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ATROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA): classificazione clinica e storia naturale, valutazione, trattamento riabilitativo

PARTE PRIMA: Inquadramento teorico

  1. CAPITOLO 1: ATROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA)
    1. DEFINIZIONE
    2. EZIOPATOGENESI
    3. DIAGNOSI
    4. TERAPIE FARMACOLOGICHE
  2. CAPITOLO 2: CLASSIFICAZIONE CLINICA E STORIA NATURALE.
    1. SMA 0
    2. SMA 1
    3. SMA 2
    4. SMA 3
    5. SMA 4
    6. UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE
  3. CAPITOLO 3: VALUTAZIONE
    1. PERCHÉ VALUTARE?
    2. SCALE DI VALUTAZIONE
  4. CAPITOLO 4: TRATTAMENTO RIABILITATIVO

INDICE PRINCIPALE

INDICE

PARTE PRIMA: Inquadramento teorico

CAPITOLO 1: ATROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA)

DEFINIZIONE

L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è una grave patologia neuromuscolare caratterizzata da degenerazione e perdita degli alfa-motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del troncoencefalo, con conseguente debolezza muscolare prossimale progressiva e paralisi (D’Amico, et al., 2011).

La forma più comune di SMA è quella autosomica recessiva o SMA 5q, denominata in questo modo per via della localizzazione del difetto genetico sul cromosoma 5 (Lefebvre, et al., 1995). Questa forma esordisce nell’infanzia e rappresenta circa il 95% dei casi totali di SMA (Kolb & Kissel, 2015).

La SMA rappresenta una delle principali cause di morte per patologia ereditaria, con una prevalenza in circa 1/30.000 e un’incidenza stimata di circa 1 su 10/11.000 nati vivi. (Martin, et al., 2022).

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EZIOPATOGENESI

Il meccanismo eziopatogenetico alla base della SMA consiste in una progressiva degenerazione dei motoneuroni causata da mutazioni bialleliche che portano a perdita di funzione del gene SMN1, situato sul braccio lungo del cromosoma 5. Tale gene codifica per la proteina Survival Moto Neuron (SMN), fondamentale per il corretto funzionamento dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale (Nicolau, et al., 2021).

Nel 95% dei casi di SMA, i pazienti sono portatori di una delezione omozigote dell’esone 7, che porta alla produzione di una proteina SMN troncata e quindi non funzionale. In una casistica minore si verificano mutazioni eterozigoti composte (D’Amico, et al., 2011).

Il gene SMN2, paralogo di SMN1, differisce da quest’ultimo per una variante nucleotidica nell’esone 7 che determina un trascritto tendenzialmente instabile e capace di produrre, in condizioni fisiologiche, circa il 10-15% di proteina SMN funzionale, che va a compensare parzialmente i deficit causati dalla mutazione di SMN1.

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DIAGNOSI

Il sospetto diagnostico si basa sui segni clinici.

I bambini con SMA presentano ipotonia, progressiva e simmetrica debolezza muscolare a partenza prossimale, prevalente agli arti inferiori rispetto a quelli superiori, e che interessa i muscoli assiali e intercostali con relativo risparmio del diaframma. I riflessi osteotendinei sono ridotti o assenti, mentre la sensibilità è conservata.

La diagnosi di SMA è confermata dall’analisi genetica molecolare. Sebbene ad oggi meno utilizzati, grazie all’avanzamento tecnologico in campo genetico, esami strumentali come l’elettromiografia (EMG) e la biopsia muscolare possono rivelarsi talvolta utili come supporto nel processo diagnostico della SMA.

Il test genetico di SMN1/SMN2 è altamente affidabile e risulta essere un’indagine di prima linea quando il soggetto possiede una presentazione clinica tipica.

Il test genetico di primo livello attualmente più diffuso è il test MLPA (Multiplex Ligation-dependent Probe Amplification (Hong, et al., 2020)). Si tratta di una tecnica quantitativa diretta molto affidabile, utilizzata per determinare il numero di copie di SMN1 e SMN2. È un test di rapida esecuzione, che permette di identificare le delezioni o duplicazioni di un gene e dunque di individuare sia i portatori sani (coloro che possiedono solo un gene alterato), sia i soggetti affetti dalla malattia (con un’alterazione di entrambi i geni).

La conoscenza del numero di copie di SMN1 è importante per l’identificazione delle delezioni omozigoti o eterozigoti, mentre quella delle copie di SMN2 è determinante per la prognosi e la scelta degli approcci terapeutici. Infatti, anche se il numero di copie di SMN2 non risulta essenziale per raggiungere la diagnosi di SMA, lo è per la sua importanza nell’influenzare la gravità del fenotipo di malattia, del quale viene considerato il più importante modificatore (Rouzier, et al., 2020).

Diversi studi hanno infatti dimostrato una correlazione significativa e inversamente proporzionale tra il numero di copie di SMN2 e il tipo di SMA: ad un numero ridotto di copie di SMN2 corrisponde un fenotipo di gravità maggiore, mentre ad un numero più elevato corrisponde un fenotipo più lieve (Feldkötter, et al., 2002; Calucho, et al., 2018).

Un altro motivo per cui è utile determinare il numero di copie di SMN2 è che questo è attualmente considerato come criterio per l’arruolamento dei pazienti negli studi clinici.

L’assenza di entrambe le copie complete di SMN1 fornisce la diagnosi di SMA. Nel caso in cui fosse presente una sola copia completa e il fenotipo clinico fosse compatibile con SMA, il gene SMN1 dovrebbe essere sequenziato alla ricerca di altre mutazioni minori. Se il sequenziamento indicasse un gene SMN1 intatto in presenza di un fenotipo suggestivo di SMA che include anche l’EMG neurogeno, dovrebbero essere prese in considerazione altre malattie dei motoneuroni. La presenza di SMN1 combinata con l’assenza omozigote di SMN2 (genotipo ritrovato in circa il 3-5% degli individui di controllo) non sembrerebbe avere conseguenze fenotipiche apparenti. È noto, infatti, come la presenza di almeno un gene SMN1 completamente funzionale, come si trova tipicamente nei soggetti portatori di SMA, sia sufficiente per proteggere dalla manifestazione fenotipica della malattia.

In generale, le diagnosi differenziali principali per un bambino che si presenta con ipotonia e/o debolezza muscolare sono: miopatie congenite, distrofie miotoniche congenite, miopatie metaboliche, disordini congeniti del motoneurone e dei nervi periferici (D’Amico, et al., 2011).

Figura 1. Processo diagnostico per la SMA (Mercuri, et al., 2018)

Figura 1. Processo diagnostico per la SMA (Mercuri, et al., 2018)

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TERAPIE FARMACOLOGICHE

Negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi in campo terapeutico per quanto riguarda il trattamento della SMA. Fino a qualche anno fa, infatti, la gestione della patologia era incentrata esclusivamente su una terapia “di supporto” (Mercuri, et al., 2018; Finkel, et al., 2018).

Oltre alle cure di supporto standard, che restano fondamentali per prevenire e gestire le complicanze della patologia, ad oggi sono disponibili tre farmaci, approvati da FDA (Food and Drug Administration), EMA (European Medicines Agency) e AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), in grado di modificare la storia naturale della patologia: Nusinersen (Spinraza®), Onasemnogene Abeparvovec (Zolgensma®) e Risdiplam (Evrysdi®).

Nusinersen (Spinraza®)

Nusinersen, attualmente disponibile per i pazienti di tutte le età, rappresenta il primo farmaco per il trattamento della SMA; approvato da AIFA nel 2017, appartiene alla classe degli oligonucleotidi antisenso (Antisense Oligonucleotide, ASO). Gli ASO sono molecole utilizzate per aumentare la quantità di proteina a lunghezza intera, e quindi funzionante, trascritta da SMN2: per fare ciò si legano ad uno specifico RNA bersaglio, inducendo così la produzione del “fattore di sopravvivenza dei motoneuroni” da parte di SMN2. La proteina funzionante prodotta da SMN2 va a sostituire la mancanza di quella non prodotta da SMN1, alleviando così i sintomi della malattia. 

A causa dell'incapacità degli ASO di attraversare la barriera ematoencefalica, è necessario somministrare Nusinersen per via intratecale (mediante puntura lombare). In questo modo il farmaco, attraverso il liquor, può diffondersi rapidamente e raggiungere i motoneuroni. Viene somministrato in una serie di quattro dosi di carico nell’arco di due mesi, seguite poi da dosi di mantenimento ogni quattro mesi.

Nella SMA ad esordio infantile, Nusinersen ha dimostrato di ridurre della metà il rischio di morte o di ventilazione meccanica permanente (Finkel, et al., 2017; Finkel, et al., 2021). Anche la mortalità complessiva è stata ridotta del 63%. Il 41% dei bambini trattati con Nusinersen ha dimostrato un miglioramento della funzione motoria, rispetto a nessun bambino appartenente al gruppo di controllo. Il beneficio è stato maggiore nei soggetti trattati presintomaticamente o entro tre mesi dall'esordio della malattia (De Vivo, et al., 2019). Nusinersen si è dimostrato utile anche nei bambini con insorgenza della malattia dopo i 6 mesi di età, trattati col farmaco tra i 2 e i 12-15 anni (Mercuri, et al., 2018; Darras, et al., 2019): il 57% dei pazienti trattati con Nusinersen ha mostrato un miglioramento della funzione motoria, rispetto al 26% di quelli del gruppo di controllo.

Onasemnogene Abeparvovec (Zolgensma®)

Onasemnogene Abeparvovec (Zolgensma®) è una terapia genica progettata per introdurre una copia funzionale del gene SMN1 nelle cellule trasdotte, al fine di intervenire direttamente sulla causa monogenica all’origine della malattia. Fornendo una fonte alternativa di espressione della proteina SMN ai motoneuroni, si prevede che questo trattamento farmacologico possa promuovere la loro sopravvivenza e funzionalità.

Approvato da AIFA a marzo 2021, è autorizzato per il trattamento dei pazienti SMA1 fino ai 13,5 kg di peso.

Il meccanismo d’azione della terapia genica si espleta attraverso un vettore virale adeno-associato serotipo 9 (AAV9) che può attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il sistema nervoso centrale, trasportando una copia sana del gene SMN1 che andrà a codificare per la proteina SMN mancante (AAV9-SMN) (Mendell, et al., 2017). AAV è un virus non patogeno in grado di ottenere un’espressione transgenica di lunga durata (Naso, et al., 2017) e ciò permette di somministrare la terapia genica una tantum, per via endovenosa.

La terapia genica con AVXS-101 è stata valutata in uno studio clinico cardine in 15 bambini con SMA, di età compresa tra 1 e 8 mesi (Mendell, et al., 2017). Tutti i pazienti inclusi nello studio possedevano 2 copie di SMN2, corrispondenti ad un fenotipo SMA di tipo 1. La terapia genica ha esteso la sopravvivenza senza ventilazione oltre i 20 mesi in tutti i 15 soggetti trattati, rispetto a solo l'8% dei sopravvissuti nelle stesse condizioni appartenenti ad una coorte storica. Tutti i pazienti trattati hanno anche mostrato miglioramenti nella funzione motoria. Dei 12 pazienti nel gruppo a dose più alta (i tre rimanenti avevano ricevuto una dose minore), 11 potevano sedersi in modo indipendente e 2 potevano camminare in modo indipendente (Al-Zaidy, et al., 2019).

Risdiplam (Evrysdi®)

Risdiplam (Evrysdi®) è un farmaco appartenente alla classe delle small molecules. Approvato da AIFA nel maggio 2021, è indicato per il trattamento di pazienti SMA 1, SMA 2 e SMA 3 a partire dai due mesi di età.

La ricerca di questo farmaco nasce dalla necessità di trovare un’alternativa alla via di somministrazione degli ASO tramite infusioni intratecali: questo ha portato all’individuazione di molecole più piccole (dette appunto small molecules, in grado di attraversare la barriera ematoencefalica), che potessero modulare lo splicing di SMN2 in modo simile, ma apportando il vantaggio della somministrazione per via orale, che risulta più pratica e significativamente meno invasiva.

Risdiplam ha dimostrato di triplicare i livelli di proteina SMN in modelli animali di SMA, con un profilo di sicurezza favorevole (Ratni, et al., 2018). L’approvazione di Risdiplam negli Stati Uniti (FDA, 2020) e in Europa (EMA, 2021) si è basata principalmente sui dati incoraggianti di due studi, recentemente completati, che hanno mirato a valutare efficacia e sicurezza del trattamento in bambini sintomatici con SMA di tipo 1 di età compresa tra i 2 e i 7 mesi (studio FIREFISH) e in pazienti di età compresa tra i 2 e i 25 anni con SMA di tipo 2 e 3 (studio SUNFISH).

Nello studio FIREFISH (Baranello, et al., 2021) sono stati arruolati 21 pazienti di età media pari a 6,7 mesi: dopo 12 mesi, il 41% dei pazienti è stato in grado di stare seduto autonomamente per più di cinque secondi e, dopo 23 o più mesi di trattamento, l'81% dei pazienti era vivo senza ventilazione permanente, il che rappresenta un notevole miglioramento rispetto alla tipica progressione della malattia senza trattamento. I pazienti con SMA a insorgenza tardiva sono stati valutati nello studio SUNFISH (Mercuri, et al., 2022), che comprendeva 180 pazienti i quali hanno avuto un miglioramento significativo nei test di valutazione motoria.

 

Nusinerse

Risdiplam

Onasemnogene Abeparvovec

Nome commerciale

Spinraza®

Evrysdi®

Zolgensma®

Classe

Oligonucleotidi Antisenso

Small molecules

Vettore virale adeno-associato (AAV)

Meccanismo d’azione

Aumento produzione proteina SMN a lunghezza intera da parte di SMN2

Aumento produzione proteina SMN a lunghezza intera da parte di SMN2

Introduzione copia funzionale gene SMN1

Via di somministrazione

Intratecale

Orale

Endovenosa

Frequenza di somministrazione

4 dosi di carico nei primi 2 mesi, a seguire dosi di mantenimento ogni 4 mesi

Quotidiana

Dose singola, una tantum

Età somministrabile

Tutte le età

> 2 mesi

< 2 anni

Limitazioni al trattamento

Incapacità di sottoporsi a puntura lombare

Interazioni con altri farmaci

Presenza di anticorpi per AAV9

Tabella 1. Terapie farmacologiche

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CAPITOLO 2: CLASSIFICAZIONE CLINICA E STORIA NATURALE

La SMA è classificata in tre forme (SMA di tipo 1, 2 e 3) corrispondenti ad altrettanti livelli di gravità, sulla base dell’età di esordio e della massima funzionalità motoria raggiunta (Munsat & Davies, 1992); a questi sono stati aggiunti ulteriori fenotipi che rappresentano le due estremità dello spettro di gravità di questa patologia, ovvero SMA di tipo 0 e di tipo 4 (Finkel, et al., 2015).

Tipo di SMA

N° copie SMN2

Età all’esordio dei sintomi

Massima abilità motoria

Presentazione clinica

0

 

Epoca fetale/nascita

Nessuna

Profonda ipotonia, areflessia, severa debolezza muscolare e distress respiratorio

1

2

0-6 mesi

Impossibile la postura seduta

"floppy infant", marcata ipotonia assiale e areflessia, scarso controllo del capo, deficit di forza globale, difficoltà respiratorie e deglutitorie

2

2/3

6-18 mesi

Postura seduta

Ritardo nell'acquisizione delle tappe motorie, ipotonia e debolezza globali, areflessia, talvolta difficoltà respiratorie e scoliosi precoce

3

3/4

Dopo i 18 mesi

Deambulazione autonoma

Debolezza di grado variabile, retrazioni muscolari, scoliosi, in seguito perdita della deambulazione

4

≥ 4

Età adulta

Deambulazione autonoma

Debolezza muscolare lieve e lentamente progressiva

Tabella 2. Classificazione clinica delle varie forme di SMA

 

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SMA 0

La SMA di tipo 0 rappresenta la condizione clinica più grave all’interno dello spettro delle SMA 5q.

Alla nascita i pazienti mostrano profonda ipotonia, areflessia, severa debolezza muscolare e distress respiratorio con necessità di ventilazione meccanica, frequenti episodi di bradicardia e coinvolgimento dei nervi cranici, manifestato dall’incapacità di suzione e deglutizione e dalla debolezza dei muscoli facciali (Finkel, et al., 2015). Questi bambini non acquisiscono nessuna funzionalità motoria e possiedono un’aspettativa di vita che va da uno a sei mesi.

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SMA 1

La SMA di tipo 1, detta anche malattia di Werdnig-Hoffmann (Werdnig, 1891; Hoffmann, 1893), è la forma più frequente: ne è affetto circa il 50% dei pazienti con diagnosi di SMA (D’Amico, et al., 2011); l’incidenza è di circa 5,5 su 100.000 nati vivi (Verhaart, et al., 2017). Esordisce nei primi sei mesi di vita in bambini che non abbiano mai raggiunto la posizione seduta autonoma.

Il fenotipo clinico è caratterizzato da: grave ipotonia globale, ipostenia, scarso controllo del capo, assenza di riflessi osteotendinei e di movimenti antigravitari, in particolare agli arti inferiori.

In un terzo dei casi sono presenti fascicolazioni delle dita, mentre quelle della lingua sono un segno molto più costante e ad esordio precoce. Spesso il coinvolgimento facciale, più tardivo rispetto agli altri segni, si manifesta come ipomimia e difficoltà nello svolgere funzioni fondamentali come alimentazione, suzione e deglutizione.

A livello respiratorio il deficit interessa maggiormente i muscoli intercostali, con relativo risparmio iniziale del diaframma: questa particolare condizione conduce ad una peculiare forma del torace “a campana” e ad un pattern di respiro paradosso (contrazione del torace durante l’inspirazione ed espansione durante l’espirazione, ovvero in modo invertito rispetto a quanto accade fisiologicamente).

La SMA di tipo 1 è classificata a sua volta in tre gruppi:

  • Tipo 1A, caratterizzata da insorgenza nei primi quindici giorni di vita di sintomi quali: grave e improvvisa compromissione motoria, problematiche respiratorie e disordini di suzione e deglutizione che testimoniano un coinvolgimento bulbare;
  • Tipo 1B, con esordio dei sintomi entro l’età di tre mesi, caratterizzata da mancato controllo del capo;
  • Tipo 1C, che insorge tra i tre e i sei mesi di vita e prevede la possibilità di raggiungere il controllo del capo.

La SMA di tipo di 1 ad esordio precoce presenta un decorso severo, che prevede uno sviluppo progressivo e generalizzato della debolezza e dell’atrofia muscolare che, associato all’insufficienza respiratoria cronica e alle disfunzioni a livello bulbare (difficoltà di suzione, deglutizione e fonazione) portano il paziente a morte prima dei due anni di vita. (Audic & Barnérias, 2020)

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SMA 2

La SMA di tipo 2 rappresenta, all’interno del continuum clinico e genetico delle atrofie muscolari spinali, la patologia di severità intermedia: colpisce circa un terzo dei pazienti SMA (Jones, et al., 2020) e l’incidenza è di circa 1,9 su 100.000 nati vivi (Verhaart, et al., 2017). Un contributo importante nella primaria caratterizzazione di questa patologia fu offerto da Victor Dubowitz che descrisse, nel 1964, una forma di atrofia muscolare spinale “quasi non progressiva”, con esordio nell’infanzia e tempo di sopravvivenza maggiore rispetto alla forma infantile più severa descritta da Werdnig e Hoffmann (Dubowitz, 1964). I suoi studi fornirono la prima descrizione sistematica della forma "intermedia" di atrofia muscolare spinale come un nuovo fenotipo, caratterizzato da esordio nell'infanzia, ma associato a una più lenta progressione.

I bambini affetti da questa patologia mostrano uno sviluppo neuropsicomotorio nella norma fino all’età di 6-8 mesi, che permette il raggiungimento della postura seduta autonoma. L’esordio dei segni clinici della malattia avviene tra i 6 e i 18 mesi.

La SMA tipo 2 viene classificata in due diversi sottotipi (Russman, 2007):

  • 2a, che prevede il mantenimento della postura seduta in autonomia, ma non la capacità di stare in piedi o muovere alcuni passi con supporto;
  • 2b, che comprende invece sia la capacità di mantenere la postura seduta in autonomia, che la possibilità di stare in posizione eretta e muovere qualche passo con supporto.

I primi segni clinici si presentano sottoforma di ritardo o mancata acquisizione delle diverse abilità posturo-cinetiche, associati ad un’ipotonia globale (assiale e segmentale). L’ipotonia interessa sia i comparti più prossimali/assiali che distali/periferici. La debolezza muscolare (quasi sempre simmetrica) interessa prevalentemente gli arti inferiori e i muscoli del tronco. È comune la presenza di tremore fine-distale agli arti superiori. Si riscontrano molto frequentemente scoliosi, lussazione dell’anca e fratture secondarie a traumi di minima entità. I riflessi osteo-tendinei sono assenti, mentre è presente atrofia muscolare, spesso mascherata da tessuto adiposo (D’Amico, et al., 2011).

Potrebbero essere presenti difficoltà di deglutizione causate da debolezza (Messina, et al., 2008). È invece presente più spesso debolezza dei muscoli masticatori che, sommata alla deformità della colonna e alla difficoltà di apertura della bocca, influisce sulla capacità masticatorie.

All’interno della popolazione SMA 2 esiste uno spettro di gravità, che va da bambini con tronco, arti e comparto respiratorio relativamente più forti, a bambini con una debolezza maggiore, solo in grado di sedersi senza supporto e più inclini all’insorgenza di segni respiratori e scoliosi precoce; questi ultimi possono sviluppare una condizione di insufficienza respiratoria che richiede la presenza di ventilazione meccanica.

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SMA 3

L’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 3, nota anche come malattia di Kugelberg-Welander (Kugelberg & Welander, 1956), rappresenta un fenotipo di malattia più lieve, che permette ai pazienti di acquisire la deambulazione autonoma. Presenta un’incidenza inferiore rispetto alle forme più precoci: interessa, infatti, circa il 13% dei pazienti con SMA (Jones, et al., 2020) e ha una prevalenza sulla popolazione generale di 1,7 su 100.000 nati vivi (Verhaart, et al., 2017).

La SMA di tipo 3 esordisce dopo i 18 mesi, con un’età media stimata attorno ai 39 mesi (Lin, et al., 2015) ed è classificata in due forme, che si differenziano in base all’epoca di insorgenza della debolezza muscolare:

  • 3a, se compare tra i 18 mesi e i 3 anni di età;
  • 3b, se compare dopo i 3 anni di età.

Questa classificazione risulta significativa anche per quanto riguarda le differenze nell’eventuale perdita della deambulazione autonoma (Zerres, et al., 1997).

Il segno clinico più evidente nei soggetti con SMA 3 riguarda l’atrofia e la debolezza muscolare dei compartimenti prossimali, la cui massa muscolare appare marcatamente ridotta rispetto alle regioni più distali. A ciò si associano ipotonia, iperlassità ed assenza dei riflessi osteo-tendinei. Oltre alla debolezza, si osserva un certo grado di affaticabilità muscolare, limitata per lo più agli arti.

Come nelle altre forme di SMA, affaticamento, debolezza e atrofia muscolari partono dagli arti inferiori e in particolare dai comparti prossimali, diffondendosi più tardi al tronco e agli arti superiori con un andamento ascendente. I bambini mostrano, come primo segno, difficoltà a correre, salire le scale, alzarsi da terra (manovra di Gowers) o saltare. Con l’evolversi della malattia, il coinvolgimento del muscolo pelvico porta ad una deambulazione anserina, con oscillazioni del bacino, riduzione della lunghezza del passo e maggiore affaticamento. Le cadute diventano più frequenti e fattori come la crescita rapida e i cambiamenti del corpo durante la pubertà o un significativo aumento di peso possono contribuire, in questi soggetti, alla perdita della deambulazione. La progressiva debolezza assiale, così come l’ipotonia, aumenta il rischio di scoliosi nel periodo di perdita della deambulazione e può evolvere rapidamente con gravi conseguenze funzionali motorie e respiratorie. Con la progressione della malattia, gli arti superiori diventano deboli e le dita mostrano un tremore suggestivo, che rende difficile distinguere clinicamente una SMA 3 non deambulante da una SMA 2.

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SMA 4

La SMA di tipo 4 è una patologia particolarmente rara, che rappresenta la forma più lieve nello spettro di gravità delle SMA; questa condizione prevede l’esordio dei sintomi in età adulta (oltre i 18 anni e in particolare dopo la seconda decade di vita) ed un decorso lieve caratterizzato da debolezza muscolare lentamente progressiva (D’Amico, et al., 2011).

I sintomi clinici più comuni sono rappresentati da debolezza e talvolta lieve atrofia prossimale e simmetrica degli arti inferiori, con coinvolgimento prevalente dei muscoli quadricipiti, ileopsoas e adduttori (Wadman, et al., 2017), riflessi osteotendinei assenti o ridotti, tremore distale. La perdita della deambulazione può verificarsi, per i pazienti SMA 4, dopo la quinta decade di vita (Martin, et al., 2022).

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UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE

I fenotipi descritti fino a questo momento si riferivano alla classificazione storica del 1992 (Munsat & Davies, 1992). Con l’avvento delle nuove terapie farmacologiche, si è avvertita l’esigenza di adeguare la classificazione dei vari fenotipi alle nuove caratteristiche funzionali di ogni paziente (Mercuri, et al., 2018; Finkel, et al., 2018). La nuova classificazione suddivide i pazienti in tre diverse categorie, ovvero Non-sitters, Sitters e Walkers, riferendosi rispettivamente a coloro che non sono in grado di mantenere la posizione seduta, a coloro che la mantengono in autonomia e ai pazienti che possiedono la deambulazione autonoma.

I pazienti Non-sitters presentano marcata debolezza muscolare sia assiale che prossimale, ipotonia, areflessia, minima funzionalità muscolare residua e insufficienza respiratoria. Nei pazienti Sitters si osservano marcata debolezza degli arti inferiori e dei compartimenti prossimali degli arti superiori, con una migliore conservazione delle regioni distali, areflessia e sviluppo di contratture articolari e scoliosi; il coinvolgimento respiratorio è presente, ma meno importante rispetto ai Non-sitters. Nei pazienti Walkers sono presenti debolezza muscolare tipicamente prossimale che interessa maggiormente gli arti inferiori rispetto ai superiori, i riflessi agli arti superiori possono essere indeboliti e la funzione respiratoria appare conservata. (Kölbel & Müller-Felber, 2021)

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CAPITOLO 3: VALUTAZIONE

PERCHÉ VALUTARE?

In ambito riabilitativo, la valutazione rappresenta un aspetto di fondamentale importanza. Valutare permette di:

  • Monitorare il decorso della patologia e i cambiamenti del paziente nel tempo;
  • Misurare l’impatto della patologia in termini di attività e partecipazione nella vita del paziente;
  • Programmare interventi riabilitativi basati sui bisogni specifici del paziente;
  • Studiare gli effetti di trattamenti farmacologici;
  • Fornire misure di outcome attendibili nell’ambito degli studi di ricerca clinica.

Per questi motivi risulta prioritaria la disponibilità di strumenti di valutazione validi, affidabili e sensibili. Questo acquisisce particolare importanza in questo periodo storico, caratterizzato dall’utilizzo e dalla sperimentazione clinica di nuovi approcci terapeutici e dall’avvento di nuovi fenotipi clinici che necessitano di essere conosciuti e compresi al meglio.

La valutazione clinica dei pazienti con atrofia muscolare spinale include lo svolgimento di un’obiettività clinica generale, con particolare attenzione al sistema muscolo-scheletrico e ai relativi danni funzionali (Mercuri, et al., 2018); deve includere:

  • valutazione posturale;
  • valutazione della forza muscolare (test manuali, miometria)
  • valutazione dell’articolarità/ROM (goniometria);
  • valutazione della funzione motoria/ADL (scale funzionali: CHOP-INTEND, HINE, HFMSE/RHS, MFM, RULM);
  • valutazione di affaticabilità e resistenza (test temporizzati: alzarsi da terra, 4 gradini, 10 metri, Timed Up & Go (TUG), Endurance Shuttle Test (EST), 6MWT).

La scelta delle valutazioni da svolgere rispecchia gli aspetti più rilevanti della patologia, corrispondenti a ciascun livello di gravità. La tipologia di valutazione divisa per livello di gravità viene riportata nella tabella seguente.

 

Non-sitters

Sitters

Walkers

Valutazioni

Controllo posturale

Scoliosi

Lussazione dell’anca

Tolleranza alla postura seduta

Deformità toraciche

Retrazioni (ROM, goniometria)

Debolezza muscolare (movimenti antigravitari)

Scale funzionali (CHOP-INTEND)

Sviluppo motorio (HINE)

Controllo posturale

Deformità toraciche e dei piedi

Scoliosi e obliquità pelvica

Lussazione dell’anca

Retrazioni (ROM, goniometria)

Scale funzionali (HFMSE, RULM, MFM)

Debolezza muscolare (test di forza)

Mobilità

Test temporizzati

Misura della resistenza (6MWT)

Valutazione delle cadute

Scale funzionali (HFMSE, RULM)

Debolezza muscolare (test di forza)

Retrazioni (ROM, goniometria)

Controllo posturale

Scoliosi

Lussazione dell’anca

Tabella 3. Sintesi delle valutazioni divise per categoria (Mercuri, et al., 2018)

Le valutazioni dovrebbero essere svolte regolarmente ogni sei mesi da parte di esaminatori esperti, a meno che non vi siano circostanze che richiedano un differente follow-up. Questa modalità permette di monitorare eventuali cambiamenti nel tempo, di identificare gli aspetti che necessitano di intervento e di metterlo in pratica in modo tempestivo ed efficace.

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SCALE DI VALUTAZIONE

Nei pazienti SMA risulta fondamentale l’utilizzo di scale standardizzate, sviluppate con lo scopo di valutare accuratamente le capacità motorie e i loro cambiamenti nei diversi gruppi di pazienti nel corso del tempo.

Di seguito si espongono brevemente i principali strumenti di valutazione della funzione motoria nella popolazione SMA. Verrà dedicata particolare attenzione alla descrizione delle scale Hammersmith Functional Motor Scale Expanded (HFMSE) e Revised Upper Limb Module (RULM), in quanto rappresentano gli strumenti considerati e integrati nel progetto di tesi. Le caratteristiche delle altre scale di valutazione verranno riassunte in una tabella dedicata.

Hammersmith Functional Motor Scale Expanded (HFMSE) (O'Hagen, et al., 2007)

L’HFMSE è una scala di valutazione delle capacità motorie globali dei pazienti con SMA di tipo 2 e 3; può essere utile anche in pazienti SMA 1, attualmente più abili in quanto trattati farmacologicamente. Viene somministrata a partire dai 24 mesi fino all’età adulta ed è composta da 33 items, ripresi da due scale di valutazione precedentemente standardizzate (HFMS (Main, et al., 2003) e GMFM (Russell, et al., 1989)). Gli items vanno ad indagare l’abilità del paziente nello svolgimento di compiti di difficoltà crescente e sono valutati con un punteggio che va da 0 a 2, fino ad un massimo di 66 punti, in base alla capacità del soggetto di svolgere il compito. I punteggi corrispondono rispettivamente a:

  • 0 = non è in grado di eseguire la consegna;
  • 1 = completa la consegna con compensi o modificandone l’esecuzione;
  • 2 = completa la consegna senza modificarne l’esecuzione.

Nel 2017 è stata elaborata una revisione della scala HFMSE, rappresentata dalla scala RHS (Revised Hammersmith Scale, (Ramsey, et al., 2017)), che può essere utilizzata nei casi di pazienti con buone competenze motorie per i quali la scala HFMSE risulti troppo poco sensibile (ceiling effect).

Figura 2. Sintesi degli item della scala HFMSE

Figura 2. Sintesi degli item della scala HFMSE

Revised Upper Limb Module (RULM) (Mazzone, et al., 2017)

La RULM, versione rivista e ampliata della scala ULM (Mazzone, et al., 2011), è uno strumento di valutazione delle abilità motorie funzionali degli arti superiori dei pazienti con Atrofia Muscolare Spinale di tipo 2 e 3 dai 24/30 mesi fino all’età adulta. È composta da 20 items e prevede un item d’ingresso. Gli items sono valutati con un punteggio che va da 0 a 2, fino ad un massimo di 37 punti (un item è valutato da 0 a 1 e l’item d’ingresso non viene aggiunto alla somma totale). I punteggi corrispondono rispettivamente a:

  • 0 = non in grado/non inizia il movimento;
  • 1 = completa parzialmente la consegna/movimento incompleto o con compenso;
  • 2 = completa la consegna/movimento effettuato senza compensi o come da consegna.

Questa scala è stata sviluppata come modulo aggiuntivo alla scala HFMSE, per fornire un quadro completo del funzionamento del paziente nelle attività di vita quotidiana; questo strumento permette di percepire, attraverso un monitoraggio longitudinale, segni precoci di perdita di funzionalità agli arti superiori. Risulta, inoltre, particolarmente utile nella valutazione dei pazienti non-deambulanti che ottengono un basso punteggio alla scala HFMSE e presentano severe retrazioni e ridotta mobilità agli arti superiori.

Figura 3. Esempio di item della scala RULM con istruzioni per lo svolgimento

Figura 3. Esempio di item della scala RULM con istruzioni per lo svolgimento

Nome della scala

Fascia d’età

Popolazione target

Cosa valuta

Scoring

Referenze

Children’s Hospital of Philadelphia Infant Test of Neuromuscular Disorders (CHOP-INTEND)

0-30 mesi

Non-sitters

Forza muscolare assiale e periferica (movimenti con/senza gravità, spontanei e sollecitati)

16 items (0-4):

0 – nessun movimento

1 – movimento subgravitario distale

2 – movimento subgravitario più prossimale

3 – movimento contro gravità distale/semplice

4 – movimento contro gravità più prossimale/completo

(Glanzman, et al., 2010)

Hammersmith Infant Neurological Examination

(HINE-2)

2-24 mesi

Non-sitters, sitters, walkers

Acquisizione pietre miliari dello sviluppo e valutazione aspetti neurologici (posture, movimenti, tono e riflessi)

8 items (0-4)

(Haataja,

et al., 1999)

Hammersmith Functional Motor Scale Expanded

(HFMSE)

> 2 anni

Sitters, walkers

Competenze grosso-motorie

33 items (0-3)

0 – non in grado

1 – con aiuto/compenso

2 – senza aiuto/compenso

(O'Hagen, et al., 2007)

Motor Function Measure

(MFM)

> 2 anni

Sitters, walkers

Differenti patterns di debolezza e differenti livelli funzionali

32 o 20 items (0-4)

0 – non in grado

1 – compito parzialmente completato

2 – compito incompleto/imperfetto

3 – compito normale

(Bérard,

et al., 2005; Bérard,

et al., 2006)

(de Lattre, et al., 2013)

Revised Upper Limb Module

(RULM)

> 30 mesi

Non-sitters, sitters, walkers

Forza degli arti superiori e precisione dei movimenti

20 items (0-2)

0 - non in grado

1 - consegna completata parzialmente/con compenso

2 - consegna completata senza compenso

(Mazzone, et al., 2017)

Bayley Scales of Infant and Toddler Development, Third Edition

(BSID-III)

1-42 mesi

Non-sitters, sitters

Sviluppo competenze grosso e fini-motorie

138 items (0-1)

0 – non in grado di svolgere il compito

1 – completa il compito

(Albers & Grieve, 2007)

6-Minutes Walk Test

(6MWT)

> 4 anni

Walkers

Cammino e affaticabilità

Distanza massima (m) percorsa in 6 minuti

(Montes,

et al., 2010)

Tabella 4. Scale di valutazione della funzionalità motoria nella SMA

INDICE

CAPITOLO 4: TRATTAMENTO RIABILITATIVO

L’Atrofia Muscolare Spinale è un disturbo complesso che necessita di un approccio multidisciplinare, che include figure appartenenti a diversi ambiti di intervento che operano in modo integrato: neuropsichiatra infantile, ortopedico, fisiatra, fisioterapista, terapista occupazionale, TNPEE, tecnico ortopedico, pneumologo, nutrizionista, logopedista.

A tal proposito, le Linee Guida per la diagnosi e gestione della SMA, prima nel 2007 (Wang, et al., 2007) e poi nel 2018 (Mercuri, et al., 2018; Finkel, et al., 2018), hanno fornito delle raccomandazioni importanti sulla necessità di una presa in carico continuativa del paziente, che si basi su un approccio multispecialistico e inclusivo. Questo tipo di approccio consente di monitorare adeguatamente i vari aspetti che fanno parte della progressione della malattia e, quando possibile, di fornire un’assistenza preventiva.

Gli obiettivi degli standard di cura sono i seguenti:

  • Ottimizzare il percorso diagnostico;
  • Promuovere qualità della vita, salute, crescita ed indipendenza funzionale del paziente;
  • Aiutare a coordinare la gestione delle manifestazioni cliniche della malattia;
  • Ottimizzare l’efficienza dei trial clinici.

In questo modo si configura un percorso in continua evoluzione, che accompagna la vita e la crescita del bambino in ogni sua esigenza.

L’impegno della riabilitazione dev’essere pressoché quotidiano. Per questo è opportuno cercare, in particolare per i più piccoli, di attribuire all’attività riabilitativa una valenza giocosa: solo così può essere vissuta in modo positivo e attivo ed entrare a far parte delle abitudini quotidiane della famiglia. Quando i bambini crescono e diventano ragazzini/adolescenti, è importante far mantenere all’attività riabilitativa una valenza ludica e, man mano, estenderla al di fuori dell’ambito ospedaliero e/o domiciliare. Si può valutare progressivamente la possibilità di intraprendere un percorso di attività fisica che, in ambito riabilitativo, è adattata alle esigenze del paziente e si pone diversi scopi: promuovere uno stile di vita più corretto, fungere da naturale prosecuzione del trattamento riabilitativo per il mantenimento delle funzioni e la promozione del movimento attivo e favorire la socializzazione e il lavoro in gruppo.

In generale, i trattamenti riabilitativi non sono qualcosa di fisso e immutabile. Il miglioramento degli standard di cura e gestione della malattia, il cambiamento della sua storia naturale, l’avvio di studi clinici, e l’approccio sempre più proattivo delle famiglie, hanno portato a un riaggiornamento degli approcci riabilitativi nei pazienti affetti da SMA. Inoltre, lo sviluppo di nuove scale di valutazione e l’introduzione di nuovi strumenti di misura portano non solo a verificare meglio l’efficacia delle sperimentazioni farmacologiche, ma anche a orientare e indirizzare in modo sempre più mirato i trattamenti riabilitativi. È proprio questa integrazione tra ricerca, cura e riabilitazione che porta a un progressivo miglioramento della qualità della vita delle persone con SMA.

Di seguito si analizzano gli interventi riabilitativi (con particolare focus sugli aspetti di funzionalità motoria) suddivisi per categoria funzionale, tenendo presente che ogni intervento va cucito “su misura” del paziente, adattando le raccomandazioni generali alle esigenze specifiche. Occorre tenere in considerazione che il trattamento riabilitativo attuale presenta una sostanziale differenza da quando viene attuato su pazienti trattati farmacologicamente: infatti, se prima l’obiettivo principale era quello di conservare il più possibile la funzionalità motoria e globale residua, ad oggi si piò intervenire sul promuovere il raggiungimento e la promozione di nuove acquisizioni motorie. Questa premessa è valida per tutte e tre le categorie funzionali.

Non-sitters

Gli obiettivi riabilitativi primari per i pazienti non-sitters sono volti a ottimizzare la funzione, minimizzare la menomazione e favorire la maggiore tolleranza possibile alle varie posizioni. Sarà importante mettere in pratica precocemente un intervento che comprenda anche una parte di “educazione alla patologia” rivolta ai caregivers, che ricoprono un ruolo fondamentale nella gestione terapeutica del paziente con SMA 1.

Il primo intervento da attuare consiste nel posturare adeguatamente il paziente, sia in posizione supina che seduta, con sistemi di postura adatti alle sue necessità. È inoltre raccomandato l’utilizzo di supporti cervicali per sostenere il capo e di corsetti per l’adeguato posizionamento del tronco e la prevenzione, per quanto possibile, dell’insorgenza di scoliosi.

Altri interventi fondamentali sono lo stretching e la mobilizzazione. Lo stretching può essere effettuato passivamente dai caregivers e dal terapista di riferimento e associato all’utilizzo di ortesi di posizionamento (tutori AFO, splint). In questo modo si promuove il mantenimento dell’articolarità sia ai distretti inferiori che a quelli superiori, in modo da prevenire/rallentare l’insorgere di retrazioni che possono ostacolare la libertà di movimento del paziente. La durata delle sessioni di stretching dipende dai bisogni specifici del paziente, dallo stato delle sue articolazioni e dagli obiettivi riabilitativi prioritari in quel momento.

Per promuovere la funzione e la partecipazione del paziente, sono raccomandati adattamenti ambientali, come giocattoli con interruttori, sonagli leggeri, sistemi con funzionamento mediante tecnologia eye tracking per favorire la comunicazione. Per promuovere la mobilità saranno necessarie carrozzine elettroniche con sedute altamente personalizzate, con possibilità di reclinazione e basculamento, che il paziente possa gestire in autonomia. Tutti questi accorgimenti mirano a promuovere la massima autonomia e partecipazione possibile del paziente nelle situazioni di vita quotidiana. Come possibilità di esercizio è consigliato, laddove possibile, lo svolgimento di acquaticità, che andrà svolta necessariamente con gli appropriati sostegni per capo e collo e sotto costante supervisione del caregiver.

Sitters

Gli obiettivi principali della riabilitazione dei pazienti sitters riguardano la prevenzione di retrazioni e scoliosi e il mantenimento, il ripristino o la promozione di funzionalità e mobilità.

Come per i pazienti non-sitters, è importante che anche i pazienti sitters siano posturati adeguatamente, attraverso la dotazione di sistemi di seduta personalizzati e l’utilizzo di ortesi toraco-lombari e sacrali; sono spesso consigliati anche sostegni cervicali per contenere il capo in caso di crescente affaticamento. È inoltre fortemente consigliato l’utilizzo di ortesi statiche e dinamiche (AFO, KAFO, RGO, statica), per promuovere il mantenimento della stazione eretta e, quando possibile, permettere la deambulazione assistita. La possibilità di mantenere la stazione eretta risulta particolarmente importante in quanto, oltre a facilitare il mantenimento di un adeguato ROM alle articolazioni degli arti inferiori, promuove le funzioni corporee di tipo internistico (respirazione e digestione), la salute delle ossa (favorendo la calcificazione ossea), la postura di colonna vertebrale e tronco e favorisce la socialità.

Anche nei pazienti sitters è fortemente raccomandato lo stretching, sia attivo che passivo, da svolgere manualmente e mediante l’utilizzo di ortesi, splints e ausili per il mantenimento della stazione eretta. Le sessioni di stretching dovrebbero concentrarsi sulle articolazioni maggiormente a rischio di tensioni e retrazioni, ovvero anca, ginocchio e tibio-tarsica per gli arti inferiori e polso e mano per gli arti superiori. La durata delle sessioni di stretching è sempre dipendente dai bisogni specifici del paziente, dal suo ROM e dagli obiettivi riabilitativi prioritari del momento.

Per promuovere la mobilità tutti i pazienti dovrebbero possedere una carrozzina elettronica con un sistema di postura personalizzato, la cui dotazione può essere presa in considerazione prima dei due anni di età, ovvero nel periodo in cui fisiologicamente un bambino inizia a spostarsi e a sperimentare il distacco dalle figure di riferimento. Se il paziente possiede una forza discreta, si può valutare la dotazione di una carrozzina manuale/con ruote servoassistite leggera, ideale per promuovere l’autopropulsione e quindi l’attivazione muscolare. Nei pazienti sitters andrebbero incoraggiati programmi di esercizi ed attività che incentivino l’attivazione muscolare, in quanto possono avere un effetto positivo sul mantenimento/miglioramento di funzione, forza, libertà di movimento, resistenza, equilibrio, oltre a favorire una maggiore partecipazione in attività di vita quotidiana, scuola e attività sociali. L’attività fisica consigliata per i pazienti sitters include terapia in acqua, ippoterapia, sport in carrozzina, esercizio concentrico ed eccentrico e, in generale, esercizi di condizionamento con e senza resistenza.

Walkers

Gli obiettivi principali della riabilitazione dei pazienti walkers riguardano il mantenimento, il ripristino o la promozione di funzionalità, mobilità, adeguato range articolare e il miglioramento di equilibrio e resistenza.

Anche nei pazienti walkers è raccomandato lo svolgimento di mobilizzazione passiva e stretching attivo-assistito.

Le raccomandazioni per l’attività fisica mirano alla promozione del movimento, attraverso esercizi aerobici e attività come nuoto, passeggiate, ciclismo, yoga, ippoterapia, canottaggio. Sono inoltre raccomandati esercizi riguardanti l’equilibrio, sia statico che dinamico.

Nel momento in cui la resistenza del paziente inizia a ridursi, per garantire l’autonomia funzionale si consigliano carrozzine a spinta manuale leggere e carrozzine o scooter elettrici per facilitare gli spostamenti in autonomia anche sulle lunghe distanze.

Fisioterapia respiratoria

La fisioterapia respiratoria rappresenta una parte importante sia della valutazione che della gestione del paziente con SMA, in quanto permette di:

  • mantenere una buona elasticità della gabbia toracica;
  • favorire l’eliminazione delle secrezioni bronchiali;
  • favorire la clearance delle vie respiratorie;
  • migliorare la ventilazione.

Risulta significativo implementarla durante la normale gestione, ma soprattutto nei periodi perioperatori e come profilassi per la gestione polmonare. Le tecniche manuali utilizzate includono percussioni, vibrazioni e posizionamento per promuovere il drenaggio posturale.

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