LA SINDROME DI MOEBIUS: prognosi, diagnosi e terapia
Prognosi e Diagnosi
La sindrome di Moebius non ha carattere evolutivo, anche se ne derivano deficit morfologici e funzionali primari e secondari ed inoltre disfunzioni sia maggiori che minori durante lo sviluppo (“Dalla Diagnosi All’Intervento: analisi di casi clinici” di O. Picciolini, G. Lucco, G. Presezzi, C. Megliani, S. Castelletti, G. Mauceri, D. Clerici, F. Mosca, 2005). Per disfunzione maggiore si intende un’alterazione anatomo-strutturale che vada a condizionare lo sviluppo psicofisico del soggetto che ne è portatore; si interviene attraverso vari tipi di trattamento: medico e/o chirurgico e/o con una particolare attenzione psico – sociale.
Con il termine disfunzione minore, invece, consideriamo un’alterazione anatomo-strutturale che può comportare difficoltà nello sviluppo della immagine di sé e nella interazione sociale, senza tuttavia andare a condizionare lo stato di salute del soggetto che ne è portatore.
DEFICIT PRIMARI
I deficit primari interessano i livelli:
- alimentare: difficoltà di suzione-deglutizione, disturbi della sensibilità del distretto orofacciale, disfagia (con la necessità di ricorrere, nei casi più gravi, a gastrostomia), problemi respiratori;
- visivo: ulcere corneali, problemi di scansione, saccadi, esplorazione e deficit visuopercettivi;
- motorio: ipotonia, dismorfismi, impaccio, ritardo;
- linguistico: dislalie meccaniche, disturbi di codificazione fonologica e della struttura del linguaggio parlato e scritto;
DEFICIT SECONDARI
I deficit primari comportano importanti conseguenze a livello cognitivo, emotivo e sociale.
- cognitivo: influenzato dal deficit esplorativo visivo, dalle difficoltà di esperienza oromotoria, dall’assenza del riconoscimento e, quindi, della categorizzazione dei sentimenti, che sono alla base dello sviluppo cognitivo.
- emotivo: il dolore, la frustrazione del momento alimentare, le preoccupazioni materne e la mancanza di rispecchiamento e riconoscimento delle proprie emozioni.
- sociale: l’immagine di sé e la comunicazione con i pari.
Anche se nessun test prenatale è atto ad individuare il possibile verificarsi della Sindrome di Moebius, sono attualmente disponibili in alcuni casi analisi genetiche che potrebbero fornire delle indicazioni utili ad una eventuale diagnosi della malattia.
La condizione, di solito, può essere diagnosticata subito dopo la nascita e si manifesta con chiusura incompleta delle palpebre durante il sonno, scialorrea e difficoltà di suzione. Più tardi, si rileva che il bambino non sorride o non muove i muscoli facciali durante il pianto, la cosiddetta “facies a maschera” . Molto spesso, a causa della scarsa conoscenza della Sindrome di Moebius, la diagnosi della malattia è tardiva e/o errata: per esempio sono frequenti i casi di bambini affetti dalla Sindrome a cui viene diagnosticato un “autismo” o un “ritardo mentale”. Infatti, i criteri diagnostici sono difficili da definire, tuttavia, la diagnosi specifica si basa sulla paralisi oculo-facciale associata a diverse anomalie. I seguenti punti dovrebbero aiutare a facilitare il compito diagnostico.
Criteri per la diagnosi
- Presenza essenziale di paralisi totale o parziale del nervo facciale;
- Frequente presenza di malformazioni degli arti (sindattilia, brachidattilia, piede torto, ecc.)
- Possibile coinvolgimento di altri nervi cranici: paralisi bilaterale o unilaterale dei nervi oculari (più comunemente dell’abducente e meno frequentemente dell’oculomotore e del trocleare); paralisi del nervo ipoglosso (XII) con ipoplasia della lingua; paralisi dei nervi trigemino (V), glossofaringeo (IX) e vago (X ) con difficoltà di deglutizione e di linguaggio, malformazioni delle strutture oro-facciali (ugola bifida, micrognazia, e deformità dell'orecchio) ed altre anomalie del sistema muscolo-scheletrico.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale va fatta con la sindrome di Duane[18], le oftalmoplegie congenite isolate, le paresi facciali di origine miopatica e le condizioni neuromuscolari, come per esempio la distrofia muscolare facioscapolomerale, quella di Landouzy-Déjerine[19], la distrofia miotonica infantile e la malattia di Charcot-Marie-Tooth ( che può avere caratteristiche fenotipiche simili alla Sindrome di Moebius, anche se, tuttavia, i difetti degli arti non sono presenti).
In Italia grossi sforzi sono stati compiuti dalla “Associazione Italiana Sindrome di Moebius” Onlus (AISMo), una organizzazione senza fini di lucro con lo scopo di promuovere nel nostro territorio lo sviluppo e la diffusione della ricerca scientifica nel campo della diagnosi e della cura di questa sindrome, favorendo maggiori servizi e una migliore assistenza socio-sanitaria in favore dei bambini colpiti e delle loro famiglie, in collaborazione con le Associazioni e gli Istituti operanti in Italia e all'estero.
Infatti, nella Convenzione tra AISMo e l’azienda ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, sono stati definiti gli aspetti diagnostici e riabilitativi, che dovrebbero avvenire attraverso 1-3 incontri multidisciplinari in Day Hospital, secondo procedure e protocolli clinico-organizzativi (tabella 1).
Tabella 1 - PROTOCOLLO DIAGNOSTICO-FUNZIONALE E RIABILITATIVO
VALUTAZIONI ed ESAMI |
I STEP |
II STEP |
III STEP |
Valutazione genetica clinica |
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Valutazione pediatrica |
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Valutazione fisiatrica |
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Valutazione oro facciale |
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Valutazione FKT e/o Neuropsicomotoria |
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ULTERIORI ESAMI SPECIALISTICI |
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V. Neurologica ed ev. es. elettrofisiologici (Pot. evocati visivi e uditivi, EMG, EEG) |
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Visita oculistica |
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RMN cerebrale |
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Esami strumentali |
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Terapia
Data l’eterogeneità dei sintomi e delle problematiche che si presentano in questi pazienti, la diagnosi ed il trattamento devono essere eseguiti da un equipe multidisciplinare, che coinvolga pediatri, otorinolaringoiatri, odontoiatri, oculisti, neurologi, neuropsichiatri infantili, logopedisti, fisioterapisti, psicologi, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, ortopedici e chirurghi maxillo-facciali.
La presa in carico del piccolo paziente ed anche della sua famiglia avviene da parte del pediatra o del neuropsichiatra infantile, il quale si occupa della gestione dei vari aspetti riguardanti il trattamento, inviando i familiari dalle varie figure professionali, e, allo stesso tempo, rappresenta una figura di sostegno, fornendo supporto ai genitori per comprendere al meglio le caratteristiche del loro bambino.
I principali obiettivi nella cura della sindrome sono:
- la riabilitazione precoce dei difetti rifrattivi e la protezione dei bulbi oculari
- il potenziamento di eventuali unità motorie residue tramite intervento riabilitativo
- la facilitazione della nutrizione e della fonazione
- il miglioramento della coordinazione motoria
- la correzione del piede torto
- la correzione delle malformazioni degli arti e della mascella
- un buon recupero del movimento di alcuni muscoli del viso, tra i quali quelli che permettono di sorridere (attraverso la Smile-surgery).
Quindi, una delle principali problematiche su cui si interviene è quella riguardante il sistema visivo. Una volta valutato il deficit visivo che colpisce il paziente, si procede con la scelta del trattamento più consono. Se è presente ortotropia con paralisi di sguardo il trattamento chirurgico, solitamente, non viene consigliato, poiché non produrrebbe miglioramenti. In presenza di esotropia, con fissazione crociata ed incapacità dell’occhio deviato a raggiungere la linea mediana, viene solitamente eseguita una recessione dei muscoli retti mediali di 5-8 mm, con lo spostamento della loro inserzione più posteriormente per diminuirne la funzione e, di conseguenza, per ridurre lo strabismo, in quanto l’occhio risulta meno deviato verso l’interno.
Il muscolo retto laterale invece non subisce alcun intervento, in quanto una sua resezione sarebbe poco fruttuosa, essendo esso innervato dal VI nervo cranico che risulta deficitario.
Un altro problema da risolvere è il lagoftalmo, derivante dal deficit del VII nevo cranico, che, impedendo una buona distribuzione del film lacrimale sulla superficie della cornea, la lascia priva della protezione continua data dalle lacrime. La cornea può quindi andare incontro, a seconda della gravità, a irritazione oculare, bruciore, fino a congiuntiviti e cheratiti.
Questo problema sembra però essere risolto nel paziente affetto da tale sindrome attraverso un meccanismo fisiologico noto come “fenomeno di Bell”, grazie al quale quando le palpebre vengono chiuse il bulbo oculare ruota verso l’alto portando la cornea al di sotto della palpebra superiore, permettendone una buona lubrificazione ed una buona protezione dal rischio di abrasioni.
Nella maggioranza dei casi, viene posizionato un pesino palpebrale in platino, invisibile e completamente biointegrato, che, sfruttando la forza di gravità, facilita l’abbassamento della palpebra.
Il pesino viene inserito durante un piccolo intervento in anestesia locale o nel corso di un intervento di rianimazione facciale in anestesia generale. Nei casi in cui il pesino non sia risultato efficace o nei casi più gravi, viene portato fino alla palpebra un segmento del muscolo temporale, che contraendosi ne determina la chiusura.
Se, però, il fenomeno di Bell viene ben mantenuto, la tarsorrafia (ossia la chiusura chirurgica della palpebra per proteggere la cornea) non risulta necessaria, ma sono comunque consigliabili per il giorno lubrificanti oculari come le lacrime artificiali, l’applicazione di speciali occhialini o di pesi adesivi a livello della palpebra e per la notte l’applicazione di pomate.
Circa la metà dei pazienti affetti dalla sindrome presentano deformità ortopediche, tra cui la più frequente è il piede torto congenito.
Quest’ultimo, se si presenta associato a tale patologia, sembra essere globalmente più rigido, più difficile da correggere anche chirurgicamente e più gravato dal rischio di recidiva (60% ca). Una correzione chirurgica radicale, come il release secondo Mc Kay con riallineamento astragalo calcaneare-scafoideo, può far diminuire l’incidenza di recidive. Nel piede torto recidivato è possibile, attraverso trasposizioni tendinee (tibiale anteriore), migliorare la funzionalità del piede e l’appoggio plantare.
La correzione chirurgica associata a trasposizione tendinea, sembra preservare il piede da ulteriori recidive.
(“Le Deformità Del Piede Nella Sindrome Di Moebius. Trattamento Chirurgico” di M. De Pellegrin).
Per risolvere invece i deficit muscolari derivanti dalla lesione del nervo faciale sono in uso attualmente, in Italia, particolari terapie importate dall’estero tramite l’AISMo.
Body-brushing
La “tecnica del Body-brushing” del dottore Steve Clarke, è una tecnica di stimolazione neuro-motoria, proposta e realizzata solo dal medesimo, attraverso cui si riesce a migliorare il coordinamento motorio ed alcuni aspetti legati alla capacità di concentrazione. Il trattamento ha aiutato bambini, adolescenti e adulti con difficoltà di apprendimento e di concentrazione (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), con ritardo di sviluppo, con disprassia, con dislessia e con, appunto, la sindrome di Moebius. Le basi scientifiche su cui si fonda questo metodo non risultano molto solide, ma i risultati ottenuti sui pazienti tendono ad essere positivi. La principale teoria, su cui si fonda questa tecnica, sostiene che questi tipi di disturbi sono dovuti alla presenza di un sistema nervoso immaturo, dove continuano ancora a persistere alcuni riflessi primitivi (startle reflex). Questo provocherebbe una concentrazione maggiore di adrenalina nel corpo, che andrebbe a determinare iperattività e problemi di concentrazione e di memoria.
Il trattamento dura circa tre anni e si basa sulla stimolazione di varie parti del corpo tramite un pennello (brush).
Solitamente si inizia con un pennello a setole piccole che viene passato sulla schiena, sul torace, sul collo, sul viso e su altre parti del corpo, individuate a seguito di una visita specifica. Infatti, il trattamento viene impostato solamente dopo un’accurata valutazione, in cui vengono esaminate le diverse reazioni del paziente (i diversi tipi di riflessi come quello fetale, primitivo, infantile e transitorio o la postura, la coordinazione motoria, l’equilibrio, ecc), che costituiscono un indice su cui riflettere sul fatto che vi sia o meno un possibile margine di miglioramento.
Dopo la consultazione iniziale, seguita da una serie di test per individuare con precisione quali sono le zone del corpo che dovrebbero essere sollecitate a inizio del processo di correzione, si vanno ad impostare delle linee guida per i genitori, che dovranno eseguire la terapia a casa, ed inoltre vengono anche stabiliti gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
La stimolazione avviene passando il pennello molto delicatamente su alcune aree del corpo scelte dal terapeuta, due volte al giorno, con 20 colpi alla volta e con un intervallo di almeno tre ore tra i due stimoli. Il pennello viene prodotto con setole di scoiattolo e viene direttamente fornito dal dottor Clarke. Ogni tre-quattro mesi viene effettuata una rivalutazione per controllare i risultati raggiunti ed, eventualmente, apportare modifiche nelle modalità di utilizzo del pennello o nei punti del corpo da stimolare.
Durante il trattamento, inoltre, ci sono anche degli intervalli, affinché i miglioramenti apportati abbiano il tempo di stabilizzarsi.
Questa tecnica, nei piccoli pazienti con Sindrome di Moebius, ha permesso alcuni movimenti del viso, come per esempio un inizio di abbassamento della palpebra, la chiusura della bocca o il sorriso. Nella sindrome le parti stimolate sono il viso, con il solletico, il palmo delle mani (la cui stimolazione sollecita la produzione di lacrime) e la schiena.
Queste stimolazioni, inoltre contribuiscono a migliorare la concentrazione, l’equilibrio e la coordinazione motoria.
Trophic Electrical Stimulation (TES)
La Trophic Electrical Stimulation è una tecnica di stimolazione dei muscoli facciali, ideata dal medico inglese Diana Farragher, nel 1981.
La TES viene applicata al muscolo con lo scopo specifico di intervenire sul suo percorso metabolico, favorendone lo sviluppo nutrizionale e la crescita. Ci vuole però un po’ di temo prima che il muscolo riacquisti la giusta quantità di sangue e crei nuovamente gli elementi costitutivi delle proteine sane. L'uso di TES può essere utilizzata come un complemento a molte tecniche di fisioterapia convenzionale.
Nutrire il muscolo e migliorare l'apporto di sangue è, infatti, un modo elettronico di fare riscaldamento, fase molto importante per il muscolo e da eseguire prima dell’esercizio, dove il muscolo verrà tenuto sottocarico.
La TES va ad operare attraverso frequenze simili a quelle utilizzate dal nervo sano, funzionando sia sulle fibre rosse che su quelle bianche, e facilita il corpo nel suo processo di guarigione naturale, impedendo o eliminando i conseguenti cambiamenti associati ad atrofia. Fondamentalmente, basandosi sul lavoro svolto dai nervi funzionanti, tenta di attivare dei sistemi di nutrimento adeguati che mantengano il muscolo molto trofico, trasmettendo ripetutamente un impulso al muscolo come segnale per ricostruire sè stesso secondo le specifiche esatte. In sintesi, la TES copia i segnali nervosi sani riproducendoli in un sistema che non è funzionale, rappresentando così una nuova modalità con cui ritrovare un buono stato di salute.
Il trattamento è progettato per essere realizzato a casa, facendo riferimento a piani di trattamento pre-programmati che danno l’indicazione per una corretta 'dose' o quantità di stimolazione, e viene completato con tre visite mensili dal terapista, che valuta i progressi ottenuti e i trattamenti da eseguire successivamente.
Il trattamento può essere previsto per diversi mesi. Inoltre, i miglioramenti, seppur duraturi, sono graduali, richiedono del tempo e devono essere mantenuti attraverso l’utilizzo corretto dei gruppi muscolari e l’esercizio fisico.
Un piano di TES solitamente inizia con la ricostruzione degli strati di base profondi del muscolo (le fibre muscolari rosse). Questo strato muscolare è aerobico, ossia si basa sull’ossigeno per funzionare. Proprio per questo è la prima parte del muscolo che soffre in situazioni di dolore, gonfiore (es. artrite), mancanza di utilizzo o in casi di lesione del nervo periferico. Questo strato garantisce la protezione delle nostre articolazioni, legamenti e tendini.
La muscolatura rossa è progettata per lavorare giorno e notte e per resistere alla fatica.
Per stimolare questa parte del muscolo è necessario applicare degli elettrodi sul nervo in due punti, in modo che il nervo sano porti dei segnali fino agli strati profondi del muscolo.
Il segnale che questo strato muscolare è abituato a ricevere dal nervo sano inizia a partire da 5 pulsazioni al secondo fino ad arrivare a 15. Con la tecnologia ora disponibile questo tempo può essere copiato in maniera molto precisa e questo permette il successo del trattamento.
La segnalazione deve essere sentita sulla pelle come una serie di leggeri colpi, non deve mai essere dolorosa.
Il trattamento riguarda pazienti di tutte le età, dai 7 mesi ai 97 anni. Sui bambini piccoli questo viene eseguito durante il sonno per garantire una migliore riuscita. Inoltre, sempre riguardo ai piccoli pazienti, il trattamento potrebbe essere sospeso per un periodo di tempo, ma ciò non comporterebbe la perdita di nessuna delle competenze acquisite.
Questo tipo di trattamento è comunque consigliabile che venga eseguito sotto la guida di un fisioterapista e/o neuropsicomotricista o adeguatamente fornito dal medico curante.
Oralmotor-therapy
L’Oralmotor- therapy, cura di tipo logopedico, è finalizzata al miglioramento della motricità dei muscoli del volto e la sua promotrice è la dottoressa Sara Rosenfeld-Johnson.
Utilizzata nella cura della sindrome, va ad agire sui deficit comuni che incidono sull'alimentazione e sulla chiarezza del linguaggio, cioè agisce sulla ridotta sensibilità orale, sulla chiusura incompleta delle labbra, sulla mobilità ridotta della lingua e/o sulla sua retrazione limitata e/o sulla sua lateralizzazione (ossia la direzione verso cui la punta della lingua è rivolta durante la sua protrusione) e sulla debolezza della muscolatura mascellare.
In riferimento a questi deficit, i principali obiettivi che l’Oralmotor -therapy si pone sono:
- aumentare la consapevolezza riguardo al deficit;
- normalizzare la sensibilità tattile;
- insegnare schemi di movimento più fisiologici;
- aumentare la differenziazione dei movimenti orali
- Dissociazione: separazione del movimento, basata sulla stabilità e sulla forza, in uno o più gruppi muscolari;
- Grading: segmentazione e controllo dei singoli movimenti dissociati;
- Fissaggio: postura anomala utilizzata per compensare una minore stabilità che va ad inibire la mobilità.
- migliorare le capacità di alimentazione e apporto nutrizionale;
- migliorare la produzione del suono vocale per massimizzare l'intelligibilità.
Considerando che i muscoli utilizzati nell'alimentazione sono gli stessi muscoli che vengono utilizzati nel linguaggio, il trattamento, inizialmente, andrà ad intervenire sull’alimentazione. Durante tutti gli interventi di alimentazione è importante far assumere al paziente una postura stabile e congrua, dopo di ché si inizia con la proposta di cibi liquidi, semisolidi e solidi con l’utilizzo di diversi strumenti:
Liquidi: per i movimenti di lingua e labbra
- Scelta del bicchiere giusto
- Utilizzo della cannuccia, basandosi sulla Straw Hierarchy
- Siringa di alimentazione
- Honey Bear
- Straw Hierarchy
Semisolidi (purè) : per i movimenti di lingua e labbra
Alimentazione con il cucchiaio:
- posizionamento del cucchiaio: frontale, laterale o con la punta sulla linea mediana del labbro
- Attendere il tentativo di chiusura delle labbra prima di rimuovere il cucchiaio.
Solidi: per i movimenti di mascella e lingua
- importante imparare a masticare con i molari
- importante lavorare su entrambi i lati della bocca
L’Oralmotor- therapy inizia con un programma sensoriale (lecca-lecca vibranti, baciare le bolle, ecc.), prosegue, poi, con esercizi per la mascella (masticare con i molari, mangiare a piccoli morsi), per le labbra (spugna-balsamo-abbassalingua e abbassalingua normale per la chiusura; gerarchia dei corni per la chiusura e l’arrotondamento; la Straw Hierarchy per l’arrotondamento).
In ogni caso di Sindrome di Moebius trattato, c'è stato un miglioramento nella funzione della muscolatura orale interessata. Il successo viene ottenuto sia che si tratti di casi di paralisi[20] che di paresi[21].
Nel caso di paralisi, l'obiettivo dell’Oralmotor- therapy è quello di insegnare ai muscoli circostanti come compensare i muscoli che non possono muoversi autonomamente. Nel caso di paresi, l'obiettivo è quello di migliorare il funzionamento dei muscoli interessati.
In tutti i pazienti sono stati utilizzati una varietà di esercizi motorio-orali. Quelli di maggior successo riguardano il primo livello di consapevolezza o "sensoriale" del muscolo, per poi continuare a lavorare sul suo movimento. Ad esempio, una serie di corni giocattolo sempre più difficili da soffiare è stata utilizzata per migliorare la mobilità e la forza del labbro superiore. La "Horn Hierarchy" lavora per migliorare il grading dei muscoli addominali, dei velo-faringei funzionanti, della mascella, del labbro e la dissociazione della lingua.
Ci sono quattordici corna nella gerarchia. Ognuna permette anche lo sviluppo di suoni specifici del linguaggio.
Uno degli obiettivi primari, nei pazienti con la sindrome, è quello di migliorare la mobilità del labbro superiore. L'incapacità di chiudere o arrotondare le labbra influisce sulla sicurezza durante l’alimentazione così come sulla chiarezza nel parlato.
Nell’area alimentare, le labbra svolgono numerose funzioni importanti, come la suzione, il bere da una bottiglia o da una tazza, il mangiare purè da un cucchiaio, il portare indietro il cibo verso la lingua per avviare una deglutizione sicura, il bere da una cannuccia ed il controllo della saliva. Senza queste capacità l'alimentazione può essere "disordinata", ed il cliente può anche presentare un alto rischio di soffocamento e/o di conati di vomito.
Nei clienti di età superiore ai dodici mesi, l'obiettivo iniziale è generalmente la chiusura delle labbra. Oltre ai corni, sono state utilizzate con successo anche altre serie di esercizi per la chiusura graduale delle labbra. Una volta che la chiusura delle labbra è stata raggiunta, può essere introdotta la " Straw Hierarchy".
Questa sequenza di undici cannucce, a difficoltà crescente, è usata per insegnare il coordinamento necessario durante una sicura deglutizione e per migliorare la stabilità della mascella, l’arrotondamento delle labbra e la ritrattazione della lingua.
L’Oralmotor- therapy viene quindi utilizzata efficacemente per il potenziamento della chiusura e dell’arrotondamento delle labbra, andando così a migliorare i livelli di abilità nell’alimentazione e nella sicurezza alimentare.
Nell’area riguardante l’uso del linguaggio, le labbra vengono utilizzate per i seguenti suoni nel discorso: a) consonanti, a labbra chiuse per /m/, /b/, /p/, a labbra arrotondate per /sh/, /ch/, /j/, con le labbra inferiori tese per /f/, /v/, /r/; b) vocali, a labbra arrotondate per /oo/, /aw/, a labbra retratte per /ee/, /ih/, /eh/ e i dittonghi /i/, /a/ ("bake"), /o/ ("no").
Molti pazienti con Sindrome di Moebius sono in grado di capire e, soprattutto di servirsi di un vocabolario e di una struttura frasale adeguati alla loro età cronologica, senza però, a volte, riuscire a farsi capire, a causa della scarsa intelligibilità del loro linguaggio, dovuta anche all’insufficiente mobilità delle labbra. In questi casi, quindi, la terapia verrà utilizzata per andare a migliorare la comprensibilità del linguaggio, attraverso esercizi per la chiusura e l’arrotondamento delle labbra.
La Smile Surgery
Nella Sindrome di Moebius è possibile intervenire chirurgicamente tramite una tecnica messa a punto dal dottor Ronald Zuker (dell'Hospital for Sick Children di Toronto) e praticata per la prima volta in Italia nel Giugno 2003 dallo staff maxillo-facciale dell'ospedale di Parma. L’età ideale per l’intervento è il periodo pre-scolare, epoca in cui il paziente inizia a prendere coscienza della sua malformazione funzionale. Questo permetterà al bambino, nel momento in cui verrà inserito nella scuola primaria, di non presentare i deficit fonetici ed espressivi propri della malattia.
Per decidere se l’intervento di Smile Surgery, in quel paziente, sia necessario ed utile da un punto di vista funzionale ed estetico, diverse figure specialistiche valutano i pazienti con l’obiettivo di fornire un quadro clinico adeguato, che permetta al chirurgo maxillo-facciale di decidere come e se intervenire.
Il trattamento delle paralisi facciali dipende principalmente dal tipo di paralisi, dalla quantità e funzionalità delle strutture risparmiate e, in particolar modo, dal
tempo trascorso dall’instaurarsi della paralisi stessa. Nelle forme lievi, in cui vi sono buoni residui di motilità delle strutture mimiche facciali, la terapia logopedica, fisioterapica e neuropsicomotoria può andare a sostituire la chirurgia, garantendo in ogni caso risultati soddisfacenti. Nei casi in cui la paralisi interessa tutte le strutture del volto, l’unico mezzo efficace per andare a ripristinare il terzo inferiore del volto è la chirurgia. Vengono esclusi però dall’intervento, nonostante la presenza di tale tipo di paralisi, pazienti che:
- abbiano un’età inferiore ai 6 anni;
- presentino un basso livello di collaborazione legato al ritardo mentale;
- raggiungano un ottimo compenso funzionale delle unità motorie residue;
- abbiano più nervi deglutitori coinvolti;
- presentino problemi di deambulazione;
- non possiedano un nucleo familiare collaborante che possa garantire il corretto svolgersi del periodo post operatorio e delle terapie riabilitative.
Nel caso in cui il paziente risulti invece idoneo, il trattamento può essere realizzato con lo scopo di raggiungere i seguenti obbiettivi:
- il ripristino dell’attività sfinterica orale
- la simmetria dei movimenti volontari della commissura labiale con conseguente recupero dell’espressività
- il miglioramento della fonetica attraverso il recupero delle prassie labiali e labio-dentali
- il controllo della scialorrea ed il miglioramento delle capacità alimentari.
La scelta del trattamento chirurgico dipende ugualmente dal tipo di patologia; possiamo infatti distinguere il trattamento delle forme bilaterali da quello delle forme monolaterali.
La Smile Surgery nelle forme bilaterali
Il trattamento chirurgico, in caso di paralisi completa bilaterale, è costituito da due interventi separati, uno per ciascun lato, a distanza di circa 6-8 mesi l’uno dall’altro. Ogni intervento ha una durata di circa 6 ore e prevede un ricovero di circa 5-6 giorni, salvo complicanze. Ogni intervento consiste nell'asportazione del gracile (un piccolo muscolo dell'interno coscia), del suo peduncolo vascolare (ossia dell’arteria e della vena in grado di mantenere in vita il muscolo stesso) e del suo peduncolo nervoso (ossia del nervo che verrà utilizzato per ripristinare la contrazione del muscolo trapiantato e con essa il ripristino del sorriso) e nel loro trapianto tra l'angolo della bocca e la regione preauricolare. A questo punto per ottenere il movimento del muscolo trapiantato è necessario un impulso nervoso che verrà fornito dal nervo masseterino (nervo implicato nella masticazione e risparmiato dalla patologia). Dal momento che viene prelevata solo una parte del muscolo dalla coscia (circa un terzo) non si verificano solitamente deficit funzionali conseguenti all’intervento.
Il tempo necessario per l’inizio della contrazione del muscolo trapiantato varia per ogni soggetto e dipende anche dall’età; in media, comunque, è di circa 4-6 mesi. Durante questo periodo è necessario eseguire degli appositi esercizi, che serviranno ad ottenere una buona motilità degli angoli della bocca, permettendo di sorridere e di articolare meglio la parola.
La smile surgery nelle forme monolaterali
Nei pazienti con paralisi facciale monolaterale il trattamento chirurgico prevede l’utilizzo del nervo facciale sano controlaterale per trasmettere l’impulso motorio al muscolo trapiantato. Si articola in due diversi interventi chirurgici. Durante il primo intervento viene prelevato un nervo sulla faccia posteriore della gamba (il nervo surale), mediante 2 o 3 piccole incisioni. In seguito, un capo di questo nervo viene unito ad una branca, che nel frattempo è stata isolata, del nervo faciale sano, mentre l’altro capo viene posizionato nel vestibolo labiale superiore (Cross face graft). Dopo un periodo di tempo necessario affinché le fibre nervose rigenerino, circa 6-8 mesi, viene eseguito il secondo intervento. Quest’ultimo intervento viene eseguito con le stesse modalità descritte per le forme bilaterali, con la sola differenza che il nervo del muscolo verrà collegato al nervo precedentemente posizionato nel vestibolo labiale durante il primo intervento. La durata del primo intervento è di circa 2 ore mentre per il secondo, come per le forme bilaterali, è di circa 5/6 ore. La degenza è di circa 2-3 giorni per il primo intervento e di circa 6 giorni per il secondo. Anche in questo caso il tempo necessario per l’inizio della contrazione del muscolo trapiantato è variabile da soggetto a soggetto e dipende anche dall’età. In media comunque è di circa 7 mesi.
Nel caso, invece, della presenza di forme incomplete, in cui il nervo facciale controlaterale alla paralisi non sia perfettamente funzionante, o della presenza di pazienti anziani o di fallimento della tecnica del cross graft, è possibile utilizzare come nervo donatore il nervo masseterino, analogamente a quanto avviene nelle forme bilaterali: in questo caso il paziente sarà sottoposto ad un unico intervento chirurgico.
- [18] Forma congenita di strabismo, caratterizzata da limitazione del movimento orizzontale dell'occhio, retrazione del globo oculare con restringimento delle rime palpebrali nel tentativo di adduzione.
- [19] Patologia di tipo progressivo caratterizzata da debolezza della muscolatura facciale, interessamento del cingolo scapolare, sordità neurosensoriale e anomalie dei vasi retinici.
- [20] perdita completa della funzione motoria, inclusa la perdita di sensibilità.
- [21] paralisi parziale che influenza il movimento muscolare, ma non la sensibilità.
Indice |
INTRODUZIONE |
CAPITOLO I LA SINDROME DI MOEBIUS: epidemiologia, classificazione ed eziopatogenesi
CAPITOLO II
CAPITOLO III LA SINDROME DI MOEBIUS: prognosi, diagnosi e terapia
CAPITOLO IV Progetto Riabilitativo nella Sindrome di Moebius
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Alessandra MURRU |