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Principali Modelli di Intervento nei Disturbi dello Spettro Autistico

Non è possibile individuare un intervento esclusivo e specifico per tutti i bambini affetti da DSA a causa della variabilità e della complessità dei sintomi.

Il percorso terapeutico deve evolversi e modificarsi in funzione dell’evoluzione e dei cambiamenti, in itinere, del disturbo. Dovrebbe anche prevedere l’attivazione di una serie di interventi finalizzati ad arricchire l’interazione sociale, ad incrementare la comunicazione e a facilitare l’ampliamento degli interessi, rendendo più flessibili gli schemi di azione.

Tutto questo con il coinvolgimento della famiglia e con il continuo adattamento dell’intero contesto ambientale.

Perché un percorso terapeutico possa essere considerato favorevole deve prevedere un intervento:

  • precoce: per avere la possibilità di intervenire in un momento in cui le strutture encefaliche non hanno assunto una specializzazione funzionale definitiva e quindi le funzioni mentali sono in fase di attiva maturazione e differenziazione;
  • intensivo: per avere una varietà di situazioni strutturate, nell’ambito delle quali il bambino possa confrontarsi con nuove esperienze, nuove attività e nuovi modelli di relazione;
  • curricolare: per avere un ordine sequenziale che scandisca il percorso terapeutico, una definizione chiara degli obiettivi e il loro continuo monitoraggio.

 

Ad oggi gli interventi abilitativi e psicoeducativi dei Disturbi dello Spettro Autistico, validati da esperienze empiriche e di letteratura, fanno riferimento ad una cornice di stampo cognitivo-comportamentale. Secondo tale prospettiva, l’autismo è una sindrome con un pattern comportamentale a base neurobiologica, i cui elementi costitutivi specifici danno luogo ad una serie di atteggiamenti con carenze ed eccessi che possono modificarsi a seguito di specifici programmi strutturati in relazione all’ambiente, all’individuo e ai suoi bisogni.

Pertanto, le tecniche cognitivo-comportamentali mirano a promuovere, nei soggetti con autismo, i comportamenti adattivi e a ridurre quelli problematici attraverso un intervento intensivo e programmato, che sia utilizzabile oltre che dai terapisti e professionisti, anche dai genitori.

Contemporaneamente al fiorire degli approcci comportamentali, si sono sviluppati altri modelli di trattamento educativo, simili sotto molti aspetti ai trattamenti comportamentali che citeremo, che pur non potendo vantare il supporto di una validazione empirica inconfutabile, possono essere considerati validi con molta probabilità, poiché condividono con i trattamenti validati principi e strategie fondamentali (Schreibman L, 2005).

Questi tipi di trattamento sono definiti “evolutivi”, perché sottolineano, in un disturbo dello sviluppo quale è l’autismo, l’importanza di seguire nell’insegnamento di nuove competenze le sequenze dello sviluppo normale.

 

Trattamenti comportamentali

Prenderemo in considerazione il metodo ABA, il DTT (Discrete Trail Training) e il Verbal Behavior di Skinner.

 

ABA: Analisi Applicata del Comportamento (Applied Behavior Analysis)

L’origine del metodo risale all’analisi comportamentale di Skinner (1938, 1953).

L’ABA prevede l’insegnamento sistematico di piccole unità misurabili di comportamento. I compiti da apprendere, individuati sulla base del profilo di sviluppo, delle scelte e delle preferenze individuali, vengono suddivisi in piccole tappe, ognuna delle quali viene insegnata in sessioni di insegnamento ripetute e ravvicinate, inizialmente in rapporto 1:1, secondo specifiche consegne, stimoli discriminanti.

Il bambino viene guidato a dare risposte semplici, sistematicamente incorporate in repertori di risposte appropriate all’età, apprendimento senza errori, attraverso suggerimenti, prompting e conseguenze che funzionano efficacemente da rinforzo.

L’analisi del comportamento condotta secondo questa procedura, nota come ABC (A=Antecedent, B=Behavior, C=Consequences), aiuta a definire i rinforzi positivi e quelli negativi. Un comportamento deve essere rinforzato frequentemente: inizialmente può essere necessario rinforzare il comportamento ogni volta che si verifica, ma una volta consolidatosi, ovvero se si verifica in modo affidabile e coerente, può di solito essere mantenuto con un programma intermittente di rinforzo.

L’ABA ha l’obiettivo fondamentale di applicare i principi del condizionamento operante per comprendere le relazioni intercorrenti fra i comportamenti oggetto di interesse e le condizioni esterne, e per attuare quindi una serie di interventi finalizzati a modificare il comportamento e/o il contesto.

Il trattamento mira a rinforzare i comportamenti positivi (come socializzazione ed utilizzo del linguaggio) e a scoraggiare quelli negativi (comportamenti problema) e ad identificare i problemi bersaglio, di particolare interesse se la loro trasformazione può ripercuotersi a cascata su altri comportamenti e funzioni dell’individuo, innescando maggiore giovamento.

Le procedure di insegnamento ABA prevedono la predisposizione di una struttura e l’uso di tecniche sistematiche di insegnamento per creare un ambiente favorevole all’apprendimento. I compiti vengono presentati in modo comprensibile, frammentandoli nelle loro componenti, e limitando i fattori estranei alla situazione di apprendimento che rendono difficile al bambino apprendere nuove competenze.

 

Le principali tecniche usate nell’approccio comportamentale sono:

Aiuto, Prompting: è un aiuto supplementare usato per guidare la risposta. Si usa un aiuto per sopportare le prestazioni e per aumentare la probabilità che si verifichi un certo comportamento.

Le modalità di aiuto comprendono, in ordine decrescente di intrusività:

  • l’aiuto fisico (accompagnare la mano);
  • l’aiuto gestuale (additare la risposta corretta);
  • un modello del compito completato;
  • l’aiuto verbale (suggerimenti verbali per eseguire il compito);
  • la dimostrazione dell’esecuzione del compito;
  • l’aiuto visuale (immagini che spiegano come eseguire il compito);
  • l’aiuto scritto (istruzioni scritte che spiegano come eseguire il compito);
  • lo stimolo intrinseco (l’esecuzione del compito è fortemente motivante per il bambino).

L’aiuto permette al bambino di ottenere più rinforzi, diminuendo la frustrazione e aumentando la motivazione.

Attenuazione, Fading: dal momento che l’aiuto presenta lo svantaggio di indurre dipendenza, deve essere attenuato gradualmente passando dal più intrusivo al meno intrusivo, appena possibile. L’attenuazione di una consegna o di un aiuto innaturale permette al bambino di rispondere a stimoli più naturali.

Modellamento, Shaping: comporta il rinforzo di approssimazioni successive ad un obiettivo comportamentale desiderato finché l’obiettivo è raggiunto. Per applicare lo shaping, si sceglie un comportamento realisticamente alla portata del bambino che si avvicini in qualche modo al comportamento bersaglio. Si rinforza in modo differenziale quel comportamento finché si verifica una frequenza. Una volta instaurata un’alta frequenza del comportamento, il criterio di rinforzo viene cambiato leggermente per ottenere un altro comportamento che rappresenti un’approssimazione più vicina al comportamento bersaglio.  Si continua per tappe successive fino a raggiungere il comportamento desiderato.

Concatenamento, Chaining (in avanti – a ritroso): il concatenamento in avanti comporta la frammentazione di un compito complesso in una sequenza di tappe e l’insegnamento della prima tappa per prima, poi della seconda, della terza, e così via. Il concatenamento a ritroso, invece, comporta la frammentazione di un compito complesso in una sequenza di tappe e l’insegnamento dell’ultima tappa per prima, poi della penultima, e così via.

Analisi del compito, Task Aanalysis: l’analisi del compito facilita e motiva all’apprendimento, rendendolo più prevedibile e logico, favorendo la coerenza dell’insegnamento fra insegnanti diversi e la valutazione dell’insegnamento e dei suoi esiti sul bambino. Quando è usata come parte del programma di gestione del comportamento, la Task Analysis è particolarmente utile nel programmare momenti presumibilmente problematici, come le transizioni, le attività poco strutturate, ecc.

Insegnamento incidentale: prevede di strutturare l’ambiente in modo che il bambino sia motivato a mettere in pratica il comportamento bersaglio desiderato, per esempio mettendo oggetti attraenti in vista, ma fuori dalla portata del bambino, offrendo porzioni piccole o inadeguate di materiale in modo che il bambino sia costretto a chiederne ancora, pianificando le attività in modo che il bambino sia costretto a chiedere aiuto, sabotando l’attività in modo che il bambino sia costretto a chiedere il materiale che  manca,  introducendo un elemento di disturbo per distrarre il bambino dal compito o per interrompere l’attività, in modo che il bambino dica di smetterla di prenderlo in giro, fare qualcosa che contrasti con le aspettative del bambino. La strutturazione dell’ambiente motiverà il bambino ad acquisire la competenza.

 

DTT: DISCRETE TRIAL TRAINING

Il DTT, Insegnamento in Sessioni Separate, è un tipo di intervento comportamentale nel quale vengono insegnate competenze complesse frammentate e l’insegnamento di ogni sottocompetenza nel corso di sedute ripetute avviene attraverso una procedura che comprende tre componenti:

  • l’istruzione o domanda, SD=Stimolo Discriminante, che costituisce lo stimolo antecedente che porterà al controllo del comportamento. Nelle prime fasi può essere accompagnata da un “prompt” (aiuto), ovvero uno stimolo aggiuntivo per guidare la risposta del bambino;
  • la risposta, corretta, non corretta o mancata, del bambino (=R);
  • la conseguenza alla risposta del bambino (Stimolo di Rinforzo=SR), che varia a seconda che la risposta sia stata corretta o meno: per incoraggiare una risposta corretta verrà somministrato un rinforzo positivo, mentre una risposta scorretta verrà seguita da una “punizione” (un NO o una risposta accigliata) o dall’assenza di rinforzo.

 

Vengono fornite delle istruzioni semplici e concise; il bambino deve imitare il modello del terapista o aderire alle richieste verbali. Vengono enfatizzate le competenze comunicative, sociali e cognitive.

 

VERBAL BEHAVIOR

Burrhus Skinner nel 1957 introdusse il concetto di “comportamento verbale” nella sua opera “Verbal behavior”: secondo questo studioso il linguaggio è un comportamento verbale, ma soprattutto un comportamento appreso, mantenuto dagli stessi tipi di variabili ambientali e dagli stessi principi che controllano tutti gli altri comportamenti.

Quello che fondamentalmente fece fu di estendere il condizionamento operante al comportamento verbale per potersi riferire pienamente alla sfera del comportamento umano.

Considerato, quindi, come comportamento, anche il linguaggio poteva essere studiato sulla base degli stimoli ambientali che lo precedono e che lo seguono.

In particolare, Skinner cercò di analizzare l’evento verbale evidenziandone i due aspetti complementari: il comportamento di chi parla e il comportamento di chi ascolta.

Da questi punti di vista distinti è possibile osservare e valutare ciò che un evento verbale è in grado di produrre nel soggetto che ascolta, sia in termini di comportamento verbale sia in termini di comportamento non verbale.

Questa analisi ha permesso di individuare e stabilire alcune unità significative per lo studio del comportamento, ossia gli operanti verbali (categorie funzionali):

  • MAND (richiesta): è un comportamento verbale controllato dagli stati di privazione ed avversione, per cui la sua funzione è quella di richiedere per ottenere qualcosa che si vuole. Questo operante verbale costituisce il primo passo nell’insegnamento del linguaggio poiché si basa sulle motivazioni del bambino nel momento in cui richiede un oggetto per ottenerlo. Il MAND incrementa il linguaggio in generale, dal momento che attraverso il rinforzo positivo concesso come conseguenza del MAND stesso, il bambino inizia ad associare il suono della sua voce con una conseguenza positiva. Questo operante verbale è il primo che viene acquisito dagli esseri umani. Strettamente legata al MAND è la motivating operation (MO),ovvero l’operazione motivante: un insieme di eventi ambientali che alterano temporaneamente la valutazione di altri stimoli/eventi come rinforzanti e quindi evocano tutti comportamenti che in passato hanno generato questi eventi.
  • ECHOIC: è un operante verbale che consiste nell’imitazione e nella ripetizione di un comportamento verbale emesso da un’altra persona. Qui l’obiettivo è parlare e ciò deve avvenire per essere rinforzati. L’operante ECHOIC è controllato da uno stimolo discriminativo verbale che ha corrispondenza uno ad uno e similarità formale con la risposta.
  • TACT: è un operante verbale che può essere insegnato una volta che il bambino ha acquisito un buon repertorio ecoico e un numero consistente di MAND. Consiste nella denominazione di cose e/o azioni con cui l’individuo viene in contatto attraverso uno dei 5 sensi. Ecco perché Skinner studiò questo nome: il termine tact esprimeva come l’individuo entrasse appunto in contatto con l’ambiente fisico. A differenza dell’ECHOIC, il TACT è controllato da uno stimolo discriminativo non verbale. Il TACT è funzionalmente differente dal MAND: se il MAND era strettamente legato alla MO, per insegnare il TACT bisogna trovare uno stimolo per cui la MO sia bassa. Questo perché alla base del TACT non c’è una richiesta per ottenere qualcosa di cui il bambino ha bisogno, ma la semplice denominazione di oggetti o azioni. In particolare, questo operante verbale è seguito da un rinforzo generalizzato verso il quale il bambino dovrebbe avere una forte MO, in modo che sia spronato all’apprendimento del TACT.
  • INTRAVERBAL: è un tipo di operante verbale in cui un individuo risponde in maniera diversa al comportamento verbale di un altro, per esempio rispondere ad una domanda o conversare con un’altra persona. L’operante INTRAVERBAL viene emesso quando uno stimolo discriminativo verbale evoca una risposta verbale che non ha una corrispondenza uno ad uno con lo stimolo verbale. Ciò significa che lo stimolo e la risposta non sono uguali come nell’ECHOIC. Esistono due tipi di operante INTRAVERBAL: di completamento (se ad esempio il bambino completa una frase iniziata dall’adulto) e di domande (se ad esempio il bambino risponde ad una domanda).
  • TEXTUAL: è un comportamento verbale che prevede la lettura senza la comprensione di ciò che si legge. La comprensione del testo implica il coinvolgimento di altri operanti verbali e non verbali come l’intraverbal e il linguaggio ricettivo (ad esempio, seguire le istruzioni, ecc). È comportamento TEXTUAL pronunciare la parola scritta, ma comprendere quello che si legge non è comportamento TEXTUAL. Skinner scelse appunto questo termine e non il termine “lettura”, perché quest’ultimo si riferisce a molti processi che avvengono nello stesso momento. L’operante verbale TEXTUAL ha corrispondenza uno a uno, ma non similarità formale tra lo stimolo discriminativo e il comportamento emesso, poiché lo stimolo verbale è visuale o tattile e il comportamento è uditivo. E quest’ultimo corrisponde uno a uno con lo stimolo verbale visuale o tattile.
  • TRASCRIPTION: consiste nello scrivere una parola che si è sentito. Skinner si riferisce a questo operante come “dettato” perché il comportamento coinvolge non soltanto la produzione manuale delle lettere che compongono la parola, ma anche un accurato spelling di questa. Come l’operante TEXTUAL, anche qui abbiamo corrispondenza uno a uno tra stimolo discriminativo e comportamento, ma non similarità formale.

 

I programmi di Verbal Behavior risultano quindi importanti per quanto riguarda:

  • l’insorgenza del linguaggio spontaneo;
  • la risposta alle domande;
  • la denominazione;
  • la risposta a delle istruzioni;
  • l’utilizzo di capacità visive;
  • l’utilizzo di capacità imitative.

 

 

TRATTAMENTI EVOLUTIVI

Prenderemo in considerazione il Floor Time (DIR) di Greenspan e Wieder, il TEACCH e il Denver Model.

 

FLOOR TIME

È un trattamento basato sul modello DIR-Developmental Individual Difference che implica un approccio interattivo ed evolutivo di lavoro con il bambino.

Sviluppato da Stanley Greenspan e Serena Wieder (1999), considera l’autismo un disturbo determinato biologicamente nel quale le difficoltà di processazione sensoriale, come problemi di comprensione uditiva, di modulazione sensoriale, di pianificazione motoria, ostacolano il normale sviluppo delle competenze comunicative, sociali e cognitive.

La prima finalità del Floor Time è di aiutare il bambino a superare le difficoltà sensoriali per ristabilire il contatto affettivo interpersonale.

Secondo Greenspan e Wieder, il meccanismo critico che guida lo sviluppo è la relazione sociale, senza la quale il cervello e le facoltà mentali non si sviluppano. Di conseguenza, la relazione sociale interattiva rappresenta la base dell’intervento.

Sviluppare competenze emotive funzionali seguendo le normali tappe evolutive è la seconda finalità del Floor Time.

Vengono inoltre applicati i principi dell’intervento comportamentale per eliminare i comportamenti problema, come prerequisito per apprendere comportamenti funzionali.

Il trattamento prevede ripetute sessioni di lavoro di 20-30 minuti circa ciascuna con il bambino, durante le quali l’adulto lo segue nelle attività da lui prescelte, mantenendone l’attenzione e incoraggiandolo a superare piccole consegne destinate a progredire nel raggiungimento di tappe successive di sviluppo.

Benché condivida le principali caratteristiche di altri trattamenti empiricamente validati, in particolare dei trattamenti comportamentali naturalistici come il Pivotal Response Training, il Floor Time non è mai stato validato.

 

IL PROGRAMMA TEACCH

Questo programma per il Trattamento e l’Educazione di Bambini con Autismo e altre Disabilità della Comunicazione, fondato da Schopler nella Carolina del Nord nel 1971, è il più vasto ed influente programma dedicato al trattamento dell’autismo da parte di un’agenzia statale.

La caratteristica saliente che distingue il programma TEACCH dalla maggior parte degli altri trattamenti è la sua natura omnicomprensiva multidisciplinare, basata sull’interazione fra servizi, operatori e famiglie nella comunità.

L’approccio TEACCH postula che l’autismo sia un disturbo irreversibile di origine organica. Di conseguenza, la finalità dell’intervento terapeutico ed educativo non si prefigge il raggiungimento della “normalità”, quanto piuttosto il raggiungimento dell’indipendenza e dell’inclusione sociale nella vita adulta, attraverso un insegnamento strutturato e il potenziamento dei “punti forti” individuali.

L’intervento si basa su una serie di strategie che comprendono l’insegnamento in sessioni separate tipiche del DTT, strategie comportamentali naturalistiche, strategie di comunicazione aumentativa come l’uso comunicativo delle immagini e sottolinea l’individualizzazione del programma d’intervento, sulla base di:

  • valutazioni funzionali permanenti;
  • coinvolgimento dei familiari nel programma;
  • uso di molteplici strategie per rispondere ai bisogni educativi individuali.

 

I principi chiave dell’intervento TEACCH sono:

  • l’utilizzo dei punti di forza individuali per costruire il programma di intervento,
  • la valutazione permanente delle capacità del bambino per potenziarne i successi,
  • l’adattamento strutturale individualizzato dell’ambiente e dell’insegnamento per aiutare il bambino a comprenderne il senso, e la visualizzazione dei compiti e delle consegne per aumentarne l’indipendenza,
  • considerare i comportamenti problema come dovuti all’incapacità del bambino di comprendere l’ambiente e le aspettative,
  • il coinvolgimento dei genitori come collaboratori fondamentali nell’equipe multidisciplinare.

 

Sebbene disponga di una base di ricerche più solida, al pari del Floor Time, l’intervento TEACCH non dispone di dati oggettivi sulla propria efficacia, poiché gli studi esistenti di valutazione degli esiti del trattamento sono stati realizzati dagli stessi studiosi che hanno sviluppato e applicato il programma, piuttosto che da ricercatori indipendenti, e si basano essenzialmente su dati di valutazione della soddisfazione dei familiari e degli operatori.

Tuttavia, poiché comprende molti elementi specifici di altri trattamenti ampiamente sperimentati ed empiricamente validati da valutazioni oggettive, come il DTT, le strategie comportamentali naturalistiche, l’uso delle immagini e il parent training, l’intervento TEACCH è molto probabilmente un intervento efficace.

 

DENVER MODEL

È un programma di intervento specificamente destinato a bambini con autismo in età prescolare, rivolto al bambino nella sua globalità e realizzato in collaborazione con i genitori. Utilizza una serie di strategie di orientamento comportamentale ed evolutivo integrate in un approccio basato sulla relazione, in una cornice affettivamente positiva.

Poiché le compromissioni nelle aree dell’interazione sociale e della comunicazione sono primarie e caratteristiche dell’autismo, il modello Denver si indirizza principalmente allo sviluppo di competenze di comunicazione e di interazione sociale reciproca, proponendosi di sviluppare poi sulle competenze costruite in queste aree altre competenze in aree diverse dello sviluppo.

Il modello Denver considera l’autismo un disturbo di natura essenzialmente sociale. Enfatizza, quindi, lo sviluppo dell’interazione sociale reciproca durante l’intera giornata, insegnando le pietre miliari della vita sociale (imitazione, comunicazione emotiva, linguaggio, gioco sociale). Anche l’insegnamento della comunicazione è un obiettivo fondamentale dell’intervento: la comunicazione infatti è un fattore prognostico essenziale in termini di impatto sulla vita sociale e familiare, sugli apprendimenti scolastici e sullo sviluppo di abilità funzionali alla vita adulta.

Si basa su diversi aspetti dei trattamenti comportamentali ABA, fra cui la raccolta sistematica di dati, ed integra elementi dei modelli Discrete Trial Training, come il lavoro in rapporto individuale con il bambino, applicato secondo procedure rigorose, e la strutturazione dell’ambiente educativo necessaria a favorire l’apprendimento, con elementi derivati dagli approcci comportamentali naturalistici, come un insegnamento guidato più dal bambino che dall’adulto. L’insegnamento in rapporto 1:1 e la strutturazione dell’ambiente mirano a favorire tempi di apprendimento rapidi, mentre l’offerta di materiali e di routine di gioco appartenenti alla vita di tutti i giorni, fra cui il bambino sceglie l’attività di apprendimento, favorisce la motivazione, un apprendimento più “sociale” e la generalizzazione delle competenze acquisite.

L’equilibrio fra gli elementi di derivazione comportamentale DTT (la strutturazione ambientale) e quelli di derivazione comportamentale naturalistica (la scelta dei materiali e dell’attività da parte del bambino) potenzia il successo dell’intervento.

Poiché i bambini con autismo sono considerati innanzitutto membri della famiglia e della comunità, il programma di trattamento può essere svolto a casa, in gruppo o in contesti terapeutici, e richiede un’equipe multi-disciplinare di cui fanno parte le famiglie, che sono coinvolte attivamente e aiutano i terapisti a pianificare e realizzare l’intervento.

Le sessioni di insegnamento svolte in famiglia e a scuola aiutano a generalizzare le competenze acquisite in ambiente terapeutico. Il coinvolgimento massiccio dei genitori per gran parte dell’intervento è un valore aggiunto fondamentale dell’intero approccio: infatti i genitori sono le persone che passano più tempo con il bambino e lo conoscono meglio di chiunque altro. Inoltre, i bambini con autismo non partecipano, o partecipano scarsamente alla vita di famiglia.

L'esperienza dei genitori e il loro coinvolgimento nell'equipe dei terapisti favoriscono la generalizzazione degli apprendimenti in altri contesti e l'inserimento del bambino nel tran-tran familiare quotidiano. Il loro coinvolgimento nel trattamento richiede una forte motivazione a fare tutto il possibile per aiutare il proprio bambino e un notevole impegno, in termini di tempo dedicato, oltre che al lavoro in rapporto individuale con il bambino, al coordinamento e al continuo scambio di informazioni con i terapisti e la scuola.

Lo stesso vale per i programmi svolti a scuola, dove si prevedono sessioni di apprendimento individuale di competenze che vengono così generalizzate in diversi ambienti. La collaborazione con la scuola si instaura attraverso una programmazione coordinata e momenti di consulenza.

 

Indice

 
 
INTRODUZIONE
 
  1. I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO: Definizione dei Disturbi dello Spettro Autistico; Criteri diagnostici: dal DSM-IV al DSM-V; Epidemiologia; Eziopatogenesi; Prognosi.
  2. L’AUTISMO DAL PUNTO DI VISTA NEUROPSICOLOGICO
  3. PRINCIPALI MODELLI DI INTERVENTO NEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
    1. Trattamenti comportamentali: ABA: Analisi Applicata del Comportamento, DTT: Discrete Trail Training, Verbal Behavior
    2. Trattamenti evolutivi: Floor Time, Il programma TEACCH, Denver Model
  4. COMPORTAMENTI PROBLEMA E COMUNICAZIONE: Burrhus Skinner e l’analisi sperimentale del comportamento; Definizione dei comportamenti problema
    1. Strategie di intervento; La comunicazione; Comunicazione Aumentativa Alternativa; Il sistema PECS (Picture Exchange Communication System)
  5. ASPETTI PERCETTIVI NEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO: Lo sviluppo senso-percettivo; Possibili esperienze sensoriali nell’Autismo; Il profilo senso-percettivo; Il modello DIR, La prima valutazione.
  6. DISPRASSIA E AUTISMO: Ontogenesi delle prassie; Classificazione delle prassie
  7. LA FIGURA DEL TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITA’ DELL’ETA’ EVOLUTIVA
  8. MATERIALI E METODI: Il setting; Casistica
  9. RISULTATI
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 
 
Tesi di Laurea di: Serena SIRI 
 

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