Ritardo Mentale e Sindrome di Down
Eziologia del ritardo mentale
Secondo il DSM-IV in circa il 30-40% dei casi di ritardo mentale non è possibile identificare una causa eziologia definita, mentre nei restanti casi, dove il fattore eziologico è conosciuto, si tratta soprattutto di anomalie genetiche o cromosomiche: tra queste la Sindrome di Down sembra essere la più frequente. Si aggiungono poi la Sindrome di Williams, la Sindrome dell’ X fragile. Altre cause eziologiche sono disfunzioni metaboliche (es. fenilchetonuria, mucopolisaccaridosi), alterazioni perinatali (anossia, ischemie, emorragie) o post-natali (cause infiammatorie, tossiche, traumatiche) ed infine per il 15-20%, di fattori psicosociali o di altri disturbi psichiatrici (es. Disturbi Generalizzati dello Sviluppo).
Classificazione del ritardo mentale
Il ritardo mentale, altrimenti detto insufficienza mentale, è una sindrome la cui caratteristica principale è la mancanza di un adeguato sviluppo delle funzioni cognitive e adattive del soggetto. Tuttavia l’espressione clinica si riferisce, di solito, a più realtà complesse che hanno in comune la presenza di capacità intellettive inferiori alla norma, accanto a cui si presentano disturbi motori, linguistici, comportamentali, affettivi, tra loro variamente interferenti. A questi si associano frequentemente disturbi epilettici, deficit uditivi o visivi, dimorfismi, deficit staturo-ponderali.
La definizione di RM, cui i clinici e ricercatori fanno riferimento, generalmente è quella riportata nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV) (1996); essa “…considera il ritardo mentale una condizione clinica in cui la definizione intellettiva risulta essere significativamente al di sotto della media, con limitazioni in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute e ricchezza. Un ulteriore parametro di riferimento è l’età d’insorgenza per cui il ritardo mentale, per essere tale, deve comparire prima del diciottesimo anno di vita. Oltre all’utilizzo dei parametri riportati, la diagnosi di ritardo mentale è pronunciata sulla base della misurazione delle capacità intellettive del soggetto: la valutazione quantitativa è affiancata da quella qualitativa. Le risposte del soggetto vengono esaminate analizzando la tipologia di appartenenza e l’andamento delle stesse nei compiti proposti dall’esaminatore; attraverso l’integrazione delle informazioni quantitative e qualitative è possibile delineare un profilo articolato e dettagliato delle condizioni cognitive del soggetto, in termini sia di capacità residue sia di mancato sviluppo….Nel DSM-IV vengono individuati 4 livelli di compromissione: lieve, moderato, grave, gravissimo. Nel ritardo mentale lieve vengono inclusi i soggetti che riportano un quoziente intellettivo (QI) compreso tra 70 e 50; secondo le rilevazioni riportate nel DSM, la maggior parte dei soggetti con ritardo mentale rientrerebbe in questa fascia e presenterebbe difficoltà sociali e intellettive identificabili prevalentemente all’inizio della scolarizzazione. Nel ritardo mentale moderato rientrerebbero soggetti che hanno un QI compreso tra 49 e 35. Il ritardo mentale moderato è rilevabile nell’ambito della competenza sociale: in particolare, il soggetto affetto da questo grado di patologia mostra di avere le informazioni basilari per la comunicazione, sebbene non sia in grado di gestire autonomamente le interazioni. Dal punto di vista delle capacità cognitive, è in grado si eseguire compiti che non siano particolarmente articolati e complessi e richiede la costante supervisione. Nel ritardo mentale grave il QI oscilla tra 34 e 20; i disturbi tipici di questa gravità si rilevano fin dall’età precoce e interessano tutta la sfera intellettiva del soggetto, coinvolgendo anche le capacità di relazione e di autonomia cognitiva e comportamentale. Infine nel ritardo mentale gravissimo i soggetti hanno un QI inferiore a 20; le capacità cognitive sono minime e non consentono al soggetto di svolgere alcuna attività senza il supporto attivo e continuo di figure adulte.” (Di Giacomo, Passafiume, 2004, pagg.13-14)
Si segnala inoltre la classificazione secondo l’International Classification of Disease, che nella decima revisione (ICD-10) definisce il RM uno stato mentale più che una condizione clinica definibile come malattia vera e propria. In questa definizione, l’attenzione viene spostata dalle variabili propriamente psicometriche, prevalenti nel DSM-IV, alle variabili che derivano dall’interazione individuo-contesto e dall’influenza esercitata da tale interazione sulle capacità intellettive. Vengono, inoltre, ridefiniti i riferimenti terminologici atti ad identificare i diversi livelli di gravità.
Due sono le più recenti proposte di classificazione del RM avanzate dalla American Association of Mental Retardation (AAMR).
Da una parte troviamo la proposta di aumentare il limite psicometrico per il RM da 70 a 75 (questo per venire incontro alle maggiori competenze richieste ai soggetti nella società moderna); dall’altra la proposta di modificare il riferimento per definire la gravità del RM passando da un parametro psicometrico ad un parametro che esprima l’intensità degli interventi necessari per garantire l’adattamento sociale del soggetto con RM: intermittenti, limitati, estensivi, continuativi.
- Il livello di supporto assistenziale di tipo intermittente prevede interventi in base a necessità specifiche; in particolare, questo livello indica che l’intervento è applicato a cicli e/o fasi di varia intensità, sulla base delle esigenze del soggetto.
- Il livello di intervento denominato limitato include interventi circoscritti nel tempo e non intervallati in periodi.
- Il livello estensivo prevede piani di supporto a lungo termine e con frequenza regolare in uno o più specifici contesti (famiglia, scuola, lavoro).
- Infine, il livello continuo include interventi molto intensi, costanti nel tempo e che costituiscono un supporto fondamentale per il soggetto.
In questa prospettiva l’intensità del grado di assistenza e supporto viene identificato quale variabile fondamentale per l’identificazione delle limitazioni funzionali del soggetto con RM e si traduce in un intervento non solo riabilitativo, ma anche soprattutto educativo (Sabbadini, 1999).
Pur sottolineando la relatività e la limitazione intrinseca al parametro psicometrico, non possiamo che riconoscerne l’utilità in relazione alla necessità di comunicazione tra clinici ed operatori del settore riabilitativo, oltre che per definire un quadro clinico. Si rileva necessario, tuttavia, che nella valutazione complessiva del bambino con RM il clinico tenga conto della valutazione funzionale dello sviluppo, dei molteplici aspetti dell’intelligenza, della personalità, delle capacità adattive, delle interazioni familiari e sociali che lo caratterizzano.
Nell’ottica di una sintesi dei vari criteri di classificazione è stata proposto un criterio “evolutivo” utile ai fini prognostici ed assistenziali. Ciò, tenendo conto che il RM inizia precocemente ma dura tutta la vita, per cui è essenziale che gli operatori che se ne occupano abbiano un’idea di come un determinato caso procederà nel tempo.
Schematizzando vengono distinti due grandi gruppi in rapporto alla previsione del deficit: quello dei ritardi mentali gravi, in cui comprendiamo i QI inferiori a 50, e quello dei ritardi mentali lievi con un QI compreso tra 70 e 50.
I ritardati gravi (QI inferiore a 50) hanno precocemente un ritardo motorio, nessun sviluppo del linguaggio o linguaggio molto ridotto, scarso sviluppo delle funzioni simboliche. Tra i 6 e i 18 anni essi possono acquisire alcuni strumenti elementari della comunicazione ma senza apprendimenti scolastici. In età adulta si arrestano alla fase dell’intelligenza pre-operatoria, analoga (ma non uguale) a quella che si sviluppa normalmente fra i 2 e i 7 anni, per cui acquisiscono un’autonomia parziale, ma hanno sempre bisogno di un ambiente protetto. Solo in casi favorevoli essi possono apprendere un lavoro molto elementare.
I ritardati lievi (QI compreso tra 70 e 50) presentano in età precoce uno sviluppo psicomotorio ritardato ma sufficiente per le funzioni statiche e manipolatorie, un linguaggio povero e in lenta maturazione. Fra i 6 e i 18 anni essi possono, se seguiti, realizzare acquisizione scolastiche iniziali. In età adulta si arrestano al pensiero operatorio concreto, analogo ma non uguale a quello che si sviluppa normalmente fra i 7 e i 9 anni. Se l’autonomia è sufficiente possono apprendere un lavoro elementare con appropriato addestramento. Hanno tuttavia necessità di aiuto e di sostegno, specie in situazioni psicotraumatizzanti (morte di un genitore, cambiamento di casa ecc.).
In questi casi una valutazione muldidimensionale (che includa cioè i parametri qualitativi dell’intelligenza e quelli affettivi) ci evita di incorrere nell’errore di confondere nella stesso capitolo soggetti che in adolescenza sviluppano un pensiero logico o operatorio concreto, insieme ad altri che permangono ad un livello rappresentativo o pre-operatorio (Pfanner, Macheschi, 2005).
Indice |
PREMESSA |
PARTE PRIMA
PARTE SECONDA
PARTE TERZA
|
CONCLUSIONI |
|
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Maria PISCITELLO |