Consapevolezza di sé e degli altri
Gli individui che sono consapevoli di sé, come dimostra la capacità di diventare l'oggetto della propria attenzione, provano un senso di continuità psicologica nel tempo e nello spazio.
È ipotizzato che ogni organismo capace di auto-riconoscimento ha una consapevolezza introspettiva dei propri stati mentali e la capacità di ascriverli nella capacità mentale degli altri.
Un chiaro senso di sé può evolversi per risolvere almeno due tipi di problemi di adattamento:
- assumendo la funzione di contenitore del feedback sociale (che riceve dagli altri);
- modellando e comprendendo i mondi interni e i soggettivi degli altri, rendendo più facile dedurre le intenzioni e le cause che sono alla base dei comportamenti osservati, migliorando pertanto l'efficacia dell'interazione;
Si può precisare che lo sviluppo del proprio stato mentale e la comprensione dell’ altro sono funzionalmente legati alle funzioni esecutive, vale a dire, i processi che servono a monitorare e a controllare il pensiero e le azioni, tra cui l’ auto-regolamentazione, la pianificazione, la flessibilità cognitiva, l’ inibizione della risposta, e la resistenza all’ interferenza.
Ci sono prove sempre più chiare di un legame specifico tra lo sviluppo della mentalizzazione e un migliore auto-controllo intorno all'età di 4 anni. Infatti, lo sviluppo del controllo cognitivo è legato alla maturazione della corteccia prefrontale.
Inoltre, esistono prove che una regione adiacente al solco paracingolato, nella corteccia mediale prefrontale, ha un ruolo specifico nella mentalizzazione. Questa regione contiene cellule fusiformi, una classe di grandi neuroni di proiezione che si trovano solo nelle grandi scimmie e negli esseri umani e che si pensano essere coinvolte nel coordinamento dell’attività neurale strettamente correlata alle emozione e alla cognizione. Questa regione attiva una mentalizzazione di compiti di varie difficoltà cognitive, che vanno dal giudicare l'emozione nello sguardo di un'altra persona, al rilevamento delle intenzione di semplici animazioni dinamiche, attribuzione di intenzione di personaggi di cartoni animati, comprensione delle storie, rilevazione della trasgressione sociale, e all'apprezzamento dell’ umorismo.
L'autoconsapevolezza non si basa su una regione specifica del cervello. Piuttosto, nasce dall'interazione tra processi distribuiti nel cervello, in particolare della corteccia prefrontale e il lobulo parietale inferiore. La ricerca neuropsicologica sostiene che il lobo frontale destro abbia un ruolo preminente nella trasformazione di processi auto-correlati.
Keenan e colleghi dimostrano che i pazienti sottoposti a Wada test sono temporaneamente insensibili nei confronti del riconoscimento delle loro facce quando l'emisfero destro è anestetizzato (contrariamente a quando l'emisfero sinistro è anestetizzato). I danni dell'emisfero destro, inoltre, sono collegati ai danni della memoria autobiografica e di auto-valutazione.
Un esame clinico suggerisce che la confabulazione personale (simile alla creazione di storie fittizie su di sé) sembra essere associata al danneggiamento del lobo frontale destro.
Sulla base di questi numerosi studi, si sostiene che l'emisfero destro gioca un ruolo chiave nella consapevolezza di sé e nell'attribuzione dello stato mentale.
Una ricerca neuroscientifica indica che la corteccia parietale inferiore destra, in collaborazione con le aree prefrontali e l'insula, può essere critica nel distinguere sé dagli altri e quindi rappresentazioni condivise.
La corteccia parietale inferiore è un'area di associazione eteromodale, che riceve input dal talamo posteriore laterale e dalle aree limbiche; ha collegamenti reciproci sia con la corteccia prefrontale sia con lobi temporali. Queste connessioni conferiscono a questa regione un ruolo nella elaborazione di un'immagine del corpo nello spazio e nel tempo, da cui dipende il senso della relazione.
L’accumulo di dati empirici indica che la corteccia parietale svolge un compito importante nella distinzione tra le azioni prodotte da sé e le azioni generate dagli altri.
È riscontrato che quando i partecipanti di un esperimento sono invitati ad adottare il punto di vista di qualcun altro (per poter valutare i principi di quella persona, immaginare i suoi sentimenti e il suo dolore in confronto con il proprio punto di vista), la corteccia parietale inferiore destra risulta essere fortemente coinvolta.
Decety e Lamm conducono una meta-analisi quantitativa di 70 studi supportati da neuroimmagini funzionali sull’ organizzazione, sull'empatia, sulla Teoria della Mente e sul ri-orientamento dell’ attenzione. I risultati dimostrano sia una sostanziale sovrapposizione nell'attivazione cerebrale, fornendo un forte supporto empirico per un meccanismo di dominio generale attuato nella giunzione temporo-parietale destra, sia che questa zona è anche impegnata in processi di livello inferiore (bottom-up) associati al senso di ri-orientamento e attenzione agli stimoli salienti.
Tutte le prove di cui sopra suggeriscono che la corteccia parietale inferiore, insieme alla corteccia prefrontale e all'insula anteriore, assumono molta importanza in relazione alla consapevolezza di sé tenendo conto della sorgente di segnali sensoriali (se hanno origine dal sé o dall'ambiente). Tale funzione è fondamentale per l'empatia, al fine di mantenere una distinzione minima tra il sé e gli altri e per tracciare la provenienza dei sentimenti.
L’autocoscienza è cruciale per il raggiungimento delle nostre rappresentanze comuni e sono proprietà essenziali di qualsiasi agente autonomo. Infatti, la cognizione sociale si basa sia sulle somiglianze che sulle differenze tra gli individui.
Indice |
PREMESSA |
INTRODUZIONE |
Capitolo I - EMPATIA: CENNI STORICI
Capitolo II - Nuovi orientamenti nello studio dell'empatia ed individuazione di specifici sottosistemi
Capitolo III - QUADRI CLINICI LEGATI AI DISORDINI DELL'EMPATIA
Capitolo IV - Modalità di approccio ai disordini dell'empatia e strategie terapeutiche
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Emanuela VARRIALE |