Sindrome di Down - Un Caso Clinico
Il contesto operativo e la presa in carico
Il luogo dell’intervento psicomotorio è quello di uno studio professionale privato ove, oltre alla psicomotricista referente del caso presentato, opera anche una logopedista con competenze specifiche in ambito neuropsicologico e psicomotorio. L’orientamento degli interventi, là dove si tratti di soggetti con disturbi specifici del linguaggio, è quello di un lavoro psicomotorio relazionale, orientato a promuovere il processo di simbolizzazione, utilizzando la dimensione del gioco libero e dell’azione, con l’obiettivo di favorire l’apertura alla comunicazione, assicurando al bambino un’area di piacere accanto alla quale è possibile inserire, in un contesto separato e quando è possibile parallelo, la fatica propria del contesto della riabilitazione cognitiva dell’azione e del linguaggio, a cura della logopedista.
Lo studio, sito nella città di Padova, collabora con un Centro cittadino, convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale e specializzato per la diagnosi e il trattamento dei disturbi del linguaggio, che è uno degli invianti principali, assieme ad alcuni Servizi di Neuropsichiatria Infantile dell’ASL, alla Scuola e a privati.
Il caso presentato, corrispondente alle caratteristiche cliniche delineate nella prima parte di questo lavoro, è quello di Andrea, un ragazzino che oggi ha 17 anni, trattato in terapia psicomotoria individuale, nel corso di tre anni e mezzo.
L’intervento è tutt’ora in atto.
La storia di Andrea
Andrea è nato nell’ Agosto 1989 da parto naturale. Primogenito, ha due fratelli di tre anni e di sei anni meno di lui. Il primo periodo di gravidanza è stato caratterizzato da difficoltà e da minaccia di aborto verso il 3° mese. La madre riferisce di non aver dato peso all’evento: è stata a riposo e non ha fatto accertamenti di tipo preventivo rispetto alla Sindrome di Down, avendo al tempo 29 anni. Alla nascita Andrea pesava Kg 2.500. Viene riferito un AGPAR basso non precisato.
La diagnosi di Sindrome di Down è stata fatta alla nascita. I due genitori riferivano di aver reagito bene alla comunicazione e di essere stati molto sostenuti dalle rispettive famiglie di origine. Poi, con la nascita del secondo figlio, si sono tranquillizzati.
Il percorso riabilitativo di Andrea si caratterizza come di seguito:
ai 5-6 mesi dalla nascita i genitori si sono appoggiati presso la sede locale di un Associazione Nazionale convenzionata, dove Andrea è stato trattato individualmente con cicli di terapia psicomotoria fino ai 6 anni di età.
Proprio in coincidenza con l’ingresso nella scuola elementare i genitori avevano deciso di lasciare il primo luogo di cura e di rivolgersi al servizio di neuropsichiatria Infantile di una sede Distrettuale dell’ULSS, dove Andrea avvia un trattamento logopedico della durata di un anno e mezzo circa.
Il motivo che i genitori portano a giustificazione dell’abbandono del primo Centro è stato che fino a quel momento non era stato preso in considerazione alcun trattamento logopedico. Nello stesso periodo contattano un altro Centro privato specializzato nell’intervento psicomotorio, anche alla luce del fatto che Il Servizio dell’AULSS non ha in organico la figura dello psicomotricista e non eroga tale intervento, tranne che nei casi di paralisi cerebrali infantili.
Di questa fase un problema che i genitori portano è la difficoltà di coordinamento degli interventi tra un servizio AULSS e un servizio privato.
Per questi motivi, verso i 10 anni di Andrea, i genitori si rivolgevano ad un nuovo Centro locale privato convenzionato, specializzato nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi del linguaggio, dove avranno la possibilità di usufruire di un trattamento psicomotorio e logopedico in maniera più integrata, fino al momento in cui, data la scarsa trattabilità di Andrea vengono sospesi i trattamenti con l’attuale invio per un nuovo trattamento psicomotorio che tenesse conto delle criticità dell’attuale fase adolescenziale.
Il ragazzo si era progressivamente chiuso in se stesso, era tendenzialmente passivo, erano ritornate vecchie stereotipie (manipolava un fazzoletto dal quale faticava a distaccarsi), viene riportata una forte oppositività ed un utilizzo quasi nullo del linguaggio verbale.
I genitori riferivano, altresì, una diversa posizione del personale medico di quest’ultimo Centro (Neuropsichiatria e Foniatra Responsabile) rispetto all’indicazione per una terapia farmacologica per il trattamento dei problemi comportamentali, conseguentemente non assunta.
Quale esito degli interventi pregressi i genitori riferivano risultati alterni: una significativa apertura in prima media, fasi di chiusura non contestualizzabili.
Rispetto all’ambito scolastico la madre riferiva che per tutto il periodo di frequenza Andrea ha usufruito di un insegnante di sostegno e di un accudiente.
Nella scuola media aveva avuto un buon inserimento e al momento egli era autonomo nel vestirsi e nel mangiare; mangiava alimenti solidi; con l’insegnante di sostegno faceva attività plastiche usando argilla e colori, ascoltava storie.
Con i pari c’era una relazione di accettazione. Si faceva proteggere dalle ragazzine. Aveva un amichetto che andava a trovarlo anche a casa.
Nel tempo extrascolastico Andrea frequentava un laboratorio di musica e di espressione corporea presso l’Associazione Down, verso i quali sembrava più motivato. Frequentava inoltre con piacere ogni mese dei “fine settimana di autonomia” in gruppo con altri ragazzi gravemente disabili, in una casa appartamento sotto la guida di educatori: qui faceva merenda, semplici giochi da tavolo, uscite in centro città.
In passato il ragazzo ha frequentato un corso di Judo e di nuoto. Inoltre amava andare in bicicletta (in tandem).
A casa il ragazzo esprimeva meno autonomia. Solitamente tendeva a chiudersi di fronte ai cambiamenti: egli era più oppositivo con la madre, ascoltava di più i fratelli e faceva le cose che chiedeva il papà. Il fatto che non avesse linguaggio creava difficoltà; si innervosiva se lo si spingeva a fare. Quando i genitori prendevano posizione generalmente ripartiva. Non era cosciente della propria forza.
Guardava la televisione, usava il registratore, teneva in mano pupazzetti e i bambolotti. Non amava sporcarsi né dipingere. Accarezzava i gatti mentre non sopportava i cani.
Per quanto riguarda la motricità si rifiutava di fare capriole; lanciava la palla, non giocava a calcio, stendeva la biancheria ma aveva una scarsa manualità.
Nell’ultima vacanza con i genitori aveva molto camminato; tendeva a bloccarsi quando si trattava di entrare in un posto nuovo. Generalmente aveva più un movimento passivo, temeva di camminare in discesa, gli piaceva spingere e tirare le persone.
Chiedeva con il gesto, diceva pochissime parole. Qualche volta, soprattutto la sera a letto cantava e parlava da solo.
L’incontro con i genitori
L’incontro con i genitori di Andrea (madre insegnante di 43 anni, padre dirigente di 45 anni) avviene nel Giugno 2003 presso lo studio privato della psicomotricista. Essi sono stati inviati da una collega psicomotricista che aveva seguito Andrea dalla V° elementare, per un anno e mezzo circa, presso un Centro specializzato per la diagnosi ed il trattamento dei disturbi del linguaggio, dove è stata fatta l’ultima valutazione diagnostica. Al tempo Andrea aveva 14 anni circa e aveva appena concluso la II° Media.
La richiesta dei genitori era di una presa in carico psicomotoria orientata a mantenere attivo il percorso riabilitativo di Andrea alla luce della situazione attuale, tenendo conto delle abilità residue e del periodo critico, coincidente con la fase adolescenziale. Tale condizione di criticità aveva portato sia la psicomotricista che la logopedista di riferimento a fare la scelta di sospendere il trattamento, in vista della ripresa dell’intervento psicomotorio da parte di una nuova psicomotricista che, proprio perché nuova e con maggiore competenza nel trattamento in fase adolescenziale, avrebbe potuto vedere Andrea con approccio “meno saturo”, rispetto alla condizione critica in cui esso si trovava.
Prima dell’inizio della fase di osservazione psicomotoria, preliminare alla definizione di un contratto con i genitori per la presa incarico di Andrea, la psicomotricista ha valutato l’opportunità di fare un ulteriore colloquio dopo l’estate, dopo aver proceduto ad una prima integrazione con gli operatori invianti, per conoscere direttamente i motivi dell’invio e per poter meglio fare un’analisi della domanda, alla luce dei nodi critici emersi dal primo colloquio con i genitori:
- la difficoltà dei genitori a fare riferimento ad un unico servizio per il percorso riabilitativo, anche se questi riportano motivazioni oggettive quali carenza di prestazioni (per la logopedia) problemi di organico (per l’ AULSS), difficoltà di integrazione tra Centri diversi;
- l’effettivo rischio di frammentazione degli interventi, dato, sia dai molteplici cambi di operatori, sia dalla presenza contemporanea di più Centri di riferimento, con la difficoltà da parte dei genitori di pensare come riferimento principale il Centro dove è stata prodotta l’ultima diagnosi funzionale. Infatti questi mostravano significative resistenze all’idea di aggiornare la valutazione che risaliva a due anni e mezzo prima.
- la centratura sull’operatività più che sulla dimensione emozionale: nel colloquio i genitori tendono a riferire essenzialmente della situazione attuale. Più che riflettere sullo sviluppo di Andrea e sugli aspetti relazionali in cui sono personalmente coinvolti, essi sono orientati a riportare notizie sull’iter riabilitativo. Fanno molta fatica a ritornare con la memoria nel passato e sembrano evitare la dimensione emozionale, che sembra essere stata sostituita dall’operatività. La preoccupazione è legata al momento presente e l’intervento richiesto pare poco investito e collocato come una delle tante possibilità.
Nel contatto con le colleghe sia la psicomotricista che la logopedista confermavano le motivazioni portate dai genitori. A sostegno dell’ ipotesi sulla posizione dei genitori, la precedente psicomotricista segnalava una dinamica relazionale tendente alla simmetria con gli operatori. Nella relazione con gli operatori la madre passava da un atteggiamento seduttivo e per certi aspetti invasivo, ad un atteggiamento svalutante. Ciò di fatto sarà quanto emergerà in maniera chiara al secondo colloquio richiesto per l’approfondimento dell’anamnesi, ove la signora tende a sottrarsi al colloquio attribuendo al marito la mancanza di motivazione. Di fatto al secondo colloquio si presenterà solo la madre che esordisce riferendo sulla propria attività presso l’Associazione Down locale, dove Andrea può usufruire di una serie di interventi educativi importanti per il suo processo di autonomia e di integrazione.
Inquadramento diagnostico-funzionale
Si riporta la diagnosi clinico-funzionale certificata in data 17.11.03 , coincidente con l’avvio del trattamento di terapia psicomotoria.
Diagnosi clinica: la diagnosi clinica è formulata secondo i codici multiassiali OMS-ICD 10-APA-DSM-IV
Asse I: F.758.0 Sindrome di Down
Asse II: F.79.9 Ritardo Mentale di gravità non specificata.
Tipologia dell’Handicap: Grave
3. Handicap intellettivo; 6. Handicap psicorelazionale; 8. Logopatia.
Diagnosi funzionale
Descrizione funzionale redatta in forma sintetica: compromissione della capacità di adeguarsi alle richieste sociali e culturali del proprio ambiente. Difficoltà nell’ utilizzazione del linguaggio verbale sia in comprensione che in realizzazione.
Descrizione funzionale con attenzione alle potenzialità:
Area cognitiva: prestazioni cognitive insufficienti ma non chiaramente definibili per generale apatia e scadente reattività agli stimoli esterni.
Dall’osservazione su attività proposte di tipo pratico-concreto-manipolativo emergono:
- carenza dei nessi logici espliciti anche su base concreta;
- possibilità di cogliere e produrre sintesi visiva (nessi logici impliciti) su materiali con tratti distintivi salienti e pregnanti;
- lenta e non esaustiva scansione visiva;
- il riconoscimento si rende difficile quando il contesto è ricco di stimoli distraenti;
- il riconoscimento avviene principalmente attraverso la variabile più pregnante.
Area neuropsicologica (memoria-attenzione-organizzazione spazio/temporale): l’attenzione è molto labile. La fissazione mnestica può essere realizzata su un piano pratico-concreto attraverso reiterate induzioni a cui il ragazzo è in grado di partecipare se non è in fase di negativismo. L’orientamento nello spazio è confuso, l’orientamento nel tempo appare difficile.
Area linguistico / comunicativa: comprensione verbale relativa agli ordini semplici. Possibilità di realizzazione verbale molto ridotta per la grave compromissione fono-articolatoria. La comunicazione è limitata in larga parte dalla scarsa iniziativa.
Area affettivo-relazionale: puerilismo affettivo; negativismo ipocritico, molto resistente a tutte le sollecitazioni. Fa eccezione la musica.
Area motorio-prassica: motricità globale :coordinazione motoria generale carente. Motricità fine: impaccio bilaterale.
Area dell’autonomia (personale e sociale): il ragazzo sarebbe in grado di provvedere ai suoi bisogni personali elementari, ma spesso è apatico e disinteressato. L’avvicinamento ai coetanei deve essere mediato dall’adulto. Il ragazzo tende a prediligere la compagnia di bambini piccoli.
Area sensoriale (A: vista – B: udito): Vista: porta lenti per ipermetropia e astigmatismo. Udito: ai limiti della norma.
Altre osservazioni significative ed eventuali indicazioni di sviluppo: la continuità del sostegno, data da una figura maschile, appare ancora molto utile per la facilitazione all’adattamento sociale del ragazzo.
Come si presenta
Alla prima seduta Andrea è accompagnato dalla madre. Si nota immediatamente una certa discrepanza. La madre molto estroversa, loquace, con un tono di voce molto alto occupa tutto lo spazio relazionale. Essa mi presenta Andrea: un ragazzino di corporatura media, dai tratti fenotipicamente contraddistinti rispetto alla SD, piuttosto sviluppato per quanto riguarda i segni distintivi del periodo puberale. Andrea indietreggia, un po’ curvo su se stesso, mugugna tenendo il suo fazzoletto per una delle punte, lo sguardo un po’ basso rivolto verso la porta di uscita. Sembra non volerne sapere.
La madre commenta ancora ad alta voce le reazioni di Andrea.
Gli porgo la mano salutandolo, percepisco il tono flaccido della sua mano, ma allo stesso tempo teso. E’ un po’ recalcitrante. Mi presento e, parlandogli con voce pacata, attendo che il tono della sua mano si distenda, fino a che Andrea accetta di seguirmi in sala di psicomotricità.
La valutazione psicomotoria e il progetto di presa in carico
Le prime tre sedute psicomotorie sono state caratterizzate da osservazioni del comportamento e delle modalità comunicativo-relazionali. Non è stato possibile effettuare alcuna prova standardizzata per la difficoltà di Andrea ad accettare qualsiasi richiesta diretta. Si è individuata così la scheda di osservazione psicomotoria di Berti, Comunello, Savini (2001) come schema di riferimento per la rilevazione per gli indici di osservazione e per la valutazione dell’efficacia dell’intervento, per la possibilità di confronto che essa offre con un lavoro di Comunello, Savini (2004) su “Il ritardo mentale medio e grave: l’approccio della terapia psicomotoria in una presa in carico integrata”, presentato al XX Congresso S.I.N.P.I.A. (Società Italiana di Neuropsichiatria dll’Infanzia e dell’Adolescenza).
Il contratto
Sulla base degli elementi emersi durante gli incontri con i genitori, nonché degli elementi di osservazione diretta del ragazzo, la psicomotricista procede ad un contratto di presa in carico con i genitori che prevederà:
- l’aggiornamento della diagnosi funzionale al tempo reale presso il Centro inviante e una presa di contatto con l’operatore referente per il progetto riabilitativo;
- incontri sistematici con la Scuola e tutti gli operatori coinvolti per la formulazione del Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.);
- eventuali incontri con gli operatori che si occupano di Andrea nell’extrascuola;
- Incontri sistematici con ambedue i genitori per la verifica dell’intervento e il sostegno del progetto (con cadenza almeno quadrimestrale).
Inoltre si concorda con i genitori che le azioni previste a sostegno del progetto educativo-riabilitativo sono imprescindibili per la buona riuscita dell’intervento.
Viste le resistenze dei genitori e valutata anche l’età del ragazzo si concorda un tempo di quattro mesi di lavoro per una prima verifica della fattibilità della scelta di intervenire attraverso l’intervento psicomotorio,
Sintesi della valutazione iniziale e obiettivi generali
STRUTTURA SENSOMOTORIA
Valutazione iniziale (Giugno 2003) | Obiettivi generali a lungo termine | |
Categorie psicomotorie |
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Modalità sensoriali preferenziali |
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Organizzazione percettiva |
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Sperimentazione sensomotoria |
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Organizzazione del movimento |
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Motricità di base e fine |
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DISCRIMINAZIONE E MEMORIA
Valutazione iniziale (Giugno 2003) | Obiettivi generali a lungo termine | |
Attenzione e memoria |
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Azione |
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Progettualità |
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Rappresentazione dell’esperienza |
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ADEGUAMENTO
Valutazione iniziale (Giugno 2003) | Obiettivi generali a lungo termine | |
Adattamento tonico-posturale |
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Rapporto con l’ambiente |
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Modificazione/Adattamento |
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Regole |
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COMUNICAZIONE E RELAZIONE
Valutazione iniziale (Giugno 2003) | Obiettivi generali a lungo termine | |
Intenzionalità comunicativa |
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Espressività dell’azione |
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Produzione verbale |
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Comprensione verbale |
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Interazione |
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Gioco |
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Il Piano Educativo Individualizzato ( P.E.I.)
Il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.) è il documento nel quale vengono descritti gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione ed all’integrazione scolastica. Ad esso provvede il gruppo di lavoro operativo costituito dagli operatori designati dall’ASL, insegnanti curriculari, docente di sostegno, genitori dell’alunno e rappresentanti istituzionali che si occupano del caso.
Esso viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico, dopo un periodo di osservazione, ed è soggetto a verifiche ordinarie pressoché trimestrali o straordinarie.
Obiettivo del P.E.I. è focalizzarsi sul processo e il progresso dell’apprendimento dell’alunno, più che sul programma in sé, all’interno dell’idea di una scuola come funzione formativa più che informativa, tenendo conto dei limiti ma soprattutto delle potenzialità dell’alunno in difficoltà.
In questo contesto si ritiene di fondamentale importanza integrare la valutazione sanitaria con la valutazione pedagogica degli insegnanti, nell’ottica di far entrare l’esperienza extrascolastica (riabilitativa ma anche quella familiare) all’interno della scuola, ai fini della progettazione di un piano di lavoro.
Nella sua applicazione spesso il P.E.I. rischia spesso di limitarsi ad essere vissuto come una prassi “obbligatoria”, più che come un possibile momento interlocutorio per i diversi soggetti che sono chiamati a formularlo.
Nel nostro caso la funzione della psicomotricista è stata quella di favorire all’interno delle riunioni per la formulazione del P.E.I., condotte presso l’Istituto Agrario frequentato dopo la scuola dell’obbligo, un processo di intercambio di quanto veniva osservato nei diversi contesti (riabilitativo-familiare-scolastico-tempo libero): spesso è stato possibile dare senso a determinati comportamenti di Andrea, anche nell’ottica di una maggiore precisazione della valutazione diagnostica, si sono individuate le potenzialità da promuovere, nonché le strategie da generalizzare, fino a tracciare le basi per la valutazione dell’opportunità di ripresa dell’intervento logopedico e per una motivazione dei genitori in tal senso.
Piano Educativo Individualizzato 2004/2007*.
Operatori di sostegno:
n. 2 insegnanti (maschio e femmina) per un totale complessivo di 18 ore;
n. 1 operatrice ULSS per 16 ore totali
L’allievo abbisogna di una programmazione scolastica riferita in modo particolare alle sue necessità ed adeguata agli interessi e bisogni. Si ritiene pertanto debba essere opportunatamente differenziata da quella del gruppo classe, fermo restando l’obiettivo principale della massima partecipazione alle attività dei compagni.
Per il momento è previsto la presenza di personale di sostegno durante tutto il tempo di permanenza a scuola dell’allievo.
Nel secondo anno è stato aumentato il periodo permanenza a scuola.
Obiettivi trasversali:
- favorire la conoscenza e l’adattamento al nuovo ambiente (luoghi, insegnanti, compagni, discipline, attività, orari, regole);
- aumentare la capacità di assumere comportamenti adeguati ai vari contesti;
- accrescere l’autonomia della gestione della propria persona e delle proprie cose;
- incoraggiare positivamente la progressiva diminuizione di comportamenti oppositivi;
- favorire la capacità di espressione verbale e corporea;
- ampliare le abilità riferite alla sfera operativa;
- favorire nell’allievo un costante stato di benessere che permetta l’apertura nel ragazzo nei confronti nei confronti delle proposte;
- migliorare le autonomie personali riferite agli spostamenti anche in ambito non scolastico;
- favorire la relazione con i compagni e con gli adulti;
- favorire la produzione del linguaggio come espressione di bisogni , stati d’animo e scelte;
- stimolare la conoscenza e l’applicazione di tecniche legate al lavoro manuale;
- favorire un’azione di orientamento rispetto al termine del percorso scolastico triennale.
Metodo:
- è importante formulare una sola proposta per volta e lavorare sulla ripetizione, usando pochi schemi di azione;
- utilizzo della strategia di imitazione;
- utilizzo del lavoro in piccolo gruppo;
- inserimento nel gruppo classe, o anche nel piccolo gruppo o svolgimento di attività individuali;
- partecipazione alle uscite didattiche e alle visite di istruzione.
Strumenti utili:
- può servire da stimolo l’uso della musica e del gioco;
- è bene costruire con lui un orario scolastico da consultare;
- uso del computer e del registratore;
- materiale fotografico;
- schede e materiale strutturato.
Verifiche e valutazioni:
Le verifiche serviranno a misurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati o le loro eventuali modifiche. Si svolgeranno possibilmente nei tempi previsti per i compagni. Le valutazioni verranno assegnate dagli insegnanti curricolari e di sostegno che terranno conto della progressione compiuta in un dato periodo di tempo rispetto:
- alla comprensione di consegne
- grado di autonomia nello svolgimento
- qualità dell’operato
- ottimizzazione dei tempi
Interventi riabilitativi:
- terapia psicomotoria 1 volta la settimana;
- terapia logopedica 1 volta la settimana con consegne a casa.
Interventi extrascolastici:
- attività di autonomia personale con esperienze di vita autonoma (Progetto “Germoglio” /casa-alloggio) una volta al mese
Interventi familiari:
- Attività di Judo una volta la settimana
- Attività di ballo due volta al mese
L’efficacia dell’intervento e i passaggi rilevanti del trattamento
Il presente paragrafo ha l’obiettivo di far emergere, insieme ad un quadro che tenga conto di una rilevazione sistematica degli indici di osservazione psicomotoria che giustifichino il percorso e l’efficacia dell’intervento psicomotorio effettuato nel corso di tre anni e mezzo, una dimensione più dinamica del trattamento, attraverso l’illustrazione dei passaggi più rilevanti, esito anche di aggiustamenti che la psicomotricista ha introdotto nelle linee della propria pratica, a partire dalle caratteristiche proprie del soggetto con il quale si è trovata ad interagire. Si riporteranno anche le generalizzazioni intercorse a scuola e in ambito familiare.
Schede analitiche di osservazione
SEZIONE A: COMPETENZE DEL SOGGETTO
Osservazione iniziale (Luglio 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) | |
Competenze motorie | ||
Passaggi posturali fondamentali |
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Motricità di base |
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Competenze linguistiche | ||
Produzione |
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Comprensione |
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Contenuto |
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SEZIONE A: COMPETENZE DEL SOGGETTO (continua) | ||
Osservazione iniziale (Luglio 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) | |
Competenze cognitivo/relazionali | ||
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Le tracce del movimento | ||
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SEZIONE B: CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO
Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) | |
Categorie psicomotorie | ||
Posture |
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Spazio |
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Tempo SEZIONE B: CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO (continua) |
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Categorie Psicomotorie | Osservazione iniziale (Luglio 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
Tono muscolare |
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Voce |
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Oggetti |
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SEZIONE B: CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO (continua) | ||
Azione | Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Valutazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
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Manifestazione emotive | ||
Nell’interazione il soggetto dimostra:
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Nell’interazione il soggetto dimostra:
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SEZIONE B: CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO (continua) | ||
Manifestazioni emotive | Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
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Nell’interazione il soggetto dimostra:
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Gioco | ||
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SEZIONE B: CARATTERISTICHE DEL SOGGETTO (continua) | ||
Le tracce del movimento | Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
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SEZIONE C: L’INTERAZIONE IN TERAPIA
L’incontro in sala d’attesa | Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
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L’inizio della seduta | La psicomotricista organizza la stanza in modo particolare La seduta inizia con rituale fissato dalla psicomotricista (chiede al ragazzo di togliersi le scarpe e gli occhiali e di lasciare il fazzoletto; ricorda che può usare gli oggetti che vuole senza farsi male o fare male e che c’è un tempo per i giochi dopo di che l’aspetta al tavolo; dà il via contando fino a tre). |
Riconosce il rituale della seduta e lo mette in atto spontaneamente. |
SEZIONE C: L’INTERAZIONE IN TERAPIA(continua) | ||
Parte centrale della seduta | Osservazione iniziale (Giugno 2003) | Osservazione dopo tre anni e mezzo di trattamento (Gennaio 2007) |
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Anche dal ragazzo.
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Il distacco |
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I passaggi rilevanti del trattamento e i cambiamenti intercorsi nei diversi ambiti
Dall’osservazione del comportamento spontaneo di Andrea sul piano comunicativo relazionale sono ricorsi alcuni elementi importanti che hanno indirizzato la linea dell’intervento e alcuni aggiustamenti operativi.
Al primo incontro si nota immediatamente una certa discrepanza tra la modalità tonico-emozionale della madre (molto estroversa, loquace, con un tono di voce molto alto che occupa tutto lo spazio relazionale) e la modalità tonico-emozionale di Andrea (curvo su se stesso, mugugna tenendo il suo fazzoletto per una delle punte, lo sguardo un po’ basso rivolto verso la porta di uscita).
Durante le prime sedute si osservano inoltre:
- una forte opposizione/rifiuto per l’altro nel momento in cui gli si chiede qualcosa direttamente.
- La maggior parte del tempo della seduta è contrassegnata per lo più da isolamento e immobilità (sta per lo più seduto su un materasso a capo chino, lo sguardo piuttosto evitante).
- Appare pressochè assente l’esplorazione dello spazio, tranne che attraverso lo sguardo.
- Ogni azione, per lo più sollecitata dalla psicomotricista, è intervallata da lunghe pause in cui Andrea riacquista la postura seduta; imbronciato e con modi bruschi egli pare richiudersi ogni volta in se stesso.
Nel corso delle sedute emerge mancanza di piacere, una certa ripetitività e fissità di azioni e atteggiamenti, sulle quali con difficoltà si riesce ad instaurare un lavoro di trasformazione.
- Tuttavia si intuiscono delle capacità potenziali, anche se difficilmente attivabili per l’oppositività.
- L’operatività pare collocarsi a livello presimbolico con una certa disposizione ad attivarsi nella ripetizione di schemi senso-motori semplici.
- Si nota una maggiore predisposizione alla comunicazione quando si crea una relazione sulla base dell’ironia (che sdrammatizza le situazioni). In questi momenti si stabilisce un’apertura al “come se” che è una prima forma di simbolizzazione vera e propria: la risata allora compare in modo sonoro, la mimica diventa più varia e c’è una condivisione di oggetti, o di sole parole.
- Le parole emergenti nella primissima fase di trattamento sono: “no” , “si”, “quello”, “ciao”. Inoltre emergono performativi richiestivi e dichiarativi: Andrea indica quando desidera una cosa, da e prende senza arrivare spontaneamente ad uno scambio.
- Nella relazione con gli oggetti sempre su richiesta spinge, tira.
In una prima fase la psicomotricista ha tentato un intervento che partisse direttamente dall’espressività psicomotoria spontanea del ragazzo, rinforzando, anche attraverso l’imitazione, schemi di azione molto semplici quali: buttare giù i cuscini, tirare e prendere la palla.
Constatando l’estrema inerzia che caratterizzava il ragazzo, ben presto ha dovuto scegliere di optare per una strategia più direttiva, orientata ad un lavoro di ripetizione guidata di semplici sequenze di azione, finalizzate a sollecitare nel soggetto il piacere del movimento e una ritmicità dell’azione, anche attraverso la prevedibilità delle proposte (tuffarsi in avanti sostenendosi su di un blocco di tre grandi cuscini di gommapiuma; salire una scala con quattro gradini e scendere da un altezza di circa ottanta centimetri su un piano morbido; salire sulla spalliera e saltare su un grande materasso, fare una capriola).
Dopo qualche mese dall’inizio del trattamento Andrea ha cominciato ad accettare di mettere via il fazzoletto ad inizio seduta.
Indice di una cambiamento significativo sul fronte dell’acquisizione di una ritmicità dell’azione è stato la capacità di Andrea di contare fino a tre, imitando la psicomotricista e segnando i numeri con la mano, prima di ogni tuffo. E’ a partire da tale rituale condiviso che ha cominciato ad emergere in maniera più esplicita la dimensione del piacere nel movimento.
In coincidenza con questa fase, inoltre, un giorno la madre arriva dicendo che Andrea la sera in uno dei suoi soliloqui prima di addormentarsi aveva pronunciato forte il cognome della psicomotricista, cosa che Andrea fa direttamente a seguito della comunicazione della madre.
Tale produzione indica la presenza di un linguaggio interno che evidentemente aveva necessità di essere sollecitato, cosicchè l’intervento si è connotato sempre di più attraverso la semplice proposta delle quattro sequenze di azione, ripetute più volte e poi ordinate in una sequenza più complessa, accompagnate da un linguaggio essenziale volto ad accompagnare l’azione, ma anche a trasmettere approvazione e il piacere della condivisione.
A distanza di circa dieci mesi dall’inizio dell’intervento (maggio 2004) al battito di una campana, spontaneamente Andrea nomina “campana” , ma anche qualche tempo dopo una sequenza di azione, spontaneamente, dice: “Poi?” , segnalando oltre che l’emergenza del desiderio, l’interiorizzazione di una sequenza temporale degli eventi, ed un passaggio importante sul piano della capacità di rappresentazione. Anche il “poi” entrerà nel gioco della ripetetizione segnando i ritmo dell’azione.
Segue una fase di maggiore attività: Andrea comincia a darsi la spinta da solo nel tuffo sul materasso, su richiesta accetta di rimettere uno sopra l’altro i cuscini preparandoli per i tuffo successivo, gira da solo senza sollecitazione intorno ai cuscini per posizionarsi per la caduta. Sollecitato a volte conta fino a dieci su imitazione, ripetendo le ultime sillabe. Tuttavia ogni azione è sempre cadenzata da un tempo di immobilità nella solita posizione seduta sopra il materasso che via via diverrà sempre più breve.
Al primo incontro per la formulazione del P.E.I. ( Marzo 2005), nell’ambito della prima classe dell’ Istituto Agrario frequentato, emerge che durante l’estate Andrea a casa si è significativamente aperto al linguaggio, fino a chiedere di telefonare; ha fatto un viaggio in aereo con tutta la famiglia ed ha affrontato altre situazioni nuove senza rilevanti problemi; ha fatto un soggiorno estivo adeguandosi ai tempi del gruppo, ricerca di più la figura paterna è maggiormente ricercato dai fratelli minori per giocare. A scuola entra ed esce con minor fatica dalle situazioni; durante l’ora di educazione fisica fa gli esercizi di riscaldamento insieme ai compagni, esegue alcuni percorsi, palleggia e fa qualche canestro ottenendo l’applauso dei compagni. Appare più rilassato; ripete l’ultima parola di una frase, usa parole frasi spontaneamente, si esprime di più attraverso la gestualità. Inoltre è più autonomo nei suoi bisogni, si orienta maggiormente nello spazio e riesce a stare di più i tempi dell’altro.
A distanza di circa due anni dall’inizio dell’intervento (Maggio 2005) Andrea dice spontaneamente parole nuove e ripete quasi sistematicamente quelle che sente. Le sequenze di azione sono ripetute in maniera pressoché autonoma con tentativi di generalizzazione.
Sulla base dell’osservazione di una maggiore attività ed apertura alla comunicazione da parte di Andrea è a questo punto che viene indicata ai genitori la ripresa della riabilitazione logopedica. Tuttavia questi appaiono resistenti. Sono restii a ritornare dalla logopedista che aveva seguito Andrea nell’ultimo periodo e appaiono significative resistenze ad intraprendere un percorso con una nuova logopedista. Riemergono nel loro discorso tutte le criticità vissute nei diversi contesti di aiuto. Per contro nel contesto delle riunioni per la compilazioni del P.E.I. la madre continua ad avere un atteggiamento critico rispetto agli aspetti istituzionali che riguardano la scuola esercitando più il ruolo di rappresentante dell’Associazione della quale fa parte più che assumere il ruolo di genitore.
Nel periodo successivo (febbraio 2006), nel corso di una riunione a scuola ove sono presenti tutte le figure che si occupano di Andrea nei diversi contesti (oltre alla psicomotricista e alla madre, gli insegnanti di sostegno e alcuni insegnanti di classe, la logopedista del Centro certificante, l’ accudiente, l’educatrice che lo segue nelle attività extrascolastiche), Andrea mostra sempre di più un’apertura alla relazione. I momenti di pausa tra una sequenza di azione e l’altra sono molto più brevi e l’attivazione è sollecitata da una semplice gesto di ripresa dell’azione da parte della psicomotricista. Sia nel setting psicomotorio che negli altri contesti ci sono dei momenti in cui Andrea “gioca” l’opposizione, ed appare in grado di fare delle “anticipazioni”, oltre a ricercare la relazione attivamente e in maniera selettiva. Inoltre mette parole su alcuni gesti della psicomotricista orientati a sollecitarlo (capriola, tira palla). Costruisce sollecitato semplici puzzle di animali (di tre pezzi ciascuno) scegliendo tra una serie di dodici pezzi. Ripete il nome di alcuni animali alla prima esposizione delle figure.
Nel contesto familiare è molto più reattivo: ci sono momenti in cui canta, balla ride tanto. La madre esprime preoccupazione per il risveglio ormonale.
A scuola ha iniziato ad usare le forbici, la colla, a tenere in mano la penna e fare tratti seguendo una punteggiatura. Ripete parole complesse in maniera intenzionale. Sulla base delle indicazioni date dalla psicomotricista sono state organizzate situazioni concrete in cui Andrea possa effettuare attività orientate a mobilitare la dimensione tonico-muscolare (spingere, tirare, trascinare, riempire).
E’ a questo punto che a partire da una nuova sollecitazione i genitori accettano di riprendere la riabilitazione del linguaggio con una nuova logopedista privata indicata dalla psicomotricista.
In un primo incontro di restituzione congiunta della valutazione logopedica da parte della logopedista e psicomotricista insieme(ottobre 2006), con l’obiettivo di sostenere e motivare i genitori, la madre ammette di sentire di essere uscita dalle aspettative nei confronti di Andrea. Essa riconosce che dal momento in cui si è abbassata la sua ansia rispetto alle prestazioni di Andrea si è modificato qualcosa. Essa ci tiene ad affermare che come genitori non hanno esaurito la fiducia, pur ammettendo in parte la tendenza a difendersi dalle delusioni.
Nelle ultime sedute (Gennaio 2007) l’apertura è costante. Andrea arriva in seduta con una nuova energia: appare molto più tonico; attivamente si prepara per la seduta (si toglie le scarpe mettendole al suo posto, si toglie gli occhiali, chiede di bere). Anticipa con il linguaggio l’azione e sceglie spontaneamente tra alcune sequenze di azioni. Finalmente comincia a muoversi nello spazio con una modalità più esplorativa. Individua oggetti mai utilizzati e li chiede, spesso indicandoli. A questo punto è diventato possibile, partendo dalla sua iniziativa, introdurre nuovi giochi (tirare la corda, calciare la palla, fare canestro, spingere e tirare cuscini). Sono sempre più rari i momenti di pausa tra una sequenza di azione e l’altra e la maggior parte del tempo è occupato con la postura in piedi. Inizia a fare spontaneamente giochi di caduta ricercando attivamente un piacere senso-motorio. A fine seduta spontaneamente chiede di usare la colla per dei piccoli collage, e di usare la penna, lasciando tracce che imitano la scrittura o accettando di orientare la traccia tramite punteggiatura.
PARTE PRIMA PARTE SECONDA PARTE TERZA
Indice
PREMESSA
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Tesi di Laurea di: Maria PISCITELLO