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Ruolo delle FUNZIONI ESECUTIVE e l'utilizzo della TERAPIA NEUROPSICOMOTORIA: confronto tra due proposte di trattamento

RUOLO DELLE FUNZIONI ESECUTIVE E UNA POPOSTA DI TRATTAMENTO

UTILIZZO DELLA TERAPIA NEUROPSICOMOTORIA: CONFRONTO TRA DUE PROPOSTE DI TRATTAMENTO

INDICE PRINCIPALE

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RUOLO DELLE FUNZIONI ESECUTIVE E UNA PROPOSTA DI TRATTAMENTO

Abbiamo visto come, sebbene non esista una diagnosi specifica di deficit delle Funzioni Esecutive, negli ultimi decenni, l’interesse per le Funzioni Esecutive, legato al ruolo cardine che esse ricoprono nella vita quotidiana e alla possibilità di fare inferenze sugli outcome evolutivi, abbia conosciuto un considerevole incremento e lo studio delle Funzioni Esecutive nell’ambito dei disturbi dello sviluppo abbia assunto un ruolo centrale sia per delineare diversi endofenotipi, sia per definire un ottimo profilo di sviluppo al fine di determinare meglio tali disturbi nell’ambito delle finalità prognostiche e riabilitative.

Le Funzioni Esecutive infatti rappresentano un importante predittore del funzionamento adattivo in quanto monitorano il comportamento e i processi cognitivi, utilizzati quotidianamente dagli individui per apprendere nuove azioni, pianificare e prendere decisioni, correggere i propri errori, mettere in atto comportamenti difficili o pericolosi, comportamenti che necessitano costante monitoraggio o comportamenti non attuati in modo automatico. In merito agli outcome evolutivi è interessante notare come un buon funzionamento esecutivo con maggiore probabilità si lega a maggiori competenze di letto-scrittura e competenze linguistiche, migliori esiti scolastici nei vari livelli di scolarizzazione, maggiori competenze sociali nelle diverse fasi della vita, migliore qualità della vita e status economico.

Le diagnosi principalmente interessate da difficoltà nell’ambito delle Funzioni Esecutive sono: ADHD, Disturbi delle condotta, Disturbi del linguaggio, Disturbi generalizzati dello sviluppo, nati pretermine, Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), Disabilità intellettiva.

In tale ambito è opportuno rimarcare i rapporti tra Funzioni Esecutive e gli altri processi cognitivi, in particolare tra Funzioni Esecutive ed intelligenza, Funzioni Esecutive e Teoria della Mente, Funzioni Esecutive e motivazione.

Quando parliamo di intelligenza è difficile utilizzare una definizione universalmente condivisa di cosa si possa intendere per intelligenza, anche per la presenza di diverse idee, che hanno dato origine a varie teorie e forme dell’intelligenza ancora oggi coinvolte nel dibattito scientifico.

Tuttavia è possibile identificare due accezioni fondamentali: l’intelligenza come accezione generale, si riferisce in primo luogo alla capacità di “comprendere” la realtà, riferendosi in generale all’attività della mente umana, alle operazioni mentali di livello superiore, alla possibilità della mente di raggiungere elevati traguardi; l’intelligenza nella sua accezione differenziale pone invece l’accento su ciò che differenzia gli individui nella capacità di affrontare i compiti cognitivi, differenze che vanno oltre le semplici funzioni e vanno ricercate all’interno di nuclei organizzati di abilità. Quindi, per quanto l’intelligenza si stimi sia stabile ed ereditabile fino al 70%, nel momento in cui un individuo è chiamato ad affrontare compiti di varia natura, non saranno coinvolte unicamente abilità cognitive, ma anche altre abilità non cognitive come l’esperienza, aspetti motivazionali-culturali ed emotivi-metacognitivi, caratteristici di ognuno. Non bisogna quindi concentrarsi unicamente sulle effettive abilità dell’individuo, ma anche sulle sue abilità potenziali, che egli potrebbe essere in grado di esprimere se assistito, richiamando il concetto di “zona prossimale di sviluppo” (Vygotskiy 1996) secondo cui lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori, come l’intelligenza, è il risultato dell’interazione dell’individuo e degli strumenti fornitigli dal suo ambiente. Per questo a parità di QI due individui possono presentare diversi livelli di intelligenza, se presentano diverse capacità di avvalersi dell’esperienza, e sempre per questo, rimane la possibilità di poter modificare il decorso dell’intelligenza, ma soprattutto il suo effettivo uso.

Per quanto riguarda i rapporti delle Funzioni Esecutive con l’intelligenza, uno dei motivi che ha indotto a pensare ad una relazione, è la consapevolezza che un adeguato e integrato funzionamento esecutivo è indispensabile per la messa in atto di un comportamento intelligente e orientato al raggiungimento di un obiettivo. Le Funzioni Esecutive, oltre ad essere fondamentali per lo sviluppo socio-emotivo dell’individuo, risultano si necessarie e predittive per l’acquisizione delle abilità accademiche e più in generale dell’intelligenza, tuttavia, i dati disponibili ad oggi in letteratura offrono risultati non uniformi: alcuni studi riportano legami tra Working Memory ed intelligenza, evidenziati in merito alla componente di aggiornamento, altri studi frequentemente riportano correlazioni positive tra QI e, alternativamente, le singole componenti del core delle Funzioni Esecutive, in altri ancora viene ribadito come molti bambini con deficit esecutivo presentino un livello intellettivo adeguato, per cui mancherebbe una chiara associazione tra lo sviluppo globale delle Funzioni Esecutive e l’intelligenza (Friedman 2006; Memisevic e Sinanovic 2014).

Numerose sembrano essere le evidenze di relazione tra Funzioni Esecutive e ToM: tali domini si caratterizzano per il fatto di condividere alcune aree cerebrali come substrato neurale, in particolare l’attenzione è stata posta nelle aree prefrontali mediali, la cui integrità pare essere condizione necessaria anche se non sufficiente per un adeguato funzionamento esecutivo e di ToM. Interessante in tale ambito sono inoltre gli studi di Huges, che fanno emergere il potere predittivo delle Funzioni Esecutive sulle competenze relative alla TomM, ma non viceversa.

Le Funzioni Esecutive, in particolare l’inibizione e la flessibilità cognitiva, intervengono già durante i primi stadi di sviluppo della ToM, e in generale sono competenze necessarie per portare a termine prove di ToM. Importante è capire che tipo di legame esista tra Funzioni Esecutive e ToM, se le Funzioni Esecutive favoriscano tali processi o se siano piuttosto le abilità di mentalizzazione e internalizzazione a guidare le Funzioni Esecutive nella messa in atto di determinati comportamenti sociali (Mouriguchi 2014).

Altro punto da non tralasciare è quello che riguarda il rapporto tra Funzioni Esecutive e motivazione: l’attivazione di processi cognitivi ed esecutivi si associa, di solito, ad un peculiare stato di motivazione e all’attribuzione di uno specifico valore alla risposta che viene fornita. Fondamentali nello sviluppo e in generale nell’apprendimento sono gli aspetti motivazionali legati al percepirsi competenti e all’importanza data al compito da svolgere, dove l’ambiente può stimolare la curiosità, l’interesse, coinvolgendo e sostenendo l’individuo a provare in autonomia, accompagnandolo nel suo cammino naturale di crescita.

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Cosa presentano i bambini che manifestano difficoltà nelle Funzioni Esecutive?

Alcuni dati recenti documentano che bambini di età compresa tra i 3 e gli 11 anni, che presentano impulsività, distrazione e ridotto autocontrollo, di intensità tale da influire in modo negativo sul profitto scolastico, sulle relazioni sociali e con i coetanei, nonché con gli adulti, tendono in età adulta ad avere maggiori problemi di salute, ad essere meno produttivi, a compiere maggiori crimini rispetto a bambini con maggiore controllo del comportamento e dei processi cognitivi ed in generale sono maggiormente compromessi nelle abitudini quotidiane.

Un deficit a carico delle Funzioni Esecutive è conosciuto come “Sindrome Disesecutiva” (DS) e può essere associata non soltanto ad una lesione del lobo frontale, ma anche ad una serie di deficit nel processamento, nella pianificazione, nell’inibizione, nella flessibilità cognitiva.

Funzioni Esecutive disfunzionali possono quindi risultare estremamente debilitanti, sia per chi ne soffre, che per i familiari, dato che possono verificarsi deficit come (Fig 2.1):

  • Incapacità di iniziare, fermare e modificare il comportamento in risposta al cambiamento di stimoli;
  • Incapacità di mantenere una sequenza comportamentale necessaria per l’organizzazione, la pianificazione e il problem solving;
  • Incapacità di inibire le risposte;
  • Perseverazione;
  • Funzione mnemonica deficitaria.

Fig 2.1 Comportamenti osservati in bambini con deficit delle Funzioni Esecutive

Fig 2.1 Comportamenti osservati in bambini con deficit delle FE

In generale quindi, nei bambini e negli adolescenti con problemi a carico di uno o più domini esecutivi, è possibile osservare: distraibilità e sbadataggine, difficoltà ad imparare dall’esperienza, difficoltà ad eseguire più compiti contemporaneamente, instancabilità o ipoattivazione, scarsa consapevolezza dei sentimenti altrui, difficoltà nel gestire tempi e individuare priorità, problemi nell’organizzazione del materiale e nel rispetto delle scadenze, ecc…

In letteratura internazionale si è sempre più evidenziata l’importanza delle Funzioni Esecutive nello sviluppo cognitivo e conseguentemente negli apprendimenti scolastici, ritenendo le Funzioni Esecutive maggiormente predittive rispetto al QI per quel che riguarda un buon rendimento scolastico.

Ciò perché, con l’ingresso a scuola e l’acquisizione delle nuove competenze di lettura, scrittura e calcolo, il carico cognitivo richiesto ai bambini, e quindi il peso delle Funzioni Esecutive coinvolte, incrementa notevolmente nelle attività giornaliere. A scuola i bambini devono infatti utilizzare maggiori risorse di memoria di lavoro per svolgere mentalmente operazioni con numero crescente di dati (il ruolo della memoria di lavoro sembra essere rilevante non solo per le abilità di letto-scrittura, ma anche nelle abilità di calcolo, fin dalle prime attività di conteggio, e nel condizionare l’acquisizione di fatti aritmetici e la risoluzione di problemi), fare inferenze tra gli elementi, essere disposti ed elastici nell’apprezzare prospettive diverse e mettere in atto strategie di autocontrollo.

Pertanto scarse Funzioni Esecutive predicono spesso difficoltà negli apprendimenti: un’alterazione delle Funzioni Esecutive si riscontra con molta frequenza in tante condizioni anche molto diverse tra loro, mentre bambini con sviluppo tipico e alte performance di Funzioni Esecutive presentano maggiori probabilità di raggiungere buoni risultati scolastici.

In letteratura si riscontra una notevole associazione fra i disturbi specifici dell’apprendimento e difficoltà nelle Funzioni Esecutive: problemi nelle abilità attentive possono compromettere o aggravare le difficoltà di apprendimento di bambini con DSA, mentre a parità di disturbo, bambini senza difficoltà attentive possono compensare meglio le loro difficoltà ed ottenere comunque dei buoni risultati scolastici.

L’influenza delle Funzioni Esecutive sul rendimento scolastico, inoltre, sembra essere indipendente dal quoziente intellettivo ed invece superiore rispetto ad esso, a scapito della diffusa abitudine di banalizzare il problema limitando la valutazione del rendimento a scuola alla luce di un non meglio specificato concetto di QI omettendo invece la considerazione delle Funzioni Esecutive e mettendo così in secondo piano la loro importanza e la possibilità di trattarle.

Visto quindi il ruolo delle Funzioni Esecutive nell’incrementare gli apprendimenti e nell’influenzare il risultato scolastico, la buona pratica clinica dovrebbe non solo prevedere la loro valutazione sistematica ma anche un intervento specifico in questo ambito, già in epoca prescolare soprattutto nei bambini a rischio di fallimento scolastico.

La riabilitazione delle Funzioni Esecutive risulta molto complicata, ma i dati emersi negli ultimi anni fanno ben sperare. Le maggiori evidenze sono state fornite nel campo della riabilitazione di persone con cerebro-lesione acquisita, ma ulteriori ricerche stanno dando risultati incoraggianti anche su adulti sani e in diverse condizioni frequenti in età evolutiva come nel caso dell’ADHD o dei DSA.

Quando ci si trova davanti a persone che presentano un deficit delle Funzioni Esecutive non è solamente importante far loro acquisire nuove informazioni, ma anche fornirgli nuove abilità, indispensabili affinchè possano utilizzare al meglio le conoscenze di cui sono in possesso. L’obiettivo di ogni riabilitazione del dominio esecutivo dovrebbe, infatti, essere l’incremento o il conseguimento di una migliore autonomia per gli individui nelle situazioni di ogni giorno, mirare al miglioramento del loro funzionamento adattivo, di modo da permettergli di risolvere i loro problemi piuttosto che essere bloccati in un circolo vizioso nel quale le abilità esecutive non siano utilizzate.

È opportuno che venga data priorità all’aumento dell’attenzione selettiva, alla pianificazione e all’organizzazione del tempo, alle problematiche di inibizione, regolazione delle emozioni, ed è bene inoltre che vengano rinforzati positivamente e generalizzati i cambiamenti raggiunti dopo un periodo prefissato, in maniera tale che perdurino nel tempo.

Questo reputiamo possa essere fatto al meglio in un percorso riabilitativo e di accompagnamento allo sviluppo funzionale del bambino, che vede integrati il training cognitivo, finalizzato al potenziamento di specifiche abilità neuropsicologiche di base attraverso attività, molte svolte a tavolino e specifiche per le singole capacità, ad un approccio cognitivo-comportamentale, meta-cognitivo, che pone attenzione alle problematiche comportamentali, emotive, sociali e di apprendimento, avvalendosi della neuropsicomotricità.

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Come lavorare sulle Funzioni Esecutive: la neuropsicomotricità

Come abbiamo visto in precedenza, le Funzioni Esecutive sono coinvolte in tantissime attività e situazioni con cui ci confrontiamo quotidianamente, attivandosi non solo in contesti che richiedono un elevato carico cognitivo, ma anche nel contesto sociale, emotivo e relazionale di tutti i giorni. Un deficit a loro carico può risultare estremamente debilitante rispetto al funzionamento adattivo e all’interno del contesto sociale in cui si trova il bambino. È dunque estremamente importante intervenire precocemente, nel contesto dei vari disturbi del neurosviluppo, in caso di mancato o irregolare sviluppo di queste abilità di base, dato che la loro maturazione inizia tra i 3-5 anni e termina anche oltre l’adolescenza.

Rispetto a quale possa essere l’intervento più indicato per ciascun bambino, i dati a disposizione su percorsi riabilitativi indirizzati ad un potenziamento delle Funzioni Esecutive, non sempre si traducono in un miglioramento funzionale delle abilità o del comportamento oggetto del trattamento e sono ridotte le evidenze sulla generalizzazione degli effetti ottenuti.

Risulta quindi indispensabile tener presente alcuni principi generali suggeriti da Diamond (2012):

  • Coloro che necessitano in misura maggiore di un training ottengono i migliori benefici;
  • Gli effetti di generalizzazione dalle Funzioni Esecutive sono limitati;
  • Le Funzioni Esecutive dovrebbero essere stressate lungo tutta la durata del training (le richieste dovrebbero aumentare continuamente per osservare degli effetti);
  • Il core del trattamento è la pratica continua;
  • Il miglioramento ottenuto dipende da come sono state svolte le attività;
  • Per impostare un intervento adeguato è necessario che i test clinici diano un outcome rappresentativo delle Funzioni Esecutive e della loro compromissione.

Inoltre, Otero e collaboratori (2014) affermano che un training mirato al potenziamento delle Funzioni Esecutive raggiunge migliori risultati quando è associato ad altre attività come discipline sportive, arti marziali, attività di rilassamento, che risultano essere in grado di fornire un potenziamento del sistema cognitivo: l’apprendimento motorio, il contenimento dell’impulsività emotiva e la gestione della frustrazione sui compiti sono utili strumenti in un programma di sviluppo dell’autoregolazione, delle risorse attentive e delle competenze intellettive. Allenando le risorse attentive si migliorano la memoria, l’autoregolazione rispetto gli impulsi emotivi e quindi l’autostima; tale cambiamento si verifica anche nel campo scolastico, ma tale effetto indica soprattutto un potenziamento dell’individuo per la vita.

Non solo l’attività fisica riduce le problematiche comportamentali e promuove un’attitudine positiva stimolando la creatività dei bambini, ma chi svolge un’attività motoria sul piano percettivo migliora:

  • La selezione degli stimoli a cui rivolge l’attenzione trascurando quelli meno rilevanti;
  • Lo spostamento dell’attenzione al momento opportuno verso informazioni appropriate;
  • Il mantenimento dell’attenzione sugli stimoli importanti.

Queste caratteristiche contribuiscono a promuovere l’importante ruolo svolto dall’attività motoria in un programma di intervento globale, che riteniamo appropriato per bambini con ADHD e deficit delle FE. Infatti uno studio condotto da Piek et al. (2004) ha dimostrato che bambini con ADHD-I hanno abilità motorie fini carenti, mentre bambini con ADHD-C presentano difficoltà motorie generali; mentre Whitmont e Clark (1996) hanno trovato una forte correlazione tra deficit delle abilità motorie fini e gravità dei sintomi dell’ADHD. In questo contesto ci è sembrato obbligatorio introdurre, almeno in parte, la pratica neuropsicomotoria, che prende in considerazione la globalità dell’essere umano, nella sua unione di struttura somatica, affettiva e cognitiva.

L’attività neuropsicomotoria, utilizza il gioco, il movimento, l’azione e la rappresentazione, dove sono comunque molto presenti le Funzioni Esecutive, perché tramite l’azione e il piacere che essa genera, il bambino scopre e conquista il mondo, esprime le sue emozioni, la sua vita affettiva, racconta di sé, favorendo uno sviluppo psicofisico armonioso in un percorso dove impara a conoscere sé stesso, i propri limiti, affrontare problematiche che lo coinvolgono, costruire un’immagine positiva d i sé.

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Un percorso riabilitativo di gruppo per bambini con ADHD

Il progetto presentato in questo lavoro di tesi, sulla base delle riflessioni precedenti, si presenta come una proposta di percorso riabilitativo in piccolo gruppo di bambini con ADHD dell’ultimo anno della scuola di infanzia, volto al rafforzamento delle diverse componenti delle Funzioni Esecutive, proponendo sia attività strutturate mirate per le singole Funzioni Esecutive, sia attività che si rifanno maggiormente alla terapia neuropsicomotoria in cui vengono attivate più Funzioni Esecutive contemporaneamente.

La terapia neuropsicomotoria di gruppo si basa su incontri settimanali con un gruppo costituito da 2 fino ad un massimo di 6 bambini, aventi caratteristiche e bisogni compatibili tra loro, per i quali sembra indicato un intervento basato sull’attività di gruppo piuttosto che individuale. È bene sottolineare che, nella maggior parte dei casi, l’intervento terapeutico di gruppo fa parte di un percorso di terapia globale e si accosta quindi ad altre tipologie di intervento, come ad esempio il trattamento logopedico, oppure accompagna il trattamento psicomotorio individuale. In questo caso, però, i 3 bambini inclusi nel progetto hanno seguito, presso l’Istituto di Neuropsichiatria Infantile di Via dei Sabelli, un gruppo riabilitativo condotto da tre operatori e articolato in due incontri settimanali di due ore ciascuno, per 12 settimane, da gennaio a marzo 2019, con un approccio integrato che introduce le attività mirate al potenziamento delle Funzioni Esecutive all’interno di attività psicomotorie più complesse.

L’intervento psicomotorio di gruppo offre un’azione terapeutica globale, prestando molta attenzione agli aspetti psico-affettivi e cognitivi del bambino, basandosi sul gioco psicomotorio nelle sue tre tipologie: senso-motorio, simbolico e relazionale. Inoltre, attraverso il lavoro di gruppo, è possibile lavorare anche sullo sviluppo sociale, che significa sviluppo delle capacità sia di relazione verticale con gli adulti, che orizzontale tra pari, spesso complicate dalle componenti comportamentali che possono caratterizzare l’ADHD.

Il lavoro con i gruppi terapeutici di bambini favorisce l’apprendimento attraverso i coetanei e consente una condivisione del disturbo. Inoltre il gruppo, quando viene facilitata la relazione tra pari, che utilizza canali comunicativi multipli e complessi, di immediata comprensione per i destinatari di pari livello, facilita le riflessioni e le strategie meta-cognitive per affrontare al meglio il problema che mi sto rappresentando, portando allo sviluppo di parti di sé importanti e meno utilizzate nelle relazioni verticali. Per esempio, la capacità di integrare i propri comportamenti con quelli del gruppo per il successo di un’impresa comune, rende i bambini consapevoli delle competenze e delle strategie che possono mettere in atto. Mantenere e fare crescere negli individui la capacità di scambi relazionali paritari ad un livello profondo ed emotivamente significativo, vuol dire renderli sempre più consapevoli delle proprie capacità e delle potenzialità dell’essere insieme. Questo contesto può porre però un problema e una sfida per il terapeuta, che vuole utilizzare il gruppo come strumento terapeutico: in presenza di un adulto le relazioni verticali tendono a prevalere, per il desiderio di procurarsi l’attenzione, l’approvazione e la benevolenza dell’adulto. Quindi, perché il gruppo possa svolgere un’azione terapeutica, deve prima di tutto funzionare nelle sue relazioni orizzontali, perché attraverso di esse potrà sviluppare identificazioni reciproche con parti di sé meno sviluppate, meno viste, meno utilizzate nella relazione con l’adulto, ma che sono altrettanto importanti per la crescita del bambino.

Se il gruppo funziona, è un aiuto potente a valorizzare le risorse individuali.

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UTILIZZO DELLA TERAPIA NEUROPSICOMOTORIA: CONFRONTO TRA DUE PROPOSTE DI TRATTAMENTO

3.1 Studio sperimentale: materiali e metodi

Per questo progetto sono stati reclutati 3 bambini (i cui nomi sono di fantasia, nel rispetto della privacy), attraverso la somministrazione di test standard per approfondire le diverse aree di sviluppo, di sesso maschile, con diagnosi di ADHD, di età:

  • Lorenzo 5.11 aa
  • Tommaso 5.4 aa
  • Davide 5.2 aa

Tutti e tre presentavano inizialmente risultati inadeguati per l’età nei test per le aree considerate e non avevano mai intrapreso un intervento riabilitativo di gruppo o individuale.

Tuttavia, considerando l’ADHD un disordine eterogeneo caratterizzato da profili neuropsicologici diversi, spesso in comorbidità con altri disturbi del neurosviluppo, sono presenti delle differenze tra i casi studiati. Infatti Lorenzo presenta anche una difficoltà a carico del linguaggio, caratterizzato da difficoltà di categorizzazione, produzione spontanea non sempre intellegibile, scarsa attenzione alla guida verbale; mentre Davide presenta comportamenti oppositivi-provocatori, contraddistinti da scarsa tolleranza alla frustrazione, scarsa accettazione delle regole, comportamenti oppositivi-provocatori nei confronti dell’adulto e dei pari sia sul piano fisico sia sul piano verbale. Tommaso invece presenta una forte componente motivazionale, latenza di attivazione nell’iniziare un’attività e una maggior irrequietezza motoria che inficiano le performance nelle diverse attività.

Data quindi la complessità e la natura eterogenea del disturbo, che porta i bambini a differire molto l’uno dall’altro rispetto al loro profilo neuropsicologico, ipotizziamo che un training ad approccio integrato con obiettivi comuni rispetto alle Funzioni Esecutive, possa risultare utile nella psicopatologia dei sintomi dell’ADHD, con l’utilizzo della neuropsicomotricità che favorisce lo sviluppo armonioso dell’individuo, considerato come unione di corpo e mente.

I bambini sono stati valutati prima e dopo la terapia di gruppo utilizzando i seguenti 6 test:

  1. Block Building, prova per la fascia d’età 3-6.11 anni per la valutazione delle abilità visuo-costruttive, le capacità di pianificare e realizzare, a partire da un’immagine, prodotti dotati di rapporti spaziali. Se il soggetto trova difficoltà nella riproduzione di un item basandosi solamente sull’immagine, gli si può fornire un modello reale e come ulteriore facilitazione si può farglielo ricostruire dopo la dimostrazione.
  2. Racconto Orale, prova di memoria in cui al soggetto viene presentato oralmente un racconto (“I sette capretti”), poi gli viene richiesto di riproporlo e si valuta qualitativamente la produzione, il mantenimento della sequenza temporale, l’utilizzo di nessi causali e temporali. Vengono successivamente poste 6 domande di comprensione del testo.
  3. NEPSY-II, è una batteria di test volta a valutare lo sviluppo neuropsicologico e fornisce una valutazione delle abilità cognitive dai 3-16 anni di età, permettendo sia una valutazione globale, sia un’indagine mirata a uno o più domini cognitivi fondamentali per l’adattamento sia all’interno sia all’esterno dell’ambiente scolastico. La batteria non è stata somministrata interamente, ma del dominio di attenzione e funzioni esecutive sono state utilizzate le prove di: attenzione visiva, fluenza grafica, attenzione uditiva e inibizione.
  4. Problem solving (ponte attraversante). Viene richiesto al soggetto di risolvere la situazione che gli viene presentata: una macchina deve andare da un punto A ad un punto B ma è ostacolata da un fiume. Quando il soggetto verbalizza la soluzione del problema (la necessità di utilizzare un ponte), gli viene fornito il materiale e si valuta come si organizza per costruirlo.
  5. Torre di Londra. Il compito presentato al soggetto è ricostruire, a partire sempre dalla stessa disposizione iniziale e facendo riferimento ad un’immagine, le posizioni di alcune palline su tre aste di legno, con un numero massimo di mosse concesse e rispettando alcune regole, come ad esempio muovere una pallina alla volta, utilizzare una sola mano, collocare un numero massimo di palline su ogni bastoncino ecc.; si ha un minuto per ogni prova e il punteggio è dato dalla somma delle risposte totali corrette.
  6. Test delle Campanelle, utilizzato sia per l’analisi delle capacità di attenzione selettiva che di quella sostenuta in soggetti di età compresa tra i 4 e i 14 anni di età. Il test è formato da 350 stimoli distrattori raffiguranti oggetti animati e non, di simili dimensioni e con medesimo orientamento, presentati su quattro fogli. Su ogni foglio ci sono 35 campanelle: il compito consiste nel trovare e barrare nel minor tempo possibile tutte le campanelle presenti sul foglio. Il soggetto non è al corrente né del tempo che ha a disposizione per svolgere il compito, né del numero di campanelle che deve trovare. Il tempo a disposizione è di 120 secondi per ogni foglio: si annoterà il numero di campanelle trovate nei primi 30 secondi per ogni foglio (attenzione selettiva/rapidità) e il totale di campanelle trovate nei 120 secondi per ogni foglio andando poi a sommare i risultati ottenuti (accuratezza/attenzione sostenuta).

Il percorso riabilitativo in gruppo, che chiameremo gruppo A, si è articolato in 24 incontri, tra gennaio e marzo 2019, di due ore ciascuno. Ogni seduta, anche flessibile per far fronte alle necessità dei bambini, era distinta in diversi momenti:

  • Fase iniziale di 45 minuti in cui venivano proposte principalmente attività mirate per le diverse funzioni esecutive a tavolino;
  • Una pausa per la merenda;
  • Seconda fase di 45 minuti con attività psicomotorie più complesse in cui rientrasse sempre il potenziamento del core esecutivo;
  • 15 minuti di gioco libero.

Va sottolineata, a tal proposito, l’importanza della scansione temporale della seduta riabilitativa, dato che bambini con l’ADHD, che come abbiamo visto è un disturbo caratterizzato anche da un deficit di inibizione, sono contraddistinti dall’avversione all’attesa per un deficit di processamento temporale (Sonuga-Barke, 2008). Questa avversione all’attesa descrive un atteggiamento emotivo-motivazionale tipico dei bambini con ADHD: per la scarsa capacità di stimare il tempo, dosare le energie, predire il futuro di un evento, manifestano la tendenza a preferire piccole e immediate gratificazioni, risultando impulsivi, invece che procrastinarle nel tempo in vista di un obiettivo più a lungo termine.

Nelle sedute di trattamento con approccio integrato, i tre bambini inclusi nel progetto hanno svolto attività che hanno permesso loro di sperimentare, sollecitare e consolidare le diverse componenti del core delle funzioni esecutive, oltre alle capacità di ordine superiore come la pianificazione, l’autocontrollo, la regolazione delle emozioni.

Per quanto riguarda le attività che comportavano maggiormente l’attivazione dell’attenzione (attenzione sostenuta, attenzione visiva selettiva) sono state proposte:

  • Riconoscimento di una figura target, attività di barrage
  • Riconoscimento di una parola target all’interno di un racconto
  • Trova le differenze
  • “Il filo del telefono”, riproposto anche all’interno di percorsi psicomotori per aumentare i distrattori, coinvolgendo anche l’abilità di inibizione, e aumentare i tempi di mantenimento dell’informazione uditiva in memoria (reiterazione);
  • “Gioco del semaforo” all’interno di percorsi psicomotori in cui prestare attenzione ai diversi segnali target, ciascuno abbinato con una risposta diversa. Questa, come molte altre attività tra quelle proposte, chiama in causa contemporaneamente altre abilità come l’inibizione, la flessibilità cognitiva, la memoria di lavoro, il mantenimento dell’attenzione per tempi adeguati al compito.

Tutte le attività proposte all’interno del gruppo, alla base sottendono inoltre (o ne richiedono il rinforzo) la capacità di acquisire il rispetto dell’alternanza del turno e l’adesione a quelle che sono regole sociali prestabilite per la gestione del gruppo.

Le diverse attività sono state riproposte durante gli incontri del gruppo riabilitativo, in modo differente e a difficoltà crescente (richiesta di tempi attentivi aumentati, maggior numero di elementi di una sequenza da tenere in memoria).

Rispetto a un coinvolgimento delle abilità di memoria (a breve termine, a lungo termine, Working Memory visuo-spaziale, Working Memory verbale) sono state proposte attività come:

  • Memory”, attività che contemporaneamente coinvolge fortemente anche l’inibizione con l’alternanza del turno;
  • Disegna l’elemento mancante;
  • Rievoca le attività precedenti: è stato chiesto ai bambini di disegnare le componenti di un percorso psicomotorio svolto precedentemente;
  • “Gioco della statua”: a turno uno degli operatori o uno dei bambini viene vestito con diversi accessori, per poi far indovinare agli altri quello mancante.

Per le abilità di pianificazione e problem solving sono stati proposti:

  • Percorsi psicomotori da organizzare ed eseguire
  • Riordina le vignette nella sequenza corretta e racconta la storia rappresentata
  • Ricomponi l’immagine: i bambini erano invitati a ricostruire, incollando i diversi elementi, l’immagine proposta.

Attività proposte per coinvolgere l’abilità di inibizione sono state:

  • “Gioco della sedia”: i partecipanti camminano in tondo a tante sedie quanti sono i giocatori meno uno, mentre c’è la musica. Quando viene interrotta la musica, nel minor tempo possibile, i giocatori devono riuscire a sedersi su una sedia. Chi rimane in piedi viene eliminato e si toglie una sedia dal cerchio per proseguire;

“Color color”: altra attività che richiede l’attivazione di più abilità esecutive. Ad ogni bambino viene assegnato un colore di riferimento, si utilizza un mazzo di carte colorate e ogni bambino dovrà attivare una data risposta (spingere un pulsante, fare una linguaccia, prendere un gettone) quando viene estratto il suo colore. Si può riproporre nuovamente l’attività cambiando il colore a cui ogni bambino deve rispondere, coinvolgendo anche la flessibilità cognitiva.

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Risultati

Dal confronto delle valutazioni pre e post intervento, emerge come siano presenti dei miglioramenti in riferimento a molte delle competenze indagate, in particolare nel caso di Lorenzo e Tommaso, che hanno mostrato durante il trattamento e in sede di valutazione finale, miglioramenti generali delle Funzioni Esecutive e delle caratteristiche individuali maggiormente legati al disturbo, mentre si sono riscontrate regressioni in diversi test della valutazione finale di Davide, dove la performance è stata estremamente inficiata dalla componente comportamentale.

I grafici riportano (sono stati scelti tra le diverse prove utilizzate quelle maggiormente esplicative delle modificazioni dei tre bambini) i punteggi grezzi ottenuti nello svolgimento dei diversi test somministrati nel pre e post intervento per ogni bambino.

TORRE DI LONDRA 1

CAMPANELLE-RAPIDITA' - CAMPANELLE-ACURATEZZA -1

BLOCK BUILDING - ATTENZIONE UDITIVA - 1

TEST

BAMBINI

PUNTEGGI GREZZI PRE

PUNTEGGI GREZZI POST

TORRE DI LONDRA

LORENZO

20

27

TOMMASO

17

23

DAVIDE

15

14

CAMPANELLE RAPIDITA’

LORENZO

25

32

TOMMASO

9

15

DAVIDE

17

16

CAMPANELLE ACCURATEZZA

LORENZO

63

93

TOMMASO

27

40

DAVIDE

59

39

BLOCK BUILDING

LORENZO

20

23

TOMMASO

23

24

DAVIDE

22

19

ATTENZIONE UDITIVA

LORENZO

26

29

TOMMASO

5

13

DAVIDE

23

19

INDICE

Trattamenti a confronto

I soggetti sono stati appaiati ad altri 3 pazienti con profilo di sviluppo sovrapponibile che hanno effettuato un intervento riabilitativo mirato alle Funzioni Esecutive, in un gruppo riabilitativo, che chiameremo gruppo B, organizzato allo stesso modo, ma con un approccio rivolto al potenziamento diretto delle singole funzioni esecutive e del loro utilizzo contemporaneo o gerarchico.

Vengono di seguito riportati i punteggi grezzi dei bambini dei due gruppi nei test del pre e post intevento.

TORRE DI LONDRA 2

CAMPANELLE-RAPIDITA' - CAMPANELLE-ACURATEZZA - 2

BLOCK BUILDING - ATTENZIONE UDITIVA  - 2

TEST

GRUPPO

BAMBINI

PUNTEGGI GREZZI PRE

PUNTEGGI GREZZI POST

TORRE DI LONDRA

A

LORENZO

20

27

TOMMASO

17

23

DAVIDE

15

14

B

LUCA

14

27

MARCO

16

28

PAOLO

21

25

CAMPANELLE RAPIDITA’

A

LORENZO

25

32

TOMMASO

9

15

DAVIDE

17

16

B

LUCA

9

21

MARCO

17

33

PAOLO

8

25

CAMPANELLE ACCURATEZZA

A

LORENZO

63

93

TOMMASO

27

40

DAVIDE

59

39

B

LUCA

36

56

MARCO

52

61

PAOLO

20

51

BLOCK BUILDING

A

LORENZO

20

23

TOMMASO

23

24

DAVIDE

22

19

B

LUCA

23

24

MARSO

1

22

PAOLO

17

23

ATTENZIONE UDITIVA

A

LORENZO

26

29

TOMMASO

5

13

DAVIDE

23

19

B

LUCA

23

23

MARCO

24

30

PAOLO

15

26

INDICE

Conclusioni

Osservando i grafici realizzati per tutti i casi presi in esame, che mettono a confronto i punteggi grezzi delle valutazioni pre e post intervento dei due gruppi, è possibile verificare l’efficacia del percorso riabilitativo incentrato sulle Funzioni Esecutive e sulle capacità cognitive superiori che rientrano nel dominio esecutivo per entrambi i gruppi.

Nonostante i bambini presi in esame non riescano a raggiungere condizioni di normalità in tutte le aree valutate, presentano allo stesso tempo un incremento positivo delle competenze prese in esame o quantomeno una stabilizzazione positiva di esse.

Perciò si suppone che, in una prossima valutazione, sarà possibile verificare una presenza di competenze maggiormente rafforzate, che consentiranno di raggiungere risultati altrettanto costruttivi e positivi per quando riguarda le capacità esecutive valutate.

Tuttavia, sempre mettendo i risultati dei due gruppi a confronto, risulta più netto il miglioramento per tutti e tre i bambini del gruppo B ad approccio rivolto al potenziamento diretto delle singole funzioni esecutive e del loro utilizzo contemporaneo o gerarchico rispetto, rispetto ai bambini che hanno intrapreso il percorso con un approccio che coinvolge l’utilizzo di attività psicomotorie.

Questi dati suggeriscono che il miglioramento maggiore riscontrato nel gruppo B sia da attribuire al lavoro mirato alla sollecitazione delle singole funzioni esecutive che, nel breve periodo, ha prodotto miglioramenti a livello delle stesse.

Il fatto che si siano andate a valutare esclusivamente le singole capacità non ha potuto dare riscontri sulla possibilità che questo tipo di lavoro non abbia in qualche modo giovato anche allo sviluppo di altri processi cognitivi superiori, processi cui sottendono le singole Funzioni Esecutive, e alla generalizzazione di queste abilità all’interno del funzionamento adattivo al di fuori dello spazio e delle attività di trattamento.

Allo stesso modo possono essere letti i risultati ottenuti dai bambini del gruppo A: se è vero che nel breve periodo la valutazione delle singole abilità ha rivelato che non ci sono stati miglioramenti significativi rispetto a quelli conseguiti dai bambini del gruppo B (come risulta particolarmente evidente nel test della Torre di Londra e delle Campanelle), è però altrettanto vero che i bambini del gruppo A hanno seguito un trattamento integrato mirato a stimolare l’individuo ad un livello superiore, considerandolo più nella sua globalità. Il target del trattamento dei bambini del gruppo A comprendeva anche funzioni superiori come la pianificazione, il problem solving e la regolazione del comportamento, tutte funzioni che non sono state indagate a fine intervento riabilitativo e i cui miglioramenti potrebbero manifestarsi anche nel lungo termine.

Nella lettura dei risultati ottenuti è necessario inoltre considerare che il gruppo A ha incontrato, lungo il percorso di trattamento, delle difficoltà date dalla variabile della componente comportamentale di Davide, che molto spesso non ha permesso uno svolgimento ottimale delle attività e la creazione di stabili rapporti all’interno del gruppo di coetanei.

Anche in sede di valutazione finale, infatti, questa difficoltà di Davide ha pesato negativamente sulla sua performance e si può supporre che abbia inficiato almeno in parte anche i risultati degli altri due bambini non permettendogli di ottenere i risultati attesi per questo tipo di trattamento.

Si può quindi supporre che anche per il gruppo A, se avesse seguito il percorso in condizioni diverse e con minori impedimenti, si sarebbero potuti ottenere risultati analoghi, se non migliori, rispetto a quelli del gruppo B.

 

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