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LO SVILUPPO MOTORIO: TIPICITÀ E PATOLOGIA

LO SVILUPPO PSICOMOTORIO: DAL MOVIMENTO AL GESTO

L’importanza dello sviluppo motorio risiede nel suo valore adattivo e nel suo indissolubile legame con l’evoluzione dell’intelligenza e dell’affettività: lo svilupparsi di abilità motorie sempre più raffinate e complesse può essere infatti descritto come un processo di dinamica interazione tra eredità e apprendimento, tra comportamento innato e sperimentazione attiva, finalizzato all’adattamento all’ambiente e alla conoscenza di sé e del mondo. Attraverso il movimento il bambino inizia a percepire e sperimentare il proprio corpo, ad esplorare l’ambiente e a stabilire rapporti con gli oggetti e con l’altro diverso da sé: è l’esperienza del mondo fatta attraverso il movimento a consentirgli con il tempo di riconoscere ed integrare una realtà interna ed esterna a sé e di attribuire un valore cognitivo e relazionale alle proprie azioni, trasformando l’atto motorio da semplice esperienza accidentale a gesto motivato e intenzionale. Il movimento si carica così di una precisa coloritura emotiva e diventa una risorsa per esprimere l’intenzionalità e la creatività del soggetto in relazione con l’ambiente e con l’altro. L’evoluzione delle abilità motorie si configura quindi come un graduale passaggio dalla protomotricità della vita intrauterina alla motricità compiuta delle prassie e del gesto, in cui l’atto motorio si carica di valore comunicativo e simbolico 1.

I primi mesi di vita sono caratterizzati dalla presenza della motricità riflessa, che pur essendo contraddistinta dal riproporsi di adattamenti tonico-posturali e schemi motori innati e indifferenziati in risposta a stimolazioni sensopercettive esterne o interne, sembra comunque rappresentare per il bambino un modo efficace di essere e di rapportarsi al mondo, poiché come sostiene Ajuriaguerra “l’attualizzazione delle possibilità riflesse è già una modalità assimilatrice, che si adatta all’ambiente dal momento in cui si esercita”2, espressione della possibilità per l’organismo di reagire attraverso movimenti adattati al contesto e al clima affettivo in cui il bambino è immerso: è dall’esercizio della motricità riflessa, dalle esperienze di dialogo tonico e dalle gratificazioni derivanti dal soddisfacimento dei bisogni essenziali durante i primi mesi di vita, che sembrerebbero infatti originare la consapevolezza di sé e del proprio corpo vissuta attraverso l’azione, nonché il dinamismo pulsionale alla base della motivazione e dell’intenzionalità dell’atto motorio.

L’acquisizione delle abilità manipolatorie segna il successivo passaggio alla motricità esplorativa, grazie alla quale il bambino impara a conoscere il mondo e parte di sé, estendendo il campo di applicazione degli schemi motori acquisiti ad una realtà che non è più egocentrica, ma oggettuale ed oggettiva. È in questa fase che maturano le nozioni di spazio e tempo, nei rispettivi termini di rapporti topologici, ordine, durata e successione. Con il processo descritto da Piaget3 come “decentralizzazione rispetto al proprio Io”, il corpo del bambino si dissocia dal mondo esterno ed avviene il passaggio dallo stadio che Wallon4 definisce di “simbiosi affettiva” alla percezione dell’ “oggetto libidico”, con il progressivo indirizzarsi degli interessi affettivi verso la realtà esterna: diventa così possibile un’azione diretta sul mondo, grazie alla quale il bambino inizia gradualmente ad affermarsi come unità affettiva ed espressiva autonoma e differenziata.

Il bambino impara poi con il tempo a sviluppare schemi d’azione sempre più complessi e fondati sulla memorizzazione delle precedenti esperienze: il processo di accomodamento alla realtà esterna di nuove e efficaci combinazioni motorie avviene non più solo mediante l’esperienza diretta, ma anche e soprattutto attraverso la coordinazione interna di schemi d’azione, in un processo di rappresentazione mentale anticipatoria che è alla base della motricità imitativa e che esprime l’affinarsi delle capacità di adattamento del bambino al contesto socio-culturale.

Con lo sviluppo delle funzioni gnosiche e la nascita del simbolo, il movimento può così dissociarsi dalla realtà effettiva per essere interiorizzato e rappresentato mentalmente come parte di un compiuto progetto motorio, in cui le informazioni percettive immediate vengono analizzate e simultaneamente confrontate con le esperienze passate, in un processo dinamico che conduce alla predisposizione dell’atto motorio in funzione del suo scopo finale e in previsione dell’effetto atteso. Le azioni assumono così la connotazione di prassie, quali “sistemi di movimenti coordinati in funzione di un risultato o di un’intentezione”2, e il progetto motorio si costituisce come sintesi unificante in cui convergono possibilità motorie e facoltà intellettuali e psichiche, affinché ne risulti un atto cosciente e intenzionale. Ma è solo attraverso il confronto e lo scambio interattivo con l’altro che la motricità può assumere il significato comunicativo che è proprio del gesto: non solo il semplice risultato di un progetto motorio intenzionale, ma un atto motorio determinato da motivazioni consce e inconsce ad agire, che impegna ed esprime l’intera personalità del soggetto. È nel gesto che si manifesta il più profondo legame tra il movimento e il suo scopo, come atto in cui la motricità raggiunge il suo più elevato grado di astrazione e in cui il corpo può manifestare la sua presenza al mondo libera e motivata. La motricità diventa quindi mediatrice di segni corporei, dell’insieme di atteggiamenti e comportamenti che hanno valore per l’altro e che informano il mondo degli aspetti caratteristici della personalità dell’individuo.

ATIPIE E DISTURBI DEL MOVIMENTO

Considerata la complessità delle interazioni tra i molteplici sistemi che concorrono a determinare l’emergere del comportamento motorio in età evolutiva, la comprensione della natura e della patogenesi di atipie e disturbi motori presuppone inevitabilmente la conoscenza dell’architettura delle funzioni adattive e del loro percorso evolutivo in relazione all’età, al contesto ambientale e al vissuto personale del bambino: la disfunzione o lo sviluppo anomalo di uno o più di questi sistemi può infatti concorrere a destabilizzare il complesso processo evolutivo delle abilità motorie fini e grossolane e a definire quadri patologici di varia natura in funzione dell’età del bambino e della tipologia, gravità, sede ed estensione del danno.

Nell’ambito delle teorie cognitiviste su cui si fondano i modelli sistemici 5 e dinamici 6 di sviluppo sono stati pertanto individuati tre diversi livelli di elaborazione, esecuzione e controllo del comportamento motorio a cui poter ricondurre la patogenesi del disordine secondo l’approccio di information processing.

Il primo livello si riferisce alle motivazioni e agli scopi del comportamento motorio, che attivano e sostengono l’intenzionalità ad agire, comunicare, esplorare e conoscere la realtà oggettuale attraverso lo spostamento volontario nello spazio, la manipolazione e l’interazione con l’altro: alla base del movimento è sempre presente infatti un piano d’azione, che reca in sé il significato e lo scopo del gesto nella sua organizzazione gerarchica e sequenziale. I problemi a questo livello si collocano pertanto nelle componenti emotive, psicologiche e cognitive da cui trae origine il piano d’azione. La mancanza o scarsità di scopi ed intenzioni delinea in genere un quadro di ritardo dello sviluppo psicomotorio che si riscontra spesso in bambini con disabilità intellettiva, difficoltà relazionali e vissuti di deprivazione ambientale, e si manifesta come ritardo nell’acquisizione delle competenze motorie, in genere limitate e spesso qualitativamente compromesse al confronto con i bambini della stessa età.

Il secondo livello si riferisce alle regole e alle strategie esecutive grazie alle quali il piano di azione viene tradotto in programma motorio attraverso la combinazione sequenziale di pattern di movimento specifici e funzionali al conseguimento dell’azione: un processo di analisi delle coordinate spaziali e temporali relative al contesto ambientale e alla posizione del corpo rispetto agli oggetti, funzionale alla valutazione degli aspetti topologici e cinematici del movimento e fondato sull’elaborazione di informazioni sensoriali, meccanismi di anticipazione e conoscenza esperienziale delle regole di sintassi del movimento. Difficoltà a questo livello possono sia originare da alterazioni del processo sensoriale, quali i disordini della percezione visiva e cinestesica tipici dei bambini ipovedenti o con paralisi cerebrale infantile, sia presentarsi isolate, come probabile esito di disfunzioni neurologiche minori tipiche dei quadri clinici di disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria o disprassia evolutiva. In entrambi i casi si riscontra incapacità nell’organizzare con efficacia le coordinate spaziali e temporali del movimento sia in fase di programmazione sequenziale sia durante l’esecuzione della performance motoria, che appare compromessa nelle sue qualità di ordine, armonia, ritmo e fluidità. A ciò si associano difficoltà nell’automatizzazione dei movimenti e nel recupero dalla memoria esperienziale degli schemi motori appresi, per ricombinarli ed adattarli a nuovi contesti ambientali. La disprassia in particolare può essere distinta in disprassia ideativa o di pianificazione, in cui è compromessa alla base la capacità di programmare le strategie per svolgere l’azione, e disprassia ideomotoria o esecutiva, in cui le difficoltà risiedono nell’attuare il passaggio dal piano ideativo all'esecuzione motoria 7.

Il terzo livello si riferisce infine agli strumenti neuromotori deputati all’attuazione del programma motorio mediante la traduzione in atto delle sequenze di movimento elaborate dai centri di controllo superiori. Alterazioni a carico dei sistemi coinvolti negli aspetti biomeccanici del movimento, nei processi di regolazione della variabilità del repertorio di pattern e della fluidità delle sinergie neuromuscolari, nel garantire l’afflusso di informazioni sensoriali e il monitoraggio dell’azione in corso di svolgimento, derivano spesso da sindromi lesionali o malformative a carico del sistema nervoso centrale o periferico ed esitano in segni lesionali o disfunzionali che assumono caratteristiche diverse in relazione alla sede, all’estensione e alla gravità del danno: ipotonia o ipertonia, spasticità, distonie, ipostenia, riduzione del repertorio di pattern, ipercinesie, difficoltà nel controllo motorio, alterazione del timing delle sequenze temporali e limitazioni articolari secondarie, sono solo alcune delle manifestazioni cliniche di maggiore riscontro nei quadri patologici più rappresentativi del gruppo, le paralisi cerebrali infantili congenite o acquisite. Riconosciuta quindi l’ampia variabilità dei sistemi coinvolti nel determinare le diverse manifestazioni patologiche con cui si esprimono i diversi problemi motori, appare chiaro quanto sia importante indagare origini e caratteristiche di disturbo, al fine di comprendere quanto e in che modo esso possa incidere sullo sviluppo globale del bambino: le limitate e poco efficaci esperienze di interazione ambientale e sperimentazione autonoma secondarie al problema motorio, possono infatti portare in età evolutiva ad una riduzione delle possibilità di apprendimento, di socializzazione e, nei casi più gravi, di integrazione del Sé.

LA VALUTAZIONE DELLA MOTRICITÀ IN AMBITO NEUROPSICOMOTORIO

Il processo diagnostico ha l’obiettivo di accertare la presenza e le caratteristiche di eventuali disturbi o alterazioni del comportamento motorio, sia per quanto riguarda gli aspetti qualitativi di coordinazione, fluidità ed ampiezza di movimento, sia in merito all’efficienza delle prestazioni motorie negli abituali contesti di vita del soggetto, al quale si accompagna la valutazione del grado di incidenza degli eventuali deficit rilevati sul funzionamento adattivo generale8. L’osservazione delle competenze motorie attuali deve sempre avvenire nell’ottica di un confronto con le caratteristiche del comportamento motorio normale, in funzione dell’età e delle tappe dello sviluppo fisiologico, che riflettono la regolare sequenza temporale di acquisizione delle competenze posturali, di spostamento e manipolazione. È però bene ricordare al contempo che l’incremento delle abilità motorie e l’affinarsi delle prestazioni non è solo l’esito di un semplice processo di maturazione e acquisizione di competenze, ma il risultato della complessa interazione e integrazione tra sistema nervoso e sensopercettivo, apparato muscoloscheletrico, spinte psicologiche ed emotive, sviluppo cognitivo ed influenze ambientali, in continua evoluzione secondo modalità, tempi e ritmi differenti. Ne consegue che per la valutazione dei disordini del comportamento motorio è sempre necessario indagare il ruolo svolto da ciascuna componente dello sviluppo in ogni fascia di età e le modalità con cui questi sistemi interagiscono per contribuire a determinare livelli di funzionamento motorio via via più adattivi 9.

La valutazione delle abilità motorie in ambito neuropsicomotorio si fonda principalmente sull’osservazione del comportamento spontaneo del bambino in un contesto ludico interattivo e stimolante, che lo motivi ad agire e a spostarsi all’interno dell’ambiente, che ne stimoli l’interesse per lo spostamento autonomo e ne favorisca l’espressione corporea. A ciò si devono integrare le informazioni relative alle modalità di interazione e alle caratteristiche del comportamento motorio del bambino nel suo ambiente di vita quotidiano, ricavate dai racconti e dalle impressioni personali dei genitori o di quanti lo conoscono e hanno occasione di osservarlo nella sua spontaneità.

Ma per attribuire un valore oggettivo alle osservazioni condotte in un contesto libero e non strutturato, il processo diagnostico deve prevedere anche la somministrazione di strumenti di valutazione standardizzarti, che possano facilitare l’emergere delle migliori qualità o problematiche del bambino e che guidino l’operatore nella completa osservazione di tutti i normali ambiti di competenza motoria. Attraverso i test vengono in genere indagate entrambe le aree di motricità globale, con prove finalizzate ad esaminare le modalità di spostamento nello spazio, la coordinazione dinamica generale e le abilità di controllo della forza e gestione dell’equilibrio, e di motricità fine, mediante la proposta di compiti volti a sondare le abilità degli arti superiori, le strategie di manipolazione e le competenze prassiche del bambino. Tra gli strumenti standardizzati di più comune impiego nella pratica clinica si segnalano i test domino specifici Movement Assessment Battery for Children (M-ABC), Peabody Developmental Motor Scales 2° Edition (PDMS-2) e il Protocollo per la valutazione delle Abilità Prassiche e della Coordinazione Motoria 2° Edizione (APCM-2), ai quali si aggiunge la valutazione delle abilità motorie condotta mediante la somministrazione di test che indagano lo sviluppo psicomotorio complessivo del bambino, quali le Griffiths Mental Developmental Scales Extended Revised (GMDS- ER) e le Bayley Scales of Infant and Toddler Development 3° Edition (Bayley-3). Per una più completa valutazione, che comprenda anche l’analisi delle componenti sensopercettive e neuropsicologiche del movimento, è però imprescindibile integrare l’esame neuropsicomotorio con la somministrazione di test per la valutazione della percezione visiva e delle capacità di integrazione visuo-motoria, come il Devolopmental Test of Visual Motor Integration (VMI) e il Developmental Test of Visual Perception (TPV), della memoria visuo-spaziale, con il Test della Figura Complessa di Rey, delle capacità di imitazione immediata e differita di gesti, mediante il Test di Imitazione dei Gesti di Berges e Lezine, della lateralità, con il Questionario di Briggs e Nebes, del livello di conoscenza e capacità di rappresentazione dello schema corporeo, attraverso il Test della Figura Umana di Goodenough. Due delle maggiori criticità che tuttavia si prospettano al momento della somministrazione del test possono essere individuate nei lunghi tempi spesso necessari per portare a termine tutte le prove e nell’esigenza di ottenere la completa collaborazione del bambino fino alla conclusione della valutazione: l’impegno attentivo e relazionale molte volte richiesto risulta spesso infatti gravoso in rapporto all’età e alle capacità di tolleranza alla frustrazione del piccolo paziente, la cui scarsa collaborazione può talora inficiare i risultati delle prove e portare ad esiti che non riflettono le sue reali capacità motorie.

Emerge con ciò quanto sia complesso e articolato il processo di valutazione delle abilità motorie in ambito neuropsicomotorio, che non può limitarsi alla sola osservazione del movimento nelle sue caratteristiche più formali e cinematiche. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è infatti la ricaduta in termini psicologici dei disturbi ed atipie motorie sul percorso di crescita del bambino, in quanto la percezione delle proprie limitazioni incide spesso negativamente sullo sviluppo dell’immagine di Sé e sulla stabilità dei livelli di autostima. La valutazione e l’intervento riabilitativo precoci dei disturbi del comportamento motorio risultano pertanto strumenti indispensabili al fine di garantire al bambino la presa di coscienza del proprio corpo e delle proprie possibilità, di fare esperienza dello spazio e degli oggetti, di accrescere il proprio senso di efficacia ed adattarsi all’ambiente nella maniera più funzionale possibile.


  1. Pisaturo C., Appunti di Psicomotircità. La pratica psicomotoria nella clinica neuropsichiatrica dell’età evolutiva, Ed. Piccin Nuova Libraria S.p.a., Padova, 1996.
  2. De Ajuriaguerra J., Manuale di psichiatria del bambino, Ed. Masson Italia, Milano, 1979.
  3. Piaget J., Lo sviluppo mentale del bambino, Ed. Einaudi, Torino, 1975.
  4. Wallon H., L’evoluzione psicologica del bambino, Ed. Bollati Boringhieri, 1980.
  5. Bernstein N., The coordination and regulation of movements, Pergamon Press, Oxford, 1967.
  6. Kugler P. N., Kelso J. A. S., Turvey M. T., On the concept of coordinative structures as dissipative structure. Theoretical lines of convergence, in Stelmach GE, Requin, J. (eds), Tutorial in motor behavior, North Holland, 1980.
  7. Dewey D., What is developmental dispraxia?, in Brain an Cognition, 1995, 29 : 254-274.
  8. Militerni R., Neuropsichiatria infantile, Ed. Idelson-Gnocchi, Napoli, 2015.
  9. 9 Fedrizzi E., I disordini dello sviluppo motorio: fisiopatologia, valutazione diagnostica, quadri clinici e riabilitazione, Ed. Piccin Nuova Libraria S.p.a., Padova, 2009.

 

 

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