nell’imitare gesti non codificati e parole; imita alcune parole solo se stimolato o dopo indugio dell’adulto, non sempre in maniera corretta.
La comunicazione avviene preferenzialmente attraverso l’utilizzo del linguaggio, con buona intenzionalità comunicativa e tono di voce piuttosto alto. B. inizia a produrre frasi dirematiche, non sempre di senso compiuto; ricostruisce con difficoltà e in maniera disorganizzata sequenze di azioni ed eventi accaduti durante il giorno. Dal punto di vista recettivo, comprende, se accompagnate dai gesti e dalla mimica, alcune frasi riferite al contesto e brevi enunciati riferiti a situazioni familiari. Sulla base di questo le competenze narrative, tra cui anche la comprensione dei racconti, risultano essere deficitarie.
Nel corso della seduta si osservano movimenti stereotipati quali sfarfallamento delle mani oppure apertura e chiusura delle mani in situazioni di forte felicità.
Deambula e corre autonomamente, salta su un piede e a piedi uniti. Alle volte appare impacciato e goffo, non sempre è presente monitoraggio visivo prima/durante e dopo l’esecuzione di sequenze motorie. Lancia la palla utilizzando due mani, se il lancio non è eccessivamente veloce è in grado di trattenerla tra gli avambracci, nell’attenderla tende le mani aperte in avanti in modo rigido, anticipando il gesto di trattenerla. I concetti spazio -temporali sono emergenti ma non ancora consolidati, non sempre il bambino si colloca correttamente nello spazio o riconosce i momenti della giornata.
La motricità fine risulta essere adeguata, inserisce con la mano destra le perle attraverso presa a pinza superiore. Non ricerca l’attività grafica ma l’accetta se proposta dalla terapista (ad esempio rappresentazione grafica del gioco delle macchinine). Compare difficoltà nell’organizzazione dello spazio sul foglio.
Intervento riabilitativo
Sulla base del profilo funzionale emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento riabilitativo, condivisi con la famiglia secondo le attuali teorie della family centered therapy.
In questi mesi al fine di allungare i tempi di attenzione visiva e uditiva sono state proposte attività che sollecitassero l’interesse del bambino. Il gioco delle macchinine, accompagnato dalla guida fisica e verbale dell’adulto, così come l’uso degli strumenti musicali per riconoscere e discriminare suoni differenti hanno favorito l’evoluzione del bambino nel gioco. Al fine di aumentare i tempi di attesa, nell’ottica del rispetto dei turni conversazionali e di gioco, si è deciso di adottare il gioco della palla. Per sostenere lo sviluppo dei concetti spaziali sono stati costruiti alcuni percorsi psicomotori. Rispetto l’organizzazione temporale legata ai concetti di prima e dopo e la struttura della giornata sono state proposte sequenze temporali, grazie alle quali il terapista ha potuto incoraggiare il bambino a spiegare verbalmente ciò che stava succedendo.
Affinché il genitore potesse riconoscere le potenzialità e le difficoltà del proprio bambino si è suggerito di rimodulare e proporre anche all’interno dell’ambito famigliare le attività sopradescritte. Nell’attuazione del percorso riabilitativo sono stati utili anche i momenti di confronto con gli operatori scolastici.
Il caso clinico di G. P.
Descrizione
- Nazionalità: filippina
- Età: 6 anni
- Diagnosi: Disturbo dello spettro autistico
- Inizio del trattamento riabilitativo: febbraio 2019
Valutazione neuro psicomotoria
La valutazione neuro psicomotoria di G. P. comprende l’osservazione del comportamento spontaneo ed interattivo.
Il bambino entra in stanza accompagnato dal papà e su indicazione verbale e gestuale della terapista si siede su una seggiolina e si toglie le scarpe. La capacità d’interesse ed attenzione rispetto la figura della terapista e le esperienze visive, uditive, motorie e tattili da lei proposte risulta essere scarsa, (per non dire assente). G. tende a mettere in atto condotte di evitamento, mantiene una certa distanza interpersonale dall’operatrice, più volte orienta il proprio corpo in direzione opposta, dandole quindi le spalle. Sporadicamente il bambino si gira verso la terapista in risposta al nome.
Appare ancora difficoltà nel tollerare la separazione dalle figure di riferimento (papà e/o mamma): il bambino piange se mamma e/o papà non entrano in stanza con lui oppure se escono durante la seduta riabilitativa. Nell’approccio all’ambiente la motricità di spostamento è nettamente predominante a quella di posizione, né emerge uno stile psicomotorio ipercinetico, il piccolo sale sul tavolino e sulle seggioline, salta da una parte all’altra della stanza, si arrampica sui mobili, rischiando anche di mettersi in pericolo se non fermato dalla terapista.
L’iniziativa comunicativa è limitata alla richiesta di un oggetto di proprio interesse, utilizzando il pointing diretto verso l’oggetto o un simbolo pittografico. L’iniziativa di gioco appare limitata a sequenze logiche e finalizzate, ma ripetitive.
Il contatto di sguardo, (praticamente assente), è difficilmente evocabile anche durante attività senso motorie più piacevoli per il bambino quali ad esempio scivolare o saltare (arrampicarsi sulla scaletta morbida e saltare sul tappeto). Talvolta durante tali situazioni si osservano però brevi momenti d’attenzione condivisa ed impegno reciproco, G. attende gli input della terapista, sincronizza i suoi movimenti con la voce di quest’ultima.
La comunicazione avviene preferenzialmente attraverso l’utilizzo dei simboli in CAA. Il linguaggio è presente, anche se spesso avulso dal contesto. Vengono prodotte alcune parole in inglese, in filippino e in italiano quali ad esempio i nomi delle verdure. La mimica è povera, difficilmente leggibile.
Le attività di gioco spontaneo sono povere e stereotipate, il piccolo ricerca sempre gli stessi oggetti (trenino, macchine) che utilizza con modalità ripetitive, ad esempio costruisce e distrugge più volte la pista per il trenino oppure conduce il trenino sempre lungo il medesimo percorso. Si mostra contrariato alle iniziative ludiche proposte dall’adulto, non accetta l’inserimento di questo nell’attività, lo allontana fisicamente, rifiutando di conseguenza la condivisione del gioco.
L’organizzazione motoria globale, così come le abilità manipolatorie e prassiche appaiono adeguate all’età. Il bambino afferra gli oggetti con presa a pinza superiore, incastra giochi anche piccoli con movimenti sciolti e veloci.
Intervento riabilitativo
In base a quanto emerso dall’osservazione, insieme all’équipe multidisciplinare sono stati definiti gli obiettivi dell’intervento abilitativo, condivisi con la famiglia secondo le attuali teorie della family centered therapy.
Al fine di sostenere l’evoluzione del bambino rispetto il processo di separazione- individuazione, nonché la capacità di tollerare l’allontanamento momentaneo dalle figure genitoriali, si è deciso inizialmente di accogliere il padre e/o la madre in stanza durante le sedute riabilitative. Successivamente si è proposto ai genitori di uscire dalla stanza, quando fossero passati circa venti minuti dall’inizio dell’intervento, salutando il bambino e comunicandogli verbalmente che l’avrebbero aspettato fuori. Ad oggi, tale modalità ha consentito a G. di poter tollerare la separazione dalle figure di riferimento e di conseguenza di poter entrare in stanza da solo.
Per quanto riguarda i tempi d’attenzione ed impegno reciproco, il progetto riabilitativo contempla l’allungamento di questi mediante attività che siano per il bambino stimolanti e divertenti, attraverso le quali possa anche liberare l’eccessiva scarica motoria. Per questo motivo sono stati proposti giochi a valenza senso motoria (es. arrampicarsi su una scaletta di consistenza morbida e saltare sul tappeto, salire e scendere dallo scivolo, costruire con alcuni materassi un castello e poi distruggerlo). Oltre a quanto riportato precedentemente tali attività hanno promosso il contatto di sguardo con l’adulto e favorito la comparsa di momenti di scambio ed interazione.
L’utilizzo della CAA, scelta con lo scopo di sostenere la comunicazione in entrata e in uscita del bambino e lo sviluppo di un linguaggio che sia contestualizzato e finalistico, ha permesso al piccolo di esprimere desideri, bisogni e necessità. In aggiunta in alcuni casi G. descrive, attraverso i simboli, l’azione che sta facendo in un preciso momento. I colloqui con gli operatori scolastici, di fondamentale importanza nella realizzazione del progetto riabilitativo, hanno permesso il trasferimento di questa modalità di comunicazione anche all’interno dell’ambiente scolastico, punto di riferimento per il piccolo.
La ripetitività del gioco spontaneo, e la presenza d’ interessi ristretti e limitati è stata affrontata, cercando dapprima di ampliare le modalità con le quali poter utilizzare il materiale privilegiato dal piccolo (es trenino, macchinine), poi presentando e sperimentando nuove cose (es. strumenti musicali).
Nei momenti di confronto con la famiglia la terapista ha suggerito di riproporre le attività sopradescritte, rimodulandole, anche all’interno dell’ambiente domestico, affinché G. possa generalizzare le competenze apprese all’interno della stanza di neuro psicomotricità. In particolar modo rispetto la ripetizione di alcune parole (nomi delle verdure) si è consigliato di rinforzare tale produzione soltanto se investita da intenzionalità comunicativa.
A causa dell’emergenza sanitaria, nel corso del 2020, alla famiglia è stato proposto un intervento riabilitativo da remoto, con risposta parziale da parte loro.
ANALISI DEI RISULTATI
Analizzando le risposte date dalle famiglie dei bambini di origine straniera, in carico presso l’UONPIA di Voghera, ai quesiti del questionario è stato possibile estrarre alcune informazioni rilevanti. Durante i colloqui, quest’ultime sono state riportate anche in maniera esplicita da diversi genitori.
Per tale motivazione, in questo capitolo si è deciso di illustrare e discutere le principali domande, rivolgendo particolare attenzione alla lettura ed interpretazione delle diverse risposte.
Innanzitutto per quanto riguarda l’accettazione del questionario, la maggior parte della famiglie coinvolte nello studio, cinque su sei, ha consegnato nei tempi prestabiliti il questionario, quando lasciato da portare a casa, o si è offerta prontamente disponibile alla compilazione quando proposta attraverso un colloquio con il terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Difatti per una sola famiglia è stato necessario risomministrare il questionario in presenza, in quanto quello lasciato a casa era stato perso. Complessivamente dunque il campione oggetto di studio si è mostrato entusiasta e bendisposto alla compilazione del questionario.
Come evidenziato dal grafico, il questionario è stato compilato principalmente dalle madri (67%). Nettamente inferiore è la percentuale relativa alla compilazione del questionario da parte del padre (16%), pressoché uguale a quella relativa ad entrambi i genitori (17%).
Tale dato rispecchia sicuramente le risposte ricevute alla domanda numero 17, ovvero: “Durante la giornata, chi si occupa maggiormente del bambino/a?”, anche in questo caso le madri ottengono la percentuale maggiore (67%), seguite da padre, fratello/i o sorella/e e Baby Sitter (11%). Questo evidenzia sicuramente il ruolo fondamentale acquisito dalla figura materna, presenza costante nella vita del piccolo, in termini di tempo trascorso insieme, ma anche maggior esperta dei suoi bisogni e delle sue esigenze.
Dal quesito relativo lo stato civile si evidenzia che tutti i partecipanti allo studio, nonché i genitori dei bambini di origine straniera in carico presso l’UONPIA di Voghera, sono coniugati.
Tornando un attimo indietro, per quanto riguarda il titolo di studio, la maggior parte dei genitori dei bambini di origine straniera, possiede soltanto la licenza media inferiore (33%). In ugual percentuale sono le figure genitoriali che hanno conseguito una qualifica professionale o il diploma di scuola superiore (25%), mentre soltanto il 17% ha una laurea triennale. Questi numeri evidenziano, come confermato durante i colloqui dai genitori, la ridotta opportunità d’istruzione all’interno dei loro paesi d’origine e/o la difficoltà nell’ottenere il riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero, una volta arrivati in Italia.
Ciò si ripercuote inevitabilmente sull’attività lavorativa, difatti il 33% e l’8% degli intervistati riferisce rispettivamente di essere disoccupato e in cassa integrazione.
La maggior parte svolge lavori quali l’operaio (25%) o l’artigiano (17%), i professionisti liberi rappresentano soltanto l’8% del totale. Chi ha indicato “altro” rispetto la tipologia di lavoro eseguito ha poi comunicato, durante il momento di confronto, di lavorare per corrieri. In merito l’orario dell’attività lavorativa invece, le persone occupate riportano di lavorare per lo più a tempo pieno (59%) o a chiamata (33%, “altro”). Pochi sono effettivamente gli individui con un lavoro part time (8%).
Tuttavia, ad eccezione di una minoranza che riporta una situazione economica “precaria” (17%), la restante parte del campione oggetto d’analisi utilizza gli aggettivi “soddisfacente” (50%) o “buona” (33%) per definire lo stato economico attuale della propria famiglia.
Per quanto concerne l’attuale rapporto con la religione, nessuno dichiara di non essere né credente, né praticante; più della metà (67%) crede in una determina religione e la pratica, mentre circa 1/3 del totale riporta di essere credente ma non praticante (33%).
La religione musulmana risulta essere la più professata (67%), riconosciuta anche dalle famiglie con nazionalità albanese, seguita in ordine dalla religione Cristiana ortodossa (17%) e Cristiana cattolica (16%).
Dallo studio emerge inoltre che tutti i bambini, costituenti il campione preso in esame in questo progetto di tesi, sono esposti al bilinguismo. La percentuale maggiore è rappresentata dai piccoli esposti simultaneamente all’Arabo e all’Italiano (33%), si trovano poi quelli esposti al Rumeno/ Italiano e all’Inglese/Italiano, entrambi con una percentuale pari al 17% ed infine i bambini esposti all’Albanese e all’Italiano (16%).
Le risposte a tale quesito hanno riportato un’ulteriore informazione, nonché la presenza, all’interno del campione, di bambini esposti contemporaneamente a tre lingue (Albanese, Italiano ed Inglese), corrispondente al 17% del totale.
In accordo con i dati riportati nei primi capitoli rispetto la presenza sempre maggiore di seconde e terze generazioni, piuttosto che prime generazioni sul territorio italiano ed europeo, la metà delle famiglie riferisce di essere in Italia da più di 10 anni. Il restante 33% e 17%, costituente il campione, dichiara rispettivamente di aver affrontato la migrazione 5 anni ed 1 anno fa. Riguardo le principali motivazioni determinanti il trasferimento nel nostro Paese, date dai genitori partecipanti allo studio, anche queste trovano corrispondenza con le pubblicazioni degli ultimi anni relative il fenomeno migratorio. Il 50% degli intervistati comunica di essere giunto il Italia per motivazioni familiari, mentre i rimanenti per motivazioni di tipo economico.
La maggior parte dei famigliari dei bambini di origine straniera comunica di essere arrivata in Italia in aereo (67%) e di aver trascorso un viaggio tranquillo e piacevole.
I genitori arrivati in pullman (16%) o in barca (17%) riferiscono invece un viaggio lungo, stancante, carico di paura e sofferenza. Con percentuali eque gli intervistati hanno poi dichiarato di essersi sentiti “molto”, “abbastanza” o “per niente accolti”.
Passando alle domande riguardanti la qualità di vita del bambino e della famiglia, tenendo conto soprattutto del livello d’integrazione all’interno del contesto scolastico, nonostante i dati relativi l’anno accademico 2017/2018 riportino un tasso di scolarità degli alunni stranieri decisamente inferiore a quello degli alunni italiani nella scuola dell’infanzia, tutti i piccoli presi in esame in questo progetto di tesi risultano regolarmente iscritti alla scuola dell’infanzia.
In generale alla domanda “E’ possibile per lei, comunicare e confrontarsi con la scuola e le insegnanti?” tutti i genitori rispondo in maniera affermativa, segnando “molto” o “abbastanza”. Tuttavia durante il colloquio di somministrazione del questionario e gli incontri periodici con tutta l’équipe, le famiglie riportano poca fiducia negli operatori scolastici.
Due motivazioni in particolare determinano tale insicurezza. La prima si deve ai tentativi ripetuti da parte degli insegnanti, nel convincere i genitori a tenere il bambino a casa, quando incontrano difficoltà di gestione del piccolo insieme ai coetanei. Altre volte il rapporto di fiducia reciproca tra le figure genitoriali e gli operatori scolastici viene compromesso dalla mancata comunicazione tra insegnanti e famiglia rispetto le attività svolte dal bambino e il comportamento adottato da questo all’interno dell’ambiente scolastico.
Nonostante ciò, la maggior parte delle famiglie (67%) ritiene che il proprio bambino/a sia molto integrato all’interno del sistema scolastico. Soltanto il 33% del totale considera il proprio bambino poco integrato tra i compagni di classe.
Per quanto concerne la possibilità delle famiglie di origine straniera di creare reti sociali con i genitori dei compagni di classe del proprio/a bambino/a, ricevendo da questi aiuto e supporto nella gestione pratica del piccolo, il 50% del campione oggetto d’analisi indica con “qualche volta” la frequenza di questa opportunità.
La restante parte costituente il campione, si divide in due gruppi di ugual numero e dichiara di ricevere “mai” o “sempre” sostegno da parte di altri genitori.
Dallo studio emerge anche ridotta possibilità per i bambini di origine straniera con disabilità di incontrare amici e coetanei di diversa nazionalità al di fuori della scuola. La maggior parte dei genitori, costituenti il campione, riferisce l’occasionalità con la quale questa situazione si presenta. Il 16% addirittura indica “mai” e al momento del colloquio sottolinea di non proporre al proprio bambino tali situazioni, in quanto fermamente convinto che le difficoltà relazionali dovute alla patologia possano produrre in queste circostanze comportamenti problema difficilmente controllabili.
Esaminando i quesiti successivi del questionario, emerge un’informazione rilevante rispetto il funzionamento del sistema sanitario. Tutti gli individui costituenti il campione dichiarano di conoscere il funzionamento
del sistema sanitario italiano e sottolineano la diversità fra quest’ ultimo e quello presente nel loro paese d’origine, privato e difficilmente accessibile.
Durante i colloqui tutte le famiglie hanno rimarcato l’impossibilità, dovuta a difficoltà economiche, di beneficiare delle cure e dei servizi nel proprio Paese di provenienza.
Ad oggi tale motivazione le porta a restare in Italia, spiegano difatti che nel loro Paese, non avrebbero la disponibilità economica per consentire al proprio bambino di effettuare interventi riabilitativi.
Difatti il 67% delle famiglie componenti il campione indica la presenza della figura professionale del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva anche nel proprio Paese d’origine.
Durante il colloquio viene sottolineato il differente campo d’intervento, ad esempio nelle Filippine e in Marocco, la figura professionale del TNPEE secondo quanto riportato si occuperebbe anche di adulti, affetti da disabilità complesse ed anziani ormai non più autonomi.
Il 33% degli intervistati dichiara di aver colto aspetti dello sviluppo del proprio bambino che lo preoccupavano e per questo motivo di aver deciso di rivolgersi al reparto di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza di Voghera.
Tale percentuale risulta essere minima rispetto il campione preso in esame. I bambini in linea generale sono arrivati al servizio accompagnati dai genitori perché inviati dal pediatra (50%), oppure dalle insegnanti (17%). Questo dato sicuramente comporta una riflessione rispetto l’imminente necessità di incontri gratuiti per le figure di riferimento che trattino argomenti quali la prevenzione di alcuni disturbi o semplicemente li possano formare e sostenere nell’osservazione delle principali tappe dello sviluppo dei propri piccoli.
All’interno del questionario è stata indagata anche la possibilità dei famigliari di accompagnare il bambino presso il servizio. Il 50% ed il 17% dichiara di essere in difficoltà, rispettivamente per motivi di lavoro o perché non automunito. Questi genitori difatti, pur comprendendo l’importanza dell’intervento riabilitativo, sottolineano durante il colloquio la presenza di fattori esterni che ne ostacolo la realizzazione.
Dei bambini partecipanti allo studio, solo il 17% è seguito da altre figure della riabilitazione, entrando nello specifico dal logopedista. Nel compilare questa domanda la mamma interessata riferisce il nominativo della logopedista, aggiungendo di non aver compreso appieno per quale motivo il bambino sia seguito anche da questa altra dottoressa.
La mancanza e/o la non partecipazione dei genitori di origine straniera ad incontri di prevenzione, associata alla ridotta conoscenza della lingua italiana e di conseguenza spesso alla non completa comprensione del linguaggio utilizzato dal Neuropsichiatra infantile determina alle volte che il genitore non ricordi la diagnosi data al proprio/a bambino/a. Tuttavia, nonostante la metà dei partecipanti allo studio abbia dichiarato di avere difficoltà nel comprendere il linguaggio utilizzato dal Neuropsichiatra Infantile, il 67% riporta correttamente sul questionario la diagnosi ricevuta.
Passando ai quesiti relativi lo studio dell’intervento neuropsicomotorio in termini di conoscenza, comprensione e condivisione, tutti i partecipanti hanno condiviso le motivazioni ricevute dal Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva rispetto la necessità di definire ed attuare per il proprio bambino un intervento neuropsicomotorio di tipo abilitativo/ riabilitativo.
Inoltre è stata riportata la spiccata capacità che il terapista ha dimostrato nell’esporre tali motivazioni, individualizzate e differenziate per ogni piccolo.
Gran parte dei genitori, circa l’83% del totale, sostiene di comprendere molto bene la lingua utilizzata dal TNPEE. Solo il 17% confessa di avere qualche difficoltà. Le risposte a questa domanda non sono sembrate del tutto veritiere, più volte durante le sedute terapeutiche è capitato che gli stessi genitori chiedessero al terapista di spiegare un concetto con parole differenti o acquisissero una mimica facciale perplessa inseguito alla produzione da parte dell’operatore di un termine più specifico.
Rispetto la partecipazione ed il coinvolgimento delle figure genitoriali nelle attività svolte in stanza, il 50% del campione considerato entra in stanza con il proprio bambino durante la seduta terapeutica. Le altre tre famiglie, durante il colloquio, comunicano di aver concordato con il terapista di rimanere al di fuori della stanza, rivelando però di non avere compreso appieno le motivazioni di tale scelta. Alcune difatti sostengono che il bambino sia irrequieto e stanco della loro presenza, di conseguenza pensano possa raggiungere competenze ed abilità maggiori all’interno della stanza di neuropsicomotricità, soltanto in loro assenza. Tale affermazione purtroppo rimanda la non consapevolezza da parte dei genitori del fine ultimo della terapia, nonché il raggiungimento per il bambino e per la sua famiglia della migliore qualità di vita possibile, realizzabile soltanto attraverso il trasferimento e la generalizzazione delle competenze emerse all’interno della stanza di neuropsicomotricità, nel contesto di vita del bambino, per cui ad esempio nell’ambiente domestico e scolastico.
Soprattutto nei primi anni di vita la partecipazione attiva del genitore alle sedute terapeutiche risulta fondamentale. Attraverso la lettura ad alta voce che il terapista effettuerà riguardante il comportamento adottato dal piccolo, la famiglia potrà coglierne i punti di forza e di debolezza. L’osservazione diretta di modalità relazionali, giochi ed attività potrà inoltre accompagnarli, facilitandoli, in quella che sarà la gestione pratica del bambino a casa.
Le evidenze riportate da Marie Rose Moro nel terzo capitolo rispetto il ruolo cruciale assunto dal mediatore culturale e linguistico nella relazione terapeutica con famiglie di origine straniera hanno determinato l’inserimento dei quesiti numero 62 e 63 all’interno del questionario. Come ci si aspettava, difatti la maggior parte degli intervistati (83%) ha dichiarato di non aver mai sentito parlare di questo titolo di studio. Durante il colloquio, le famiglie sono apparse interessate a questa figura, hanno chiesto di che cosa si occupasse. Le difficoltà nella comprensione della lingua italiana non hanno permesso però a tutte di cogliere la nostra spiegazione.
La non conoscenza da parte di alcuni genitori del lavoro svolto da questa figura ha sicuramente influenzato la risposta alla domanda successiva. Il 63% sostiene infatti che la presenza di un mediatore culturale e linguistico in stanza non possa favorire la relazione terapista- bambino e terapista-genitore.
Alle famiglie è stato poi chiesto di indicare quanto secondo loro fosse importante giocare con il proprio bambino/a, il 67% ha segnato “molto”, mentre il 33% “abbastanza”. Ciò che è emerso durante i colloqui, non rispecchia del tutto tali numeri. La maggior parte dei genitori riconosce l’importanza di tale momento ma afferma di non avere tempo a sufficienza per giocare con il proprio bambino/a, di non riuscire a coinvolgere il proprio bambino, non sapendo molte volte quali attività proporre e in che modo poterlo fare.
Vista la presenza sul territorio italiano di importanti risorse, quali associazioni rappresentati le famiglie con bambini affetti da disabilità complesse, è stato chiesto ai genitori dei bambini di origine straniera in carico presso l’UONPIA di Voghera se anche loro ne facessero parte. A questa domanda tutte le famiglie costituenti il campione hanno risposto “no”, aggiungendo durante il colloquio di non averne mai sentito parlare prima di quel momento.
Emergono dati contrastanti relativi i quesiti numero 57 e 58 dei questionari. In effetti seppur tutti i componenti del campione affermino che gli obiettivi dell’intervento terapeutico, individuati dal TNPEE, insieme all’équipe multidisciplinare, corrispondano ai propri bisogni, il 17% sostiene che quest’ultimi e le strategie messe in atto per il loro raggiungimento ostacolino la propria cultura.
Durante il colloquio con la famiglia interessata sono stati ricercati, purtroppo con insuccesso, quali potessero essere gli elementi contrastanti la loro cultura. La famiglia ha semplicemente rimarcato più volte la diversità esistente fra cultura italiana e cultura filippina.
In linea generale comunque per la maggior parte delle famiglie coinvolte nello studio la cultura presente nel paese d’origine non è differente da quella italiana. Difatti il 33% e il 50% degli intervistati ha indicato rispettivamente le risposta “per niente” e “poco”. Il 17% dei genitori ha sostenuto la radicale differenza fra cultura italiana e cultura del paese d’origine, non riuscendo però ad argomentare tale pensiero al momento del colloquio. Le percentuali ottenute rispetto le risposte date al quesito numero 72 si trovano in accordo con quelle appena illustrate. L’83%, contro il rimanente 17% degli intervistati, afferma che la propria cultura possa trovare un punto d’incontro con quella del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva.
Nonostante la presenza di differenze linguistiche e culturali, tutte le famiglie componenti il campione, dichiarano di potersi fidare dei medici e del personale sanitario, che si occupa di seguire il loro bambino presso l'ASSI di Voghera.