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La relazione Tonico - Emotiva precoce

“Il lattante è qualcosa che non esiste: se mi mostri un bambino, certamente mi mostrerai anche qualcuno che si prende cura di lui, o almeno una carrozzina cui qualcuno tende occhi e orecchi…” (Donald Woods Winnicott 1896-1971).

L’ipotesi di lavoro che vado ad affrontare è forse così sintetizzabile: il corpo, l’azione, l’interazione, quindi l’esperienza non verbale e le interazioni primarie sono terreno di radicamento per le funzioni della mente.

L’Io è visto come proiezione mentale delle superfici del corpo ( Prof. Bertolini, Relazione al II Congresso Internazionale sul pensiero di Winnicott, Università di Milano Bicocca 2000), si costruisce a partire dalla qualità del dialogo tonico-emotivo nell’interazione diadica madre-bambino in cui: “Ogni comportamento è al tempo stesso comunicativo e autoregolativo” (Tronik, 1989).

Il lattante ricerca il contatto con una persona fin dall’inizio come “essere profondamente socievole”, (Winnicott), invoca l’intimità, non solo per liberare la tensione, o per ottenere soddisfazione, ma per creare un vero e proprio rapporto: la sua soddisfazione è possibile solo all’interno della relazione con la madre, la quale a sua volta attraverso la qualità delle cure, l’holding, l’empatia arricchisce il sé del piccolo, lo nutre in tutti i sensi…

Winnicott ipotizza che “tutti hanno un sé” che, come una pianta, per la propria realizzazione dipende da un ambiente nutritivo, ma per cominciare, “il sé del neonato…E’ solo potenziale”. Viene a costruirsi gradualmente attraverso il riconoscimento da parte della madre dei gesti spontanei del bambino.

Il gesto spontaneo è il Vero Sé in azione ed è legato alla vita del corpo…E’ “poco più della somma dell’attività senso-motoria”. In realtà nasce dall’attività dei tessuti corporei e dal lavoro delle funzioni corporee, incluse l’azione cardiaca e la respirazione. Il Vero Sé è il corpo creativo. (La distorsione dell’Io in rapporto al vero e falso sé. Winnicott 1960).

Nel suo scritto “L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche-soma”, Winnicott spiega che affinché il primo psiche-soma del bambino si sviluppi in modo sano è necessario “un ambiente perfetto”, che si adatta attivamente ai bisogni del bambino, creando le condizioni ottimali allo sviluppo, senza che egli debba reagire. Quella che Winnicott chiama psiche è usata per intendere quella parte del corpo capace di attività mentale.

Ricordiamo l’importanza che il ruolo privilegiato della funzione tonica ha per il neonato nella realizzazione della prima relazione con l’ambiente. Si traduce e si esteriorizza fondamentalmente in posture la cui regolazione e controllo sono assicurati da un dosaggio esatto, e di conseguenza, da una distribuzione esatta del tono muscolare; essa rappresenta: “La funzione di comunicazione essenziale per il bambino, funzione di scambio per la cui mediazione il bambino dà e riceve” ( I riti del corpo: il presente di un’illusione, 1976 Michel Bernard, pag. 92). Si instaura a livello del corpo, del suo dinamismo tonico, e molto prima di ogni dialogo verbale o parlato, rappresenta un dialogo del bambino con i suoi parenti, secondo l’espressione stessa di J. De Ajuriaguerra: “Un dialogo tonico”.

La mimica del sorridere ad esempio, gli spasmi del ridere, o dei singhiozzi sono altrettante reazioni toniche di natura emozionale che rispondono alle eccitazioni provocate dalla presenza, o dall’intervento altrui. La stessa immobilità del bambino, se emozionalmente caricata può risultare un'ipertonia muscolare che rimanda all’immagine degli animali in agguato… Il tono muscolare prepara e guida il gesto ed esprime, con le posture che suscita, le “fluttuazioni affettive”. Esse altro non sono che i modi che il bambino ha di interiorizzare e di assimilare l’esperienza altrui. Possiamo infatti affermare che la funzione tonica sottende la funzione posturale, ed è nello stesso tempo assimilazione degli altri e azione sugli altri. Le posture traducono sia la ricettività del bambino che il suo appello verso l’adulto nell’incontro con lo sguardo altrui.

Mediante la pratica di nuove tecniche di rilassamento J. de Ajuriaguerra arricchì questa prospettiva; attraverso l’analisi e le osservazioni ne verificò la validità anche a livello terapeutico (rapporto alla società medica di psicoterapia dal tema: Il corpo come relazione, J. de Ajuriaguerra, 1961).

Sappiamo che il bambino è esposto sin dalla nascita al ritmo biologico dell’alternanza bisogno-soddisfazione ed è sottomesso nello stesso tempo alle trasformazioni successive del suo corpo nel corso delle ore della giornata.

Il suo iniziale livello maturativo (dominanza sottocorticale), la lentezza della sua maturazione, nonché la posizione coricata prevalente, oltre ad imporgli uno spazio ridotto, oltre il quale non può muovere il corpo, gli consentono di percepire la realtà solo per frammenti, rispetto alla dimensione che gli è propria. Esiste in questa prima fase per il neonato, una motricità di tipo vegetativo, orale e anale dominante, (movimenti sfinterici di suzione e di escrezione), in cui il bambino può scaricare e integrare le sue pulsioni istintive, e una seconda puramente legata al tono e alle posture, non meno importante per il bambino, con le diverse forme di rigidità muscolare e di agitazione, (pensiamo anche ai riflessi arcaici che confermano la dominanza di tipo sottocorticale). Attraverso queste due prime, rudimentali forme di “contatto psico-sociale” e grazie alla motricità che egli può prendere i suoi primi contatti con il mondo che lo circonda. In altre parole: “Il neonato oscilla fra uno stato d’insoddisfazione e uno stato di quiete, parallelo alle reazioni toniche, motrici e vasomotrici manifestate…Si alternano, in stato bisogno, scariche toniche massicce con un’agitazione non coordinata, e, dopo la soddisfazione, un ribasso di tono e un’agitazione leggera meglio coordinata” (J. G. Lemaire, La Relaxation, ed. Payot, pag. 35). La caratteristica costante, in questo stadio, è di ipertonia delle membra in flessione e per contrasto, anche di ipertonia assiale, con l’impossibilità di tenere la testa eretta, di stare seduti, o addirittura, in piedi. Il corpo, come una “cassa armonica muscolare” delle influenze sia dell’ambiente esteriore che interiore, sottopone il bambino ad una sorta di allarme continuo, in modo tale che egli sia sempre pronto dal punto di vista tonico a reagire totalmente ad ogni stimolo esterno (attraverso i riflessi condizionati). Queste reazioni persistono abbastanza lungamente e tendono a diminuire in prossimità del sonno e della pienezza; ciò dipende dal grado di soddisfazione e rilassatezza che gli derivano dall’aver “succhiato latte” a sufficienza e di essersi scaricato, oltre che dalla qualità dei contatti con la madre…

Potremmo osservare in questo stadio, il comportamento e l’evoluzione dei bambini dal punto di vista neuropsicomotorio, in rapporto alla qualità degli approcci e dei contatti del corpo del bambino con la madre, come un’impronta indelebile di cui il bambino conserverà, in qualche modo traccia nella sua esistenza. Ajuriaguerra ha confermato attraverso le sue osservazioni… “Il ruolo determinante delle carezze al viso e alla testa, del dondolamento ritmico, delle manipolazioni al momento del bagno e della pesatura” (pag. 102, M. Bernard Op. citata).

Gli interessanti studi sperimentali, anche se datati (1956) di Sylvia Brody, dimostrano in modo significativo la stretta correlazione esistente fra il comportamento materno e l’evoluzione psicomotoria del bambino. La sperimentazione, fondata sull’osservazione del comportamento di trentatré madri in sei attività differenti, quali: forma d’alimentazione (al seno, o artificiale), qualità e quantità delle cure fisiche quotidiane, mobilitazioni, toccamenti, offerta di oggetti, parole, rivelerebbe come i bambini meglio sviluppati, sia dal punto di vista motorio che nella loro capacità di adattamento, sono quelli con madri sensibili, attente e costanti nella loro condotta, (I patterns materni, Università di New York, S. Brody 1956); mentre i bambini che rivelano un’evoluzione e una precoce strutturazione del linguaggio, oltre alla propensione a socializzare con maggiore facilità, abbiano avuto madri “ipersensibili”, iperattive ma incostanti nelle loro cure. Ai bambini con ritardo dello sviluppo generale, farebbero riferimento, sempre in questo studio, madri poco attente e sensibili alle reazioni del proprio bambino, con cure incostanti e irregolari. Vi sarebbe inoltre, un gruppo intermedio, che non presenta i tratti caratteristici dei bambini e delle madri dei gruppi precedenti.

Il processo di attaccamento o “bonding”, è sostenuto da una serie di elementi e sensazioni quali il tatto, il contatto visivo, il suono della voce, il calore e l’odore della pelle (Bowlby 1969, Klaus e Kennel 1983), permette di gettare le basi per una relazione solida in grado di offrire al bambino sicurezza e autostima.  Secondo Bowlby, il bisogno di affetto, di attaccamento è la radice di ogni altro bisogno umano ed elemento fondamentale per la formazione dell’identità psico-corporea. Mi si consenta a questo proposito una breve digressione che credo chiarisca e amplifichi meglio la portata di queste ultime considerazioni, ma che contiene in sé anche una “semplice provocazione”….

Ho evocato, in quanto essenziale alla “processazione” dell’esperienza, le funzioni del “cervello”, che non è un semplice rielaboratore di contenuti, ma un qualcosa che viene nel tempo a costruirsi e a modellarsi dalla stessa esperienza interattiva. Ora, se per “massaggio materno” intendiamo non tanto l’acquisizione di una tecnica precisa ma qualunque forma intenzionale di stimolazione tattile eseguita con le mani in modo sistematico lungo il corpo del bambino e la propensione delle madri “sufficientemente preparate” nei corsi di accompagnamento al parto, a tenere più a lungo il neonato a contatto con il corpo materno, pelle a pelle, (come nella Kangaroo Care), anche al di là dei momenti strettamente dedicati all’allattamento naturale, potremmo forse ipotizzare che in questo modo si favoriscono non solo l’attaccamento così come lo definisce Bowlby, ma si stimola e facilita la costruzione dell’Io quale risultato delle proiezioni della superficie del corpo…?

La maggior parte degli studi sull’argomento ha dimostrato come il contatto visivo tra madre e bambino sia di fondamentale importanza, poiché lo fa sentire contenuto, protetto e “riconosciuto”, e in particolare, durante gli approcci diretti al corpo e prima citati, ne intensifica i benefici. Per quanto concerne la valutazione degli effetti del massaggio sul neonato a termine in letteratura, alcuni autori sottolineano come il massaggio possa migliorare il livello di interazione tra il neonato e il caregiver, e tra il neonato e l’ambiente, questo comporta notevoli implicazioni nello sviluppo delle abilità sociali e relazionali del bambino (Schneider, 1996). Il nutrimento affettivo attraverso il massaggio promuove inoltre, dinamiche familiari sane e salde e aumenta nel neonato il livello di tolleranza allo stress (Montagne, 1986).

Gli scritti di Winnicott parlano di “una madre che tiene tra le sue braccia il bambino, così come lo tiene nella sua mente”, con la stessa capacità avvolgente e nutritiva per la psiche del bambino. Egli sostiene inoltre l’importanza dello sguardo nelle cure materne e che “il precursore dello specchio è il volto materno”. Pertanto se il ruolo della madre è quello di restituire al bambino il suo sé, “il bambino può vedere ciò che sente solo vedendolo riflesso”. Quando il bambino guarda il viso della madre può vedere se stesso e come si sente, riflesso nell’espressione materna. Il bambino può iniziare a guardare solo vedendo dapprima se stesso, “essere visto è” per Winnicott, “alla base dello sguardo creativo”…E non essere visto dalla madre (insensibile, o il cui volto è congelato da un umore depresso), al momento dell’atto spontaneo, equivale a non esistere per il neonato. In questo stato di cose egli è così obbligato a percepire, e a “indovinare” lo stato d’animo materno, sacrificando il riconoscimento dei propri sentimenti.

In terapia neuropsicomotoria e in particolar modo nella cura dei pazienti psicotici è necessario rapportarsi all’altro, come la madre fa con il neonato nei primissimi stadi della sua vita, all’interno di un ambiente protetto, quale è il setting, in cui è tenuta in stretta considerazione il valore della funzione speculare. E’ necessario che il paziente riceva qualcosa di sé stesso da ciò che egli guarda, una percezione seppur minima e non intrusiva che lo indurrà gradualmente all’appercezione, ossia alla percezione di se stesso.

Secondo Winnicott esiste un “processo storico” in ogni individuo che dipende dall’essere visto e che ci ha chiaramente spiegato con le seguenti parole:

“Quando io guardo vengo visto, quindi esisto.

Ora posso permettermi di guardare e vedere.

Ora guardo creativamente e ciò che appercepisco, lo percepisco”... (La funzione di specchio della madre e della famiglia nello sviluppo infantile, 1967 Winnicott).

L’accrescere della frequenza ai corsi preparatori di “massaggio materno infantile” e gli incentivi nei confronti delle future mamme a rendere il proprio corpo “disponibile” al contatto diretto con quello del bambino, tenuti nei reparti di degenza ospedaliera più all’avanguardia in Inghilterra, Francia, Svezia e Italia, confermano come si diffonde sempre di più l’interesse verso la qualità del caregiver, accanto ad una sempre crescente consapevolezza sociale sull’importanza che riveste l’allattamento al seno per lo sviluppo armonioso dell’intera personalità.

Lo psicoanalista americano Renè Spitz definì la funzione materna quale “rappresentante dell’ambiente”, sottolineando l’importanza che riveste questa presenza quale principale elemento mediatore nella vita del bambino. L’emozionalità e l’affettività con cui la madre investe il suo “gioco corporeo”, servirà ad orientare quella del bambino e in particolare la sua attività tonico-posturale, dando vita alle sue esperienze. Questi due importanti aspetti materni influenzano la personalità del neonato e la modificano contemporaneamente; attraverso il dialogo tonico-emotivo il neonato gratifica e conferma, frustra o “sminuisce” alcuni tratti caratteristici materni. E’ altrettanto vero come ci insegna Winnicott, che per favorire un processo di sviluppo sia psicologico che cognitivo nel bambino è necessario che egli riceva (solo dalla madre sufficientemente buona), le frustrazioni ottimali che gli permetteranno di riconoscersi e di riconoscerla come una persona separata…

Le differenti personalità materne e le variazioni che esse manifestano nell’arco della giornata, a seconda delle situazioni che si presentano, influenzano la personalità propria del neonato, ma è altresì vero che le madri modificano il proprio comportamento secondo la tipologia del bambino: precoce o ritardato, facile o difficile, obbediente o ribelle…Tutto ciò influenza la psicodinamica della diade e ne orienta il funzionamento.

La risposta al sorriso che appare intorno al terzo mese di vita, è stata descritta da Spitz quale primo tra gli “organizzatori” della vita psichica, ossia dei tre processi che concorrono a strutturare e integrare il sistema psichico del bambino, ogni volta ad un livello più complesso.

Il sorriso sociale è inoltre un importante riconoscimento del neonato nei confronti della relazione con la figura materna, a conferma del suo stato di benessere e del buon funzionamento della coppia madre-bambino. Secondo alcuni autori si struttura sulla base di stimoli visivi della zona oro-mentoniera materna durante la nutrizione, di fatto egli sorride non appena il viso umano si presenta di fronte, in modo che i due occhi siano visibili. Spitz ha potuto filmare questa risposta in un bambino di ventisei giorni, mentre in altri soltanto al quinto-sesto mese. Questo tipo di risposta è da considerarsi anche il risultato del clima emozionale intrattenuto dalla madre, così pure le differenze nell’esordio dipendono dalla peculiare costituzione affettiva della stessa. In seguito a numerose osservazioni Spitz, ha potuto avanzare una spiegazione che tenesse conto della natura del bambino e del suo comportamento alimentare, e contemporaneamente delle influenze che quest’ultimo esercita sulla relazione con la madre, a seconda che questa sia permissiva o ostile, equilibrata o ansiosa e assalita dai sensi di colpa. Egli evidenzia infatti come la relazione di dipendenza tonico-emozionale tra la madre e il bambino sia stretta e reciproca in particolar modo nel comportamento alimentare, anche se è molto più generale e si estende alla totalità del comportamento del neonato. Accade infatti che i problemi della madre si riflettano nel comportamento del bambino, conducendo in certe situazioni ad un aumento di conflittualità. E’ il caso (in particolare), della “colica dei tre mesi”. Dopo la terza settimana e per i primi tre mesi il bambino può presentare sintomi di forte sofferenza dovuti a dolori addominali che tendono a ripresentarsi sempre nello stesso momento della giornata, possono durare anche diverse ore, ed hanno la tendenza a scomparire alla fine del terzo mese. Spitz ha dimostrato come …”Se dei neonati venuti al mondo con un'ipertonicità congenita sono allevati da una madre inquieta sino all’ansietà, sono suscettibili di contrarre la colica dei primi tre mesi” (R. Spitz: Il primo anno di vita, pag. 76, Armando ed.).Il bambino con una tonicità nella media, così come un altro con un’ipertonicità della muscolatura addominale elevata, al momento della poppata scaricano necessariamente una certa quantità di tensione nell’attività delle labbra, della lingua, del palato, della laringe e della faringe, l’ipertonico è incapace di sbarazzarsi normalmente della sua tensione durante il solo processo di allattamento. Se ne sbarazza dunque dopo il pasto con le grida e l’agitazione motoria che caratterizzano questi casi: la peristalsi sarà accentuata, tanto più le madri, in preda ad una sollecitudine eccessiva ed ansiosa, tenderanno a reagire immediatamente ad ogni manifestazione del bambino, dandogli sia il seno che il biberon. Secondo Spitz in questo modo, le madri più ansiose cercheranno di compensare i sensi di colpa provocato da un’inconscia ostilità nei confronti del bambino. Il sovraccarico dell’apparato digestivo farà accrescere la tensione provocando una recrudescenza dello stato di disagio che si manifesterà con una nuova colica accompagnata da grida, la madre ansiosa interverrà allora nuovamente, innescando un circolo vizioso…

La bi-direzionalità, la reciprocità, sono anche i temi da cui si sviluppa l’attuale ricerca sulla prima infanzia dell’”Infant Research”. Già Winnicot (1956) si esprimeva in questo senso: “Un neonato è qualcosa che non esiste (…). L’unità non è l’individuo bensì una struttura costituita dall’ambiente e l’individuo, ma si trova in questa globalità formata dalla coppia”. Tenuto conto che allora non era ancora abbastanza riconosciuto l’aspetto costruttivo dell’esperienza nella relazione primaria.

I primissimi stadi evolutivi del bambino dipendono dalla presenza attenta e non invasiva della madre e dal modo in cui è disposta ad essere assorbita dal proprio figlio. Secondo Montirosso: “Le modalità con le quali la diade affronterà le innumerevoli occasioni quotidiane di rottura-riparazione forniranno il senso di unicità della relazione…Lo sguardo sull’Altro nasce dal recuperare ciò che dell’oggetto si è reso momentaneamente indisponibile” (Montirosso, 2004). Vi è di fatto una ricerca attiva da parte del bambino della vicinanza protettiva dell’altro come regolatore della propria emozionalità, quindi si può parlare di un vero e proprio processo.

Il pensiero di Winnicott ci induce a riconoscere come “la salute mentale abbia a che fare con la reciprocità delle relazioni” (Adam Phillips, Biografia intellettuale, Armando Ed, 1995, pag. 22), quindi la capacità di sentire i pensieri, i sentimenti, le speranze e le paure di un’altra persona e di permettere all’altro di fare lo stesso con noi; capiamo come…”Nella cura di un neonato, anche la madre dipenda dai processi intellettivi del bambino” (op. citata, pag. 104), ed è proprio la corporeità vissuta come risonanza emotiva ad apportare una visione unitaria all’interno della relazione diadica. In breve, il “vissuto tonico”, come dice Ajuriaguerra, “è legato inseparabilmente alla vita affettiva originale del neonato: è il tessuto che lo ricongiunge al mondo e, prima ancora, al corpo della madre in cui si confonde e si identifica”. E’ come se egli viva il suo proprio corpo in quello di sua madre e percepisce questo nel suo, ciò conferma contemporaneamente l’analisi della “fusione affettiva” di Wallon e l’ipotesi di Merleau-Ponty dell’esistenza di una specie di “carne comune alla quale partecipano tutti i corpi”…

Le tenerezze tra madre e figlio…

“Quando un bambino viene spogliato e lasciato nudo mentre la madre lo pulisce, avvengono tra lei e lui scambi di affettuosità molto intense e il compiacimento della madre per il corpo del suo bambino gli viene trasmesso per mezzo di una serie ricchissima di messaggi. Ci sono molti modi di pulire un bambino, di lavarlo, di asciugarlo, profumarlo, incipriarlo e vestirlo; le mani indugiano carezzevoli o sono frettolose, si appoggiano in un contatto felice e caldo o sfiorano soltanto; sono abili o impacciate; dure o morbide, intime o estranee; calde o fredde. La madre sarà tanto più affettuosa, carezzevole, compiacente verso il corpo del suo bambino quanto più questi le piacerà, e il godimento del suo corpo attraverso le carezze, palpeggiamenti, solleticazioni, massaggi, sarà tanto più intenso quanto più lei sarà libera da rigidezze, inibizioni, pregiudizi. Libera di manifestare la sua affettività”.

Maria Montessori (1870-1952)

Da: “Il quaderno Montessori” (rivista n°27 autunno ’90, pag. 74).

 

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